PRECEDENTE, FONTI DEL DIRITTO E TEORIE DELL’INTERPRETAZIONE GIUDIZIALE

16
Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna www.koreuropa.eu PRECEDENTE, FONTI DEL DIRITTO E TEORIE DELL’INTERPRETAZIONE GIUDIZIALE Lucia Corso Professore Associato di Filosofia del Diritto nell’Università Kore di Enna ABSTRACT:: Muovendo dalla costatazione di una scollatura fra l’ideologia delle fonti statalista e la percezione diffusa della forza innovatrice del diritto giudiziale, il saggio analizza il concetto di precedente e le sue implicazioni non solo teoriche e pratico generali e per i principi costituzionali PAROLE CHIAVE: Precedente, Autorità, Libero convincimento, Legalità 1. Lo stato dell’arte in Italia Qualsiasi studente di primo anno della facoltà di legge sa che fra le fonti del diritto non vi è la giurisprudenza che non è menzionata né all’art. 1 delle preleggi (dove compaiono solo le leggi, i regolamenti e gli usi), né nella Costituzione, dove al contrario si afferma che il giudice è sottoposto soltanto alla legge (art. 101, comma 2). La dogmatica comparatistica poi insegna che la principale differenza fra sistemi di common law e sistemi di civil law attiene proprio alla collocazione della giurisprudenza nel sistema delle fonti: presente nei primi e assente nei secondi. Tuttavia, ogni Avvocato è ben consapevole che se può contare su un precedente favorevole, la strada sarà in discesa; così come i giudici di rado prescindono dai casi pregressi per decidere il caso presente. I manuali di diritto sono ricchi di richiami a pronunce giudiziarie ed alcune materie sarebbero incomprensibili se non a partire dalle regole e dai principi introdotti dalla giurisprudenza (si pensi alle figure dell’eccesso di potere nel diritto amministrativo; ma anche a larghe porzioni del diritto civile e commerciale). A complicare le cose, si è aggiunto il legislatore che, prima con la riforma del processo civile e poi con quella del processo amministrativo, ha introdotto alcuni principi che sembrano rafforzare la vincolatività del precedente giudiziario. L’art. 99 terzo comma del dlg.vo 104/2010 che ha modificato il processo amministrativo attribuisce un ruolo speciale all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato. La

description

Muovendo dalla costatazione di una scollatura fra l’ideologia delle fonti statalista e la percezione diffusa della forza innovatrice del diritto giudiziale, il saggio analizza il concetto di precedente e le sue implicazioni non solo teoriche e pratico generali e per i principi costituzionali

Transcript of PRECEDENTE, FONTI DEL DIRITTO E TEORIE DELL’INTERPRETAZIONE GIUDIZIALE

Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea

dell’Università Kore di Enna

www.koreuropa.eu

PRECEDENTE, FONTI DEL DIRITTO E TEORIE

DELL’INTERPRETAZIONE GIUDIZIALE

Lucia Corso Professore Associato di Filosofia del Diritto nell’Università Kore di Enna

ABSTRACT:: Muovendo dalla costatazione di una scollatura fra l’ideologia delle fonti statalista e la

percezione diffusa della forza innovatrice del diritto giudiziale, il saggio analizza il concetto di

precedente e le sue implicazioni non solo teoriche e pratico generali e per i principi costituzionali

PAROLE CHIAVE: Precedente, Autorità, Libero convincimento, Legalità

1. Lo stato dell’arte in Italia

Qualsiasi studente di primo anno della facoltà di legge sa che fra le fonti del diritto non

vi è la giurisprudenza che non è menzionata né all’art. 1 delle preleggi (dove compaiono solo

le leggi, i regolamenti e gli usi), né nella Costituzione, dove al contrario si afferma che il

giudice è sottoposto soltanto alla legge (art. 101, comma 2). La dogmatica comparatistica poi

insegna che la principale differenza fra sistemi di common law e sistemi di civil law attiene

proprio alla collocazione della giurisprudenza nel sistema delle fonti: presente nei primi e

assente nei secondi.

Tuttavia, ogni Avvocato è ben consapevole che se può contare su un precedente

favorevole, la strada sarà in discesa; così come i giudici di rado prescindono dai casi pregressi

per decidere il caso presente. I manuali di diritto sono ricchi di richiami a pronunce

giudiziarie ed alcune materie sarebbero incomprensibili se non a partire dalle regole e dai

principi introdotti dalla giurisprudenza (si pensi alle figure dell’eccesso di potere nel diritto

amministrativo; ma anche a larghe porzioni del diritto civile e commerciale).

A complicare le cose, si è aggiunto il legislatore che, prima con la riforma del processo

civile e poi con quella del processo amministrativo, ha introdotto alcuni principi che

sembrano rafforzare la vincolatività del precedente giudiziario.

