Compendio Di Criminologia

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CRIMINOLOGIA (Prof. Romano Bettini) COMPENDIO DI CRIMINOLOGIA (Gianluigi Ponti)

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le basi della criminologia

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CRIMINOLOGIA

CRIMINOLOGIA

(Prof. Romano Bettini)

COMPENDIO DI CRIMINOLOGIA

(Gianluigi Ponti)

CAPITOLO 1

INTRODUZIONE ALLO STUDIO DELLA CRIMINOLOGIA

1.1 PREMESSA

La criminologia, contrariamente a quanto si creda, non riservata solo agli addetti ai lavori: essa offre anche , in una prospettiva umanistica, molteplici spunti per ampliare le conoscenze e favorire una migliore conoscenza della persona umana.

Fornire conoscenze maggiormente approfondite, che non ricalchino solo il comune buon senso o gli stereotipi e i luoghi comuni sul crimine lo scopo specifico di questa disciplina.

1.2 LE SCIENZE CRIMINALI

Le discipline che hanno come loro interesse i fenomeni delittuosi si denominano scienze criminali e ad esse appartengono, oltre alla criminologia:

il diritto penale, sia sostanziale che procedurale esso la scienza che studia, analizza ed approfondisce il complesso delle norme giuridiche rivolte ai cittadini, le quali divengono, in forza di legge, regole di condotta. Pertanto, il delitto, che il campo degli interessi e delle indagini scientifiche della criminologia, viene ad essere definito dal diritto penale: poich la criminologia si occupa di studiare i fatti delittuosi, gli autori dei delitti e le differenti reazioni che la societ mette in atto per combatterli o prevenirli, ne consegue che la criminologia sar debitrice al diritto penale della definizione delloggetto su cui deve indirizzare la sua ricerca e il suo sapere.

Il diritto penitenziario che ha come oggetto linsieme delle disposizioni legislative e regolamentari che disciplinano la fase esecutiva del procedimento giudiziario penale.

La psicologia giudiziaria che studia la persona umana non in quanto reo (ambito questo della criminologia e della psicologia criminale) ma quale attore, in differenti ruoli, nel procedimento giudiziario (imputato, parte offesa, periti, avvocati, magistrati della pubblica accusa e giudici, ecc.).

La politica penale (o politica criminale) composta da molteplici filoni di pensiero che hanno come obiettivo quello di studiare, elaborare e proporre gli strumenti ed i mezzi (legislativi, giuridici, sociali, trattamentali, preventivi) per combattere la criminalit. Essa costituisce linsieme dei contributi che molteplici discipline forniscono al legislatore per la formulazione delle leggi penali, affinch operi non solo sotto la spinta delle sollecitazioni dellopinione pubblica e dei valori della cultura di quel momento, ma anche alla luce delle ricerche, degli studi e degli apporti dottrinari.

La criminalistica, invece, non va confusa n con la criminologia n con le scienze criminali: essa da intendersi come linsieme delle molteplici tecnologie che vengono utilizzate per linvestigazione criminale. Si tratta di tecniche di polizia scientifica che hanno come obiettivo la risoluzione di svariati problemi di ordine investigativo, utili per la qualificazione del reato, per la identificazione del reo o della vittima, per la caratterizzazione delle circostanze (es.: analisi grafometrica, analisi di campioni biologici, indagini tossicologiche, ecc.).

Rientrano invece nelle competenze della criminologia gli studi e le applicazioni pratiche aventi per oggetto lidentificazione del reo utilizzando le caratteristiche psicologiche e comportamentali degli autori di taluni tipi di reato.

1.3 PRECISAZIONI SEMANTICHE

Per quanto attiene ai fatti delittuosi, nel comune linguaggio il delitto, il crimine, il reato, cos come pur avendo un significato sostanzialmente equivalente, contengono sfumature semantiche differenti: la parola reato ha un significato meno stigmatizzante ed implica reazioni emotive meno negative di quanto non comporti la parola delitto, riservata di solito per definire atti di particolare efferatezza. Le dizioni atto illegale o illeciti penali, pur avendo sempre il significato di atto previsto dalla legge come reato, sono pi neutre e non comportano un giudizio morale particolarmente severo. Le espressioni verbali quali comportamento disonesto o disonest, poi, pur sempre indicando un agire proibito dalla norma penale, implicano una ancor minore reazione sociale di censura, sia per il poco rilevante danno economico dellazione disonesta sia per la larga diffusione di quel tipo di azione. Nel linguaggio giuridico, invece, tutte le azioni penalmente perseguibili vengono denominate reati: tra di essi si differenziano i delitti e le contravvenzioni, a seconda della natura delle pene (ergastolo, reclusione, multa nel primo caso; arresto e ammenda nel secondo) a loro volta correlati alla maggiore o minore gravit del reato. In criminologia si preferisce non tener conto delluso generico dei termini anche perch i nomi che indicano i fatti delittuosi e gli autori di delitti variano da paese a paese cosicch dizioni uguali hanno spesso significato giuridico diverso.

Analogamente accade per i nomi con i quali si indica lautore di fatti previsti dalla legge come reati. Nel linguaggio dei codici egli pu essere reo, delinquente, condannato, indagato, indiziato, imputato, appellante, ricorrente, ecc. Nel linguaggio quotidiano le dizioni delinquente e criminale non sono astrattamente usate per indicare chi infrange la legge ma contengono in s impliciti giudizi di valore negativi, disapprovazione, censura. Nel contesto dei gruppi e della societ si effettuano differenziazioni nei confronti della criminalit secondo una gerarchia dei valori violati, cosicch non tutte le infrazioni della legge penale suscitano uguali reazioni negative, essendo talune sentite come pi gravi di talaltre percepite come meno severamente censurabili. Il criminologo deve tendere a spogliare la parola delinquente, criminale, reo (colui che fa il male), da implicazioni emotive e da giudizi etici, considerandole semplicemente quali termini per indicare coloro che hanno commesso azioni proibite dalla legge penale.

Delinquente, in ogni caso, per il criminologo va usato non tanto come sostantivo, quanto piuttosto come participio presente: colui che delinque. Criminale, delinquente, reo, dovrebbero semplicemente indicare colui che ha compiuto azioni che la norma giuridica definisce reati ed evitare dunque generalizzazioni. Non esistono, infatti i delinquenti come categoria o come astratti concetti ma una realt costituita da una infinita variet di singole fattispecie delittuose e di singoli autori: dunque, necessario, per essere scientificamente corretti, parlare sempre al singolare piuttosto che al plurale. Sar bene poi non usare i verbi allindicativo ma utilizzare piuttosto espressioni possibilistiche o probabilistiche perch le certezze non sono delle scienze delluomo e men che meno appartengono alla criminologia.

1.4 OGGETTO E SPECIFICIT DELLA CRIMINOLOGIALa criminologia si colloca fra le discipline che hanno come loro oggetto di studio la criminalit e che abbiamo definito quali scienze criminali. Tratto caratteristico della criminologia, per, il confluire integrato e non meramente giustapposto degli apporti di diverse discipline secondo una prospettiva sintetica. Il criminologo, dunque, in grado di coltivare conoscenze e di informare su delitto e delinquenti secondo un pi ampio ventaglio di prospettive. Vediamo le sue caratteristiche in particolare:

lampiezza del campo di indagine che considera i fatti criminosi e i loro aspetti fenomenologici, le variazioni nel tempo e nei luoghi, le condizioni sociali ed economiche che ne favoriscono la diffusione e le modificazioni. Rientrano nellambito dei suoi interessi anche lo studio degli autori dei delitti, i diversi tipi di reazione sociale che il delitto suscita, lanalisi delle conseguenze esercitate dal crimine sulle vittime, del fenomeno della devianza.

una scienza multidisciplinare nel senso che una scienza che per il proprio autonomo sviluppo richiede competenze molteplici: essa si occupa quindi dei fenomeni delittuosi secondo molteplici prospettive e competenze. Afferiscono alla criminologia conoscenze fornita da pi discipline quali la sociologia, la psicologia, la psichiatria, la psicologia sociale, ecc. mentre esclusivo compito della criminologia il coagulare in s i loro apporti per quanto pu essere utilizzato per lo studio del crimine. Il criminologo lo studioso che deve saper integrare in una visione sintetica dati, conoscenze, approcci e metodi provenienti da campi diversi del sapere.

una scienza interdisciplinare poich ha necessit di dialogo con altre scienze per poter, congiuntamente a queste, affrontare questioni alla cui risoluzione necessitano molteplici competenze.

una delle scienze delluomo tali si definiscono quelle scienze che studiano quella realt complessa, articolata e multiforme che il comportamento umano in seno alla societ nei suoi infiniti aspetti. Con le altre scienze delluomo (posologia, antropologia, pedagogia, storia, economia, psichiatria, ecc.) la criminologia ha in comune lo studio delluomo nella sua dimensione individuale e sociale, e come suo specifico oggetto lo studio delluomo allorquando viola la legge penale.

1.5 LA CRIMINOLOGIA COME SCIENZA

Per poter parlare di scienza necessario che un certo tipo di sapere abbia alcune caratteristiche. Irrinunciabili requisiti delle scienze sono:

la sistematicit nel senso che una scienza linsieme delle conoscenze acquisite in determinati ambiti del sapere, integrate in un complesso strutturato ed armonico;

la controllabilit posto che le enunciazioni debbono poter essere sottoposte al vaglio delle critiche logiche e al confronto con i dati della realt;

la capacit teoretica per la quale una scienza deve riunire e riassumere molteplici osservazioni e dati sui fenomeni di cui si occupa in proposizioni astratte unite da un nesso logico (le teorie) e intese a spiegare, in una costruzione semplice e comprensibile, i rapporti causali, le correlazioni e le variabili dei fatti oggetto della sua analisi;

la capacit cumulativa consistente nella caratteristica delle scienze di costruire teorie in derivazione luna dallaltra talch le pi recenti correggono, modificano, amplificano o perfezionano le teorie prima formulate;

la capacit predittiva anche se doveroso precisare che le scienze delluomo presentano grandi limiti nella possibilit di prevedere quali saranno i futuri comportamenti sia collettivi che dei singoli individui. Luomo, infatti, non mai costretto ad agire in un certo modo ma libero, sia pur in modo non totale, di scegliere la sua condotta: la quale influenzata, anche fortemente, dal sistema delle relazioni interpersonali,d agli obblighi legali e dalle norme di costume, cos come lo dai fattori sociali, economici, familiari, ma alla fine la condotta pur sempre rimessa alla scelta dellindividuo.

Posto ci, vediamo ora quali siano le particolari prerogative di dottrina scientifica della criminologia.

