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111 LUCA PICCIAU - PRIMI PASSI CON… THEA RENDER

PRIMI PASSI CON…

Luca Picciau tridem.altervista.org

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PREMESSA. Questa breve guida vuole essere d’aiuto ad introdursi in un’applicazione ricca e complessa come Thea, in particolar modo per chi non ha precedenti esperienze con altri software di rendering fotorealistico. Non voglio certamente sostituirmi al manuale utente ufficiale, ma piuttosto dare una prima presentazione in italiano del programma, che faciliti l’orientamento nei primi giorni di utilizzo e accompagni verso il successivo studio approfondito delle numerose funzioni disponibili in Thea. Nella maggior parte dei casi per parametri, proprietà ecc... verranno mantenute le nomenclature in inglese, perché comunque le si trovano corrispondenti nell’uso del software e perché fanno parte del linguaggio tecnico comune ai motori di rendering e alle applicazioni 3D in genere. Faccio quest’opera da semplice appassionato non professionista quindi mi scuso in anticipo per le eventuali imprecisioni o termini inappropriati che invito a segnalarmi in modo da migliorare il testo. La versione di Thea di riferimento al momento della stesura di questa guida è la BETA 1.5.3 build 387 Buona lettura! Luca Picciau http://tridem.altervista.org [email protected]

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1. RENDER ENGINE...QUESTO SCONOSCIUTO! Chi si avvicina per la prima volta a un software dedicato al rendering può avere dei dubbi legittimi che se non chiariti subito rischiano di compromettere l'apprendimento dell'uso del software. Quindi, a rischio di annoiare gli utenti con un minimo di esperienza, partirò con un paio di nozioni molto elementari. Thea è un software dedicato al rendering, che possiamo considerare come la “fotografia” di una scena modellata in 3D. Per fare questa apparentemente semplice operazione è necessario fornire al programma una moltitudine di informazioni riguardo ai materiali del modello, all'illuminazione, all'ambiente in cui il modello stesso è inserito. Teniamo ben presenti queste tre voci: materiali, illuminazione, ambiente. Concorreranno tutte assieme alla buona riuscita dell'immagine finale; uno degli errori più comuni nei principianti è proprio quello di dedicare molte energie ad esempio ai materiali trascurando l'illuminazione, e questo modo di lavorare porterà sicuramente risultati deludenti! Per prevenire alcuni errori e aspettative piuttosto comuni, diciamo subito anche COSA NON FA un motore di rendering come Thea. Non fa modellazione: la scena con gli oggetti arriva già pronta e modellata da altre applicazioni (3ds, sketchup, blender...) tuttavia sarà possibile copiare, spostare, ruotare e scalare gli oggetti e creare delle ripetizioni controllate. Non fa composizioni e fotoritocco: per questo si dovrà portare l'immagine “nuda” del rendering in programmi dedicati (photoshop, gimp...) sono però disponibili degli strumenti elementari ma molto efficaci per la correzione dei toni dell'immagine. Non è un realtime viewer: durante le fasi di lavoro la scena è visibile nella finestra principale ma il suo aspetto è totalmente diverso da quello che sarà il rendering che, sia immagine fissa (still) o animazione, va lanciato secondo determinate procedure. Non aspettiamoci quindi di “navigare” nel modello come fosse un videogioco vedendo i materiali e l'illuminazione che abbiamo impostato. OK, ora dovremmo avere le idee un po' più chiare su cosa è un motore di rendering... sorvoleremo la parte relativa al download del software, la sua installazione e attivazione licenza, argomenti per cui rimando al sito e manuale ufficiali.

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2. APRIAMO THEA STUDIO All'apertura del programma ci troviamo di fronte alla schermata predefinita; vediamo com'è composta e come muoverci nell'area di lavoro. (1) Barra dei menù, contiene le classiche operazioni sui file e

alcune impostazioni a carattere generale. (2) Vista (albero) della scena; raggruppa in una struttura ad

albero tutti gli oggetti (in senso ampio) della scena. (3) Finestra contenuti, multifunzione con le schede:

- proprietà (ad esempio di una luce selezionata) - materiali - textures, a sua volta si divide in procedurali e bitmaps

(4) Finestra di lavoro; è divisa in tre schede (in basso a sx): - Viewport che visualizza la scena e contiene diverse barre

di strumenti che vedremo in seguito - Darkroom per impostare e lanciare il rendering - Console che visualizza tutti i messaggi di sistema.

