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INTRODUZIONE AL DIRITTO PENALE PROF. VITO MORMANDO

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““IINNTTRROODDUUZZIIOONNEE AALL DDIIRRIITTTTOO PPEENNAALLEE””

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Università Telematica Pegaso Introduzione al diritto penale

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente

vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore

(L. 22.04.1941/n. 633)

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Indice

1 SCIENZA DEL DIRITTO PENALE --------------------------------------------------------------------------------------- 3

2 L’EFFICACIA DEL GIUDICATO PENALE VERSO ALTRI ORDINAMENTI -------------------------------- 5

3 DIRITTO PENALE: ACCESSORIETÀ E AUTONOMIA ------------------------------------------------------------ 6

4 DIRITTO PENALE E ORDINAMENTO GIURIDICO ---------------------------------------------------------------- 7

5 SISTEMA PROBATORIO --------------------------------------------------------------------------------------------------- 8

6 LA CODIFICAZIONE PENALE IN ITALIA. IL CODICE ROCCO ---------------------------------------------- 10

7 LE PERDURANTI ESIGENZE DI UNA NUOVA CODIFICAZIONE -------------------------------------------- 12

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(L. 22.04.1941/n. 633)

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1 Scienza del diritto penale

“La storia della pena è una continua abolizione”.Questo celebre detto di un grande storico

del diritto, è senz’altro vero in una prospettiva di un lungo periodo: ancora nel settecento

dominavano pene efferate ,come la pena di morte eseguita con modalità atroci, le pene corporali, la

pena del remo( o galera) ,le pene infamanti ,la confisca totale dei beni,etc.

Continua perciò a porsi un quesito: che cosa legittima lo stato a ricorrere alla pena?

La risposta è data dalla teoria della pena, che si rifà a tre filoni fondamentali:

-Teoria retributiva: la pena statale si legittima come un male inflitto dallo Stato per

compensare (retribuire) il male che un uomo ha inflitto ad un altro uomo o alla società .E’ una

teoria assoluta, svincolata cioè dal raggiungimento di un qualsiasi fine.

-Teoria general-preventiva: legittima la pena come il mezzo per orientare le scelte di

comportamento della generalità dei suoi destinatari; il contenuto afflittivo della pena ha infatti la

funzione di creare una controspinta psicologica capace di neutralizzare le spinte a delinquere dei

consociati. (Art. 27.3 Cost.: "Le pene (minacciate) non possono consistere in trattamenti contrari

al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato"). Essa è una teoria

relativa,basata sull’intimidazione e finalizzata a un corretto orientamento culturale.

-Teoria special-preventiva: la pena è lo strumento per prevenire che l'autore di un reato

commetta in futuro altri reati; tale funzione può essere raggiunta in tre forme:

a) con la “risocializzazione” (aiutando cioè il condannato a reinserirsi nella società nel

rispetto della legge);

b) con” l'intimidazione” (quando è vano il tentativo di risocializzare);

c) con la “neutralizzazione” (quando la risocializzazione e l’intimidazione non sono

sufficienti, l'unico scopo della pena è di rendere il condannato inoffensivo ).

Essa è una teoria relativa.

Nessuna delle tre teorie s’impone sull’altra, la legittimazione della pena varia secondo il

tipo di Stato in cui si pone il problema.

Nel nostro ordinamento, per dare risposta alla legittimazione della pena, si deve muovere dai

lineamenti dello Stato descritti dalla Costituzione italiana, procedendo ad un esame separato

dell’uso della pena da parte dei singoli poteri dello Stato(legislativo, giudiziario, esecutivo), perché

tutti concorrono all’esercizio della potesta’ punitiva.

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- Il potere legislativo ha il compito di selezionare i comportamenti penalmente rilevanti,

dettando comandi e divieti e minacciando le pene ai trasgressori;

-il potere giudiziario accerta la violazione delle norme legislative e infligge le pene

adeguate al caso concreto;

- il potere esecutivo deve curare l’esecuzione delle pene inflitte dal giudice.

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2 L’efficacia del giudicato penale verso altri ordinamenti

E’ doveroso ricordare l’importanza anche negli altri titoli che compongono l’ordinamento

dello Stato. Infatti é frequente una pluralità d’interventi sanzionatori nei diversi rami

dell’ordinamento (penale, civile, amministrativo). Perciò è giusto sottolineare l’efficacia del

giudicato penale nei giudizi civili, amministrativi e disciplinari.

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3 Diritto penale: accessorietà e autonomia

-a) Vi sono norme incriminatrici in rapporto di accessorietà con gli altri rami

dell'ordinamento. Si tratta di norme incriminatrici che disciplinano materie in parte già

giuridicamente regolate dal diritto civile o amministrativo, alle cui regole il giudice penale dovrà

percio’ necessariamente fare riferimento (quindi, il giudice penale non dovra’ solo constatare i fatti,

ma dovrà anche applicare quelle regole giuridiche extra-penali).

