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PRIMO PIANO EQUITAZIONE Sabato e do- menica trofeo con 300 cavalli CHAT, SMS Progetto al Verga. “Ritmi più rallentati” IMMIGRATI Lunedì corteo da Corso Ge- lone a Ortigia MEGASTORE 32 prodotti prezzi più alti 13 11 2 4 Sabato 27 Febbraio 2010 Anno 2, n. 8 • Settimanale gratuito di fatti e di opinioni • Reg. Trib. di Siracusa n°1509 del 25/08/2009 • E-mail: [email protected] • Direttore: Franco Oddo • Vicedirettore: Marina De Michele edizione online: www.lacivettapress.it “Petrolifero ed energetico verso la fine” PAG.5 (Perna) TOSCANO La Bianca: “Non possiamo intervenire” PAG.11 (La Leggia) MASSERIE IN CITTÀ “Occorre un nuovo studio d’impatto” PAG.6 (De Michele) FIERA DEL SUD Un medico: “Per ora solo una enterite acuta che pro- voca dolori di stomaco”. A PAG. 16 (Lanaia) Un bluff La suina Torneo: “Floridia lasci perdere. Arriverebbero quì rifiuti di mezza Sicilia”. A PAG. 2 (Rossitto) Floridia Torcia al plasma Ritoccone della Gepa nel parcheggio della Marina: salasso per i turisti. PAG. 3 (La Leggia) Gepa Un’ora 2 euro “Progetti per circa 13,5 M€ sono stati inviati alla Regione ma, malgrado forniti di tutti i pareri e approvazioni di leg- ge, sono ancora in attesa di essere finanziati per motiva- zioni burocratiche. Inoltre, progetti per altri 20 M€ cir- ca, sono già completati o in fase di ultimazio- ne; alcuni di questi attendono l’approvazione da parte del Consorzio ATO”. PAG. 8 (De Michele) Sai 8: “Per le manutenzioni abbiamo investito 5 milioni” Il direttore generale e quello delle infrastrutture rispondono (non tutto) al giornale Da novembre il Banco di Sici- lia non esisterà più. Sarà incor- porato nella Unicredit. Timori dei sindacati per la riorganizza- zione sul territorio. “Le banche si sono trasformate in venditori di prodotti”, affermano i sinda- calisti. Le interviste. PAGG. 14-15 (Privitera) BdS. “Niente allarmismi In banca non si licenzia” Una città senza stadio Delusi i dirigenti di tutte le società PAGINE 12-13 (Catalano) AUGUSTA E LO SPORT

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PRIMO PIANO

EQUITAZIONESabato e do-menica trofeo con 300 cavalli

CHAT, SMSProgetto al Verga. “Ritmipiù rallentati”

IMMIGRATILunedì corteoda Corso Ge-lone a Ortigia

MEGASTORE32 prodottiprezzi più alti

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11

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Sabato 27 Febbraio 2010Anno 2, n. 8• Settimanale gratuito di fatti e di opinioni • Reg. Trib. di Siracusa n°1509 del 25/08/2009

• E-mail: [email protected] • Direttore: Franco Oddo • Vicedirettore: Marina De Michele

edizione online: www.lacivettapress.it

“Petroliferoed energeticoverso la fine”

PAG.5 (Perna)

TOSCANOLa Bianca:

“Non possiamointervenire”

PAG.11 (La Leggia)

MASSERIE IN CITTÀ“Occorre unnuovo studiod’impatto”

PAG.6 (De Michele)

FIERA DEL SUD

Un medico: “Per ora solo una enterite acuta che pro-voca dolori di stomaco”.

A PAG. 16 (Lanaia)

Un bluffLa suina

Torneo: “Floridia lasci perdere. Arriverebbero quì rifiuti di mezza Sicilia”.

A PAG. 2 (Rossitto)

FloridiaTorcia al plasma

Ritoccone della Gepa nel parcheggio della Marina: salasso per i turisti.

PAG. 3 (La Leggia)

GepaUn’ora 2 euro

“Progetti per circa 13,5 M€ sono stati inviati alla Regione ma, malgrado forniti di tutti i pareri e approvazioni di leg-ge, sono ancora in attesa di essere finanziati per motiva-zioni burocratiche. Inoltre, progetti per altri 20 M€ cir-

ca, sono già completati o in fase di ultimazio-ne; alcuni di questi attendono l’approvazione da parte del Consorzio ATO”.

PAG. 8 (De Michele)

Sai 8: “Per le manutenzioniabbiamo investito 5 milioni”

Il direttore generale e quello delle infrastrutture rispondono (non tutto) al giornale

Da novembre il Banco di Sici-lia non esisterà più. Sarà incor-porato nella Unicredit. Timori dei sindacati per la riorganizza-zione sul territorio. “Le banche si sono trasformate in venditori di prodotti”, affermano i sinda-calisti. Le interviste.

PAGG. 14-15 (Privitera)

BdS. “Niente allarmismiIn banca non si licenzia”

Una città senza stadioDelusi i dirigenti di tutte le società

PAGINE 12-13 (Catalano)

AUGUSTA E LO SPORT

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2 27 Febbraio 2010

Che succederebbe all’economia se gli extracomunitari smettessero di lavorare tutti insieme?

Lunedì anche a Siracusa la “giornata senza immigrati”Il camper dei diritti a Cassibile e corteo da corso Gelone

di MASSIMILIANO PERNA ([email protected])

Il primo marzo 2010 non sarà un giorno come gli altri, ma sarà il giorno in cui, per la pri-ma volta, i cittadini migranti presenti in Italia smetteranno di lavorare e scenderanno in piaz-za per manifestare pacificamen-te e allegramente i loro diritti. Si tratta di una iniziativa non violenta che si ispira e si colle-ga alla “Journée sans immigrés: 24h sans nous”, promossa in Francia per lo stesso giorno. Si vuole far capire a questo Paese cosa potrebbe succedere se i 4 milioni e mezzo di migran-ti che vivono dentro i nostri confini nazionali si fermassero tutti insieme per un giorno e con loro tutti gli italiani stanchi del razzismo. Cosa accadrebbe alla nostra economia? Quante produzioni, quante fabbriche e campagne, quanti cantieri reste-rebbero fermi, bloccati? Quanti anziani e quante famiglie fini-rebbero nel più totale isolamen-to? Già, perché l’immigrato rap-presenta una forza lavoro irri-nunciabile, essenziale. Servono lavoratori, non ve ne sono a suf-ficienza, soprattutto in settori in cui gli italiani si rifiutano di lavorare, perché si tratta di la-vori pesanti e socialmente giu-dicati poco attraenti dai nostri concittadini accecati dal mito del benessere facile e immedia-to. Purtroppo, non riuscendo a coinvolgere i nostri connazio-nali in discorsi elevati sul valo-re dei diritti dell’uomo e sulla

centralità che l’essere umano, di ogni razza e colore, deve ave-re in un mondo civile, si è scelto di toccare un argomento che è di più facile comprensione: il denaro, vale a dire quel benes-sere nazionale che potrebbe essere minato da un’eventuale e prolungata astensione dei mi-granti dal lavoro. Se il mondo politico-istituzionale considera l’immigrazione solo in termini di sicurezza, ordine pubblico e forza lavoro, il Coordinamento nazionale Primo Marzo 2010, presieduto da Stefania Ragu-sa, siciliana trapiantata al nord, mette al centro i diritti dei mi-granti, il rifiuto di ogni discri-minazione, ponendo l’accento anche sulla loro indispensabili-tà per il progresso del Paese. Progresso che non può però es-sere basato su uno sfruttamento bestiale della manodopera stra-niera, che è quotidianamente umiliata, vessata, sottopagata, privata di quei diritti che rap-presentano un segno distintivo di una democrazia compiuta. Sono queste le ragioni di un movimento spontaneo, metic-cio, composto da italiani, stra-nieri, seconde generazioni, che si pone l’obiettivo di iniziare un’azione democratica di pres-sione e di proposta politica, che possa portare l’Italia a can-cellare quel sistema di norme xenofobe, ingiuste, incostitu-zionali riassunte nel pacchetto sicurezza voluto dal governo e dal ministro Maroni. Per il

Coordinamento Primo Marzo 2010, dunque, questa giornata di sciopero non può e non deve essere un punto di arrivo, ma una rampa di lancio, un punto di partenza di un movimento che possa mettere insieme tutti coloro i quali, ogni giorno, vi-vono da stranieri in questa na-zione. Non solo gli immigrati, ma anche tutti coloro non si ri-conoscono nelle scelte razziste del governo attuale, dei governi locali e nelle chiusure xenofobe della gente comune. Una giornata all’insegna del giallo, il colore scelto dagli organizzatori, un colore che simboleggia la luce, il sole, un colore lontano da richiami poli-tici, così come la manifestazio-ne, che non ha sponsor di parti-to, né di schieramento. Si tratta di una iniziativa spontanea, nata sul web e portata avanti da un gruppo di persone che credono ancora in un domani di “me-scolanza” e solidarietà, senza steccati di alcun genere e con un sistema normativo che ri-spetti l’uomo piuttosto che umiliarlo e respingerlo indietro, condannandolo ad un infer-no senza fine. Il primo marzo, quest’anno, vedrà manifesta-zioni colorate di giallo in di-verse città italiane, organizzate dai tanti comitati locali sorti in questi mesi. Anche a Siracusa, città di fron-tiera con una massiccia presen-za di immigrati di ogni nazione e colore, è nato un comitato

spontaneo, composto da italiani e stranieri, che ha organizzato per lunedì un’intera giornata dedicata ai diritti, alla fratel-lanza, alla riflessione. Si partirà all’alba, da Cassibile, dove arri-verà il Camper dei diritti, pro-veniente da Catania. Una scelta precisa, quella del comitato ca-tanese, che intende partire pro-prio da un luogo simbolo del lavoro dei migranti, un luogo di sfruttamento e miseria, un non-luogo del diritto. Il camper del comitato di Catania, proseguirà quindi per Siracusa, dove si uni-rà al corteo promosso dal comi-tato di Siracusa, che partirà alle 9 da Corso Gelone, in corri-spondenza con il campo scuola

“Di Natale”. Il “popolo giallo” marcerà per le strade del cen-tro della città per giungere poi al tempio di Apollo, in Ortigia. Dopo il corteo, la giornata pro-seguirà all’interno dell’Antico Mercato, con il susseguirsi di momenti artistici, ludici, musi-cali e ovviamente di riflessione e dibattito. Italiani e immigrati pranzeranno insieme e insieme parteciperanno a giochi, mostre ed esibizioni di giocoleria orga-nizzate dai ragazzi dell’Unione degli Studenti; quindi si passe-rà alla proiezione di video e di spezzoni di documentari dedi-cati al tema dell’immigrazione, a cui seguirà un dibattito aperto. Infine, dalle 18.30 alle 20.30, ci

sarà spazio per la musica, con il concerto di gruppi studenteschi e l’esibizione di Ramzi Harra-bi, poeta e musicista tunisino che riempirà l’atmosfera con la sua musica incantevole e avvol-gente. Una giornata intensa e ricca di contenuti e significati, da vivere insieme, con la gioia di chi guarda al mondo con la consapevolezza che ci sia molto da cambiare e che sia possibile farlo insieme. Un’occasione per riunirsi e mostrare a questa so-cietà “distratta” che è possibile convivere e condividere, a patto però che a tutti gli esseri umani vengano riconosciuti diritti fon-damentali ed irrinunciabili in un contesto che si professa civile.

“Ignorati i gravi problemi di alimentazione che il suo funzionamento comporta”

Claudio Torneo: “Il Comune lasci perdere la torcia al plasmaFloridia diventerebbe terminale dei rifiuti di mezza Sicilia”

di CONCETTO ROSSITTO

I nuovi orientamenti del governo regionale in mate-ria di raccolta differenziata probabilmente costituiscono uno stop a iniziative per lo smaltimento dei rifiuti come quella relativa alla realizza-zione di una torcia al plasma nel territorio del comune di Floridia. Tuttavia pare che a Floridia si voglia ancora pro-cedere su questa strada. Sul-la questione La Civetta pub-blica oggi una intervista col floridiano dott. Claudio Tor-neo, giornalista e presidente dell’Associazione di cultura politica “Paolo Romano”. Nel prossimo numero con-tiamo di ospitare un oppo-sto contributo di idee grazie all’intervista promessaci dall’assessore Nino Gozzo, riservandoci di riportare in seguito altre voci sulla que-stione.Dottor Torneo, l’ammini-strazione comunale di Flo-ridia sembra intenzionata ad andare avanti nel pro-getto di realizzare lo smal-timento con il sistema della

torcia al plasma. L’associa-zione che lei presiede cosa ne pensa?“Siamo sorpresi che l’idea di realizzare nel territorio di Floridia un impianto al pla-sma per smaltire i rifiuti con-tinui a tenere banco. In una città normale - come si dice con frase abusata - una pro-posta del genere non sarebbe stata presa neppure in consi-derazione, e in ogni caso sa-rebbe stata archiviata dopo il primo sommario esame, se anche in questa circostanza i nostri amministratori si fos-sero lasciati guidare da quel-la prudenza e da quel buon senso di cui sono spesso soliti ammantarsi, almeno a parole”. Lei, dunque, non reputa prudente affidarsi a una tecnologia avanzata per lo smaltimento dei rifiuti so-lidi?“La prudenza avrebbe dovuto consigliare loro di chieder-si come mai il progetto, che è alla base di tale impianto, non abbia trovato udienza in

nessuna città italiana di una certa rilevanza. Il buonsenso avrebbe dovuto indurli a non ignorare i problemi di “ali-mentazione” che il suo fun-zionamento comporta, con il rischio di trasformare Flori-dia in terminale di rifiuti pro-venienti da mezza Sicilia”. Qual è, a suo avviso, la so-luzione da adottare in base alla prudenza e al buon senso?“La strada maestra per af-frontare, responsabilmente, il problema dello smaltimen-to dei rifiuti è quella traccia-ta dalle leggi e dalla prassi, che non a caso affidano alla Regione la gestione della complessa materia, ivi com-presa l’allocazione dei ter-movalorizzatori. Ed è a que-sta impostazione che anche il comune di Floridia ha il dovere di attenersi senza ul-teriori indugi”. Si potrebbe obiettare che, da un lato, non sempre le leggi affrontano respon-sabilmente le questioni e che, d’altro canto, spesso

le comunità lo-cali trovano da ridire sulle scel-te che vengono compiute a un livello decisiona-le superiore. Se, per esempio, la Regione decides-se di allocare un termovalorizza-tore a Floridia, p ro b a b i l m e n t e non pochi flori-diani trovereb-bero mille ragio-ni per opporsi a tale scelta. Ma poiché questa è una intervista e non un dibattito, la domanda da porre è un’altra: se ogni comunità locale ve-nisse posta in condizione di dover scegliere la soluzione più conveniente e più ragio-nevole per lo smaltimento dei rifiuti solidi, quale do-vrebbe essere, a suo avviso, la scelta dei floridiani?“Nessuno ignora gli oneri

crescenti che il trasporto dei rifiuti alla discarica Costa Gigia di Augusta comporta per le casse comunali. vMa il modo più efficace per minimizzarli passa per il rilancio della raccolta diffe-renziata e non per l’avven-tura dell’impianto al plasma.

Il problema del costo di tra-sporto dei rifiuti non si por-rebbe, se anche a Floridia la raccolta differenziata non si fermasse alle irrisorie per-centuali di oggi, ma arrivasse al 50-60%, come avviene in non pochi comuni italiani”.

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327 Febbraio 2010

La Gepa, a scadenza di contratto, ritocca le tariffe di sosta. Alla Marina 2 euro l’ora!

Riccardo De Benedictis: “Invece di migliorare i servizil’unica proposta della giunta è rincarare i parcheggi”

di CONCETTA LA LEGGIA ([email protected])

E’ arrivato e non poteva esse-re peggiore: l’aumento delle tariffe per la sosta sulle strisce blu e nei parcheggi gestiti dalla Gepa. Ritocchino in alcune aree di sosta, ritoccone in altre. Alla Marina, di fronte al Grand Ho-tel, la Gepa fa pagare addirittura due euro l’ora, un autentico sa-lasso per i turisti ma anche per i cittadini siracusani che siano costretti a posteggiare in zona per qualsiasi esigenza. Manco fossimo a Montecarlo! Il fat-to è che siamo a scadenza del contratto e un ritocchino e un ritoccone di là, prelevando i sol-di dalle ricche tasche dei siracu-sani, è l’unica preoccupazione che mostra la giunta comunale a fronte dei veri problemi che ormai attanagliano la nostra città. E invece che migliorare e potenziare i mezzi di trasporto pubblici per incentivarne l’uso o aumentare i parcheggi gratu-iti, merce ormai rara lungo le nostre arterie cittadine, che fa l’amministrazione? Rincara i prezzi: Ici, Tarsu, e ora pure il fatidico biglietto auto.Avvocato Ettore Di Giovanni consigliere comunale di Sini-stra e Libertà“Aspettiamo di conoscere le nuove determinazioni ma il punto non è solo il costo del parcheggio, poiché è pur vero che in alcune aree sarebbe utile disincentivare il traffico auto-mobilistico ma è altrettanto in-dispensabile un potenziamento

del servizio pubblico. I mezzi pubblici, anche per girare in Or-tigia, non sono adeguati, come dice lo stesso sindaco, però si tengono fermi 6 pullmini, vi-cino il mercato ittico, che il comune ha acquistato a caro prezzo, ricomparsi durante il G8 e subito dopo tornati nei loro alloggiamenti a deteriorarsi. Per questi piccoli mezzi il co-mune di Siracusa paga all’Ast 400 mila euro l’anno come contributo poiché gli autisti li fornisce l’azienda siciliana tra-sporti. Dunque il punto non è il parcheggio caro, ma il fatto che non vi sia un servizio di traspor-to che possa essere alternativo all’uso della macchina privata. Altro dato riguarda la sosta a pagamento che deve essere un servizio per rendere possibile la rotazione delle auto e non può trasformarsi in un taglieg-giamento o tassa impropria sui cittadini. “Per chiarirci: in Corso Gelone la sosta a pagamento è giusta poiché evita che il cittadino, che deve recarsi in ufficio, la-sci in sosta la propria auto per 8 ore ma lo stesso cittadino do-vrà avere vicino la possibilità di fruire dei parcheggi gratuiti, come prevede la legge, che sta-bilisce anche le percentuali, che però vengono rispettate solo sulla carta poiché i luoghi di so-sta gratuita sono spesso troppo lontani, di difficile fruizione o assenti. Bisognava inoltre cre-

are nuovi parcheggi nel centro della città mentre l’amministra-zione comunale si è mossa in modo antitetico, come è acca-duto in piazza Adda, dove l’ex parcheggio dell’ex tribunale, benché fosse destinato a sosta gratuita, col nuovo piano rego-latore, nonostante un apposito emendamento da me presenta-to, è divenuto area edificabile, con aggravio del traffico e con-centrazione di auto. “Insomma il sindaco Visentin, in continuità con Bufardeci, non si è minimamente curato di rispet-tare quanto previsto nel piano parcheggi, oggi scaduto, che in-dividuò nella città gli spazi utili per creare aree di stallo gratuite.

In queste condizioni la tassa sul parcheggio diviene impropria e non un servizio al cittadino. Mi stupisce invece l’atteggiamento di certi politici che presiedono convegni contro il p.r.g. e ordini professionali che gridano allo scandalo per la cementificazio-ne della città, gli stessi che fino a poco tempo fa tentennavano; e ancor più mi stpisce il silenzio dell’amministrazione per il mio ordine del giorno presentato e votato 9 mesi fa che si propo-neva di adeguare il piano per

evitare cementificazioni in aree particolarmente delicate come le aree archeologiche o lungo le coste. All’odg seguirono pre-cise proposte ma da allora tutto è rimasto fermo in attesa della commissione urbanistica”.Architetto Riccardo De Bene-dictis consigliere comunale Pd“I siracusani sono stati abitua-ti a subire aumenti di tariffe a fronte di servizi che permango-no sempre uguali se non in via di peggioramento. Mi auguro

che la proposta di aumentare le tariffe possa smentire questa abitudine; e che dunque a un aumento del costo corrisponda un miglioramento dei servizi. Vi è poi da rilevare che a fronte di una serie di problemi reali e concreti che vive questa città, tra i quali anche il traffico ca-otico, non solo non si assiste a una programmazione al riguar-do ma l’unica proposta concreta sulla quale la giunta si misura e si confronta è l’aumento delle tariffe!”

