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1 Prime basi di contabilità e bilancio (appunti disponibili a colori su www.carlomassa551821.altervista.org ) 1. Beni e aziende. Un bene (sia materiale, sia servizio) è qualcosa che soddisfa esigenze umane, direttamente (se bene di consumo, come il panino della paninara) o indirettamente (se bene di produzione, come la farina per il fornaio o i recipienti di plastica in cui la paninara tiene i panini). Un’azienda (di produzione, ché di quelle di erogazione non ci occupiamo) è un organismo che produce beni, utilizzando lavoro e altri beni, e che ha l’obiettivo di ottenere una produzione di beni (un output) complessivamente di valore maggiore del valore totale dei beni e del lavoro (cioè degli input) consumati per produrre. Le aziende producono sia beni fisici sia beni non materiali, cioè “servizi” (in quasi tutte le aree economicamente sviluppate oltre i tre quarti del valore prodotto dalle aziende assume la forma di servizi) . La caratteristica che distingue i servizi dagli altri beni è il fatto che nei servizi il momento dell’utilizzo non può essere distinto dal momento della produzione (detto in altre parole: non si possono fare scorte di servizi) . In entrambi i casi, comunque, si utilizzano input per ottenere output: lo fa l’impresa edile che trasforma il valore di mattoni, cemento e lavoro nel valore di una casa, lo fa il taxista che trasforma il valore della benzina, dell’usura dell’auto e del suo lavoro nel valore del la corsa che porta il cliente da piazza Fontanesi alla stazione Mediopadana. Nel primo caso l’output prodotto è fisico e nel secondo caso no, è un servizio, ma ugualmente gli input (la gru, l’auto, i mattoni, il carburante, il lavoro ecc.) si sono trasformati in un output (la casa e il servizio di trasporto) di valore normalmente superiore (se il reddito aziendale è positivo). 2. Necessità e valore delle informazioni (dei “dati”) Qualsiasi azione non completamente istintiva è il frutto di una qualche decisione; più si hanno informazioni corrette e più si riduce la probabilità di prendere decisioni sbagliate (a meno d’esser scemi o molto sfortunati). L’esigenza di avere informazioni corrette è di qualsiasi organismo dotato di capacità d’agire (“capacità di agire” non in senso giuridico ma nel significato concreto di svolgere una qualche azione volontaria: per decidere se fermarsi o no a bere al fiume, la gazzella si guarda in giro e annusa l’aria per informarsi sulla presenza del leone; per scegliere dove andare in vacanza, a te è utile avere informazioni sul clima del luogo in cui potresti recarti, sui tipi di alloggi là disponibili e sui loro prezzi ecc.; per fissare il prezzo di vendita dei prodotti, all’azienda è necessario conoscere i propri costi di produzione e i prezzi dei concorrenti; per capire quale palestra affittare e quali palloni acquistare, all’associazione sportiva GioVolley serve sapere quali palestre sono disponibili, per quali orari e quanti sono i propri iscritti; per decidere quale aliquota d’imposta applicare, allo stato e al comune serve conoscere l’ammontare della base imponibile da colpire e delle spese da finanziare ecc.: non solo le aziende, anche gli animali, le persone, le associazioni, gli enti pubblici ecc. hanno bisogno di informazioni per decidere cosa fare), e non è quindi certo solo delle aziende di produzione. Qui, però, tratteremo solo delle tecniche, degli strumenti e delle regole per raccogliere, elaborare e rendere facilmente utilizzabili le informazioni dalle aziende di produzione. Ecco, allora, che parleremo di contabilità e bilanci aziendali e non, ad esempio, di contabilità nazionale, di bilancio dello Stato o di prassi amministrativa familiare (e nemmeno di etologia, di gazzelle o di leoni). Tra il XIII (13°) e il XVI (16°) secolo (tra l’inizio del 1200 e la fine del ‘500) i mercanti e banchieri italiani (più precisamente dell’Italia centro-settentrionale) erano ovunque riconosciuti come i migliori e più affidabili. Se lo erano, era anche perché avevano a disposizione dati (informazioni) migliori di quelli utilizzati dagli altri di quell’epoca (cioè i mercanti olandesi, francesi, inglesi eccetera). Il vantaggio dei “nostri”, però, non era nelle informazioni relative ai concorrenti o alle aziende con cui intrattenevano affari, non si trattava cioè di informazioni magari carpite (sottratte, prese) all’esterno: ciò che le aziende italiane conoscevano meglio dei loro concorrenti esteri erano i propri dati, erano informazioni su loro stesse; quelle grandi aziende italiane avevano, cioè, una visione più corretta della propria situazione (patrimoniale) e di ciò che loro stesse facevano (cioè, come capiremo tra un po’, dei ricavi e costi che il loro agire generava). Questo loro vantaggio era il frutto di tecniche contabili migliori, tecniche che si sono perfezionate in quei secoli e nei successivi e che hanno portato, tra l’altro, all’attuale “ragioneria” basata sul metodo della “partita doppia” che ora ti tocca studiare (e la cui comprensione richiede un impegno maggiore di quello che lo studente, purtroppo per lui, non di rado è disposto a offrire). 3. Il sistema informativo Per essere utilizzati nel processo decisionale, i dati vanno prima raccolti, poi assemblati ed elaborati e infine resi disponibili in modo che diano informazioni chiare e tempestive al responsabile dell’azione (cioè a chi decide). Il sistema informativo è quell’insieme di elementi (persone, strumenti, strutture, procedure) che raccolgono, elaborano, memorizzano, producono e distribuiscono informazioni alle persone a cui servono (cioè a chi deve prendere decisioni), nel momento e nel luogo adatto.

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Prime basi di contabilità e bilancio (appunti disponibili a colori su www.carlomassa551821.altervista.org )

1. Beni e aziende.

Un bene (sia materiale, sia servizio) è qualcosa che soddisfa esigenze umane, direttamente (se bene di consumo, come il panino

della paninara) o indirettamente (se bene di produzione, come la farina per il fornaio o i recipienti di plastica in cui la paninara tiene i panini).

Un’azienda (di produzione, ché di quelle di erogazione non ci occupiamo) è un organismo che produce beni, utilizzando lavoro

e altri beni, e che ha l’obiettivo di ottenere una produzione di beni (un output) complessivamente di valore

maggiore del valore totale dei beni e del lavoro (cioè degli input) consumati per produrre.

Le aziende producono sia beni fisici sia beni non materiali, cioè “servizi” (in quasi tutte le aree economicamente sviluppate

oltre i tre quarti del valore prodotto dalle aziende assume la forma di servizi). La caratteristica che distingue i servizi dagli altri

beni è il fatto che nei servizi il momento dell’utilizzo non può essere distinto dal momento della produzione

(detto in altre parole: non si possono fare scorte di servizi). In entrambi i casi, comunque, si utilizzano input per ottenere

output: lo fa l’impresa edile che trasforma il valore di mattoni, cemento e lavoro nel valore di una casa, lo fa il

taxista che trasforma il valore della benzina, dell’usura dell’auto e del suo lavoro nel valore della corsa che

porta il cliente da piazza Fontanesi alla stazione Mediopadana. Nel primo caso l’output prodotto è fisico e nel

secondo caso no, è un servizio, ma ugualmente gli input (la gru, l’auto, i mattoni, il carburante, il lavoro ecc.) si sono

trasformati in un output (la casa e il servizio di trasporto) di valore normalmente superiore (se il reddito aziendale è positivo).

2. Necessità e valore delle informazioni (dei “dati”)

Qualsiasi azione non completamente istintiva è il frutto di una qualche decisione; più si hanno informazioni

corrette e più si riduce la probabilità di prendere decisioni sbagliate (a meno d’esser scemi o molto sfortunati). L’esigenza di

avere informazioni corrette è di qualsiasi organismo dotato di capacità d’agire (“capacità di agire” non in senso giuridico

ma nel significato concreto di svolgere una qualche azione volontaria: per decidere se fermarsi o no a bere al fiume, la gazzella si guarda in giro e annusa l’aria per informarsi sulla presenza del leone; per scegliere dove andare in vacanza, a te è utile avere informazioni sul clima del luogo in cui potresti recarti, sui tipi di alloggi là disponibili e sui loro prezzi ecc.; per fissare il prezzo di vendita dei prodotti, all’azienda è necessario conoscere i propri costi di produzione e i prezzi dei concorrenti; per capire quale palestra affittare e quali palloni acquistare, all’associazione sportiva GioVolley serve sapere quali palestre sono disponibili, per quali orari e quanti sono i propri iscritti; per decidere quale aliquota d’imposta applicare, allo stato e al comune serve conoscere l’ammontare della base imponibile da colpire e delle spese da finanziare ecc.: non solo le aziende, anche gli animali, le

persone, le associazioni, gli enti pubblici ecc. hanno bisogno di informazioni per decidere cosa fare), e non è quindi certo solo delle aziende

di produzione. Qui, però, tratteremo solo delle tecniche, degli strumenti e delle regole per raccogliere, elaborare e rendere facilmente utilizzabili le informazioni dalle aziende di produzione.

Ecco, allora, che parleremo di contabilità e bilanci aziendali e non, ad esempio, di contabilità nazionale, di

bilancio dello Stato o di prassi amministrativa familiare (e nemmeno di etologia, di gazzelle o di leoni).

Tra il XIII (13°) e il XVI (16°) secolo (tra l’inizio del 1200 e la fine del ‘500) i mercanti e banchieri italiani (più precisamente dell’Italia

centro-settentrionale) erano ovunque riconosciuti come i migliori e più affidabili. Se lo erano, era anche perché

avevano a disposizione dati (informazioni) migliori di quelli utilizzati dagli altri di quell’epoca (cioè i mercanti

olandesi, francesi, inglesi eccetera). Il vantaggio dei “nostri”, però, non era nelle informazioni relative ai concorrenti o

alle aziende con cui intrattenevano affari, non si trattava cioè di informazioni magari carpite (sottratte, prese)

all’esterno: ciò che le aziende italiane conoscevano meglio dei loro concorrenti esteri erano i propri dati, erano

informazioni su loro stesse; quelle grandi aziende italiane avevano, cioè, una visione più corretta della propria

situazione (patrimoniale) e di ciò che loro stesse facevano (cioè, come capiremo tra un po’, dei ricavi e costi che il loro agire generava).

Questo loro vantaggio era il frutto di tecniche contabili migliori, tecniche che si sono perfezionate in quei secoli

e nei successivi e che hanno portato, tra l’altro, all’attuale “ragioneria” basata sul metodo della “partita doppia”

che ora ti tocca studiare (e la cui comprensione richiede un impegno maggiore di quello che lo studente, purtroppo per lui, non di rado è disposto a offrire).

