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CORSI DI LAUREA IN
SOCIOLOGIA, RICERCA SOCIALE E
CRIMINOLOGICA E SERVIZIO SOCIALE
Prof. Fabrizio Fornari
ALL’ATTENZIONE DEGLI STUDENTI:
IL PRESENTE MODULO DI
SOCIOLOGIA CRIMINALE
DEVE ESSERE INTEGRATO
CON IL “PENSIERO SOCIOLOGICO”
DI FRANCO CRESPI – EDIZIONI IL MULINO
Prof. Fabrizio Fornari
Fondamenti, storia, teoria
e problemi applicativi
Corsi di Laurea in Sociologia, Ricerca Sociale e Criminologica e Servizio Sociale Prof. Fabrizio Fornari
TEMI E PROBLEMI DELLA
SOCIOLOGIA CRIMINALE
Concetti, teorie e pratiche: dalla sociologia
criminale alla criminologia applicata
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I CONCETTI FONDAMENTALI
I processi di socializzazione.
Le norme, la devianza, la criminalità – violenta,
economica, di genere. Il controllo sociale.
I sistemi di controllo, i reati, la reazione sociale ai
reati.
Le sanzioni. La struttura del sistema e del processo
penale.
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LINEAMENTI DI CRIMINOLOGIA
GENERALE
Il metodo nella scienza criminologica
Il laureato in “Scienze dell’investigazione e della sicurezza” e la scienza criminologica
La legge 397/2000 e il ruolo del consulente criminologo
Investigazione e falsificabilità
Teorie criminologiche e criminologia sociologica
I luoghi della criminalità e lo spazio urbano: la questione della sicurezza
Com’è cambiata la convivenza urbana
Emarginazione e isolamento nella società globale
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LINEAMENTI DI CRIMINOLOGIA
GENERALE
Teorie criminologiche e criminologia applicata
Analisi sociologica del crimine, criminologia
clinica e psicopatologia forense
Diritto e criminologia: la criminologia nel sistema
penale
Perizia criminologica e processo penale
Il concetto di imputabilità e il problema della
pericolosità sociale
Qual è l’origine del crimine?
L’azione criminale: destino e libertà
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TESTIMONIANZA E
PARADIGMA INDIZIARIO
L’attendibilità di un testimone e le forme
dell’interrogatorio
La cross examination
Il profilo criminale: aspetti psico-sociali
L’investigazione: teoria e metodi
Investigazione e semiotica: il paradigma indiziario
Logica ed epistemologia delle indagini difensive
La difficile collaborazione tra avvocati e consulenti
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IL CRIMINE SESSUALE E LE SUE
FORME
Aggressività e crimine sessuale
Criminal profiling: profilo sociale e psicologico del criminale
Sette religiose criminali (perversioni sessuali e omicidi rituali seriali)
Serial Killer
Donne criminali
Assassini multipli o “sterminatori”
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DALLO STUDIO DELLA VITTIMA ALLA
VIOLENZA CONTRO LE DONNE
La vittimologia
Maltrattamento intra-familiare su minori
La violenza contro le donne: dai maltrattamenti
all’omicidio
Dal mobbing familiare allo sfruttamento sessuale
Il fenomeno dello stalking
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CRIMINALITÀ TRA ECONOMIA E POLITICA
Aspetti del lavoro penitenziario
Il reato d’usura
Analisi della criminalità mafiosa
Sicurezza e contrasto alla criminalità
Il ruolo dei Servizi Segreti nell’investigazione e nella sicurezza
Violenza nei fenomeni di massa
Terrorismo politico e terrorismo religioso
Modelli di intervista investigativa
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ALTRI CAMPI DI APPLICAZIONE DELLA
RIFLESSIONE SOCIOLOGICA SUL CRIMINE: I
LUOGHI DELLA CRIMINALITÀ E
L’INSICUREZZA URBANA
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LA SOLITUDINE DEL CITTADINO
GLOBALE. L’ALIENAZIONE URBANA E ABITATIVA (IMMAGINE DI MIMMO JODICE)
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GLI UOMINI E I NON-LUOGHI
• I non-luoghi sono spazi privi di relazioni.
• Nei non-luoghi si dispiega un presente
perpetuo.
• Incontriamo, nei non-luoghi, solo noi stessi.
• Si tratta di spazi perentori e intrusivi.
• L’altro è del tutto assente (cfr. Marc Augé, Il
metrò rivisitato, Raffaello Cortina Editore,
Milano 2009).
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L’ANOMIA E LA DE-PERSONALIZZAZIONE
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OMOLOGAZIONE
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OMOLOGAZIONE, CITTÀ
GLOBALIZZATA E SPINTA AL
CRIMINE
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OMOLOGAZIONE GLOBALE
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OMOLOGAZIONE GLOBALE
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LE IDENTITÀ DEBOLI
Bauman e il cerchio caldo della comunità.
