PRINCIPI DI ENOLOGIA ED ENOGRAFIA NAZIONALE · grante italiano nel corso del secolo scorso). Ricco...
Transcript of PRINCIPI DI ENOLOGIA ED ENOGRAFIA NAZIONALE · grante italiano nel corso del secolo scorso). Ricco...
ISTITUTO PROFESSIONALE DI STATO
PER I SERVIZI ALBERGHIERI E DELLA RISTORAZIONE
“SANDRO PERTINI “
BRINDISI
Corso di approfondimento
Classi Seconde
PRINCIPI DI ENOLOGIA
ED ENOGRAFIA NAZIONALE TECNICHE DI SERVIZIO E DI MESCITA
Docente: prof. CALABRESE GIUSEPPE
Esperto: SCHINA DARIO
ENOGRAFIA DEL TERRITORIO: LA PUGLIA
Il lungo sviluppo costiero (circa 350 km.), i suoli calcarei ricchi di ferro e minerali formatisi
nel periodo Cretaceo e la pronunciata marittimità che rende il clima caldo e secco per gran
parte dell’anno sono alcuni tra i fattori che rendono la Puglia un ambiente ideale per la colti-
vazione di praticamente qualsiasi varietà di vegetazione mediterranea. Non bisogna perciò
sorprendersi se questa è la prima regione produttrice di vino e uva da tavola in Italia.
Solamente il 3% dei circa dieci milioni di ettolitri di vino qui prodotti annualmente è perrò
iscritto ai registri delle DOC, e circa il 70% dei vigneti è posto in pianura (ma le correnti fre-
sche che salgono dallo Jonio e dall’Adriatico contribuiscono a creare una sufficiente escur-
sione termica tra giorno e notte).
Questi due dati illuminano le difficoltà principali che ancora oggi affliggono il mondo vitivi-
nicolo pugliese: le rese massime previste dai disciplinari ancora molto alte, le cooperative
che controllano più di metà del prodotto viticolo, la destinazione al taglio o alla distillazione
di gran parte delle uve qui raccolte. Fortunatamente, negli ultimi anni, diverse giovani e pic-
cole aziende si stanno impegnando nella trasformazione della Puglia da regione produttrice
di grandi quantità di vino a regione produttrice di vino di grande qualità.
Copiosa è tuttavia l’offerta locale di buoni vitigni: Negramaro, Primitivo,Uva di Troia, Bom-
bino bianco e nero, Malvasia nera, Verdeca, Minutolo, Pampanuto. Alcuni produttori stanno
riscoprendo la bontà e le qualità di alcuni vitigni autoctoni quasi scomparsi come
l’Ottavianello e il Susumaniello.
Nel Salento è largamente utilizzato il Negramaro sia per i rosati che per i rossi (Salice Salen-
tino, Copertino e Brindisi), nel comprensorio di Manduria è il Primitivo a dominare, mentre
nella Murgia è l’Uva di Troia ad essere soprattutto utilizzata per la produzione dei Castel del
Monte rosso e rosato. In particolare un vino che sta oggi riscuotendo buon successo tra i
consumatori è il Primitivo, forse anche perché gemello del più famoso vino californiano Zin-
fandel (che nasce dalla stessa uva, probabilmente introdotta in California da qualche emi-
grante italiano nel corso del secolo scorso). Ricco di alcol, talvolta inebriante, il Primitivo di
Manduria si fa apprezzare per i suoi carnosi profumi fruttati e speziati, ai quali segue un gu-
sto vellutato, morbido e privo di asperità acido-tanniche.
PRINCIPALI VITIGNI PUGLIESI
ALEATICO
Le prime notizie su questo antichissimo vitigno risalgono al 1303 per opera di Pier de’ Cre-
scenzi, anche se l’origine di questo vitigno non è del tutto chiara, esistono infatti pareri di-
versi: c’è chi lo ritiene originario della Grecia a differenza di altri che lo ritengono toscano e
probabilmente ottenuto da una mutazione del moscato nero.
Le caratteristiche del grappolo sono: grandezza media, di aspetto abbastanza spargolo allun-
gato e alato; acino medio discoide, buccia molto pruinosa di colore blu, spessore medio e
polpa succosa con aroma caratteristico.
Con l’Aleatico si producono in Puglia i seguenti vini DOC:Aleatico di Puglia e Salice Salen-
tino Aleatico, anche liquoroso.
NEGROAMARO
I diversi sinonimi(Albere, Jonico) utilizzati in alcune province pugliesi ci fanno intuire quale
sia la sua origine ed il percorso effettuato per raggiungere le coste pugliesi. Il suo nome da
Nero Leccese passa a Nicra Amaro per sottolineare il gusto amarognolo del vino.
Grappolo medio-grande (300 grammi) serrato e conico, con acino medio-grosso, buccia vio-
lacea, spessa e consistente, polpa colorata.
Viene coltivato principalmente in Puglia e concorre alla produzione della maggior parte dei
vini pugliesi quali Alezio, Brindisi, Copertino, Leverano, Lizzano, Nardò e Salice Salentino.
La sua grande versatilità consente di ottenere vini rossi di grande struttura ed eleganza come
pure i fragranti rosati salentini.
PRIMITIVO
Prende il nome dalla precocità di maturazione. La sua origine è ancora incerta, ma pare sia
giunto in Puglia dalla Dalmazia; più nota la sua migrazione in California da una collezione
ampelografica austriaca nella prima metà del 19° secolo, ove ha preso il nome di Zinfandel.
Grappolo medio-grande, piuttosto compatto, conico cilindrico con una o due ali, acino me-
dio grande con buccia non troppo spessa di colore blu e polpa aromatica.
Viene prodotto in Puglia e in Campania; il principale vino è il Primitivo di Manduria.
UVA DI TROIA
Sembra originario dell’Asia Minore (Troia) ed importato dagli antichi Greci in Puglia; si è
diffuso nell’agro di Barletta, donde il nome Barlettana spesso usato in questa regione.
Grappolo medio, semplice o alato, mediamente compatto; acino sferoide di media grandezza
di colore violetto, spesso e coriaceo.
E’ coltivato esclusivamente in Puglia dove veniva usato parecchio come vino da taglio
(Trani); attualmente si produce il Cacc’è Mitte di Lucera.
ENOGRAFIA REGIONALE: IL PIEMONTE
In questa regione vengono prodotti alcuni dei più presti-
giosi vini rossi italiani, e sempre in questa regione hanno
origine due tra i vitigni italiani a bacca rossa più impor-
tanti, nonché diffusi in Italia e all’estero: la Barbera e il
Nebbiolo. Le Langhe, l’Astigiano e il Monferrato sono
le tre zone collinari che costituiscono assieme il cuore
della viticoltura Piemontese: mentre nelle Langhe i viti-
gni coltivati sono numerosi (Grignolino, Freisa, Dolcet-
to, Barbera, Nebbiolo) , nel Monferrato è la Barbera ad
essere dominante, così come nell’Artigiano, dove però
ha grandissima diffusione l’uva Moscato bianco, da cui
si produce l’omonimo Moscato d’Asti.
I vini prodotti in Langa restano il fiore all’occhiello
dell’offerta vinicola non solo piemontese, ma nazionale:
da sottovarietà del vitigno Nebbiolo nascono infatti Ba-
rolo e Barbaresco, noti in tutto il mondo per la speciale
ricchezza dei profumi e l’avvolgente, asciutta pienezza
del gusto. E’ ancora il Nebbiolo ad essere alla base di
altri grandi vini rossi piemontesi da invecchiamento:
Gattinara e Gemme, prodotti sulle colline novaresi, sono
rossi meno profondi e intensi rispetto a Barolo e Barba-
resco, ma altrettanto austeri e aristocratici.