Molti nel gelo della notte hanno testimoniato solidarietà a don Carlo D’Antoni

Canto, recite e musica a Bosco Minniti tra facce tristie una sagoma dolente alla finestra della canonica

di SEBASTIANO DI MARIA ([email protected])

La vita, si sa, riserva a tutti una buona dose di guai, angustie e ma-lattie che minano il fisico e la mente, rendendoci deboli, indifesi e impauriti. Il dolore e la sofferenza sono sensazioni che patiscono sia gli uomini che gli animali; persino le piante, in determinate situa-zioni particolari, periscono per tristezza, stress e depressione. Per moltissime persone, però, il destino è ancora più amaro a causa di guerre, persecuzioni razziali e condizioni esistenziali invivibili. E’ il caso degli immigrati che, dopo mille peripezie, attraversando terre sconosciute e pericolosi tragitti in mare, giungono in Italia in cerca di rifugio e di un lavoro per sopravvivere. Siracusa è una delle tante tappe di soggiorno di questi sfortunati erranti; qui, in assenza di ade-guate strutture di accoglienza, unico approdo, sia pure temporaneo, è la Chiesa di Bosco Minniti condotta da un prete di frontiera che ha fatto dell’accoglienza la traduzione tangibile del Vangelo. Per avere una idea dell’encomiabile lavoro di questo prete, basti pensare che in dieci anni, anche solo per qualche giorno, ha offerto un tetto e un pasto caldo ad oltre quindicimila persone provenienti dall’Africa, dall’Asia e dall’America centro-meridionale. Oggi, per una complessa indagine giudiziaria, il prete è stato fermato e obbli-gato agli arresti domiciliari; si può immaginare il senso di sgomento che, da alcune settimane, domina nella parrocchia e tra i volontari di tutta la città che quella chiesa frequentano. Per alleggerire il pe-sante clima venutosi a creare, un gruppo di giovani ha programmato e realizzato una manifestazione di solidarietà tenuta sabato sera, 20 febbraio, a Bosco Minniti. Abbiamo partecipato con animo solida-le senza porci troppi perché, ma, con amarezza, abbiamo constatato che quella sera non c’è stata (e non poteva esserci ) allegria. Abbia-mo colto a piene mani smarrimento, muta sofferenza e tanto dolore; smarrite erano soprattutto alcune decine di immigrati, orfani della protezione e della guida di un uomo-sacerdote che li ha sfamati accu-dendoli come farebbe una chioccia con la propria nidiata. Quasi tutti provenienti dall’Africa sub sahariana, giovani e giovanissimi dalla pelle nera, hanno girovagato per tutta la sera intorno alla chiesa, sen-

za meta, parlando a bassa voce nei loro incomprensibili dialetti. Nel buio della notte i loro occhi lucidi e tristi tradivano una insicurezza pari a quella del bambino che perde il suo naturale punto di riferi-mento: la madre. Eppure la serata prometteva bene in quanto un paio d’ore di canto, recite e musica avrebbe dovuto stemperare l’angoscia della comuni-tà, schiacciata dal maglio di una indagine penale. Non è stato così: nessuna allegria e tanti musi lunghi. A sfidare il gelo della notte per testimoniare vicinanza e appoggio morale saremo stati in duecento circa, comunque fieri di essere stati vicini a un pugno di uomini e donne soli, in balia degli eventi. Bravissimi gli attori, quasi tutti giovanissimi, che, incuranti del vento sferzante, hanno recitato po-esie di autori noti e meno noti, con appassionata immedesimazione. Gradevole la performance dei musicisti che hanno proposto brani di successo, coinvolgenti per il ritmo e lo spontaneo battimani della pla-tea. Toccante, infine, il saluto di un regista triestino che, rinverdendo un’arringa (l’ultima) di Piero Calamandrei, ha trattato il tema della “legge”, quasi sempre calata dall’alto da un’élite politica estranea ai

veri interessi del “popolo sovrano”. Sono state ore di intensa partecipazione sempre con gli occhi e la mente in direzione di una finestra al primo piano della canonica; dietro i vetri di quella finestra, socchiusa, la sagoma muta e dolente di un carcerato: padre Carlo D’Antoni. Non conosciamo in dettaglio i termini della questione che hanno determinato la detenzione pre-ventiva del sacerdote, ma non si può sottacere della durezza e della durata del provvedimento restrittivo che si protrae oramai da diverse settimane. Ci è tornato alla mente il motto universale della rivolu-zione francese, pietra miliare della dichiarazione deI Diritti dell’Uo-mo: Libertà, Uguaglianza, Fratellanza. Non è certamente un caso se al primo posto, come inalienabile diritto del cittadino, sia indicata appunto la Libertà, il bene più prezioso per qualsiasi individuo. Qua-lunque sia la necessità giuridica e processuale, crediamo che la car-cerazione preventiva non dovrebbe mai superare un breve lasso di tempo, giusto lo stretto indispensabile per il sequestro di documenti e strumenti audiovisivi (cellulari, PC ecc.) utili per il riscontro delle prove a sostegno dell’atto di accusa. La giustizia, a nostro modesto avviso, è giusta solo se la verità dei fatti viene appurata rapidamente e la pena comminata con certezza, al di là di ogni ragionevole dub-bio. Altrimenti una funzione così delicata qual è quella di applicare la Legge, salvaguardando l’obbligatorietà dell’azione penale, renderà prevalente lo Stato di polizia su quello di Diritto. La nostra Costituzione, recependo il principio del giusto processo, sancisce rapide procedure nei confronti dell’imputato che, se condan-nato con sentenza definitiva, deve scontare la pena nella immediatez-za del delitto commesso e non a distanza di anni, magari dopo lunga detenzione preventiva; non è infrequente, infatti, il “pericolo” di con-statare, nel corso dei vari gradi di giudizio, che è stato incarcerato un innocente. Ipotesi quest’ultima che nel nostro Paese si è più volte ve-rificata anche per delitti efferati; ricordiamo per tutti il “caso Gallo”, fratricidio senza il cadavere, che comportò l’ergastolo per l’imputato con successivo “ritrovamento” della vittima sana e piena di vita.

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4 27 Febbraio 2010

Arturo Linguanti: “Tarano i cartellini sui piccoli esercizi conducendoli al fallimento”

Clamoroso confronto dei prezzi in cinque supermercatiSu 32 prodotti, Auchan e Carrefour meno cari solo per 8

di MARINA DE MICHELE ([email protected])

Il confronto dei prezzi dei generi di primo consumo nei due cen-tri commerciali principali della città, Auchan e Carrefour, e in altri tre supermarket non lascia dubbi. Cade anche l’ultimo dei baluardi con cui, da più parti, si era salutato come un indubbio vantaggio per i cittadini consumatori l’insediarsi sul nostro terri-torio della grande distribuzione organizzata. E’ stato dimostrato nella conferenza stampa organizzata dal periodico Laltracittà, in collaborazione con la Confesercenti e la Confcommercio, per presentare i risultati dell’indagine sui prezzi della grande distribuzione e della distribuzione tradizionale a Siracusa, ana-lisi condotta avvalendosi della consulenza del professore Adam Asmundo, docente di Politica Economica dell’Università di Pa-lermo. Dei 32 prodotti considerati solo 8 (equamente divisi tra le due mega strutture) risultano avere un costo inferiore a quelli venduti altrove. “D’altra parte - commenta il presidente della Confesercenti Arturo Linguanti – sia il Carrefour che l’Auchan applicano a Siracusa prezzi superiori a quelli imposti in città come Catania o Palermo. La strategia che usano è nota: grazie a indagini di mercato verificano i costi più convenienti su de-terminate merci nei più piccoli esercizi commerciali e nei con-fronti di questi esercitano una spietata concorrenza, sicuramente vincente grazie alle enormi possibilità che la loro struttura di vendita consente. Non sono pochi i negozianti che sono stati co-stretti a chiudere per questo attacco mirato; il caso in genere più eclatante è quello degli elettrodomestici. È evidente come grazie alla mole delle vendite sia per loro possibile contenere i prezzi. Poi non importa se nel sistema dell’assistenza il consumatore pagherà costi maggiori, l’importante è svuotare i magazzini”. Ma il danno non è solo direttamente “sulle tasche” dei consu-matori perché gli effetti sull’economia locale sono devastanti e ne intaccano i pilastri su cui essa si regge. Si è detto e scritto tante volte ma giova ripeterlo. Per lo più i generi dai prezzi più convenienti sono quelli prodotti dalla stessa catena di distribu-zione. Non italiani quindi e in non pochi casi di qualità anche più scadente. Un flusso di denaro fresco che supera le Alpi e dà nuova linfa all’economia degli altri Paesi e seppure si viva in un mondo “globalizzato”, e non si dovrebbero fare valutazioni campanilistiche, non si comprende perché l’Italia debba accetta-re sempre passivamente e con rassegnazione il proprio ruolo di paese debole, di colonia, di terra di rapina per le grandi holding. Impossibile per i produttori locali piazzare nella grande catena della distribuzione le proprie merci o reggere la concorrenza dei Moloch del commercio, ciò anche per l’assenza di una classe politica che sia capace di prestare attenzione alle loro richieste. Richieste cui paradossalmente vengono invece incontro i gruppi alternativi, quelli dei gas, gruppi di acquisto solidali, della ven-dita diretta, dei mercatini rionali, non favoriti ma semplicemente accettati, consentiti, quando non tollerati, dai nostri amministra-tori. A Siracusa, a distanza di 39 anni, manca ancora un piano com-merciale, quello previsto dalla legge nel lontano 1971. Se ne sono dotati quasi tutte le altre città siciliane ma evidentemen-te nell’anarchia, nell’assenza di regole, e di conseguenza nella mancanza di controlli, è tutto possibile a vantaggio di pochi, dei soliti noti, affaristi pronti a cogliere l’occasione propizia, e a essere riconoscenti con chi li abbia sostenuti e favoriti. La poli-tica, che dovrebbe tutelare non interessi privatistici bensì il bene collettivo, rimane assente, quando non consenziente, e se non è sua responsabilità la stagnazione dei consumi, lo sono senz’altro il peso eccessivo dei tributi, i mancati interventi per migliorare le aree dei negozi di vicinato anche solo gestendo diversamente i parcheggi, l’aver consentito quell’insediarsi di grandi strutture totalmente fuori controllo che fa registrare in questi giorni dati sempre più allarmanti. “Non ho ancora le statistiche definitive ma posso affermare che abbiamo superato i già drammatici livelli registrati fino a qual-che mese fa – evidenzia Arturo Linguanti –. Con l’apertura dei 14mila metri quadri di vendita di Rosolini e con l’approvazione di ulteriori 16mila mq all’outlet di Carlentini che non erano stati assentiti per la nostra ferma opposizione, saranno 44mila in tut-to, sul territorio della provincia di Siracusa si insedierà il 50% di tutte le grandi strutture consentite in Sicilia, e parliamo di un territorio di soli 400mila abitanti. Un pericolo che abbiamo come categoria denunciato già nel 2000, profetiche cassandre. Dov’è il buon senso in tutto questo? Non è l’equivalente di una dichiarazione di completo fallimento della funzione di program-mazione economica della nostra classe dirigente? Erano legit-time, congrue, rispondenti a un interesse generale, le varianti alle originarie destinazioni urbanistiche delle aree in cui queste strutture sono state realizzate? È stato verificato il rispetto dei requisiti di salvaguardia in materia di pianificazione urbanisti-ca e territoriale per zone interessate da stabilimenti a rischio di incidente rilevante come nell’area di Melilli? Si è tenuto conto del fatto che talune grandi strutture, come il Carrefour, insistono su aree notoriamente interessate da rilevante dissesto idrogeo-logico?”.

Tramontato anche il sogno del posto di lavoro. Nei centri com-merciali il numero di contratti a tempo indeterminato è risibile, mentre imperano rapporti di apprendistato privi della certezza di trasformarsi in lavoro stabile, quelli part-time o ancora interi-nali. Non la soluzione dell’emergenza disoccupazione bensì un suo semplice rinvio con un effetto negativo in aggiunta: l’illu-sione di un’occupazione che allontana i giovani dalla ricerca di un vero lavoro, di un’acquisizione di quella reale professionalità che potrebbe renderli “appetibili” nel mercato del lavoro ormai dominato dall’altro falso mito dell’osannata flessibilità.Così, se nella grande distribuzione crescono i numeri del pre-cariato, chiudono quelle imprese familiari che almeno davano certezza ai figli e occupazione più stabile, basata su rapporti di fiducia e collaborazione, ai dipendenti. “Né d’altra parte risponde al vero che sia un vantaggio per i piccoli esercenti essere presenti nei grossi centri commerciali – aggiunge Linguanti -. Non solo a Siracusa il bacino di utenza effettivo giornaliero, di quelli che realmente acquistano, rimane sotto la media nazionale dei volumi rilevati per analoghe tipo-logie di vendita, ma è del tutto proibitivo il costo dell’affitto dei locali e l’ammontare degli oneri accessori che si attestano mediamente sui 7mila euro al mese.È un quadro desolante quindi, in cui anche le iniziative che po-trebbero essere significative rischiano di fallire. Le faccio un esempio: alla Bit di Milano – per inciso concordo in pieno con il governatore Lombardo che ha stigmatizzato l’inutile sperpero di risorse – per la prima volta, positivamente, alcuni albergatori si sono uniti per proporre una sorta di lotteria che ha consenti-to a 150 coppie di venire a trascorrere gratuitamente un week end nella nostra città. Abbiamo pensato che potrebbe essere un veicolo pubblicitario per le nostre bellezze ma il timore, forte, motivato, è di un effetto contrario quando i nostri ospiti verifi-

cheranno l’impreparazione turistica della città, tutte le sue di-sfunzioni, tutte quelle criticità che non la rendono un polo di sicura attrazione per l’impreparazione professionale delle strut-ture ricettive, in particolare ristoranti e bar, per la sporcizia delle sue strade, per la mancanza di un trasporto pubblico efficiente, per le situazioni di degrado che mostra, per l’assenza di occasio-ni, spettacoli, mostre che diano valore aggiunto alla sua proposta culturale. Una città che si presenterà senza vita, vuota, perché troppi negozi hanno chiuso o perché priva di passanti dirottati verso le grandi strutture di vendita”.

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527 Febbraio 2010

“La drammatizzazione dei problemi sembra un espediente per forzare le resistenze”

Toscano (Ugl Chimici): “Il rigassificatore coinvolgerebbepoca manodopera locale a bassa qualificazione”

di SALVATORE PERNA

C’è un turbinio di cifre e di valutazioni sullo stato di cri-si dell’economia della nostra provincia che lascia perplessi. Scenari catastrofici, che si in-centrano sulla zona industriale, rappresentata come realtà boc-cheggiante alle soglie dell’asfis-sia, ma con riserve d’ossigeno differenziate in relazione all’os-servatore che plasma i dati. Così sulla stessa pagina dello stesso giornale (il quotidiano “La Si-cilia”) il segretario generale della Cgil, in un’intervista, par-la di 2.000 lavoratori in cassa integrazione e in un servizio di taglio basso un altro commen-tatore indica in 800 il numero dei cassaintegrati. Facendo sla-lom sui due articoli ricaviamo dati surreali: 8.000 sarebbero i metalmeccanici in forza nell’in-dotto industriale (ma nei periodi migliori non hanno mai supera-to i 5.500/6000), ora falcidiato dalle sospensioni, dalle proce-dure di mobilità e dalla conclu-sione dei contratti a termine; 2.500 sarebbero gli edili disoc-cupati sui circa 10.000 addetti del settore; il tasso di disoccu-pazione sarebbe salito al 22%; e non vengono evidenziati i dati degli altri settori, perché non fa-cilmente rilevabili. Se così fos-se più che di una situazione di stallo generalizzata o di deser-tificazione saremmo alla vigilia di una vera e propria rivolta so-ciale, ad una lotta per la soprav-vivenza. In altre stagioni di crisi (anni ‘93-’95) con numeri reali di gran lunga inferiori le azioni di protesta e di lotta in tutti i set-tori produttivi erano incessanti e il movimento sindacale era chiamato a fronteggiare quoti-dianamente situazioni di duro scontro con la grande impren-ditoria e ad esercitare una forte pressione sulle istituzioni locali e nazionali. E’ fuor di dubbio che esista una contrazione del lavoro indu-striale per il completamento dei nuovi investimenti e che ciò ha comportato la fuoriuscita dalle imprese di servizio di alcune centinaia di operai assunti con contratto a tempo determinato. È anche vero che in una real-tà industriale dominata dalle attività di manutenzione degli impianti, si susseguano a fasi di addensamento lavorativo (le cosiddette grandi fermate) fasi

di calo a causa di un’inevitabile diminuzione delle manutenzio-ni ordinarie; fatti che producono un aumento delle difficoltà ma che non possono produrre con-seguenze così abnormi. Nessu-no può negare che c’è una mas-sa di investimenti, soprattutto pubblici, che rimangono sulla carta, che non producono fatti concreti, che non aprono sboc-chi per i disoccupati. Il mancato avvio delle bonifiche grida ven-detta non solo per le occasioni di lavoro che vanifica ma per un risanamento del territorio indu-striale, del suolo e delle acque, che le popolazioni aspettano da oltre 15 anni e che è solo un parziale risarcimento del prezzo spaventoso che l’inquinamento industriale ha fatto pagare con le sofferenze e con la stessa vita a migliaia di persone. Se si vuole avviare una grande iniziativa per il lavoro occorre puntare su uno sviluppo compa-tibile, rispettoso in primo luogo della sicurezza e della salute dei cittadini, in grado di integrarsi con l’ambiente e non facendo prevalere gli interessi di logi-che economiche devastanti. Per questo l’uso di dati depistanti appare come un tentativo per alimentare artificiosamente bi-sogni che giustifichino scelte altrimenti inaccettabili. Affer-mare che tutto sta crollando, uti-lizzando in modo sconsiderato dati che non rispecchiano la re-altà, può alimentare meccanismi perversi che rischiano di pro-durre fenomeni incontrollabili. Se poi tutto ciò, come sembra trasparire da un martellamento che dura da mesi, è finalizzato a trasformare il rigassificatore come la panacea per uscire dal-la crisi allora si ha la sensazione di essere entrati in una fase di incredibile strumentalizzazione che non ha fondamento né eco-nomico né sociale. Non si può continuare a sottovalutare con colpevole superficialità le fon-date e gravi controindicazioni che ostano alla costruzione del terminal della Ionio Gas nel sito prescelto; né si può continuare a barare sui livelli occupazionali (fra l’altro transitori) che l’im-pianto garantirebbe, come fan-no le confederazioni sindacali Cgil-Cisl-Uil. Ed è certamente interessante e istruttivo ciò che è emerso da un

caparrarsi qualche subappalto. “Sembra di assistere al teatro dell’assurdo, a una sorta di mi-stero buffo – aggiunge l’espo-nente dell’Ugl - con esponenti politici e delle istituzioni che prima si oppongono all’im-pianto e poi lo sposano, mentre l’eccessiva drammatizzazione dei problemi esistenti sembra assumere il carattere di un espe-diente per forzare resistenze e dubbi”. Il discorso si allarga inevitabilmente alle questioni reali che si pongono nell’area. Toscano opportunamente ri-chiama uno dei punti essenzia-li dell’accordo di programma, che non viene adeguatamente considerato: la previsione della nascita di un parco tecnologi-co per il rilancio e la nascita di un sistema avanzato di piccole e medie industrie. “Sarebbe il vero volano per attività produt-tive di segno diverso, a forte innovazione tecnologica, per uscire dalla dipendenza di un settore petrolifero-energetico che volge verso la fine, desti-nato a subire nei prossimi anni un costante ridimensionamento. E’ questa dunque la fase in cui bisogna puntare allo svilup-po delle nanotecnologie, delle biotecnologie, a nuove fonti di energia rinnovabili e sulla ricer-ca. La nostra zona ha potenzia-lità enormi”. Scelte che dovrebbero fare parte di una trattativa e di un’azione forte, che poco hanno da sparti-re con il rigassificatore. L’ener-gia necessaria per avviare nuove sperimentazioni e nuove tec-nologie applicate (si pensi alla ricerca sui polimeri, e su nuovi materiali) esiste già in abbon-danza nella nostra area e potreb-be essere potenziata a Siracusa e in Sicilia soltanto utilizzando un pò di quantità in più del metano algerino che attraversa l’isola e non prevedendo in un’area ad alto rischio nuovi “mostri” dormienti. La valenza strategica del rigassificatore, sbandierata inopinatamente ogni momento, poco “c’azzecca” con gli obiet-tivi di sviluppo da perseguire. Anche la fola del contributo al fabbisogno tecnologico del pa-ese è contraddetto dalla realtà. Con gli impianti di Rovigo e di Senigaglia già abbiamo un’ipo-tesi di produzione di metano tra i 16 e i 18 miliardi di metri cubi. Altri 18/20 miliardi si aggiun-geranno nel breve periodo con gli altri rigassificatori in costru-zione. E altri apporti consistenti che arriveranno dai metanodot-to libico e da quello del corri-doio turco. Circa 50/60 miliardi di metri cubi di gas disponibili a fronte di una crescita del fab-bisogno nazionale che dovrebbe oscillare tra i 15 e i 20 miliardi l’anno, in una fase economica di ripresa. Enzo Toscano non nega che la valenza strategica del rigassifi-catore non è fondata e si limita a precisare che questo impian-to potrebbe costituire solo un vantaggio economico se non esistessero le condizioni proi-