La povertà.
La rete sociale.
L’individualismo autoreferenziale.
La realtà urbana come rete delle relazioni
mancanti.
Quale sicurezza per le identità deboli?
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CRIMINALITÀ, MARGINALITÀ E
SPAESAMENTO METROPOLITANO
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PERIFERIE E POVERTÀ
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POVERTÀ ED EMARGINAZIONE
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HOMELESS
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LA POVERTÀ COME MINACCIA
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ANCORA SULLA POVERTÀ
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EMARGINAZIONI
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EMARGINAZIONI
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L’EMARGINAZIONE DEGLI SPAZI
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SPAZI ABBANDONATI
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IL NON SENSO DEGLI SPAZI
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LA REALTÀ URBANA COME SPAZIO
CONTRADDITTORIO
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ANCORA SULLE CONTRADDIZIONI URBANE
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REALTÀ URBANA E DISSONANZE
COGNITIVE
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ANCORA SULLE DISSONANZE COGNITIVE
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VIVIBILITÀ E SICUREZZA NELLE
COSIDDETTE COMUNITÀ CALDE
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VIVIBILITÀ E SICUREZZA NELLE
COSIDDETTE COMUNITÀ CALDE
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GLI SPAZI URBANI COME RETE E COME
SENSO DI APPARTENENZA
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IMMAGINI DELL’APPARTENENZA
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SPAZI URBANI E CONTROLLO SOCIALE
MALAVITOSO
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LA FRAMMENTAZIONE SOCIALE
La frammentazione sociale tipica delle società
fortemente individualistiche produce varie forme
di smarrimento del soggetto. Questo smarrimento
spesso diventa isolamento e si lega alla
solitudine.
Per costruirsi un’identità, infatti, l’uomo ha
bisogno di legami. Ha bisogno di essere di
reciprocità.
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LA CITTÀ E L’ANGOSCIA
Il mondo di oggi sembra del tutto fuori controllo.
L’angoscia ha cessato di essere la questione privata della singola persona ed è diventata un sentimento diffuso, collettivo.
Un presentimento di minaccia incombente sconvolge la certezza ontologica della persona umana. L’uomo si riconosce solo nell’avere e l’efficienza diventa l’unico parametro di riferimento per un senso alla propria esistenza.
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SEGNI DISPERSI
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I SUPERLUOGHI
Nella città di oggi crescono gli spazi in cui si realizzano non luoghi che acquistano la natura di veri e propri superluoghi.
Aumentano, infatti, gli spazi artificiali di incontro sociale per trascorrere parte della giornata o addirittura le giornate di festa.
Centri commerciali e outlet villages diventano luoghi di divertimento e intrattenimento, ossia snodi importanti del tessuto urbano, finalizzati al tempo libero e dove si va con la famiglia e con gli amici.
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VERSO UN HABITAT PURAMENTE TECNICO-
TECNOLOGICO E ARTIFICIALE
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LA PAURA DEL CRIMINE NELLE AREE
URBANE
Il fenomeno della crescente paura del crimine, soprattutto nelle aree urbane, anche in relazione ai grandi migratori, produce forti sentimenti di insicurezza.
Tali sentimenti ben spesso sono più forti di quanto razionalmente appaia giustificato (gli indici di criminalità delle società di oggi sono più bassi di quelli delle precedenti società), e forse neppure l’attuale ritorno del terrorismo globale sembra in grado di giustificare l’attuale stato di insicurezza generalizzata.
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LA PAURA DEL CRIMINE II
D’altro canto, con l’aumento di visibilità dei fenomeni criminali, dovuto alla sempre più capillare diffusione dei media – che spesso ha enfatizzato tali fenomeni –, è aumentato al contempo anche il bisogno di conoscere il fenomeno della devianza, nell’intento di attuare politiche pubbliche di prevenzione e controllo più efficaci.
D’altro canto, la prevenzione più efficace, anche nell’ottica dell’ordine e del controllo, consiste nella valorizzazione del territorio.
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PRENDERSI IN CARICO I TERRITORI: LA
SICUREZZA
Prendere in carico i territori, riqualificarli significa prevenire degrado, devianza e criminalità.
Si tratta anche di controllare la segregazione spaziale che è l’esito di una dinamica di insicurezza e che, a sua volta, finisce con il moltiplicarla.
L’auto-segregazione dei ceti medi è qualcosa che va contrastato attraverso politiche sociali attente alla creazione di spazi culturali e interattivi, attraverso il potenziamento delle infrastrutture.
Recinzioni, ceck-point, polizie private non coordinate in progetto unitario finiscono solo con il disarticolare il tessuto urbano.