Grignolino, Freisa e Dolcetto sono invece le uve rosse
più utilizzate per la produzione di vini da pasto e di
pronto consumo, sovente caratterizzati da profumi di
frutti di bosco molto fragranti e invitanti.
Meno importante è l’offerta di vini bianchi che può dare
questa regione, che non possiede una varietà di uva bian-
ca autoctona capace di generare grandi vini bianchi
(Favorita, Erbaluce, Arnesi e Cortese si prestano alla
produzione di vini poco longevi, e dal profilo olfattivo
non grandemente caratterizzato).
Infine va ricordata l’importante realtà produttiva del Mo-
scato d’Asti e dell’Asti Spumante (entrambi a DOCG):
queste due denominazioni rappresentano assieme un ter-
zo di tutto il contesto spumantistico nazionale e circa la
metà di tutti i vini di qualità prodotti in regione determi-
nata del Piemonte. Ottenuti entrambi da uve Moscato
non completamente fermentate, dotati di basso contenuto
alcolico e spiccata aromaticità, sono prodotti che da
sempre godono di sicuro favore presso il pubblico di
consumatori italiani che stranieri.
La denominazione di origine controllata e garantita pre-
senti in regione sono: Barolo, Barbaresco, Gattinara,
Ghemme, Asti Spumante e Moscato d’Asti, Brachetto
d’Acqui.
I PRINCIPALI VITIGNI PIEMONTESI
BARBERA
Sulla sua zona di origine e sulla sua anzianità nulla si può dire di sicuro , nonostante sia un
vitigno tanto importante e diffuso, le notizie storiche risalgono alla fine del Settecento. Tut-
to , però, fa ritenere che la sua patria debba ricercarsi nella terra che fu dapprima Marchesato
e successivamente Ducato del Monferrato, zona viticola per eccellenza. È quindi lecito sup-
porre che sia nato spontaneamente da qualche seme di vitigni locali più antichi.
Grappolo di media grandezza, piramidale, talvolta sciolto, talvolta compatto con acino me-
dio, ellissoidale, regolare. Buccia di colore blu intenso, sottile ma abbastanza consistente.
Viene coltivata principalmente in Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna, spesso con ri-
sultati qualitativi eccellenti in contrasto con la tradizione che ha generato vini duri, acidi e
molto selvatici, tanto che in molte regioni meridionali questo vitigno è stato introdotto per
aumentare l’acidità dei vini nati in climi molto caldi.
Principali vini prodotti: Barbera d’Asti, Barbera d’Alba, Barbera del Monferrato, Langhe
Barbera, Oltrepò Pavese Barbera, Barbicarlo, Botticino, Cellatica, Colli Piacentini Guttur-
nio, Terre di Franciacorta Rosso.
BRACHETTO
Si propende a ritenerlo originario dei colli astigiani e monferrini, anche se gli ampelografi
Demaria e Leardi (1875) suppongono che vi sia stato importato da Nizza Marittima. Non si
hanno comunque notizie certe precedenti al XIX secolo.
Grappolo di media grandezza, di forma varia, per lo più allungata, cilindrico-piramidale, a
voilte piuttosto tozza; acini di media grossezza, subrotondi con buccia di media consistenza,
di colore nero-violaceo scuro; polpa dal sapore aromatico.
Viene coltivato in Piemonte e il principale vino prodotto è il Brachetto d’Acqui.
DOLCETTO
Di questo importante vitigno piemontese non si hanno notizie fino alla fine del 700, dove
curiosamente, parlando di zone di produzione, si citano Acqui e Alessandria ma non si parla
affatto delle langhe, zona che oggi è considerata tra le più importanti per la produzione di
questo vino. Nonostante il nome, i vini che se ne traggono sono esclusivamente asciutti.
Grappolo di grandezza media (150-200 grammi), mediamente spargolo, piramidale piuttosto
lungo alato; acino di grandezza media, di forma rotonda ma non sempre uguale, buccia ben
pruinosa, di colore nero bluastro, sottile.
Le zone di produzione a DOC del Dolcetto sono: Langhe Monregalesi, Diano d’Alba, Do-
gliani, Ovada, Acqui, Alba,Asti; interessante sapere che nella sua diffusione, il Dolcetto va
ad interessare una buona parte di Liguria, dove con un clone chiamato “Ormeasco” dà origi-
ne ad un apprezzato vino rosso.
FREISA
Come di altri vitigni piemontesi, anche della Freisa non ci sono notizie certe sull’origine; il
primo a descriverlo è il Conte Nuvolose sul “Calendario Georgico della Società Agraria di
Torino”.
Grappolo di grandezza media, allungato, poco alato; acino medio leggermente ovale; buccia
pruinosa, di colore nero-bluastro.
Freisa d’Asti e Freisa di Chieri sono le uniche DOC prodotte; solitamente usato per vini
semplici e un poco rustici, a volte dolci e/o frizzanti, può dare invece vini molto buoni e im-
portanti.
GRIGNOLINO
I riferimenti storici risalgono al 700; circa il luogo di origine, non v’è dubbio che esso si tro-
vi sui colli tra Asti e Casale, dove ancora oggi si coltiva, anche se in misura inferiore rispetto
al passato. Il gusto particolarmente tannico dovuto alla presenza di numerosi vinaccioli
all’interno dell’acino, fanno di questo vino un prodotto difficile, apprezzato soprattutto dai
consumatori locali.
Grappolo medio grande, compatto a forma cilindrica o piramidale, frequentemente con due
ali, acino piuttosto piccolo, leggermente ovale, buccia sottile di colore rosso violaceo, molto
pruinosa. Nei comuni in provincia di Asti e di Alessandria le uniche coltivazioni.
NEBBIOLO
Nonostante sia un vitigno di “alta nobiltà” e, per questo, ne siano state ricercate le origini fin
dall’antichità classica, è solo all’inizio del trecento, con la famosa opera del bolognese Pier
de’ Crescenzi, che appare questo nome. Il suo nome, secondo alcuni, deriverebbe da
“ nebbia” in quanto i suoi acini sembrano quasi annebbiati dall’abbondante pruina, mentre
secondo altri sarebbe da mettere in relazione alla tardiva maturazione delle uve che obbliga
sovente a vendemmiarle all’epoca delle prime nebbie autunnali.
Grappolo medio o anche grande, di forma piramidale allungata, alato, un po’ compatto, spes-
so presenta un’ala molto pronunciata; acino medio, rotondo ma con tendenza all’ellissoidale.
Buccia sottile ma resistente, di colore violaceo scuro, molto pruinosa da sembrare grigia.
Ne esistono tre sottovarietà; Lampia, Michet e Rosè, mentre in Valtellina prende il nome di
Chiavennasca.
Viene coltivato in Piemonte, Val d’Aosta e Lombardia. Produce i più nobili vini rossi pie-
montesi come il Barbaresco e il Barolo, in provincia di Cuneo; in altre province piemontesi
produce: Boca, Bramaterra, Carema, Fara, Nebbiolo d’Alba, Roero, Gattinara e Ghemme;
In Valle d’Aosta produce il Donnas e l’Arnad Montjovet; in Lombardia il Terre di Francia-
corta rosso e tutti i grandi vini rossi della Valtellina con le quattro sottozone (Sassella, Gru-
mello, Inferno, Vagella) e lo Sforzato o “Sfurzat” da uve appassite.
ENOGRAFIA REGIONALE:
ILTRENTINO ALTO ADIGE
In provincia di Trento, la vitivinicoltura è praticata su circa 10.000 ettari e si articola
principalmente in tre denominazioni di origine controllata: Trentino, Valdadige e
Teroldego Rotaliano.