bitive del sito. Esistono semmai nell’area, secondo il segreta-rio dei chimici, altri problemi non adeguatamente affrontati. Innanzitutto l’arroccamento dell’Eni che, anziché cedere a prezzi vantaggiosi le aree di cui è in possesso, pretende il rico-noscimento di prezzi di mer-cato (a costi di lottizzazione) scoraggiando possibili investi-tori. Eppure a suo tempo l’Eni si accaparrò vaste aree a prezzi simbolici (quasi regalie). Su questo versante l’Ugl ha pre-muto, anche con le sue strutture nazionali, per stabilire un prez-zo politico delle aree, mentre le altre organizzazioni hanno mantenuto una posizione blan-da, quasi insignificante. Anche su altri punti emerge una lettu-ra diversa dei fatti rispetto alle posizioni ufficiali delle altre or-ganizzazioni. Non c’è per Enzo Toscano, come si è tentato di ac-creditare, il rischio dell’implo-sione del settore chimico. “C’è stata una fase di sofferenza alla Polimeri, come anche nel setto-re petrolifero, per le difficoltà di mercato determinate dalla crisi mondiale. In ogni caso la chi-mica, in particolare per la stessa dinamica delle sue produzioni, è sottoposta a crisi cicliche. Il ral-lentamento dell’economia mon-diale ha fatto registrare un calo delle esportazioni anche nel set-tore dei prodotti petroliferi. Ma sembra che se ne stia uscendo”. Anche il paventato crollo delle attività di manutenzione degli impianti dei grandi stabilimenti è una informazione fuorviante. “Le manutenzioni non posso-no essere eluse”, sottolinea con forza il segretario dei chimici. E sullo stato degli impianti nel-le aree degli stabilimenti, la cui efficienza è fondamentale per la stessa sicurezza degli addetti e delle comunità circostanti, il segretario dei chimici dell’Ugl, non esita a riconfermare quanto è stato di recente rilevato dal Di-partimento della Protezione ci-vile: la vetustà di molti impianti. Anzi Enzo Toscano precisa: “Da un anno e mezzo chiediamo al Prefetto la costituzione di un tavolo paritetico (imprese-sin-dacati) per discutere di sicurez-za degli impianti. Nelle aree ex Agip e Isab Nord sono presenti installazioni obsolete e vecchie (serbatoi, pipeline, ecc.). Esiste un’area immensa da ristruttu-rare e rammodernare. Occorre che si intervenga. Se venissero programmati i lavori necessari avremmo uno sbocco per oltre 2.000/3.000 lavoratori e ciò rap-presenterebbe realmente un pas-so importante per riaccendere il motore dell’economia”.

confronto su questi temi con il segretario provinciale dell’Ugl chimici di Siracusa, Enzo To-scano. Toscano ci tiene a ribadire che, in dissonanza con le posizioni sostenute dalle altre organiz-zazioni sindacali, ha più volte manifestato la sua opposizione alla costruzione del rigassifica-tore nel sito Priolo-Melilli e che l’unica possibilità di realizzarlo è in mare aperto (off-shore). “La Ionio Gas ha sempre sostenuto che per la costruzione del termi-nal non intende sottrarsi anche a costi aggiuntivi per garantirne la sicurezza. E allora perché non punta a una destinazione off-shore? Forse perché, in un’area come la nostra ad elevato ri-schio sismico per la sua collo-cazione lungo l’asse dell’in-stabile faglia ibleo-maltese, la collocazione in mare aperto può presentare dei problemi? Se è così, perché il rigassificatore dovrebbe essere costruito in un sito ad alta concentrazione di impianti pericolosi?” Reticen-ze, omissioni, mancate risposte sono state in questi anni il tratto dominante dell’atteggiamento della Ionio Gas, che ha preferito non uscire mai allo scoperto di fronte all’incalzare delle conte-stazioni che ponevano cittadi-ni e associazioni. Ma Toscano vuole sgombrare il campo an-che da affermazioni infondate sui presunti benefici economici e occupazionali che dovrebbero

derivare dalla costruzione del terminal: “Quei lavori, se si re-alizzassero, potrebbero coinvol-gere solo una piccola porzione di manodopera locale (150/200 addetti) a bassa qualificazione. La gran parte del personale spe-cializzato arriverebbe da altre parti. Le stesse parti dei serbatoi arriverebbero da altre zone”. A ciò si può aggiungere che la calandratura delle grandi tessere di acciaio al nichel, le apparecchiature, le tubazio-ni speciali, le serpentine degli scambiatori di calore, i mezzi per grandi sollevamenti non po-trebbero coinvolgere in nessun modo le imprese locali che, a differenza di altre fasi storiche dell’impiantistica industriale, non hanno né le dimensioni né la dotazione tecnica e tecnolo-gica per cimentarsi nella realiz-zazione di un’opera siffatta. Lo dimostra la presenza da qualche tempo nel mercato siracusano di una ditta ligure, la Demond srl, scelta fiduciariamente dal-la Isab Energy per ricostruire l’impianto danneggiato dall’in-cendio nell’ottobre del 2008 e che si dice molto vicina ai Gar-rone. La Demond srl, con 2000 dipendenti circa, che opera an-che nel contesto internazionale, a quanto sembra, a Priolo si è limitata ad elargire piccole fette di lavoro in subappalto a prezzi stracciati. La prospettiva per le imprese locali dell’indotto sa-rebbe una lotta selvaggia per ac-

“La nascita di un sistema avanzato di piccole e medie industrie

sarebbe il vero volano per attività produttive di segno diverso,

a forte innovazione tecnologica, per uscire dalla dipendenza

di un settore petrolifero-energetico che volge verso la fine,

destinato a subire nei prossimi anni un costante ridimensionamento.

E’ questa dunque la fase in cui bisogna puntare

allo sviluppo delle nanotecnologie e delle biotecnologie”

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6 27 Febbraio 2010

Durissima la posizione di Confesercenti. Ettore Di Giovanni: “Deve muoversi la Procura”

“Sulla Fiera del Sud occorre una nuova conferenza dei servizi E’ una struttura diversa rispetto alle autorizzazioni avute”

di MARINA DE MICHELE ([email protected])

È sottoscritto da Legambiente, dal Comitato Parchi e Tute-la Mura Dionigiane, dal Cen-tro Studi Davide contro Golia, dall’Associazione Grilli Aretu-sei l’atto di diffida nei confronti dell’amministrazione comunale affinché adotti “i provvedimenti idonei per impedire, anche con provvedimenti di natura caute-lare, la prosecuzione dei lavori in corso nelle aree in contrada Epipoli, Fiera del Sud, ad opera della Società Open Land s.r.l., ordinando la rimozione demoli-zione e ripristino dello stato dei luoghi”. Le associazioni ambien-taliste avevano preannunciato la loro intenzione di essere a fianco dei funzionari comunali da subi-to, sin da quando era esplosa la guerra dei Frontino contro i tre tecnici dell’urbanistica, rei di aver agito pensando di tutelare un bene comune e soprattutto di aver preteso il rispetto delle nor-me urbanistiche vigenti, quelle stesse che sono state varate da un’amministrazione che oggi inopinatamente, contradditto-riamente, abbandona al proprio destino i suoi tecnici. Perché sembra proprio questa la più grande anomalia di questa complessa vicenda: lo scolla-mento tra la direzione politica della città e la direzione ammini-strativa. Ne avevamo già parlato in un precedente articolo quando, all’indomani della richiesta di 32 milioni di euro di danni ai tre tec-nici che hanno istruito la pratica, il sindaco Roberto Visentin si era limitato a comunicare di non aver intenzione di costituirsi par-te civile nella causa di concus-sione, “perché certo della lealtà dei suoi dipendenti”, ma aveva negato qualsiasi sostegno finan-ziario per le spese legali del pro-cedimento penale come di quello civile - ambedue promossi dalla società che si è ritenuta lesa nei suoi diritti –. Unica promessa quella di un rimborso delle spe-se da parte dell’amministrazione nel caso di un esito processuale, del penale, favorevole ai dipen-denti. Una decisione che aveva lasciato insoddisfatti tutti gli altri dipendenti del comparto al punto da ritenere necessaria un’assem-blea per esprimere la propria so-lidarietà nei confronti di colleghi “colpevolizzati per avere svolto il proprio compito istituziona-le in coerenza con le norme del prg”.Nel comunicato tutto il personale amministrativo, nella convinzio-ne che l’operato dei colleghi fos-se stato competente e obiettivo, stigmatizzava il silenzio “delle tante personalità che, per il ruolo importante ricoperto all’interno dell’amministrazione, hanno il dovere di intervenire per dissol-vere il banco di nebbia che si è addensato” . Parole dettate da buon senso perché, se pure è vero che la separazione voluta dal le-gislatore tra la sfera gestionale e quella politica nella pubblica amministrazione escluda qual-siasi responsabilità diretta degli organi politici in merito ai fatti, dolosi o colposi, posti in essere

dai dirigenti o da altri dipenden-ti a danno dell’amministrazione - eccezion fatta per la “culpa in vigilando o in eligendo” cui conseguirebbe comunque una responsabilità politica -, non può certo escludersi l’imprescindibi-le rapporto fiduciario che deve legare politici e dirigenti. Ai po-litici al governo della città sem-bra pertanto di poter imputare senz’altro l’assenza di una forte presa di posizione nei confronti dell’accaduto, o, se del caso, di una pubblica e chiara sconfes-sione delle decisioni dei propri funzionari. Pubblicamente infat-ti non si è detto né che i dirigenti degli uffici coinvolti hanno stra-volto le indicazioni contenute nel piano regolatore vigente né il contrario. Non si comprende quindi se, rispetto agli indirizzi politico-amministrativi e agli obiettivi definiti dagli organi di governo, il provvedimento am-ministrativo adottato dai tecnici sia in palese e netto contrasto. Entrando nel merito: il piano re-golatore di recente formulazione prevede sì o no che nell’area del-la Fiera del Sud nasca un centro commerciale? È vero o non è vero che nel caso di una nuova edificazione, come è quella che si dice ormai avviata, sia preli-minarmente necessario rispettare la quantità minima di parcheggio a servizio urbano prevista dalle norme tecniche, che il progetto non comprende l’area da adi-bire a verde, “che l’intervento non rientra tra quelli ammissibili previsti dal piano regolatore e non tiene in alcun conto del bi-lanciamento dei nuovi carichi urbanistici, risultando privo di attrezzature di interesse genera-le e privo delle aree per servizio urbano e di quartiere, secondo le quantità indicate dagli artico-li di riferimento anche alla luce dell’incremento della cubatura assentibile del 20%”? Secondo i politici chiamati a rappresentare i cittadini l’opera che si sta realizzando è o non è, come si legge nella diffida, “di devastazione urbanistica e terri-toriale a ridosso del più impor-tante complesso archeologico della città”?Come deve essere letto il prov-vedimento di rimozione dei tre

tecnici dai loro uffici? La richie-sta era stata infatti avanzata dai legali della stessa Open Land con una diffida sia nei confronti del dirigente dell’ufficio, l’inge-gnere Natale Borgione, sia nei confronti del sindaco Visentin per ottenere “l’immediata rimo-zione” dei dipendenti comunali dai pertinenti incarichi “essendo i fatti dannosi compiuti in danno dell’istante conseguenza diretta delle funzioni svolte dai medesi-mi ed avendo gli stessi maturato una situazione di assoluta in-compatibilità tanto nei confronti della società istante quanto nei confronti dell’ente medesimo (sic!)”. Si è trattata forse di una scelta degli stessi tecnici, o di una ne-cessità dovuta al pericolo di in-quinamento delle prove, o piut-tosto della volontà dei politici di sgombrare il campo e lasciare libertà di azione all’Open Land come sembra di poter dire oggi alla luce delle recenti notizie? Certo è che, da quel momento, l’ufficio urbanistico del Comu-ne è rimasto silente. Ma troppo comodo il tacere, lasciare che la faccenda sia chiarita in altra sede, lontana dalle stanze di Pa-lazzo Vermexio; una scelta pila-tesca che lascia i funzionari del Comune in balia di un agguerrito e determinato privato che, nella catatonia della pubblica ammi-nistrazione, avvia i lavori sulla scorta di un silenzio-assenso la cui efficacia è obiettivamente discutibile. “Il registrato immobilismo appa-re talmente incomprensibile da far sospettare che nella vicenda affiorino altri interessi che so-pravanzino quelli intestati istitu-zionalmente al Comune in rela-zione alla tutela del territorio. Il silenzio dell’Amministrazione, e l’apparente e preoccupante carenza di iniziativa, sorprende e preoccupa” scrivono nell’atto di diffida le associazioni, al mo-mento sole nella scelta di stare a fianco dei dirigenti per oppor-si ai tentativi di cementificare un’area sottoposta sin dal 1966 a un regime vincolistico che non ci risulta sia stato cancellato e che vieta “qualsiasi lavoro che esuli dall’ordinaria conduzione del fondo e dalle normali opere

di trasformazione agricola even-tualmente necessarie”. “L’area è stata già violata nel tempo da diversi abusi edilizi rimasti non solo sostanzialmente impuniti ma di fatto premiati gra-zie alle sanatorie edilizie succe-dutesi negli anni ’80”, scrivono. Sullo scempio che già è realtà le Associazioni sono durissime sia nei confronti della società Open Land, responsabile di “un nuovo tentativo di cementificazione di territorio posto in essere da in-teressi privati ed affaristici ordi-nariamente e storicamente votati a danno dei beni collettivi della città”, sia nei confronti del mas-simo organo periferico di tutela e salvaguardia del patrimonio cul-turale comune della nazione, del popolo italiano. “Lo scandaloso parere favorevole della Soprin-tendenza ai BB AA CC di Sira-cusa è stato sottoposto al vaglio della Procura della Repubblica,

per le risibili condizioni, prive di qualsiasi garanzia per la tutela dell’importantissimo sito arche-ologico, dimentico dei vincoli esistenti e trascritti. La Soprin-tendenza assentendo l’intervento prescriveva, secondo una prassi ormai ampiamente praticata, ri-sibili “belletti”, meri palliativi per assentire e giustificare l’ope-ra invasiva di cementificazione: l’inserimento in un’area ver-de opportunamente ampliata e progettata con l’introduzione di essenze tipiche atte a ricostruire la vegetazione potenziale della zona; la necessità di prevedere fasce verdi come filtro e masche-ramento delle strutture edilizie e contestualmente di ospitare i ne-cessari posti macchina, il tutto <<secondo un criterio che dia priorità agli aspetti di fruizio-ne e godibilità del giardino>>; l’opportunità di ridistribuire i percorsi di accesso in modo da

liberare Viale Epipoli e smista-re gli ingressi lateralmente sulla strada di PRG; la previsione di pavimentazioni prevalentemente permeabili e di sistemi di illu-minazione a terra; e infine altre prescrizioni dettagliate in ordine alle finiture, ai pannelli fotovol-taici, alle insegne, alla cabina elettrica, alle palazzine uffici, alle coperture”. Dalla Soprintendenza d’altra parte si attende ormai da anni il primo passo verso la costitu-zione di quel fantomatico Par-co delle Mura Dionigiane che è stato proposto come uno dei più importanti progetti della giunta Bufardeci e che avrebbe richiesto la formulazione di un piano particolareggiato volto a determinare, come si disse allo-ra, nel gennaio 2007, “un telaio di vincoli idoneo ad allontanare eventuali processi di modifi-cazione urbana che potrebbe-ro guastare il mantenimento delle peculiari caratteristiche dell’ambito in questione”, un piano che avrebbe rigidamente previsto “l’eventuale utilizza-zione pubblica o convenzionata degli edifici e delle attrezzature private compresi nel perimetro di zona che, nel caso in cui non fossero ritenuti utili alle esigen-ze di carattere generale, saranno dotati di un’area di pertinenza e stralciati dalla zona e su di essi saranno possibili solo interven-ti di manutenzione e restauro. Sarà possibile un loro cambio di destinazione d’uso solo con funzioni compatibili e di sup-porto al Parco, cioè quelle di conservazione, valorizzazione e fruizione delle tracce emergenti delle Mura Dionigiane”. Favole di altri tempi contraddette oggi dal nuovo centro commerciale della Fiera del sud che però, se-condo il presidente della Confe-sercenti, richiederebbe un nuo-vo studio di impatto, una nuova conferenza dei servizi perché si tratta di una struttura del tutto diversa da quella che aveva ot-tenuto le autorizzazioni necessa-rie. “Deve muoversi la Procura” – commenta Ettore Di Giovanni, incredibilmente trascinato nella vicenda giudiziaria con motiva-zioni che sarà estremamente in-teressante conoscere.

Oggi conferenza stampa. “Gli ospiti qualificabili come pazienti clinicamente stabili”

Marziano: “Alle case protette per anziani si riconoscalo stato giuridico di residenze assistenziali flessibili”“Riconoscere alle Case protette per anziani, inabili e minori lo status di Residenza Sanitarie Assistite a medio bassa intensità o, in analogia all’esperienza di altre regioni, la dizione di Re-sidenze Assistenziali Flessibili”. E’ la richiesta avanzata, attraverso una interrogazione agli as-sessori alla Famiglia e alla Sanità dal deputato regionale del Partito Democratico, Bruno Marzia-no. “Gli ospiti di queste residenze – ha spiegato Marziano - sono qualificabili come pazienti cli-nicamente stabili, che non richiedono monitorag-

gio costante dei parametri vitali, non bisognosi di presenza medica continuativa ed in cui sono prevalenti le attività tecniche infermieristiche di base e di assistenza igienico personale. Occorre riformare la materia procedendo ad una riorganizzazione del sistema delle cure extrao-spedaliere e del sistema socio–sanitario, favoren-do una maggiore integrazione tra il Dipartimento della Famiglia e delle Politiche Sociali e il Di-partimento della Sanità sia in termini di pianifi-cazione integrata delle risorse sia in termini di

monitoraggio quali il quantitativo degli interventi socio – sanitari attualmente vigenti allo scopo di armonizzare ed perfezionare le due aree, evitan-do giustapposizioni di servizi, rilevando le lacune sistemiche, creando economie di spesa e sinergie interistituzionali”. La questione sarà approfondi-ta nel corso di una conferenza stampa che si svol-gerà sabato 27 febbraio alle 11.30, nella sede del-la segretaria di via Tripoli. Oltre all’on. Marziano saranno presenti anche alcuni rappresentanti del Cres.