L’art. 99 terzo comma del dlg.vo 104/2010 che ha modificato il processo

amministrativo attribuisce un ruolo speciale all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato. La

Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea

dell’Università Kore di Enna

www.koreuropa.eu

disposizione citata recita che qualora la sezione a cui è assegnato un ricorso ritenga di non

condividere il principio di diritto assegnato all’Adunanza Plenaria, rimette a quest’ultima, con

ordinanza motivata, la decisione del ricorso. L’Adunanza Plenaria, investita del ricorso, può

decidere l’intera controversia, salvo che “ritenga di enunciare il principio di diritto e di

restituire il giudizio alla sezione remittente”. L’ultimo comma dell’art. 99 attribuisce

all’Adunanza Plenaria la facoltà di enunciare il principio di diritto nell’interesse della legge

anche quando dichiara il ricorso irricevibile, inammissibile, o improcedibile ovvero dichiara

l’estinzione del giudizio. Facoltà che può essere esercitata se il Collegio ritiene che la

questione è di particolare importanza1.

Simili considerazioni si applicano al processo civile. Gli artt. 363 e 374 c.p.c., come

modificati dal d.lgs. n. 40/2006 prevedono un meccanismo pressoché identico, mentre l’art.

360-bis stabilisce un filtro di inammissibilità qualora il ricorso sia in contrasto con un

principio di diritto fissato dalle Sezioni Unite. Simile filtro è stato previsto per i processi di

appello.

In dottrina si discute se le disposizioni processuali sopracitate abbiano introdotto il

principio della vincolatività del precedente anche in Italia: se cioè abbiano modificato il

sistema delle fonti, alterato alcuni principi processuali come quello del libero convincimento

del giudice e addirittura modificato l’assetto costituzionale della separazione dei poteri. A

prescindere dalla risposta che si dà alle questioni, le novità legislative hanno sollecitato un

vivo dibattito sul ruolo del precedente che eccede i confini della procedura ed investe

questioni anche di teoria e di politica del diritto.

2. Qualche definizione preliminare

Partiamo dalla teoria. Del precedente si possono dare due accezioni. In un primo caso, il

precedente giudiziario è una decisione presa da un tribunale precedente che tuttavia, sotto

aspetti rilevanti (fatti, parti coinvolte), presenta forti similitudini con il caso istante. Il

precedente verosimilmente eserciterà una forte influenza sul caso istante e l’avvocato che può

1 PESCE, L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ed il vincolo del precedente, Napoli, 2012, pp-32-33.

Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea

dell’Università Kore di Enna

www.koreuropa.eu

servirsene acquisirà un certo ottimismo. Secondo questa prima accezione il ragionamento

sulla base del precedente ha una forte connotazione casistica e contestuale (case by case) in

cui l’argomento rilevante non risiede tanto nell’esistenza di una pronuncia di un tribunale

precedente (magari di grado superiore), ma nella forte similitudine (o addirittura) nell’identità

delle fattispecie da trattare. Si tratta in sostanza di una forma più marcata – per la ampiezza

delle somiglianze – di analogia. Il ragionamento sulla base del precedente sarà un caso

particolare del ragionamento analogico2. Offre una buona carta nelle mani di chi può

invocarlo, ma nulla di più. In questa prima accezione, infatti, il vincolo del precedente va

inteso in senso debole. Il secondo giudice, quello del caso istante, applicherà le conclusioni

espresse nel caso precedente perché le riterrà un puntello adeguato ed efficace della propria

decisione. La decisione tuttavia è presa anche sulla base di altre argomentazioni, ad esempio

le norme di legge, altre forme di argomentazione e può capitare che il giudice del caso istante

ignori il precedente ovvero se ne discosti. In altri termini, il precedente è una ragione fra le

altre, ovvero un regola defettibile che non è detto che prevalga.

In questa prima accezione il precedente non viene identificato con una regola di diritto

destinata a valere per i casi generali e contenuta nel dispositivo della sentenza precedente (ad

es: gli interessi legittimi sono risarcibili), ma piuttosto con la motivazione offerta dal giudice

del precedente. Il precedente non coincide con il ruling, per dirla nel gergo anglosassone, ma

con la motivazione. In questa prima accezione il precedente non è la regola che il giudice

successivo deve seguire, ma è piuttosto un’argomentazione a cui si può fare rinvio. Come

sostengono PERRY e MOORE, LA regola del precedente non vincola in quanto tale ma solo in

quanto essa è posta alla base della motivazione – giustificazione della decisione3.

La seconda accezione è più radicale. Il precedente è una decisione di un tribunale che ha

un particolare significato giuridico. Il significato risiede nel fatto che la decisione della corte

ha un’autorità non solo teorica ma anche pratica sul contenuto del diritto. Avere un’autorità

2 TRUJILLO, Il ragionamento giuridico, tra autorità e ragioni. Un approccio filosofico-giuridico al valore del

precedente, in La Magistratura, 3 e 4, 2010, pp. 104-112. 3 PERRY, Judicial Obligation, Precedent and the Common Law, in Oxford Journal of Legal Studies 7, 1987, pp.

215–257; MOORE, Precedent, Induction, and Ethical Generalization, in GOLDSTEIN, ed., Precedent in Law,

Oxford, 1987.

Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea

dell’Università Kore di Enna

www.koreuropa.eu

pratica significa nel gergo dei filosofi morali e dei filosofi del diritto, fare la differenza. E

cioè x ha un’autorità pratica per Y, se Y agisce sulla base – e solo sulla base – della ragione

fornita da X4. Per dirla con RAZ, il precedente è vincolante nella misura in cui prevale

(preempts) su tutti gli altri argomenti, ivi inclusi gli argomenti contrari (ad esempio, il

precedente porta ad una decisione scorretta o ingiusta).

Ora, questa accezione di precedente è molto più ambiziosa della prima. Il precedente

non è solo uno strumento retorico di ausilio all’avvocato o al giudice, ma è piuttosto la

ragione fondamentale, ovvero l’unica ragione, per cui la decisione successiva deve essere

presa.

Dice SCHAUER: “Una decisione ha un’autorità teoretica se le circostanze al ricorrere

delle quali è stata presa (l’identità del decisore, degli avvocati, delle prove disponibili) offre

buoni argomenti per ritenere che la decisione sia corretta dal punto di vista giuridico. Se vi

sono buone ragioni per ritenere che il caso precedente è stato deciso in modo corretto, e se i

fatti del caso successivo presentano delle somiglianze rilevanti al caso precedente, allora ci

sono buone ragioni per ritenere che il caso successivo possa essere deciso correttamente

seguendo la medesima conclusione. In alcuni sistemi giuridici le decisioni precedenti sono

ufficialmente trattate in questo modo: i casi sono citati negli atti di giudizio, ma le corti

possono giustificare le proprie conclusioni facendo rinvio ad altre fonti normative – tipo la

legge e non dunque semplicemente alla regola del precedente. Ne segue che la decisione del

primo caso non è mai la giustificazione ultima del secondo caso, ne è al più un supporto o un

ausilio”5.

SCHAUER tuttavia sostiene che non è questa la vera definizione del precedente. Il

precedente piuttosto ha un’autorità pratica sui casi successivi. Il precedente ha autorità

pragmatica perché è parte del diritto. Non si limita ad offrire un sostegno al caso istante

corroborando la tesi di un nuovo giudice ma fornisce la ragione della decisione successiva.

4 RAZ, The Authority of Law. Essays on Law and Morality, Oxford 1979; VIOLA, Autorità e ordine del diritto,

Torino, 1987. 5 SCHAUER, Why Precedent in Law (and Elsewhere) is Not Totally (or Even Substantially) About Analogy, in

Faculty Research Working Papers, Harvard University, 2007.

Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea

dell’Università Kore di Enna

www.koreuropa.eu

SCHAUER pone la questione in termini radicali: il principio di diritto enunciato nel precedente

è vincolante solo perché è stato deciso da una corte precedente (verosimilmente di grado

superiore). Ecco il modo di argomentare di SCHAUER: il diritto è ciò che ha detto la corte

perché lo ha detto la corte. Siccome le corti sono vincolate ad applicare la legge e siccome le

decisioni precedenti costituiscono legge allora le corti successive sono vincolate dalle

decisioni dei casi precedenti. Questa è la dottrina del precedente o stare decisis.

In questa seconda accezione il precedente non è un argomento di tipo di logico, ma è un

argomento di autorità6. Anzi, dice SCHAUER, può talvolta essere un argomento illogico, una

fallacia. E’ come se il giudice del caso istante dicesse: “io non sono d’accordo, e a mio avviso

la decisione sarebbe dovuta essere diversa, ma siccome c’è un precedente non possono non

decidere conformemente ad esso”. L’esempio tipico di questo modo di ragionare SCHAUER lo

rinviene nelle decisioni della Corte Suprema americana. Può capitare infatti che un giudice

che in un caso ha manifestato il proprio dissenso alla decisione di maggioranza, nel caso

successivo, una volta che la decisione è diventata appunto un precedente, si discosta dal

proprio dissenso per far valere la regola del precedente.

Per spiegare il modo radicale del funzionamento del precedente, SCHAUER distingue fra

l’imparare dal passato, e l’obbedire al passato. Se io faccio bollire l’uovo per sei minuti e mi

rendo conto che viene fuori esattamente come voglio, dice l’autore, la volta successiva mi

comporterò allo stesso modo. Ma non perché l’ho già fatto una volta ma perché la regola dei

sei minuti è giusta e questo l’ho scoperto in precedenza. Se seguo la regola non lo faccio

perché obbedisco ad un precedente. Obbedisco alla regola che ho appreso dall’esperienza. Ma

il precedente funziona in modo diverso. Se devo giudicare della legittimità della legge

sull’aborto e c’è una sentenza della Corte Suprema (Roe v. Wade) che dice che la pratica

dell’aborto è un diritto che non può essere limitato nel primo trimestre e che può essere

limitato ma con alcune eccezioni nel secondo trimestre, non mi chiederò se l’aborto sia

contrario o conforme a costituzione, ma giudicherò applicando il precedente: il caso deciso in

precedenza. Anzi il precedente opera pienamente quando viene seguito sebbene il giudice sia

6 Ibidem.

Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea

dell’Università Kore di Enna

www.koreuropa.eu

convinto che non si tratti della conclusione più giusta da un punto di vista giuridico. In questo

senso obbedire al precedente e imparare dall’esperienza sono processi radicalmente diversi.