Dal Trentino provengono , inoltre, gli spumanti metodo classico (Trento DOC) di mag-
giore qualità dopo i Franciacorta di Lombardia.
Piccola per quantità (nemmeno 500.000 ettolitri) ma grande per qualità è l’offerta
vinicola dell’Alto Adige o Sudtirol, anch’essa in gran parte monopolizzata dall’attività
di una ventina di Grandi Cantine Produttori.
Tutti i vini prodotti in Alto Adige, ad eccezione del Lago di Caldano ricadono sotto la
DOC Alto Adige.
Praticamente tutte le più importanti varietà francesi, a bacca bianca o rossa, hanno
trovato in Alto Adige un biotopo pedoclimatico ideale, capace di esaltarne gli aspetti
aromatici e gustativi più positivi: Cabernet, Merlot, Pinot nero, Chardonnay, Pinot
bianco e Sauvignon blanc sono i vitigni internazionali più coltivati.
Tra le varietà autoctone si distinguono la Schiava, il Lagrein, e il Gewurztraminer, vi-
tigno aromatico originario di Termeno da cui si ricava il celebre vino bianco omonimo
dai netti sentori floreali e speziati.
I PRINCIPALI VITIGNI DEL TRENTINO ALTO ADIGE
CABERNET SAUVIGNON
Come il Franc, anche il Cabernet Sauvignon ha le sue origini nel Bordolese, ma la sua diffu-
sione nel nostro paese è più recente, frutto dei modelli di viticoltura internazionale che si so-
no affermati negli ultimi anni. Per quanto il Cabernet Sauvignon presenti una certa analogia
con il Cabernet Franc, le differenze sono notevoli soprattutto per un carattere più gentile ed
elegante.
Grappolo medio-piccolo, cilindrico-piramidale, spesso con un’ala molto pronunciata, un po’
compatto; l’acino è medio, sferoide, regolare, buccia molto pruinosa, di colore blu-nero,
spessa, consistente; polpa carnosa, di sapore dolce e leggermente erbaceo.
Coltivato inizialmente solo in Trentino Alto Adige, Friuli e Veneto, si è presto diffuso, anche
se in modeste quantità, in ogni regione italiana, e data la sua adattabilità e climi e suoli di-
versi, con risultati spesso molto positivi.
LAGREIN
Coltivato da epoca immemorabile nella piana di Bolzano, tanto che nel XVII secolo, i Padri
Benedettini dei conventi di Muri a Gries (Bolzano), ne esaltavano le doti definendolo come
il migliore del tempo.
Grappolo piramidale, talvolta corto, tozzo e con una o due ali, di media compattezza. Acino
medio, di forma ovoidale, regolare, buccia spessa, consistente, pruinosa, di colore blu-nero.
È diffuso in tutto il Trentino Alto Adige ed era usato per produrre vini semplici e beverini:
ora si è capita la potenzialità di questo vitigno adatto a vini di grande spessore, finezza e
longevità.
PINOT NERO
Appartenente a un gruppo numeroso di vitigni molto antichi, considerati addirittura arcaici, e
sorti da seminagioni naturali o da mutazioni gemmarie, pare siano noti in alcune forme fin
dai tempi dei romani. Originari della Francia, è stato introdotto in Italia in tempi assai remo-
ti. Ne esistono due tipologie: il primo, decisamente più produttivo e simile a quello coltivato
nella Champagne, che viene utilizzato per la produzione di vini bianchi o spumanti, ed il se-
condo, simile a quello Borgognone, più indicato per i vini rossi. Deve la sua grande fama ai
famosi vini rossi della Borgogna divenuti simbolo di una particolare eleganza e quindi imita-
ti in tutto il mondo; ma l’estrema difficoltà sia in ambito agricolo sia in quello enologico ren-
dono la sua diffusione molto estesa ma limitata anche perché vuole climi con forti sbalzi ter-
mici tra giorno e notte.
Grappolo piccolo, lungo 10-15 cm., cilindrico, spesso alato, un po’ comparto. Acino di me-
dia grandezza, sferoide o leggermente ovale; buccia consistente, un po’ spessa , di colore blu
-nero, pruinosa.
SCHIAVA GENTILE
Il nome schiave, di cui si ha notizia fin dal XIII secolo, ha un origine piuttosto strana e pare
faccia riferimento alle viti coltivate a basso ceppo, a filari, legate vicendevolmente con i pro-
pri tralci e potate rigorosamente. In questo modo la vite veniva “castigata” per costringerla a
dare maggiore produzione; in pratica le si toglieva la sua selvatica libertà, riconducendola
ad una situazione di “schiavitù”.
Grappolo di media grandezza, lungo circa 15 centimetri, piramidale, spargolo, con un’ala;
acino medio, sub-rotondo, irregolare. Buccia di colore blu-violetto più o meno intenso, prui-
nosa, tenera, di medio spessore.
Viene coltivata in Trentino Alto Adige, Veneto e Lombardia per produrre vini con tonalità
che vanno dal rosato al chiaretto ed al rosso tenue; i principali sono i Lago di Caldano, Botti-
cino, Cellatica.
TEROLDEGO
Vitigno oggi installatosi pressoché quasi esclusivamente nel “Campo Rotaliano”, alla conflu-
enza del Noce con l’Adige in provincia di Trento, sembra essere arrivato in Trentino dalla
vicina provincia di Verona, dove era conosciuto cl nome di Teroldico.
Le prime rilevazioni risalgono al 1818. In questo caso l’interazione tra vitigno ed ambiente
ha generato un vino con caratteristiche irripetibili non soltanto in altre regioni ma nello stes-
so Trentino, a soli pochi chilometri di distanza.
Grappolo medio, allungato, piramidale, raramente con due piccole ali, mediamente compat-
to. Acino medio, di forma sferoide, regolare; buccia spessa, coriacea, pruinosa di colore blu-
nero. È coltivato in Trentino per produrre il Teroldego Rotaliano.
ENOGRAFIA REGIONALE: LA TOSCANA
In Toscana più del 50% del territorio è collinare e i vini di maggiore qua-
lità provengono da vigneti situati in un’altitudine compresa tra 150 e 500
metri s.l.m..
L’uva Sangiovese è da tempo sinonimo di vino toscano di qualità, e rap-
presenta senz’altro la spina dorsale della vitivinicoltura di questa regione.
Per esprimere vini di grande o grandissima qualità quest’uva necessita di
suoli marnosi ricchi di calcio, ottima esposizione alla luce solare e ampia
escursione termica tra giorno e notte. Le aree di produzione vinicola più
famose della Toscana si distendono a sud del fiume Arno (Chianti,
Montalcino, Montepulciano, Scansano), e rappresentano i mesoclimi sto-
ricamente più vocati per il vitigno Sangiovese.
Fino a pochi decenni fa il mondo del vino toscano era governato da un
ristretto numero di famiglie toscane di origine nobiliare (Antinori, Ricaso-
li, Frescobaldi, Guicciardini), capaci di dare lavoro a una vasta manodo-
pera di coltivatori e raccoglitori. Il declino di questo modello arcaico di
viticoltura si è sviluppato tra gli anni cinquanta e sessanta, creando un
vuoto di iniziativa imprenditoriale che è durato per tutti gli anni settanta.
A partire dagli anni ottanta una nuova schiera di viticoltori spesso prove-
nienti da fuori Toscana, ha rivitalizzato il panorama produttivo regionale,
innescando un’accelerazione qualitativa e quantitativa che è durata per
tutti gli anni novanta. Accanto ai tradizionali vini toscani a denominazio-
ne di origine controllata e garantita si è aggiunta una gamma sempre più
nutrita di vini di fantasia, creati dall’intreccio tra Sangiovese e varietà
internazionali: inclusi nella generica denominazione di “vino da tavola”
prima e successivamente nella meglio definita categoria dei vini a
“denominazione geografica tipica”, questa recente produzione ha avuto il
merito di introdurre in Toscana più moderne tecnologie di elevazione e
affinamento del vino.