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Sono così poco abituate al partner perfetto che, trovandolo, non lo riconoscono

Nella coppia le donne sempre più acidee gli uomini Peter Pan. Un circolo vizioso

di GIUSY SCARCELLA ([email protected])

Scommettiamo che nessuno ha mai chiesto a Stieg Larsson, buonanima, se, per scrivere il suo magnifico trittico di Millen-nium, sia mai stato uno degli “Uomini che odiano le donne”. O a Giorgio Faletti se sia un uomo che può affermare “Io uccido”. O ad Andrea Camilleri se abbia mai visto una “Luna di carta”. Insomma, quando si scrive non è sempre vero, né necessario, scrivere di fatti autobiografici. E’ bene dirlo perché qualche let-tore, leggendo di esponenti di sesso maschile dal comportamen-to poco condivisibile, potrebbe pensare che chi ne scrive sia affetto da “marito sciovinista maschilista” e non è così. A parte citare Qualcuno che diceva “Guarda la trave che c’è nel tuo occhio prima di osservare la pagliuzza che c’è nell’occhio del tuo vicino”, ci piacerebbe render noto ai signori mariti che non è difficile sentire lamentele provenienti da amiche e conoscen-ti, non è strano notare comportamenti criticabili nei coniugi di colleghe, non è così raro osservare dichiarazioni imbarazzanti da parte di partner di compagne di palestra. E cosa pensate facciano due o più donne quando sono insie-me, nonostante tutti i buoni propositi iniziali, se non parlare e sparlare dei propri coinquilini? Anzi, a ben dire, non fanno solo quello, ma l’argomento “quanto è bravo mio marito” è sempre il principale. Perché? Forse perché il sesso debole che debo-le è solo in certe situazioni, non è mai contento, forse perché deve ancora nascere il marito perfetto, forse perché le donne

nonostante tutto, hanno ancora la speranza di trovare un uomo con… la spina dorsale, solo che quando e se lo trovano, sono così poco abituate a vederne uno che non riescono a ricono-scerlo. Lo devono trattare male, devono dubitarne, devono met-terlo continuamente alla prova, probabilmente perché ormai si aspettano solo guai, e allora scelgono di “prevenire, meglio che curare”. E quindi guardano all’orchidea mandata all’amica per San Valentino e non alla libertà lasciata loro di poter frequenta-re chiunque e qualsiasi cosa, libertà sacrosanta ma non da tutti i maschi, soprattutto siculi, riconosciuta. Invidiano il solitario regalato alla vicina per l’anniversario, ma non osservano il suo coniuge quando flirta con tutte le gonne che incontra. Ammi-rano i nomignoli come “Cucciolotta” e “Tesoruccio”, ma non ci sono quando il “Cucciolotto” esce ogni sera anziché stare in famiglia. E di chi è la colpa di tutto ciò? Degli uomini? Nossignori, le principali colpevoli sono le donne perché quando i maschi sono ancora piccoli li trattano, da madri, come degli ebeti e non li aiutano a rendersi utili a qualcuno che non sia loro stessi, e quando sono grandi non riescono, da mogli, a far capire le loro esigenze. Il risultato è che le donne sono sempre più acide e gli uomini sempre più Peter Pan. Qualcuno riuscirà mai a spezzare questo circolo vizioso? Non chiedetelo ai fratelli Grimm, che “Cenerentola” l’hanno solo scritta.

Pepata risposta del Forum per l’acqua pubblica a Lo Monaco, Foti, Rizza, Pellegrino, Bosco

Invece di recitare il ruolo di vittime, i consiglieri di Sai 8dicano se è vero che dopo 4 mesi manca la fidejussione

di CONCETTO ROSSITTO

In una nota, pubblicata sabato scorso dalla “Civetta”, i componenti di parte pubblica del CdA di SAI8 hanno de-finito l’impegno profuso dai cittadini contro la privatizzazione dell’acqua un “goffo tentativo demagogico e strumentale, (…) finalizzato a crea-re inutili allarmismi e paure nei (…) cittadini e ad intimorire quei Comu-ni che ancora non hanno provveduto a consegnare i civici acquedotti e le relative reti”. Sarebbero inutili allar-mismi… quelli relativi all’aumento dei costi del servizio? Ma con qua-le faccia possono affermare che “ad oggi sembra che non vi sia stato al-cun aumento delle tariffe!“ Sembra? Come sembra? A loro sembra? Lo dovrebbero sapere bene! Come lo sanno bene i cittadini che stanno pro-testando per i cospicui aumenti degli importi delle bollette. O si riferisco-no solo alle nuove tariffe, senza vo-ler fare un confronto con quelle che i cittadini pagavamo ai Comuni? Se è così, l’affermazione non è solo ridico-la, ma anche subdola: infatti lor signo-ri sanno che potranno calare in bollet-ta tutti i costi che dimostreranno di aver sostenuto e alludono solo al fatto che questo non sia ancora avvenuto. Ma avverrà presto e, dunque, anche le nuove tariffe (già salate) cresceranno ulteriormente, se non si corre subito ai ripari. Come? Sbaraccando SAI8. Ci sarebbero manovre per intimorire quei Comuni che non hanno ancora provveduto a consegnare i civici ac-quedotti e le reti? Ma ai primi citta-dini di quei fortunati Comuni che non hanno ancora consegnato tutto a SAI 8 basta sapere come stiano le cose nel resto della provincia per decidere, prudentemente, di non commettere gli errori dei loro colleghi frettolosi e su-perficiali. Che la posizione della società con-cessionaria sia a rischio risulta chiaro anche da quanto, nell’incontro di ve-nerdì 13 con il Forum, ha dichiarato il presidente Bono, cioè di aver scon-

sigliato a SAI8 di intraprendere spese di investimenti… Il contratto di affi-damento, se è vera la notizia circa la mancanza di fideiussione, potrà essere risolto da un momento all’altro “per responsabilità esclusiva del conces-sionario” . E se gli amministratori si muoveranno in tempo, metteranno al sicuro Comuni e Provincia da qualsia-si richiesta di presunte spese affronta-te da SAI8 per chissà quali interventi sulle reti, tutti da dimostrare. Quanto alle “timide aperture e dichiarazioni di apprezzamento da parte di alcu-ni sindaci che hanno pubblicamente elogiato il nuovo corso gestionale” ci risulta che solo un sindaco (Spadaro di Floridia) abbia espresso un pavi-do ed imbarazzato plauso, per altro subito smentito pubblicamente dal Presidente del Consiglio Comunale, appartenente alla stessa forza politica, il quale ha elencato varie e motivate lamentele sue e dei concittadini sul conto di SAI8. Contrariamente a quanto ci si vorreb-be far credere, le cose stanno così:1) I cittadini si sono trovati di fronte a un gestore diverso senza aver rice-vuto una capillare e diffusa informa-zione circa l’affidamento del servizio a SAI8.2) Gli importi delle bollette sono enormemente cresciuti ed alcuni sono inverosimili. Vengono arbitrariamente fatturati consumi presunti in abitazio-ni inutilizzate.3) Di fronte ai pochi sportelli di SAI8 si creano file di utenti irritatissimi, che non riescono ad ottenere spiegazioni esaurienti e convincenti degli importi fatturati.4) Nel Comune di Floridia SAI8 non dispone ancora di propri uffici e non si capisce per quale eccesso di magna-nimità il sindaco Spadaro consenta a tale ditta di usufruire ancora del Pa-lazzo Comunale.5) Non è stato attivato alcun ufficio di conciliazione per la soluzione di casi particolari, che sono troppi. In questo

senso sono apprezzabilissimi i sugge-rimenti che provengono da parte del Presidente del Consiglio Provinciale, dott. Michele Mangiafico.6) Risultano spesso errati i dati relati-vi al numero dei componenti il nucleo familiare, cosa che ha una ripercussio-ne notevole sulle bollette.7) Vengono eseguiti con ritardi incre-dibili gli interventi richiesti. Imprese di costruzione non possono iniziare i lavori per il mancato allaccio dei can-tieri.8) L’acqua di molti rioni di Siracusa ha caratteristiche che non consentono assolutamente di considerarla pota-bile. Le deroghe rispetto ai limiti di inquinanti tollerabili non possono di-ventare perpetue. 9) SAI 8 ha concesso una proroga di un mese ai cittadini di Siracusa, in considerazione dei numerosi reclami e degli inconvenienti segnalati, ma non ha fatto la stessa cosa nei riguardi dei cittadini degli altri Comuni. E il sindaco di uno di questi Comuni, in-spiegabilmente, plaude a SAI8 !10) SAI8 non sarebbe neanche in gra-do di pagare il canone di concessione ed avrebbe chiesto una rateizzazione dello stesso.Invece di recitare il ruolo delle vit-time, i signori consiglieri di parte pubblica in SAI8, non ritengono loro preciso dovere tutelare gli interessi della cittadinanza? Dicano se rispon-da al vero il fatto che ancora non ci sarebbe la famosa fideiussione per complessivi 14 milioni di €. Sanno che l’esistenza di tale fideiussione, a distanza di quattro mesi dalla stipula del contratto (8 febbraio2008), è con-dizione imprescindibile di efficacia del contratto stesso? Sanno i signori di SAI 8 e i responsabili dell’ATO che i sindaci avrebbero dovuto avviare immediatamente la procedura di riso-luzione del contratto, già dal giugno 2008? Dicano se, a loro avviso, non sia stata una follia amministrativa (ol-tre che un probabile reato) da parte di

alcuni sindaci affidare l’acqua (risorsa pubblica) ad una società come SAI8 in presenza di un contratto non più efficace per carenza di fideiussione. E ci dicano i responsabili dell’ATO (Presidente, Assemblea dei sindaci ed amministratori tutti) se non rav-visino rischi di comportamenti omis-sivi e anche di altri reati (peculato per distrazione di risorse pubbliche) perseguibili da parte della magistra-tura. Ci dicano gli organismi politici rappresentativi (Consiglio Provinciale e Consigli Comunali) se si stiano ren-dendo conto della marea di proteste e

di indignazione che monta in relazio-ne all’intollerabile manovra speculati-va avviata sull’acqua pubblica. Dopo lo scandalo di Tributi Italia (già rivelato da questo settimanale quindi-ci giorni or sono), che pare abbia tur-lupinato 498 Comuni che le avrebbe-ro incautamente affidato il servizio di riscossione tributi, si pretende ancora di far credere ai cittadini che la gestio-ne privata di certi servizi sia garanzia di efficacia e di efficienza? Spudorate fandonie!

*Coordinamento del Forum per l’Acqua Pubblica

Page 8: PRIMO PIANO Sai 8: “Per le manutenzioni abbiamo …...za di immigrati di ogni nazione e colore, è nato un comitato spontaneo, composto da italiani e stranieri, che ha organizzato

8 27 Febbraio 2010

DIVAMPA LA POLEMICA SULL’ACQUA. LE NOSTRE DOMANDE ALLA SOCIETÀ DI GESTIONE“Per le opere del Plemmirio, se non si trovano fondi esterni, il costo andrà tutto in tariffa”

I direttori di Sai 8 Jansiti e Aiello: “Per le manutenzionisui previsti 2,8 abbiamo già investito 5 milioni di euro”

Il caso acqua divampa. Come in altre province siciliane (ad Agrigento, per esempio, si sta facendo marcia indietro con ampie convergenze) anche qui a Siracusa su 21 comuni solo cinque hanno consegna-to le reti idriche. La diffi-denza dilaga, come dimostra anche il forte rilievo critico del presidente del Consiglio provinciale. E allora è il caso di aprire un dialogo diretto con la Sai 8 sulle tantissime disfunzioni che associazioni e cittadini continuamente la-mentano. Ecco perchè abbia-mo voluto rivolgere alcune domande ai dirigenti. Tante domande, ma non tutte hanno trovato una risposta. Interlo-cutori, ciascuno per il setto-re di propria competenza, il direttore generale della Sai 8, l’ingegnere Enrico Jansiti, e il responsabile del settore infrastrutture, l’ingegnere Alessandro Aiello. Il diretto-re generale ha privilegiato le domande relative alle tariffe e alle modalità di comunica-zione con l’utenza, chiarendo anche il tipo di interventi in corso sia al Plemmirio che alla Targia, due criticità nel sistema fognario del capoluo-go. Per quanto concerne le ta-riffe, la normativa vuole che esse siano rapportate agli interventi realmente ef-fettuati e che, nell’ambito delle informazioni fornite all’utenza, rientrino anche – cito testualmente - quel-le “inerenti al consuntivo delle spese già sostenute e al preventivo delle spese che il gestore deve ancora soste-nere, a valere sulla quota di tariffa vincolata a copri-re gli oneri derivanti dalle attività di cui al comma 4, nonché all’osservanza dei tempi di realizzazione pre-visti”? “La tariffa tiene conto di tre fattori: costi di gestione (per-sonale, energia elettrica, ma-nutenzione, ecc.), canone e ammortamenti degli investi-menti. Gli interventi effettua-ti o sono ordinari (e li ritro-viamo nei costi di gestione) o straordinari (e li ritroviamo negli ammortamenti). Non ha senso parlare di costi da so-stenere. Non potrebbero mai trovare posto in tariffa”.Da articoli sulla cronaca lo-cale si ha notizia di un trat-tamento di favore, evitando aumenti tariffari, nei con-fronti di alcuni comuni. Ciò è possibile dal momento che la normativa prevede che la tariffa del servizio idrico integrato sia unica in tutti i

comuni dell’ambito territo-riale?“In realtà si è riconosciuta da parte dell’allora ATI Sogeas-Saceccav la particolarità del-la zona montana della quale ci si è impegnati a tenere op-portunamente conto”. Come ci si sta comportan-do nel caso di morosità dal momento che si parla addi-rittura di lettere di intimi-dazione verso chi non paga la tariffa? È stato creato un fondo di emergenza per gli utenti in reale difficoltà economica? Come si conci-lia la sospensione dell’ero-gazione dell’acqua con il principio che l’acqua è pri-maria e indispensabile fon-te di sostentamento?“La morosità è il cancro del servizio. Convive con il corpo sano ma lo porta lentamente verso la morte. Non confon-diamo chi ha bisogno (esiste il fondo di solidarietà apposta nel contratto per venire in-contro a casi di reale indigen-za) con chi volontariamente non paga o paga in ritardo. In questi casi la società applica la procedura prevista in con-tratto fino al “taglio” dell’ac-qua a 240 giorni dal mancato pagamento”.Nonostante quanto previ-sto nella carta dei servizi molti lamentano difficoltà nel relazionarsi con la so-cietà e tempi lunghissimi di riscontro, come si intende migliorare il servizio anche per garantire informazione e trasparenza? “Le relazioni con il pubbli-co stanno facendo passi in avanti (potenziamento al Call Center, un professionista alle Relazioni Esterne, ecc.). Sa-rebbe necessario dare più in-formazione ai cittadini anche nei luoghi istituzionali, in tavole rotonde, ecc. ma que-sto non è solo un compito del Gestore ma soprattutto del Consorzio ATO che rappre-senta proprio le istanze della gente”.Nel capoluogo criticità irrisolte sono sia quella dello scarico alla Targia, uno scandalo che dura da sempre, sia la fognatura al Plemmirio dove sono sta-ti favoriti nella sostanza solo i proprietari stagionali (quelli che posseggono case favolose utilizzate solo per la villeggiatura) mentre non sono stati realizzati gli al-lacci per i veri residenti che posseggono abitazioni nelle strade secondarie: cosa si intende fare per risolvere questi due annosi problemi e quando?

“Il progetto di collegamento della fognatura con l’elimi-nazione dello scarico di Tar-gia è una realtà. Sogeas, so-cio di SAI8, ha l’incarico di effettuare i lavori e li sta già facendo.“Per quanto attiene al Plem-mirio è necessario ricordare che le opere sono state realiz-zate dal Comune di Siracusa e consegnate prima a Soge-as ed ora a SAI8. Né l’una né l’altra sono responsabili né della progettazione (re-datta dall’ingegnere Ippolito di Napoli) né della realizza-zione (effettuata a seguito di gara d’appalto gestita dal Co-mune). Mancano alcune trat-te e molte linee secondarie e terziarie e qualche stazione di sollevamento.“A SAI8 toccherà di fare le opere mancanti. Ma si dovrà parlarne anche con il Comu-ne e con il Consorzio ATO, che è l’ente che autorizza gli investimenti. Se non si trova-no fondi “esterni” al bilan-cio ordinario, infatti, il costo andrà tutto in tariffa. Siamo sicuri che tutti e 21 i comuni siano d’accordo? E’ un pro-blema dei Sindaci più che di SAI8…”Risposte sugli interventi fat-ti e programmati sono state invece fornite dall’ingegnere Alessandro Aiello.È stato stabilito il program-ma pluriennale degli inter-venti per migliorare la rete dell’acquedotto, delle fo-gnature e degli impianti di depurazione valido per un periodo di 30 anni? Come è stato organizzato? Come sono stati calendarizzati gli interventi? È possibile ave-re tutto lo schema aggior-nato?“Gli interventi sono previsti con programmazioni trien-nali. Gli interventi del primo triennio sono stati stabiliti dal Consorzio in fase di gara. Le prossime programmazioni triennali, così come contrat-tualmente previsto, saranno preliminarmente programma-te sempre con il Consorzio Ato anche sulla base della conoscenza del territorio ac-quisita nei primi anni di ge-stione”. Quali sono stati gli inter-venti fin qui realizzati, quanto è stato investito e quali difficoltà si sono in-contrate?“L’attività fin qui svolta è no-tevole e assolutamente visibi-le agli occhi di tutti. Abbia-mo lavorato nel capoluogo e in altri centri della provincia eliminando criticità annose e migliorando il servizio idri-

co in interi quartieri. A Noto come a Floridia piuttosto che a Priolo, siamo riusciti a ri-solvere criticità che, da de-cenni, penalizzavano diversi cittadini ed interi quartieri. Naturalmente, seguendo quel piano conoscenza del territo-rio, abbiamo sviluppato una serie di progetti che neces-sariamente hanno bisogno dell’approvazione della Re-gione. Prima era l’ARRA, adesso, dopo il suo sciogli-mento, attendiamo la discus-sione nel nuovo dipartimento sorto a Palermo. Alcuni degli interventi del primo triennio, è giusto sottolineare, sono le-

gati in parte a finanziamenti pubblici di competenza della Regione. Ciò ha determinato, ad oggi, un ritardo nel rila-scio dei finanziamenti e quin-di dell’avvio delle opere.“Bisogna considerare che progetti per circa 13,5 M€ sono stati inviati alla Regio-ne ma, malgrado forniti di tutti i pareri e approvazioni di legge, sono ancora in at-tesa di essere finanziati per motivazioni burocratiche. Inoltre, progetti per altri 20 M€ circa, sono già comple-tati o in fase di ultimazione; alcuni di questi attendono l’approvazione da parte del

Consorzio ATO.“Per quanto riguarda gli in-vestimenti del socio privato possiamo dire che abbiamo operato con circa 2,2 M€ per progettazione, con 3 M€ per la sostituzione dei contatori ed altrettanti per l’acquisto di apparecchiature che miglio-rano e affinano gli impianti di depurazione. “Un ultimo dato riguarda l’investimento per la manu-tenzione ordinaria e straordi-naria. In due anni, contro un previsto nel piano d’ambito nel Pot triennale di 2 ml e 800 mila euro, abbiamo già investito 5 milioni di euro”.

Chi sono e quanto guadagnano i consiglieriSAI 8 S.p.A.