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LA SICUREZZA COME CURA E MESSA IN
OPERA DEI LUOGHI
Si tratta, quindi, di tornare a prendersi cura dei contesti, trasformandoli, nella convinzione che una militarizzazione del territorio, unitamente a quei processi di segregazione del ceto medio e di disarticolazione del tessuto urbano, non rappresentino di per sé una garanzia di sicurezza.
Piuttosto è la presenza sul territorio di un tessuto ricco di appartenenza e di legami a stabilire confini della sicurezza stessa più consistenti.
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DAI LUOGHI URBANI DELLA
CRIMINALITÀ ALL’ANALISI DEI
REATI VIOLENTI
Dopo aver esaminato il rapporto tra spazio urbano e criminalità, mette conto esaminare quali siano le modalità esecutive attraverso le quali si realizzano i reati violenti.
Ciò all’interno di una prospettiva che cerchi di spiegare il crimine violento non più attraverso un approccio meramente descrittivo, bensì attraverso un approccio interpretativo o teleologico, superando in criminologia la causalità unilineare e ricordando che il comportamento deviante, delittuoso e criminale è sempre il risultato di interazioni complesse e circolari tra fattori esterni ed interni.
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SOCIOLOGIA DELL’AGGRESSIVITÀ E ANATOMIA
DELLA DISTRUTTIVA UMANA
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PER UNA SOCIOLOGIA
DELL’AGGRESSIVITÀ
Pensiamo per un attimo al rapporto tra lo sviluppo della civiltà e la guerra, la violenza, la distruzione.
In realtà noi uomini viviamo pressoché da sempre in un paradosso: stigmatizziamo guerra e violenza, ma non sappiamo rinunciare alla guerra, né alla violenza.
Perché l’uomo, nonostante tutto, non sa porre un limite alla violenza?
E’ una questione biologica o culturale?
L’AGGRESSIVITÀ TRA SOCIOLOGIA E
PSICOLOGIA: RIPRESA
Fra le tante scienze che cercano di comprendere
i processi che determinano l’aggressività, la
psicologia sociale ha fornito contributi decisivi.
Questa disciplina ha così definito il
comportamento aggressivo: “l’insieme di azioni
dirette a colpire uno o più individui e tali da
infliggere loro sofferenze fisiche e morali,
oppure la morte”. E ne ha tentato una
classificazione.
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L’AGGRESSIVITÀ: UNA CLASSIFICAZIONE
Aggressività strumentale. Qui essa è un mezzo per
un altro fine, come per esempio l’autodifesa.
Aggressività ostile. Qui l’aggressione è fine a se
stessa. Si desidera semplicemente aggredire un
altro essere umano.
Aggressività attiva. Qui il danno deriva da
un’azione (colpi, offese verbali).
Aggressività passiva. Danno causato dalla
mancanza di iniziativa personale (mancata azione
solidale).
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BIOLOGIA DELL’AGGRESSIONE
La spiegazione del persistere dell’aggressività nell’essere umano coincide con l’idea secondo la quale essa sarebbe parte integrante dell’essere umano.
Per Freud, l’aggressività è una pulsione, non già mero istinto, coincidente con Thanatos (Eros e Thanatos).
Aggressività e apprendimento. Aggressività e imitazione. Violenza e mass-media.
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AGGRESSIVITÀ, DISTRUZIONE E GUERRA
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IL DISTURBO PARANOIDE
DPP
L’individuo paranoide è rigidamente dominato da pensieri fissi di persecuzione. Il soggetto in questione vive nel timore continuo di essere danneggiato o tradito.
Nelle forme più gravi questo timore assume la forma della paura di essere uccisi.
Si tratta di un meccanismo proiettivo di difesa, attraverso il quale le caratteristiche ritenute cattive del proprio sé vengono proiettate all’esterno su altre persone.
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IL DISTURBO SCHIZOIDE
DSP
Tale disturbo configura nell’individuo un duplice livello di esperienza.
Da un lato, troviamo il rapporto del sé con l’ambiente; dall’altro troviamo il rapporto del sé con se stessi.
Il problema è che, nel caso di specie, i due livelli sono completamente disgiunti.
L’individuo si sente diviso; risulta incapace di entrare in contatto con sé e con gli altri. Di conseguenza egli vive in una solitudine estrema.
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IL DISTURBO ANTISOCIALE
DAP
Nel disturbo antisociale, l’individuo organizza il proprio comportamento in costante violazione dei diritti degli altri e delle norme di una data comunità.
L’individuo ha qui un comportamento caotico, non sintonizzato con le esigenze della società.
Questo soggetto tende ad essere disonesto e manipolativo.
Tende, inoltre, ad usare gli altri solo come se fossero cose.
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IL DISTURBO BORDERLINE
DBS
Il disturbo borderline indica un disturbo di confine che si colloca tra le classiche nevrosi e le principali psicosi.
Questo profilo è caratterizzato da disregolazione emozionale e da instabilità del soggetto.