La DOCG Chianti è quella che produce il maggior quantitativo di vino in
Italia
(circa 900.000 hl) e rappresenta da sola circa un terzo di tutto il vino to-
scano.
Montalcino è invece la patria del Brunello, celebrato rosso da invecchia-
mento che prende il nome dalla varietà locale di uva Sangiovese (detta
appunto Brunello). Va segnalato che i rossi a base di Sangiovese prove-
nienti da Montalcino non ammettono aggiunte di uve migliorative autoc-
tone ( a differenza di altre importanti DOCG presenti in Toscana, come
Chianti e Nobile di Montepulciano, che consentonol’aggiunta di piccole
quantità di Lanaiolo, Malvasia nera, ma anche di vitigni internazionali).
Più a sud, nei dintorni del grossetano, il Sangiovese dà vita a rossi più
carnosi e profondi nei profumi, come il Morellino di Scansano e il Nobile
di Montepulciano, entrambi recentemente riscoperti dai consumatori ita-
liani e stranieri. Lungo la costa tirrenica si affacciano infine numerosi vi-
tivinicoli di alta qualità , come la Val di Cornia, il Bolgherese, le zone di
Massa Marittima e di Montescudaio: in queste zone, oltre al Sangiovese,
sono piantate le più importanti varietà internazionali, specialmente
Cabernet Sauvignon e Merlot, qui in grado di esprimersi ad altissimo li-
vello.
Tra i vini bianchi si segnala la Vernaccia di San Gimignano, frutto
dell’omonimo vitigno Vernaccia; a riconoscimento della qualità, nel 1993
è stata attribuita la DOCG.
I PRINCIPALI VITIGNI DELLA TOSCANA
CILIEGIOLO
Vitigno di probabile origine spagnola, pare sia stato importato dai pellegrini che si recavano
al santuario di Campostela; le prime descrizioni sono del secolo scorso.
Grappolo grosso, semi-compatto, allungato e alato con acino grosso, sub rotondo e regolare,
con buccia molto pruinosa, nero-violacea di medio spessore.
È coltivato prevalentemente nel sud della Toscana ed ha un ruolo piuttosto marginale; saltua-
riamente riesce a dare vini interessanti.
COLORINO
Deve il suo nome all’abbondante colore della sua buccia ed è di antica origine toscana pro-
babilmente derivante da una selezione di vite selvatica.
Grappolo da piccolo a medio, semi-spargolo, conico con una o due ali; acino piccolo e tondo
con buccia spessa di colore nero-violaceo.
Viene coltivato in Toscana ed ha avuto il compito di sostenere il colore ai Sangiovese negli
uvaggi chiantigiani; ora si è provato a vinificarlo per sé solo o appena stemperato con il San-
giovese con risultati sorprendenti; naturalmente si tratta di quantità limitatissime, quasi a li-
vello sperimentale.
SANGIOVESE
Si ritiene che questo vitigno sia originario della Toscana e secondo alcuni ampelografi la sua
culla sarebbe stata la zona chiantigiana, a cavallo delle province di Firenze e Siena. Già in
passato era stata messa in evidenza la presenza di più tipologie raggruppate sotto due catego-
rie: quella denominata “grosso” che è la più importante e la più diffusa, e quella denominata
“piccolo” che è meno produttiva e quindi meno diffusa.
In effetti questa distinzione appare ormai troppo grossolana poiché si ritiene più veritiero
parlare di Sangiovese in termini di “popolazione”, in quanto le tipologie studiate sono innu-
merevoli. La sua diffusione in ogni angolo di Toscana ha portato alla nascita di molti sinoni-
mi che si sono radicati nel linguaggio viticolo: è Brunello a Montalcino, Prugnolo gentile a
Montepulciano e Morellino a Scansano.
Difficile quindi districarsi tra i tanti diversi biotipi e di conseguenza la descrizione può pec-
care di genericità.
Grappolo di grandezza medio-grossa, lungo 17-25 cm. Più o meno compatto, cilindrico-
piramidale, con una o due ali. Acino di media grandezza, sub-rotondo talvolta quasi ellissoi-
dale, regolare, uniforme. Buccia molto pruinosa, di colore nero-violaceo, consistente ma non
molto spessa.
È l’uva rossa più coltivata in Italia e diffusa quasi in ogni regione del centro-sud; ha preva-
lente importanza in Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Emilia e Puglia.
Con queste uve si producono una grandissima varietà di vini; tra di essi spuntano i più cele-
bri Brunello di Montalcino, Chianti e Chianti Classico, Vino Nobile di Montepulciano, Mo-
rellino di Scansano, Carmignano, Torgiano, e molti dei cosiddetti vini “Super Tuscans”,
spesso con il contributo di Cabernet Sauvignon o Merlot.
CODICE DI COMPORTAMENTO PER IL SERVIZIO DEI VINI
Una volta che si sia affinato con l’esperienza il proprio bagaglio culturale enologico, è ne-
cessario osservare comunque alcune norme di comportamento per non urtare la sensibilità
del cliente che chiede un consiglio circa il vino da scegliere. A tal proposito è bene:
Evitare di assumere tono saccente con un cliente alquanto incompetente sui corretti
abbinamenti cibo-vino.
Non forzare la vendita di vini senza darne la giusta spiegazione.
Mai criticare la scelta fatta dal cliente di un vino che non si sposi perfettamente alla
pietanza richiesta.
Non contraddire polemicamente le approssimative conoscenze di un cliente che vuole
discutere sui componenti della struttura di un vino.
Evitare di insistere per abbinare a ciascuna pietanza il vino giusto per non dare la sen-
sazione di voler vendere più vini allo stesso tavolo.
ABBINAMENTO VINO – CIBO
DEI PRINCIPALI VINI DOC PUGLIESI
DENOMINAZIONE ABBINAMENTO
Vini bianchi
Moscato di Trani
liquoroso doc
Dessert e fuori pasto
San Severo bianco
doc
Antipasto, zuppe di pesce e crostacei,
cozze, vongole, primi piatti leggeri,
pesce, verdure, formaggi molli.
Vini rosati
Castel del Monte
rosato doc
Antipasti di salumi, primi piatti
leggeri, zuppa di pesce, frutti di mare,
crostacei, carni bianche,verdure.
Vini rossi
Aleatico di Puglia
dolce naturale doc
Aperitivo, formaggi pecorini locali,
dessert, fuori pasto.
Nardò rosso doc Cucina regionale, agnello, pollo,
coniglio, formaggi molli
Primitivo di
Manduria doc
Primi piatti saporiti, carni rosse,
formaggi semistagionati
Rosso Barletta doc Minestre asciutte, polenta, frattaglie,
pollame, agnello, selvaggina.
Salice Salentino rosso
doc
Minestre asciutte, paste fresche
ripiene, pollame, arrosti, formaggi
stagionati.
San Severo rosso doc Cucina regionale, paste asciutte,
pietanze sostanziose, arrosti e carni
bianche, agnello, formaggi semiduri.
ABBINAMENTO VINO – CIBO
DEI PRINCIPALI VINI PIEMONTESI
DENOMINAZIONE ABBINAMENTO
VINI BIANCHI
Asti o Moscato d’Asti doc Dolci da forno .
Cortese dell’alto Monfer-
rato doc
Antipasti magri, primi piatti leggeri, pesce.