3. Il sistema informativo

Per essere utilizzati nel processo decisionale, i dati vanno prima raccolti, poi assemblati ed elaborati e infine

resi disponibili in modo che diano informazioni chiare e tempestive al responsabile dell’azione (cioè a chi decide).

Il sistema informativo è quell’insieme di elementi (persone, strumenti, strutture, procedure) che raccolgono, elaborano, memorizzano, producono e distribuiscono informazioni alle persone a cui servono (cioè a chi deve prendere decisioni), nel momento e nel luogo adatto.

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Un tempo, prima dell’era informatica (cioè quando voi non esistevate, io ero giovane e, per l’una e/o l’altra ragione, stavo meglio di

adesso) il costo delle informazioni, in termini di tempo-lavoro, era enormemente maggiore di quanto è ora e, per

di più, la qualità delle informazioni era nettamente inferiore, soprattutto quanto a tempestività. [Oggi, grazie ai

collegamenti informatici, al codice a barre, ai lettori ottici, all’enorme potenza di calcolo dei computer ecc., con costi minimi e in tempo reale

(all’istante, immediatamente) si conoscono con assoluta precisione, ad esempio, la quantità di qualsiasi scorta e l’esatto luogo in cui è disponibile perfino durante il trasporto, si è al corrente delle quantità vendute di ogni prodotto per ogni punto vendita di un qualsiasi periodo anche appena trascorso ecc.; pochi decenni fa la raccolta “a mano” e l’elaborazione “su carta” di questi e di tanti altri dati imponeva un numero elevatissimo di ore-uomo, tempi dilatati, approssimazioni considerevoli e molti più errori. Tenete sempre presente che internet ha iniziato a diffondersi fra le aziende solo 30 anni fa e che i computer, nelle aziende normali, sono entrati solo 40 anni fa; nei 10 anni precedenti, cioè negli anni ’70, venivano sì usati, ma solo dalle aziende grandissime, ed erano macchine da calcolo enormi che occupavano intere stanze e che oggi appaiono ridicole: la potenza complessiva di tutti i computer della Nasa (sia quelli a terra che quelli sulla navicella spaziale) che resero possibile lo sbarco sulla luna era enormemente inferiore – oltre un migliaio di volte minore - di quella del più cessoso degli smartphone di alcuni anni fa].

La maggiore quantità e qualità di informazioni utilizzabili dalle aziende è una delle principali cause

dell’enorme crescita della ricchezza disponibile per soddisfare i desideri materiali dell’uomo avutasi nell’intero

mondo nell’ultimo mezzo secolo (in Asia in particolare, e più recentemente anche in Africa); questo concetto è esprimibile

anche dicendo che il maggior valore dei beni di consumo che l’uomo oggi riesce a produrre rispetto a quanto

era capace cinquant’anni fa (stimabile in quasi il decuplo) è anche merito dei maggiori e migliori dati oggi disponibili.

Non si deve pensare, però, che la massimizzazione della quantità di informazioni porti in ogni caso a scelte

migliori e quindi sia un obiettivo sempre ragionevole: l’eccesso di informazioni, infatti, può ingenerare

confusione e/o rallentamento del processo decisionale che, invece, deve essere per quanto possibile rapido: una

scelta tardiva è comunque una scelta sbagliata (arrivare oggi a capire quale era la scelta giusta da prendere ieri serve a nulla).

Dati e informazioni vanno quindi selezionati in base alla loro utilità, sintetizzati e rappresentati in forma

rapidamente comprensibile, per permettere al cervello umano di tenere sotto controllo tutti gli elementi

maggiormente utili per decidere.

Dunque le informazioni, esattamente come le altre risorse produttive, essendo utili, valgono; per l’azienda di

produzione le informazioni sono un input così come per il ristorante lo sono il vino, l’energia elettrica, gli arredi

e il lavoro del cameriere. La caratteristica che maggiormente differenzia le informazioni dagli altri input

produttivi sta nella rapidissima e continua diminuzione del loro costo.

3.1 A ogni decisione le sue informazioni.

A meno che l’azienda non sia microscopica, la quantità di decisioni che quotidianamente al suo interno si

devono prendere è elevatissima (da quelle più importanti come l’acquisto di YouTube da parte di Google o “entriamo nel mercato indiano

o in quello russo?” a quelle meno rilevanti ma comunque necessarie come “concediamo un anticipo di ferie alla dipendente Maria Rossi” o “che carta

igienica compriamo, mono o doppio velo”?) e quindi elevatissima è pure la quantità di informazioni, di dati, necessari.

Lo schema qui a fianco può essere utile per farsi un’idea della

funzione del “sistema informativo”, elemento principale del

“cervello” (e quindi del cuore) aziendale. La freccia monodirezionale

“Dati esterni” (a destra) rappresenta il flusso di informazioni che il

sistema raccoglie dall’ambiente. Il flusso contrario (dati che escono

dall’azienda) è minimo (infatti non appare alcuna freccia) e va rigidamente

controllato: la riservatezza, come vi sarà insegnato per gli stage, è

fondamentale e non rispettarla comporta pesanti sanzioni. Uno dei

pochi casi di flusso di informazioni in uscita è rappresentato dalla

“pubblicità del bilancio” di cui parleremo molto più avanti.

Le doppie frecce ↔ sotto “informazioni” vogliono significare che i

dati utili per le decisioni, oltre a provenire dall’esterno, sono anche

raccolti all’interno dell’azienda (freccia che da sinistra va verso destra) e,

una volta assemblati ed elaborati, danno origine ad altre

informazioni (freccia da destra verso sinistra) che, come tutte le altre, il

sistema informativo mette a disposizione dei soggetti responsabili

della decisioni ai diversi livelli (strategiche, tattiche e operative).

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3.2 Una possibile classificazione delle decisioni.

Nello schema della pagina precedente appaiono tre degli aggettivi che più spesso si usano per qualificare una

decisione; per quanto il loro significato possa apparire intuitivo, credo sia comunque opportuno dedicarvi

qualche riga, anche se sarà argomento dei prossimi anni.

Le decisioni “strategiche” sono quelle i cui effetti si propagano per lungo tempo (almeno qualche anno) e su una

parte considerevole della struttura aziendale. Le scelte strategiche, quindi e ad esempio, riguardano i prodotti

da offrire, i mercati su cui offrirli, la localizzazione degli stabilimenti ecc. . Tali scelte sono riservate al livello

direttivo massimo (al “top management”, e spesso devono essere approvate dal “CdA”, acronimo di consiglio di amministrazione) e

pertanto sono anche dette decisioni “direzionali”. Su tali scelte si basano i “business plan”, italianamente i

“piani industriali”, anche se il termine “industriale” non va inteso letteralmente, in quanto lo si utilizza per le

aziende di qualsiasi settore (anche per banche, assicurazioni, grande distribuzione ecc.); ma di business plan parleremo in quinta.

Le decisioni “tattiche” (o “gestionali”) sono quelle che maggiormente contribuiscono alla concretizzazione delle scelte strategiche; sono quindi quelle che indirizzano l’attività (la “gestione”) aziendale verso il conseguimento degli obiettivi stabiliti dall’alta direzione. Sono decisioni tattiche, ad esempio, quelle che riguardano la gestione del personale (ricerca, selezione, assunzione, formazione, licenziamenti, assegnazione compiti e responsabilità,), la scelta dei fornitori, la fissazione delle quantità di produzione e di acquisto ecc. Come pure vedremo in quinta, le scelte tattiche sono alla base della formazione dei “budget”.

Le decisioni “operative” (o “esecutive”) sono quelle più direttamente collegate alla produzione; in

un’azienda commerciale hanno principalmente a che fare con la gestione degli ordini dei clienti, la cura del

post-vendita, il controllo delle quantità a magazzino, l’invio degli ordini ai fornitori, il controllo qualità delle

forniture ecc.; in un’azienda industriale a queste si aggiungono, e spesso diventano prevalenti, le decisioni

riguardanti tutte le attività di trasformazione fisica degli input svolte presso le varie linee produttive;

Per poter prendere corrette decisioni “gestionali”, questo livello deve ricevere dal livello operativo gli opportuni

dati, così come le scelte strategiche si basano soprattutto su informazioni che devono provenire dal livello

gestionale.

V’è da dire, infine, che nelle aziende di piccole dimensioni spesso il livello strategico e quello gestionale sono

sovrapposti; non di rado, poi, nelle realtà più microscopiche (come la gelateria di paese o il meccanico d’auto con un dipendente

apprendista) la fonte di tutte le decisioni è unica: tutto è deciso dall’imprenditore (o i soci).

Se i dati disponibili sono tanti e affidabili, allora le decisioni potranno essere corrette e l’attività aziendale

efficiente; se i dati disponibili sono insufficienti o errati, allora le decisioni saranno sbagliate e l’azienda distruggerà

ricchezza (o ne creerà meno di quello che potrebbe fare se avesse a disposizione dati validi).

4. Patrimonio e reddito

Patrimonio (ricchezza) e reddito (guadagno) sono due cose diverse, tanto è vero che un soggetto può

possedere un grande patrimonio (o, come anche si dice, essere molto ricco) e contemporaneamente avere un reddito

bassissimo o nullo (o, come anche di dice, guadagnare poco o niente). Come esempio potete pensare a un vincitore di una

lotteria che, dopo aver ricevuto 50 milioni di euro in gettoni d’oro e averli messi al sicuro nel caveau di una

banca, smette di lavorare e vive vendendo un po’ alla volta i suoi gettoni: il suo reddito è zero (guadagna nulla) ma

è molto ricco (anche se col tempo la sua ricchezza pian piano diminuisce).

Patrimonio (ricchezza) e reddito (guadagno) sono due cose diverse, tanto è vero che si può avere un

reddito elevato (guadagnare molto) e un patrimonio nullo o perfino negativo (essere poveri). Come esempio potete

pensare a un affermato sportivo che guadagna 1 milione di euro l’anno ma li spende tutti al casinò o in altri costosi

passatempi, e magari scrocia anche di più di un milione l’anno indebitandosi e divenendo così sempre più povero.

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5. Dati di stock e dati di flusso

Un dato di stock è un dato che, per avere significato, cioè per dare un’informazione, deve essere riferito,

collegato, a un certo istante; si può dire che un dato di stock fotografa la realtà esistente in un certo

momento (ad esempio alla mezzanotte del 30 giugno 2019), ne offre un’immagine.

Un dato di flusso è una dato che, per avere significato, per dare una informazione, deve essere riferito,

collegato, a un certo periodo; si può dire che un dato di flusso filma la realtà, ne offre una ripresa, (ad esempio

relativo al trimestre che va dall’1 aprile al 30 giugno 2019), ne offre un video.