(5) Pannello delle impostazioni, si divide in: - Material Lab (per la creazione e modifica dei materiali) - Environment per gestire cielo, sfondo, localizzazione

spazio-temporale e caratteristiche atmosferiche - Render per impostare i parametri dei vari motori di

rendering (Thea ne mette a disposizione 3 diversi) - Tools allo stato attuale ha solo l’instancing , cioè lo

strumento per creare ripetizioni controllate di uno o più oggetti (utile per grandi assiemi, ad es. erba e cespugli)

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3. MENU > FILE Il menù File è molto semplice, oltre ai soliti comandi Open, Save e Save as.. troviamo Merge che serve ad aggiungere elementi nuovi ad una scena già caricata. Importando con la funzione Merge abbiamo possibilità di scegliere cosa prendere, cosa scartare e come gestire eventuali oggetti con lo stesso nome. Ad esempio se vogliamo aggiungere nuove mesh alla nostra scena possiamo scegliere per Lights Cameras e Environment l’opzione ‘keep current – throw away new’ cioè: non importare nuove luci, camere o ambientazioni, aggiungi a questa scena solo nuovi modelli! È una funzione molto più utile di quanto sembri inizialmente, perché permette di fare modifiche alla scena senza dover ricominciare da zero dal modellatore perdendo tutto il lavoro eventualmente già fatto in Thea. In questa guida non prenderemo in considerazione i vari plugin che applicati ai modellatori 3D permettono di esportare la scena e i materiali, poiché sono molto diversi tra loro e si integrano in modo più o meno stretto nell’applicazione che li ospita. Rimando lo studio di quest’aspetto alle guide che vengono fornite assieme ai plugin; nelle prossime pagine faremo sempre conto di aprire direttamente da Thea Studio una scena già esportata, da modificare e preparare per il rendering. Assieme al programma vengono fornite delle scene di esempio che possiamo usare per fare pratica , tra cui la scena ufficiale per presentare i materiali Thea (qui a lato). Le troviamo nel menù File>Scenes>Examples

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Per finire col menu file, uno sguardo ai vari formati disponibili per il salvataggio da Save As... che se conosciuti permetteranno di scegliere il più adatto al nostro scopo. 1 Thea Scene Files (*.scn.thea) Formato predefinito, contiene la scena e le regolazioni dei materiali, sono escluse le textures e bitmap in genere delle quali viene salvato il percorso.

2 Thea XML Files (*.xml) È un formato equivalente a .scn ma meno ‘progredito’. Normalmente non c’è motivo di usarlo in salvataggio (potrebbe invece essere usato dai plugin dei modellatori)

3 Thea Zip-XML Files (*.tzx) uguale al precedente, ma in formato compresso zip

4 Thea Pack Files (*.pack.thea) soluzione adatta alla condivisione del file, contiene scena completa e textures.

5 Thea Image Files (*.img.thea) salva l’immagine renderizzata anche parzialmente (ad esempio la progressione di un rendering unbiased) in modo da poterla riprendere anche dopo aver arrestato il rendering e chiuso il file, in abbinamento al comando Render>Resume

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4. ALTRI MENU Diamo un rapido sguardo alle altre voci di menù, quasi tutte molto intuitive per cui non approfondiremo ulteriormente: Render: ha i comandi per far partire, sospendere e arrestare un render. Si accede ai vari preset di rendering preinstallati e c'è la possibilità di salvarne di nuovi personalizzati. Da notare il comando Resume che, se si dispone del file immagine di Thea precedentemente salvato (e ovviamente del file della scena!), consente di riprendere un rendering di tipo unbiased che era stato interrotto. Customize: permette di scegliere la lingua e diversi temi dell'interfaccia grafica utente (GUI), in parte ancora da implementare allo stato attuale. Per quanto riguarda la lingua consiglio comunque di tenere l'inglese al quale ci si abitua velocemente e garantisce di essere sempre aggiornato nelle release a seguire. Window: mostra/nasconde le diverse finestre disponibili Help: oltre alle classiche informazioni sulla versione installata, c'è il pannello per la gestione licenze di Thea Studio e dei vari plugin (vedere la guida ufficiale a riguardo), e il comando Server Beacon, letterarmente “faro del server” che viene usato per far connettere eventuali client per il network rendering.

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5. NAVIGAZIONE Prima di proseguire voglio spendere due parole su come ci si muove all'interno della finestra 3D con le impostazioni che troviamo all'apertura. Il tasto sinistro del mouse seleziona i modelli (+ctrl per selezioni multiple); se ci si trova in visualizzazione wireframe (tasto 'V' per attivarla/disattivarla) si deve puntare su un bordo visibile per selezionare il modello. Per deselezionare tutto si clicca su un punto vuoto della scena o si preme ‘spacebar’. Il tasto destro se cliccato da fermi apre il menù contestuale, se viene trascinato funziona da pan, cioè ci fa spostare linearmente lungo la scena. La rotellina centrale se ruotata funziona da zoom in/out (viene chiamato dolly), se premuta e trascinata funziona da rotate, cioè ruota il punto di vista sulla scena. Quando un modello è selezionato la rotazione avviene in riferimento a quello, premendo il tasto 'M' si passa alla rotazione con riferimento al centro globale e viceversa. I tasti da ‘1’ a ‘6’ (non su tastierino numerico) mostrano le viste ortogonali standard, il tasto ‘0’ divide la finestra in quattro quadranti. Il tasto ‘C’ sposta la visuale a rotazione su tutte le camere disponibili salvate più la ‘current view’ che è una sorta di camera dinamica (sconsigliato usarla per il rendering finale). Quando si seleziona un oggetto appare un manipolatore, chiamato Gizmo che serve (trascinandone gli assi o il centro) a traslare, ruotare, scalare l’oggetto. La funzione svolta dal gizmo cambia premendo il tasto ‘G’ Traslazione Rotazione Scala Più avanti torneremo sui comandi di navigazione e visualizzazione accessibili dalle barre di comando.