Erbaluce di Caluso o
Caluso doc
Antipasti freddi, pesce, crostacei, rane, primi
piatti leggeri, frittate.
Erbaluce di Caluso passi-
to doc
Formaggi piccanti, budini, torta di mandorle
Gavi o Cortese di Gavi
docg
Molluschi e crostacei elaborati, antipasti leg-
geri, piatti di verdura, dolci elaborati.
Roero Arneis doc Antipasti, pesce in genere, uova, formaggi
molli.
VINI ROSSI
Barbaresco docg Arrosti, pollame nobile, selvaggina, umidi di
carni rosse, formaggi stagionati.
Barbera d’Alba doc Polenta, bagna cauda, arrosti vari, selvaggi-
na, formaggi piccanti.
Barbera del Monferrato
doc
C.s.
Barolo docg Arrosti, brasati, tartufi, selvaggina, formaggi
molto stagionati.
Brachetto d’Acqui docg Dessert, macedonie di frutta, frutta secca,
fuori pasto.
Dolcetto d’Alba doc Bagna cauda, piatti a base di tartufo, carni
saporite, salumi, formaggi molli.
Dolcetto di Dogliani doc Antipasti, minestre asciutte, carni bianche,
formaggi molli e semiduri.
Freisa d’Asti doc Antipasti, bagna cauda, bolliti misti, piatti di
carne elaborati,formaggi semiduri.
Gattinara docg Arrosti, cacciagione, selvaggina, carni e in-
tingoli saporosi, parmigiano reggiano.
Ghemme docg Piatti tipici, carni rosse, brasati, cacciagione.
Grignolino d’Asti doc Primi ripieni, arrosti, pollame, carni bianche,
fonduta, salumi, formaggi semiduri.
Lessona doc Carni rosse, cacciagione, selvaggina.
Nebbiolo d’Alba doc Minestre asciutte, polenta, risotti, arrosti,
carni bianche, stracotti, selvaggina, funghi
alla brace, formaggi stagionati.
Ruchè di Castagnole
Monferrato doc
Antipasti robusti, primi sostanziosi, carni
bianche, formaggi semiduri.
. ABBINAMENTO VINO – CIBO
DEI PRINCIPALI VINI TOSCANI
DENOMINAZIONE ABBINAMENTO
VINI BIANCHI
Bianco di Pitigliano doc Antipasti leggeri, minestre asciutte in salse bian-
che, pesce, crostacei, frittate.
Elba Bianco doc Antipasti, primi piatti leggeri, molluschi, crosta-
cei, zuppa di pesce e frutti di mare.
Val d’Arbia doc Antipasti leggeri, primi piatti, pesci, molluschi,
gamberoni.
Val d’Arbia
Vin Santo doc
dessert
Vernaccia di
S. Gimignano docg
Antipasti freddi, primi piatti leggeri, frutti di ma-
re, crostacei, arrosti di carne bianca, formaggi
tendenti al dolce.
VINI ROSSI
Bolgheri Sassicaia doc Carni rosse elaborate, formaggi semistagionati.
Brunello di
Montalcino docg
Carne arrosto, selvaggina, formaggi stagionati.
Carmignano docg Minestre asciutte e sughi saporosi, pietanze in
umido, pollame allo spiedo, carni brasate, arrosti,
formaggi stagionati.
Chianti classico docg Arrosti, carni alla griglia, cacciagione, tartufi,
trippa alla fiorentina, formaggi duri.
Colline Lucchesi
rosso doc
Carni bianche, pollame, arrosti di vitello, agnello,
coniglio alla brace e con sughi leggeri, formaggi
semiduri.
Elba rosso doc Primi piatti con salse rosse, ribollita, pollame,
carni bianche, carni ovine e di maiale, formaggi
semiduri.
Morellino di Scansano doc Carni rosse arrostite, carni bianche saporose,
pollame nobile.
Rosso di Montalcino doc Salumi, polenta e salsiccia, carni rosse, agnello,
selvaggina, formaggi semistagionati.
Vino Nobile di Montepul-
ciano docg
Zuppa di cipolle, carni rosse, arrosti e selvaggina
soprattutto a pelo.
ABBINAMENTO VINO – CIBO DEI PRINCIPALI VINI DELTRENTINO A. A.
DENOMINAZIONE ABBINAMENTO
VINI BIANCHI
Alto Adige Terlano (Terlaner) doc Antipasti, frutti di mare, risotti e minestre tipiche della zona, pesce
di lago e di mare.
Traminer aromatico doc
(Gewurztraminer)
Antipasti, primi piatti leggeri, pesce, crostacei.
Valle d’Isarco Sylvaner doc Antipasti, risotti, pesce, formaggi molli.
Trentino Moscato Giallo doc Dessert, pasticceria secca e fuori pasto.
Muller Thurgau doc Antipasti, pesce, uova, formaggi molli.
Nosiola doc Pesce di lago e di torrente, formaggi molli.
Pinot grigio doc Antipasti, primi piatti leggeri, pesce in genere, uova, verdure.
Trentino Vin Santo doc Dessert e fuori pasto.
VINI ROSSI
Santa Maddalena doc Arrosti, pollame nobile, selvaggina, stinco di maiale al forno, for-
maggi poco stagionati.
Caldaro doc Cucina regionale, risotti, farinacei con salse a base di carne, polla-
me, carni bianche, speck, formaggi poco stagionati.
Teroldego Rotaliano doc Arrosti, maiale alla brace, selvaggina, polenta, bolliti, formaggi du-
ri.
Lagrein doc Antipasti poco grassi, minestre asciutte, arrosti di carne bianca.
Marzemino doc Arrosti di carne rosse e bianche, pollame nobile, formaggi semiduri.
Pinot nero doc Arrosti, carne di maiale, selvaggina, formaggi stagionati.
LA VITE
La vite è una delle più antiche colture, iniziata più di 5000 anni fa. Appartengono al neoliti-
co (4000-3000 a.C.) i primi vinaccioli di “ Vitis vinifera sativa “, trovate negli scavi di Creta
e della Grecia. Dalla patria di origine, che si ipotizza fosse la parte orientale del Mar Nero,
si ebbe una grande diffusione di questa pianta verso il bacino del Mediterraneo, il Medio
Oriente e, successivamente, nell’età romana, verso l’Europa centrale.
Non possiamo sapere che gusto avessero i vini degli antichi (la vite si diffuse inizialmente
nel Caucaso, in Mesopotamia e in Egitto) , ma sappiamo che venivano preparati con tecniche
poco raffinate, e che oggi quei vini sarebbero imbevibili. Con i Greci il vino ebbe diffusione
popolare; i primi vini italici fecero la loro comparsa intorno al 120 a.C. Dalla caduta
dell’Impero fino alla scoperta dell’America, poco è cambiato in campo enologico, a parte il
fatto che i vini francesi presero il sopravvento su quelli italiani.
L’enologia moderna inizia a svilupparsi a partire dal 1700, ma solo con le scoperte di
Pasteur nel campo della microbiologia si pongono le basi per una corretta vinificazione.
L’UVA
Il frutto della vite è un grappolo, diverso nella forma e nel colore a seconda del vitigno e
formato dalle seguenti parti:
-il RASPO: costituisce lo scheletro del grappolo, ed è ramificato in parti più piccole, chiama-
te racimoli e pedicelli, che portano prima i fiori e poi i frutti. Contiene poca acqua e zucche-
ri, molte sostanze tanniche, cellulosa e pectine.