La paura ossessiva dell’abbandono caratterizza, come nota dominante, il comportamento del soggetto borderline.
Tale soggetto tende, inoltre, a percepire in modo immediato la realtà come divisa in strutture rigidamente contrapposte (amico/nemico, amore/odio e così via).
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IL DISTURBO ISTRIONICO
DIP
In relazione a questo disturbo, il soggetto tende ossessivamente a drammatizzare la realtà, anche attraverso il ricorso ad un linguaggio emotivamente denso e volto ad impressionare l’interlocutore.
Tramite questo comportamento il soggetto tende ad attirare su di sé l’attenzione, nella convinzione che condizioni di comunicazione “normali” lo rendano pressoché invisibile agli altri. Sono invadenti e molto suscettibili.
Cercano di sedurre ma con il solo scopo di essere riconosciuti.
Dipendono così interamente dal riconoscimento degli altri.
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IL DISTURBO NARCISISTICO
DNP
Si tratta di un disturbo della personalità il cui sintomo principale è un deficit della capacità empatica, caratterizzata da una particolare percezione di sé definita “Sé grandioso” (che è una proiezione del sé infantile).
Questa percezione comporta un sentimento esagerato di autostima.
Tale sentimento si traduce, a sua volta, in una forma di amore di sé idealizzata, la quale, clinicamente, implica l’incapacità di realizzare un reale coinvolgimento affettivo.
Nel soggetto narcisista, domina una forma di egoismo radicale, per la quale gli altri, come nel disturbo antisociale, sono solo mezzi per il raggiungimento di fini egoistici (cfr. la figura del Don Giovanni di Kierkegaard).
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IL DISTURBO EVITANTE
DEP
Le caratteristiche essenziali di questo disturbo si esprimono in una modalità diffusa di inibizione sociale, sentimento di inadeguatezza e ipersensibilità al giudizio altrui.
Questi soggetti non possiedono criteri interiori con cui giudicare se stessi in modo positivo. Pertanto, confidano unicamente nella percezione dei pareri esterni ed è per questo che interpretano ogni eventuale rifiuto come causato esclusivamente dalla loro inadeguatezza.
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IL DISTURBO EVITANTE II
DEP
La prospettiva del rifiuto per questi soggetti è
così dolorosa ed inaccettabile che essi tendono a
tenersi a distanza dagli altri.
L’esitamento se da un lato allevia stati d’animo
negativi legati al timore di sentirsi criticati e
umiliati, dall’altro conduce al ritiro in una
solitudine dai tratti depressivi
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IL DISTURBO DIPENDENTE
DDP
Questo disturbo è caratterizzato da una grave sfiducia in se stessi.
Domina una forte insicurezza, sia nella sfera del sociale, sia in quella personale e affettiva.
Il soggetto si presenta qui come eterodiretto.
Esso evita di assumere atteggiamenti di contrapposizione, anche quando essi risultano del tutto legittimi.
Vive in quadro di estrema dipendenza dagli altri.
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IL DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO
(DOCP)
L’elemento centrale di questo disturbo è il tentativo di controllare sempre e in ogni caso persone e situazioni, in modo da assecondare la propria volontà di dominio sull’altro.
Chi soffre di questo disturbo è una persona a rischio di gravi forme di depressione, che possono condurre anche al suicidio.
Tendono a sviluppare patologie o disfunzioni della sessualità, nonché patologie ansiose come attacchi di panico o fobie specifiche (per esempio, il lavarsi sempre le mani).
LE PARAFILIE SESSUALI
Esibizionismo
Feticismo
Masochismo sessuale
Sadismo sessuale
Feticismo da travestimento
Voyeurismo
Necrofilia
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INTRODUZIONE ALLA PARAFILIE SESSUALI
Oggi non si tende a non parlare più di perversioni – espressione dotata di valore morale; piuttosto si parla di parafilia, intendendo con questo termine una diversione (para) dall’oggetto fonte di attrazione (filia).
La sessualità, peraltro, non sfugge ad uno dei paradossi più consistenti del nostro tempo: da un lato si assiste ad un progressivo allentamento dei vincoli imposti dalla morale tradizionale; dall’altro vi è un sostanziale aumento di richiesta d’aiuto al medico e allo psicoterapeuta da parte di persone in difficoltà per disturbi nel rapporto sessuale.
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NORMALITÀ E PATOLOGIA NELLA
SESSUALITÀ
La linea tra normalità e patologia nella sessualità è sempre legata ad aspetti quali la non esclusività, la non compulsione del comportamento e al consenso reale dei partner sessuali.
Definiamo come “patologico” l comportamento sessuale quando quando causa anche ad uno soltanto delle parti coinvolte, disagio, sofferenza, interferenze con attività lavorative e sociali, quando si compie come una compulsione, quando reca danni, quando causa problemi legali.