Così, ad esempio, la quantità d’acqua presente in una vasca è un dato di stock: per sapere quanta ce n’è in

questo momento, la misuro e posso dire: adesso nella vasca ci sono 120 litri; se però un rubinetto è aperto o il

tappo perde, la quantità d’acqua presente nella vasca varia nel tempo.

Come esempio di dato di flusso potete pensare alla quantità d’acqua che esce da un rubinetto: dire che un

rubinetto butta 10 litri significa nulla, in quanto occorre riferire la quantità a un periodo di tempo: con 10 litri al

secondo allagate la casa, con 10 litri l’ora non vi lavate nemmeno i denti.

6. Dati patrimoniali e dati reddituali

I dati patrimoniali – e cioè il valore dei vari beni posseduti in un certo momento e l’importo (di valore negativo) dei debiti –

sono dati di stock, infatti: se tu dici “ho 15 € nel portafoglio” o anche “ho 5 € di debiti verso mia sorella”,

sottintendi che quel denaro o quel debito li hai ora, nel momento in cui lo dici, colleghi cioè quei dati a un

determinato istante; un istante dopo, magari perché hai restituito 2 € a tua sorella, quei dati saranno diversi.

I dati reddituali – e cioè il valore del reddito, ma anche il valore dei ricavi e dei costi, concetti di cui parleremo fra poco, al n. 9. –

sono dati di flusso, infatti: se tu dici: “Mio fratello guadagna 800 €” non stai dando alcuna informazione utile,

in quanto per dare un’idea di quanto guadagna tuo fratello devi riferire l’importo a un periodo di tempo

(guadagnare 800 € al mese è poco, guadagnarli alla settimana è decisamente meglio e guadagnarli al giorno è veramente tantissimo).

7. Come si descrive una azienda

Il modo più efficace (migliore) per descrivere un’azienda è fare sapere da quali beni e quali debiti è costituito il

suo patrimonio in un certo istante (ad esempio la mezzanotte del 30 giugno 2019) e da quali ricavi e con quali costi

l’azienda ha ottenuto il reddito di un certo periodo (ad esempio il primo semestre 2019).

Queste informazioni sono offerte dal “Bilancio” aziendale, un documento le cui parti più importanti sono lo

“Stato patrimoniale”, in cui si descrive il patrimonio dell’azienda in un certo istante (normalmente la mezzanotte del

31 dicembre), e il “Conto economico” in cui si riportano i ricavi e i costi che l’azienda ha avuto in un certo

periodo di tempo (normalmente l’anno solare).

Per quanto detto prima, ne risulta ovviamente che nello “stato patrimoniale” si leggono solo dati di stock

mentre il “conto economico” evidenzia solo dati di flusso.

8. Patrimonio (o capitale) lordo, debiti e patrimonio (o capitale) netto

Sai già che un’azienda, di erogazione o di produzione che sia (d’ora in avanti, comunque, mi riferirò a quella di produzione,

anche se quasi tutto ciò che scrivo va bene anche per le aziende di erogazione), per svolgere la sua attività deve comunque

utilizzare, oltre al lavoro di qualcuno, anche dei beni.

Del lavoro ci occuperemo molto più avanti, in quarta; ora parliamo dei beni.

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8.1 Il patrimonio lordo

Per patrimonio (o capitale o attivo) lordo aziendale si intende sia l’insieme dei beni di cui l’azienda

ha la proprietà, sia il loro valore complessivo.

I beni (nel senso ampio di cose di valore positivo) posseduti dall’azienda sono destinati a rimanervi per un periodo di

tempo variabilissimo: da decine d’anni (come capita alle navi della “Costa Crociere”) a qualche ora (come per le paste del bar

di qualità).

Una importante distinzione con cui dovete fin da subito familiarizzare è fra la parte dell’attivo destinato a

rimanere (e quindi a essere utile) in azienda a lungo e la parte che, invece, è destinata a uscirne in poco tempo.

I beni del primo tipo sono detti “Immobilizzazioni” (fabbricati, autoveicoli, attrezzature, brevetti, crediti con scadenza

lontana ecc.), quelli del secondo formano il “Capitale circolante” (scorte, crediti con scadenza a breve, denaro ecc.).

Babbo Natale non esiste, e nemmeno la Befana. Ecco perché solitamente per avere un bene occorre

ottenerlo da qualcuno e per averlo: 1. o si usa ricchezza propria – che i ragionieri chiamano “mezzi propri”

o “capitale proprio” – , 2. o si usa ricchezza altrui, cioè debiti (ad esempio, ma non solo, soldi avuti in prestito) – per i

ragionieri “capitale di terzi” (i “terzi” essendo gli “altri” rispetto a noi) o “passività”– .

I mezzi propri e i debiti hanno la stessa funzione, cioè servono per la stessa cosa: acquisire ciò che serve

all’azienda per agire, ed ecco perché li si trona dalla stessa parte (a destra) dello stato patrimoniale.

Il capitale proprio e il capitale di terzi (cioè i debiti) sono quindi entrambi “fonti di finanziamento”,

sono le sorgenti da cui l’azienda attinge per entrare in possesso dei beni necessari per operare.

Da quel che si è appena detto risulta allora che, inevitabilmente, vi è sempre coincidenza fra il

patrimonio lordo (l’intero attivo aziendale) e le fonti di finanziamento (capitale proprio e capitale di terzi) che hanno

reso possibile la sua acquisizione (cioè l’acquisizione dei beni che compongono il patrimonio lordo).

Le fonti di finanziamento, repetita iuvant (= giova, è utile ripetere), si distinguono quindi fra debiti (detti anche passività

o capitale di terzi, cioè capitale altrui) e capitale – o patrimonio – proprio o netto. Cominciamo dai debiti.

8.2 I debiti

Un debito è un impegno (quasi sempre ad effettuare il versamento di una certa somma di denaro) da assolvere

(cioè da adempiere, da onorare, da svolgere) entro una certa scadenza.

Un debito può derivare:

1) da una precedente entrata di denaro: una banca o un qualche altro finanziatore ha prestato quella

somma all’azienda. In questo caso il debito viene detto “di finanziamento”. I debiti di finanziamento,

quindi, nascono e muoiono nello stesso modo, attraverso un movimento di denaro (salvo, ovviamente, il caso del

debito che non viene rimborsato per insolvenza del debitore: in questo caso il debito muore lo stesso, ma di malattia).

2) da un precedente acquisto di fattori produttivi: il fornitore ha consegnato il bene o ha prestato il

servizio e l’azienda acquirente (= che ha comprato) si è impegnata a pagare più avanti nel tempo, magari dopo

due mesi. In quest’altro caso il debito viene detto “di fornitura” o, in modo scioccamente meno chiaro, “di regolamento” o anche debito “di funzionamento”.

8.3 Il capitale (o patrimonio) netto

Meno intuitivo del concetto di debito è quello di capitale proprio – o capitale netto – che, come ho già

detto, è la sola altra possibile fonte di finanziamento di ogni azienda.

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Per comprendere cos’è il “capitale netto” è quindi necessario un impegno non superficiale.

Il capitale netto – o, ripeto, capitale proprio o anche semplicemente il "netto" – può essere definito con due

sistemi diversi: 1) attraverso una differenza; 2) con una somma.

1) Per quello che si è già detto è ovvio che il valore del capitale proprio di un'azienda in un certo

istante è dato dalla differenza fra il patrimonio lordo (o totale attivo, cioè - come già sappiamo - il valore dei beni di cui

l’azienda è proprietaria) e i suoi debiti (cioè il valore del capitale di terzi che stanno finanziando l'azienda). Questa definizione è

certamente corretta, ma non contribuisce un gran che a far capire come il capitale netto si forma, né da dove

deriva o da cosa è costituito.

2) Il capitale netto esistente in un certo istante della vita dell'azienda è determinabile anche come

somma: è la sommatoria degli apporti e degli utili prodotti, al netto dei prelievi e delle perdite subite, dalla nascita dell’azienda fino a quell'istante.

Non mi aspetto che tale definizione sia per voi già comprensibile: è evidente infatti che, se si vuole afferrarne il

senso, è necessario avere chiari i significati di apporto e di prelievo, di utile e di perdita, e occorre tempo.

Per ora è sufficiente intendere il capitale netto come differenza fra totale dei beni posseduti meno il totale dei

debiti e quindi, perché è la stessa cosa detta in modo diverso, comprendere che la somma fra debiti e capitale

netto dà il valore del patrimonio lordo, così che, ad esempio, se in un certo momento il patrimonio lordo (l’attivo)

di un’azienda è 9.876.500, allora necessariamente anche la somma dei suoi debiti e del capitale netto (le fonti di

finanziamento) sarà 9.876.500.

Qui sotto potete vedere uno schema per descrivere la struttura del patrimonio di una azienda in un certo

momento. Memorizzate che i termini “Attivo”, “Impieghi” e “Patrimonio lordo” sono sinonimi, così come

pure lo sono “Fonti di finanziamento”, “Passivo e Netto” e “Debiti e Capitale proprio”.

Situazione patrimoniale dell’azienda Pinca Pallina alla mezzanotte del 30/4/2019

ATTIVO (o “Patrimonio lordo” o “Impieghi”) FONTI di FINANZIAMENTO (o “Passivo e Netto”)

Immobili 150.000 | 350.000 Capitale proprio (o capitale netto o patrimonio netto)

Macchinari, impianti e attrezzature 240.000 |

Automezzi 60.000 |

Tot. immobilizzazioni 450.000 € |

Scorte 150.000 | 220.000 Debiti a lunga scadenza

Crediti 390.000 | 430.000 Debiti a breve scadenza

Denaro (soldi) 10.000 | 650.000 Tot. capitale di terzi €

Tot. capitale circolante 550.000 € | ------------------------------------------------- | ----------------------------------------------

Totale impieghi (o attivo) 1.000.000 € | 1.000.000 € Totale fonti di finanziamento (o patrimonio lordo o capitale investito) (o “totale passivo e netto”)

9. Ricavi, costi e reddito

I concetti di patrimonio lordo, debiti e patrimonio netto credo li possiate comprendere senza molto sforzo.

Più difficile è, invece, capire i significati corretti di ricavo, costo e reddito, il senso che questi tre termini hanno

in ambito aziendale ed essere così in grado di comprendere cosa intende con queste parole chi opera in azienda.

Per voi sarà difficile soprattutto perché ai primi due vocaboli (ricavo e costo) siete stati abituati a dare un

significato diverso: il ricavo lo avete sempre inteso come il prezzo di vendita, come la somma di denaro che si

ottiene dalla vendita di qualcosa; il costo come il prezzo di acquisto, la somma che si paga quando si compra

qualcosa.