-il FRUTTO: è costituito da bacche tonde od ovali chiamate acini. Nell’acino, a sua volta, si
può distinguere:
-la BUCCIA(epicarpo), composta da strati sottili di cellulosa ricchi di pectina, pigmenti co-
lorati e sostanze aromatiche. La buccia contiene gran parte dei composti fenolici del frutto,
sia pigmenti che tannini e molti dei composti aromatici dell’uva;
- la POLPA (mesocarpo), la parte interna dell’acino costituita da cellule turgide, contenenti
un succo acidulo zuccherino e poco colorato; la composizione della polpa varia molto a se-
conda del grado di maturazione. L’intensità della pigiatura o spremitura, influisce molto sul
carattere finale del vino prodotto;
-i VINACCIOLI (endocarpo), i semi della pianta, generalmente quattro per acino, derivati
dagli ovuli fecondati. Per la loro ricchezza di sostanze oleose, non devono essere schiacciati,
per non pregiudicare la qualità del vino.
LE FASI DELLA PRODUZIONE
Il ciclo di produzione del vino è piuttosto lungo e complesso e prevede fondamentalmente le
seguenti fasi:
Raccolta delle uve (vendemmia).
Pigiatura e preparazione del mosto.
Fermentazione del mosto e sua trasformazione in vino
Decantazione, stabilizzazione, illimpidimento del vino.
Imbottigliamento e invecchiamento
RACCOLTA E LAVORAZIONE DELLE UVE
La scelta del periodo per raccogliere le uve dipende dal tipo di vino che si vuole ottenere ed
è comunque determinata dalle piogge e dalla temperatura. Solitamente la vendemmia viene
anticipata nei climi caldi e secchi e ritardata nelle condizioni opposte.
Il periodo ideale per la vendemmia viene stabilito dall’indice di maturazione, considerato
ottimale quando il rapporto tra glucosio e fruttosio è vicino a 0,9 e il rapporto tra zuccheri
totali(g/100) e acidi organici (grammi di acido tartarico/litro) è di circa 3/4.
Dopo la vendemmia, l’uva deve essere spremuta il più presto possibile. La pigiatura consiste
nello schiacciamento degli acini in modo da provocare la fuoriuscita del succo e ottenere co-
sì il mosto. La parte solida ottenuta dalla pigiatura è detta vinaccia ed è costituita dalle buc-
ce, dai raspi e dai vinaccioli. Di solito i raspi, che non contengono sostanze che possono fer-
mentare e che sono ricchi di composti tannici, vengono eliminati dal mosto con macchine
diraspatrici, abbinate alle pigiatrici.
LA TRASFORMAZIONE DEL MOSTO IN VINO
Il mosto comincia a fermentare, con produzione di anidride carbonica, già poche ore dopo la
spremitura. Con la fermentazione, lo zucchero viene trasformato in alcol etilico: è questa una
fase essenziale nel processo di vinificazione. I responsabili della fermentazione sono i lieviti,
in parte presenti nella buccia dell’uva, in parte aggiunti artificialmente al mosto.
La prima fase della fermentazione dura dai sette ai dieci giorni e viene definita fermentazio-
ne tumultuosa. Terminata questa fase, il vino viene tolto dalle vasche di fermentazione
(svinatura) e messo nelle vasche di maturazione. Qui prosegue una fermentazione lenta du-
rante la quale possono avvenire fermentazioni non alcoliche, come quella malolattica che dà
morbidezza e pastosità al vino, ne riduce l’acidità, ed è fondamentale per i vini rossi fini,
oltre ad essere una condizione essenziale per l’invecchiamento. Questo tipo di fermentazione
viene invece inibito nella produzione di vini bianchi o rosati freschi e fruttati, il cui gusto ne
risulterebbe peggiorato.
L’uva consente una fermentazione controllata in ogni sua fase. Ciò è dovuto al fatto che con-
tiene zucchero a sufficienza per raggiungere un contenuto d’alcol abbastanza alto, oltre il
10%, e che, avendo un pH di circa 3, è sufficientemente acida da evitare lo sviluppo di mi-
crorganismi alteranti. Se lo zucchero o l’acido sono insufficienti, il mosto non fermenta in
modo adeguato e il vino non si conserva, rimanendo insipido.
Al contrario, un vino troppo acido o zuccherino acquista un sapore rispettivamente asprigno
o dolciastro, compromettendo molto il carattere finale dello stesso.
I TIPI DI VINIFICAZIONE
A seconda del vino che si vuole produrre, variano le tecniche di vinificazione.
Vinificazione in rosso: per produrre il vino rosso, la fermentazione deve avvenire in
presenza delle vinacce. Il mosto è quindi costituito da una parte liquida, la polpa degli
acini, e da una solida, formata dalle bucce e dai vinaccioli. Durante il processo di vini-
ficazione avviene la macerazione delle vinacce ad opera dell’alcol che viene via via
prodotto. In seguito a tale macerazione, passano in soluzione i pigmenti che danno il
colore rosso al vino e altri composti che, oltre a caratterizzare l’aroma, contribuiscono
alla conservazione del prodotto.
Vinificazione in bianco: è quella attuata in assenza delle vinacce con un mosto costitu-
ito soltanto dalla parte liquida. Con questo procedimento si ottengono vini bianchi o
comunque poco colorati.
Vinificazione in rosato: i vini rosati possono essere ottenuti tramite diverse tecniche di
vinificazione; vinificando una mescolanza di uve bianche e nere con una breve mace-
razione, oppure tramite vinificazione in bianco di uve nere.
Vinificazione con macerazione carbonica: questo tipo di vinificazione viene eseguito
per la produzione dei vini denominati novelli. Consiste nel riempire di uva un conteni-
tore che poi viene chiuso ermeticamente per 5/20 giorni alla temperatura di circa 30°C
previa saturazione di anidride carbonica, così da determinare una sorta di autofermen-
tazione con produzione di molti composti (glicerina, sostanze coloranti, composti aro-
matici, ecc..). La fermentazione avviene rapidamente (due-tre giorni), dopo di che si
ottiene un vino poco acido, molto aromatico e profumato, fruttato, colorato e subito
maturo. Questo tipo di vino non sopporta l’invecchiamento.
TRAVASI E COLMATURE
Il travaso avviene subito dopo la fermentazione, con lo scopo di eliminare dal vino le parti
solide (fecce) che si depositano. Questa operazione è molto importante perché da essa dipen-
dono la limpidezza, il profumo e anche il gusto del vino. Nel caso dei vini bianchi vengono
effettuati due travasi, per i vini rossi da tre a cinque travasi. Il vino, durante il periodo di
conservazione, può diminuire di volume o perché evapora o perché viene assorbito dalle pa-
reti dei contenitori. La colmatura, allora, consiste nell’aggiunta di vino nei recipienti per ri-
pristinare il livello. In alternativa, si può integrare il volume del vino con aggiunta di gas i-
nerti.
IL TAGLIO
Il taglio è un’arte molto raffinata, che richiede esperienza e gusto tali da suggerire i vini che
possono armonizzarsi nel taglio. È sempre un’operazione finalizzata a migliorare la qualità
di un vino.
STABILIZZAZIONE DEL VINO
Il vino viene sottoposto a trattamenti fisici e chimici di stabilizzazione per renderlo limpido,
per mantenere la limpidezza nel tempo e per conservarlo più facilmente.
LA CHIARIFICAZIONE
Con la chiarificazione si rende limpido il vino tramite aggiunta di sostanze colloidali. Queste
sostanze interagiscono con le particelle in sospensione determinandone la flocculazione
(facendole cioè precipitare in fiocchi).
LA FILTRAZIONE
Con questo trattamento si eliminano dal vino i precipitati salini, i depositi cristallini, i batte-
ri, le mucillaggini, ecc..; il vino passa attraverso i filtri porosi che setacciano le particelle so-
lide più grosse e assorbono quelle più piccole.