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6. LA FINESTRA SCENE apriamo una delle scene di esempio, GlassOfWater.scn.thea, notiamo che la finestra in alto a sinistra si riempie di tutti gli elementi della scena ordinati in un albero gerarchico. Troviamo partendo dall'alto: modelli, luci, camere, materiali, proxies. Solitamente quando si importa una nuova scena, ad ogni materiale diverso corrisponde un oggetto (modello) diverso, per cui si deve prevedere nel modellatore quanti oggetti diversi vogliamo poi gestire perchè non sarà possibile dopo separarli (per questo diventa estremamente utile la funzione merge vista all'inizio). È invece possibile una volta che abbiamo i nostri modelli distinti nella scena, assegnare liberamente i materiali quindi uno stesso materiale può essere usato da più modelli, come in questo esempio abbiamo 5 materiali diversi assegnati a 7 modelli, due dei quali sono raggruppati. Cliccando sul nome del modello, nella 3Dview questo si evidenzia in giallo e nella finestra contenuti (scheda properties) troviamo varie proprietà da abilitare o meno.

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Cliccando col destro sul nome del modello si apre il menù contestuale che permette alcune operazioni sul modello stesso e altre generiche sulla scena. - Assign Material abbina al modello uno dei materiali presenti nella scena, la stessa operazione si può fare col metodo drag&drop, trascinando il materiale desiderato sul modello, anche utilizzando le finestre di browser che accedono alle librerie salvate.

- Assign Interface Nell’uso di materiali trasmittenti (liquidi, vetro, SSS) serve a definire il tipo di accoppiamento, ad esempio la parte di acqua a contatto col bicchiere avrà una mesh con materiale water -> interface=glass

- Assign layer Soprattutto in scene complesse può essere utile assegnare gli oggetti a layer differenti da mostrare o nascondere con un semplice click

- Geometry Raccoglie alcuni semplici strumenti per la modifica delle mesh, come l’arrotondamento degli spigoli.

- Motion Fornisce delle opzioni da usare se l’oggetto fa parte di un’animazione (argomento che non tratteremo qui)

- Enable; Disable; Show; Hide (abilita, disabilita, mostra, nascondi)

Sono le condizioni di stato che può assumere l’oggetto, hanno significati che possono sembrare coincidere, ma si deve considerare che il nascondere un oggetto non equivale ad ignorarlo (disable) per software, nel caso ad esempio di una fonte luminosa questo può influire pesantemente sui tempi di rendering!

- New Semplicemente crea da zero il materiale - Duplicate Copia l’oggetto (anche tasto ‘insert’ nella 3D view) - Delete Elimina l’oggetto

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L’ultimo gruppo di comandi riguarda la scena nel suo complesso e non l’oggetto selezionato. - Scene Ha dei comandi per muovere e allineare il sistema di assi della scena

- Materials Per ricostruire le anteprime materiali, di tutti o solo di quelli che ancora non ne hanno una

- CleanUp Molto importante soprattutto quando si è terminato di lavorare e fare modifiche, serve a ripulire la scena dagli elementi, soprattutto textures, non più utilizzati consentendo di ridurre le dimensioni del file salvato.

Naturalmente questo menù contestuale avrà delle voci disabilitate a seconda di quale tipo di oggetto sarà selezionato (se lo facciamo su una camera o su una luce non avrà senso il comando assegna interfaccia!). Analogamente nella finestra contenuti si aggiornerà la scheda properties. Un’ultima cosa da notare sulla finestra scene ; quando selezioniamo una sorgente di luce (ma in particolare il sole) compare nella 3D view una specie di bussola dove trascinando il simbolo del sole ne modifichiamo la posizione sulla scena, ignorando le eventuali coordinate geografiche precedentemente date o importate col modello.

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7. LA FINESTRA CONTENTS Come già accennato questa è una finestra formata da tre schede, la prima delle quali, properties, è contestuale in funzione di cosa abbiamo selezionato nella scena. Le altre due schede sono Materials e Textures che a sua volta si divide in Procedurals e Bitmaps. Partiamo proprio da queste ultime, materials procedurals e bitmaps non sono altro che dei contenitori dove trovare quello che ci serve e assegnarlo usando il drag&drop o il menù contestuale che si apre col tasto destro, dove troviamo le comuni utilità come il rename, delete ecc... Una piccola parentesi la meritano le procedurals: si tratta di textures particolari ricavate non da un’immagine bitmap ma da un calcolo (procedura, appunto) e quindi modificabili secondo le nostre esigenze usando dei parametri specifici per ognuna (colori, densità del motivo, spessori linee...), si usano tra le altre cose ad esempio per aggiungere ‘rumore’ casuale alle textures che diversamente sarebbero ripetitive o per generare variazioni graduali di colore (ramps). Allo stato attuale sono ancora in fase di sviluppo ma verranno sicuramente integrate alcune funzioni molto interessanti e richieste come la fresnel ramp (variazione di colore in funzione dell’angolo di incidenza).

