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La poesia dell'Alzheimer Società La terza edizione, caso inusuale, di unaraccoltadel 2008 di Alberto Bertoni. Un volume di Pasquale Di Palmo. Un'antologia curata da Franca Grisoni. Gli autori in versi esplorano una condizione medica che non solo tocca il mondo degli affetti ma innesca una riflessione più vasta sulla realtà La malattia che cancella la memoria ispira la scrittura, la scrittura coltiva e insegue proprio la memoria Il racconto del dramma è più efficace senza sentimentalismo di ROBERTO GALAVERNI S e è vero che la poesia è figlia del- la Memoria, allora la malattia di Alzheimer dovrebbe di per co- stituire una specie di antitesi ra- dicale, di negazione intrinseca dell'atto poetico. In quanto tale, per uno di quei paradossi di cui la poesia sempre si nutre, l'Alzheimer sarebbe allora un suo nemico predestinato e, di conse- guenza, un argomento particolarmente congeniale e fecondo. E davvero sembra così. Da qualche anno, infatti, sono tanti i poeti che hannorivoltola loro attenzione, talvolta con continuità, al male di una de- menza che è anche e soprattutto dimenti- canza. Nel buio, nel silenzio, nell'oblio di questa malattia un poeta può misurare con perspicuità inusuale i termini del suo rapporto con la realtà, con gli altri soprat- tutto, ma anche mettere a fuoco come in uno specchio rovesciato la plausibilità e la consistenza della stessa parola poetica, la sua capacità di contatto e di retaggio, la sua verità, la sua etica. Nelle scorse settimane è giunto alla ter- za edizione, fatto abbastanza inusuale per una raccolta di versi, Ricordi di Alzheimer di Alberto Bertoni, un libro molto fortu- nato del 2008 che può forse essere consi- derato il capostipite di questo argomento poetico. L'edizione, tra le più pregevoli che ci siano oggi in Italia, è di Book Edito- re un merito che credo vada sottolinea- to visto il diffuso scadimento materiale e grafico dei libri di poesia). «L'Alzheimer non è solo una malattia individuale, ma anche antropologica e secolare», scrive l'autore nella breve cronistoria posta in calce al volume. Si tratta infatti del male forse più sintomatico del nostro tempo, diviso tra una «memoria elettronica e ar- tificiale praticamente illimitata» e una «gran smemoratezza storica e sociale». Fin da subito, dunque, appare chiaro quali e quante implicazioni questo tema possieda sul piano civile e culturale. Ep- pure fin dal titolo, che è esattissimo, Ber- toni mostra di avere non solo compreso ma posto al centro della sua attenzione il dissidio radicale tra il cosa e il come, tra la malattia e la parola, tra la dimenticanza e il canto. Soltanto in un ossimoro, qual è appunto Ricordi di Alzheimer, questa specie di controsenso poteva infatti veni- re condensato nel più preciso dei modi. Come se si dicesse: la memoria dell'oblio, 0 anche la luce del buio, o ancora la scrit- tura della cancellazione. Con un'altra im- magine impossibile si parla di «purissi- mo bianco memoriale», oppure del «no- me/ abraso evolto/ cancellato». E, certo, si sta parlando qui anche della poesia e del suo deficit memoriale. Ho l'impres- sione che una poesia non di superficie sul tema-Alzheimer debba per forza venire intaccata, o comunque essere messa fino in fondo in questione dalla recidività del proprio argomento. Nelle poesie di Bertoni tutto questo trova il suo punto di realizzazione nella particolare collocazione assunta dallo sguardo e dalla voce poetica. Nella sua nota di lettura Milo De Angelis sottolinea come smarrimento, perdita, disorienta- mento coinvolgano non solo il padre am- malato ma il poeta stesso, «che si trova sospeso: come un sans-papier» (il libro comprende anche una poesia d'accompa- gnamento in dialetto pavanese di France- sco Guccini). Lo si potrebbe definire an- che come un nuovo, estremo ambito di comunicazione e di conoscenza, che ac- comuna padre e figlio, figlio e padre in un identico destino di passioni, attaccamen- ti, amarezze, idiosincrasie, ricordi, lacu- ne. Ogni cosa ed episodio di una Modena dai tanti nomi, luoghi, strade, piccoli ac- cadimenti, persone, entra in una specie di penombra, di «sottomondo», d'irreal- (Larva è il titolo di una sezione), che si fanno via via più irrimediabili proprio sul punto in cui, ad aumentare il paradosso, il rapporto tra i due protagonisti aumenta di temperatura e necessità. I due caratteri dell'emiliano passione per la materia e malinconia esistenziale — vengono qui spinti all'estremo fino quasi a cancellarsi a vicenda. E come a cerchi concentrici il «pozzo» della malattia sembra portarsi via tutto: «Il mondo è irrevocabile/—fat- ti, volti, oggetti/ le corse dei cavalli, gli af- fetti/ ma io mi dimentico di tutto/ come da anni mio padre/ perché niente che ac- cade/ permane». Anche in Trittico del distacco di Pa- squale Di Palmo, edito da Passigli, il tema dell'Alzheimer viene intrecciato stretta- mente con quello della memoria e della parola poetica (prefazione e postfazione sono nell'ordine di Giancarlo Pontiggia e di Maurizio Casagrande). Anche in que- sto caso, insomma, lingua e argomento reagiscono reciprocamente. I luoghi sono stavolta quelli natali della laguna veneta e del suo entroterra, che vengono investiti da un'autentica passione toponomastica, come a controcanto della perdita dei no- mi che segna la malattia del padre («Non un biglietto, non una parola./ Da anni parlavi una lingua/ che non è fatta di pa- role»). Inevitabilmente s'incontrano qui alcune situazioni comuni alla poesia di Bertoni. Credo sia un bene: il percorso di assistenza durante la malattia, una nuova possibilità di contatto e riconoscimento che è tutt'uno con l'oblio e il silenzio del padre, il senso di colpa, il desiderio di espiazione, il sentimento d'impotenza, la custodia dei ricordi, la sovrapposizione dei tempi, la reversibilità dei moli («Io, diventato padre di mio padre./ Tu, diven- tato figlio di tuo figlio»). In Di Palmo si assiste però a un'inversione del punto di vista, in quanto l'Alzheimer viene inter- pretato come una specie di anticipazione del rientro nella natura all'interno del te- ma del distacco — dalla vita, dal dolore, dal nome — che è il più importante per questo poeta: «Adesso sei un albero, pa- pà,/ un albero grande/ senza nome/ do- ve i passeri vanno a ripararsi/ quando c'è vento/ e la vita si dimentica della vita/ e io mi dimentico/ che non ci sei più». A conferma della fecondità poetica del- l'argomento, si può leggere ora l'antolo- gia Alzheimer d'amore. Poesie e medita- zioni su una malattia, uscita in questi giorni per Interlinea a cura di Franca Ori- INTERLINEA