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Per capire l’economia aziendale le vecchie definizioni di ricavo e costo dovete lasciarle alle vostre spalle: d’ora in poi dovrete sempre distinguere un “costo” da un “costo d’acquisto” e un “ricavo” da un

“ricavo di vendita”. Confondere il costo con il costo di acquisto è una mostruosità imperdonabile.

Attenzione, non sto dicendo che sia sbagliato utilizzare il termine “ricavo” o la parola “costo” con il significato,

rispettivamente, di prezzo di vendita e di prezzo d’acquisto: dico che quando si è in ambito aziendale, quando

cioè si parla di ricavi, costi e reddito di un’azienda, allora si dà a quelle parole un senso totalmente diverso.

Sono tante le parole che hanno contemporaneamente più significati: per esempio “affetto” è sia un sentimento

sia chi è colpito da una malattia; una biolca è sia un’unità di superfice dei terreni sia una donna villana; il

“cappotto” è sia un vestito invernale che una pesante sconfitta sportiva.

Se scrivo che la Juventus ha rifilato un cappotto al Barcellona, nessuno di voi intende che la squadra di Ronaldo

ha cucito un capo di vestiario invernale a quella di Messi; allo stesso modo, quando scrivo che i costi di aprile

di una certa azienda sono stati 450.000 € e i ricavi 500.000 € nessuno di voi deve pensare che in aprile

quell’azienda abbia acquistato beni per 450.000 e ne abbia venduti per 500.000 €.

Qui sotto trovate il significato corretto, nel linguaggio aziendale, di ricavo, di costo e di reddito.

Comprendetelo, imparatelo e assimilatelo profondamente, perché deve penetrare nel vostro DNA.

Il ricavo è dato dal valore di ciò che si produce, non dal valore di ciò che si vende;

quindi, se in ottobre vendi per 10.000 € tutti e soli beni che avevi prodotto in settembre e fai nient’altro, allora

in ottobre i tuoi ricavi sono zero e i 10.000 € sono un ricavo di settembre. In ottobre tu hai, sì, avuto 10.000 €

di vendite, e magari anche di incassi (se chi ti ha comprato i beni te li ha anche pagati in ottobre), ma hai avuto ricavi nulli,

pari a zero, perché in quel mese non hai prodotto alcun bene.

Poiché per produrre occorre tempo (nell’istante tutto è immobile, nulla accade) allora è inevitabile che il dato dei

ricavi sia un dato di flusso in quanto deve necessariamente riferirsi a un periodo (se uno mi dice “nell’aprile 2019

ho prodotto beni del valore di 21.000 €” o “nell’intero anno 2018 il valore della mia produzione è stato 987.654 € ” mi dà delle

informazioni; se però mi dice “i miei ricavi (o il valore della mia produzione) sono 50.000 €” allora o è uno scemo che sta

dando aria ai denti, o non mi vuole dare alcuna informazione sui suoi ricavi, perché beni di 50.000 € di valore

prodotti in un giorno è una cosa, 50.000 € di valore prodotti in dieci anni è un’altra.

Il costo è dato dal valore distrutto dei fattori produttivi (i beni e il lavoro) che si usano

per produrre, non dal valore di ciò che si acquista; se all’inizio del 2019 un’impresa edile (= un’azienda che

costruisce edifici, case) ha comprato una gru per 80.000 €, il costo sostenuto nel 2019 per la gru NON è 80.000 €: 80.000

€ è il costo dell’intero periodo (e con questo ribadisco che i costi sono dati di flusso) in cui la gru viene usata, e se è prevedibile

che quella gru possa essere utile all’azienda per 10 anni allora il costo sostenuto per la gru nell’anno 2019 è

stimabile in 8.000 €, e sarà anche di 8.000 nel 2020, nel 2021 e per tutti gli anni fino al decimo di vita della gru,

quando non sarà ormai più utile e quindi il suo valore sarà pari a zero. Gli 80.000 € di valore che la gru ha

quando è nuova sono destinati a diminuire lentamente nel tempo man mano che invecchia (e quegli euro di valore

perso dalla gru si trasferiscono gradualmente nelle case nuove che la gru contribuisce a produrre, come il valore della farina si trasferisce nel pane

del fornaio) ed è questa diminuzione di valore subita in un certo periodo a essere il costo relativo alla gru per quel

periodo, non certo il prezzo dell’acquisto né tantomeno i soldi pagati nel periodo per acquistarla.

Il reddito di un periodo è dato dalla differenza fra i ricavi e i costi di quel periodo; perciò, in base ai precedenti punti,

il reddito di un periodo è la differenza fra il valore di ciò che si produce in quel periodo e il valore perso dai fattori produttivi usati nel periodo.

Il reddito di un periodo può anche essere determinato facendo la differenza fra il Capitale Netto aziendale alla fine del periodo meno il Capitale Netto che l’azienda aveva all’inizio del periodo.

Il reddito di un periodo può quindi essere misurato dall’arricchimento (o dall’impoverimento, se il reddito è negativo)

aziendale provocato dalla attività svolta in quel periodo. Su quest’ultimo concetto, certamente non semplice e

tutt’altro che banale, torneremo comunque più di una volta.

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Un esempio. A inizio primavera la signora Flora Fito, da oltre vent’anni bidella nella scuola elementare

di Gavassa, si è licenziata e ha deciso di intraprendere (= iniziare, avviare) l’attività aziendale di cura e manutenzione di

giardini; per far questo ha costituito (= ha fatto nascere, ha fondato) la ditta “F.F. Garden di Flora Fito”, specializzata nella

raccolta di foglie e taglio erba dei pratini. Le operazioni compiute nel primo mese di attività sono state queste:

- 1 aprile: Flora stipula un contratto di locazione (= prende in affitto) un garage in cui tenere le attrezzature necessarie all’attività; l’accordo prevede un affitto annuo di 1.200,00 € da pagare in 4 rate trimestrali anticipate di 300,00 €. Flora paga immediatamente la prima rata d’affitto relativa al periodo dal 1/4/2019 al 31/7/2019.

- 2 aprile: acquista da un unico fornitore 4 rastrelli e 2 tagliaerba a motore al prezzo di 15,00 € (ogni rastrello) e 350,00 € (ogni

tagliaerba); Flora paga un acconto di 150,00 € impegnandosi a pagare il saldo (= il resto del prezzo) di 610,00 € il 30 giugno 2019.

- 3 aprile: stipula un contratto di lavoro con suo nipote Silvano Pino, figlio di sua sorella Margherita, in base al quale Flora dovrà corrispondere (= dare, pagare) a Silvano il giorno 10 di ogni mese 7,50 € per ogni ora di lavoro prestato (= svolto, fatto) nel mese precedente (quindi Flora pagherà a Silvano lo stipendio di aprile il 10 maggio, quello di maggio il 10 giugno e così via);

- 4 aprile: Flora stipula con il cliente Fulvio Fiumirosa un contratto in base al quale dovrà tagliare l’erba una volta la settimana e raccogliere le foglie ogni giorno nel grande giardino del cliente in cambio di 1.500,00 € al mese, per tutto il periodo dal 15 aprile al 15 dicembre 2019 (8 mesi). Il pagamento dell’intero servizio avverrà in un’unica soluzione (= tutto in

una volta) a fine contratto, il 15 dicembre 2019. Nel mese di aprile Flora ha anche:

- acquistato 200 litri di benzina per i tosaerba a 1,45 €/l e 5 litri di olio a 8,00 €/l per un totale di 330,00 € (200 x 1,45 + 5 x 8); Flora ha pagato 250,00 € e si è impegnata a pagare i restanti 80,00 € entro la prima settimana di maggio.

- fatto lavorare Silvano per 30 ore;

- prodotto servizi (oltre a quelli al cliente Fiumirosa) per 1.820,00 €; di questi, 1.700,00 € li ha già incassati, i rimanenti 120,00 € le saranno pagati il mese prossimo.

A fine aprile Flora, mentre fa l’inventario della sua azienda (cioè mentre verifica come è il patrimonio aziendale), verifica che sono rimasti 110 litri di benzina e 3 litri d’olio; inoltre Flora stima (= vàluta, quantifica) il valore dei due tagliaerba in 600,00 € e che i quattro rastrelli valgano ora 40,00 € . Durante il mese di aprile non è successo altro.

Applicando i concetti corretti di ricavo e di costo calcoliamo il reddito di aprile dell’azienda F.F. Garden di Flora Fito.

Ricavi di aprile (cioè valore di ciò che l’azienda ha prodotto in aprile): 750,00 + 1.820,00 = 2.570,00 €

Costi di aprile (cioè valore consumato dei fattori produttivi usati in aprile): 100,00 + 120,00 + 225,00 + 146,50 = 591,50 €

Reddito del mese di aprile: 2.570,00 - 491,50 = 1.978,50 €

Spiegazione

I ricavi di aprile sono costituiti dal valore del servizio prodotto per il cliente Fiumirosa (mezzo mese di cura del giardino, quindi 1.500 /2 = 750,00 €) più il valore dei servizi prodotti per gli altri clienti (1.820,00 €), e non importa se qualche servizio le sarà pagato fra un mese o a fine anno: al fine della determinazione dei ricavi ottenuti conta ciò che è stato prodotto nel periodo, non se il prezzo è o non è già stato incassato.

I costi di aprile sono:

- 100,00 € per un mese di uso del garage (1.200 € l’anno di affitto sono 100 € al mese, e non importa se li ha pagati o no);

- 120,00 € per l’uso delle attrezzature, e ciò perché il loro valore è diminuito di 120 €, passando dai 760 € del prezzo di acquisto (4 rastrelli x 15 € + 2 tosaerba x 350 € = 60 + 700) ai 640 € stimati in sede di inventario: l’uso e il tempo ne hanno quindi diminuito il valore di 120 € (760 - 640 = 120);

- 225,00 € per il lavoro del nipote Silvano (30 ore x 7,50 € = 225 €); e, come sempre, non importa se pagati o no: ciò che importa non è il lavoro pagato ma il lavoro utilizzato, e Silvano in aprile ha lavorato 30 ore:

- 146,50 € per la benzina (130,50 €) e l’olio (16,00 €) consumati in aprile: Flora acquistò 200 litri di benzina ma a fine mese aveva ancora 110 litri di scorta, quindi nel mese l’azienda ne ha consumato 90 litri per un valore di (90 x 1,45 =) 130,50 €; acquistò poi 5 litri d’olio, ma in scorta ne ha ancora 3, quindi il consumo è stato di 2 litri pari a (2 x 8 =) 16,00 € di valore.

In tutti i casi, coi costi non centra quanto si compra né, tanto meno, quanto si paga: ciò che conta è, invece, quanto è il valore consumato dei fattori produttivi utilizzati per produrre.

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10. Funzione della contabilità.