IMBOTTIGLIAMENTO E INVECCHIAMENTO
L’ultima fase della lavorazione del vino è l’imbottigliamento, un’operazione molto impor-
tante, che se non viene svolta con la dovuta cura può causare la perdita del vino durante la
conservazione. Le bottiglie devono essere pulite e spruzzate con anidride solforosa.
Ogni vino ha il suo invecchiamento:
I vini giovani: vengono consumati dopo la fermentazione lenta.
I vini bianchi: non vengono invecchiati, perché vanno incontro a ossidazione e perché
perderebbero fragranza e freschezza.
I vini rossi: vengono invecchiati in più fasi. Prima nei tini o nelle botti di legno, poi
nelle bottiglie. Una volta in bottiglia avvengono ulteriori trasformazioni; il colore: il
vino rosso da violaceo diventa rubino, poi granato e quando è invecchiato per più anni
assume riflessi aranciati; l’odore: l’aroma fruttato conferito dall’uva tende a scompari-
re quando si formano nuovi composti (eteri-esteri-ecc..), che conferiscono quello che
la maggior parte degli esperti definisce il vero e proprio bouquet; il sapore: il vino di-
venta meno astringente e meno acido, assumendo una maggiore morbidezza.
Quest’evoluzione in bottiglia è dovuta al fatto che il vino vive anche grazie ai
microrganismi che contiene e perciò attraversa vari stadi durante l’invecchiamento.
DENOMINAZIONI DI ORIGINE E INDICAZIONI GEOGRAFICHE
La legge 164 del 10 febbraio 1992 è la legge quadro che definisce tutta la nuova disciplina
delle denominazioni di origine.
Per denominazione di origine dei vini si intende il nome geografico di una zona viticola par-
ticolarmente vocata, utilizzato per designare un prodotto di qualità e rinomato, con caratteri-
stiche connesse all’ambiente naturale ed ai fattori umani.
Le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche tipiche si classificano in:
Denominazione di origine controllata e garantita (DOCG)
Denominazione di origine controllata (DOC)
Indicazione geografica tipica (IGT)
DOCG e DOC sono le menzioni specifiche tradizionali, utilizzate in Italia per designare i
VQPRD (vini di qualità prodotti in regioni determinate). Si possono altresì utilizzare le de-
nominazioni UE: VSQPRD (vini spumanti di qualità prodotti in regioni determinate);
VLQPRD (vini liquorosi di qualità prodotti in regioni determinate); VFQPRD (vini frizzanti
di qualità prodotti in regioni determinate).
Le DOCG sono riservate ai vini già riconosciuti DOC da almeno cinque anni, ritenuti di par-
ticolare pregio, in relazione alle caratteristiche qualitative intrinseche, rispetto a quelle degli
analoghi vini così classificati e che abbiano acquisiti rinomanza e valorizzazione commer-
ciale a livello nazionale ed internazionale. Il riconoscimento di DOCG deve prevedere una
disciplina viticola ed enologica di norma più restrittiva rispetto a quella della DOC e pro-
gressiva con il passaggio a sottozone o a comuni.
Le DOC e le IGT sono riservate alle produzioni che corrispondono alle condizioni e ai requi-
siti stabiliti, per ciascuna di esse, nei relativi disciplinari di produzione.
Le denominazioni di origine possono essere seguite , dopo la dicitura DOCG e DOC, da no-
mi di vitigni, menzioni specifiche, riferimenti a particolari tecniche di vinificazione e qualifi-
cazioni specifiche del prodotto: (es: classico-riserva-superiore-ecc..)
LA DEGUSTAZIONE DEL VINO
La degustazione di un vino, intesa in termini professionali, per
qualsiasi cultore del vino, è il modo di concentrare le proprie
sensazioni per penetrare nell’essenza del prodotto e scoprirne
pregi e difetti.
L’analisi della degustazione è detta analisi organolettica e, pur
non avendo la stessa precisione di quella chimica, permette di
determinare in modo immediato il carattere di un vino.
Gli organi sensori interessati alla degustazione sono: la vista,
l’olfatto e il gusto.
ESAME VISIVO
L’esame visivo di un vino prende in considerazione il colore, la
limpidezza, la fluidità e l’effervescenza. Il riscontro più imme-
diato riguarda il colore, che è giallo per i vini bianchi, rosa per i
vini rosati e rosso per i vini rossi. Si tiene conto delle seguenti
tonalità per ciascun colore:
-giallo verdolino, giallo paglierino, giallo dorato, giallo ambrato;
-rosa tenue, rosa cerasuolo, rosa chiaretto;
-rosso porpora, rosso rubino, rosso granato, rosso aranciato.
Le varie tonalità possono indicare lo stato evolutivo del vino o
una sua caratteristica o difetto. Per esempio nei vini bianchi, un
colore giallo verdolino è caratteristico di un vino giovane, un
giallo ambrato può essere proprio di un vino maturo.
Nei vini rossi, il rosso porpora indica un vino giovane, mentre il
rosso aranciato può essere segno di una completa maturazione
ma anche di un invecchiamento mal sopportato.
In rapporto alla limpidezza il vino può essere:
-velato, quando non lascia trasparire perfettamente la luce per la
presenza di impurità;
-abbastanza limpido;
-limpido;
-cristallino;
-brillante, quando riflette la luce che riceve.
Riguardo alla fluidità (o consistenza) un vino può essere:
-Fluido, cioè scorrevole come l’acqua;
-poco consistente;
-consistente;
Viscoso, cioè simile all’olio, con una densità dinamica.
L’effervescenza riguarda i vini spumanti dei quali l’esame visivo
prende in considerazione le bollicine giudicate per la grana, per il
numero e per la persistenza.
L’ESAME OLFATTIVO
L’olfatto è il senso per mezzo del quale si percepiscono gli odori.
Nella degustazione, agitando il vino in senso rotatorio, si volatilizzano le molecole responsa-
bili dei profumi e da esso si elevano varie gamme di profumi di diversa intensità.
L’insieme dei profumi e degli aromi avvertiti ci danno il bouquet di un vino.
L’esame olfattivo punta sull’intensità e sulla persistenza dei profumi e degli aromi fino a de-
finirne la qualità e a descriverne la gamma dei sentori percepiti e può dare talvolta per lo
stesso vino sensazioni diverse, poiché le percezioni dei profumi sono molto soggettive.
I termini tecnici che distinguono i vini sull’intensità sono:
-carente (privo di interessanti profumi)-poco intenso-abbastanza intenso-intenso-
-molto intenso (dal profumo aggressivo e penetrante, sin dalla prima sensazione).
Quanto alla persistenza dei profumi, un vino può essere:
-carente (ossia fiacco)-poco persistente-abbastanza persistente-persistente– molto persistente
(con intensa e lunga durata del profumo fino a consumazione completa della bottiglia).
I sentori percepiti possono attribuire al vino una delle seguenti caratteristiche:
-aromatico-vinoso-floreale-fruttato-fragrante-erbaceo-franco-speziato-ampio- etereo.
L’ESAME GUSTATIVO
Il gusto è quel senso che permette di percepire e distinguere i sapori in bocca. La sensibilità
è localizzata sulla lingua , dove si trovano le papille gustative. I quattro gusti, dolce-acido-
salato-amaro– vengono avvertiti durante l’esame gustativo che riguarda zuccheri, alcoli, po-
lialcoli, acidi, tannini e sali minerali, tutti contenuti nel vino.
Secondo il grado di dolcezza un vino può essere:
Secco-abboccato-amabile-dolce-stucchevole
Gli alcoli presenti nel vino trasmettono al gusto dolcezza e calore. A questo riguardo un vino
può essere: Leggero- poco caldo-abbastanza caldo- caldo (quando con 15/18 gradi, si avver-
te sulla lingua una sensazione bruciante)-.