Membri di parte pubblica del cdaDott. Riccardo Lo Monaco - PRESIDENTE CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE: € 24.000,00

Sig. Giuseppe Bosco - CONSIGLIERE: € 12.000,00Sig. Armando Foti - CONSIGLIERE: € 12.000,00

Sig. Bartolo Pellegrino - CONSIGLIERE: € 12.000,00Sig. Corrado Rizza - CONSIGLIERE: € 12.000,00

Dott. Vittorio Cerbino - SINDACO EFFETTIVO COLLEGIO SINDACALE: € 10.500,00Dott.ssa Patrizia Brundo - SINDACO EFFETTIVO COLLEGIO SINDACALE: € 10.500,00

SOGEAS S.p.A. Avv. Paolo Risicato - PRESIDENTE CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE: € 18.000,00

Dott. Bartolo Lentini - VICE PRESIDENTE C.D.A.: € 9.600,00Sig. Raffaele Malfa - CONSIGLIERE C.D.A. € 9.600,00

Dott. Massimiliano Tiralongo - PRESIDENTE COLLEGIO SINDACALE: € 10.000,00Dott. Marco Matera - Sindaco effettivo: € 7.000,00

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927 Febbraio 2010

DIVAMPA LA POLEMICA SULL’ACQUA. LE NOSTRE DOMANDE ALLA SOCIETÀ DI GESTIONEI tanti interrogativi a cui Sai 8 non ha risposto. Venerdì prossimo conferenza stampa

La “confessione” di Sogeas: “Abbiamo incalzato Sai 8Chiarimenti non soddisfacenti ma astrattamente accettabili”Ma le domande che aveva-mo rivolto erano molte altre, domande alle quali forse si darà risposta nella conferen-za stampa organizzata dalla società per venerdì prossimo, alle ore 10,30 nel salone Sai8 di via Bandini. Ve le propo-niamo qui di seguito perché riteniamo siano interessanti per soddisfare, eventualmen-te, le tante curiosità che i cit-tadini nutrono e che ancora restano sospese.Qual è attualmente la compo-sizione societaria della Sai8: come sono ripartite le quote societarie e chi sono i soci? Sappiamo che il comune ha ceduto proprie quote: chi le ha acquistate e a quanto? Ri-sponde al vero che siano state acquistate dalla Saceccav a 1 euro? Da più parti si dice che non sarebbe stata regolarmente prodotta la fideiussione indi-spensabile a rendere efficace il contratto di concessione: ciò risponde al vero? Se la fideiussione è stata versata a quanto ammonta ?Qual è la causa della soffe-renza finanziaria della socie-tà e quale situazione di cassa si è trovata quando si è creato il nuovo soggetto giuridico? Debiti pregressi della Sogeas e altro.Quali sono i rapporti con i rappresentanti degli enti lo-cali? Hanno un qualche fon-damento le voci di nepoti-

smo e clientelismo? Può dire qualcosa in merito a quanto di recente segnalato da un consigliere di quartiere a pro-posito dell’affidamento del servizio di vigilanza senza ri-correre né a trattativa privata né a gara, a vantaggio di una società di proprietà del figlio di un componente del consi-glio di amministrazione della Sai8? Sareste disposti a ren-dere pubblico l’elenco di tutti i neo assunti? In ogni caso quanti sono? Si è regolarmente effettuato il passaggio del personale dei comuni preposti al servizio idrico nella Sai8? Dal mo-mento che l’opzione del pas-saggio era facoltativa, quanti dipendenti comunali hanno assentito e quanti si sono ri-fiutati? La società intende ancora servirsi dei lavorato-ri interinali o piuttosto non considera più proficuo do-tarsi di personale a tempo in-determinato opportunamente qualificato?Quale decisione intende assu-mere la società nei confronti dell’Ato8 nel caso in cui en-tro il 2010 tutti i comuni non dovessero consegnare le pro-prie reti idrico-fognarie?È già stato chiarito quanto evidenziato dal Conviri?Si ritiene reale l’ipotesi di una cordata di imprendito-ri pronti a sostituire il socio privato della Spa? Per quanto riguarda la tarif-

Chi sono e quanto guadagnano i consiglieriSAI 8 S.p.A.

Membri di parte pubblica del cdaDott. Riccardo Lo Monaco - PRESIDENTE CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE: € 24.000,00

Sig. Giuseppe Bosco - CONSIGLIERE: € 12.000,00Sig. Armando Foti - CONSIGLIERE: € 12.000,00

Sig. Bartolo Pellegrino - CONSIGLIERE: € 12.000,00Sig. Corrado Rizza - CONSIGLIERE: € 12.000,00

Dott. Vittorio Cerbino - SINDACO EFFETTIVO COLLEGIO SINDACALE: € 10.500,00Dott.ssa Patrizia Brundo - SINDACO EFFETTIVO COLLEGIO SINDACALE: € 10.500,00

SOGEAS S.p.A. Avv. Paolo Risicato - PRESIDENTE CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE: € 18.000,00

Dott. Bartolo Lentini - VICE PRESIDENTE C.D.A.: € 9.600,00Sig. Raffaele Malfa - CONSIGLIERE C.D.A. € 9.600,00

Dott. Massimiliano Tiralongo - PRESIDENTE COLLEGIO SINDACALE: € 10.000,00Dott. Marco Matera - Sindaco effettivo: € 7.000,00

fa d’ambito si tiene conto del fatto che l’articolo 8 della legge 13 del 27 febbraio 2009 specifica che le voci tariffa-rie per i servizi di depura-zione spettano al gestore del servizio idrico purché abbia proceduto alla progettazio-ne e al completamento delle opere necessarie alla attiva-zione del servizio stesso “nel rispetto dei tempi program-mati”?È stato creato un fondo di emergenza per gli utenti in reale difficoltà economi-ca? Come si concilia la so-spensione dell’erogazione dell’acqua con il principio che l’acqua è primaria e in-dispensabile fonte di sosten-tamento?Per quanto riguarda i più im-pegnativi interventi sulle in-frastrutture, quelle realmen-te indispensabili per evitare sprechi di acqua, spesso ci si lamenta affermando che la colpa è dell’Arra che non dà il via libera ai progetti ma non è forse vero che ciò ac-cade perché la società non ha provveduto ancora a presen-tare i progetti stessi secondo norma?Tra le risposte mancate quel-le che suscitano maggiore cu-riosità, e per le quali attendia-mo fiduciosi la preannunciata conferenza stampa di venerdì prossimo, sono senz’altro quelle relative alla fideiussio-ne, condicio sine qua non per l’efficacia del contratto sot-toscritto tra le parti, e quelle sulla composizione societa-ria, vale a dire sui rapporti di forza tra partecipazione pubblica e partecipazione privata. A fare parziale chia-rezza su quest’ultimo aspetto è forse la lettera che il presi-dente della Sogeas, l’avvoca-to Paolo Risicato, ha inviato

al presidente del Consiglio Comunale Edgardo Bandiera per scusarsi della sua assenza alla seduta di lunedì scorso. È lo stesso avvocato a chiari-re che “in seno a Sai8 Sogeas riveste il ruolo di mero socio (seppure con rilevante parte-cipazione)”. Una partecipazione che sarà pure rilevante come si dice, ma che non appare tale da consentire a Sogeas di eser-citare un ruolo determinante in un consiglio di ammini-strazione che ab origine, con buona pace di chi ha sem-pre sostenuto che la società avrebbe avuto una maggio-ranza di quote pubbliche, vede 6 consiglieri espressio-ne del socio privato e 5 di nomina pubblica (politica, anzi ancor meglio di sottogo-verno). Una posizione debole, tant’è che chiarisce l’avvocato Ri-sicato: “Sogeas è titolare di prerogative e diritti, ma non può intervenire costantemen-te sulla gestione ed ammini-strazione della partecipata, che sono rimessi, per legge e statuto, al consiglio di ammi-nistrazione di Sai8”. In queste parole il fragoroso crollo di quell’enorme castel-lo di menzogne con cui gli ar-tefici dell’affaire-acqua nella nostra provincia - in pool position Giambattista Bu-fardeci e Bruno Marziano, e immediatamente dopo, buo-ni secondi, tutti i sindaci dei 20 comuni - hanno per anni ingannato i cittadini-utenti, giurando e spergiurando che l’acqua sarebbe in ogni caso rimasta indissolubilmente in mano pubblica.Una voce quindi in sostanza inascoltata quella della So-geas nonostante “non abbia mancato in questi anni di

interpellare, anche perento-riamente, Sai8 al fine di ri-cevere notizie sull’andamen-to del servizio, sollecitando maggiore attenzione verso l’utenza e maggiore pruden-za nelle scelte imprenditoria-li, ricevendone risposte non sempre soddisfacenti ma nel complesso sinora astratta-mente accettabili”. Quell’avverbio - “astratta-mente” – appare, nella se-quenza di parole, come un faro che fenda il buio di una notte da tregenda, un fulmine che rischiari per un attimo un cielo plumbeo per le nuvole pesanti di pioggia; scenden-do a terra: una chiave di let-tura che ci fa comprendere la perplessità di un socio che, almeno nelle comunicazioni ufficiali, mira a prendere le distanze da un partner che evidentemente ancora non ha chiarito un concreto pia-no industriale con annessi e connessi. Ma il paradosso del caso Siracusa non si ferma qui. Nella lettera trapela l’altra anomalia: un Comune che fa causa a se stesso. Scrive l’avvocato Risicato: “È ben noto che questa società da un lato si trova a far fronte a significative scadenze (qua-li?), dall’altro vanta crediti (ahimè verso enti pubblici, e in particolare verso questo stesso Comune!) ben mag-giori dell’ammontare dei debiti stessi. Crediti che am-montano a diversi milioni di euro (quanti esattamente?), il cui incasso consentirebbe agevolmente di far fronte alle pretese dei fornitori… Soge-as, se da un lato non ha potuto fare a meno di avviare com’è noto una doverosa e ormai indifferibile tutela legale, dall’altro ha contestualmente

avviato una serrata trattativa con codesto Comune (il suo stesso socio di maggioranza! ndr), al fine di trovare una soluzione amichevole della pendenza, a vantaggio di tut-te le parti implicate”. Impos-sibile astenersi da altre do-mande, non chiedere di fare chiarezza pubblicamente sui bilanci di Sogeas, sul “patri-monio solido e ragguardevo-le” che in ogni caso possiede, come scrive il suo presidente, e insieme sui debiti del socio pubblico, del Comune cioè più correttamente dei citta-dini, dal momento che è dei loro soldi che si parla. Do-veroso chiarire quante azioni di parte pubblica siano anco-ra in Sai8 e se sia vero che alcune quote azionarie siano state cedute ai soci privati a 1 euro. Indispensabile informa-re la cittadinanza tutta degli aspetti della causa legale in corso e dei danni patrimonia-li che da essa scaturiranno. E dato il complesso problema delle società partecipate dal Comune che si apre, sarà an-che opportuno far conoscere, a tutti, i resoconti, i risulta-ti in termini finanziari, della compartecipazione nella Sai8 come nella Sogeas, così come nelle quattro società a capi-tale interamente pubblico: la Siracusana Management Spa, Parcheggi e Trasporti Srl, Affissioni e Pubblicità Srl, Archimede Srl; e ancora quella nel Consorzio Univer-sitario Archimede, al 50% con la Provincia; nel Con-sorzio Area Marina Protetta “Plemmirio”, sempre con la provincia ambedue al 50% e un onere finanziario per il comune di 50mila euro, e in ultimo nell’Ato Sr1 Spa con il 37,63% (equivalente a 80mila euro).

SERVIZI e INTERVISTE di MARINA DE MICHELE ([email protected])

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10 27 Febbraio 2010

J’accuse nei lavori del convegno IdV sull’acqua. L’esperto: “I cloruri tre volte il limite”

Il presidente del Consiglio Provinciale: “Con Sai 8le cose non vanno, mai a Siracusa tanti disservizi”

Dunque anche l’Italia dei Va-lori di Siracusa fa della lot-ta contro la privatizzazione dell’acqua uno dei suoi cavalli di battaglia e offre una spon-da politica ai tanti movimen-ti, comitati, associazioni che nella nostra provincia stanno cercando di portare indietro le lancette della storia, di azzerare con ogni stratagemma possibi-le i contratti di affidamento del servizio idrico che, in Sicilia, hanno anticipato quanto sta ac-cadendo nel resto del Paese con un’accelerazione voluta dal re-cente decreto Ronchi con cui il governo Berlusconi intende definitivamente mercificare il bene acqua consegnandolo alle speculazioni dei privati.Diversamente dalla scelta del-la maggior parte delle regioni italiane infatti, nella nostra re-gione si è preferito esternaliz-zare il servizio: sette delle nove province, superando ostacoli e opposizioni di solito guidate da movimenti spontanei, una protesta dal basso contro le ca-ste al potere, si sono “affidate” a terzi, Catania ha optato per una società mista a prevalente capitale pubblico con partner privato e la sola Ragusa ha mantenuto la gestione in mani pubbliche. Un esito scontato sin da quando, nella defini-zione delle autorità d’ambito, piuttosto che operare avendo come riferimento i reali bacini idrografici, si è preferito rita-gliare i cosiddetti “ambiti ter-ritoriali ottimali” seguendo la ripartizione amministrativa: 9 province, 9 ato. Secondo alcuni un regalo alle lobbies politico-clientelari perché potessero spartirsi l’immenso flusso di denaro, in parte della comunità europea: 5,8 miliardi di euro in 30 anni.In questo contesto non a torto il segretario provinciale dell’Ita-lia dei Valori, l’onorevole Raf-faele Gentile, ha evidenziato la difficoltà di una lotta impa-ri, ardua, che si potrà vincere solo confidando nell’appoggio e nella consapevolezza del-la gente comune e anche, ma l’ipotesi a noi appare quasi come una chimera, nel cambio di rotta del Partito Democrati-co che a Siracusa si è schierato, almeno nelle scelte compiute dai suoi più autorevoli espo-nenti, a favore dei processi di privatizzazione. “Lo scontro sarà durissimo – ha detto – ma noi lo affronte-remo senza tentennamenti. Noi vogliamo l’alleanza con il par-tito democratico ma la cerche-remo sulle questioni di merito, sulle scelte concrete, su quelle che contano per la gente. Non ci adegueremo alla volontà del socio di maggioranza se saran-no in gioco gli interessi della collettività. Il partito democra-tico deve superare questa sua anomalia del trovarsi, soprat-tutto qui a Siracusa, sempre dalla parte sbagliata, pronto a dialogare con le forze di cen-trodestra e sordo agli appelli

dei partiti che ormai si pon-gono alla sua sinistra. Dovrà dire parole chiare sulla priva-tizzazione dell’acqua come sul rigassificatore, se è vero che si è raggiunta una unanimità interna che parli con una voce sola che non lasci il campo a dubbi e incertezze”. Critico il segretario sulle modalità di affidamento del servizio idrico integrato nella provincia che ha detto essere state program-mate da tempo e anomale per il presentarsi alla gara di appalto di un unico raggruppamento di imprese risultato poi affidatario del servizio, così come non ri-spettose delle regole sulla con-correnza, rilievo evidenziato anche dall’Antitrust. Posizioni che sono suonate in sintonia con quelle pronun-ciate all’inizio dell’incontro da Michele Mangiafico, presi-dente del consiglio provinciale. Anche per Mangiafico infatti occorrerebbe fare chiarezza sulle “scatole cinesi” create dal nuovo gestore, un sistema che non facilita i controlli. “Mai nel comune capoluogo si sono registrati tanti disservizi” – ha commentato –. La cifra per la sostituzione dei contatori è quintuplicata arrivando a 150 euro e a gennaio 35 utenti han-no lamentato oltre mille euro di fatturazione. “Il caso più eclatante è stato quello di una bolletta da 3.500 euro cui sono seguite alcune contestazioni relative al contatore installato ma ancora oggi l’utente non è riuscito a sapere se la bolletta sia stata annullata o quale altra decisione abbia deciso Sai8. Dopo 20 mesi ancora non è stata approvata la Carta dei ser-vizi né sono stati istituiti uffici di conciliazione presso i quali dirimere le vertenze. Enormi sono i problemi di comunica-zione e il gestore interviene solo su pressanti pressioni po-litiche” ha concluso.Salvatore Casamichela, del Comitato di iniziatica civica di Floridia per l’acqua ed esperto nel trattamento delle acque, dati alla mano, ha ricordato le caratteristiche chimiche e organolettiche dell’acqua che sgorga dai rubinetti delle case dei siracusani: “Non c’è biso-gno di aggiungere il sale, ce n’è già abbastanza - ha ironizzato -. Sin dal 2002 la società di ge-stione delle acque è autorizzata ad utilizzare in deroga ai previ-sti parametri di sodio e cloru-ri, sino ad un valore massimo ammissibile rispettivamente di 324 e 664 mlg/lt, le acque pro-venienti dai pozzi Dammusi e San Nicola che alimentano i 3 serbatoi di Teracati, Bufalaro alto e Bufalaro basso, ma si fa obbligo all’azienda sanita-ria provinciale di informare la popolazione sui rischi derivan-ti dal consumo di tale acqua da parte di chi sia affetto da pa-tologie che trovano controin-dicazioni in elevati valori dei suddetti parametri. Non solo: il gestore del servizio idrico deve

di MARINA DE MICHELE ([email protected])

presentare entro ciascun anno per il quale si è avuta la dero-ga un piano di intervento per assicurare il rientro nei valori massimi di concentrazione am-missibili, una deroga non più assentibile complessivamente dopo 6 anni.Ma i valori registrati sono di 645 mg/lt per i cloruri (250 quello previsto dalla legge), 72 l’indice di durezza (15,50 per legge), 372 il sodio contro i 200 ammissibili. Ora, non solo non risulta che la popolazione sia correttamente informata, ma non si è tenuto conto di questa scadente qualità dell’ac-qua nella definizione dei costi tariffari sebbene sia previsto”.È toccato invece al preside Concetto Rossitto l’excursus sulle procedure che hanno por-tato nel febbraio 2008 al defi-nitivo affidamento del servizio alla Sai8 con criticità mai sana-te. Il coordinatore del Forum per l’acqua pubblica di Floridia ha ribadito all’uditorio i con-cetti che esplicita questa setti-mana nella risposta agli “aìta,

aìta” dei consiglieri pubblici di Sai 8, che pubblichiamo a pa-gina 7.Del tema del cofinanziamento pubblico ha parlato invece Josè Sudano della Cgil-funzione pubblica, un rappresentante storico del movimento NoAc-quasalata che dal primo mo-mento si è opposto alla priva-tizzazione dell’acqua. Sudano ha spiegato che la Sai8 potrà accedere ai fondi pubblici (63 milioni di euro) solo investen-do il 30% delle proprie risorse ma non sarà un problema dal momento che potrà trarre tale quota per il 25/45% proprio dalle tariffe.A rappresentare in qualche modo le posizioni del PD, pur parlando a titolo personale e

pur giustificando il partito, for-se troppo impegnato nelle fasi congressuali, per occuparsi del problema (ma per il PD, in suo nome, qualcuno è stato parte super attiva e sicuramente con il sostegno dei vertici), c’era il consigliere comunale Fortuna-to Minimo. Nelle sue parole, è una nostra valutazione, il diffi-cile equilibrismo tra la convin-ta asserzione dell’acqua come bene comune pubblico inalie-nabile e il servizio di captazio-ne adduzione distribuzione e smaltimento delle acque che ha un suo costo e che necessita di capacità imprenditoriali, pos-sesso in genere dei soli priva-ti. “Un conto è la risorsa, che nessuno può e deve privatizza-re, un altro sono i servizi che,

come tutti i servizi industriali, hanno bisogno di capitali, tec-nologie, capacità organizzative e gestionali, che non sempre il pubblico possiede e se le pos-sedesse dovrebbe sfruttare le opportunità residuali che il de-creto Ronchi consente. Ma se il pubblico non è virtuoso come per lo più accade, la soluzione migliore è la gestione integrata la quale richiede che ogni set-tore provveda da sé ai propri fabbisogni senza contare sul contributo pubblico. Allo Sta-to spetta il compito di fare da arbitro e di assicurare che gli usi non ostacolino l’interesse generale, sovrasfruttando la ri-sorsa ad esempio o negando i principi di solidarietà e di so-stenibilità. Quello dell’acqua deve diventare tema di dibat-tito collettivo. Richiede un lavoro capillare tra la gente per costruire una forza di resi-stenza popolare all’eventuale volontà di privatizzare l’ac-qua, ma questo non si fa chiu-dendosi nel proprio alveo a glorificarsi, non si fa snob-bando chi magari si differen-zia in qualche particolare, ma che con te condivide gli assi portanti del tema”. D’accordo invece il consigliere comunale sulla critica a tutto campo nei confronti della gestione Sai8, colpevole di un atteggiamento spocchioso e indecoroso gra-zie soprattutto alla mancanza di controllo, inadempiente a diversi livelli al punto di ren-dere quasi necessaria la re-scissione della convenzione.

Gli automobilisti fanno il contropelo a chi attraversa

“Vicino alle strisce pedonali il pedone deve essere certo che può passare”

A Siracusa, com’è noto, guidatori e pedoni non si amano molto. I primi non rispettano quasi mai le strisce pedonali. Chi va a piedi a volte è distratto e attraversa la strada come se fosse solo nel raggio di un chilometro. E con la diffusione massiccia dei cellulari, il rapporto guidatore-pedone è ancora più problematico. In viale Teracati, corso Gelone, via Tisia, via Paolo Orsi, viale Scala Greca ma anche in alcune arterie della periferia attraversare le strisce pedonali è un’impresa. Le macchine fanno pelo e contropelo al pedone, sfrecciando a pochi centimetri dal malcapitato manco fosse una gara di slalom. Ora, però, una sentenza della Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione, probabilmente destinata a far di-scutere e al contempo a far arrabbiare quegli automobilisti che hanno sempre ritenuto i pedoni veri a propri utenti del-la strada di serie B, ha stabilito che il pedone sulle strisce pedonali ha sempre la precedenza, al punto da “perdonare” persino qualche suo atteggiamento scorretto o indeciso che lo assolverebbero sempre in caso di sinistro. Fino a oggi dunque qualche automobilista riteneva che in prossimità delle strisce pedonali, avvistato il pedone, le rego-le del Codice della Strada si limitassero a uno “studio” sulle intenzioni del pedone che, se soltanto in mezzo alla strada, aveva la precedenza, quando invece indugiava nell’attraver-samento vigeva la legge del più forte…. Sbagliato. Ci si deve fermare e non interpretare le intenzioni di chi in quel mo-mento, a piedi, cerca di impegnare la carreggiata, perché il pedone ha sempre la precedenza. È facile giungere a questa tesi snocciolando la sentenza n.20949, dove leggiamo che: “Il conducente, nell’avvicinarsi alle strisce pedonali deve avere chiara consapevolezza che deve non solo dare la precedenza, ma anche tenere un comportamento idoneo a ingenerare al

pedone la sicurezza che possa attraversare senza rischi”.Morale… siamo avvertiti. Gli automobilisti, spesso un po’ arroganti e spericolati, evitino anche di assumere quell’at-teggiamento quasi di sfida quando un pedone dista qualche centimetro dal paraurti dell’auto, così come sono da evitare comportamenti quasi di tolleranza, per non dire di più, nei confronti di chi cerca disperatamente di passare dall’altro lato della corsia, ricordandoci che appena scesi dall’auto, siamo pedoni tutti.