Vedremo nei prossimi anni che il “bilancio”, materialmente, è un documento che si compone di vari elaborati,

ma tra questi i due di gran lunga più importanti sono la “situazione patrimoniale” (o “stato patrimoniale”, che abbiamo

già incontrato qualche pagina fa) e il “conto economico”.

La situazione patrimoniale è la fotografia dell’azienda in un certo istante (quindi i dati che vi appaiono sono

tutti di stock), ad esempio alla mezzanotte del 30/9/2019, mentre il conto economico svolge il compito di filmato di ciò che è accaduto nell’azienda in un certo periodo (quindi tutti i dati che in esso appaiono sono di flusso),

ad esempio tra il 1/1/2019 e il 30/9/2019. In altre parole: mentre lo stato patrimoniale descrive l’azienda come

era in un certo momento (quali beni possedeva e quanto valevano, e di che tipo erano e quanti e quali erano i debiti che aveva), il conto

economico ci fa vedere cosa l’azienda ha fatto in un certo periodo (cosa e quanto vale ciò che ha prodotto in un certo periodo e cosa e

quanto vale ciò che ha utilizzato e distrutto per produrre).

Il “bilancio” (l’insieme dei due documenti appena descritti) è la sintesi, il risultato finale della continua e meticolosa

(= diligente, attenta, precisa, ordinata) rilevazione (= annotazione, registrazione) dei fatti che accadono nell’azienda e dell’attento e impegnativo lavoro di elaborazione dei dati ottenuti.

La “contabilità”, in senso ampio, è la disciplina che insegna come registrare ed elaborare i fatti

aziendali (sia quelli che collegano l’azienda all’esterno, sia quelli interni di produzione) per permettere di controllare ciò che accade e, soprattutto, di avere informazioni utili per decidere cosa fare.

La “contabilità generale” (che è campo di lavoro per ragionieri) è quella parte della contabilità che si occupa di

registrare i fatti che collegano l’azienda con l’esterno e di elaborarli per dare – tra l’altro – una

descrizione dell’azienda la più realistica possibile attraverso il “bilancio d’esercizio”.

La “contabilità industriale” (che è campo di lavoro per ingegneri) si occupa, invece, dei fatti interni di produzione e ha lo scopo – tra l’altro – di rilevare e calcolare i costi di produzione (e infatti è anche detta “contabilità dei costi”).

La tecnica usata per registrare i fatti aziendali che mettono in relazione l’azienda con l’ambiente economico (in pratica con le altre aziende) è detta “partita doppia”.

Il “sistema informativo” dell’azienda, nella sua parte relativa alla contabilità generale, serve soprattutto a

questo: a descrivere e a capire nel modo migliore possibile come sta di salute e come sta andando verso i suoi

obiettivi un’azienda. Solo un ragioniere fanatico e stupido o i profani (= ignoranti, inesperti) di economia aziendale

(come troppi magistrati e tanti avvocati) possono credere che i bilanci debbano essere rappresentazioni certe e precise

dell’azienda; ma pur sapendo che il risultato finale del lavoro non sarà mai del tutto attendibile, nondimeno è

assolutamente necessario impegnarsi per cercare di conoscere quale è la situazione, perché – come detto

all’inizio e ripetuto più volte – per poter prendere le decisioni migliori è indispensabile avere dei dati su cui

basarsi.

Occorre quindi sforzarsi continuamente per migliorare sempre più il “sistema informativo” aziendale, cioè

tutto il processo di raccolta ed elaborazione dei dati relativi ai fatti che accadono senza soste in azienda (acquisti,

vendite, pagamenti, incassi, consumi, trasformazioni, entrate e uscite di merci, tempi di lavoro dei dipendenti ecc.), processo che porta, come

risultato finale, alla determinazione del reddito e del patrimonio netto, i due indicatori di gran lunga più

significativi della salute di un’azienda.

11. Le regole di registrazione in “partita doppia”

11.1) Il “conto”. Lo strumento di base del metodo di rilevazione dei dati relativi ai fatti

“esterni” di gestione (cioè delle cose che capitano e che mettono in contatto l’azienda con l’ambiente

esterno) è il “conto”, che non è altro che un foglio (un tempo un pezzo di carta, ora un file)

intestato a un elemento aziendale e diviso verticalmente in due parti dette “sezioni”; la sezione di sinistra è

chiamata “Dare”, quella di destra “Avere”. I termini “Dare” e “Avere” delle due sezioni avevano, ai tempi di

Luca Pacioli, un significato collegabile ai due verbi, ma nel corso dei secoli l’evolversi della ragioneria ha fatto

sì che ora il loro significato non sia altro che “Sinistra” e “Destra”. Si chiamassero “Dario” e “Annibale”

sarebbe la stessa cosa (anzi, sarebbe meglio perché gli studenti, forse, farebbero meno errori).

Dare “OGGETTO del CONTO” Avere saldo

1.500,00 600,00

1.200,00 1.000,00

1.500,00

. 300,00

. 900,00

.-.100,00

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Ogni fatto che determina una modifica del patrimonio e che coinvolge l’azienda con il mondo esterno lo si

registra nei conti; in questo modo, col tempo, ogni conto recepisce, nell’ordine cronologico determinato dal

momento in cui il fatto è accaduto, sempre più dati. La differenza fra le sommatorie dei dati annotati nelle due

sezioni è detta “saldo” del conto, e se la somma degli importi scritti in dare è maggiore di quelli scritti in avere

si dirà che il conto presenta un “saldo dare” (nel caso opposto si dirà che il conto ha “saldo avere”)

Nei due esempi qui sotto si possono leggere i fatti (le operazioni) accaduti tra il 22 e il 25 settembre che hanno

coinvolto, rispettivamente, la cassa aziendale e il c/c che l’azienda ha aperto presso la banca Credem proprio il

giorno 22 settembre .

(1.30.001 e 2.40.014 sono i due codici numerici, memorizzati nell’archivio contabile del sistema informativo aziendale, che

identificano i due conti: quando si vuole visualizzare un conto si digita, indifferentemente, o il suo codice numerico o il suo nome in

chiaro. La “P” a destra è la segnalazione che si tratta di un conto “patrimoniale”; i conti, come già ho scritto e come rivedremo fra

poco, si suddividono infatti in due categorie: conti Patrimoniali (P) e conti Reddituali (R)).

1.30.001 CASSA CONTANTI P

Data descrizione accadimento Dare Avere Saldo

22.9.2018 Saldo al 21.9.2018 (alla mezzanotte del 21.9.2018) D 944,21

22.9.2018 Versamento su c/c 3845/b CREDEM 543,21 D 401,00

23.9.2018 Prelievo da bancomat 500,00 D 901,00

24.9.2018 Acquisto benzina (targa ED101YZ) 50,00 D 851,00

24.9.2018 S.do fatt. prot. 1.651/18 fornitore MpM srl 300,00 D 551,00

2.40.014 CREDEM c/c n. 3845/b P

Data descrizione accadimento Dare avere Saldo

22.9.2018 Saldo al 21.9.2018 (alla mezzanotte del 21.9.2018) Zero

22.9.2018 Versamento contanti (apertura conto corrente) 543,21 D 543,21

23.9.2018 Prelievo da bancomat 500,00 D 43,21

25.9.2018 Assegno n. xy a saldo fatt. zt fornitore Pinco snc 1.200,00 A 1.156,79

25.9.2018 Bonifico da cliente Conip sas a s.do ns fatt. n. 497 1.000,00 A 156,79

11.1.1) I conti patrimoniali

I conti patrimoniali sono quelli che hanno come oggetto elementi aziendali il cui valore è un dato di stock.

E’ il caso, ad esempio, dei due conti appena visti. Il conto “cassa contanti”, infatti, esprime il valore del denaro

presente in cassa, valore che ha un significato solo se riferito a un determinato istante: alla mezzanotte del

21.9.2018 in cassa c’erano 944,21 €; alla mezzanotte del giorno dopo (22 settembre) il valore della cassa era calato

a 401,00 € a causa del prelievo di 543,21 € effettuato quando (in un’ora imprecisata) quel contante è stato portato alla

banca “CREDEM” per aprire il conto corrente bancario. Alla fine del giorno seguente (23 settembre) il valore della

cassa è salito a 901,00 € per effetto dell’immissione dei 500 € prelevati dal conto corrente attraverso il

bancomat; durante il giorno successivo (24 settembre) il valore della cassa ha subito due peggioramenti a causa:

prima dell’acquisto in contanti di 50 € di benzina, poi per il pagamento, sempre in contanti, di una debito di

300 € che avevamo nei confronti del fornitore MpM srl.

Come potete vedere, leggendo le registrazioni fatte nel conto si ottengono informazioni su quando è cambiato

il valore dell’oggetto del conto patrimoniale (prima colonna “data”), perché si sono avute queste variazioni (seconda

colonna, “descrizione fatto”), di quanto ogni operazione ha modificato il valore dell’oggetto del conto (sezioni “dare” e “avere”),

se la variazione è stata in senso migliorativo (nel caso l’importo sia in “dare”) o peggiorativo (nel caso sia in “avere”) e, infine,

sulla dimensione che l’oggetto del conto (nell’ultima colonna “saldo”) aveva in un qualsiasi momento, dalla nascita

dell’azienda fino all’ultimo giorno di cui si sono annotate le operazioni.

Si può dire che dalla lettura di tutto ciò che appare annotato in un singolo conto patrimoniale si ottiene il

racconto di tutta la vita dell’oggetto di quel conto (nell’esempio la cassa contanti, ma avrei potuto scegliere di raccontarvi la storia di come il

valore dell’auto targata ED101YZ o il valore di qualsiasi attrezzatura o bene durevole di proprietà dell’azienda è cambiato dal momento dell’acquisto in poi, oppure

la storia di tutti i cambiamenti avvenuti in un qualsiasi rapporto di credito o di debito verso un particolare soggetto, come in effetti vi faccio qui sotto), da quando

quell’elemento è entrato a far parte del patrimonio dell’azienda.