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La scheda properties per i modelli. Per i modelli troviamo nuovamente i comandi per abilitare, disabilitare e mostrare o nascondere l’oggetto, a seguire le opzioni per mostrare le caustiche e le ombre (ricevute o proiettate dall’oggetto). Il pannello UV Channels serve ad assegnare ai diversi canali eventuali diverse mappe UV esportate dal modellatore, è una funzione abbastanza avanzata che non vedremo in questa guida. La scheda properties per le luci. Più complessa ed interessante, prendiamo ad esempio quella degli spot lights che è la più completa e vedremo poi le differenze con gli altri tipi. Enable – spegne o accende la luce. Shadow – abilita la proiezione di ombre Soft Shadow – se abilitato, in funzione del valore di radius, ammorbidisce i bordi delle ombre come avverrebbe nella realtà, è una funzione fondamentale per avere immagini fotorealistiche ma richiede maggiori risorse di calcolo. Multipler – regola l’intensità della luce. Radius – misura (in metri) del raggio del ‘globo’ che emette luce. Importante impostarlo correttamente in abbinamento a softshadows e per evitare interferenze con altre mesh. Sorvoliamo su Min Rays, Max Rays, Global Photons e Caustic Photons che sono parametri avanzati per i metodi biased, peraltro dal significato molto intuitivo per chi ha le cognizioni per usarli. Color – Da usare con moderazione... è il colore dei raggi luminosi; nel caso si tratti di una luce di tipo Projector in questo canale è possibile inserire una map (l’immagine da proiettare).

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Attenuation – determina in che modo i raggi si attenuano in funzione della distanza dalla sorgente. Fall Off – Angolo (in gradi) del cono di luce soffusa di uno spot. Hot Spot – Angolo (in gradi) del cono centrale più intenso di uno spot. Nel caso di luce IES si dovrà scegliere il profilo da utilizzare. La scelta è sui files ies che tipicamente si trovano nella cartella ...\Dati applicazioni\Thea Render\ies dove ne possiamo aggiungere di altri a piacimento. La scheda properties per le camere. Resolution – dimensioni LxH in pixel dell’immagine renderizzata, sarà comunque possibile modificarla quando si lancia il render. Film height – dimensione della pellicola virtuale; questo parametro serve a simulare esattamente le impostazioni che si avrebbero con una macchina fotografica reflex tradizionale, poichè in accoppiamento alla lunghezza focale determina la prospettiva dell’immagine, di fatto non c’è solitamente motivo di modificarlo. Focal lenght – simula la distanza focale dell’obiettivo modificando quindi zoom e distorsione della prospettiva (valori bassi corrispondono a un obiettivo grandangolare, valori alti ad un teleobiettivo).

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Projection – normalmente si usa perspective, in casi particolari può essere richiesto la proiezione parallela (senza prospettiva), cilindrica o sferica (usate per creare immagini su cui navigare a 360°) Shutter Speed – velocità dell’otturatore, serve a regolare l’effetto motion blur. Shift X-Y – Corregge la distosione della prospettiva, ad esempio per ottenere linee verticali parallele. Diaphragm; Blades – Simulazione della forma del diaframma dell’obiettivo virtuale; influenzano la forma dei riflessi nelle aree sfuocate. f-number – apertura focale, come in fotografia a bassi valori corrisponde poca profondità di campo (DOF), col valore pinhole tutti gli oggetti sono a fuoco a prescindere dalla distanza. Focus Distance – distanza del punto di messa a fuoco dall’obiettivo. Far Plane – se attivato esclude f-number, determina la profondità di campo misurandone l’ampiezza. Autofocus – mette a fuoco la scena in modo automatico. Nella 3D view quando si seleziona la camera appare anche il punto di fuoco e puntamento(trascinabile) e l’ampiezza della profondità di campo tra linee parallele, entrambi molto utili per capire come si comporterà l’inquadratura al variare dei diversi parametri. I parametri Focus Distance e Far Plane possono anche essere oggetto di animazione, per creare cambi di messa a fuoco dinamici.

