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Proff. Marco Binotto, Christian Ruggiero a.a. 2018/2019 Comunicazione politica (Mazzoleni Parte 2 - Prospettive contemporanee) (Focus su Linguaggi, rituali e simboli della politica, in collaborazione con la Cattedra di Teoria e analisi del linguaggio giornalistico)

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Proff. Marco Binotto, Christian Ruggieroa.a. 2018/2019

Comunicazione politica(Mazzoleni Parte 2 - Prospettive contemporanee)(Focus su Linguaggi, rituali e simboli della politica, in collaborazione con la Cattedra di Teoria e analisi del linguaggio giornalistico)

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Una visione interdisciplinareL’aspetto simbolico della politica suscita interesse perché gli uomini non sono in grado di conoscere se stessi fino a che non hanno cognizione di ciò che fanno, di ciò che li circonda e li influenza (Murray Edelman, 1976)

Non ci può essere politica senza simboli e relativi riti, né può darsi un sistema politico che si basi unicamente su principi razionali, prescindendo da ogni connotazione simbolica (David Kertzer, 1988)

L’azione politica non esiste senza l’uso del linguaggio. È vero … che sono coinvolti altri comportamenti e, in particolare, la coercizione fisica. Ma fare politica è principalmente fare comunicazione (Paul Chilton, 2004)

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Definire il rituale politicoIl rituale è un’attività regolata di natura simbolica che concentra l’attenzione dei suoi partecipanti su oggetti cognitivi e affettivi che essi ritengono particolarmente significativi (Lukes, 1977)

Gli studi attuali del rituale politico non sono più ispirati a una prospettiva funzionalista che si limiti a sottolineare la funzione di integrazione sociale del rito, ma ne esplorano molte altre dimensioni ed effetti – per esempio, quello cognitivo; quello di produzione di ideologia e di identità; quello di drammatizzazione del dominio, di strumento espressivo del potere; e così via (Giglioli, 1988)

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Definire il rituale politicoNavarini (1998, 2001) definisce quattro dimensioni del rituale politico: 1.integrazione sociale (raccogliere solidarietà);2.dimostrazione di potere (rendere tangibile forza, status e legittimità); 3.costruzione di un senso condiviso alle azioni della collettività e agli eventi della vita sociale; 4.distruzione dell’immagine pubblica di un nemico

e propone una ripartizione storica generale, che va dalla sacralità politica medievale (es. il Re Taumaturgo), alla complessa ritualità assolutistica (es. Luigi XIV), al culto della patria e della nazione o religione civile (es. l’incoronazione di Elisabetta II, i funerali di Kennedy). Senza contare l’esempio classico del voto, carica di significati procedurali e simbolici.

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Dall’integrazione al conflittoKertzer (1988) osserva che i rituali hanno una forma standardizzata, sono creati dalla società e da questi vengono presentati agli individuiorigine «istituzionale» e funzione di integrazione «vs» capacità di indurre il cambiamento e rappresentare il conflitto

Tre interessanti esempi di ritualità dirompente tratti dalla storia recente: 1.i processi di Tangentopoli, e in particolare il processo Cusani; 2.le manifestazioni delle Lega di Bossi; 3.il Sexgate, lo scandalo che ha coinvolto l’ex Presidente USA Clinton

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Link: Rituali di degradazioneI processi di delegittimazione politica sono prodotti da cause strutturali, ma, per essere efficaci, devono essere codificati simbolicamente, cioè devono essere espressi a livello culturale.

Uno dei momenti culminanti di tale codifica simbolica si verifica quando coloro che detengono il potere vengono spogliati delle insegne dell’autorità. Spesso ciò avviene attraverso vere e proprie cerimonie di degradazione in pubblico che, nel distruggere l’identità sociale degli ex potenti, ricostituiscono ritualmente la collettività minacciata dal processo di delegittimazione e

riassumono complesse forme di mutamento politico fissandone il significato in maniera univoca

Giglioli, Cavicchioli, Fele 1997, p. 15

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Link: Rituali di degradazioneIl processo come realizzazione di programmi narrativi: stabilire la verità, dimostrare l’innocenza di qualcuno, provare la colpevolezza di qualcun altro