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Nel conto patrimoniale “c/c n. 3845/b presso CREDEM” annotiamo tutte le operazioni che modificano il credito

(oppure il debito) che la nostra azienda ha nei confronti della banca CREDEM. Fino al mattino del 22 settembre

l’oggetto del conto (il rapporto di c/c fra noi e quella banca) non esisteva. Durante la giornata del 22 abbiamo aperto il c/c (a

cui la banca ha assegnato il codice 3845/b) depositandovi 543,21 € in contanti, e poiché quel giorno nessuna altra operazione

fra noi e la banca ha interessato quel conto, alla sera del 22 settembre noi avevamo un credito di 543,21 € nei

confronti del CREDEM. Il giorno dopo, 23 settembre, il nostro credito peggiora di 500,00 € perché attraverso il

bancomat ci facciamo restituire dalla banca una parte dei nostri soldi, cosicché alla mezzanotte del 23 il valore

del nostro credito (il nostro denaro depositato sul c/c) è di soli 43,21 €. Il 25 settembre, (approfittando che la banca si era impegnata a

prestarci fino a un massimo di 10.000 € autorizzandoci ad andare “in rosso” (cioè a debito) sul conto corrente), abbiamo pagato con un assegno

1.200,00 € il fornitore Pinco snc, e in questo modo il saldo del conto è peggiorato di 1.200, passando da un

credito di 43,21 a un nostro debito nei confronti della banca di 1.156,79 €; pertanto il saldo da “dare” si è

trasformato in saldo “avere”. Lo stesso giorno (25 settembre) il nostro cliente Conip sas invia 1.000 € sul nostro

conto 3845/b del CREDEM per saldare un debito che aveva verso di noi, così il valore dei nostri debiti verso la

banca migliora, portandosi da un saldo passivo di 1.156,79 a un saldo, ancora passivo, ma di soli 156,79.

11.1.2) I conti di reddito (o “economici”)

I conti di reddito hanno come oggetto dati aziendali di flusso. Sono, quindi, tutti quei conti in cui si

annotano i consumi dei fattori produttivi (degli input) e la produzione degli output.

Vediamo, ad esempio, il conto “carburante” tenuto da un’azienda di trasporto (un corriere, , un taxista o quello che ti

pare) che, per svolgere la sua attività, utilizza due automezzi.

3.45.001 CARBURANTE R

Data descrizione accadimento Dare avere Saldo

03.01.2018 targa CD543AF 80,00 D 80,00

03.01.2018 targa ED101YZ 105,00 D 185,00

05.01.2018 targa ED101YZ 75,50 D 260,50

07.01.2018 targa CD543AF 119,50 D 380,00

La lettura del conto “carburante” ci informa su quando (colonna “data”) e per quali importi (colonna “dare”) sono stati fatti

i rifornimenti di carburante nella prima settimana dell’anno. Leggendo la colonna “saldo”, poi, ci si informa su

quale è, cumulativamente, il valore dei rifornimenti fatti dall’inizio dell’anno fino alla data che ci interessa (dall’inizio dell’anno al 3 gennaio è 185 €; dal primo al 7 gennaio 380 €; se leggessimo il conto ad esempio il 30 settembre 2018, dalla colonna “saldo” potremmo

immediatamente ottenere il dato del valore complessivo dei rifornimenti fatti nei primi nove mesi dell’anno). In ogni caso il saldo di un conto di

reddito evidenzia un dato di flusso, cioè un dato che, appunto, fa riferimento a un periodo di tempo.

Lo studente attento obietterà: all’inizio della pagina c’è scritto che i conti di reddito “sono tutti quei conti in cui

si annotano i consumi dei fattori produttivi (degli input)”, ma nel conto “carburante” usato nell’esempio sono

stati registrati gli acquisti, e non è detto che tutta la benzina acquistata sia stata consumata; così se la benzina

del rifornimento fatto il 7 gennaio fosse ancora quasi tutta nel serbatoio dell’automezzo alla sera di quel giorno,

sarebbe un errore dire che durante la prima settimana dell’anno sono stati consumati 380 € di benzina: il dato

corretto sarebbe certamente minore, magari 275 €.

Quello studente è certamente attento e sveglio, ma ignora ancora (perché lo studierà fra due pagine) che per semplicità

quando si acquista il carburante così come qualsiasi altro input destinato a essere consumato in poco tempo, si

fa finta che sia già stato totalmente utilizzato.

Qui sotto, infine, un esempio di conto (di reddito) con registrate alcune operazioni di produzione.

4.03.054 SERVIZI di TARSPORTO R

Data descrizione accadimento Dare avere Saldo

04.01.2018 Ns fatt. n. 1 cliente Aldini 140,00 A 140,00

04.01.2018 Ns fatt. n. 2 cliente Bisi s.r.l. 204,00 A 344,00

05.01.2018 Ns fatt. n. 3 cliente Capperi s.p.a. 1.000,00 A 1.344 ,00

Compresa la funzione del “conto”, ora impariamo come vi si registra ciò che capita. Le regole per registrare nei

“conti” i fatti che accadono sono tre (a, b, c), a cui si aggiungono altrettanti “trucchi” (t1, t2, t3) riconducibili

però ad un’unica logica (per questo li ho chiamati tutti “t”).

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11.1) Le tre regole.

a) (a1) Le operazioni che fanno migliorare il saldo di un conto patrimoniale si registrano a

sinistra (in dare) del conto patrimoniale interessato. Così, ad esempio:

• l’incasso di 5 biglietti da 100, migliorando il valore attivo della nostra cassa, lo registriamo

scrivendo 500 nella sezione dare del conto “cassa contanti”;

• se paghiamo un debito di 1.000 € che avevamo nei confronti di un nostro fornitore,

registreremo 1.000 in dare del conto “debiti v/fornitori” perché il saldo (passivo) del conto è

migliorato, essendo diminuito di 1.000 €.

a) (a2) Le operazioni che, invece, fanno peggiorare il saldo di un conto patrimoniale si

registrano a destra (in avere) del conto patrimoniale interessato. Così, ad esempio:

• se i ladri ci rubano un martello pneumatico che valeva 600 € (ed era registrato in contabilità per un

valore di 600 €), registreremo 600 in avere del conto “attrezzature” perché il loro valore è peggiorato;

• se otteniamo un mutuo (= un prestito) di 500.000 € da una banca, registriamo 500.000 in avere

del conto “debiti” perché il suo saldo è peggiorato in quanto i nostri debiti, che sono un valore

passivo, sono aumentati (e se volessimo trarre dalla contabilità informazioni più dettagliate utilizzeremmo non un conto generico come

“debiti” ma uno più specifico intestato al soggetto che ci ha erogato il prestito, ad esempio “mutuo banca CREDEM”).

b) (b1) Le operazioni che provocano un consumo di fattori produttivi (un costo, un componente

negativo di reddito: sono tutti sinonimi) si registrano in dare (a sinistra) del conto reddituale interessato. Così, ad

esempio:

• se abbiamo consumato per ¼ la mola da 400 € con la quale affiliamo i coltelli, registreremo

100 in dare del conto di reddito “usura attrezzature” (un ragioniere scriverebbe “ammortamento attrezzature”);

• se facciamo pulire gli uffici della nostra ditta da una impresa di pulizie per 350 €,

registreremo 350 in dare del conto di reddito “acquisti servizi” (e se volessimo informazioni più dettagliate

probabilmente utilizzeremmo un conto più specifico come “acquisti servizi di pulizia”).

b) (b2) Le operazioni che provocano un aumento del valore della nostra produzione (un

ricavo, un componente positivo di reddito) si registrano in avere (a destra) del conto reddituale interessato. Così,

ad esempio:

• se progettiamo per la DUCALE un nuovo distributore automatico di bevande per un compenso

di 90.000 €, registreremo quell’importo in avere del conto reddituale “servizi di progettazione”;

• se un dentista cura un dente per 200 €, registra 200 in avere del conto di reddito “otturazioni”.

c) Ogni operazione provoca necessariamente registrazioni sia in dare (di uno o più conti) che in

avere (di uno o più conti), e il totale degli importi annotati in dare è sempre uguale al totale degli

importi annotati in avere. E’ questa regola, tra l’altro, ad aver originato il nome “partita

doppia” con il quale è stato chiamato il metodo di registrazione dei fatti aziendali. Fu anche

cominciando a usare questa regola per primi – nel medio evo – che i mercanti italiani divennero i

migliori del mondo: con questa metodo gli errori di distrazione e di calcolo si ridussero

enormemente rispetto al sistema contabile (la “partita semplice”) usato in precedenza.

11.2) I tre trucchi.

Come già si è detto, i trucchi sono tre, e la logica unitaria che è alla loro base mira a semplificare la vita dei

poveri contabili addetti alla registrazione dei fatti aziendali. Infatti, l’Adamo dei ragionieri, essendosi reso

conto che il registrare ogni fatto che accade in azienda avrebbe imposto una mole (= un volume, una quantità) di lavoro

insostenibile, ebbe una idea brillante: registrare man mano che accadono solo i fatti che mettono in rapporto

l’azienda con il mondo esterno, ed invece tenere conto dei fatti che si svolgono all’interno dell’azienda soltanto

nel momento in cui si vuole determinare la situazione patrimoniale ed il reddito prodotto (cioè nel momento in cui si vuole

fare il “bilancio”).

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Esemplifico per chiarire il concetto, prendendo in considerazione l’azienda “Cantina sociale di Puianello”.

L’operazione di pigiatura dell’uva, che si svolge al suo interno a inizio autunno, implica certamente l’uso di

fattori produttivi (l’uva, il torchio, il lavoro degli operai ecc.) e contemporaneamente l’ottenimento di una produzione (il mosto e il

vino). Sarebbe però assurdo quantificare ed annotare istante per istante (o anche solo giorno per giorno) i valori coinvolti

in queste operazioni che si svolgono internamente all’azienda. Ed allora ci si limita a registrare il valore dei

fattori produttivi nel momento in cui li si acquista, ed il valore della produzione nel momento in cui la si vende

(momenti in cui l’azienda ha un rapporto con l’esterno); con un po’ di approssimazione si può dire che ci si limita a tenere conto,

a misurare, ciò che entra (input) e ciò che esce (output) dall’azienda. Ma poiché l’acquisto di un input non

necessariamente coincide con il suo consumo e poiché può esserci produzione anche senza vendita, quando si

vuole verificare l’andamento dell’azienda attraverso la redazione dello stato patrimoniale e del conto

economico si rende necessario apportare delle correzioni ai dati risultanti dalle sole registrazioni dei fatti

“esterni”. Queste correzioni i ragionieri le chiamano “scritture di assestamento”.

Spiegata (o almeno spero) la natura comune dei tre trucchi, andiamo a vederli (t1, t2 e t3).

t1) Il consumo di fattori produttivi che esauriscono la loro utilità rapidamente, cioè o nel

momento in cui vengono usati (l’uva, il carburante, l’energia elettrica, il lavoro, lo shampoo per parrucchiera o le arance per l’ortolano

ecc.) o comunque entro un anno perché non sono destinati a durare a lungo (le biro, le lampadine i (“gli”, per gli

insegnanti di italiano) pneumatici ecc.), non viene registrato nel momento in cui avviene bensì viene registrato

nel momento dell’acquisto del fattore produttivo stesso, fingendo che esso si sia

immediatamente e totalmente consumato.