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LE PARAFILIE SECONDO IL MANUALE DIAGNOSTICO E
STATISTICO DEI PROBLEMI MENTALI (DSM IV)
Secondo questo Manuale (redatto dalla American Association of Psychiatry), le caratteristiche essenziali di una parafilia sono fantasie, impulsi sessuali o comportamenti ricorrenti e eccitanti che riguardano:
1) oggetti inanimati;
2) la sofferenza o l’umiliazione di se stessi o del partner;
3) bambini o altre persone non consenzienti.
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FANTASIE PARAFILICHE E REATI SESSUALI
La fantasie parafiliche possono essere agite con un partner non consenziente, in modo da risultare lesive per il partner stesso. Il soggetto può andare incontro ad arresto e reclusione.
I reati sessuali contro i bambini costituiscono una parte significativa di tutti i crimini sessuali riportati e i soggetti con esibizionismo, pedofilia e voyeurismo costituiscono la maggior parte dei criminali arrestati.
In alcuni casi, il comportamento inusuale/parafilico (per esempio il commettere atti esibizionistici o collezionare oggetti feticistici) può diventare l’attività principale nella vita di un individuo.
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L’ESIBIZIONISMO
In questa parafilia, l’individuo prova piacere mostrando i propri genitali ad un estraneo e talvolta anche masturbandosi.
Solitamente questo soggetto non mette in atto tentativi volti a promuovere un’ulteriore attività sessuale.
L’insorgenza viene prima dei 18 anni , anche se la parafilia vera e propria può manifestarsi in età più avanzata. Perché la diagnosi possa essere soddisfatta, deve manifestarsi per almeno sei mesi.
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ESIBIZIONISMO II Oltre a manifestarsi per almeno sei mesi, questa
parafilia, per essere diagnostica come tale, deve compromettere realmente importanti aree del funzionamento del soggetto, quali quella sociale e/o lavorativa.
Peter Kürten, conosciuto come il vampiro di Dusseldorf (Germania1929) che strangolava in pieno giorno, nel parco, bambine al fine di mangiarne la carne e berne il sangue, alla classica domanda sul proprio ultimo desiderio, prima che il boia lo giustiziasse, chiese al boia stesso: Mi potrebbe dire se, dopo che la mia testa è stata tagliata, sarò ancora capace di sentire per un attimo, il suono del mio sangue che sgorga dal ceppo del mio collo? Ciò sarebbe per me il piacere di tutti i piaceri”.
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FETICISMO
Si tratta dell’uso di oggetti (calze, reggiseni, stivali e così via) volto a raggiungere l’eccitazione.
Di solito vengono fatti indossare al partner durante il rapporto sessuale.
L’esordio di questa parafilia è precoce. Si colloca nell’adolescenza anche se il feticcio può essere stato connotato di significati particolari nella prima fanciullezza.
Nell’omicidio seriale tale parafilia assume connotazioni che si articolano nella scelta della vittima (a partire da alcune caratteristiche di quest’ultima – colore dei capelli, carnagione, ecc.) e nel conservare parti del cadavere da utilizzare per la masturbazione – In questo senso, Gianfranco Stevanin è l’emblema del feticismo.
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PEDOFILIA
Un soggetto che pratica attività sessuale con bambini prepuberi è detto pedofilo.
L’attrazione verso le femmine, che è la più frequente, coinvolge solitamente bambine tra gli 8 e i 10 anni.
L’attrazioni per i maschi coinvolge soggetti un più grandi.
In molti casi il pedofilo si limita a spogliare il bambino e a guardarlo oppure a masturbarsi in sua presenza.
Altri sottopongono il bambino a vere e proprie pratiche sessuali, attraverso penetrazioni per lo più manuali, usando vari gradi di violenza.
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MASOCHISMO SESSUALE
In questa parafilia, si esprime l’atto reale di
subire umiliazioni, percosse, impedimenti di
varia natura.
Il masochismo, tuttavia, compare raramente
nella personalità del SK e molto spesso è
associato al sadismo sessuale o ai tratti sadici di
personalità.
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SADISMO SESSUALE
In questo caso, vengono svolte azioni che provocano sofferenza psicologica e fisica alla vittima.
Esse risultano eccitanti per il sadico.
Si esprimono con condotte che tendono ad umiliare la vittima, ad imprigionarla, percuoterla, torturarla, fino anche ad ucciderla.
L’esordio si colloca nelle prima età adulta. La gravità di tale parafilia aumenta di solito con il passare del tempo.
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FETICISMO DA TRAVESTIMENTO
Di solito si tratta di un collezionista di
indumenti femminili con i quali si
traveste.
In questa situazione si masturba
associando l’atto alla fantasia di essere sia
il maschio soggetto, sia la femmina
oggetto della sua fantasia sessuale.
Alcuni maschi indossano biancheria
intima femminile sotto gli abiti consueti,
altri si vestono da donna e si truccano.