Di certo la criminologia stata da molti ricompresa fra le scienze empiriche, nel senso che sarebbe fondata solo sullosservazione della realt criminosa e non sulla speculazione astratta o su presupposti teorici o su giudizi di valore, e nel senso che i suoi dati dovrebbero avere carattere oggettivo. Pertanto, le interpretazioni che essa fornisce del suo campo di indagine, le valutazioni cui perviene e gli sviluppi teoretici che propone dovrebbero essere unicamente il frutto della osservazione della realt. Ci per accade solo per talune delle teorie criminologiche poich altre sono invece fortemente influenzate dallatteggiamento soggettivo dello studioso. Il carattere avalutativo e neutrale della criminologia intesa come scienza sempre e solo empirica, a lungo sostenuto nel passato oggi assai ridimensionata. Le teorie criminologiche non vengono pi considerate come oggettive certezze anche se rimane pur sempre alla criminologia il requisito di scienza anche emprica, ma solo relativamente a talune delle sue acquisizioni. Un altro aspetto del suo essere scienza empirica si manifesta con la sua qualificazione come scienza descrittiva dei fenomeni criminosi: per questo ad essa competa la descrizione fattuale, la classificazione e la differenziazione tassonomica dei delitti e dei loro autori, Nel momento in cui alla descrizione si aggiunge per anche la ricerca e la identificazione dei fattori responsabili di tali eventi, la criminologia viene ad assumere il carattere di scienza eziologia, cio di scienza che ricerca le cause dei fenomeni da lei osservati.

Aspetto empirico/descrittivo giudizi di fatto

Criminologia

Aspetto ideologico/critico

giudizi di valore

Quando la criminologia costruisce le sue teorie, viene dunque ad assumere prevalenti connotazioni di scienza eziologia: in questo senso, sottolineando limportanza di alcuni fattori e indicandoli come cause della criminalit, viene in definitiva ad effettuare giudizi ispirati a valori e perde quindi le sue connotazioni di scienza empirica. Ci si verifica rinunciando al metodo induttivo in favore di quello deduttivo, particolarmente nella costruzione di talune teorie, nelle quali preminente non tanto la ricerca empirica, quanto piuttosto la interpretazione di taluni fatti secondo una visione ideologica o sociale: assume in tal caso le caratteristiche di quelle scienze che si fondano su giudizi di valore.

E opportuno a questo punto ricordare la ormai classica distinzione di Norberto Bobbio tra scienze che formulano giudizi di fatto e scienze che si occupano di giudizi di valore: in questo senso, quando la criminologia coltiva essenzialmente laspetto empirico e descrittivo dei fenomeni criminosi, prevalente la prima caratteristica; quando la criminologia entra nel merito di valutazioni che sono ideologiche o etiche, quando privilegia taluni fattori sociali conferendo ad essi valore di causa unica o prevalente della criminalit essa assume caratteri di scienza speculativa che si fonda su giudizi di valore.

Unaltra caratteristica della criminologia quella di essere anche una scienza applicativa. Fra le molteplici competenze del criminologo, vi anche quella di intervenire operativamente sui fenomeni criminosi e sugli individui: agisce sui fenomeni con lattuare interventi di prevenzione generale e speciale, o con lattivarsi nei programmi di mediazione fra reato e vittima; interviene sugli individui per favorire, con le tecniche proprie delle scienze delluomo, leducazione dei rei minorenni e la risocializzazione dei condannati adulti, ecc.

1.6 RELATIVITIA DEL SIGNIFICATO AVALUTATIVO E NEUTRALE DELLA CRIMINOLOGIAAnche se levolvere della scienza ha consentito di acquisire via via sempre maggiori certezze nelloggettivit di taluni dati del reale, non altrettanto sicurezza stata raggiunta nellinterpretazione organizzata in una teoria dei dati stessi. Infatti, requisito fondamentale delle teorie scientifiche il loro carattere di falsificabilit o confutabilit: questa caratteristica, cos denominata da Popper, consiste nella loro non dogmaticit, perch proprio delle teorie scientifiche il poter essere demolite e sostituite da nuove che dimostrano cos la fallacia di quelle che le hanno precedute. Non vi cio una verit assoluta, valida per sempre, ma piuttosto un succedersi di verit, sempre provvisorie, in attesa di essere superate, modificate o smentite da altre interpretazioni teoriche della realt in cui viviamo.

Infine si contesta lavalutativit della ricerca scientifica, affermando che i dati non parlano da soli ma vengono letti alla luce della teoria: addirittura si sostiene che sar la teoria a permetterci di vedere certi date e ad accecarci rispetto ad altri. Il che, poi, tanto pi vero per quelle scienze meno immediatamente a contatto col dato naturale, e che rivolgono invece la loro attenzione alluomo nel suo agire sociale o individuale: dunque, tutte le scienze nelle quali lo scienziato nello stesso tempo osservatore di eventi e attore partecipe di quel contesto sociale, obbligatoriamente contengono delle scelte di valore e riflettono gli orientamenti generali della cultura del proprio momento. Quindi, anche la criminologia non pu essere solo scienza empirica e conoscitiva (il che comunque non salvaguarderebbe lassoluta neutralit) ma include in s necessariamente anche aspetti di scienza etico-normativa poich le sue acquisizioni, oltre che basarsi su giudizi di fatti, contengono anche giudizi di valore.

1.7 VERITA E TEORIE CRIMINOLOGICHE

E opportuno chiarire unaltra delle peculiarit delle teorie del comportamento umano, rappresentato dal carattere relativo delle verit da esse enunciate.

Relativamente al carattere di verit sulle cause proposte dalle varie teorie, da premettere che nel corso del tempo ne sono state identificate moltissime il che farebbe sospettare che le cause indicate da ciascuna di esse non siano veri fattori causali. Molti approcci teorici, sia sociologici che psicologici, si propongono come teorie unicasuali, nel senso che hanno polarizzato il loro interesse su di un unico fattore, ritenuto il pi rilevante o addirittura esclusivo. Altre teorie tentano invece di conciliare molteplici fattori che intervengono nella causazione per offrire cos una prospettiva interpretativa pi ampia: queste si denominano teorie multicausali.

Nello studio del comportamento umano, da intendersi il significato di causa in termini molto relativi: lenorme numero dei fattori concorrenti, unitamente allestrema variet individuale nel rispondere e reagire anche a identiche condizioni, devono render cauti sul significato della causalit nel comportamento umano. Nessun fattore pu mai da solo completamente spiegare un fatto, e reciprocamente lo stesso comportamento pu essere inquadrato e spiegato secondo varie teorie causali: questa semplicemente la conseguenza del fatto che i vari ricercatori rivolgono il loro interesse maggiormente sulluno piuttosto che sullaltro degli innumerevoli fattori che concorrono nel comportamento sociale delluomo.

Intendere la condotta in termini polarizzanti sulla causalit espone al rischio di considerarla secondo la prospettiva del determinismo: ci vuol dire che col dar valore di causa come antecedente che da solo spiega lagire, si finisce col prospettare uninterpretazione meccanicistica che non lascia pi spazio a quella che la variabile fondamentale del comportamento umano e cio la libert di scelta.

E poi ormai risaputo che nelle scienze umane la libert di autodeterminarsi non ha carattere dogmaticamente assoluto ma sentita come una responsabilit che pu essere spesso attenuata e ne parliamo pertanto come di una libert morale condizionata. Ben sappiamo che gli spazi della libert umana sono molte volte compromessi, anche in maniera rilevante, da handicap sociali, o da appartenenze a particolari sottoculture o dallo stigma o da fattori psicologici e biologici. Ma al pari, il nostro momento culturale rivaluta la residua possibilit di scelta delluomo dai vari condizionamenti, riafferma la sua responsabilit e quindi anche la possibilit di formulare giudizi in termini di merito o di demerito.

Sul terreno teorico risulta poi sterile ogni affermazione generalizzante o di priorit fra le varie cause (o fattori) evidenziate dalle varie teorie: La complessit dei fenomeni della psiche umana, e conseguentemente della condotta, impedisce di stabilire delle gerarchie di importanza tra tali fattori: solo utilizzando i vari approcci in una visione integrata e non esclusiva verr favorita la migliore comprensione dei fenomeni. Ci che dovr evitarsi, dunque, sar il dogmatizzare una sola teoria.

Va chiarito comunque che il concetto di teoria unicausale non equivale a quello di teoria deterministica, ben potendosi formulare teorie unicausali che non considerino il fattore da esse eletto a condizione principale anche come escludente lintervento della scelta personale; viceversa, possono darsi teorie multifattoriali ma deterministiche in quanto asseriscono che il concorrere di un certo numero di fattori comporta necessariamente lesito criminoso. Ma sar comunque ben difficile che una singola teoria possa soddisfacentemente chiarire, sotto il profilo causale, o anche solo esplicativo, ogni tipo di condotta criminosa.

Tornando alla questione delle verit delle teorie criminologiche, c da ricordare che il carattere distintivo della bont di una teoria non il suo essere pi o meno vera. Ogni costruzioni teorica che miri ad identificare la causa o le cause del comportamento criminale incontra un primo insuperabile ostacolo nella estrema variabilit dei crimini che sono straordinariamente diversi fra loro. Questa considerazione consente di affermare che non ci sar nessuna teoria in grado di identificare una o pi cause efficienti per ogni tipo di crimine, e che pertanto nessuna teoria sar pi vera di altre.

Una seconda considerazione deriva dal fatto che le cause identificate (o comunque i fattori ritenuti dalle varie teorie pi importanti) oltre ad essere numerosissime sono spesso inconciliabili tra loro.

Bene, oggi siamo consapevoli che il metodo scientifica, in modo particolare quello che si utilizza nelle scienze delluomo, non in grado n lo presume, di fornire verit incontrovertibili: siamo consapevoli di non poter esprimere certezze sulla personal umana.

Mentre la verit un concetto assoluto, le teorie hanno una validit solo relativa e provvisoria. Una teoria dovr essere valutata piuttosto in funzione del suo valore euristico: cio della capacit di stimolare altre ricerche e a favorire il sorgere di nuove conoscenze. Una teoria perci vera (quindi non in senso trascendente e assoluto) solo se utile (cio se si presta a essere utilmente impiegata per ulteriormente facilitare la comprensione di un fenomeno, per accrescere le conoscenze e per pi efficacemente intervenire su di esso).

Non si deve dunque cercare la teoria pi vera, posto che nessuna lo in assoluto: il criminologo si avvarr piuttosto dei contributi derivanti da vari approcci teoretici, cos da poter fruire di un pi ampio ventaglio conoscitivo. In questo senso giocheranno infine un ruolo importante anche le affinit e gli orientamenti di ciascun studioso in quanto sappiamo che non possibile prescindere completamente dai giudizi di valore, che necessariamente sono informati allideologia e alle inclinazioni culturali di ciascuno.