Nel momento in cui si vuole determinare l’esatta situazione patrimoniale e calcolare il

reddito guadagnato si deve poi: a) effettuare una registrazione di assestamento (= di aggiustamento, correttiva)

per aggiungere fra i valori attivi patrimoniali il valore di questi fattori produttivi già acquistati ma

non consumati e perciò ancora presenti in azienda; b) effettuare un’altra correzione in contabilità,

nei conti reddituali, per andare a togliere dai costi lo stesso valore ancora non consumato degli

input il cui acquisto, e quindi il cui consumo, era stato in precedenza registrato.

Ecco quindi perché quando la pescatrice Alice Sgombri acquista le esche o il carburante per la barca, oppure

quando lo studio legale acquista 20 risme di la carta per la fotocopiatrice non si registra l’aumento del valore

delle scorte nel conto patrimoniale “scorte di materiali di consumo” ma, invece, il valore di quegli acquisti

viene annotato in un conto di reddito (come consumo).

t2) Il consumo di fattori produttivi che offrono la loro utilità per lungo tempo (più di un anno,

come gli automezzi, le poltrone della parrucchiera, gli scaffali dell’ortolano ecc.) non viene registrato né nel momento in cui

avviene né nel momento dell’acquisto del fattore produttivo, bensì viene registrato soltanto nel

momento in cui si vuole determinare la situazione patrimoniale e il reddito dell’azienda, cioè

quando si fa il “bilancio” aziendale.

Quando si acquista il fattore produttivo “duraturo” si registra in un conto patrimoniale

l’aumento del valore presente in azienda di quel fattore produttivo (attrezzatura, macchinario o altro che sia),

dopo di che si finge che il fattore produttivo conservi intatto il suo valore nonostante l’uso che se ne

sta facendo, ed è soltanto quando si decide di determinare il patrimonio ed il reddito (cioè quando si fa il

bilancio aziendale) che si apportano le correzioni con delle scritture di assestamento.

Infatti in quel momento si dovrà: a) diminuire il saldo (registrando in avere la diminuzione del suo valore) del

conto patrimoniale in cui al momento dell’acquisto fu inserito il valore del bene, così da

correggerne il valore contabile facendo in modo che rispecchi la realtà; b) registrare in un conto di

reddito tale diminuzione di valore in quanto rappresenta il consumo del fattore produttivo durevole,

e quindi la si registrerà in dare del conto “ammortamento” (che significa perdita di valore, usura).

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Ad esempio, se la sarta Lucia Cecati il 12/3/2019 acquista una nuova macchina da cucire del valore di 1.140 €

(pagando 40 € in contanti e impegnandosi a pagare il resto fra 90 giorni) in contabilità l’operazione viene

registrata in questo modo (in grassetto):

(data di questa registrazione: 12.3.2019) Dare Attrezzature (P) Avere Dare debiti v/fornitori (P) Avere Dare cassa contanti (P) Avere ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

(s.i.) xy | | yx (s.i.) (s.i.) xyz |

(1) 1.140 | | 1.100 (1) | 40 (1)

Dopo di che mentre Lucia usa (ed usura) la macchina da cucire si registra nulla; è soltanto quando si decide di

determinare il reddito prodotto nel periodo nonché la nuova situazione patrimoniale (cioè quando si fa il bilancio aziendale,

ad esempio il 31.12.2019) che si farà la seguente registrazione di assestamento (ammortamento) (in grassetto e ipotizzando che

l’uso abbia causato una diminuzione del valore della macchina da cucire di 150 €):

dare Attrezzature (P) avere dare ammortamento attrezzature (R) avere ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

(s.i.) xy | |

(1) 1.140 | |

| 150 (data di questa registrazione: 31.12.2019) 150 |

Si può quindi dire che quando si registra l’acquisto di un fattore produttivo si commette in ogni caso un errore,

e lo si fa consapevolmente, avendo comunque l’intenzione di correggerlo prima di fare il bilancio (con delle

registrazioni correttive che i ragionieri chiamano “scritture di assestamento”): se l’acquisto riguarda un bene che si esaurisce nel

momento dell’utilizzo (come il lavoro del dipendente o lo sciampo per il parrucchiere) allora si commette l’errore di registrarne il

consumo in anticipo rispetto al momento effettivo; se invece l’acquisto riguarda un bene che è in grado di

offrire la sua utilità per molto tempo (come la poltrona o le phon del parrucchiere) allora si commette l’errore di registrarne il

consumo (l’ammortamento) in ritardo rispetto al momento dell’effettivo utilizzo. Ecco perché, quando attraverso il

bilancio si vuole dare l’immagine della situazione dell’azienda a una certa data e la descrizione di ciò che è

accaduto in un certo periodo (periodo che termina in quella data) ci si deve preoccupare di andare a correggere gli errori

fatti registrando le operazioni aziendali durante il periodo, e queste correzioni si inseriscono attraverso altre

registrazioni contabili chiamate “scritture di assestamento”.

t3) La produzione di valore viene registrata non nel momento in cui la si realizza, bensì

quando ciò che è stato prodotto (bene materiale o immateriale che sia) viene venduto. Il valore di ciò che

è stato prodotto ma non ancora venduto viene considerato (viene aggiunto) soltanto nel momento

in cui si vuole determinare la situazione patrimoniale e il reddito dell’azienda (cioè quando si fa il

“bilancio” aziendale). In quella occasione si dovranno anche togliere dal valore della produzione le

vendite di beni prodotti in momenti precedenti il periodo osservato (e questo lo vedremo più avanti).

Così se per esempio la sarta Lucia Cecati negli ultimi mesi del 2018 ha prodotto 3 abiti da sposa per un valore

complessivo di 15.000 € e li ha poi venduti per 15.000 € nei primi mesi del 2019, quei 15.000 € di valore

dovranno risultare nel valore della produzione dell’anno 2018 e non dell’anno in cui c’è stata la vendita (e quindi

faranno aumentare il reddito del 2018 e non quello del 2019). Le registrazioni che si faranno in contabilità sono queste:

- Al momento della materiale produzione degli abiti non si registra nulla (è un’operazione interna).

- Quando (supponiamo alla fine dell’anno 2018) si vuole fare il bilancio dell’azienda, allora occorrerà rilevare il

componente positivo di reddito e l’incremento del valore patrimoniale costituito dagli abiti in magazzino,

valutati 15.000 € e pronti per la vendita:

dare scorte di prodotti finiti (P) avere dare valore della produzione (*) (R) avere ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

15.000 | (data di questa registrazione: 31.12.2018) | 15.000

(*) In realtà si usa un conto, ovviamente di Reddito, chiamato “variazione rimanenze prodotti”

- Quando nel 2019, magari l’8 gennaio, si vendono gli abiti (supponiamo proprio per 15.000 e con pagamento posticipato) si registra:

dare vendite abiti da sposa (R) avere dare crediti v/vlienti (P) avere ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

| 15.000 (data di questa registrazione: 28/1/2019) 15.000 |

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12. Una giornata da ragioniere (nell’ufficio amministrazione della “ Fantozzi Ugo & C. S.r.l.”)

“F.F. Garden di Flora Fito” è, ovviamente, un caso inventato a scopo didattico: la realtà aziendale è più complessa:

in qualche caso non di molto [come il caldarrostaio ambulante o il callista a domicilio, magari entrambi senza lavoratori dipendenti e con

25.000 € annui di valore della produzione] mentre in altri [come VolksWagen AG o Apple Inc., entrambe con centinaia di migliaia di lavoratori

dipendenti e circa 250.000.000.000 € ($) di valore della produzione annua (250 miliardi, cioè 10 milioni di volte più “grandi” del caldarrostaio)] si fa

enormemente più complessa.

Flora Fito, Apple Inc., il caldarrostaio ambulante, Volkswagen AG e qualunque altra delle centinaia di milioni di aziende

di produzione che operano nel mondo hanno, però, almeno cinque cose che le accomunano, ognuna delle quali

è collegata alle altre:

a) lo scopo che le spinge a produrre beni [arricchirsi, facendo tutto il possibile per soddisfare nel modo più efficiente le esigenze dei clienti];

b) la necessità di decidere quali azioni compiere (dalle più impegnative a quelle di importanza più trascurabile] per raggiungere lo scopo;

c) l’esigenza di avere dati sulla base dei quali prendere le decisioni (e quindi di conoscere sé stessi e l’ambiente in cui si opera];

d) la necessità di annotare ciò che succede [sia al suo interno (contabilità industriale), sia nei rapporti con l’ambiente esterno (contabilità generale)]

al fine di ottenere i dati utili per decidere in modo corretto;

e) le regole di base con cui annotare, memorizzare, i fatti che accadono [le regole contabili della partita doppia, che stai studiando (?)].

Ecco perché in ogni azienda (grandissima, grande, media, piccola o microscopica che sia) è necessaria l’attività di qualcuno

(dipendente interno o, se l’azienda è piccolissima, fornitore esterno di servizi contabili) che conosca la partita doppia: in mancanza di

questa professionalità i fatti non sarebbero registrati efficacemente, il che porterebbe a una conoscenza distorta

della realtà e quindi a decisioni sbagliate che impedirebbero all’azienda di soddisfare nel miglior modo le esigenze

dei clienti con la conseguenza di non raggiungere lo scopo esistenziale di ottenere un elevato profitto.

La funzione del “ragioniere” è quindi essenziale, e qui ora provo a farvi comprendere come

viene svolta descrivendo uno scorcio di una giornata di lavoro del rag. Renzo Filini, l’unico

impiegato amministrativo della ditta “Fantozzi Ugo & C. S.r.l.”, azienda attiva nella distribuzione

di acqua minerale e altre bevande e da qualche tempo in non buone condizioni finanziarie.