Nel seguire il precedente non si pone in essere un ragionamento – logico. Ma si ragiona in

base ad un argomento di autorità (per questo BENTHAM era profondamente avverso al vincolo

del precedente).

Vi sono due tipi di vincolo, almeno nei sistemi di common law: un vincolo di tipo

gerarchico – per cui le corti inferiori devono seguire la giurisprudenza delle corti superiori (ad

esempio, i tribunali civili o le corti d’appello quelle della corte di cassazione), ed un vincolo

di tipo orizzontale: si deve seguire la pronuncia dello stesso tribunale, avvenuta in passato ma

su casi simili o analoghi (stare decisis). Mentre nel primo caso il vincolo del precedente è una

forma di vincolo gerarchico (devo obbedire agli ordini secondo la catena di comando), nel

secondo caso il vincolo del precedente ha una natura istituzionale. Devo seguire l’indirizzo

giurisprudenziale del tribunale di cui faccio parte sebbene magari dissenta nel contenuto.

Il vincolo del precedente pertanto gioca un ruolo nelle decisioni della giurisprudenza ma

non è un ruolo di tipo logico (io argomento sulla base di inferenze o analogie), ma di tipo

istituzionale. L’obiettivo è quello di garantire coerenza ed uniformità nel diritto per consentire

prevedibilità e certezza delle regole e dei comportamenti. La stabilità è un valore in sé,

sebbene sia funzionale anche ad altro. Come affermava il giudice americano CARDOZO, se si

dovessero ogni volta riaprire questioni già risolte la giurisprudenza disperderebbe: sicché la

regola dello stare decisis è funzionale non solo alla coerenza complessiva del sistema ma

anche alla speditezza del giudizio (se non do nulla per deciso non potrò affrontare con

maggiore attenzione gli aspetti ancora problematici).

Secondo questo approccio i precedenti funzionano ponendo in essere regole che poi le

corti successive sono obbligate ad applicare ai casi che si presenteranno7.

7 Per alcune varianti a questo modo di vedere, cfr. RAZ, 1979, Law and Value in Adjudication, in, The Authority

of Law, Oxford, 1979; MACCORMICK, Legal Reasoning and Legal Theory, Oxford, 1978 (1994), pp. pp. 82–6,

213–28; Id., 1987a, ‘Why Cases Have Rationes and What These Are’, in GOLDSTEIN, ed., Precedent in Law,

Oxford, 1987; ALEXANDER, Constrained by Precedent, in Southern California Law Review 63, 1989, pp.1–64;

SCHAUER, Precedent, in Stanford Law Review 39, 1987, pp. 571–605; ID., Is the Common Law Law?, in Califor-

nia Law Review 77, 1989, pp: 455–471; ID., Playing by the Rules: A Philosophical Examination of Rule-Based

Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea

dell’Università Kore di Enna

www.koreuropa.eu

La corte decide un caso particolare, ma poi formula una regola generale che si applica

ai casi successivi. Secondo questo modo di vedere il precedente funziona proprio come una

legge del Parlamento. La sentenza della Corte di Cassazione che ha deciso che la violazione

degli interessi legittimi è risarcibile (cambiando così un pluridecennale orientamento)

funziona come una legge. A favore di questa interpretazione sta la distinzione fra ratio

decidendi, e cioè la regola di diritto che fonda la decisione (holding, ruling) e il cd. Obider

dicta, e cioè quell’insieme di affermazioni e punti di vista espressi nella decisione che non

sono tuttavia vincolanti sulle decisioni future. Secondo questo punto di vista, il precedente

sarebbe la regola contenuta nella ratio, ovvero nella massima.

Detto in termini sintetici: nella prima accezione il precedente è uno strumento

argomentativo utile per l’avvocato e per il giudice, ma il giudice se ritiene se ne può

discostare. Nel secondo caso, il precedente è vincolante come ogni altra fonte del diritto: è

assimilabile alla legge o alle altre fonti normative riconosciute dall’ordinamento giuridico. Il

giudice del caso successivo non se ne può manifestamente discostare: al più lo può

espressamente travolgere, attraverso la pratica dell’overruling, ovvero può invocarne la non

applicabilità attraverso la pratica del distinguishing. Il giudice cioè può apertamente dire che

il precedente è sbagliato oppure è superato (come successe alla Corte Suprema nel caso

Brown v. Topeka Board of Education in cui i giudici apertamente abrogarono il principio

contenuto nella sentenza Plessy), ovvero può affermare che il caso istante non rientra

nell’ambito di applicazione del principio di diritto. Nel caso in cui il giudice opti per

l’overruling funzionerà come il legislatore che abroga una legge precedentemente approvata.