Nei delitti contro il patrimonio (es., nel furto, art. 624 c.p.), l'altruità della cosa sta a

denotare che la cosa non è di proprietà dell'autore di quei delitti, ed il relativo accertamento

richiede, appunto, l'applicazione al caso concreto delle regole civilistiche sui modi di acquisto della

proprietà.

Nel caso di corruzione, abuso d’ufficio etc., il giudice deve accertare se nel caso concreto

l’atto sia conforme o contrasti con i doveri discendenti dalle norme del diritto amministrativo.

-b)Altre norme incriminatrici sono invece caratterizzate da autonomia rispetto agli altri rami

dell’ordinamento, in primo luogo come autonomia del significato da attribuire ad un dato termine,

pur presente in quegli altri rami.

L’autonomia del diritto penale rispetto agli altri rami dell’ordinamento si manifesta anche

sotto altri profili. Per soddisfare le peculiari esigenze di tutela espresse da questa o quella norma

incriminatrice, se ne amplia in via interpretativa il raggio d’azione, reprimendo fatti che non

troverebbero tutela in altri rami dell’ordinamento, come nel caso della truffa commessa nel quadro

di un contratto illecito:si trae anche argomento dalla previsione espressa di una forma di truffa

aggravata , che si realizza quando l’autore degli artifizi o raggiri induce la vittima a compiere un

atto di disposizione patrimoniale “con il pretesto di farlo esonerare dal servizio militare”(art 640,co.

2,n.1c.p), cioè stipulando un negozio illecito per contrarieta’ a norme imperative.

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4 Diritto penale e ordinamento giuridico

L’unità dell’ordinamento giuridico si esprime nella coerenza che caratterizza l’ordinamento

giuridico, al cui interno sono inconcepibili contraddizioni insanabili: è inammissibile che uno stesso

fatto venga considerato ,ad un tempo ,lecito ed illecito.

Gli istituti che fanno emergere la connessione fra i differenti settori dell’ordinamento e

l’unità profonda del sistema sono le “cause di giustificazione”: si tratta dei doveri e delle facoltà,

derivanti da norme situate in ogni settore dell’ordinamento, che – rispettivamente – autorizzano od

impongono la commissione di un fatto, rendendolo lecito nell’intero ordinamento e cosi’

precludendo l’inflizione di ogni tipo di sanzione.

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5 Sistema probatorio

Uno degli aspetti più importanti del diritto penale è il sistema probatorio, infatti esso è

l’elemento essenziale dell’accusa che ha l’onere di provare la colpevolezza dell’accusato. In

ottemperanza con questo sistema l’art. 530 del C.P.P. prevede che l’assoluzione sia possibile anche

per mancanza o contraddittorietà della prova. La prova della sussistenza degli elementi costitutivi di

un reato incombe sull’accusa: è una regola di rango costituzionale ad imporlo, ovvero ,il principio

della presunzione di non colpevolezza sino alla condanna definitiva (art27,co.2 Cost.: “l’imputato

non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”).

Il codice di procedura penale del 1988 ha fissato le regole probatorie sulla cui base, in esito

al giudizio, va pronunciata la sentenza di assoluzione: non solo quando vi è la prova che “il fatto

non sussiste, l’imputato non lo ha commesso, il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla

legge come reato ovvero il reato è stato commesso da persona non imputabile o non punibile per

altra ragione (art 530,co.1 c..p.p.), ma anche quando vi è il dubbio “che il fatto sussiste, che

l’imputato lo ha commesso, che il fatto costituisce reato o che il reato è stato commesso da persona

non imputabile”, perché “manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova” (art530,co.2 c..p.p.).

Il codice del 1988 ha poi statuito che l’in dubio pro reo vale, come regola probatoria, per

tutti gli elementi dalla cui assenza o presenza dipende l’affermazione della responsabilità, comprese

le cause di giustificazione e le cause di non punibilità

E’ possibile che il legislatore, di tanto in tanto, possa violare le regole probatorie delineando

reati di sospetto, ma essi sono incostituzionali come ha più volte affermato la corte costituzionale. I

reati di sospetto,cioè quei reati al cui interno compare un’anomala regola probatoria, che allevia

alla pubblica accusa il peso di provare la presenza di un elemento costitutivo del reato, trasferendo

sull’imputato l’onere di provare l’assenza di quell’elemento.

Altre violazioni dell’impianto probatorio possono essere messe in atto dalla giurisprudenza

che modifica la struttura del reato per alleviare l’onere probatorio dell’accusa.

La giurisprudenza talvolta ha operato uno stravolgimento del rapporto di causalità: si tratta

di un rapporto fra due elementi del fatto di reato: l’azione (o l’omissione) e l’evento concreto, che,

in base alla legge (art40,co.1,c..p.), deve essere “conseguenza dell’azione od omissione”.