E’ un giorno della prima metà di gennaio 2020; nel computer (un tempo si sarebbe detto “sulla scrivania”)

del rag. Filini si è accumulato un bel po’ di lavoro, anche a causa di alcuni giorni di ferie che il pover’uomo ha

dovuto prendere per accontentare la sua petulante consorte. Nella prima parte della mattinata (nei momenti in cui non

è impegnato nella raccolta e gestione degli ordini dei clienti e nella conseguente verifica della disponibilità dei prodotti in magazzino con eventuale

invio dell’ordine ai fornitori) il buon Filini si organizza il lavoro dei prossimi giorni stendendo il suo personale

cronoprogramma in cui, tra le tante cose da fare, segnala come più urgenti:

- la registrazione di decine di fatture d’acquisto (la gran parte di dicembre ma alcune datate novembre e giunte alla sua

attenzione solo ora) e dei tantissimi altri documenti (contabili bancarie, bollette doganali ecc.) arrivati nei giorni precedenti;

- la rilevazione delle ore di presenza di dicembre dei sei dipendenti e i rimborsi spese per le loro trasferte,

tutte cose ancora da controllare e inviare entro domani allo studio esterno che elabora le buste paghe;

- preparare l’F24 per versare entro il 16 l’IVA, le ritenute fiscali e i contributi INPS;

- il controllo dei tre conti correnti (uno aperto al Credem e gli altri due all’Unicredit), cioè fare la cosiddetta “conciliazione

bancaria”, in pratica la verifica che i movimenti che appaiono su ognuno dei tre estratti conto inviati dalle

banche coincidano (con “dare” e “avere” ovviamente invertiti) con quelli annotati nella contabilità aziendale (nei tre diversi

conti patrimoniali “Credem c/c n. 5421”, “Unicredit c/c n. 113279” e “Unicredit c/c anticipo sbf ” che la Fantozzi & C. ha nella sua contabilità);

- sollecitare i clienti in ritardo nei pagamenti e, per un paio di loro, anche preparare la documentazione da

inviare allo studio legale a cui la “Fantozzi” ha già deciso di rivolgersi per tentare il recupero dei crediti;

- determinare il volume e la natura degli imballaggi utilizzati per inviare la relativa periodica dichiarazione al

CONAI e calcolare il contributo da versare entro il 20;

- ecc. ecc.

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Non appena finito di programmare le sue prossime attività lavorative, il rag. Filini si vede piombare nell’ufficio

Mariangela, la giovane figlia erede del fondatore dell’azienda, il recentemente scomparso Ugo Fantozzi, ora

socia e membro del C.d.A. della società insieme alla madre Pina e al cugino Arturo: “c’è bisogno al più presto del bilancio 2019, va presentato al Credem per l’aumento del fido che ho chiesto oggi! Per quando riesce a prepararlo?”

Ha così inizio, e quest’anno prima del solito, il periodico incubo del ragioniere: il sovrapporsi all’attività

lavorativa ordinaria di quella aggiuntiva (straordinaria in quanto da compiere in genere solo una o due volte l’anno) necessaria per

predisporre il bilancio. Oltre a trovare il tempo per svolgere le usuali incombenze (solo una parte delle quali è stata descritta

nei punti di fine pagina precedente), ora il ragioniere dovrà dar fondo a tutta la sua professionalità ed energia per “preparare

il bilancio”, cioè per descrivere nel miglior modo possibile (attraverso lo stato patrimoniale) da cosa era costituita l’azienda

al 31/12/2019 e raccontare (attraverso il conto economico) l’attività svolta dall’azienda nel corso dell’anno 2019.

Ripresosi, la risposta del ragioniere è immediata: “il bilancio definitivo sarà pronto non certo prima di metà marzo, ma una bozza già abbastanza attendibile potrei riuscire a predisporla per l’inizio di febbraio.”

“Ma come, le ci vuole quasi un mese per fare un c...o di bilancio? Sta scherzando! Lo voglio per la prossima settimana!” sbraita isterica Mariangela.

Addestrato da trent’anni di vita coniugale, il rag. Filini non perde la calma e, con tono serafico dissimulante

un’elevata dose di disprezzo per l’incompetenza e la presunzione della ragazza, risponde:

“Se proprio lo vuoi per la prossima settimana, io un bilancio te lo faccio avere; sappi, però, che probabilmente sarà ben diverso da quello definitivo e ufficiale che renderemo pubblico in aprile con il deposito alla Camera di Commercio. Ci penserai poi tu a giustificare la cosa alla banca, quando se ne accorgerà… E ricordati che la bozza di bilancio la firmi e la presenti tu alla banca, come amministratore, così che, se le cose precipitassero e la società andasse in dissesto, se vorrai poi evitare il rischio di querela per truffa dovrai azzerare la posizione debitoria della società verso il Credem usando anche il tuo patrimonio personale. Quindi: se vuoi, io per la prossima settimana te lo preparo il bilancio; tu, però, preparati a rischiare di dover salutare il tuo appartamentino all’Elba, il tuo monolocale a Cortina e la tua Mini Cooper in garage”.

Colpita dalle parole e dalla serena calma con cui sono state pronunciate, memore dell’elevata stima che suo

padre aveva per il ragionier Filini, Mariangela, con atteggiamento affatto diverso, chiede:

“Ragioniere, la prego: può spiegarmi cosa ci impedisce di avere un bilancio sufficientemente attendibile prima di oltre un mese? Ha forse bisogno di un collaboratore che la sollevi dalle mansioni più semplici e routinarie così che lei possa dedicarsi solo a quelle più impegnative come il bilancio?”

“Beh, una mano in ufficio mi farebbe comodo, ma non certamente ora: il tempo che perderei nei prime settimane per addestrare il nuovo dipendente e spiegargli cosa e come fare sarebbe maggiore di quello che il suo lavoro mi farebbe risparmiare, cosicché il bilancio te lo consegnerei ancora più tardi. No, non c’è soluzione, devi solo aspettare; e se anche la settimana scorsa non fossi stato in ferie e così ora non avessi del lavoro arretrato, cambierebbe poco: anche nelle migliori condizioni, il bilancio che potrei consegnarti in gennaio non terrebbe comunque conto:

- di alcuni costi, e di conseguenza di alcuni debiti, la cui documentazione deve ancora arrivare e che non riesco ancora a stimare con sufficiente attendibilità (come gli ultimi servizi legali che l’avvocato A. Garbugli ha svolto l’ultimo

trimestre e per i quali, nonostante i solleciti, non ci ha ancora inviato la nota: sai come sono gli avvocati, ti aspetti un conto di

duemila e invece ti arriva una zuppa di diecimila tra onorario, bolli, diritti, marche, contributi, spese ecc.);

- di alcuni ricavi, e di conseguenza di alcuni crediti, la cui documentazione deve ancora arrivare e che non riesco ancora a stimare con sufficiente attendibilità (come il contributo per spese di marketing che la Pejo ci deve per la

campagna pubblicitaria in provincia di Reggio che abbiamo fatto tra maggio e settembre a spese nostre: sai bene che stiamo ancora discutendo l’importo del contributo che ci spetta, noi riteniamo che debbano rimborsarci un terzo dei 27.000 € spesi, ma Pejo arriva a non più del 10% sostenendo che il loro marchio non era evidenziato come concordato);

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- di alcune riduzioni di costi registrati in eccesso nel corso dell’anno la cui documentazione deve ancora arrivare

e che non riesco ancora a stimare con sufficiente attendibilità (come le note di accredito che alcuni fornitori ci dovranno

inviare per il nostro raggiungimento del budget di acquisti);

- di alcune riduzioni di ricavi registrati in eccesso nel corso dell’anno e che non ho avuto ancora il tempo di calcolare (come la nota di accredito che, come da contratto, dovremo emettere a favore del bar “Don Camillo” di Brescello per

aver superato, quasi raddoppiandoli rispetto all’anno scorso, gli acquisti che si era impegnato a fare di molti dei nostri prodotti);

Considera, poi, che: - devo ancora verificare, almeno a campione, se le quantità dei vari prodotti che avevamo in scorta al 31

dicembre coincidono con le giacenze che risultano dalle varie schede contabili di magazzino; poi devo stimarne il valore per inserirlo correttamente nell’attivo patrimoniale;

- ci sono gli ammortamenti da calcolare, e a questo proposito ti ricordo, tra l’altro, che mi devi ancora dire cosa intendi fare col Fiat Ducato incidentato: lo fai riparare, lo vendi o te lo porti a casa per farne quell’originale

acquario che dicevi? Devo saperlo se voglio dargli un valore ragionevole;

- c’è ancora aperto il contenzioso da 16.000 € per i contributi previdenziali 2014 e 2015 di Lino, il magazziniere che avevamo assunto come apprendista e che invece secondo l’INPS non poteva essere inquadrato come tale per via del suo precedente lavoro nell’azienda famigliare di suo padre; l’avvocato che segue il nostro ricorso è abbastanza ottimista, ma noi per prudenza dovremmo ugualmente inserire il debito presunto di 16.000 in contabilità (in un “fondo rischi”) e, di conseguenza, mettere a costo quell’intero importo. Sei tu l’amministratore, quindi tu devi decidere;

- mi devi anche dire se accetti o no la proposta dell’albergo “Da Matilde” di Canossa di darci 5.000 € a saldo e

stralcio del nostro credito di 11.000. Se accetti cancello i 6.000 dai crediti e li inserisco come costo certo del 2019; in questo modo, tra l’altro, ci diminuirebbero le imposte sul reddito e il bilancio cambierebbe anche per questo;

- ecc. ecc.

Con queste righe ho tentato, un po’ goffamente, di darvi un’idea di quali siano alcuni dei compiti più usuali di

un impiegato amministrativo di una piccola azienda; in una grande tutto cambia (procedure molto più automatizzate,

maggiore standardizzazione e specializzazione delle mansioni, minore elasticità dei comportamenti ecc.) tranne l’iter di base per

arrivare al bilancio che è, in ogni caso, questo:

- ci si assicura di aver annotato correttamente (con le cosiddette “scritture d’esercizio”) tutti i documenti disponibili [commerciali (come le fatture), finanziari (come le contabili bancarie, gli estratti conto delle carte di credito o di PayPal) o d’altra natura (come le buste

paga, gli F24 per il pagamento delle imposte) ] che testimoniano i fatti accaduti nel periodo appena concluso (e di cui si vuole

fare il bilancio);

- contemporaneamente si ricercano (soprattutto, ma non solo, analizzando i contratti stipulati e ancora in vigore) e si inseriscono

in contabilità, tutti gli elementi di costo e di ricavo che competono a quel periodo ma che ancora non sono

stati annotati con le scritture d’esercizio (non avendo ancora provocato alcun movimento finanziario e non essendoci ancora altra

traccia documentale al di fuori dell’eventuale contratto scritto, come ad esempio l’affitto per novembre e dicembre di un immobile utilizzato in

virtù di un contratto di locazione stipulato a fine ottobre e che prevede il pagamento posticipato ogni trimestre);

- contemporaneamente si ricercano (soprattutto, ma non solo, analizzando i contratti stipulati e ancora in vigore) tutti gli

elementi di costo e di ricavo che sono stati già inseriti in contabilità con le scritture d’esercizio (perché hanno

già provocato un movimento finanziario) ma che, non essendo relativi al periodo di cui si vuole fare il bilancio, devono

ora essere tolti e trasformati in elementi patrimoniali [i costi non di competenza si trasformano in crediti (come i premi di

assicurazione pagati anticipatamente nel 2019 ma in parte relativi al 2020) e i ricavi non di competenza del periodo di bilancio in debiti (come

l’incasso anticipato nel 2019 per un servizio che in parte dovrà essere prodotto nel 2020)].