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VOYEURISMO
E’ l’atto del trarre piacere dal guardare scene reali di contenuto sessuale.
Tale parafilia è associata al feticismo.
Anche nel feticismo è presente il culto visivo di fissare su di un oggetto le pulsioni sessuali.
Il voyerismo è spesso unito ad altre parafilie ed è raro nei serial killer.
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NECROFILIA
In questa parafilia il desiderio sessuale si
lega al piacere che si trae avendo rapporti
con un cadavere.
Questa parafilia è presente in molti serial
killer.
La problematiche psicologiche che si
nascondono dietro tale parafilia sono molte.
In primis si registra la paura nei confronti
delle donne.
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IL PARADIGMA
INDIZIARIO
LA LOGICA SOCIOLOGICA: CENNI
STORICI E SVILUPPI EPISTEMOLOGICI
Il crollo del mito del metodo unico e la ricerca di un nuovo approccio al concetto di prova.
Le origini del concetto di prova: il valore del semeion nel mondo greco.
La prova nel Medioevo e nella Modernità.
La logica tra modus tollens e metodo della falsificabilità.
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LE LEGGI DEL RAGIONAMENTO
Dal metodo falsificazionista all’errore logico:
quando il ragionamento confuta se stesso.
La logica non è una disciplina, ma uno
strumento.
Una classificazione delle principali fallacie
logiche: fallacie di rilevanza, induttive,
semantiche.
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ALCUNI ESEMPI
La fallacia ad hominen.
La fallacia ad ignorantiam (è un errore solo in logica. Nella giurisprudenza sancisce un principio fondamentale).
La fallacia ad misericordiam (consiste nell’appellarsi alla pietà per ottenere che una certa conclusione sia accettata)
La fallacie dell’accidente e della generalizzazione indebita (“Sono certo che i loro ambasciatori saranno ragionevoli sull’argomento. Dopo tutto l’uomo è un animale razionale” – “Durante la guerra alcuni gruppi di spie nemiche furono scoperti mentre sorvegliavano le linee telefoniche delle persone sospette. Possiamo quindi concludere che le autorità dovevano sorvegliare le linee telefoniche di tutte le persone sospette”).
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FALLACIE DELLA SPIEGAZIONE CAUSALE
Fallacia basata sull’assunto post hoc ergo propter hoc (“dopo di ciò quindi a causa di ciò”) – “Ho sempre mal di testa prima dei temporali. Il mio mal di
testa fa piovere”.
La fallacia della causa comune – “Il 78% di chi si reca alla mensa gratuita parrocchiale presenta problemi legati alla malnutrizione. Il cibo della mensa gratuita parrocchiale causa problemi legati alla malnutrizione” (qui invero è lo stato di povertà che può essere addotto come causa comune, sia dei problemi legati alla malnutrizione, sia dell’esigenza di recarsi alla mensa parrocchiale).
La fallacia dell’inversione della causa – “Molte persone che leggono libri sono mentalmente aperte. Leggere libri stimola l’apertura mentale”.
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LE FALLACIE DELL’ABDUZIONE
L’abduzione è un’inferenza induttiva basata sul
principio della spiegazione migliore.
Tipica fallacia dell’abduzione è l’argomento della
spiegazione circolare – quando spiego qualcosa
mediante il ricorso a ciò che dovrei spiegare –
“Piazza Affari ha registrato un calo del
volume di affari, dovuto ad una
temporanea flessione di attività del
mercato”.
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LOGICA E INDAGINE INDIZIARIA
Le inferenze logiche sono anche inferenze segniche, ossia legami indiziari. Rilevare tali legami significa indagare per indizi.
L’indagine indiziaria si basa su quello che è stato chiamato “paradigma indiziario”.
Che cosa è il paradigma indiziario? Il paradigma indiziario nasce e si sviluppa nella storia dell’arte, nella semiotica medica, nelle argomentazioni giuridiche, nelle scienze investigative.
Vedremo quali sono le caratteristiche, i limiti e i vantaggi del paradigma indiziario, alla luce del concetto di falsificabilità e dell’analisi del contesto.
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CHE COSA È IL PARADIGMA INDIZIARIO?
Per millenni l’uomo è stato cacciatore. Nel corso di inseguimenti innumerevoli ha imparato a ricostruire le forme e i movimenti di prede invisibili da orme nel fango, rami spezzati, pallottole di sterco, ciuffi di peli, piume impigliate, odori stagnanti.
Ha imparato a fiutare, registrare, interpretare e classificare tracce infinitesimali come fili di bava. Ha imparato a compiere operazioni mentali complesse con rapidità fulminea, nel fitto di una boscaglia o in una radura piena d’insidie. Il paradigma indiziario è proprio questo modello di pensiero: risalire da una traccia o da un segno a una cosa, che spesso è traccia e segno di una altra cosa.