La portata della sua decisione sarà destinata a valere in via generale e dunque al di fuori del

caso istante.

Decision-Making in Law and in Life, Oxford, 1991, pp. 174-187; cfr. anche LAMOND, Do Precedents Create

Rules?, in, Legal Theory 15, 2005, pp. 1–26.

Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea

dell’Università Kore di Enna

www.koreuropa.eu

3. Quali argomenti a favore del precedente?

Quali sono le virtù dello stare decisis? E cioè perché è meglio che il precedente vincoli?

Si segnalano quattro possibili risposte alla giustificazione normativa della forza del

precedente: a) l’argomento di autorità, in cui il valore preponderante è quello della capacità

rimediale del diritto; b) le ragioni morali di cui sarebbe intriso il diritto; c) le ragioni di

efficienza.

3.1. L’argomento di autorità

Il primo argomento è quello secondo cui lo stare decisis è quella dottrina che consente

alle corti “di servire al meglio l’interesse dell’intero sistema giuridico”8. La tesi si appoggia al

convincimento che una delle prime finalità del sistema giuridico sia di funzionare da

meccanismo di esonero. Il diritto esonera i consociati da scelte gravose, fornendo regole

d’azione che si applicano a prescindere dalle ragioni per cui sono state introdotte. Gli autori

che appartengono a questa schiera segnalano che mentre nel ragionamento comune le

decisioni vengono prese all things considered, e cioè tenendo conto di tutte le circostanze del

caso, il diritto è un sistema semplificato in cui si sceglie (e dunque) si agisce seguendo

scorciatoie. Anziché stare a riflettere sulla velocità di tenere in macchina tendendo conto della

cilindrata, del manto stradale, delle condizioni metereologiche, mi adeguo ai limiti di legge.

Ora, dicono questi autori, se il diritto funziona prevalentemente per semplificarci la vita, e

cioè attraverso un meccanismo di esonero, il precedente ne è un ingrediente essenziale. Il

giudice che dispone di un precedente può tagliar corto: tenersi alla larga da lunghe

argomentazioni e decidere secondo il principio di autorità (decido così perché questo è il

principio di diritto dell’Adunanza Plenaria o delle Sezioni Unite). I precedenti, come le

regole, sono preemptive: sono prevalenti, e cioè prevalgono su tutti gli altri argomenti. Perché

questo modello funzioni occorrono poche cose: che il precedente sia espresso nella forma di

8 ALEXANDER & E. SHERWIN, Judges as Rulemakers, in EDLIN, ed., Common Law Theory, Cambridge, 2007, pp.

27 ss.

Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea

dell’Università Kore di Enna

www.koreuropa.eu

regola generale (gli interessi legittimi sono risarcibili); che sia prospettico; che il caso istante

rientri nell’ambito di applicazione del precedente9.

3.2. Argomenti morali

La seconda tipologia di argomenti è molto più variegata della prima. Ecco le più

frequenti ragioni morali:

coerenza. L’argomento della coerenza è connesso agli argomenti relativi alla giustizia

formale, e cioè al trattare casi che sono uguali (negli aspetti rilevanti) in modo eguale.

Sarebbe incoerente trattare tali casi in modo differente. L’argomento sostanziale che sta alla

base di quello formale è il principio di eguaglianza. Il precedente è una forma particolare di

applicazione del principio – in senso diacronico oltre che sincronico. L’auspicio per la

coerenza del sistema tuttavia presuppone che il sistema nel suo complesso sia corretto. Se un

sistema è complessivamente legittimo da un punto di vista morale e avanza un’autorità

legittima sui suoi membri allora è incoerente trattare qualcuno meno o più favorevolmente di

un altro individuo la cui situazione – da un punto di vista morale – è identica a quella del

primo. Ad esempio, ALEXY, il precedente è un argomento istituzionale, finalizzato a garantire

sistematicità ed uniformità all’interno dell’ordinamento giuridico, ma trova la sua forza su un

argomento di tipo morale, che consiste nel trattare casi uguali in modo uguale10.

Tutela delle aspettative. Un altro comune argomento a favore del precedente è quello

della tutela delle aspettative. Se un’istituzione ha risolto la questione in un certo modo nel

passato, allora si crea un’aspettativa che lo stesso atteggiamento si ripeterà in futuro:

un’aspettativa sulla base della quale la gente organizza le proprie vite e gode di qualche forma

di controllo sulle proprie situazioni. Quindi vi sono buone ragioni per un’istituzione di seguire

il proprio stesso orientamento anche qualora questo sia errato. Il problema fondamentale con

questo tipo di ragionamento è che esso soffre di una qualche forma di circolarità. Vero è che i

sistemi legali che seguono i precedenti creano l’aspettativa che un medesimo comportamento

verrà tenuto in futuro, ma la legge tutela solo le aspettative legittime. Se ad esempio un

9 PESCE, L’Adunanza Plenaria, cit., pp. 152-153. 10 ALEXY, A Theory of Legal Argumentation, Oxford, 1989.

Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea

dell’Università Kore di Enna

www.koreuropa.eu

comune per prassi concede licenze edilizie a chiunque lo richieda (come è spesso avvenuto

nel Sud) sebbene manchino i requisiti di legge, l’aspettativa che verrà ingenerata sarà tuttavia

insufficiente a legittimare che la prassi sbagliata – in questo caso illegale – venga mantenuta.