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8. LA BARRA ACTION Raggruppa alcuni comandi già visti accessibili da tastiera e mouse e altri che troviamo solo qui. a. Modalità di azione, normalmente su Select, le ultime due voci

si usano per l’instance brushing, tecnica usata per ‘popolare’ la scena con ripetizioni di oggetti (es. alberi e cespugli) secondo determinati parametri.

b. Undo, annulla l’ultima operazione. c. Redo, ripete l’operazione annullata. d. Group/Ungroup, raggruppa diversi oggetti assieme in modo da

poterli gestire (muovere, nascondere...) tutti assieme con un solo comando.

e. Duplicate, copia l’oggetto (shortcut: tasto ‘Insert’) f. Modalità d’azione del Gizmo (shortcut: tasto ‘G’) g. Elimina l’oggetto. h. Mostra tutti gli oggetti della scena. i. Nasconde l’oggetto selezionato. j. Pannello dei layer, mostra/nasconde gli oggetti appartenenti ai

diversi layer. k. Sottomenù inserimento: per inserire nuovi elementi nella scena

(luci, camere), è importante ricordarsi che la posizione e l’orientamento del nuovo oggetto saranno quelli del punto di vista al momento dell’inserimento.

l. Sottomenù elementi viewport: mostra o nasconde griglia, bussola e assi di riferimento globali.

m. Sottomenù tools: apre le finestre transform, animation e interactive render

Tralasciamo animation che va oltre gli scopi di questo manuale e interactive render ancora da sviluppare allo stato attuale. La finestra transform ha due schede, la prima è la transform vera e propria che permette di muovere ruotare e scalare l’oggetto dando dei valori numerici esatti (e allinearlo in vari modi); espandendo l’icona col compasso si scelgono le unità di misura. La secodna scheda, bitmap, serve ad applicare delle modifiche alle texture dell’oggetto: posizione, rotazione, scala e tipo di proiezione. A differenza di quanto si fa nell’editor materiali questo strumento applica le modifiche a tutte le textures contemporaneamente.

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9. LA BARRA VIEWER E I BROWSER La Viewer Bar raggruppa i comandi relativi alla visualizzazione (anche in questo caso alcuni li abbiamo già visti con mouse e tastiera).

n. Sceglie una delle viste ortogonali. o. Passa alla camera successiva, a rotazione mostra tutti i

punti di vista. p. Muove la camera; si preme una prima volta, si modifica il

proprio punto di vista a piacimento e si preme una seconda volta per applicare la vista corrente alla camera.

q. Vai a camera selezionata; mostra il punto di vista della camera selezionata.

r. Modalità di visualizzazione; col tasto ‘V’ si passa da wireframe a solid, qui ci sono altre due modalità disponibili: point cloud e Hidden Line.

s. Alterna la vista tra parallela e prospettica. t. Riempie l’immagine con l’oggetto selezionato. u. Centra l’immagine all’oggetto selezionato.

Le finestre browser permettono di accedere alle librerie di textures, materiali ecc.. (quelle nuove scaricate dalla rete si caricano con click tasto destro > import...) e aggiungere gli elementi alla scena col metodo drag&drop. Possiamo aggiungerne a piacimento dal menù Window >New Browser e le possiamo spostare liberamente (come pure tutte le altre finestre) sganciandole o ancorandole alla schermata permettendo di personalizzare l’intera area di lavoro.

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10. MATERIAL LAB La realizzazione dei materiali è forse l’aspetto più complesso e che richiede più tempo nella preparazione di un rendering (a meno ovviamente di prenderli già pronti da una libreria...) L’argomento è talmente ampio da meritare una trattazione a parte, perciò in questa guida daremo uno sguardo d’insieme tralasciando le funzioni più avanzate. Pannello dell’anteprima e gestione file a. Azzera tutte le regolazioni b. Ripristina il materiale iniziale c. Apre un materiale da file d. Salva il materiale corrente su file e. Opzioni per la visualizzazione

anteprima. f. Sceglie il tipo di anteprima g. Forza la ricostruzione dell’anteprima h. Arresta la ricostruzione dell’anteprima

Pannello centrale 1. Scheda generale, contiene il nome del

materiale e alcune impostazioni che tralasciamo.

2. Clipping; se abilitato consente di inserire un’immagine bitmap come mappa per ‘ritagliare’ il materiale con zone di trasparenza netta (clip map) o graduale (alpha map) selezionando soft.

3. Displace; consente di aggiungere dettagli (rilievi e avvallamenti) alla superficie del materiale, in funzione di un’immagine bitmap.

4. Emitter; dà al materiale capacità di emettere luce, secondo un colore o un’immagine; ha parametri simili alle proprietà delle luci. Ricordo che i materiali emitter influiscono pesantemente sui tempi di rendering in relazione alla quantità di poligoni della mesh, infatti ogni singolo triangolo è calcolato come un emettitore.

5. Medium; da usare se la scena è immersa in un fluido (inteso in senso ampio, anche nebbia e polvere ad esempio) ne regola il grado di assorbimento e dispersione dei raggi luminosi.

6. Basic; è il tipo di materiale comune che da solo può coprire la maggior parte delle esigenze soprattutto per chi inizia.

7. Glossy; rispetto al basic offre dei parametri utili ad ottenere risultati più accurati per materiali particolari quali ad esempio i metalli, e per creare liquidi e vetri.

8. SSS; acronimo per sub-surface-scattering sono i materiali che hanno delle relazioni complesse tra raggi riflessi, trasmessi e dispersi all’interno del materiale stesso, ad esempio sapone, cera, latte...