Riccardo Fianchino

Una famosa vignetta di Staino

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1127 Febbraio 2010

Attivato un programma di mediazione scolastica con l’équipe del dott. Guglielmino

Progetto innovativo al “Verga” per rallentare i ritmidi relazione, ormai basati su chat, sms, facebook

Oggi la scuola si confronta con una società multi-mediale i cui ritmi divengono sempre più incalzan-ti e che troppo spesso non permettono le relazioni personali.Le chat, gli sms sono degli ottimi sistemi di co-municazione veloce, di interscambio, tanti “amici” aggiunti alla lista che comunicano senza guardarsi negli occhi, senza emozioni e sempre di fretta…Il IV Istituto Comprensivo “G. Verga”, sempre sen-sibile alle problematiche relazionali dei ragazzi, in collaborazione con il C.M.S. (Centro Mediazione Scolastica) del dott. Guglielmino e la sua équipe, ha attivato un programma di mediazione scolastica mirato a creare nuove modalità relazionali tra al-lievi e insegnanti e tra scuola e famiglia. “SO-stare nel conflitto”, il titolo del progetto, chiede a noi tutti adulti , educatori e non, ma soprattutto geni-tori, di fermarci, di sostare, di ascoltare di capire, di aiutare… Il progetto di mediazione scolastica tende a rag-giungere un effetto di “rallentamento dei ritmi di relazione” contrastando quelle modalità di rapporto frettolose e con reazioni impulsive di cui i ragazzi e le ragazze sono vittime. Al fine di migliorare i

rapporti interpersonali per poter-ci-stare-dentro, il progetto auspica il rallentamento dei ritmi al fine di permetteci di incontrare, autenticamente, l’altro ed entrare in pieno contatto.Su questo modello lavoreranno il dott. Guglielmino e la sua équipe aprendo un canale di ascolto, uno sportello dove tutti potranno accedere e farsi ascol-tare.Il beneficio che la scuola può trarne dal risolvere i conflitti aiuta tutti, in particolare agisce a creare i presupposti formativi significativi al finre del fu-turo sviluppo del cittadino partecipante, capace di fronteggiare le situazioni, gli eventi in cui si verrà a trovare, in maniera pacifica, pur nelle difficoltà. La mediazione scolastica, basata sull’ascolto, per-mette ai ragazzi di rendersi protagonisti della pro-pria formazione e favorisce la partecipazione attiva nella loro quotidianità e sulla visione e sul progetto di vita di ciascuno. L’attività di mediazione risul-ta propedeutica nella prevenzione sia dei fenomeni di bullismo, sia alla soluzione del problema della dispersione scolastica poiché le attività proposte fanno aumentare nei ragazzi la propria autostima e migliorano le capacità introspettive ed analitiche.

Le vecchie masserie, abbandonate un po’ dovunque, divenute tetto per zingari e immigrati

Di Giovanni: “Siracusa non ha bisogno di coop per miliardariOccorrono più abitazioni per le classi sociali meno abbienti”

di CONCETTA LA LEGGIA([email protected])

Antiche strutture, masserie, tor-ri, palazzi lasciati all’incuria del tempo! Numerosi di questi im-mobili sono distribuiti sul terri-torio siracusano e versano ormai in condizioni pietose. Chi di voi non ha osservato, passando più o meno rapidamente sul viale S. Panagia, la masseria Conigliaro, enorme struttura ormai in de-cadenza abitata da gente poco fortunata che lì si è rifugiata con tutti i rischi di possibili crolli? E chi non ha osservato la casa dei Gesuiti che si staglia in contra-da Palazzo anch’essa erosa dal tempo? E la masseria Gargallo in zona Grottasanta? Resti di una civiltà contadina ormai su-perata ma anche pezzi della no-stra storia appena trascorsa che di certo andrebbero posti sotto l’ala protettiva dell’amministra-zione o della soprintendenza se solo esse avessero i fondi neces-sari dapprima per espropriarle poi per restaurarle ed adibirle a scopi, ci si augurerebbe, sociali. Invece tutte le strutture che si sbriciolano sempre pìù col pas-sare del tempo sono private, di proprietari che le hanno dimen-ticate o che non intendono inve-stire fondi per il loro recupero e restauro impedendo così all’ente pubblico di ipotizzare qualunque piano d’azione ed al cittadino di fruirne. A tal proposito l’assessore Con-cetto La Bianca, da noi interpel-lato, ci tiene a sottolineare che il Comune non può intervenire su edifici che appartengono ai pri-vati poichè “l’unico intervento ammesso - ci spiega - può avve-nire solo in caso di rischi fisici per i cittadini ed è compito dei privati restaurare beni che ap-partengono loro, così come sta

accadendo per alcune strutture in periferia della città per le qua-li i proprietari hanno presentato progetti per cambiare la desti-nazione d’uso delle masserie e trasformarle in locali per la ricet-tività turistica. Resta però il fatto che nessuno può costringere il vero proprietario ad occuparsi del proprio immobile a meno che il comune non lo espropri. E oggettivamente l’amministrazio-ne non ha soldi per poter acqui-sire tali immobili”. E’ pur vero, insistiamo noi, che alcuni sono pericolanti e che chi vi abita è a rischio mentre l’edilizia popola-re, per dare condizioni di vita più decorose, è ferma da secoli. “E’ compito della Regione - conti-nua La Bianca - stanziare fondi per l’edilizia popolare e per nuo-vi appartamenti, fondi che non ci sono. D’altronde se queste masserie sono abitate abusiva-mente l’interesse è del privato ed è compito suo occuparsi di chi vi abita. Comunque, nel P.R.G. ab-biamo previsto in alcuni casi che il privato ceda l’area al pubblico, ma è chiaro che non può trattarsi di un obbligo”. Cerchiamo di capire cosa voles-se dirci l’assessore e chiediamo spiegazioni a Ettore Di Giovan-ni, già vice sindaco e più volte consigliere comunale. Come sempre, l’avvocato si mostra fonte di sapere: “Gli edifici esi-stenti sul territorio siracusano e lasciati in abbandono - ci spiega Di Giovanni - sono, in verità, nu-merosi ma bisogna tener presente che il piano regolatore della città prevede che alcune antiche mas-serie, ormai per la maggior pare-te abbandonate, possano essere trasformate in strutture recettive, come per esempio quelle lungo

la strada per Ognina (la cosid-detta casa degli spiriti e molte al-tre). Certamente alcune di que-ste strutture, che appartengono all’archeologia agricola e rurale del nostro contado, dovrebbero avere, a mio avviso, da parte del-la Soprintendenza, una maggiore attenzione sia come vincoli, sia come tutela sia per evitarne la distruzione e il totale deteriora-mento. Nel perimetro urbano le poche masserie rimaste sono pri-vate e in pochissime sono con-servate gli ultimi esempi di noria (noria è una ruota idraulica che ha la funzione di sollevare acqua sfruttando la corrente di un corso idrico. Il nome è spagnolo, a sua volta derivato dall’arabo, n.d.r.). “Per quella sita in viale S. Pana-gia era previsto che fosse riutiliz-zata come centro di quartiere nel progetto di centro direzionale, predisposto dall’équipe incarica-ta al tempo del sindaco Fatuzzo; si trattava di un progetto unitario che prevedeva quattro torri, dalla sede delle poste sino all’attua-le centro direzionale con una grande piazza e la salvaguardia della masseria; il nuovo piano regolatore, invece, ha creato dei comparti ( in parte utilizzati per servizi in parte edificabili) de-terminando la frammentazione del centro direzionale e l’area in cui ricade la masseria dovrebbe essere ceduta alla collettività sebbene non vi sia alcuna idea sul come utilizzarla. Si tenga inoltre conto che i comparti sono in via di scadenza e dunque il comune dovrebbe attrezzarsi per procedere al comparto forzoso, cioè acquisire l’area, venderla e percepire la metà della vendita. Attualmente è di proprietà della famiglia Conigliaro.

“In via Grottasanta è sita un’al-tra masseria ormai quasi del tut-to crollata, e per l’area circostan-te era previsto un progetto per realizzare un parco pubblico; col trascorrere degli anni però non solo il progetto non si è realizza-to ma attorno sono sorte nume-rose palazzine che ostruiscono la vista e ovviamente inibiscono la realizzazione di uno spazio ver-de per la cittadinanza, sebbene il piano regolatore preveda in quell’area un parco pubblico. E poi la masseria Gargallo in contrada Palazzo, la casa Anna Cielo, vincolata per la presenza accanto delle latomie del Casa-le; nel piano regolatore è previ-sto che alcune divengano verde privato da tutelare, altre sono misconosciute, e per quelle fuori dal centro urbano c’è la possi-bilità di trasformarle in attività recettive. In verità l’unica mas-seria sulla quale l’amministra-zione potrebbe concretamente

intervenire è quella di S Panagia, mentre per le altre non credo proprio che vi siano condizioni economiche tali che il comune intervenga tramite esproprio, an-che perché espropriare vuol dire gestire”. Avvocato, affrontiamo adesso l’aspetto umano del proble-ma: ad esempio nella masse-ria di viale S Panagia vivono delle persone, extracomunita-ri o zingari, risiedono in una struttura fatiscente ma con un tetto sulla testa. Se si avvias-se il recupero della struttura questa gente finirebbe in mez-zo alla strada!“Partiamo dal problema gene-rale che c’è a Siracusa: l’espan-sione eccessiva non rispondente ad alcun fabbisogno dato che la popolazione non è cresciuta e da 30 anni non si fabbricano case popolari. Siracusa ha bisogno di meno cooperative per miliar-dari, che assomigliano a ville a

tre piani e più abitazioni per le classi sociali meno abbienti. Il comune ha le aree ma sarebbe doveroso che la classe politica siracusana, espressa da deputati e ministri locali, avviasse una pressione o un’azione di con-certo con l’Iacp! Più volte ho puntato il dito sull’argomento ma nessuno ha mai sentito l’esi-genza di comprendere che le aree per l’edilizia non devono e non possono essere solo per cooperative e non si può accet-tare che l’Iacp fabbrichi solo nei comuni e non in città. In attesa delle case popolari, peraltro, il comune ha l’obbligo di dare a queste persone case consone a una vita decorosa ed evitare quanto è accaduto con le grotte, lasciando chi si trova in difficol-tà in strutture, peraltro, perico-lanti. E ritengo che l’assistenza sociale dovrebbe affrontare il problema e cercare forme di so-luzione”.

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12 27 Febbraio 2010

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Reg. Trib. di Siracusa n°1509 del 25/08/2009

Stampa: Tipolitografia GenyCanicattini Bagni (SR)

Fortemente delusi i protagonisti: Michele Borgia, Scuderi, Catalano, Ciaccia e Vinci

Le strutture e gli aiuti allo sport dovrebbero fioccare, per una comunità che sforna di con-tinuo campioni di livello nazionale e interna-zionale. Al contrario, sono sempre più rari e inconsistenti i finanziamenti comunali elargiti alle società sportive, costrette a fare esclusivo affidamento sui contributi di quei pochi privati che hanno a cuore lo sport augustano. Eppu-re, all’art 5 par. 12 dello Statuto del Comune di Augusta si legge: “Il Comune di Augusta, nell’ambito delle sue funzioni, favorisce e sostiene le iniziative educative, sportive e ri-creative mediante il potenziamento delle sue strutture e la collaborazione con realtà pubbli-che e private”. Ma, si sa, dinanzi a certe vi-cissitudini, le regole, per qualcuno, passano in secondo piano… Di seguito, riportiamo le dichiarazioni di alcu-ni dei più illustri rappresentanti della comuni-tà sportiva augustana.Maestro Michele Borgia: “ I ragazzi vivo-no per lo sport ma qui ad Augusta non sanno dove andare, non ci sono strutture. Ci sono paesini di pochi abitanti che hanno campi in erba, noi non abbiamo niente. Forse, se non l’unica, la nostra è fra le poche città che van-ta la mancanza di un campo sportivo. Soffro maledettamente nel vedere quello stadio co-munale, denominato ‘Fontana’ di Augusta, chiuso. Perché in quel terreno di gioco c’è un pezzo della mia vita e non potendolo calpesta-re è come aver perso gli anni più belli a livello agonistico”.M. Scuderi, Megara Calcio Augusta: “Con questa amministrazione comunale lo sport è stato azzerato. Le società sportive non ven-gono né aiutate, né incoraggiate. Il Sindaco Carrubba, in occasione della recente inaugura-zione dell’oratorio del S. Cuore, ha dichiarato pubblicamente che non avrebbe mai dato un soldo alle società sportive che hanno assunto nomi di vecchie società scomparse. E’ ver-gognoso che un primo cittadino faccia delle dichiarazioni del genere. Noi portiamo con onore, rispetto e orgoglio il nome del Mega-ra Augusta. Non lo facciamo per rubare gloria a nessuno, ma semplicemente per rendere un servizio alla nostra cara cittadina, togliendo i giovani dalla strada e facendo conoscere il nome di Augusta per tutta la Sicilia… a testa alta! Recentemente, abbiamo appreso di una delibera della Giunta Comunale relativa allo stanziamento di oltre 20mila euro per alcune società “amiche”, ad esclusione di molte altre società che fanno sacrifici immensi per con-tinuare a fare sport ad Augusta, nonostante siano senza mezzi e strutture. Noi del Mega-ra, al momento, non abbiamo un campo spor-tivo. Siamo stati costretti, dopo la chiusura del ‘Fontana’, ad emigrare a Villasmundo. E’ il quinto campionato di fila che ci tocca af-frontare in condizioni precarie. Ogni anno è un’impresa allestire una formazione sporti-va in mancanza di fondi pubblici. Restiamo in vita grazie ai contributi di piccoli privati e con le risorse che noi stessi dirigenti sbor-siamo per mandare avanti la baracca. In tanti mi chiedono, spesso, cosa mi spinge ancora a continuare, considerate le mille difficoltà. A questi rispondo sempre che solo il cuore, la passione, la vita e l’anima per questo sport,

il sorriso dei miei ragazzi, mi danno la for-za, ogni santo giorno, di proseguire per questa strada… fiero di non mollare mai”.P. Catalano, Virtus Augusta Basket: “Lo sport ad Augusta interessa poco al mondo po-litico e imprenditoriale. Eppure, esso dovreb-be stare alla base di una comunità degna di questo nome. Noi della Virtus Basket, come la maggior parte delle società sportive di Au-gusta, non riceviamo più contributi comunali. Gli ultimi aiuti da parte del Comune risalgo-no al 2004, anno in cui prendemmo parte al campionato nazionale di serie C1, al quale rinunciammo l’anno successivo, per evidente impossibilità economica. Oggi puntiamo sui giovani, ripartendo dalla serie D. Restiamo in vita solo grazie ai pochi e generosi sponsor privati e agli esigui introiti del centro adde-stramento giovanile. Dopo trent’anni siamo ancora costretti a far crescere i nostri giova-ni su di un campo in cemento, all’aperto. La prima squadra si allena e disputa le partite in impianti pubblici gestiti da privati, e affittarli ci costa parecchio. La comunità sportiva augu-stana dovrebbe stringersi intorno ad un tavolo e avanzare progetti concreti da presentare ai nostri rappresentanti politici. Una città che non crede e investe nello sport, e quindi nelle giovani generazioni, è una città che non potrà mai crescere, destinata a un irreversibile de-clino”. M. Ciaccia, Pol. Rari ’86 Canoa: “ La città di Augusta, in generale, non viene mai presa in considerazione ai più alti livelli istituzionali. Augusta è lasciata a mò di pattumiera, in uno stato di degrado avanzato, che non dà segni di cambiamento. Questo scenario, ovviamente, si ripercuote in tutti i settori della vita sociale. Uno di questi, tra i più rilevanti, è proprio lo sport. Oggi, in tante realtà come Augusta, esso è rilegato agli ultimi posti in ordine di priorità. Le società sportive, e con esse i giovani atleti, sono abbandonate al loro destino. Destinate a chiudere. Negli anni passati, la mia socie-tà riceveva contributi da Regione, Provincia e Comune. Da sei anni a questa parte la Pro-vincia non concede aiuti. Il Comune non ero-ga più contributi dal 2006. Fortunatamente la Regione continua a finanziarci annualmente. Finanziamenti che vanno a coprire un 10-15% del nostro fabbisogno. Il resto va preso dai ge-nitori, dai soci e da qualche sponsor sporadi-co. In fondo, al di là dei piccoli finanziamenti che risolvono il problema immediato ma non danno prospettive di sviluppo futuro, abbiamo bisogno di mezzi pratici per fare attività ago-nistica. “Non abbiamo neanche una nostra struttura. Siamo ospitati, molto carinamente, dal Cantie-re Golden Bay dell’Ingegner Ponzio, ma non possiamo tirare avanti a lungo in questo modo. In generale, mancano a livello locale progetti a medio e lungo termine per tenere in vita e rilanciare lo sport augustano. Progetti nei qua-li, possibilmente, le istituzioni scolastiche si rendano protagoniste, creando dei gemellag-gi con le diverse società sportive. Dare, in tal modo, ai giovani la possibilità di conoscere tutte le discipline e di formarsi, dando loro un grosso bagaglio di esperienze costruttive. Se manca la progettualità, se non si pongono pro-

spettive future, i piccoli “contentini”, da parte degli enti locali, servono davvero a poco”.G. Vinci, Pol. Rari Nantes Pallanuoto: “ Lo sport ad Augusta, sicuramente, ha dell’ottimo “materiale umano”, ottimi atleti su cui lavora-re nelle più svariate discipline. Sono stati rag-giunti i vertici più alti, sia a livello nazionale che internazionale. Nonostante questo, però, non c’è mai stato un vero contributo da parte né dell’amministrazione comunale, né degli sponsor più forti economicamente. In passa-to la Regione concedeva grossi finanziamenti alle società sportive. Oggi non è più così. Ad aggravare la stagnante situazione dello sport augustano, vi è senz’altro la carenza di struttu-re. Non c’è mai stata una programmazione di impiantistica sportiva ad Augusta. I pochi im-pianti, come la piscina comunale, per cattiva gestione e mancata manutenzione, con il tem-po sono andati decadendo e oggi sono defini-tivamente chiusi. Ogni tanto, per mezzo della stampa, si odono proclami da parte di politici che annunciano ristrutturazioni e nuovi im-pianti. Io personalmente non ci credo più. Non abbiamo nemmeno un campo di calcio. E que-sta è una vergogna, sia per gli amministratori che per noi cittadini. “Nel mondo del nuoto e della pallanuoto, ad Augusta, si è sempre sognata una piscina nuova e all’avanguardia. Stiamo ancora aspet-tando. Da tre anni la nostra piscina comunale resta chiusa. La nostra società di pallanuoto, sulla carta, ancora esiste, ma non essendovi la struttura, ovviamente non possiamo svolgere l’attività agonistica che tante soddisfazioni ci ha regalato negli anni passati. Abbiamo avu-to la pallanuoto femminile in serie A, con un quarto piazzamento agli ultimi campionati, mentre la squadra maschile disputava la serie B. Abbiamo portato il nome di Augusta in Eu-ropa, tra enormi difficoltà e con grossi sacri-fici, tirando avanti sino a quando si è potuto. C’era un ottimo vivaio, un bell’ambiente, un grande affiatamento. Oggi tutto questo è stato spazzato via. Non ci sono prospettive. Al di là

della pallanuoto, in generale, non c’è uno sport ad Augusta che venga valorizzato nel giusto modo. Vi è una radicata situazione di degra-do che ha completamente oppresso il mondo sportivo. Poche discipline vanno avanti, solo grazie ai sacrifici dei dirigenti più volenterosi. Forse, sarebbe il caso di istituire un comitato permanente, composto dalle varie società, per cercare insieme una soluzione. Urge un moto di ribellione civile. Non possiamo continuare a subire e ad essere cancellati per colpe che non ci appartengono”.