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La poesia dell'Alzheimer Società La terza edizione, caso inusuale, di una raccolta del 2008 di Alberto Bertoni. Un volume di Pasquale Di Palmo. Un'antologia curata da Franca Grisoni. Gli autori in versi esplorano una condizione medica che non solo tocca il mondo degli affetti ma innesca una riflessione più vasta sulla realtà

La malattia che cancella la memoria ispira la scrittura, la scrittura coltiva e insegue proprio la memoria Il racconto del dramma è più efficace senza sentimentalismo

di ROBERTO GALA VERNI

Se è vero che la poesia è figlia del­la Memoria, allora la malattia di Alzheimer dovrebbe di per sé co­stituire una specie di antitesi ra­dicale, di negazione intrinseca

dell'atto poetico. In quanto tale, per uno di quei paradossi di cui la poesia sempre si nutre, l'Alzheimer sarebbe allora un suo nemico predestinato e, di conse­guenza, un argomento particolarmente congeniale e fecondo. E davvero sembra così. Da qualche anno, infatti, sono tanti i poeti che hanno rivolto la loro attenzione, talvolta con continuità, al male di una de­menza che è anche e soprattutto dimenti­canza. Nel buio, nel silenzio, nell'oblio di questa malattia un poeta può misurare con perspicuità inusuale i termini del suo rapporto con la realtà, con gli altri soprat­tutto, ma anche mettere a fuoco come in uno specchio rovesciato la plausibilità e la consistenza della stessa parola poetica,

la sua capacità di contatto e di retaggio, la sua verità, la sua etica.