1.8 IL CONCETTO DI CAUSA IN CRIMINOLOGIA.

Gli uomini hanno costantemente costruito spiegazioni causali alla ricerca di dottrine capaci di offrire una spiegazione al perch viviamo, e al perch delluniverso di cui siamo parte: non deve dunque sorprendere se anche la criminologia si sia posto il problema di identificare le cause della condotta delittuosa.

Abitualmente si designa coma causa di un fatto lantecedente necessario e sufficiente al suo accadimento.

Nel cercare la causa, non possiamo rifarci solo alle condizioni necessaria in quanto esse sono molteplici e una siffatta esasperata e paradossale visione condizionistica del tutto sterile. Ci che si indica come causa deve essere non solamente necessario ma costituire anche una condizione sufficiente: si deve cio, fra gli infiniti antecedenti necessari, identificare solo quello che in definitiva ha provocato leffetto. Chiamiamo pertanto causa, fra tanti fattori pur necessari, solo quella condizione che pi direttamente intervenuta nel fenomeno esaminato, trascurando gli altri, e senza la quale leffetto non si sarebbe verificato. Cerchiamo, cio, la conditio sine qua non. Fra i tanti antecedenti, quello la causa efficiente.

Se poi, in unaltra prospettiva ci si propone non semplicemente un fenomeno ma anche di intervenire per modificarlo, chiaro che necessario trascegliere dal complesso degli antecedenti talune condizioni che si reputano pi importanti perch sono quelle sulle quali possiamo intervenire per modificare leffetto. Di fronte a tale esistenza di una causalit pragmatica si trova anche il criminologo, chiamato ad indagare e comprendere, ma possibilmente anche a contrastare il comportamento delittuoso.

Questo comune concetto di causalit, che chiameremo casualit lineare (dalla causa A deriva leffetto B, che esprimiamo graficamente con la formula A ----- B stato a lungo il paradigma dominante dellet del Positivismo quando, nel secolo XIX, vigeva una visione meccanicistica ed una fiducia assoluta nella capacit esplicativa della scienza secondo la quale i fenomeni naturali (e con essi anche il comportamento umano)derivavano, in una visione deterministica, da fattori noti che producevano necessariamente certi effetti, in armonia con leggi di natura che erano certezze non discutibili.

Ma se per molti fenomeni naturali pi semplici la causalit lineare ha ancora pieno valore, questo principio di causalit non ha oggi pi credito per quanto attiene ai fenomeni di cui si occupano le scienze delluomo. La prospettiva della causalit, relativamente al comportamento umano cambiata radicalmente: essa intesa infatti secondo una prospettiva sistemica e alla luce di un nuovo concetto di causalit detta di causalit circolare.

La teoria dei sistemi (Bethalanaffy, Bateson) invece di considerare i fenomeni come effetto necessario di una causa data, certa piuttosto di analizzare le reciproche influenze fra i fenomeni che sono inseriti nel sistema: questa teoria si fonda sul concetto di insieme per il quale una unione di elementi qualcosa di diverso dalla semplice somma dei singoli componenti; essa spiega inoltre come nellinsieme dei rapporti interpersonali, costituenti appunto un sistema, la condotta di un soggetto influenza quella degli altri, e come questultima a sua volta si ripercuota sul comportamento del primo agente: questo il concetto di causalit circolare. Il modello mutuato dalla cibernetica, che sostituisce lo schema della causalit lineare con quello di retroazione o feedback per il quale ognuna delle parti di un sistema influisce sulle altre (A --- B): ne deriva che la differenziazione fra causa ed effetto viene in tal modo a perdere il significato perch ogni parte del sistema nello stesso tempo causa ed effetto e non pu pi parlarsi pertanto di causa efficiente. E dunque centrale il concetto di sistema nel quale sono ricompresse oltre allattore del fenomeno osservato anche le altre persone e circostanze con le quali il soggetto venuto in rapporto, e le correlazioni tra di essi.

La criminologia, adottando una modalit esplicativa di queste genere favorir una conoscenza pi ampia di quel soggetto e di quella condotto ma finisce per ostacolare il giudizio morale nei suoi confronti e rischia di favorire un atteggiamento globale di giustificazionismo e di deresponsabilizzazione: leccesso del comprendere pu portare allimpossibilit del giudicare.

Le attribuzioni di responsabilit debbono avvenire secondo un modello differente di causalit, la causalit giuridica materiale, che procede secondo la logica della causalit lineare.

Fra le molteplici teorie giuridiche sulla causalit, preferibile appare la teoria della causalit cosiddetta umana, per la quale la condotta umana pu considerarsi causa dellevento quando: a) conditio sine qua non del medesimo, in quanto senza di essa levento non si sarebbe prodotto; b) levento al momento della condotta era prevedibile come conseguenza verosimile di essa, secondo la miglior scienza ed esperienza del momento storico.

Ecco che se il criminologo con le sue conoscenze in grado di favorire proprio attraverso la logica della casualit circolare, la comprensione approfondita di un comportamento delittuoso identificando il reticolo dei fattori remoti e prossimi, psicologici e relazioni che hanno avuto un ruolo pi o meno rilevante nella condotta incriminata, deve per astenersi dal formulare giudizi in quanto non solo perch quanto maggiore la comprensione tanto maggiore sar la tendenza a giustificare ma perch giudizi e giustificazioni spettano solo al giudice.

1.9 Il campo delle indagini criminologiche

La criminologia, gi si detto, non pu avere una propria autonomia nel delimitare il proprio ambito dindagine perch delimitata in questo dal diritto positivo. Il delitto un fatto sociale che la legge definisce come tale per convenzione pubblica. Fra gli innumerevoli comportamenti il diritto ne indica infatti alcuni come proibiti, prevedendo sanzioni per chi viola la proibizione: solo che lindicazione di ci che proibito cambia nel tempo e nei luoghi.

Oltre che mutevoli, le definizioni del diritto positivo sono necessariamente rigide e schematiche. Per molti studiosi il delitto si sostanzia in una condotta che lede o mette in pericolo un bene di rilievo per la collettivit, nel senso che la sua lesione o messa in pericolo costituisce danno sociale: essa cio risulta intollerabile per la societ stessa e non altrimenti evitabile se non utilizzando sanzioni criminali.

Fin dal secolo scorso, allepoca della Scuola Positiva, stato rivalutato il vecchi concetto di delitto naturale contrapposto a quello di delitto come fatto storicamente e socialmente contingente che mira a identificare i delitti secondo un criterio e unetica universali, non subordinate al variare delle norme legali. Secondo questa prospettiva giusnaturalistica, esisterebbe una sorta di sistema legale non scritto cio un insieme di valori che le leggi costantemente tutelano in ogni momento storico e che rispecchierebbero i contenuti etici fondamentali, immutabili e trascendenti, di una supposta natura delluomo: essi si affiancherebbero al diritto positivo dei singoli stati e delle singole epoche, essendo indipendenti o addirittura superiori ad esso ed di essi che la criminologia dovrebbe soprattutto occuparsi.

Lantropologia e letnologia informano invece che nessuna delle condotte proibite dalle norme si mantenuta immutata nel corso dei secoli. Tutti i valori etici, tra cui anche quelli che parrebbero pi radicati, non sono dunque frutto di principi innati o del patrimonio biologico o di principi immanenti e immutabili ma della evoluzione sociale e culturale.

Il delitto non pertanto fatto naturale bens fatto sociale identificato da una definizione convenzionale, necessariamente mutevole con il mutare delle societ e, pertanto, lidea del delitto naturale risulta inaccettabile per chi affronta il problema in una prospettiva antropologico-culturale.

Nel tentativo di definire il delitto secondo criteri di validit generale, svincolata dalle norme contingenti e mutevoli de diritto positivo, si anche tentato di utilizzare il principio della antisocialit o della pericolosit sociale. Sulla pericolosit si incentrava la politica criminale propugnata della Scuola Positiva del diritto ed era intesa come una specie di innata tendenza a compiere delitti non necessariamente connessa con leffettualit di comportamenti legalmente proibiti e che sugli individui socialmente pericolosi si and incentrando linteresse dei criminologi di quellepoca. Ma lantisocialit e la pericolosit sono per condizioni ben difficili da oggettivare da arte delle scienze delluomo ed in definitiva un mero giudizio di valore espresso nei confronti di taluni individui in ragione non solo di talune loro caratteristiche somatiche e psicologiche ma in pratica molto spesso semplicemente del loro status. Rientrerebbero pertanto tra questi esseri antisociali anche coloro che pur non avendo commesso reati ne vengono reputati potenzialmente capaci: si ammette cos lesistenza di una criminalit potenziale o induttiva svincolando il concetto di delinquente dal quello di delitto consumato o tentato. C anche da dire che nel diritto penale moderno, il criterio della generica antisocialit ha assunto un significato diverso in quanto beni giuridici meritevoli di tutela penale sono oltre i beni prevalente individuali anche quelli di pi ampio interesse cosicch sono ritenuti fatti antisociali linquinamento ambientale, gli attentati allecologia, i reati economici.

Non possono nemmeno seguirsi quei pensatori che, sempre nellintento di svincolare il campo dindagine della criminologia dal diritto positivo, hanno parlato di una criminologia dei diritti umani, muovendo dallintento di prendere in esame anche quei comportamenti che costituiscono violazione dei fondamentali diritti e libert delluomo e che sono stati definiti dalla Carta dellONU nel 1946 prescindendo dal fatto che siano, ovvero no, previsti come reati dal diritto positivo delle singole nazioni. La questione ancora oggi aperta in quanto comporta limitazioni della sovranit dei singoli stati.

Analogamente non sono accettabili le ormai superate proposte di estendere linteresse della criminologia ai crimini del sistema,le cui prospettive politiche di sinistra erano fin troppo palesi: sistema, prima della caduta del muro di Berlino, era inteso come la struttura economico-plitica dei paesi occidentali e capitalistici e come tale era da criminalizzare.

Peraltro, si cercato di differenziare i delitti a seconda del criterio della maggiore o minore gravit, pensando di circoscrivere la competenza della criminologia solo ai primi: ma secondo quale gerarchia di gravit dei reati? Anche il parametro della gravit, evidente, pu subire oscillazioni in funzione delle scelte contingenti di politica criminale e degli orientamenti seguiti nella priorit della repressione penale. E evidente, pertanto, che anche questo criterio non pu essere accolto, essendo contingente anche la valutazione di maggiore o minore gravit dei reati. La gravit del reato, infatti, prevista dal codice penale quale uno dei parametri per lapplicazione discrezionale fra minimo e massimo della pena edittale (art. 133 c.p.) e si tratta, quindi, di una prerogativa del giudice. In particolare, prerogativa del legislatore il porre il principio generale e, del giudice, lidentificare nelle singole fattispecie la maggiore o minore rilevanza sociale del delitto, non certo del criminologo.