I polialcoli sono delle molecole contenuti negli alcoli stessi, come ad esempio la glicerina. In
questo caso la terminologia usata è la seguente:
-spigoloso– poco morbido-abbastanza morbido-pastoso-.
La presenza della glicerina nel vino, si rivela attraverso i cosiddetti “archetti”
I tannini sono sostanze naturali diffuse in molte piante e vengono trasmesse al vino dalle
bucce o dai vinaccioli dell’uva, oppure dal legno delle botti (barriques) nelle quali si lascia
maturare un vino di qualità. La presenza dei tannini nel vino provoca due tipi di percezione:
sapore amaro e sensazione di astringenza e asprezza. All’esame gustativo i tannini possono
dare un vino:
-molle – poco tannico – abbastanza tannico- tannico- stringente-.
I più importanti sali minerali contenuti nel vino sono l’acido tartarico, i Sali di potassio, di
ferro, di rame, ecc..l’esame gustativo sulla loro presenza può classificare il vino come:
-scipito– poco sapido-abbastanza sapido– sapido (in genere ciò avviene quando si tratta di
un vino ottenuto con uve provenienti da zone salmastre, vicine alle coste marine).
IL SERVIZIO DEL VINO
La bottiglia che ha riposato a lungo in posizione orizzontale nella cantina o nella cave du
jour, deve essere posta delicatamente nello speciale cestello, avendo cura di porla sullo stes-
so lato su cui era stata, cioè dove presumibilmente ha raccolto le fecce, e con il collo legger-
mente più in alto.
La bottiglia deve essere presentata al cliente per averne conferma. Appoggiando la bottiglia
sul gueridon, si procede alla stappatura seguendo le seguenti fasi:
Con il coltellino del cavatappi si incide e si elimina la parte superiore della capsula;
Si posiziona il “verme” al centro del tappo e, senza scuotere o rigirare la bottiglia, lo si
fa penetrare senza oltrepassare il tappo .
Facendo leva con il supporto anteriore del cavatappi sul bordo superiore della bottiglia,
si estrae il tappo lentamente, lo si depone su un piattino e si pulisce con un frangino
l’imboccatura della bottiglia.
Il sommelier annusa il tappo e invita il cliente che ha ordinato il vino a fare la stessa
cosa. Il tappo deve profumare di vino, come segno della bontà del prodotto. Se si per-
cepiscono altri odori, il vino ha certamente qualche difetto.
Se il vino è in perfette condizioni, ci si porta alla destra del cliente che lo ha ordinato,
se ne versa una piccola quantità nel suo bicchiere e lo si fa assaggiare. Una volta che il
cliente da il suo consenso, si versa a i commensali concludendo con chi ha assaggiato
il vino.
Quando si versa il vino nei bicchieri, bisogna fare attenzione alle gocce che possono
sporcare la tovaglia; è necessario ruotare leggermente la bottiglia e usare un tovagliolo
di servizio per asciugare, molto velocemente, le sbavature e le gocce che si formano
sul bordo superiore del collo della bottiglia.
Quando si versa il vino, l’etichetta deve essere rivolta verso il cliente, e la bottiglia va
tenuta con la mano destra.
Per i vini rossi invecchiati è consigliato utilizzare il cestino versavino; per i bianchi e i
rosati il seau a’ glace per mantenerli alla giusta temperatura.
TEMPERATURA DI SERVIZIO DEI PRINCIPALI TIPI DI VINO
SPUMANTI E CHAMPAGNE 5-7 °C.
BIANCHI 7-10°C.
ROSATI E ROSSI FRIZZANTI 10-12°C.
ROSSI GIOVANI 12-15°C.
ROSSI CORPOSI E INVECCHIATI 15-18°C.
INDICE:
La mappa dei vini di Puglia
Enografia del territorio: la Puglia
Principali vitigni pugliesi
La mappa dei vini in Piemonte
Enografia regionale: il Piemonte
I principali vitigni piemontesi
La mappa dei vini in Trentino Alto Adige
Enografia regionale: il Trentino Alto Adige
I principali vitigni del Trentino Alto Adige
La mappa dei vini della Toscana
Enografia regionale: la Toscana
I principali vitigni della Toscana
Codice di comportamento per il servizio dei vini
Abbinamento cibo-vini pugliesi
Abbinamento cibo-vini piemontesi
Abbinamento cibo-vini trentini
Abbinamento cibo-vini toscani
Enologia: la vite e l’uva
Le fasi della produzione
Raccolta e lavorazione delle uve
La trasformazione del mosto in vino
Imbottigliamento e invecchiamento
Denominazioni di origine e indicazioni geografiche
La degustazione del vino
L’esame visivo, olfattivo e gustativo
Il servizio del vino
Temperature di servizio dei principali tipi di vino
Programmazione corso
Corsisti partecipanti
Fonti di ricerca
Fonti di ricerca:
Libri di testo-Bar Giornale– Guida ai Vini (gazzetta del mezzogiorno) - Testi AIS– Internet-
Materiale di ricerca a cura degli allievi corsisti.
Produzione brochure e ideazione grafica a cura del docente prof. G. Calabrese
UNITA’ DIDATTICA CONTENUTI
IL PROCESSO DI VINIFICAZIONE
ED ENOGRAFIA NAZIONALE LA VITE E IL CICLO VITALE
DALLA VENDEMMIA ALL’IMBOTTIGLIAMENTO
LE TIPOLOGIE DELLA VINIFICAZIONE.
LE BOTTIGLIE E I BICCHIERI
LA MACERAZIONE CARBONICA
ANALISI SENSORIALE E DEGUSTAZIONE DEL VINO:
NOVELLO SALENTINO
TECNICHE DI SERVIZIO E DI MESCITA.
ENOGRAFIA REGIONALE:
IL PIEMONTE PRODUZIONE E DENOMINAZIONE DI ORIGINE DEI VINI
E DEI MOSTI PIEMONTESI
ANALISI SENSORIALE E DEGUSTAZIONE DEL VINO:
DOLCETTO D’ALBA
TECNICHE DI SERVIZIO E DI MESCITA
ENOGRAFIA REGIONALE:
LA TOSCANA PRODUZIONE E DENOMINAZIONE DI ORIGINE DEI MOSTI
E DEI VINI DELLA TOSCANA.
ANALISI SENSORIALE E DEGUSTAZIONE DEL VINO:
CHIANTI CLASSICO
TECNICHE DI SERVIZIO E DI MESCITA
ENOGRAFIA REGIONALE:
IL TRENTINO A. ADIGE PRODUZIONE E DENOMINAZIONE DI ORIGINE DEI MOSTI
E DEI VINI DEL TRENTINO
ANALISI SENSORIALE E DEGUSTAZIONE DEL VINO:
PINOT GRIGIO
TECNICHE DI SERVIZIO E DI MESCITA
ENOGRAFIA REGIONALE:
LA PUGLIA PRODUZIONE E DENOMINAZIONE DI ORIGINE DEI MOSTI
E DEI VINI DI PUGLIA
ANALISI SENSORIALE E DEGUSTAZIONE DEL VINO:
PRIMITIVO DI MANDURIA.
TECNICHE DI SERVIZIO E DI MESCITA
I.P.S.S.A.R. BRINDISI
CORSO TEORICO-PRATICO DI SOMMELERIE
MODULO: PRINCIPI DI ENOLOGIA, ENOGRAFIA
E TECNICHE DI SERVIZIO E DI MESCITA
DOCENTE: Giuseppe CALABRESE ESPERTO: Dario SCHINA