Nelle scorse settimane è giunto alla ter­za edizione, fatto abbastanza inusuale per una raccolta di versi, Ricordi di Alzheimer di Alberto Bertoni, un libro molto fortu­nato del 2008 che può forse essere consi­derato il capostipite di questo argomento poetico. L'edizione, tra le più pregevoli che ci siano oggi in Italia, è di Book Edito­re (è un merito che credo vada sottolinea­to visto il diffuso scadimento materiale e grafico dei libri di poesia). «L'Alzheimer non è solo una malattia individuale, ma anche antropologica e secolare», scrive l'autore nella breve cronistoria posta in calce al volume. Si tratta infatti del male forse più sintomatico del nostro tempo, diviso tra una «memoria elettronica e ar­tificiale praticamente illimitata» e una «gran smemoratezza storica e sociale».

Fin da subito, dunque, appare chiaro quali e quante implicazioni questo tema possieda sul piano civile e culturale. Ep­pure fin dal titolo, che è esattissimo, Ber­toni mostra di avere non solo compreso

ma posto al centro della sua attenzione il dissidio radicale tra il cosa e il come, tra la malattia e la parola, tra la dimenticanza e il canto. Soltanto in un ossimoro, qual è appunto Ricordi di Alzheimer, questa specie di controsenso poteva infatti veni­re condensato nel più preciso dei modi. Come se si dicesse: la memoria dell'oblio, 0 anche la luce del buio, o ancora la scrit­tura della cancellazione. Con un'altra im­magine impossibile si parla di «purissi­mo bianco memoriale», oppure del «no­me/ abraso evolto/ cancellato». E, certo, si sta parlando qui anche della poesia e del suo deficit memoriale. Ho l'impres­sione che una poesia non di superficie sul tema-Alzheimer debba per forza venire intaccata, o comunque essere messa fino in fondo in questione dalla recidività del proprio argomento.

Nelle poesie di Bertoni tutto questo trova il suo punto di realizzazione nella particolare collocazione assunta dallo sguardo e dalla voce poetica. Nella sua nota di lettura Milo De Angelis sottolinea come smarrimento, perdita, disorienta­mento coinvolgano non solo il padre am­malato ma il poeta stesso, «che si trova sospeso: come un sans-papier» (il libro comprende anche una poesia d'accompa­gnamento in dialetto pavanese di France­sco Guccini). Lo si potrebbe definire an­che come un nuovo, estremo ambito di comunicazione e di conoscenza, che ac­comuna padre e figlio, figlio e padre in un identico destino di passioni, attaccamen­ti, amarezze, idiosincrasie, ricordi, lacu­ne. Ogni cosa ed episodio di una Modena dai tanti nomi, luoghi, strade, piccoli ac­cadimenti, persone, entra in una specie di penombra, di «sottomondo», d'irreal­tà (Larva è il titolo di una sezione), che si fanno via via più irrimediabili proprio sul punto in cui, ad aumentare il paradosso, il rapporto tra i due protagonisti aumenta di temperatura e necessità. I due caratteri dell'emiliano — passione per la materia e

malinconia esistenziale — vengono qui spinti all'estremo fino quasi a cancellarsi a vicenda. E come a cerchi concentrici il

«pozzo» della malattia sembra portarsi via tutto: «Il mondo è irrevocabile/—fat­ti, volti, oggetti/ le corse dei cavalli, gli af­fetti/ ma io mi dimentico di tutto/ come da anni mio padre/ perché niente che ac­cade/ permane».