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UNA STORIA ORIENTALE
Tre fratelli (racconta una fiaba orientale) incontrano un uomo che ha perso un cammello — o, in altre varianti, un cavallo. Senza esitare glielo descrivono: è bianco, cieco da un occhio, ha due otri sulla schiena, uno pieno di vino, l’altro pieno d’olio. Dunque l’hanno visto? No, non l’hanno visto. Allora vengono accusati di furto e sottoposti a giudizio. È, per i fratelli, il trionfo: in un lampo dimostrano come, attraverso indizi minimi, abbiano potuto ricostruire l’aspetto di un animale che non avevano mai avuto sotto gli occhi.
I tre fratelli sono evidentemente depositari di un sapere di tipo venatorio.
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IL DATO INDIZIARIO
Ciò che caratterizza questo sapere è la capacità di risalire da dati sperimentali apparentemente trascurabili a una realtà complessa non sperimentabile direttamente. Sì può aggiungere che questi dati vengono sempre disposti dall’osservatore in modo tale da dar luogo a una sequenza narrativa, la cui formulazione più semplice potrebbe essere “qualcuno è passato di là”. Forse l’idea stessa di narrazione nasce nell’orizzonte di queste esperienze.
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GIOVANNI MORELLI
Tra il 1874 e il 1876 apparvero sulla Zeitschrift für bildende Kunst una serie di articoli sulla pittura italiana. Essi erano firmati da un ignoto studioso russo, Ivan Lermolieff.
A tradurli in tedesco era stato un altrettanto ignoto Johannes Schwarze. Gli articoli proponevano un nuovo metodo per l’attribuzione dei quadri antichi, che suscitò tra gli storici dell’arte reazioni contrastanti e vivaci discussioni. Solo alcuni anni dopo, l’autore gettò la duplice maschera dietro a cui si era nascosto. Si trattava, infatti, dell’italiano Giovanni Morelli.
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IL “METODO MORELLIANO”
I musei, diceva Morelli, sono pieni di quadri attribuiti in maniera inesatta. Ma restituire ogni quadro al suo vero autore è difficile.
Molto spesso ci si trova di fronte a opere non firmate, magari ridipinte o in cattivo stato di conservazione. In questa situazione è indispensabile poter distinguere gli originali dalle copie. Per far questo, però (diceva Morelli) non bisogna basarsi, come si fa di solito, sui caratteri più appariscenti, e perciò più facilmente imitabili, dei quadri: gli occhi alzati al cielo dei personaggi del Perugino, il sorriso di quelli dì Leonardo, e così via.
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ANCORA SUL “METODO MORELLIANO”
Bisogna invece esaminare i particolari più
trascurabili, e meno influenzati dalle
caratteristiche della scuola a cui il pittore
apparteneva: i lobi delle orecchie, le
unghie, la forma delle dita delle mani e
dei piedi. In tal modo Morelli scoprì, e
scrupolosamente catalogò, la forma di
orecchio propria di Botticelli, quella di
Cosmé Tura e così via: tratti presenti
negli originali ma non nelle copie.
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MUSEO D’ARTE COME MUSEO CRIMINALE
I libri di Morelli, in effetti, hanno un aspetto piuttosto insolito se paragonati a quelli degli altri storici dell’arte.
Essi sono cosparsi di illustrazioni di dita e di orecchie, accurati registri di quelle caratteristiche minuzie che tradiscono la presenza di un dato artista, come un criminale viene tradito dalle sue impronte digitali.
Qualsiasi museo d’arte studiato da Morelli acquista subito l’aspetto di un museo criminale.
In questo senso, il metodo indiziario di Morelli è stato opportunamente accostato a quello che quasi negli stessi anni veniva attribuito a Sherlock Holmes dal suo creatore, Arthur Conan Doyle.
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LO STORICO DELL’ARTE E IL DETECTIVE
Il conoscitore d’arte è paragonabile al detective che scopre l’autore del delitto (del quadro) sulla base di indizi impercettibili ai più. Gli esempi della sagacia di Holmes nell’interpretare orme nella fanghiglia, ceneri di sigaretta e così via sono, com’è noto, innumerevoli. Ma per persuadersi dell’esattezza dell’accostamento proposto tra Morelli e Holmes si veda un racconto come Card (1892), in cui lo stesso Holmes letteralmente “morelleggia”.
Il caso comincia per l’appunto con due orecchie tagliate inviate per posta a un’innocente signorina.
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DIGRESSIONE SU HOLMES
“Holmes s’interruppe, ed io [Watson] fui sorpreso,
guardandolo, di vedere ch’egli fissava con singolare
attenzione il profilo della signorina. Per un attimo fu
possibile leggere, sul suo viso espressivo, sorpresa e
soddisfazione a un tempo, benché quando ella sì voltò per
scoprire il motivo del suo improvviso silenzio, Holmes fosse
tornato impassibile come al solito”.