9. Thin Film; usato per particolari superfici cangianti come le bolle di sapone, macchie d’olio e in generale (come dice il termine stesso) pellicole sottili.

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10. Coating; shader ottimizzato per essere usato nella sovrapposizione di layer come rivestimento esterno degli altri visti prima.

La cornice centrale dà una rappresentazione molto intuitiva della ‘struttura’ del materiale e dei layer che lo compongono. Ogni volta che clicchiamo su uno degli shader (le tipologie di superficie 6, 7, 8, 9, 10) viene aggiunto un layer cioè un livello che interagisce con gli altri. Possiamo selezionarlo cliccandoci sopra e quindi cancellarlo, muoverlo sopra/sotto/accanto agli altri e regolarne il peso percentuale rispetto agli altri (cliccando sulla doppia freccia in alto a destra della cornice appare il resoconto totale dei pesi). Il tasto scatter visualizza per il layer selezionato le proprietà più strettamente ‘ottiche’ del materiale. Il tasto struct visualizza invece le proprietà più attinenti alla finitura della superficie come rugosità e rilievi. Come detto non approfondiremo la conoscenza di tutte le funzioni ma andremo a vedere un po’ più in dettaglio i parametri dello shader Basic che una volta compreso rappresenta un’ottima base di partenza per sperimentare anche gli altri tipi di materiali. Scheda Scattering Il canale Diffuse è quello che dà l’aspetto base del materiale, può essere un colore o un’immagine (si apre un file da qui o usando il drag&drop dalle finestre browser) Reflectance determina in che modo il materiale riflette la luce e quindi l’ambiente intorno a se; il suo funzionamento è influenzato da diversi altri parametri tra cui Roughness nella scheda Structure e Index of Refraction (IOR). Translucent simula la luce diffusa all’interno del materiale, è una imitazione ‘economica’ dei materiali SSS (ne sconsiglio l’uso ai principianti) . Absorption in accoppiamento a translucent determina il grado di attenuazione dei raggi trasmessi secondo il filtro di colore dato. Come per il precedente si tratta di parametri che ha più senso usare con gli shader SSS e Glossy. Index of Refraction (n) spesso abbreviato in IOR, influenza la riflessione e rifrazione dei raggi luminosi, nel caso di materiale solo riflettente come i basic possiamo semplicemente tenere presente che al crescere di IOR aumenta la riflessione. Extinction Coefficient (k) in accoppiamento a IOR dà le informazioni per il computo del coefficiente Fresnell per cui riflessione e rifrazione variano in funzione dell’angolo di incidenza sulla superficie.

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Trace Reflections se disabilitato toglie il calcolo delle riflessioni nei metodi biased permettendo tempi di rendering più rapidi (a fronte ovviamente di una qualità inferiore). Reflectance 90 consente di differenziare il valore di riflessione diverso da quello del precedente canale Reflectance in funzione dell’angolo di incidenza, si può anche disegnare una curva personalizzata (flag Custom Curve). L’applicazione di questi parametri è ad esempio in tessuti come il velluto che riflettono la luce in modo particolare rispetto ai materiali comuni. Scheda Structure Sigma per valori crescenti rende più uniforme la superficie rispetto all’illuminazione del canale diffuse, allontanando il risultato da quello che sarebbe il modello di superficie lambertiana (si consiglia di tenerlo a zero se non si hanno specifiche esigenze). Roughness determina la finitura del materiale rispetto a riflessioni e specularità. Impostato a valore zero significa superficie perfettamente levigata; al crescere del valore aumenta l’opacità. Anisotropy è la proprietà di certi materiali (tipicamente i metalli spazzolati) di avere una direzione predominante nella rugosità tale da creare dei riflessi oblunghi. Rotation dà l’orientamento per le riflessioni anisotrope. Bump consente di aggiungere dettagli di rugosità evidenti (rilievi e avvallamenti) alla superficie del materiale, in funzione di un’immagine bitmap in scala di grigi detta bumpmap (bianco=superficie in rilievo; 50% grigio=neutro; nero=superficie scavata). A differenza del displacement il canale bump non aggiunge o modifica fisicamente le mesh ma influenza le normali del materiale dando l’illusione dei rilievi. Il trucco viene tradito lungo i bordi lineari della mesh che tradiscono la loro natura geometricamente ‘piatta’. Il canale accetta qualsiasi bitmap anche a colori estrapolandone le variazioni di valore come fosse in scala di grigi. Normal Mapping - tramite questo flag si sceglie di usare il canale bump per inserire appunto una normal map; si tratta di una particolare immagine bitmap dove i diversi colori rappresentano le variazioni di inclinazione della superficie anzichè la semplice differenza di altezza come per le bumpmap, è una tecnica un po’ più sofisticata che richiede l’uso di immagini realizzate appositamente per questo scopo.