Piuttosto, la criminologia si occupa anche della corrispondenza (o non corrispondenza) fra la percezione nel corpo sociale della gravit degli illeciti penali con quella della legge, percezione valutata attraverso ricerche empiriche, inchieste, sondaggi di opinione, che vengono comparati con la scala di gravit emergente dalla minore o maggiore entit delle pene.

In definitiva, il parametro per delimitare i confini del campo degli interessi della criminologia pu essere solo quello della legge.

La stretta dipendenza della criminologia dal diritto positivo non va intesa per come subordinazione concettuale nei confronti della norma: anche la norma giuridica costituisce una realt sociale nei confronti della quale il criminologo mantiene la propria libert di studioso, esercita una analisi storica, ne studia caratteri e dinamiche, evoluzioni e meccanismi.

Certo che non vi pu essere nei confronti del diritto un atteggiamento di inerte accettazione dello status quo o di passiva acquiescenza, per cui se la criminologia studia il delitto e il delinquente alla luce di ci che definisce come tali la legge penale, nello stesso tempo, quale scienza autonomia, essa non si trova nei confronti del diritto in una posizione subordinata, ma esamina e analizza criticamente, e in piena indipendenza, la legge medesima, le sue modalit di applicazione e gli effetti che produce.

1.10 - Il delitto quale convenzione sociale mutevole col succedersi delle culture: la sua relativit storica

I delitti non sono qualificati come tali come espressione di valori eterni e trascendenti: la loro identificazione da intendersi come una convenzione sociale, e, come tale, mutevole col succedersi delle culture.

La relativit del concetto di delitto deriva innanzitutto dal fatto che la norma penale espressione dei valori prevalenti e degli interessi particolarmente tutelati in una determinata societ.

In larghi archi di tempo, si pu osservare che sono stati puniti come reati comportamenti che successivamente non sono stati pi ritenuti tali (stregoneria, eresia, maleficio, ecc.) e, per converso, atti oggi severamente puniti, in altre epoche furono puniti con maggior mitezza se non addirittura non penalizzati.

La relativit del concetto di diritto si osserva anche per il fatto che nella stessa epoca, concezioni assolutamente difformi sono presenti in diversi paesi, pur appartenenti ad analoghe strutture culturali e, ancora, di pi, in aree culturali fra loro maggiormente differenti, possono osservarsi, in uno stesso momento storico, assai diverse qualificazioni i delitti o unassai dissimile percezione di gravit.

Per comprendere il carattere relativistico del delitto, occorre ricordare che tutta la vita umana ordinata da norme (legali o di costume) che vengono apprese e che differiscono, con limitato margine di discrezionalit individuale, come ci si debba comportare e viceversa come non sia lecito agire nelle varie circostanze.

Lapprendimento di tali norme un fatto squisitamente culturale ed favorito da un insieme di strumenti di controllo sociale che agiscono su ogni attore sociale affinch si conformi ai precetti del suo gruppo. Linsieme delle regole di comportamento fa s che tutte le azioni dalle pi semplici a quelle apparentemente innate, a quelle pi complesse siano previste nel modo e nel tempo in cui debbono essere eseguite lasciando uno spazio di libert e di scelta al singolo individuo che sempre limitato. La maggior parte di queste norme non codificata ed talmente connaturata ai costumi e alla cultura da passare del tutto inosservata, o dal farla ritenere non tanto la conseguenza dello sviluppo della cultura realizzatosi nel millenario succedersi di diverse societ quanto addirittura naturale, cio legata alla stesa struttura biologica delluomo.

La dinamicit delle regole tipica dellevolversi delle varie culture e le leggi si modificano e si succedono in un divenire continuo, per adeguarsi costantemente allevoluzione della societ. Alcune regole durano pi a lungo e sono ritenute immutabile e perci intrinseche alla natura delluomo; altre si modificano pi rapidamente e perci vengono apprezzate pi agevolmente come mutevoli regole sociali.

Si sono inoltre sempre poste distinzioni fra le varie norme, alcune delle quali vengono ritenute di minor conto ed altre valutata come pi importanti: sono quelle che tutelano principi e beni che sono ritenuti primari e la cui osservanza garantita dal controllo esercitato dalla legge penale. Questo vuol dire che viene effettuata una selezione fra principi, beni, interessi, diritti, secondo una precisa gerarchia di valori. Qualche volta queste infrazioni possono anche essere lesive di valori morali, la cui osservanza per lasciata alla discrezione dei singoli e non tutelata con punizioni legali, bens mediante il controllo esercitato in modo informale dai gruppi sociali (riprovazione, derisione, emarginazione, censura, ecc.). A protezione di principi e beni ritenuti essenziali esistono invece (nelle societ simili alla nostra) norme scritte, tradotte in codici e leggi, che ufficialmente ne proibiscono linosservanza, prevedendo, per ciascuna trasgressione, la corrispondente pena.

Le leggi penali sono pertanto da intendersi come uno dei numerosi sistemi di controllo sociale mirati a inibire quei comportamenti ritenuti pi gravi, perch minacciano quellinsieme di beni, materiali e no, che una data societ ritiene maggiormente preziosi e che protegge in modo privilegiato, mediante appunto lintimidazione e lirrogazione della pena.

Di volta in volta, la societ distingue per convenzione ci che lecito da ci che non lo e, pertanto, anche la definizione di reato mutevole e convenzionale, cio non assoluta, ma frutto di scelta, di decisione o accordo in funzione di una a sua volta mutevole gerarchia di valori.

Il carattere relativistico delle definizioni legali di delitto non autorizza peraltro alcune soggettivismo, per il quale, essendo la legge una convenzione, sarebbe a ciascuno lecito decidere, secondo un proprio codice personale, se accettare e rispettare la norma legale, ovvero rifiutarla e non osservarla. Principio irrinunciabile di ogni societ losservanza della legge esistente, che mantiene la sua imperativit anche constatandone il valore contingente e on trascendente. Semmai, le leggi vanno modificate quando non sono pi socialmente percepite come adeguate ai valori della cultura.

1.11 - Strumenti di controllo

Ogni societ retta da regole di comportamento, parte non codificate, parte tradotte in norme legali (fra le quali quelle penali) al fine di assicurare coesione fra i suoi membri e stabilit sociale: senza regole, infatti, qualsiasi contesto, dl pi arcaico al pi evoluto, non pu esistere. Questi obiettivi sono assicurati dalla esistenza di sistemi di controllo che hanno appunto lo scopo di assicurare la coesione e la salvaguardia di ogni dato contesto sociale.

Il termine controllo sociale va spogliato dl pensiero che si tratti di qualcosa di opprimente e va inteso, invece, in modo neutrale, avendo la consapevolezza che nessun sistema sociale pu esistere senza losservanza di regole e questo per il benessere di tutti.

Isaiah Berli, uno dei maggiori rappresentanti del liberalismo europeo, scriveva, giustamente, che la libert larea entro cui una persona pu agire senza esser ostacolata dagli altri ma per fruire di questo bene fondamentale necessario che la libert dei singoli sia garantita appunto dai sistemi di controllo che, senza per ci essere necessariamente oppressivi, ne assicurano la salvaguardia.

Per comprendere lutilit di queste strutture di salvaguardia, prendiamo in considerazione il concetto di agenzie di riduzione dellansiet. Tali agenzie svolgono una fondamentale funzione di stabilit sociale e sono rappresentate da tutte quelle struttura pi o meno istituzionalizzate o informali alle quali gli attori sociali aderiscono per vari motivi e in vario modo (comunit, associazioni, partiti, movimenti, organizzazioni sportive, ecc) che forniscono contestualmente costellazioni di valori (ideologie, fede religiosa, fede politica, ideali, mete collettive, etica sociale, regole di vita): il loro venire meno si riflette in aumento di ansia sociale. Tali agenzie sono vissute come pregnanti: tanto pi il singolo individuo pu riferirsi ad esse e tanto meno deviante sar la sua condotta.

Queste agenzie costituiscono uno dei tanti mezzi di cui la societ dispone per assicurare nei suoi membri la massima osservanza delle regole che caratterizzano la sua cultura e quindi anche per contenere la criminalit. Ogni tipo di societ impiegher tutti gli strumenti idonei a evitare le tendenze devianti dai suoi valori fondamentali: questi sono appunto gli strumenti di controllo sociale.

Fra gli strumenti di controllo sociale distinguiamo:

1) quelli istituzionalizzati o di controllo formale - che sono cio organizzati e regolamentati da specifici organismi. Controllo formale il controllo esercitato dagli organi pubblici in base a norme giuridiche che ne prevedono esplicitamente le competenze e le procedure. I controllo formale quello esercitato dalle forze di polizia, dalle sanzioni detentive e pecuniarie, dalle misure di sicurezza, ecc. Sono tutti strumenti che, regolamentati in precise istituzioni, mirano a garantire il rispetto delle norme.

2) Quelli di controllo informale istituzionalizzato sono organismi fondamenti che, pur avendo diversi fini istituzionali, rappresentano anche importantissime fondi di informazione normativa e canali di comunicazione dei valori fondamentali, e che quindi fungono anche da agenzie di controllo del comportamento. Il controllo informale rappresentato dallazione di strutture riconosciute dal diritto per finalit diverse dalla lotta alla criminalit (ad esempio, la famiglia, la scuola, la chiesa, il sindacato) o anche indifferenti al diritto (es: le comunit abitative e le associazioni spontanee) che, intenzionalmente o meno, concorrono a determinare ladattamento degli individui agli schemi delle societ in cui vivono o anche a correggere situazioni , comportamenti e abitudini di vita che fanno temere unesposizione al rischio di divenire delinquenti o una inclinazione in tal senso (servizi sociali, presidi psichiatrici, i centri per alcolizzati e tossicomani, ecc.).