Gianmarco Catalano

Maestro Michele Borgia M. Scuderi Pasquaino Catalano Marco Ciaccia

La piscina comunale di Augusta

“Ad Augusta sport azzerato, urge la ribellione civile”“Si formi un tavolo fra tutti per trovare le soluzioni”

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1327 Febbraio 2010

AUGUSTA - S’era detto: “Piscina obsoleta, ne faremo un’altra”. E invece vi si spendono 148ml euro

Una città senza stadio. Dell’appalto per la bonificaannunciato per il 22 dicembre nessuno sa più nulla

di GIANMARCO CATALANO

Se c’è una cosa a cui nessu-na collettività può rinunciare, questa è lo sport: fondamentale componente per la formazione umana e la genuina crescita, fisica e mentale, di ogni singo-lo giovane. Pilastro portante di una qualsiasi società sana, vita-le e indirizzata al progresso. Per praticare sport, tuttavia, servo-no, in primo luogo, le strutture. Per una città come Augusta, se-conda piazza della provincia di Siracusa, avere un’impiantistica sportiva superlativa e adeguata al suo ruolo dovrebbe essere normale, per non dire scontato. Purtroppo, la realtà è radical-mente antitetica rispetto alle più rosee e logiche aspettative . Gli impianti sportivi megaresi sono carenti e, per talune discipline, addirittura inesistenti. Cerchia-mo di rappresentare questa infausta e sconcertante realtà, riassumendo le vicende relative alle due deficienze impiantisti-che più eclatanti: il campo di calcio e la piscina comunale.Stadio calcistico ‘Fontana’Risale al 5 ottobre 2005 l’or-dinanza sindacale di chiusura del campo sportivo comunale ‘Fontana’. Il sindaco, Massimo Carrubba, fu spinto ad appor-re i sigilli all’impianto in se-guito a una nota del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio che, segnalando la presenza di materiale tossico (arsenico e colbalto) nel campo sportivo, chiedeva urgenti inter-venti di messa in sicurezza del-

lo stesso. Con la medesima nota ministeriale fu inoltre intimata la chiusura dei campi sportivi ex Feudo e San Focà nel Comu-ne di Priolo Gargallo. Nel co-municato stampa del 5 ottobre 2005, il sindaco Carrubba, in seguito all’ordinanza di chiu-sura, annunciava il futuro avvio dell’iter che avrebbe portato alla bonifica e alla successiva indizione della gara d’appalto per i lavori di ammodernamento della struttura sportiva. La vicenda si evolve. Si inizia a vociferare di un nuovo cam-po sportivo da allocare in luogo extraurbano, nei pressi di con-trada Scardina. Nel settembre del 2007, l’allora assessore allo sport e all’edilizia sportiva del comune di Augusta, Sebastiano Ponzio, in risposta alle critiche rivoltegli da Alleanza Sicilia-na, dichiarava: “Al contrario di quanto si possa pensare, so-prattutto dopo aver letto le di-chiarazioni di Massimo Caser-tano, anche l’Amministrazione Comunale ha le idee chiare su come affrontare la questione sul nuovo campo sportivo. Anzi, il Comune ha già disponibili il finanziamento di un milione e mezzo di euro e il progetto esecutivo e cantierabile. L’ulti-ma parola, però, tocca al consi-glio comunale che ha esclusiva competenza nell’individuazio-ne dell’area in cui allocare il nuovo campo […]”. Quattro anni più tardi, ritor-nando alla vicenda relativa al

campo ‘Fontana’, in data 12 di-cembre 2009, l’ufficio di gabi-netto del sindaco comunica che il successivo 22 dicembre sa-rebbe stato aggiudicato l’appal-to per l’esecuzione delle indagi-ni preliminari necessarie per gli interventi di bonifica dell’area del campo sportivo ‘Fontana’. La gara d’appalto pubblico, re-lativa alle suddette indagini, era stata indetta, su incarico della direzione ‘Qualità della vita’ del Ministero dell’Ambiente, dalla Sviluppo Italia Aree Produttive spa, azienda di project manage-ment, specializzata nella gestio-ne tecnica di intere operazioni di bonifica e reindustrializzazione, in supporto alle pubbliche am-ministrazioni centrali. Importo a base d’asta, 150.525,75 euro. Durata dell’intervento, 75 gior-ni naturali e consecutivi, a parti-re dall’avvio delle attività. Ma, dopo questa serie di illuminanti

dichiarazioni e intricati risvolti, come sarà andata a finire? Della bonifica del ‘Fontana’ non si è appreso più nulla. Sulla “sto-riella” del nuovo campo sporti-vo non sembra ci siano novità di rilievo. Tutto è fermo. Risultato: il calcio ad Augusta non esiste più. L’amarezza è tanta. E la rabbia pure. In una triste realtà che non desta più meraviglia.Piscina G. TurchioChiusa, aperta, richiusa e poi ri-aperta, da ben tre anni la piscina comunale è nuovamente inter-detta al pubblico e all’utilizzo da parte delle società sportive megaresi a causa della sua ob-solescenza e degli esuberanti costi di gestione che il Comune non sembra riesca più a soste-nere. A far ben sperare, tutta-via, ci pensano le dichiarazioni dell’allora sindaco uscente Car-rubba, rilasciate in un’intervista ai microfoni dell’associazione

politico-culturale AlzatiAugu-sta (intervista rintracciabile sul portale youtube) , in occasione della campagna elettorale, alla vigilia delle elezioni ammi-nistrative della primavera del 2008: “ Per quanto riguarda la piscina, bisogna ricordare che è costruita da circa quarant’an-ni, ormai è obsoleta, vecchia, con grossissimi costi di gestio-ne in un sito che poteva andare bene trent’anni fa, ma ormai è in pieno centro. Abbiamo dato l’incarico per la costruzione di una nuova piscina in borgata e, anche questo, contiamo, in tem-pi brevi, di poterlo realizzare”. Stranamente, e in totale inco-erenza rispetto alle intenzioni preannunciate dal aindaco, il 2 dicembre dell’anno appena strascorso la giunta comunale approva un progetto di ristruttu-razione e adeguamento proprio della “vecchia” e “obsoleta” pi-

scina, per l’importo di 148.000 euro. Considerata la grave crisi di liquidità, che rischia di por-tare il Comune di Augusta al dissesto finanziario, tale scel-ta ci appare, quanto meno, un tantinello scriteriata. Forse, sarebbe stato più ragionevole, in attesa di nuovi fondi, desti-nare quell’importo al parzia-le finanziamento del progetto della nuova piscina in borgata, di cui il primo cittadino faceva proclama. Si sarebbe evitato, in tal modo, un inutile sperpero di denaro pubblico. A rimetterci, ancora una volta, dopo decenni di gloriose gesta sportive, sono gli atleti del nuoto e della pal-lanuoto che si vedono privi di una struttura dove esercitare l’attività agonistica. Costretti ad emigrare nelle città limitrofe, alla ricerca di un impianto spor-tivo, negato nella propria città d’origine.

Sono attesi cavalieri e amazzoni da tutta l’isola e da altre regioni italiane

Da quest’anno alla SIS anche la scuola di attacchiIl 6 e 7 marzo Trofeo Sicilia con circa 300 cavalli

Si aprirà alla grande la stagione delle manife-stazioni 2010 della Società Ippica Siracusana di contrada Fusco con il Trofeo Sicilia, che si terrà nei giorni 6 e 7 marzo. Il Trofeo, uno dei più importanti dell’equitazione poiché di larga importanza ai fini turistici e di partecipazione di squadre e/o cavalieri e amazzoni di estrazione regionale ed anche continentale, mira proprio per questo alla diffusione dell’equitazione che, sempre di più, coinvolge ed appassiona non solo un vasto pubblico di partecipanti ma soprattutto di estimatori e di addetti. Le categorie che si di-sputeranno il premio saranno circa 20. Le gare inizieranno sabato e continueranno per tutta la domenica.Il Trofeo Sicilia prevede la partecipazione di circa 300 cavalli. I percorsi di gara saranno disegnati dal direttore di campo Paolo Ador-no, coadiuvato da Giancarlo Guastella e dal signor Salvatore Di Raimondo, entrambi istrut-tori dell’ Associazione. I concorrenti verranno premiati con coppe e coccarde oltre a premi in denaro.Da quest’anno, la SIS è anche scuola di attac-chi, con il bravissimo istruttore Marchese Tom-maso Gargallo. Nella disciplina degli attacchi non si monta a cavallo, ma si guida una carroz-za “attaccata” a un cavallo, oppure a una pari-glia o ancora ad un tiro a quattro. Sono previsti due tipi di gare: una di completo e una di com-binata. Il completo prevede tre prove (dressage, maratona e coni); la prima, quella di dressage,

si svolge all’interno di un rettangolo ed ha la finalità di evidenziare il livello di addestra-mento dell’attacco; la seconda, la maratona, è invece una sorta di rally in campagna che pre-vede un tempo limite dove si devono aggirare ostacoli posizionati lungo un percorso che può presentare difficoltà anche naturali come la-ghetti; l’ultima prova, quella dei coni, è invece uno slalom a tempo tra venti ostacoli costitu-iti da coppie di tronchi di cono sormontati da una pallina che non deve cadere al passaggio degli attacchi.Nelle gare di combinata le prove sono invece due (dressage e coni). In entrambe la classifica finale scaturisce dalla somma dei punti negativi acquisiti nelle varie prove. Il consiglio direttivo della S.I.S, guidato dal presidente dott. Giovanni Stella, continua nell’opera di consolidamento e miglioramento dell’Associazione, unica scuola di equitazione riconosciuta a Siracusa dalla Fise, per farla crescere e per rendere l’Equitazione Siracusana e tutti gli amanti di questo nobile sport, fatto di passione, eleganza, amore per gli animali e la natura, sempre più popolare e conosciuto.La Federazione Italiana Sport Equestri ha asse-gnato all’associazione delle manifestazioni che la SIS sarà ben lieta di effettuare per regalare agli amanti di questo elegante sport giornate di divertimento e sano agonismo sportivo. Di se-guito le date delle manifestazioni previste per il 2010: 24/25 aprile Concorso B; 19/20 giugno Trofeo Unire; 4/5 Dicembre Trofeo S.Lucia.

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14 27 Febbraio 2010

La Cisl: “Siracusa non dovrebbe subire altri tagli, in alcune realtà siamo pochi”

Dal prossimo novembre lo storico BdS non esisterà piùAmato (Cgil) “Niente allarmismi. In banca non si licenzia”

Il Banco di Sicilia non esisterà più dal primo novembre 2010: lo ha annunciato, lo scorso 4 febbraio, l’amministratore dele-gato di Unicredit, Alessandro Profumo, a Palermo nell’incon-tro con i vertici del BDS.Il 31 ottobre 2010, infatti, scadranno CdA del Banco di Sicilia e i patti parasociali con la Regione, che obbligavano il gruppo Unicredit a non intaccare gli organi di autonomia decisionale del Banco fino al prossimo anno. Unicredit, insomma, è pronta a varare una maxi fusione con il Banco di Sicilia e a eliminare gli organi di autogoverno dell´istituto siciliano: il Banco non avrà più un presidente, un CdA con nomine anche di Regione e Fondazione, un direttore generale e un capo del personale autonomi come avvenuto fino ad oggi. La fusione porterà alla creazione di una unità divisionale regionale di Unicredit, seb-bene viene assicurato «che comunque avrà ampia autonomia». D’altra parte, già dal 2008 l´istituto siciliano non gestisce più il corporate e i mutui.Ma il Gruppo Unicredit ha di recente dichiarato anche che uno degli obiettivi, per il prossimo triennio, sarà l’abbattimento dei costi strutturali d’impresa, da realizzarsi con il ricorso alla mobilità territoriale/geografica e con la contrazione della forza lavoro attraverso il non ricambio occupazionale, se non par-ziale, delle uscite già concordate e del turn-over fisiologico. A questo proposito, Mariella Maggio, segretaria generale della CGIL siciliana, sostiene che, da quando si è avviata l’opera-zione di fusione «a oggi l’ occupazione solo nell’ indotto del Banco è diminuita di mille unità e si sono persi 1.500 dipen-denti diretti» mentre, secondo le stime di Fabi e di Fisac Cgil, la riorganizzazione del Banco di Sicilia sulla carta porterebbe ad altri 600 esuberi.Quali ripercussioni sull’occupazione siracusana? Quali le con-dizioni lavorative dei bancari? Abbiamo incontrato i rappresentati siracusani dei tre princi-pali sindacati: Giuseppe Amato, segretario Fisac Cgil; Alberto Lo Passo, responsabile Fiba Cisl; Fabrizio Avola, responsabile Uilca Uil, chiedendo loro di individuare gli effetti di questo snellimento del BdS in provincia, senza dimenticare la recente chiusura della Banca d’Italia nella nostra città, che la classe politica siracusana non è riuscita ad evitare.

OccupazioneProfumo ha affermato a Palermo il 4 febbraio scorso: «Non sono previsti al momento ulteriori piani di crescita». Che ne sarà dei dipendenti le cui posizioni lavorative saran-no classificate in “eccedenza” nel siracusano, posto che l’azienda ha di recente affermato che le strutture siciliane di multipolarità non sono più in grado di assorbire perso-nale, anche se de-mansionato?Tutti concordi sull’assenza – al momento attuale – di dati og-gettivi e veritieri: dal prossimo CdA Unicredit, che si terrà in marzo, dovrebbe aprirsi la stagione di trattative sindacali.Fabrizio Avola, responsabile Uilca Uil, si dice preoccupato:

«Difficilmente la nostra categoria riceve attestazioni di soli-darietà e, ora più che mai, per la grave situazione che sta attra-versando il settore bancario, ne ha bisogno. Dato che il Banco di Sicilia non esisterà più dal novembre 2010 e che Profumo ha affermato che non ci saranno piani di crescita, si prefigura uno scenario certamente non sereno perché, oltre alla perdita dei circa 1.500 posti diretti, si profila una riorganizzazione che porterebbe ad altri 600 esuberi. Non credo che nel siracu-sano la situazione sia diversa dalle altre province, in quanto il personale considerato in eccedenza sarà gestito in massima parte con l’accompagnamento al Fondo e con la annunciata Cassa Integrazione (cosa impensabile qualche anno fa per i bancari)».Più fiducioso Alberto Lo Passo, responsabile Fiba Cisl: «Rite-niamo che l’organico del Banco nel territorio siracusano non dovrebbe subire ulteriori riduzioni, anzi – a nostro avviso – in talune realtà è addirittura insufficiente (con particolare riferi-mento al personale che opera allo sportello). Siracusa ha già subito una contrazione del personale a causa della scomparsa della direzione territoriale: oggi dipendiamo, dal punto di vi-sta amministrativo, da Ragusa. Le preoccupazioni della Fiba Cisl, in attesa di conoscere integralmente il piano di riorganiz-zazione e il progetto di fusione delle 5 banche nella holding,

sono rivolte alle ricadute sul personale, a partire dalla possi-bile mobilità professionale e dalle condizioni lavorative che ne scaturiranno; alla tutela delle professionalità, attraverso la definizione di un nuovo sistema di inquadramenti delle 5 ban-che nonché il sistema di valutazione».Spiega Giuseppe Amato, segretario Fisac Cgil: «La fusione Unicredit-BdS viene dopo un’altra grande fusione che ha in-teressato il settore del credito, quella Intesa-Sanpaolo, che ha portato problemi sostanzialmente analoghi, se non identici, per quel che riguarda la ricaduta occupazionale. Le fusioni vanno a discapito dei lavoratori: sono eventi che nascono da esigenze del capitale e, dunque, non hanno un respiro sociale per defi-nizione. Dobbiamo, però, sgombrare il campo da falsi allarmi-smi. E partiamo da un dato: nelle banche non esistono licen-ziamenti. Il settore bancario dispone di un Fondo di solidarietà interbancario, a carico – quasi interamente – delle banche, che serve ad accompagnare processi di fusione e di ristrutturazio-ne; dunque: le eccedenze di “manodopera” ci sono e tutto la-scia pensare che siano anche numericamente significative, per-ciò – quasi per paradosso – a peggiorare saranno le condizioni di chi resta (in termini di qualità e quantità di lavoro) e non di quanti andranno via perché questi ultimi non saranno – ed è una certezza – esposti al “macello” sociale».

L’indotto. Il back office trasferito in Romania. “Temiamo contratti sovranazionali”

Avola (Uil): “Quando una banca locale perde l’autonomiai risultati non possono che essere negativi per tutto”

La fusione prevede tagli anche agli appalti esterni: la lavora-zione di back office del BdS sarà trasferita in Romania. La Setesi, 150 dipendenti a Pa-lermo, ha già annunciato che non rinnoverà 20 contratti. Quanto incideranno questi ta-gli sull’indotto del BDS a Sira-cusa?

Amara la constatazione dei tre intervistati: «La maggior parte dell’indotto del BdS, per quel che riguarda l’attività para-ban-caria e la gestione dei contratti per i servizi, è stato esternalizza-to già da tempo, purtroppo. Per quanto riguarda l’indotto, per-ciò, a Siracusa non abbiamo da temere ricadute occupazionali. Il problema si pone, invece, per l’area contrattuale». Aggiunge Giuseppe Amato: «Tutte le atti-vità che rientrano nell’area con-trattuale del credito (call center, back office) non devono temere licenziamenti selvaggi: questo nodo sarà cruciale nelle trattati-ve sindacali che si apriranno in marzo. Si possono temere opera-zioni di mancato turn over, pur-troppo, o di accompagnamento alla pensione: il problema c’è,

non possiamo negarlo, ma si pone in termini relativi rispet-to alla visione più generale che dobbiamo assumere nei con-fronti di questa fusione. Sebbene l’ottica del lavoratore resti fon-damentale, di fronte a un’ope-razione mastodontica, quale è la fusione Unicredit-BdS, le nostre confederazioni sindacali devono tenere conto dell’interesse del territorio e del suo sviluppo, del-la qualità del servizio e dei ritmi di lavoro di chi rimane». Insinua Alberto Lo Passo: «Do-vremmo forse chiederci cosa ne sarà, tra qualche anno, delle po-che attività di back office rima-ste: un dipendente estero costa all’azienda molto meno di un dipendente italiano. È’ un dato di fatto che dovrebbe indurci a pre-venire certe scelte che la nuova

società potrebbe attuare in tem-pi futuri. D’altra parte non è da escludere che in futuro, a livello di rinnovo di contratti nazionali, sia richiesto un intervento sulla riduzione del costo del lavoro. E ancora più preoccupante sarebbe la probabilità di una contratta-zione sovra-nazionale».

FusioneIl presidente della Fondazione BdS, Gianni Puglisi ha affer-mato: «La Fondazione e la Re-gione, con una partecipazione dell´1 per cento nella holding, possono fare ben poco, il Ban-co di Sicilia ormai non esiste più e dobbiamo prenderne atto dando la colpa alla passata po-litica e all’economia dell’Iso-la». Il piano di Unicredit non piace, insomma, o sembra non piacere agli azionisti Regione e

Fondazione, né a parte dei sin-dacati. Qual è la vostra opinio-ne in merito? Quali risultati è possibile prevedere per il terri-torio di Siracusa?Risponde Fabrizio Avola: «Sono in perfetta sintonia con il Pre-sidente della Fondazione BdS: Fondazione e Regione Siciliana con una partecipazione dell’1% nella holding possono fare po-chissimo. Senza stare a ripercor-rere la storia del Banco di Sicilia e ai “possibili” errori commessi, non si può non restare sbalordi-ti di fronte al fatto che, soli due anni fa, il Banco ha subito la confluenza tramite Capitali al gruppo Unicredit con l’apertura di un confronto e in assenza di un piano industriale finalizzato all’uscita di circa 7500 lavoratori di cui 2000 del Banco tra pensio-

namenti ed esuberi. Quando una banca locale perde la propria au-tonomia, i risultati non possono che essere negativi, sia sotto il profilo occupazionale che sotto quello economico». Ritiene, invece, Alberto Lo Pas-so, responsabile FIBA CISL: «La mia opinione coincide con ciò che pensa la Fiba Cisl: non ci preoccupiamo di difendere a oltranza l’esistenza di un consi-glio d’amministrazione, di una struttura che sia siciliana per de-finizione, di problemi squisita-mente di marketing, ma chiedia-mo certezze per il mantenimento del ruolo svolto dal Banco di Sicilia nei confronti della realtà economica e sociale siciliana, per i livelli occupazionali, per la tutela della professionalità dei lavoratori».