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Mi sembra doveroso dare uno sguardo anche alle opzioni per la gestione delle textures. Cliccando sopra l’icona della texture in uno qualsiasi dei canali visti, si aprono queste schede per posizionarla correttamente nel materiale o anche per fare delle semplici modifiche. Filename è semplicemente il file della texture, e da questa posizione possiamo caricarne un altra diversa. Projection indica come la texture (immagine bidimensionale) deve essere distesa sul modello (oggetto tridimensionale). UV Channel funzione avanzata già vista in precedenza la cui disponibilità è legata al modellatore e al suo plugin exporter. Channel solitamente si RGB cioè l’immagine vera e propria può essere impostato su alpha per richiamare il canale trasparenza eventualmente presente (non tutti i formati file supportano il canale alpha). Interpolation ottimizza la definizione dell’immagine riducendone i difetti di aliasing. Offset X; Offset Y spostano l’immagine nella relativa direzione rispetto al punto di origine. Scale; Scale X; Scale Y Scalano l’immagine in proporzione o nelle relative direzioni di un rapporto 1:n Rotation applica una rotazione espressa in gradi all’immagine. I controlli nella scheda Tone Mapping applicano delle modifiche all’immagine tipiche di software dedicati a questo tipo di lavoro e che offrono funzioni molto più avanzate; tuttavia queste presenti in Thea Studio possono aiutare ad aggiustare l’immagine velocemente adattandola ai nostri scopi senza dover modificare l’immagine in un’applicazione esterna. Sono presenti controlli di livello differenziati per canali rgb, saturazione, contrasto, soglia minima e massima, negativo... tutti molto intuitivi per chi usa un qualsiasi programma di CG. Prima di chiudere con il material lab un accenno alla finestra More Settings (apribile dal menù Window) dove è possibile nella scheda Texture Lab eseguire delle operazioni booleane anche su livelli multipli con le textures oltre a quelle già viste di mappatura e correzione.

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11. ENVIRONMENT Contiene due schede, Sky e IBL (Image Based Lighting). Il pannello Physical Sky permette di impostare le proprietà dell’atmosfera; quelle preimpostate vanno già bene per gli usi comuni, si può iniziare a sperimentare cambiando il parametro Turbidity i cui effetti sono visibili già nella 3D view. Il pannello Location/Time dà la posizione esatta del sole e adegua l’illuminazione in funzione della posizione geografica e data/ora. Questi valori sono importati, se previsto, direttamente dal modello. Si tenga presente che abilitando il Physical Sky viene automaticamente inserito il sole nel modello; e anche che se il sole viene spostato manualmente (col gizmo o con la bussola vista in precedenza) si perde il collegamento con le altre caratteristiche del physical sky. Global Medium, attualmente supportato solo dai motori unbiased, permette di creare atmosfere non trasparenti, come essere nella nebbia o sott’acqua; per caratteristiche e parametri è l’equivalente dello shader Medium visto nel material lab, con la differenza che qui si agisce sullo spazio vuoto dell’intera scena mentre l’altro è un materiale da applicare ad una mesh. In alternativa al physical sky (attivando uno si esclude l’altro) abbiamo la scheda IBL. Ci dà la possibilità di inserire un’immagine da usare sia come sfondo (dietro qualsiasi oggetto della scena) che come illuminazione. Accetta immagini bitmap e hdri, immagini il cui range dinamico è superiore a quanto può essere visualizzato sullo schermo quindi si prestano bene a rappresentare sfondi panoramici che devono contribuire anche all’illuminazione. Possiamo anche usare fonti diverse per illuminazione, riflessi, rifrazione e sfondo vero e proprio. Questo ha senso se pensiamo che mentre lo sfondo necessita di una grande risoluzione gli altri canali possono essere molto più semplici, specialmente le luci permettendo così di poter ottimizzare le risorse di calcolo. Spendo due parole solo per il parametro Wrapping; determina come l’immagine deve essere proiettata nella sfera immaginaria dello sfondo e deve seguire naturalmente il tipo di immagine che abbiamo a disposizione. L’uso della IBL negli esterni dà solitamente risultati molto realistici, quindi lo consiglio al posto del physical sky quando possibile!

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12. RENDER SETTINGS Contiene quattro schede; la prima ha i parametri generali per tutti e tre i motori di rendering, con la casella Engine Core si sceglie su quale intervenire e le varie righe si abilitano o meno; la seconda e terza scheda contengono le impostazioni per il motore biased; la quarta scheda ha i parametri per le animazioni. Vedremo solo i comandi della scheda General che vale la pena conoscere per un utente alle prime armi, per quelli di cui non darò spiegazioni consideriamo di tenere i valori predefiniti. Time limit e Max Passes (per motori unbiased) limitano la progressione del rendering ai valori desiderati, normalmente i render unbiased vengono lasciati andare finchè il risultato appare soddisfacente, l’arresto programmato serve soprattutto per fare animazioni. Motion Blur, Volumetric Scattering, Relight abilitano le relative funzioni che abbiamo visto in altre occasioni. Threads indica quanti processori cpu usare sul totale messo a disposizione dalla macchina. Priority indica che priorità dare al rendering rispetto alle altre applicazioni eventualmente in uso. Normalmente si usa low in modo che mentre il rendering è in corso si possano usare altri programmi poco impegnativi per la cpu senza rallentare comunque il rendering in modo significativo. Network e Server Port si usano per il rendering in rete (attualmente solo per unbiased). I vari flags del pannello Channels abilitano il calcolo separato dei rispettivi canali che saranno poi disponibili nella finestra del rendering; un esempio per tutti: il canale depth dà come risultato un render in toni di grigio dove alle diverse intensità corrispondono diverse distanze dell’oggetto dall’obiettivo. Sono tutti dedicati soprattutto all’utilizzo successivo su programmi come Photoshop o Gimp. Non trattiamo in questa sede le schede Biased RT, Biased GI e Animation per i motivi già esposti, sono tutti parametri che richiedono una conoscenza un po’ superiore al livello base.