Tutti noi abbiamo guardato il processo Cusani anzitutto per vedere come ne sarebbero usciti i politici, che “figura” ci avrebbero fatto. In altre parole, specialmente per chi aveva un ruolo pubblico fino ad allora mai messo realmente in discussione, si trattava non solo di tutelare la propria fedina penale, ma anche di salvare la faccia. Sulla sedia dei testi si sono avvicendate un gran numero di persone che hanno dovuto fare i conti, chi più chi meno, col fatto di rendersi credibili, non perdere l’autorevolezza di cui erano investiti dal loro ruolo pubblico e dimostrarsi innocenti o quanto meno, il più possibile innocenti. È dal dosaggio di questi diversi scopi e dal modo in cui sono stati messi in atto che emergerà la “figura” complessivamente fatta da ognuno dei testi, così come dall’imputato

(Cavicchioli, 1997, pp. 98-99)

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Link: Rituali di degradazioneCinque frames / strategie narrative difensive (Giglioli, 1997):

1.Mani Pulite (Antonio Di Pietro). La legge sul finanziamento pubblico dei partiti è una legge dello Stato. Chiunque la violi commette un reato, che è moralmente molto più grave quando i rei sono i nostri rappresentanti in Parlamento, coloro a cui abbiamo dato la nostra fiducia. 2.Il reo confesso (Ugo La Malfa). Ammetto di aver (richiesto e) accettato un contributo in violazione della legge sul finanziamento pubblico dei partiti. Tengo a precisare tuttavia che questa era una prassi normale e che il contributo non ha influito sulla mia autonomia di uomo politico.3.Io non ne sapevo niente (Arnaldo Forlani). Non mi risulta che sotto la mia gestione vi siano stati contributi illegali al mio partito. In ogni caso, se vi fossero stati (ma io lo escludo), non ne sapevo assolutamente niente. Il finanziamento era una cosa che riguardava l’amministrazione del partito, non la dirigenza politica.

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Link: Rituali di degradazioneCinque frames / strategie narrative difensive (Giglioli, 1997):

4.La democrazia ha dei costi (Bettino Craxi). Tutti i maggiori partiti ricevevano risorse aggiuntive provenienti da contributi non formalizzati e non legalizzati. Se i partiti muoiono, ci indirizziamo verso una società dominata da organizzazioni scarsamente democratiche, dalla videocrazia. 5.Ma, per l’amor di Dio, sì (Umberto Bossi). Noi siamo una giovane forza politica che non è mai stata compromessa nella corruzione della Prima Repubblica. Eravamo osteggiati da tutti e avevamo un gran bisogno di finanziamenti, che abbiamo cercato nel modo più corretto possibile. Alla vigilia delle elezioni, una grande azienda, ha offerto un piccolo finanziamento non registrato al nostro partito che l’amministratore ha accettato.

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Link: SexgateLa deposizione di Bill Clinton dinanzi al Gran Giurì in merito alle vicende relative alla propria relazione con Monica Lewinsky, registrata e diffusa un mese dopo, è stata considerata una sorta di «gogna televisiva», in grado non solo di desacralizzare ma addirittura di dissacrare un leader potente quale il Presidente degli Stati Uniti. Il corpo di Clinton

è stato «messo a nudo», con un tentativo (sostanzialmente fallito) di degradazione rituale e con un tentativo (da parte soprattutto della stampa periodica) di «medicalizzazione», sia in ordine alla sua sessualità che in ordine alla sua maturità (o immaturità). Ne è risultato un corpo «osceno», come osceno è quel retroscena che i media mostrano sul palcoscenico della vita sociale

(Boni, 2002, p. 121)

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Link: SexgateIl corpo osceno è, letteralmente, il corpo che sta fuori dalla scena, nel retroscena della vita sociale. Ora, se tale retroscena viene mostrato in pubblico (anche solo parzialmente), il corpo osceno si renderà visibile, oggetto dello sguardo pornografico e di una messa in scena (seriale) che molti, nel caso di Clinton, hanno definito «pornonovela». Il corpo osceno è, in qualche modo, il corpo grottesco, carnevalesco e popolare delle analisi di Bachtin, il corpo eccessivo di una cultura scatologica dove gli organi fisici si nutrono ed espellono i loro rifiuti: e tv del rifiuto, del trash è la definizione che numerose testate analizzate attribuiscono a quanto è stato mostrato nelle ore di trasmissione della videodeposizione. […]Lo stesso corpo del Presidente Clinton è un corpo trash, grasso «eccessivo» […] In questo Altro eccessivo confluiscono le caratteristiche corporee dirette (il grasso, la «voracità sessuale») e indirette, come l’amore per il cibo-spazzatura

(Boni, 2002, p. 121)