In altri termini la tutela delle aspettative non è un argomento che giustifica uno stare decisis

forte, e cioè la persistenza nei propri errori da parte delle istituzioni.

Replicabilità (replicability). Gli argomenti dell’eguaglianza e della tutela delle

aspettative presuppongono che coloro che decidono possano accertare i meriti del caso

correttamente. Ma il diritto funziona in condizioni non ideali dove i decisori possono

commettere errori. In pratica il risultato di un caso può essere incerto non solo perché le

conclusioni sono razionalmente indeterminate, ma anche perché i decisori sono fallibili. Sulla

base di queste premesse, la pratica del precedente nel diritto possiede un numero di vantaggi

consentendo che le decisioni istituzionali divengano replicabili11. Che una decisione sia

replicabile significa che è possibile per altri formulare un giudizio informato sulla probabilità

di un certo risultato, alla luce del materiale giuridico rilevante, dei canoni interpretativi

utilizzati nel sistema, ed una certa dimestichezza con la cultura di sfondo di riferimento.

Replicabilità significa che le decisioni sono più prevedibili di quanto non sarebbero se fossero

prese de novo ogni volta. Tutto ciò consente agli individui di formulare piani conformi al

diritto e quindi di essere guidati dal diritto. La replicabilità costituisce sia un argomento per

trattare i casi precedenti come diritto e sia per la dottrina dello stare decisis. Tutto il resto

essendo eguale, è meglio per il diritto che sia prevedibile che non sia prevedibile. Si noti

tuttavia, che questo argomento non supporta la dottrina forte dello stare decisis che si trova in

molte giurisdizioni di common law. Il desiderio di prevedibilità deve essere pesato e

bilanciato con la desiderabilità morale della regola in questione. Questo implica che (a) che le

giurisdizioni inferiori devono essere autorizzate a discostarsi dai precedenti delle giurisdizioni

superiori qualora le regole siano chiaramente sbagliata dal punto di vista morale / giuridico;

(b) le giurisdizioni medesime di quelle che hanno emesso la prima decisioni devono avere la

11 EISENBERG, The Nature of the Common Law, Cambridge, 1988, pp. 10-12, 23-4; SCHAUER, Precedent,

in, Stanford Law Review 39, 1987, pp. 571–605.

Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea

dell’Università Kore di Enna

www.koreuropa.eu

medesima libertà di cui (a). PERELMAN riformula la questione sostenendo che un principio

sacrosanto a cui il diritto si ispira, proprio per garantire prevedibilità e replicabilità, è il

principio di inerzia, di cui il precedente sarebbe espressione12.

Superiorità normativa della giurisprudenza. L’ultimo argomento che può spingere un

giudice ad adeguarsi al precedente è quello di ritenere la funzione giudiziaria un osservatorio

privilegiato per risolvere questioni sociali rispetto al legislativo. Se ad esempio la legge è

oscura o vaga o porta a risultati palesemente ingiusti, allora seguire un precedente può essere

dovuto al convincimento che talvolta i giudici sanno decidere meglio di quanto non faccia il

legislatore. Questo avviene soprattutto in delicate questioni di bioetica, dove nei fatti la

sensibilità giudiziaria si è dimostrata molto più sviluppata di quella legislativa. Si pensi a

quello che è avvenuto nel caso Englaro in cui la Corte di Cassazione prima e la Corte

Costituzionale poi hanno ritenuto che la facoltà di un padre di farsi interprete dalla volontà

della figlia in stato vegetativo permanente da diciassette anni ad interrompere la nutrizione e

l’idratazione artificiali.

Rispetto della tradizione. C’è chi sostiene che il precedente ingeneri un atteggiamento

di modestia giudiziaria, facilitando cooperazione istituzionale e rispetto della tradizione.

L’argomento, noto già dai tempi di BURKE, è transitato anche oggi negli scritti di autori

contemporanei13

3.3. Argomenti di efficienza

Se le decisioni sono complessivamente coerenti, le regole sono più chiare e le ragioni di

conflitto diminuiscono. Le riforme del 2006 e del 2009 sono state ispirate prevalentemente da

un intento deflattivo del contenzioso.

12 PERELMAN, Logica giuridica e nuova retorica, Milano, 1976. 13 SHAPIRO, The Role of Precedent in Constitutional Adjudication: An Introspection, in Texas Law Review, 86,

2008, pp. 929 ss.

Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea

dell’Università Kore di Enna

www.koreuropa.eu

4. Vincolo del precedente e principio di legalità

Comunemente l’idea che il ragionamento giuridico funzioni in modo massiccio

attraverso l’utilizzo dei precedenti giudiziari viene ritenuta una caratteristica dei sistemi

anglo-sassoni tipicamente detti di common law.

Tali sistemi si caratterizzano non solo e non tanto per la idea piuttosto diffusa che la

giurisprudenza rientri fra le fonti del diritto, ma piuttosto per un’idea molto più radicale che

affonda le proprie radici nel medioevo e che afferma che il diritto è un fenomeno indipendente

ed autonomo dalla politica. Dice MCILLWAIN: “Chi tenta di riferire il termine medioevale a

qualcosa di reazionario, come certa gente senza cervello ha oggi preso l’abitudine di dire,

dovrebbe prima meditare (i testi). L’assolutismo politico è frutto dei tempi moderni; il

Medioevo non voleva saperne”.

Un giurista inglese del XIII secolo, BRACTON – autore del De Legibus et

Consuetudinibus Angliae, - ribadisce il concetto della soggezione del re alla legge. Al re che

regna rettamente, scrive BRACTON all’inizio del suo trattato, sono necessarie oltre le armi, le

leggi: se mancassero le leggi, sarebbe distrutta la giustizia e non vi sarebbe chi operasse un

giudizio giusto. Vi è il rifiuto della massima di ULPIANO ripresa dai glossatori (quod principi

placuit legis habet vigorem). Il re è al di sopra dei suoi sudditi, però in quanto è ministro

vicario di Dio, non può far nulla se non, soltanto, ciò che è conforme al diritto (quod iure).

Ritorna il tema aristotelico secondo cui: “dove non sono sovrane le leggi non vi è vero e

proprio Stato”. L’affermazione più nota della supremazia della legge pronunciata dai giudici

rispetto alla gubernaculum, e cioè al potere discrezionale della Re (oggi diremmo della

politica), viene proposta da Lord Coke, presidente dell’Alta Corte Inglese ai tempi di

Giacomo I che si oppose alla pressioni politiche esercitate su di lui dal Re affermando che per

quando ministro regio, il giudice è sottoposto soltanto alla legge.

Insomma, nella tradizione anglosassone la legge non è espressione della politica ma

piuttosto emerge dalla prassi giuridica posta in essere dai cittadini e di cui i giudici si fanno

interpreti. La giurisprudenza è fonte del diritto nella stessa misura in cui la società nel suo

insieme è fonte del diritto.

Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea

dell’Università Kore di Enna

www.koreuropa.eu

La teoria del precedente giudiziario deve essere interpretata a partire da questa

considerazione. Il principio di legalità, ovvero in inglese la rule of law, implica la soggezione

di tutti i pubblici poteri alla legge: ma la legge viene prima della politica: è radicata nelle

consuetudini popolari; è millenaria, non è frutto di un atto di arbitrio.

I giudici inglesi dunque si limitano ad applicare principi di diritto che emergono dalla

prassi, dalla casistica. La dottrina della vincolatività del precedente ovvero dello stare decisis

si comprende a partire da queste considerazioni.

Come si possono adattare simili considerazioni in un sistema giuridico come il nostro in

cui il principio di legalità – la soggezione del giudice alla sola legge – è strettamente connesso

ad un’idea di legge di derivazione politica (la legge del parlamento?).

Prima di rispondere, torniamo alla dottrina statunitense. Per SCHAUER il precedente è un

corollario del principio di rule of law: “By ordinarily requiring that legal decisions follow

precedent, the law is committed to the view that it is often better for a decision to accord with

precedent than to be right, and that it is frequently more important for a decision to be

consistent with precedent than to have the best consequences”14.

WALDRON suggerisce un’interpretazione più sofisticata. Innanzitutto riconosce che il

precedente è un Giano Bifronte, che se da un lato eleva il giudice al rango di legislatore,

dall’altro lo vincola alle decisioni prese dai propri colleghi15. Poi WALDRON si unisce alla

schiera di chi ritiene che il precedente non solo non è incompatibile con il principio di legalità

ma in qualche misura ne è il corollario.

Ecco il suo modo di argomentare. Può capitare che il giudice non trovi nel materiale

giuridico alcuna norma esplicita già pronta per l’uso e che compia un’operazione di

sistematizzazione e di razionalizzazione (anche con l’ausilio degli atti di parte). In questi casi,

il giudice non può limitarsi a pronunciare una regola per il caso concreto, ma deve prima

enunciare una regola generale che poi motiverà dovrà applicarsi al caso. Il giudice che tuttavia

decide non inventa tutto di sana pianta: non giudica nel vuoto; ma piuttosto attinge ad un

14 SCHAUER, Thinking Like a Lawyer. A New Introduction to Legal Reasoning, Cambridge, Mass., 2009, p. 36. 15 WALDRON, Judges as Moral Reasoners, in 7 International Journal of Constitutional Law, 2, 2009.

Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea

dell’Università Kore di Enna

www.koreuropa.eu

materiale giuridico preesistente seppure, riguardo alla regola, ancora confuso. Un giudice che

segue questo modo di procedere continua l’opera di razionalizzazione e sistematizzazione del

legislatore. Il giudice successivo che si appoggerà a quel precedente non solo, per dirla con

SCHAUER, si troverà una parte del lavoro già fatto, e potrà disporre di una regola più precisa.

Poiché, continua WALDRON, il principio di legalità soddisfa l’esigenza che il governo delle

leggi si espanda a scapito del governo degli uomini, e che dunque i margini di discrezionalità

decrescano progressivamente, tante più regole chiare, prospettiche ed intellegibili si

dispongono, tanto più l’ideale del governo delle leggi prevarrà.

Si noti che le considerazioni di WALDRON possono estendersi anche nei paesi di civil

law. Sebbene sia la legge del parlamento la nostra fonte suprema (subordinata naturalmente

alla costituzione), non è ignoto ai pratici ma anche ai teorici del diritto il fenomeno espresso

del filosofo americano. Non è raro, infatti, che giuristi e giudici si trovino a colmare lacune,

compiere operazioni di tipo sistematico, magari discostandosi dalla lettera della legge. Ecco,

il suggerimento di WALDRON, ma anche di chi sostiene l’opportunità del vincolo del

precedente: un giudice che ha compiuto un’opera di sistematizzazione prevedendo leggi

generali destinate a valere per i casi futuri mette a servizio la propria opera per i colleghi, i

quali in virtù di un principio di collaborazione istituzionale ma anche del principio di legalità,

si adegueranno al precedente.

Che del resto il principio di legalità non abbia oggi lo stesso significato che aveva nel

1942 o nel 1948, quando regnava un’ideologia statalista, è fuor di dubbio. Non solo il sistema

delle fonti è stato riformulato con l’ingresso delle norme sovranazionali, ma l’espansione

della produzione normativa secondaria hanno fatto preconizzare la profezia di HAYEK

secondo cui il principio di legalità viene vanificato di fronte a sistemi eccessivamente densi e

contraddittori.

A dispetto, dunque, delle apparenze, il riconoscimento della vincolatività del precedente

può fare da stampella al principio di legalità. Intanto, proprio come Giano, può portare ordine

nel sistema giuridico. In secondo luogo, una volta che divenga evidente che certe pronunce

assumono un carattere destinato a valere anche per casi ulteriori rispetto a quello preso in

Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea

dell’Università Kore di Enna

www.koreuropa.eu

esame, il giudice potrà calibrare la decisione magari accordandola ad altri principi che fanno

da corollario al principio di legalità. Si pensi, alle ipotesi sempre più frequenti di perspective

ruling, in cui il giudice pur fissando un principio stabilisce che data la novità della pronuncia

il principio è destinato a valere solo per i casi a venire.

5. Precedente e teorie sull’interpretazione giudiziale

E’ vano chiedersi quale sia lo stile o la teoria sull’interpretazione giudiziale che meglio

accoglie il principio del precedente. Se dobbiamo seguire SCHAUER, il formalismo giuridico –

e cioè quello stile interpretativo che predica che il giudice si attenga fedelmente alle regole

che lo precedono – si appoggia imprescindibilmente al precedente. E tuttavia, il giudice del

precedente non è un giudice rigorosamente fedele ai dettami del formalismo, perché è colui

che innova. Simili considerazioni si possono utilizzare per il realismo giuridico, teoria

descrittiva secondo cui il giudice non può autenticamente dirsi vincolato ad alcunché.

Più che la dicotomia fra formalisti e realisti, la distinzione che ci può essere utile è

quella proposta da un costituzionalista americano, BALKIN. Mutuando la distinzione dal

linguaggio religioso, BALKIN distingue fra stile interpretativo cattolico e stile protestante. Il

primo, si contraddistinguerebbe per il profondo rispetto istituzionale di ogni organo decidente

per le decisioni prese in precedenza, ma anche per le opinioni della dottrina, insomma per i

dogmi. La fedeltà all’istituzione e la priorità di un principio di coordinazione istituzionale

rispetto alle opinioni dei singoli interpreti riecheggerebbero lo stile interpretativo della

tradizione cattolica. La tradizione protestante al contrario si fonda sull’idea della lettura

diretta del testo (la Bibbia, ma anche la legge) e privilegia il principio del libero

convincimento rispetto a quello dell’uniformità della dottrina.

Il diritto funziona prevalentemente attraverso lo stile “cattolico”, in cui il precedente

sebbene possa non essere determinante occupa una posizione preminente ed in cui i principi

di inerzia e di coordinazione istituzionale mettono a tacere istanze eccessivamente eccentriche

di singoli interpreti. E tuttavia, di tanto in tanto, lo stile protestante dà sfogo al libero

Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea

dell’Università Kore di Enna

www.koreuropa.eu

convincimento del giudice, spinge il diritto in avanti, e magari fissa una nuova regola

destinata a valere per il futuro, come un nuovo precedente.