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13. DARKROOM Fin qui tanto lavoro, tanti parametri...ma il rendering dov’è? Ok, è arrivato il momento di cambiare finestra e passare a quella che viene chiamata in Thea ‘camera oscura’ richiamando simpaticamente un termine strettamente fotografico. Abbiamo infatti qua tutti gli strumenti che riguardano l’esecuzione dello scatto fotografico virtuale che è il rendering nonchè alcune utilities per la modifica e correzione dell’immagine. Delle tre schede presenti andiamo a vedere solo Display che riguarda la regolazione dell’immagine. Relight è una funzione che permette, coi motori unbiased, di eseguire dei rendering multipli differenziati in funzione delle diverse sorgenti luminose e poi mixarli e animarli a piacimento in seguito. Network ha il pannello di controllo per il rendering in rete dove visualizza le macchine connesse, il loro contributo dato al calcolo ecc... Uno sguardo alla barra superiore contenente i comandi e gli indicatori di stato del rendering. a. Save Image in qualsiasi momento salva l’immagine del rendering allo stato corrente nei vari formati raster o come .img.thea cioè il file di cache che permette, caricato assieme al file della scena, di riprendere l’esecuzione di un rendering unbiased anche dopo la chiusura dell’applicazione. b. Refresh image forza l’aggiornamento dell’immagine renderizzata rispetto ai tempi predefuiniti del sistema. c. Start Apre la finestra per l’avvio del rendering dove è possibile modificare contestualmente i valori predefiniti di camera, risoluzione, metodo, nr.processori (dove presente il flag Override lo si deve attivare se vogliamo un valore diverso dal predefinito). d. Pause arresta temporaneamente il rendering, può servire ad esempio a liberare la cpu per un’altra applicazione. e. Stop arresta definitivamente il rendering.

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Tornando alla scheda Display troviamo una serie di strumenti per la correzione dei toni dell’immagine interpretati come parametri fotografici (ISO, Shutter speed, f-number) o video (Gamma, Brightness, Sharpness, Chroma, Contrast) e anche qualche piccolo effetto (Vignetting, Glare). Molto interessante il CRF (Camera Response Function) che simula con algoritmi complessi la risposta cromatica/luminosa di una serie di fotocamere reali. Glare, coi suoi parametri correlati simula i bagliori riflessi dalle lenti, impostato su Radial dà un effetto di bagliore diffuso senza raggi. Per tutti quanti vale generalmente un solo consiglio: provare! – sono effetti applicati in tempo reale anche col rendering in corso quindi possiamo divertirci a cambiare i valori e vedere il cambiamento dell’immagine. Channel permette di scegliere un particolare canale da calcolare, se abilitato dalla finestra Render Settings come visto in precedenza; il canale Depth abilita l’impostazione dei valori MinZ e MaxZ per la regolazione della profondità.

------------------------------------------------------ Questa guida introduttiva a Thea Render Studio si ferma qui. Spero di aver fornito delle informazioni utili agli utenti che si avvicinano al programma per la prima volta, e magari ricordato qualche dettaglio dimenticato ai più esperti. Restano tanti argomenti e strumenti che non abbiamo visto e per i quali spero in futuro di riuscire a scrivere ulteriori approfondimenti, ma penso di aver fornito le basi per cominciare e muoversi da soli. Credo che sia fondamentale seguire il forum ufficiale su http://www.thearender.com per apprendere sempre nuove tecniche e mantenersi aggiornati sulle numerose novità annunciate. Buon Rendering! Luca Picciau

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INDICE PREMESSA....................................pag.2 1 RENDER ENGINE...QUESTO SCONOSCIUTO!.......pag.3 2 APRIAMO THEA STUDIO.......................pag.4 3 MENU> FILE................................pag.5 4 ALTRI MENU................................pag.7 5 NAVIGAZIONE...............................pag.8 6 LA FINESTRA SCENE.........................pag.9 7 LA FINESTRA CONTENTS......................pag.12 8 LA BARRA ACTION...........................pag.16 9 LA BARRA VIEWER E I BROWSER...............pag.17 10 MATERIAL LAB.............................pag.18 11 ENVIRONMENT..............................pag.22 12 RENDER SETTINGS..........................pag.23 13 DARKROOM.................................pag.24