3) Quelli di controllo informale non istituzionalizzato (o di gruppo) Si tratta di un sistema di controllo che non si esercita mediante le istituzioni ma da persona a persona nel contesto stesso dei vari gruppi sociali Il vicinato, le persone che si frequentano, gli amici e i colleghi, lambiente di studio e di lavoro). Ciascun individuo infatti costantemente sottoposto al giudizio di coloro con i quali vive a contatto e, attraverso una fitta rete di messaggi, constata continuamente il grado di accettazione ovvero di critica e di riprovazione che la sua condotta suscita. Questo tipo di controllo viene esercitato con lapprovazione o lelogio pubblico ovvero con la riprovazione: questultima si manifesta attraverso una gradualit di atteggiamenti proporzionali alla gravit con cui viene giudicata la condotta (riprovazione verbale in privato; rimprovero pubblico; severa censura; derisione; temporaneo allontanamento dal gruppo; isolamento; emarginazione; stigmatizzazione).

In sintesi, dunque, i controllo sociale consiste nellazione di tutti i meccanismi che controbilanciano le tendenze devianti, o impedendo del tutto la deviazione o, cosa pi importante, controllando o capovolgendo quegli elementi della motivazione che tendono a produrre il comportamento deviante.

In una societ vi tanta maggior criminalit e devianza quanto maggiore il vuoto di valori o quanto pi prevalgono gruppi sociali negativi.

1.12 Connessioni fra cultura, leggi e poteri

Per cultura, in generale, si intende linsieme dei contenuti di valore, delle ideologie, delle conoscenze, dei costumi, della morale, e delle credenze caratteristici di ogni societ.

In una prospettiva pi ristretta, la cultura consiste, dunque, in modelli astratti di valori etici e di regole riguardanti il comportamento, che rappresentano le impalcature essenziali e le fondamentali linee direttrici che danno specificit a ogni particolare momento storico e sistema sociale.

Ancora meglio, ogni cultura pu intendersi come linsieme delle norme (tradizioni, costumi e leggi) che danno concretezza e tutela ai valori caratteristici di una data societ.

Rientra nella logica dei fatti sociali che si stabilisca, allinterno della societ, ci che lecito e meritorio e ci che, viceversa, riprovevole e da condannarsi: la definizione del bene e del male si realizza perci nel contesto della societ. In una data societ, dunque, esiste un insieme complesso e articolatissimo di valori, taluni dei quali si concretizzano appunto nelle leggi.

Uno dei fini delle leggi quindi quello di assicurare la continua coerenza e funzionalit tra la struttura della societ e il tipo della cultura.

Ma non si deve avere una visione del divenire dei fatti sociali intesa come esclusivamente fondata sulluniformit del consenso di tutti gli attori sociali. Coesistono infatti contemporaneamente per ogni societ e per ogni cultura sia ladesione e i consenso, sia forme di dissenso pi o meno radicali che alimentano le conflittualit e che sono da ritenersi componenti insostituibili per evitare il rischio della cristallizzazione sociale e per garantire il progredire storico delle culture stesse.

Occorre quindi tener presente che in ogni aggregazione umana sono contemporaneamente presenti sia consenso che dissenso: certamente essi sono entrambi indispensabili il primo, per evitare il dissolvimento dellaggregato sociale e limpossibilit, a causa della costante contesa, di un funzionamento operativo dei vari gruppi; il secondo, per impedire la sclerosi dellimmobilismo e il soffocamento delle voci minoritarie.

I concetti si struttura e sovrastruttura, mutuato dalla filosofia marxista, ben si presta per spiegare il legame esistente tra le caratteristiche di una societ e i valori ideologici, la morale, i costumi e le credenze della sua impalcatura culturale. Struttura , appunto, il tipo di sistema economico di una societ data, controllato dai gruppi che detengono i mezzi di produzione dei beni; sovrastruttura linsieme di valori di quella societ, che risulta funzionale al tipo di sistema economico. La coerenza assicurata dal fatto che i valori fondamentali non sono espressi da tutti i membri della societ ma, data la divisione in classi, solo dai gruppi che in quella societ detengono pi potere e, di conseguenza, fanno leggi in modo funzionalmente armonico alla propria posizione e interesse.

In realt, la piena corrispondenza funzionale tra valori culturali di generale accettazione e valori culturali dei gruppi o delle classi pi potenti si realizza solamente nei periodi storici caratterizzati da stabilit sociale, quando il potere ben definito; quando, invece, si affacciano nuovi gruppi in ascesa o quando una societ pluralistica e composita, con la presenza di gruppi diversi, si realizza la contestuale presenza di ideologie e valori diversi e contrastanti, funzionali a quelli dei differenti gruppi con conseguente difficolt di adeguamento sociale dovuta al conflitto delle norme. Quello che deve essere ben chiaro, detto questo, che la classe dominate, oltre ad esprimere i propri valori, possedendo gli strumenti per formulare ed imporre le leggi, stabiliscono quali siano i beni i valori ed i diritti meritevoli di quella tutela privilegiata che la legge penale fornisce anche se pur vero che entro certi limiti i valori pi specificatamente connessi agli interessi che sono propri di chi ha pi potere legislativo vengono percepiti e fatti propri anche dalla maggior parte degli altri gruppi sociali.

E da porre in evidenza anche che i valori di una data cultura non sono esclusivamente quelli che riflettono gli interessi della classe dominante ma ne comprendono anche altri che fanno parte di un patrimonio comune a tutti come, ad esempio, i valori di famiglia, di patria o di nazione, quelli religiosi, la carit, la tolleranza o il fanatismo, il concetto di bello o brutto, ecc.

E poi da chiarire che per di gruppi di potere non si possono identificare semplicisticamente con una classe o una casta, dato che si osserva nellevoluzione storica il susseguirsi e il subentrare di sempre diversi gruppi che di volta in volta vengono ad assumere una rilevanza dominate. Tali gruppi di potere, in una prospettiva dinamica, possono essere stabili o contrastati, in declino o in ascesa: non pu perci sempre facilmente definirsi quali sono i gruppi potenti.

1.13 Metodi e fonti delle conoscenze empiriche

E opinione generale che la criminologia si distingua dalle altre scienze criminale per la sua caratteristica di scienza empirica, cio fondata sullosservazione della realt e non sulla speculazione concettuale. Ma dobbiamo ricordare, tuttavia, che ci vero solo in parte perch non pensabile una criminologia senza il presupposto di una visione del mondo, che anche filosofica ed etica. Cos come, reciprocamente, la criminologia non pu prescindere anche dai dati dellosservazione empirica dei singoli individui, dellambiente e della realt sociale. Da qui, limportanza di conoscere metodi e fondi dei dati empirici di cui pur sempre la nostra disciplina si avvale.

Gli strumenti statistici a disposizione del criminologo sono:

Le statistiche di massa - servono per esaminare lestensione dei fenomeni e le caratteristiche pi generali dei fatti criminosi (frequenza, diffusione, distribuzione e fluttuazioni nel tempo e nei luoghi) e sono effettuate su grandi numeri o sulla totalit dei soggetti delluniverso considerato. Queste ricerche non consentono, per, lidentificazione dei fattori sociali che concorrono alla genesi del fenomeno osservato e levidenziazione delle condizioni microsociali o individuali rilevanti, in quanto privilegiano i fattori macrosociali di pi generale influenzamento;

Losservazione individuale tipica della criminologia clinica, consente invece di evidenziare circostanze particolari che la statistica non pu considerare (caratteristiche psicologiche o psicopatologiche del reo, aspetti del suo ambiente particolare, riverberi su di esso della reazione sociale, la sua carriera criminale, relazioni interpersonali, ecc.). Risulta per impossibile enucleare con questo mezzo di indagine i fattori di pi generico influenzamento presenti nellambiente sociale. Questo tipo di investigazione pu estendersi a pi soggetti aventi una comune caratteristica delittuoso, cos che dalla moltiplicazione dei singoli casi osservati se ne possono ricavare profili psicologici e identikit maggiormente significativi sulla tipologia di particolari delinquenti: ricerche di questo tipo consentono di accertare, ad esempio, le caratteristiche comuni di ladri o truffatori professionali, serial killer, ecc.

Le ricerche su gruppi campione con questo tipo di ricerche, lindagine viene sempre centrata su singoli individui ma estendendo lindagine su un numero pi elevato di soggetti e utilizzando certe regole di rilevazione, se ne possono ricavare conclusioni dotate di validit generale, cos come avviene con le statistiche sui grandi numeri. La ricerca eseguita su un numero relativamente ristretto di soggetti che diventa per rappresentativa (un campione, appunto) dellintera popolazione.

Le indagini sul campo Quando si vogliono studiare le caratteristiche criminali di certi ambienti o gruppi, gli orientamenti particolari di certe sottoculture, le interazioni che esistono fra i loro appartenenti, pu essere utile che il ricercatore si inserisca materialmente per un periodo di tempo.

Le ricerche settoriali sono condotte, senza che il ricercatore si inserisca personalmente nel campo indagato, su altri ambienti particolarmente significativi (carcere, istituti per misure di sicurezza, ambienti dei tossicomani, ecc.) per indagare su dati e situazioni non altrimenti conoscibili.

Interviste a testimoni privilegiati - Si eseguono inchieste su persone che, per la loro veste professionale (assistenti sociali, psicologi, psichiatri, insegnanti, ecc.) hanno conoscenze vissute ed esperienze professionali particolarmente preziose.

Tutti questi tipi di indagine vengono eseguite con la tecnica delle interviste dirette e con questionari, cos da poter valutare le percezioni e le opinioni nei confronti di vari problemi attinenti alla criminalit.

Quando si vogliono analizzare gli effetti di taluni trattamenti risocializzativi, le conseguenze di certi interventi o la validit di talune innovazioni penali, si utilizzano le ricerche operative, che consistono nel controllare i loro effetti comparando una campione di soggetti che ne hanno beneficiato con altri che non ne hanno fruito. In tal senso, queste possono essere definite ricerche sperimentali.

Ci sono poi le indagini anamnestiche che esaminano i risultati a distanza di tempo di taluni interventi per valutarne lefficacia.

Sono da ricordare anche gli studi predittivi, utilizzati per trovare indicatori che consentono di prevedere il futuro comportamento sulla scorta di certi parametri e le ricerche storiche, che offrono unampia gamma di studi, per esempio sulla fenomenologia criminosa, sulle pene e sui sistemi carcerari di epoche passate.

1.14 Il numero oscuro

Una importante limitazione di ogni indagine effettuata in ambito criminologico legata al fatto che i dati utilizzati, qual che sia la metodologia impiegata, sono relativi ai reati denunciati dalla polizia o dai privati alla magistratura, ai procedimenti penali istruiti, alle sentenze di condanna, alle popolazioni delle carceri e, comunque, ai dati relativi ai criminali o crimini identificati: emergono cio da fonti che sarebbe erroneo ritenere rappresentativo dellintera criminalit poich esprime solo la quantit e qualit di quei delitti che si sono individuati. Invece, in effetti, il numero dei delitti che vengono quotidianamente consumati in genere superiore a quello che emerge alla superficie: cos, la visione della realt criminosa risulta gravemente deformata ove essa fosse riferita solo ai dati ufficiali senza prendere in considerazione anche quelli relativi alla criminalit sconosciuta. A ci fanno riferimento sostanzialmente gli studi sul numero oscuro (dark number).