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Ancora sui rituali di degradazioneLa cattura di Saddam Hussein crea una successione narrativa coerente, il cui protagonista è ritratto prima come un clochard irriconoscibile estratto dalla buca-rifugio in cui si nasconde. Poi come un “morto vivente” sottoposto alle visite mediche necessarie anche per saggiarne la reale identità attraverso l’analisi del DNA – un despota degradato, un uomo che “è clinicamente vivo, è lui ma non è più lui”. Infine come un combattente rinato, sbarbato, pettinato e pronto per un processo in cui appare “smagrito, ma curato nella persona; la barba spuntata e i capelli ben avviati, un abito grigio con la camicia aperta sul collo; e, soprattutto, uno sguardo sveglio, vivo; e la battuta pronta, sferzante nel rispondere al giudice” (Pezzini, 2008). Il rischio di un “ritorno di Saddam” è infine evitato dalla diffusione, nel gennaio del 2006, del video della sua impiccagione, ultimo rituale di degradazione: lo scherno cui venne sottoposto prima dell'esecuzione, la professione di fede islamica bruscamente interrotta dall’aprirsi della botola, i festeggiamenti dei presenti, l’inquadratura del volto senza vita del dittatore.

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Il simbolismo politicoCon l’espressione ritualismo politico ci si riferisce alla fenomenologia e alla riflessione scientifica sulle dimensioni simboliche della politica, alla trasmissione e allo scambio di significati e di valori, ossia alle risorse non materiali della politica presenti in tutte le culture, arcaiche e moderne, religiose e laiche, occidentali e non (Fedel, 1987)

L’esercizio del potere richiede sempre pratiche simboliche. Non c’è governo senza riti e simboli, per quanto demistificato e lontano dal magico un governo possa apparire. Non si può compiere l’atto di governare senza storie, segni e simboli che indichino e riaffermino la legittimità di quel governo in mille modi non detti. In un certo senso, la legittimità è l’accordo generale sui segni e sui simboli (Hunt, 1984)

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Link: Gli usi simbolici della politicaLasswell concepisce la politica nei termini di un’incessante lotta tra élites e contro-élites che sono in concorrenza tra loro per ottenere il sostegno della massa; le risorse utilizzate sono: «i simboli, i beni e la violenza»; dove i simboli sono soprattutto quelli linguistici.

I simboli che circolano nel processo politico – vaghi, indeterminati e poco suscettibili di essere controllati da giudizi realistici – agevolano il funzionamento di meccanismi inconsci quali: identificazione, trasferimento, proiezione; così, la frustrazione narcisistica può essere compensata con il trasferimento dell’orgoglio personale sulla potenza della nazione, l’identificazione nella patria e nel proletariato può gratificare pulsioni inibite, il capro espiatorio dell’ebreo può razionalizzare il rigorismo di una moralità infranta.

(Fedel, 1987)

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Link: Gli usi simbolici della politicaPer Edelman, da un lato la massa è destinataria privilegiata del simbolismo prodotto o utilizzato dalle élites politiche, e nella fruizione dei simboli esaurisce il proprio ruolo; dall’altro gruppi ristretti e organizzati ottengono i beni tangibili; il processo politico si divarica e il simbolismo diventa un fattore decisivo perché determina l’acquiescenza della massa all’azione delle élites.

Le elezioni, le istituzioni rappresentative, la leadership, l’amministrazione, la giustizia, nelle attività di cui sono fatte o che comportano, sono in buona sostanza riti, e hanno una funzione di rassicurazione simbolica. Sono simboli anche quelli della cronaca politica, che in prevalenza minacciano la sicurezza psicologica degli individui e hanno la funzione di separare piuttosto che di unire.

(Fedel, 1987)

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Link: Gli usi simbolici della politicaUna funzione simbolica è assolta dalla leadership pubblica, che Edelman riconduce alla capacità drammaturgica dei capi di dare l’impressione di essere in grado di affrontare i problemi della politica. Ma il simbolismo è analizzato anche in connessione con unità d’analisi più generali e diffuse: il contesto e il linguaggio.

Ogni atto dell’autorità politica avviene in un contesto progettato appositamente per provocare certi effetti scenici ed estetici nel pubblico di massa in modo che tali atti siano collocati e percepiti in una sfera fuori dall’ordinario e dalla quotidianità. Analizzando il linguaggio politico, Edelman ne sottolinea il carattere astratto e il funzionamento emotivo che preformano e strutturano la percezione degli eventi politici distanti dall’esperienza diretta della massa.

(Fedel, 1987)