Anche in Trittico del distacco di Pa­squale Di Palmo, edito da Passigli, il tema dell'Alzheimer viene intrecciato stretta­mente con quello della memoria e della parola poetica (prefazione e postfazione sono nell'ordine di Giancarlo Pontiggia e di Maurizio Casagrande). Anche in que­sto caso, insomma, lingua e argomento reagiscono reciprocamente. I luoghi sono stavolta quelli natali della laguna veneta e del suo entroterra, che vengono investiti da un'autentica passione toponomastica, come a controcanto della perdita dei no­mi che segna la malattia del padre («Non un biglietto, non una parola./ Da anni parlavi una lingua/ che non è fatta di pa­role»). Inevitabilmente s'incontrano qui alcune situazioni comuni alla poesia di Bertoni. Credo sia un bene: il percorso di assistenza durante la malattia, una nuova possibilità di contatto e riconoscimento che è tutt'uno con l'oblio e il silenzio del padre, il senso di colpa, il desiderio di espiazione, il sentimento d'impotenza, la custodia dei ricordi, la sovrapposizione dei tempi, la reversibilità dei moli («Io, diventato padre di mio padre./ Tu, diven­tato figlio di tuo figlio»). In Di Palmo si assiste però a un'inversione del punto di vista, in quanto l'Alzheimer viene inter­pretato come una specie di anticipazione del rientro nella natura all'interno del te­ma del distacco — dalla vita, dal dolore, dal nome — che è il più importante per questo poeta: «Adesso sei un albero, pa­pà,/ un albero grande/ senza nome/ do­ve i passeri vanno a ripararsi/ quando c'è vento/ e la vita si dimentica della vita/ e io mi dimentico/ che non ci sei più».

A conferma della fecondità poetica del­l'argomento, si può leggere ora l'antolo­gia Alzheimer d'amore. Poesie e medita­zioni su una malattia, uscita in questi giorni per Interlinea a cura di Franca Ori-

INTERLINEA

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soni (con una nota di Marco Trabucchi), che ha non solo raccolto ma singolar­mente commentato una nutrita serie di testi. Comprende una trentina di autori, non soltanto italiani (tra questi ultimi an­che l'umguayano Mario Benedetti e Mar­garet Atwood). Direi che in genere la qua­lità delle poesie sia inversamente propor­zionale al sentimentalismo con cui il te­ma viene affrontato. Ed è difficile, perché quasi invariabilmente si tratta di rapporti basici, con genitori, familiari, amici e, di conseguenza le verità ma anche gli scher­zi e i cedimenti del cuore, che portano ad aggirare l'ostacolo, sono sempre in ag­guato.

Ma è vero che in molti casi il tema-Al­

zheimer sembra obbligare, come per contrasto, a un di più d'attenzione, a una riflessione e a uno scrupolo particolari che procedono congiuntamente verso le persone e verso la parola poetica. Questo si vede molto bene, ad esempio, nelle po­esie di Franzin, Dapunt, Longega, Lamar-que, D'Agostino, Magrelli. Nella sua poe­sia Pierluigi Cappello interpreta addirit­tura la relazione tra memoria e oblio, tra vita e morte, come un contrasto tra armo­nia e dissonanza: «Per quanto staranno così/ separati dalla propria armonia/ no­te volate via/ dallo stesso spartito». Tante volte la poesia diventa allora non solo un motivo di maggiore vicinanza e condivi­sione umana, ma un'opportunità ultima

di conoscenza, di svelamento. «Leso, ogni minimo rito di prima/ cresce in va­lore. E miraggi e illusioni/ scoppiano co­me bolle di sapone./ Perché assorbivano tante premure?», scrive Alessandro Fo. E Giorgio Manacorda, in Per mio padre: «Il cuore mi fa festa, tu ci sei!/ Sei tu, ma leg­gi contromano/ e allora piano piano tor­na il pianto».

Davvero non c'è bisogno di fingersi nulla. La poesia è per eccellenza una for­ma di vita ma nell'Alzheimer forma e vita sbiadiscono perdendo via via ciò che per­mette di riconoscerli come tali. Se la poe­sia ha a che vedere con l'Alzheimer, l'Al­zheimer, ahimè, non ha a che vedere con la poesia.

Parola per parola Una condizione di smarrimento,

disorientamento e perdita coinvolgono sia la persona colpita sia colui che assiste

all'erosione dell'esistenza. Non svanisce la vita: scompaiono le sue forme condivise

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ALBERTO BERTONI Ricordi di Alzheimer.