A volte è impossibile provare la sussistenza di un rapporto di derivazione causale fra una

data azione ed un singolo evento concreto, perché non sono ancora disponibili leggi scientifiche con

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il cui aiuto spiegare se quell’evento concreto è davvero riconducibile a quella data azione, come alla

sua causa; al massimo vi sono indagini epidemiologiche, che però mostrano solo come quel tipo di

azione possa aver aumentato la probabilità del verificarsi di eventi del genere di quello verificatosi

in concreto.

Per aggirare questo ostacolo probatorio, la giurisprudenza stravolge la fisionomia del

rapporto di causalità: quel rapporto non dovrebbe più intercorrere tra azione ed evento, bensì fra

azione e pericolo dell’evento, accreditato dalle indagini epidemiologiche.

Sono note le ragioni politico-criminali di questo stravolgimento da parte della

giurisprudenza: si vogliono soddisfare i bisogni di punizione alimentati dalla “moderna società del

rischio

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6 La codificazione penale in Italia. Il Codice Rocco

Il primo codice penale in vigore nell’intero territorio del Regno d’Italia – approvato nel

1889 e vigente dal 1890 al 1931 – viene comunemente designato come codice Zanardelli, e

presenta i tratti caratteristici del diritto penale liberale.

Al codice Zanardelli succede il codice Rocco, approvato nel 1930 ed entrato in vigore nel

1931: a differenza del precedente codice, il codice Rocco nasce nel contesto di uno Stato

autoritario, ma porta a conservare, nella parte generale, alcuni principi di garanzia, come i principi

di legalità e di irretroattività delle norme incriminatrici, mentre altri principi, come quello di

colpevolezza, vengono ampiamente derogati.

Nel catalogo delle pene ricompare – già anticipata nel 1926 – la pena di

morte, prevista sia per delitti politici che per delitti comuni

Il codice penale è cosi suddiviso:

-Libro primo : Dei reati in generale

-Libro secondo: Dei reati in particolare

-Libro terzo: Delle contravvenzioni in particolare

Subito dopo la caduta del Fascismo, e prima ancora dell’edificazione del nuovo Stato

repubblicano, il governo provvisorio abolisce la pena di morte e ripristina la scriminante della

reazione agli atti arbitrari, nonché le circostanze attenuanti generiche.

Contemporaneamente,si pone mano anche alla progettazione di un nuovo codice penale,

destinata però ad esaurirsi in una serie di proposte mai coronate da successo; la mancata riforma

globale del codice penale non esclude comunque che nel corso degli anni siano stati profondamente

modificati importanti istituti della parte generale e che siano stati realizzati significativi

interventi sulla parte speciale.

Un ruolo crescente hanno assunto nel tempo le leggi penali speciali(o leggi penali

complementari, cioè le leggi penali situate fuori dal codice), alle quali, di regola, si applicano gli

istituti della parte generale del codice(art 16 c.p.).

Nel 2001 (D.Lgs. 231/01) è stata introdotta la responsabilità da reato degli enti, la cui

natura (penale o amministrativa) è controversa: e l’elenco dei reati che possono essere ascritti

all’ente si è via via arricchito, anche sotto la spinta di convenzioni internazionali.

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Un impulso spesso decisivo al superamento dei tratti più illiberali della legislazione penale è

venuto dalla Corte Costituzionale, che ha valorizzato in particolare i principi costituzionali di

colpevolezza, di riserva di legge e di eguaglianza, oltre ai diritti di libertà (manifestazione del

pensiero, sciopero, riunione ecc.) sanciti dalla Costituzione.

Di particolare rilievo tre decisioni della Corte fondate sul principio di colpevolezza, due

delle quali risalgono al 1988, mentre la terza è stata pronunciata nel 2007.

Nella prima sentenza la Corte, riconosciuto che responsabilita’ penale personale ex art 27,

co. 1 Cost. è sinonimo di responsabilita’ per fatto proprio colpevole, ha affermato la rilevanza

dell’errore sulla legge penale nei casi in cui si tratti di errore inescusabile; nella seconda sentenza la

Corte ha messo al bando , in linea di principio, la responsabilita’ oggettiva , individuando nella

colpa il requisito minimo per l’attribuzione della responsabilita’ penale; nella terza sentenza, infine,

la Corte ha preso posizione a favore di un’interpretazione secondo Costituzione delle norme che

prevedono ipotesi di responsabilita’ oggettiva, individuando nel principio costituzionale di

colpevolezza un fondamentale “canone ermeneutico per il giudice”

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7 Le perduranti esigenze di una nuova codificazione

Perdurano le istanze di una nuova codificazione penale; infatti rimane viva l’esigenza di un

corpo normativo coerente nel quale trovino piena espressione i valori ed i principi che ispirano lo

Stato democratico delineato dalla Costituzione.