Le ragioni che rendono conto del divario fra criminalit nota reale sono tante: alcune attengono ai fatti delittuosi, altre al tipo di autori, altre ancora a particolari situazioni che riguardano le vittime.

Lindice di occultamento (cio il rapporto reati noti e reati commessi) varia in modo considerevole per le differenti specie di delitti: il numero degli omicidi volontari commessi molto vicino a quello noto; le truffe, invece, quelle note sono notevolmente inferiori a quelle attuate dato che non tutte le vittime denunciano il reato subito.

Al numero oscuro relativo al mancato accertamento dei reati, si aggiunge poi a dilatare ancora di pi la zona dombra il problema della non identificazione dellautore dei reati pur accertati.

Il numero oscuro non dunque da riferirsi solo ai fatti delittuosi che rimangono del tutto ignorati e che non mettono nemmeno in moto le strutture deputate alla loro repressione e punizione, ma ricomprende anche quei delitti ufficialmente noti e dei quali non si scoperto lautore.

Lindice di occultamento, quindi, sempre negativo a causa della insormontabile sproporzione fra i fatti-reato e limpossibilit delle strutture a ci deputate di perseguirli tutti e di identificarne tutti gli autori.

1.14.1 Latteggiamento della vittima e qualit del reato

E da considerare che non tutti i delitti vengono denunziati dalle vittime (o dai testimoni) e non tutti vengono perci a conoscenza delle autorit: anche latteggiamento della vittima, dunque, gioca un ruolo determinante sul numero oscuro.

Dobbiamo pensare infatti che vi sono certi delitti, fra cui tipici sono quelli di aggressione sessuale, per i quali la vittima preferisce lasciare impunito lautore piuttosto che dare notoriet al fatto, oppure, come per il racket, per il quale la persona offesa tace per timore di ritorsioni o vendette. Vi sono poi dei reati che non vengono denunciati in quanto la vittima ritiene che sprecherebbe il suo tempo per una denuncia che non porterebbe comunque a nulla, come accade per i furti in appartamento ad opera degli zingari.

1.14.2 Latteggiamento degli organi istituzionali

Gli organi di polizia e la magistratura inquirente hanno, per loro finalit, non solo il compito di identificare gli autori dei fatti denunziati o comunque conosciuti ma anche quello di prendere liniziativa andando a ricercare fatti delittuosi non ancora divenuti noti. Nella realt, le iniziative di indagine si rivolgono invece in modo selettivo verso certi settori di delittuosit piuttosto che verso altri, a seconda di ci che, in un dato momento, per le diverse esigenze e contingenze, o per lallarme sociale suscitata in maggiore o minore misura da certi comportamenti, viene ritenuto essere pi utile, opportuno e importante da reprimere, trascurando conseguentemente, e perci di fatto tollerando, altre condotte.

Il privilegiare luno o laltro settore sempre questione di necessit contingenti e/o di scelta e ci comporta, inevitabilmente, un aumento dei comportamenti delittuosi in ambiti determinati in quanto ritenuti dai delinquenti meno rischiosi. Ad esempio, si ricorda lindifferenza riservata ai delitti di natura finanziaria ed imprenditoriale.

1.14.3 La qualit dellautore del reato

Interferisce sullentit del numero oscuro anche la qualit dellautore del reato: a parit di condotta delittuosa, per esempio, lautore di un piccolo furto non verr denunciato qualora si tratti di un ragazzo di buona famiglia e questo perch intervengono pressioni oppure considerazioni di opportunit che possono favorire maggior tolleranza nei suoi confronti. Una inferiore esposizione al rischio di denuncia si realizza anche, ovviamente entro certi limiti, nei confronti di minorenni o qualora il colpevole rivesta posizioni di prestigio sociale, sia un personaggio noto o molto ricco.

1.15 Statistiche di massa

Le statistiche di massa consentono al raccolta, lanalisi matematica e linterpretazione di dati quantitativi, inclusa la determinazione di correlazione fra vari dati.

Poich raccolgono, di un fatto osservato, tutti i casi che si sono verificati, o un numero molto grande di essi, la veridicit dei dati di statistiche di questo tipo molto elevata. Le statistiche sui grandi numeri peraltro, non forniscono interpretazioni raffinate dei fenomeni ma ne consentono in genere solo una comprensione superficiale.

Pu utilizzarsi questo genere di indagine per avere statistiche trasversali (es.: caratteristiche della criminalit in un dato momento) ovvero statistiche longitudinali o dinamiche (modificazioni da un momento allaltro o nello sviluppo diacronico di un fenomeno).

Questi dati possono poi essere elaborati in funzione di numerose variabili: et, sesso, tipo di reato, tipo di sanzione, condizioni economiche degli autori, professione, regione di nascita e di residenza, scolarit, religione, razza, nazionalit, condizione familiare e molti altri.

Di particolare interesse sono le correlazioni statistiche fra diverse serie di dati e talune variabili. E possibile che si abbiano delle variazioni indipendenti nelle serie confrontate (assenza di correlazione o correlazione indifferente = numero degli omicidi e stagione in cui sono commessi); che le variazioni di un carattere corrispondono a variazioni nellaltra serie nello stesso senso (correlazione positiva = pi aumenta lurbanizzazione pi aumenta la criminalit); ovvero nel senso opposto (correlazione negativa = dopo i 30 anni, pi aumenta let e minore diventa il numero dei fatti delittuosi).

Ovviamente, le correlazioni possono variare, per uno stesso fenomeno, nei tempi e nei luoghi. Inoltre, lo studio delle correlazioni pu essere pi complesso includendo pi variabili in funzione di un singolo carattere (detenuti esaminati in relazione allet, alle condizioni economiche e alla stabilit lavorativa nei riguardi della residenza).

Dalle correlazioni statistiche in genere arbitrario trarre delle illazioni di ordine causale perch il fatto che due fenomeni si modifichino con andamento parallelo non sempre indica che luno sia causato dallaltro. I fattori che intervengono nel comportamento criminoso, infatti, sono estremamente numerosi e complessi e accentrare lattenzione su una variabile comporta sempre il rischio di non tener conto di altri fattori che pur concorrono nel fenomeno osservato.

La statistica criminale poi soggetta a errori non solo relativi allinterpretazione dei dati ma anche per quanto concerne la loro validit come, da esempio, per quelli che derivano dalla imprecisione o dalla non attendibilit delle fonti.

Assai ambigue sono poi le comparazioni statistiche internazionali, sia per la diversit, da paese a paese delle fonti e dei criteri di rilevamento delle statistiche ufficiali, sia per la variabilit delle terminologie giuridiche, del contenuto e della procedura della legge penale: uno stesso tipo di condotta, ad esempio, pu figurare con denominazioni diverse, pu costituire o no atto perseguibile, ecc.

Le interpretazioni, poi, possono essere inficiate da numerosi fattori di errore quali, ad esempio, quelli derivanti da variabili non considerate o nascoste o sconosciute.

La molteplicit dei fattori che agiscono sulla condotta umana deve rappresentare una costante remota alla tentazione sia di attribuire immediatamente, attraverso i dati ricavati dalle indagini statistiche, valore di causa a certi fattori, sia di generalizzare arbitrariamente.

1.16 Inchieste su gruppi campione

Le indagini campionarie sono quelle che consentono di ricercare talune caratteristiche su di un gruppo ristretto di persone, scelte per in modo tale da rappresentare la totalit di una popolazione, cos da essere un campione veramente rappresentativo di essa. Limpiego di tecniche particolari rende possibile, anche se lo studio effettuato su di un numero relativamente ristretto di individui, di conferire a queste indagini una validit simile a quella che si sarebbe ottenuta ove fossero stati sottoposti allinchiesta tutti i soggetti di quella popolazione.

Affinch il gruppo campione sia rappresentativo, necessario che, a seconda del tipo di indagine, esso contenga, in misura proporzionale a quella esistente nella realt, certe percentuali dei differenti tipi di soggetti che esistono nella popolazione.

Le inchieste campionarie sono dotate di un indubbio potere chiarificatore e hanno consentito alla moderna criminologia di acquisire conoscenze fondamentali. Esse conservano i vantaggi, eliminandone per i difetti, sia delle indagini di massa che di quelle individuali.

Anche le indagini campionarie, per, consono del tutto prive di difetti e immuni da critiche. Innanzitutto, non sempre agevole ottenere un campione veramente rappresentativo delluniverso che si vuole analizzare (es.: non sono tutti noti gli autori di un determinato delitto quindi, estrarre un campione dalla popolazione dei detenuti per quel delitto fuorviante). Inoltre, i fattori sui quali si vuole indagare sono difficilmente enucleabili nella complessa interferenza delle molteplici condizioni agenti sulla condotta criminosa: incentrando lindagine su una o qualcuna delle molte variabili si rischia di trarre conclusioni arbitrarie.

1.17 Le osservazioni individuali

Con i metodi individuali di indagine, si studiano singoli criminali o, al pi, piccoli gruppi in quanto esse attengono, in generale, allo studio della personalit, intesa come unit psico-organica, e dei fattori microsociali agenti a pi immediato contatto del singolo.

Queste indagini possono essere indirizzate verso lo studio del caso, eseguito con investigazione minuziosa e approfondita. Vengono cos sviscerati, relativamente ad un singolo caso, tutti gli aspetti relativi alla famiglia, al passato, alle caratteristiche ambientali, mediche, psicologiche, ecc.

Talune indagini individuali particolarmente dettagliate e approfondite possono assumere il carattere di storia di vita descrivendo tipi particolari ed emblematici di carriere criminali, illuminando su fattori di peculiare importanza (es. difetti di socializzazione o influenza di determinate vicende o ambienti sociali nel destino di una persona) e mettendo in evidenza, con il circostanziato racconto biografico, il riscontro e lesemplificazione delle teorie criminologiche nel caso concreto.

Le indagini individuali hanno consentito cos di enucleare fattori assai significativi della condotta deviante e criminale: frequenza delle anomalie della personalit, fattori familiari disturbanti, condizioni di frustrazione, ecc. E stato cos possibile, ad esempio, osservare il ruolo giocato nella criminogenesi dallalcoolismo, dalle tossicomanie, dal disturbo mentale, dalle condizioni di sfavore sociale.