Una storia Con una nota

di Milo De Angelis e una poesia pavanese

di Francesco Guccini BOOK EDITORE

Pagine 112, € 1 2

PASQUALE DI PALMO Trittico del distacco

Prefazione di Giancarlo Pontiggia,

postfazione di Maurizio Casagrande

PASSIGLI EDITORI Pagine 88, €12,50

FRANCA GRISONI (a cura di)

Alzheimer d'amore. Poesie e meditazioni

su una malattia Con una nota

di Marco Trabucchi INTERLINEA

Pagine 232, € 14 Il libro sarà presentato

dall'autrice per la prima volta lunedì 27 febbraio alle

18 presso la Libreria dell'Università Cattolica di

Brescia, via Trieste 17/d, con introduzione di Renzo

Rozzini di Fondazione Poliambulanza - Istituto

Ospedaliero Università Cattolica del Sacro Cuore. All'incontro interverranno

Giacomo Canobbio, delegato per la cultura della diocesi di

Brescia, Irene Favatella di Fondazione Ambulanza e

Marco Trabucchi, direttore scientifico del Gruppo di

Ricerca Geriatrica di Brescia. Nell'antologia sono raccolte

poesie, tra gli altri, di Davide Rondoni, Valerio Magrelli, Roberta Dapunt e Vivian

Lamarque, che proprio oggi, domenica 26, riceve a

Milano il Premio Bagutta

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Salutali tutti, digli a tutti addio

S alutali tutti, digli a tutti addio

bagnino, compagni di bocce, ambulanti

di borse tarocche e bomboloni

perché non ci viene nessuno

con te nella secca infuocata

che per amore di figlio

attraverso stanotte al tuo posto

studiando la distanza delle crepe,

la sabbia, l'abilità dei rovi a conquistare

sillabe e centimetri

E venerdì, mezzo mondo

si dedica al dragaggio

nel vortice di fari e di zanzare

che già mi fa parlare

con la tua voce d'oggi

flebile, roca, sepolcrale

di brividi perduti e chiacchiericcio

Il testo di Alberto Bertoni (Modena, 1955) è tratto da Ricordi di Alzheimer. Una storici, con una nota di Milu De Angelis e una poesia pavane!*e di Francesco Guerini, edito da Ronk Editore

Per ore e ore rigiri fra le mani

er ore e ore rigiri fra le mani

senza capire di cosa si tratti

un oggetto qualsiasi, bicchiere

di carta o giornale che sia...

Ma noi che assistiamo al tuo fianco

costernati a quelle che i medici

definiscono «manipolazioni

tipiche del decorso

naturale della malattia»,

noi forse lo sappiamo

cos'è un giornale, un bicchiere di carta

ora che sono lì, sparpagliati sul letto,

lacerati, irriconoscibili

come foglie dopo l'avvento

di un'impietosa bufera?

Il testo di Pasquale Di Palmo ( Lido di Venezia, 1958) è tratto da Trittico del distacco, con una prefazione di Giancarlo Pontiggia e una postfazione di Maurizio Casagrande, edito da Passigli

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Incendio

S a mìo fratello Marzio

ei morto di albero di natale,

di incendio di albero di natale,

ma già prima di Alzheimer.

Iniziò che confondevi la erre

col tre, e sbagliavi posto allo

zero, e non trovavi il terzo

alla tv, e sbagliavi giorno

a filosofìa e tesi degli studenti

poi un giorno il ricamo della tua

calligrafìa che pareva un cristallo

andò in mille pezzi, e un altro

giorno ti trovai appisolato

con le dita sui tasti del pianoforte,

sfinito dal non riuscire a farli

ubbidire, poi ti sei svegliato e

mi hai detto mamma, interrogativo,

avevi ragione, perché era lei

che ti aveva insegnato a suonare.

Il testo di Vìvian Lamarque (Tesero. Trento. 1946) è tratto dal volume curato da Franca Grisoni Alzheimer d'amore. POPSÌP p meditazioni su una malattia con una nota di Marco Trabucchi, edito da Interlinea

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