Più avanti Holmes spiegherà a Watson (e ai lettori) il
percorso del suo fulmineo lavorio mentale: “Nella sua
qualità di medico lei non ignorerà, Watson, che non esiste
parte del corpo umano che offra varianti maggiori di un
orecchio, Ciascun orecchio ha caratteristiche sue proprie e
differisce da tutti gli altri. Nella Rassegna antropologica
dell’anno passato lei troverà su questo argomento due brevi
monografie ad opera della mia penna”.
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HOLMES
“Avevo pertanto esaminato le orecchie contenute nella
scatola con occhi da esperto, e avevo accuratamente notato
le loro caratteristiche anatomiche. Immagini perciò la mia
sorpresa allorché, posando lo sguardo sulla signorina
Cushing, notai che il suo orecchio corrispondeva in maniera
esatta all’orecchio femminile che avevo testè esaminato.
Non era possibile pensare ad una coincidenza. Nei due
esisteva il medesimo raccorciamento della pinna, la stessa
ampia curva del lobo superiore, la medesima
circonvoluzione della cartilagine interna. In tutti i punti
essenziali si trattava del medesimo orecchio. Naturalmente
mi avvidi subito dell’enorme importanza di una tale
osservazione. Era evidente che la vittima doveva essere
una consanguinea, probabilmente molto stretta, della
signorina”.
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Ritratto di Leone X
Raffaello
(1518/19)
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Ritratto di Leone X
Andrea del Sarto
Museo Capodimonte
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• Madonna della lucertola
• (copia da) Raffaello
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• Ritratto di Giovanna
d’Aragona principessa
Colonna
• (copia da) Raffaello
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I
• La Sacra Famiglia con San
Giovannino
• (copia da) Raffaello
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II
• La Sacra Famiglia con San
Giovannino
• (copia da) Raffaello
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BARO CON L’ASSO DI QUADRI GEORGES DE LA TOUR (1630)
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Venere e Cupido,
Bronzino, 1544-45
Il piacere
L’innocenza
La dissimulazione
L’ambiguità
La frode
La gelosia
La maschera
Il tempo
Esistono tre falsi di questa
opera
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Venere e Cupido, Bronzino,
1544-45
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IL PARADIGMA INDIZIARIO TRA LOGICA E
SCIENZA GIURIDICA
Le fallacie dell’induzione e dell’abduzione, prima viste, trasformano l’indagine indiziaria in un problema (cfr. Cassazione 23 febbraio 1995; Cassazione 20 giugno 1991).
La Sez. VI (23 febbraio 1995) ha affermato che “l’esistenza di un fatto non può essere desunta dagli indizi; ma la stessa Sez. VI (20 giugno 1991) ha pure sentenziato che “non è possibile stabilire nel processo penale un ordine di precedenza tra prove dirette e prove indirette…; una pluralità di indizi può, in congrui casi, consentire al giudice di raggiungere livelli di ‘certezza’ di gran lunga superiori a quelli resi possibili da una o più prove ‘dirette’, purché gli indizi siano gravi, precisi e concordanti”.
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PARADIGMA INDIZIARIO ED ERRORE
GIUDIZIARIO In proposito Ferdinando Imposimato ha scritto che: “i
procedimenti sono quasi tutti indiziari, basati cioè su fatti desunti dall’esistenza di altri fatti. In pratica, il risultato di una deduzione logica: terreno ideale per l’errore, perché troppo spesso l’indizio non è che un sospetto che si è trasformato in un indizio prima di tramutarsi ulteriormente in prova… In virtù del principio del libero convincimento, alcuni giudici possono considerare un indizio né grave, né preciso, né concordante; altri invece si pronunciano in senso opposto. A questo punto l’errore giudiziario diventa inevitabile… Il rischio che una persona venga arrestata sulla base di elementi labili, che poi possono essere valutati o svalutati secondo l’umore del giudice di turno è una delle circostanze maggiormente deprecabili del nostro sistema”. (Sidoti 2002, p. 500).
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CHE FARE?
Il punto è che ogni indizio raccolto va sempre letto all’interno del contesto di riferimento nel quale appare.
Occorre cioè una chiave di lettura complessiva per cogliere le connessioni organiche fra tracce, concordanze tra testimonianze, repertazioni biologiche e così via.
Gli indizi devono essere sottoposti ad un rigido sistema epistemologico di controllo.
Tale controllo procede con le caratteristiche della falsificazione, del modus tollens.
Solo così si può superare l’errore giudiziario e trasformare il paradigma indiziario in una struttura logica certa.
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Bene, F., Castellini, G., Fiorucci, L., Fois, A., Meredith. Cronaca di un delitto, Murena Editrice, Perugia 2008.
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