1.18 Questionari ed interviste

Fra i metodi di indagine utilizzati in criminologia si debbono citare anche i questionari e le interviste che vengono ampiamente utilizzati negli ambiti pi diversi per effettuare sondaggi di opinione, conoscere preferenze, scelte, gusti ed abitudini. Nello specifico della ricerca criminologia, questi vengono utilizzati per rilevare atteggiamenti e reazioni nei confronti dei fenomeni criminali, il maggiore o minore sentimento dinsicurezza dovuto alla criminalit da strada, le richieste e i provvedimenti auspicati da parte delle autorit competenti.

I questionari non sono altro che interviste strutturate consistono in un insieme di domande uniformi e rigidamente predefinite, volte in genere a indagare temi precisi e circoscritti, che vengono sottoposte a gruppi campione molto estesi. Esistono poi altri tipi di interviste nelle quali le domande non sono predisposte in maniera altrettanto rigida, e perci allesaminatore viene lasciata maggiore libert di interloquire con il soggetto: esse possono distinguersi in semistrutturate o libere, a seconda del maggiore o minore grado di flessibilit.

Un esempio di intervista libera costituito dal colloqui che viene utilizzato per scopi sia clinici che di ricerca: consiste in una conversazione opportunamente indirizzata con il soggetto o con i soggetti studiati e consente perci un contatto diretto e una comprensione pi approfondita, anche se meno estesa, delle dinamiche sottese al fenomeno analizzato. Naturalmente, le informazioni raccolte durante il colloquio non sono del tutto esenti dal rischi di condizionamento.

Tra le finalit di questi metodi di indagine vi anche quella di conoscere meglio lidentit e qualit dei delitti commessi: utilizzando queste interviste e questionari stato possibile, ad esempio, aprire qualche spiraglio nella conoscenza della criminalit nascosta.

Le inchieste confidenziali, ad esempio, sono state utilizzate per interrogare con questionari campioni di popolazione, chiedendo agli intervistati se avessero mai commesso reati. Tali inchieste vengono eseguite in condizioni di massima discrezione ed offrendo garanzie di assoluto anonimato. Anonimato vuol dire che neanche il ricercatore stesso, al momento dellelaborazione dei dati, in grado di risalire al soggetto che ha fornito le risposte; confidenziale vuol dire che tale riconoscimento invece possibile ma si assicura la completa segretezza.

Altre ricerche, sempre effettuate mediante la tecnica delle inchieste confidenziali, sono state svolte per identificare quelle vittime che non avevano denunciato i torti subiti (inchieste vittimologiche): attraverso indagini su gruppi campione e chiedendo agli intervistati quali e quanti reati avevano subito in un certo periodo, emersa la conferma che i reati commessi sono ben pi numerosi di quelli ufficialmente noti. Agli stessi risultati hanno condotto le inchieste tra persone che, per il ruolo e lattivit svolti hanno maggiore possibilit di venire a conoscenza di fatti delittuosi (inchieste tra testimoni privilegiati).

Da pi parti stato riconosciuto come le informazioni raccolte attraverso tali tecniche possono essere limitate o distorte da numerosi fattori quali il cattivo ricorso, la sempre possibile reticenza o la semplice mendacit. Non da trascurare neanche il fatto che le vittime potrebbero non avere interesse a menzionare alcuni reati nei quali hanno avuto un ruolo attivo (es: stupefacenti o corruzione di pubblici funzionari).

1.19 Indagini predittive

La predizione di futuro comportamento delittuoso rappresenta uno degli obiettivi della criminologia.

La predizione criminosa viene di regola effettuata secondo criteri induttivi, cio secondo esperienza e comune buon senso: intervengono in questo giudizio la valutazione della gravit e del tipo di reato, le circostanze e modalit di commissione, le caratteristiche personali sociali e familiari del reo, i suoi precedenti penali.

Utilizzando una diversa metodologia, fondamentalmente viene utilizzato un criterio statistico, che ha in s inevitabilmente tutte le incognite connesse al trasferimento sul singolo caso di medie statistiche.

Il pi noto dei sistemi predittivi quello predisposto da Glueck che utilizza alcuni indici (della famiglia, del carattere e della personalit) emersi come pi frequenti fra giovani delinquenti rispetto a quelli di loro coetanei che hanno invece tenuto condotta regolare.

La predizione del comportamento uno dei compiti pi impegnativi, nonostante le sue conoscenze specifiche, che il criminologo incontra.

CAPITOLO 2

LO SVILUPPO DEL PENSIERO CRIMINOLOGICO2.0 Ideologie e criminologia

La criminologia nasce come scienza solamente nel 1800 quando, per la prima volta, viene affrontato in modo empirico e sistematico lo studio dei fenomeni delittuosi, che in precedenza, venivano considerati secondo una prospettiva essenzialmente morale e solo secondariamente giuridica.

E interessante perci rendersi conto in quale modo i delitti e i loro autori siano stati percepiti nel tempo, e secondo quali intenti si mirato a combattere , prevenire e punire la criminalit.

In questa prospettiva storica, comunque da sottolineare il fatto che riandando fino ai tempi pi remoti della nostra evoluzione culturale, si constata che da sempre la norma (sia essa legale o morale) rappresenta il fondamentale parametro regolatore della condotta degli uomini: il definire quindi taluni comportamento come autorizzati ed altri proibiti dunque una esclusiva caratteristica delluomo, dalla quale deriva anche laltra sua specifica prerogativa di potere e di voler cio scegliere le condotte proibite anzich quelle lecite e perci di potere e di volere compiere anche delitti.

La netta differenziazione fra illecito morale e illecito giuridico avverr solo in tempi a noi vicini e sar frutto del pensiero illuministico. In precedenza, in ogni delitto era implicito anche un contenuto di infrazione morale e i due concetti, di fatto, coincidevano.

Questo approccio storico pu essere affrontato secondo una triplice prospettiva:

1) una prospettiva esplicativa (perch si delinque?)

2) una prospettiva finalistica (a qual fine punire?)

3) una prospettiva operativa (come punire?).

Vediamole in particolare.

1) prospettiva esplicativa secondo questa prospettiva, oggi si risponde alla domanda perch si delinque?; per lunghi secoli, invece, questa domanda era perch si pecca?. Le risposte in proposito sono state molte: per ribellione al comandamento divino, per acquiescenza alle lusinghe del demonio, cio, in altri termini, al mai risolto conflitto tra Bene e Male. Un simile approccio pone subito la questione mai risolta della predeterminazione, ovvero della libert di peccare: questo dibattito ancora oggi aperto tra le correnti di pensiero deterministiche, che ritengono luomo totalmente condizionato nellazione da forze a lui esterne (cultura, societ, pressioni ambientali di ogni tipo, fattori psicologici, ecc.) e quelle che ritengono invece luomo comunque libero, cio dotato della capacit di scegliere il male (i comportamenti proibiti dalle norme) ovvero il bene (i comportamenti autorizzati). Solo in tempi a noi pi vicini, con il rafforzarsi dellautorit dello stato, si sono andati lentamente differenziando il delitto inteso come infrazione ai divieti terreni dal peccato quale inosservanza della morale (cio dei precetti divini) anche se etica e delitto si sono pur sempre, ed anche oggi, in parte sovrapposti.

2) Prospettiva operativa se ci chiediamo, invece, come punire, ben notala predilezione, nei tempi passati, per la pena capitale quale sanzione elettiva, applicata per infrazioni ai nostri occhi anche di ben modesta gravit anche se le pene corporali, le fustigazioni, la lapidazione, i tormenti, le mutilazioni, ed altre atrocit non erano disdegnate. Solo ai nostri giorni la pena fondamentale diventata la perdita della libert mediante la carcerazione che, comunque, una sofferenza irrogata come pena sia pure con sempre maggior limitazione della sofferenza del corpo. La pena capitale oggi prevista in un numero ancora considerevole di Paesi anche se lONU ne ha raccomandato la proscrizione.

3) Prospettiva finalistica se vogliamo invece mettere in evidenza la domanda qual lo scopo della pena? dobbiamo fare alcune considerazioni. E da sottolineare innanzitutto come, in ogni tempo, non si mai rinunciato al principio sanzionatorio non solo come strumento di controllo sociale ma anche al fine di appagare in ognuno il sentimento e il bisogno di giustizia. Pena (dal latino poena, sofferenza) significa, appunto, infliggere sofferenza per fa pagare il male commesso e la questione, oggi, non tanto quella di non infliggere sofferenze quanto di contenerne qualit e quantit. Nel passato la pena era rozzamente commisurata secondo la legge del taglione, intesa quale mezzo per compensare loffesa subita con linfliggere al colpevole la stessa sofferenza causata alla vittima. Inoltre, finalit della pena fu quella della vendetta, con linfliggere un male al colpevole direttamente da chi ha subito il torto in compenso del male subito. Per secoli (dal mondo greco fino ancora nel IV, V secolo d.C. per il diritto germanico), infatti, la vendetta non fu solo la motivazione principale della pena ma un preciso diritto della vittima o dei suoi familiari. Le origini del diritto penale si possono far risalire allora proprio nel momento in cui lo stato limita e regolamenta la vendetta, ponendo delle norme legali per stabilire come e in quali casi essa poteva essere legittimamente esercitata. Solo pi tardi, lautorit dello stato ha avocato esclusivamente a s lamministrazione della giustizia togliendola alla disponibilit del privato. La moderna finalit retributiva era, allepoca illuministica, ancora da venire mentre la finalit intimidativa fu sempre insita nella pena ed essa costituiva nel passato anche lunica modalit di prevenzione che veniva per lo pi attuata con la pubblicit della punizione da eseguirsi sulle pubbliche piazze dinanzi a tutto il popolo. La segretezza del giudizio, quale vigeva un tempo, stata sostituita dalla attuale pubblicit del processo e, per contro, divenuta nascosta nel chiuso del carcere lesecuzione della pena. La funzione pedagogica e di emenda morale, caratteristica del 1800, e la funzione risocializzativa/riabilitativa del 900, non erano presenti nella cultura preilluministica ma pu intravedersene una anticipazione nei teologi della Scolastica per i quali la pena aveva un carattere medicinale per il reo, che espiava la sua colpa davanti a Dio, guarendo cos dal male. Analogamente accadeva allepoca dellInquisizione (la riconciliazione, in virt della quale linquisitore operava affinch il reo condannato morisse chiedendo perdono per il peccato commesso e perdonando chi lo giustiziava) quando si voleva ottenere il pentimento e il ravvedimento delleretico al quale si chiedeva per poterlo assolvere di fare pubblica abiura onde favorire il ravvedimento di coloro che egli, con parole e fatti, aveva traviato. E da mettere ben in evidenza, ancora oggi, fra le finalit della pena, il suo contenuto satisfattorio: la necessit di dare soddisfazione al bisogno di giustizia, vedendo unito il colpevole, anche se oggi misconosciuto o sottaciuto, un contenuto sempre vissuto da tutti gli uomini come irrinunciabile. La pena risponde ad una precisa necessit psicologica che nasce nel momento stesso in cui nasce letica, vale a dire da quando luomo divenuto tale. Ovviamente letica (cio il significato del bene e del male) muta nel tempo cos come incessantemente muta la cultura.