Alberto Lo Passo, responsabile FIBA CISLGiuseppe Amato, segretario Fisac Cgil

Fabrizio Avola, responsabile Uilca Uil

SERVIZI e INTERVISTE di ALESSANDRA PRIVITERA ([email protected])

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1527 Febbraio 2010

“Le banche hanno cambiato pelle. Si sono trasformate in negozi finanziari con la cultura del prodotto”

“Lo sganciamento del BdS dalla politica siciliana è positivoPer le nefandezze della Regione era una realtà scadente”

Unicredit ha ribadito «la grande attenzione che at-traverso il Banco di Sici-lia intende riservare alle imprese che sono la base dell’economia» locale ma la standardizzazione dei pro-dotti ha portato al sostan-ziale abbandono di taluni ambiti di attività (esempio: credito agrario, credito pe-schereccio etc.), con conse-guente abbandono di am-pie fette di mercato. Quali le ripercussioni a Siracusa? Di cosa avrebbe realmente bisogno il territorio siracu-sano per aiutare la crescita economica?Critico Fabrizio Avola: «Una banca senza identità e storia è come un albero sen-za radici. Sebbene assistia-

mo giornalmente a slogan pubblicitari da parte degli istituti di credito che dicono di voler assistere e sostenere l’economia locale, di fatto i famosi “Tremonti_bond” sono stati usati dai super colossi per l’acquisizione all’estero e non per ridare ossigeno ad una economia malata. Il territorio siracusa-no avrebbe bisogno di nuovi stimoli e risorse, prestando maggiore attenzione alle piccole e medie imprese che possono diventare il pilastro della nostra economia. L’im-pegno deve essere costante, e di tutte le forze sociali, in piena sinergia tra sindacati e politica (d’altra parte, mai la provincia di Siracusa ha avuto una così nutrita rap-

presentanza parlamentare). D’altra parte, sia a livello lo-cale che a livello nazionale, non è certamente uno scena-rio sereno quello che stiamo vivendo: l’implosione della finanza e del mercato del credito ha avuto effetti de-vastanti. La crisi economi-ca è sotto gli occhi di tutti: abbiamo toccato con mano il fallimento che ha arricchito pochi e buttato nella miseria molti. Voglio porre l’accen-to, perché è una cosa che ci tocca da vicino, su come il sistema delle stock-option e il sistema incentivante siano stati quanto di più ignobile inventato per i manager. Non si vogliono negare gli effetti positivi di un libero mercato, ma è necessario correggere

gli squilibri ed eliminare gli abusi. La principale fortuna dell’Italia, che pur sta su-bendo i nefasti riflessi della crisi mondiale, risiede nel fatto che le nostre aziende di credito hanno posto in esse-re meccanismi di limitazione del credito anche se questa pratica oggi limita l’ossige-no alle imprese».Alberto Lo Passo: «Il Banco ha supportato per decenni la Regione Siciliana svolgen-do il servizio di Tesoreria. La crescita economica del territorio siracusano, il cui sviluppo è stato fortemente caratterizzato dall’industria, dovrebbe vedere una mag-giore attenzione della classe politica che, oltre a favorire il mantenimento della pre-senza industriale, dovrebbe occuparsi dello sviluppo di altri settori quali l’agricoltu-ra, il turismo e l’occupazione legata alle attività culturali».Ottimista Giuseppe Amato: «Il fatto che il BdS si sganci dalla politica siciliana regio-nale e dai soggetti pubblici è, con ogni probabilità, un fatto positivo: alla Regione Sici-lia, in quanto soggetto politi-co, vanno attribuite, purtrop-po, parecchie nefandezze che hanno ridotto il BdS a redditività scadente e a un li-vello professionale manage-riale interno bassissimo, che non può competere con una banca che oggi voglia esse-re un player europeo. Questo non significa che noi esultia-mo alla politica che Profumo va delineando: è chiaro che esistono differenze di sensi-bilità a seconda delle regioni italiane; il settore agricolo, come quello peschereccio,

hanno bisogno di attenzione: non hanno bisogno, però, di istituti bancari con una de-nominazione meridionale, ma a vocazione meridiona-le. Unicredit dovrà legarsi a un senso di responsabilità nei confronti del territorio che non può venire meno». Ma Amato tiene a precisare: «La matrice prevalentemen-te finanziaria della crisi in corso ha fatto sì che tanti, forse troppi, si sentissero au-torizzati a parlare di credito. Spesso la discussione che ne è seguita è stata caratteriz-zata da grande genericità, da stereotipi e da ideologismi e nulla, come il credito, risulta essere assolutamente incom-patibile con questo tipo di approccio. Le banche hanno cambiato pelle. “Quello che ha attraversato il settore ha a che fare con una vera e propria mutazione genetica. Da soggetti istitu-zionali demandati prevalen-temente all’intermediazione finanziaria, le banche si sono trasformate in “negozi finan-ziari” dove per definizione vige un’ottica di breve pe-riodo. Come conseguenza di ciò alla vecchia cultura del cliente (che poi significava attenzione al territorio), è stata sostituita una più pro-saica “cultura del prodotto”. Mentre la funzione di inter-mediazione finanziaria ave-va una valenza sociale in-trinseca ed è stata a lungo un indiscutibile volano di svi-luppo, l’attuale attività ban-caria, in gran parte assorbita dalla collocazione di prodot-ti, di dubbia utilità sociale ma dall’immediata rimune-ratività, denota il forte limite

di una crescente auto-refe-renzialità che, di fatto, rende il sistema bancario sordo alla crescita di medio lungo pe-riodo del territorio. La vera sfida, dunque, è: come si esercitano le nuove funzio-ni? Con quale tasso etico? È da considerarsi inevitabile la quotidiana pressione su una popolazione abbrutita da li-velli inediti di indebitamento affinché si indebiti ulterior-mente? Come si recupera un rapporto strategico con il ter-ritorio? Come si risarcisce il Paese del danno di una crisi di avvelenamento finanzia-rio che non siamo riusciti a contrastare adeguatamente? “Credo, innanzitutto, che bi-sogna partire dalla consape-volezza che molti degli squi-libri dell’attuale crisi hanno radice nella complessità delle innovazioni in ambito finanziario. La crisi attuale è anche l’esito di un’inno-vazione finanziaria condotta a tappe forzate senza soffer-marsi troppo a riflettere se i nuovi prodotti intercettas-sero o no un’esigenza reale, presente nella società o se, al contrario, costituissero un’esigenza tutta interna al Sistema Bancario, non più in grado di sostenersi con la gamma dei ”Prodotti stan-dardizzati” cui era abituata. Oggi, la diminuita fiducia nelle istituzioni finanziarie dovrebbe suggerire proprio un ripensamento diffuso delle strategie delle banche proprio in direzione di una standardizzazione dei pro-dotti e di una cultura delle regole cui il nostro capitali-smo è sempre stato così re-frattario».

“Qui dove il rispetto per le istituzioni scarseggia, l’Istituto era un’icona dello Stato”

“Un’azione più efficace tra sindacati e forze politicheavrebbe potuto evitare lo scippo della Banca d’Italia”

«La cessazione del BdS comporterà per la Regione la perdita di introiti fisca-li per 150 milioni di euro», dice Rudy Maira, capogrup-po Udc all’ Ars. È davvero così? È possibile fare una stima delle perdite di introiti fiscali per Siracusa?Fabrizio Avola e Alberto Lo Passo sono concordi: «Non è possibile quantificare quale sia la ricaduta degli introiti fiscali che verranno meno per effetto dello spostamento della direzione dell’Azienda al Nord, se effettivamente sarà così». La Banca d’Italia ha la-sciato Siracusa in segui-to a una ristrutturazione della rete territoriale volta

alla razionalizzazione del-le spese. Eppure le filiali chiuse sono passate dalle 74 preventivate a 33. Per-ché Siracusa non è riuscita ad imporsi come ha fatto Ragusa? Si è trattato solo di un pressing troppo soft da parte di politica e sinda-cati o ci sono, a vostro avvi-so, più valide motivazioni?Fabrizio Avola: «L’impove-rimento di un territorio pas-sa anche dalla perdita della filiale della Banca d’Italia: Siracusa è riuscita anche in questo. Non possiamo nega-re, tutti, di aver lottato poco e male per non subire l’en-nesimo scippo da parte di province che lottano per ot-tenere il nuovo e mantenere

quanto acquisito». E Giuseppe Amato, nel con-cordare con il collega Avola, aggiunge e chiosa: «La vo-stra domanda ci chiama ad assumerci le nostre respon-sabilità: in beata solitudine avevo scritto a diversi sog-getti istituzionali per porre la vicenda su un piano politico che fosse di rilievo. Si sareb-be potuto fare di più? Sicu-ramente sì. È una sconfitta: ma portare questo argomento a un tavo-lo unitario con le altre sigle sindacali avrebbe significato arrampicarsi sugli specchi. Né, devo dire, le rappresen-tanze sindacali all’interno della Banca d’Italia sono sembrate disposte a lotta-

re per arginare il problema. È vero, però, che un’azione concentrica più efficace, più coordinata tra forze sindaca-li e politiche avrebbe forse potuto evitare la chiusura. Al di là delle letture econo-miche che si possono dare dell’assenza della Banca d’Italia a Siracusa, infatti, è il caso di riflettere sul ri-svolto d’immagine: la Banca d’Italia è un’istituzione rico-nosciuta da più parti; in un territorio in cui la fiducia e il rispetto verso le istituzio-ni scarseggiano, la chiusura della Banca d’Italia equivale ad allontanare un’icona del-lo Stato in un territorio che dello Stato ha quanto mai bisogno».

SERVIZI e INTERVISTE di ALESSANDRA PRIVITERA ([email protected])

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16 27 Febbraio 2010

Ricordate le previsioni? “A gennaio ci sarà una pandemia”. Ma della suina non si parla più

Un medico di famiglia: “L’influenza A un grande bluffPer ora solo un’enterite virale con disturbi di stomaco”

Parliamo di salute. In questi giorni in cui pioggia e tempe-rature in calo hanno accolto i risvegli dei siracusani, moltis-sime persone si dibattono fra mal di gola, mal d’orecchio e raffreddore, da un lato, e un virus gastrointestinale che re-gala, carinamente, nausea e dolori addominali dall’altro.Ma l’influenza A, la temutissi-ma H1N1, la cosiddetta suina, ve la ricordate?Non se ne parla più da un bel po’, l’argomento ha perso la pole position, è passato in se-condo piano ormai, la notizia è, addirittura, sorvolata da te-legiornali e stampa, dediti, re-centemente, agli scandali poli-tici e alle ondate di maltempo.Eppure i primi mesi dell’anno dovevano rappresentare il mo-mento clou della pandemia., ed ecco, invece, quasi per magia, non accennando più all’argomento, sembra proprio che il virus si sia volatilizzato. Un flop? Un fuoco di paglia, scemato tanto in fretta come è divampato? Certo è che, se si è trattato di – ammettiamo – in-genuità, errore di calcolo, so-pravvalutazione del fenomeno da parte dell’Oms, è stato uno sbaglio pagato molto caro dal nostro governo: 24 milioni di dosi per un totale di 184 mi-lioni di euro. E fossero almeno state usate. La ventata di al-larmismo per i possibili effetti collaterali del vaccino ha avu-to la meglio sullo spauracchio per la pandemia e sono state meno di novecentomila le dosi utilizzate.Il web (e solo il web perché, come detto, televisioni e gior-nali nicchiano sull’argomento) informa che la stima delle vit-time della suina in Italia, al 31 gennaio 2010, ammonta a 229

persone. L’Oms, pochi giorni fa, ha comunicato che il vi-rus influenzale ha mietuto nel mondo più di 15 mila vittime e ha, al contempo, assicurato che “l’attività virale continua a ridursi nell’emisfero nord del mondo”. E il famoso pic-co previsto in gennaio? Quel picco che, addirittura, secondo previsioni che, a questo pun-to, erano solo pessimistiche, avrebbe potuto comportare la chiusura delle scuole, che fine ha fatto? La suina ci ha grazia-to? O forse – forse ripetiamo – ci si è preoccupati troppo e a sproposito?Solo dubbi, illazioni certo, ma mentre, a fine gennaio, il mi-nistro della salute Fazio, con-siderando scemato l’allarme di pandemia, ha chiuso il servi-zio d’informazione ministeria-le che era stato creato ad hoc, è di questi giorni la notizia che la regione Veneto sta rispeden-do verso la capitale settecen-tomila dosi di vaccino inutiliz-zate (e dire che si temeva che le dosi non bastassero per tutti gli italiani e si erano stilati, addirittura, ordini cronologici per le vaccinazioni); il futuro di questo campionario? Da definirsi. Probabilmente alcu-ne dosi verranno conservate “per ogni evenienza”, altre sa-ranno inviate, come richiesto dall’Oms, ai paesi più poveri e le restanti restituite al mit-tente, cioè alle case farmaceu-tiche. E le case farmaceutiche sono state già remunerate per il prodotto dispensato. E non dimentichiamoci del gruppo Angelini, produttore della or-mai notissima Amuchina, nata come mero disinfettante, ma ormai moltiplicatasi in diverse varianti: gel igienizzante mani (anche nella comoda versione

di MONICA LANAIA ([email protected])

tascabile ampiamente pubbli-cizzata), disinfettante liquido e in polvere, spray per superfi-ci, compresse disinfettanti ef-fervescenti e l’elenco potrebbe continuare. Il sito del prodotto vi accoglie con una graziosa musichetta e, in sovrimpres-sione, compare la scritta “non lasciarti influenzare”: l’amu-china è stato, si capisce, il ca-vallo di battaglia della preven-zione e della lotta alla suina.Anche a Siracusa, a novem-bre, in quel clima di tensione e di prevenzione ad oltran-za, in quelle settimane in cui Topo Gigio appariva negli spot consigliando di lavarsi frequentemente le mani, sono state consegnate tremila dosi di vaccino all’Asp; si parlava, all’epoca di piano di interven-to straordinario per la preven-zione, di unità di crisi per la

pandemia, di piano pandemico “per gestire un evento di que-sta portata” e “fronteggiare le situazioni di rischio”. Tutto finito? Un medico di famiglia di Siracusa esclama: “Non c’è né l’influenza A, né l’influen-za normale; in questi giorni sta solo girando un’enterite virale che provoca disturbi di sto-maco. È stato tutto un grande bluff: chissà quanti milioni di euro sono stati guadagnati con tutta questa storia”.Considerato che sono state davvero poche le persone che si sono lasciate convincere a subire l’iniezione contro il fa-migerato virus della suina, è un’ardua impresa trovare un siracusano che si sia vaccinato contro l’H1N1. Un ragazzo di trent’anni, dipendente stata-le ad Augusta, ci spiega: “Ho dovuto fare il vaccino, e sono

stato l’unico nel mio luogo di lavoro a farlo, perché soffro di asma cronica e facevo, quindi, parte di quelle categorie a ri-schio nel caso di contrazione del virus. In questi mesi, per fortuna, non sono stato con-tagiato né dalla A, né da altri tipi di influenza; però ricor-do chiaramente che, subito dopo aver fatto il vaccino, ho avvertito un malessere e una spossatezza tali che ho dovu-to, addirittura, abbandonare la lezione in palestra e tornare a casa a stendermi. D’altronde, essendo un soggetto a rischio, non avevo molta scelta circa il vaccinarmi o meno, tuttavia sono convinto che sia stato ingigantito il problema, si è esagerato e amplificato il fe-nomeno”.E se non mancano siti, spar-si qua e là su internet, che

consigliano di non abbassare la guardia perché potrebbero presentarsi “colpi di coda” della A, è un dato di fatto che la notizia che ha fatto scalpo-re, che ha seminato timore, che è passata sulle bocche di tutti, che ha modificato alcu-ni stili di vita (lavarsi le mani male non fa, ma costringere i bambini a disinfettare gior-nalmente i banchi e a chiede-re, ad ogni starnuto, di recarsi alla toilette, non è stato, forse, un tantino insensato, eccessi-vo?), la notizia clou, quindi, del 2009 sembra dissolta con l’arrivo del 2010. Sembra quasi che anche il virus, di fronte alle quantità immane di vaccini prodotti, abbia prefe-rito fare volontariamente die-trofront e, con esso, l’influen-za è decorsa naturalmente e docilmente.

“Scrivo quello che mi capita. Per rileggermi e prendermi un po’ in giro, innanzitutto”

I nostri collaboratori allo specchio: Alessandra Privitera“Vivo in bilico tra la sfiga, l’ironia che ne faccio e l’ira”

I nostri collaboratori che vorranno potranno de-scriversi, per accorciare la distanza coi lettori. Un settimanale non è un talk show, il giorna-lista manco si vede. E’ solo un nome in calce all’articolo, un protagonista impersonale. Alessandra Privitera ha scritto di sé con gustoso fair play. Conosciamola. “Trent’anni. Sicula. Single. Femmina. Etero. Laureata. Precaria. Segni particolari: nessu-no e tutti insieme. Perché non sono una stra-figa come Naomi Campbell, Angelina Jolie o Scarlett Johansson - questo è evidente. E non somiglio nemmeno alla Befana, almeno credo. E sento anche di avere nell’essenza qualcosa che mi rende particolare, diversa dalle altre. E com’è che in fondo - proprio in fondo agli occhi verdebottigliatendentealnocciola nascosti dagli occhialini quadratiefondodibottiglia - nessuno se n’è accorto?“Questa cosa proprio mi sorprende. D’altra parte sono arrivata sulla sponda dei trenta a pane e Sex and the city: ho remato controcorrente come Liz-zie di Pride and Prejudice e sognato spesso – per non dire ogni notte – che Mark Darcy piombasse

nel mio diario come ha fatto in quello di Bridget Jones. Ce la metto tutta per ottenere un lavoro fico in stile Carrie Bradshaw sullo stiletto Ma-nolo Blahnik e mi sto sempre più convincendo che la soluzione ai problemi vada rimandata: se ce l’ha fatta Becky di I love shopping (ovunque, perunque e con chiunque), perché non io?Ma un qualsiasi paese di provincia della costa orientale sicula non è Londra né tantomeno New York. La finestra dietro la quale ho posto il mio ASUS ormai demodé non dà su una qualche im-portante Avenue della city. Il mio conto corrente è una farsa su cui non cala ancora il sipario per il buon cuore del direttore della banca: forse per-ché, essendo popolare agricola, mi metteranno a raccogliere pomodori in quel di Ragusa quando capiranno che sono un caso irrecuperabile.Insomma: quelli adolescenziali (tra brufoli, appa-recchio ai denti e brutti voti a scuola) sono gli anni più belli della vita. Quelli universitari – tra esami rinviati, sbornie da disco il mercoledì sera e spese da centinaia di euro al supermercato per comprare solo dolcetti e patatine – resteranno indimentica-bili. Gli –anta saranno quelli della maturità.

“Come li chiamo, allora, questi trenta? Perché li ricorderò? Mi rispondo, talvolta: “Perché sono una sfigheira, essenzialmente: vivo cioè in bilico tra la sfiga, la capacità di ironizzarci sopra e l’ira – fulminea (per fortuna dura solo un istante)... d’altra parte - mi dico - certe cose capitano solo a me”.Talaltra, invece, mi ripeto che no, non posso es-sere la sola a vivere questa perenne tempesta in cui i fulmini si chiamano “uomini sbagliati” (en-trano nelle tua vita, ci stanno poco meno di un se-condo ma ti squarciano con maestria), il rumore dei tuoni fa CO.CO.PRO. (per 3 mesi) CO.CO.PRO. (per 6 mesi) CO.CO.PRO. (per 9 mesi), i lampi si accendono di rosso – perché questo è il colore perenne del tuo c.c.“Una risposta, si è capito, proprio non ce l’ho. E allora scrivo quello che mi capita. Per rileggermi e prendermi un po’ in giro, innanzitutto. Per essere solidale con tutte le ragazze?donne omegliotren-tenni che in questo quadro, appena accennato, si ritrovano. Per sensibilizzare – chissà? – gli uomini e, last but not least, i datori di lavoro”.Alessandra Privitera ([email protected])