2.1 LIlluminismo e lideologia penale liberale

Il pensiero penalistico moderno nasce con lIlluminismo.

Nellancien regime, infatti, tanto il diritto che la procedura quanto lesecuzione delle pene, erano incentrati sullautoritarismo dispotico della monarchia assoluta e sui privilegi dellaristocrazia nobiliare ed ecclesiastica. Anche lesercizio della giustizia era arbitrario tanto quanto la struttura sociale: il diritto penale si estendeva ad aree che ora consideriamo come di competenza della coscienza privata (i delitti di opinione erano anche infrazione di norme religiose); non vi era diritto di critica nei confronti dellautorit ed era prevista unampia discrezionalit che molto spesso scadeva nellarbitrio. Il delinquente era percepito alla stregua di un malvagio attentatore dellautorit del sovrano, la cui persona si identificava con lo stato; il reo, inoltre, era ancora gravato da una colpevolezza di significato anche religiose, posto che la potest reale era considerata come promanante e garantita dalla divinit: egli doveva dunque essere severamente punito e, spesso, materialmente soppresso. Lesecuzione della punizione era dunque pubblica affinch tutti potessero vedere ci che comportava laver sfidato lautorit. E in questa situazione che le idee dellIlluminismo cominciano a farsi strada con lobiettivo di rischiarare la mente degli uomini dalle tenebre del dispotismo, dellignoranza, della superstizione religiosa, attraverso la scienza e la conoscenza. Esso era dunque un movimento rivoluzionario che proponeva valori alternativi: la ragione come sostituto della tradizione; la libert per tutti i cittadini (e non pi sudditi), la loro eguaglianza come fatto e legge naturale a fronte di privilegi di casta. Uno degli elementi che avrebbe realizzato il pensiero illuminista doveva essere appunto la giustizia: il principio delluguaglianza degli uomini di fronte alla legge risale a Voltaire e Montesquieu anche se, per gli illuministi, lidea di uguaglianza si riferiva specificamente allabolizione dei privilegi di nascita e di classe ed essenzialmente alla parit di tutti i cittadini di fronte allautorit dello stato che veniva a sostituirsi allautorit del monarca e delle caste potenti.

Nella prospettiva politica, lIlluminismo fu anche il pensiero che assicur laffermarsi della borghesia mercantile, finanziaria e imprenditoriale e che le forn il supporto ideologico per sostituirsi alla nobilt e al clero che, fino ad allora, avevano detenuto il potere politico ed economico.

La necessit di una nuova struttura giuridico-normativa del diritto pubblico, che desse corpo ai principi dellIlluminismo e che ponesse le basi di un nuovo diritto, trov in Cesare Beccarla (1738-1794) il suo pi famoso sostenitore e divulgatore. Dei delitti e delle pene, pubblicato anonimo per timore della censura nel 1764, rappresenta la pi nota, lucida e sintetica esposizione della nuova concezione liberale del diritto penale, che segna linizio di una nuova filosofia della pena e che fra laltro sar anche anticipatorio dei futuri approcci criminologici.

Gli aspetti fondamentali della concezione liberale del diritto, possono essere cos riassunti:

separazione fra morale religiosa ed etica pubblica - la funzione della pena quella di rispondere alle esigenze di una determinata societ anzich ai principi morali;

presunzione di innocenza il diritto deve garantire la difesa dellimputato contro gli arbitri dellautorit;

i codici devono essere scritti ed i reati espressamente previsti;

la pena deve avere un significato retributivo anzich unicamente intimidatorio e vendicativo (ciascuno deve subire una pena che tocchi i propri diritti tanto quanto il delitto che ha commesso ha colpito i diritto altrui);

la pena deve colpire il delinquente unicamente per quanto di illecito ha commesso e non in funzione di quello che egli o ci che pu diventare;

il criminale non un peccatore ma un individuo dotato di libero arbitrio, pienamente responsabile, che ha effettuato scelte delittuose delle quali deve rispondere nel modo stabilito dalla legge.

Vediamo come molti di questi fondamenti sono ancora attuali mentre cambiato oggi il modo riconsiderare la personalit del delinquente.

2.2 La Scuola Classica del diritto penale

Le esigenze di un effettivo adeguamento del diritto penale ai principi liberali dellIlluminismo trovarono, dopo la rivoluzione francese, una prima attuazione nel codice napoleonico del 1804.

In Italia, i nuovi principi si sono articolati in una summa dottrinale che prese il nome di Scuola Classica del diritto penale che, per quasi un secolo, ha caratterizzato il pensiero penalistico in tutta lEuropa.

Tra i pi noti esponenti della Scuola Classica, troviamo: Pellegrino Rossi, Giovanni Carmignani, Francesco Ferrara.

Questi studiosi elaborarono una dottrina che si rifaceva ampiamente, rielaborandoli minuziosamente, ai principi liberali.

La Scuola Classica, movendo dal postulato del libero arbitrio che intendeva luomo assolutamente libero nella scelta delle proprie azioni, poneva a fondamento del diritto penale la responsabilit morale del soggetto quale rimproverabilit per il male commesso e, conseguentemente, la concezione etico-retributiva della pena.

Essa si incentrava su tre principi fondamentali:

1) la volont colpevole il delinquente percepito perci come persona del tutto libera senza tener conto, nella criminogenesi, dei condizionamenti ambientali e sociali;

2) limputabilit per aversi volont colpevole occorre che il reo sia capace di intendere il disvalore etico e sociale delle proprie azioni (da cui deriva il presupposto della capacit di intendere e di volere, quale requisito necessario per essere sottoposto al giudizio e alla pena);

3) il significato di retribuzione della pena per il male compiuto che, come tale, doveva essere: affittiva, proporzionata, determinata e inderogabile. La pena dunque doveva essere severa e gravata da sofferenza fisica nel convincimento che la riabilitazione sociale dovesse essere il frutto di una correzione morale quale conseguenza pedagogica della sofferenza della punizione (= emenda) che sarebbe appunto scaturita dalla durezza del trattamento.

Il delitto veniva dunque considerato quale entit di diritto e non di fatto cio come una astrazione rigidamente dogmatica che prescindeva da qualsiasi considerazione della realt psicologica del reo e che comportava il giudizio nei suoi confronti prescindendo dalle condizioni individuali e sociali interferenti nel suo agire.

I principi fondamentali della Scuola Classica costituiscono la base di un sistema normativo che ancora oggi mantiene piena validit:

1) il principio della legalit nessuna azione pu essere punita se non esplicitamente prevista dalla legge come reato;

2) il principio della non punibilit per analogia non si pu punire un comportamento non espressamente previsto come fatto illecito assimilandolo ad altri reati o perch potenzialmente foriero di futuri delitti;

3) il principio garantistico con le norme a salvaguardia del diritto di difesa e della presunzione di innocenza;

4) il principio di certezza del diritto che mette al bando ogni discrezionalit nellirrogazione delle pene e che comporta la loro eguaglianza per tutti coloro che hanno commesso il medesimo delitto.

In tempi a noi pi vicini, unaspra critica stata portata alla Scuola Classica dallideologia di derivazione marxista secondo la quale essa era la tipica espressione del capitalismo ottocentesco, gravido di ingiustizie sociale e incentrato sullo sfruttamento delle classi lavoratrici, che impose una normativa penale rigidamente repressiva che andava a colpire specialmente la classe operaia classe che, a quellepoca, era ritenuta il focolaio della maggior parte della delinquenza.

2.3 Le classi pericolose

Nel 1800 era generale convincimento che la delinquenza fosse pressoch prerogativa esclusiva delle classi pi povere dato che il tumultuoso sviluppo industriali aveva attirato dalle campagne grandi masse di proletari che erano costretti a vivere in condizioni miserrime e ai limiti della sopravvivenza. Di conseguenza, le citt si popolavano di reietti la cui vita era segnata dalla miseria, dallignoranza, dallalcolismo, dalla delinquenza. In effetti, le statistiche relative alla criminalit che proprio allora si cominciavano ad elaborare, indicavano che la maggior parte dei delinquenti proveniva proprio da quelle fasce di popolazione pi misera cos che nella cultura dominante dellepoca, che era la cultura borghese, and affermandosi il concetto di classi pericolose. Le classi pericolose erano considerate come agglomerati di individui degenerati e carichi di vizi, privi di volont e di iniziativa: alle loro deficienze di doti morali veniva attribuita non solo la criminalit, fra essi selettivamente dilagante, ma anche le stesse misere condizioni di vita e lincapacit di emanciparsi da tali condizioni. Questa concezione era ovviamente legata allideologia borghese dellattivismo e della volont di successo dei singoli, che era congeniale a una economia fondata sul liberalismo sfrenato e allesaltazione delliniziativa imprenditoriale. Secondo questa ideologia, dalle lontane origini calviniste, a chiunque fosse dotato di ambizione e volont di fare erano aperte le strade del successo mentre era riprovevole restare poveri. Tale mentalit raggiunse il suo apice nella societ americana degli anni ruggenti, antecedente alla grande crisi del 1929, e sar riassunta nel concetto del self made man, luomo che si fa da s. Ad alimentare questi principi contribu anche, e non poco, quella filosofia nota col nome di darwinismo sociale secondo la quale le teorie di Darwin dellevoluzione delle specie e della selezione naturale andavano applicata anche al campo sociale: era ritenuto funzionale allevoluzione della societ che gli inetti ed i perdenti dovessero soccombere nella lotta per la vita e che andassero ad occupare gli strati pi squalificati della societ: appunto, quelli delle classi pericolose.

A questo modo di intendere il delinquente dobbiamo riconoscere alcuni aspetti positivi:

a) quello di aver dato lavvio a nuove metodologie di ricerca con le indagini sul campo condotte nei quartieri pi poveri dei centri urbani;

b) quello di aver messo per la prima volta in evidenza le correlazioni tra depressione socio-ambientale e condotta criminale anche se alla criminalit stata cos attribuita una valutazione unicasuale, cosa che oggi non pi accettata.

Nel 1800, a fianco alla visione colpevolizzante del povero e dellinetto, and contestualmente sviluppa