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Roberto Scarciglia Università di Trieste Dipartimento di Scienze politiche e Sociali Piazzale Europa, 1 34100 TRIESTE e-mail: [email protected] Corso di Diritto costituzionale comparato 2017-2018 Lezioni 6-7-8 26 marzo 2018

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Roberto ScarcigliaUniversità di Trieste

Dipartimento di Scienze politiche e SocialiPiazzale Europa, 134100 TRIESTE

e-mail: [email protected]

Corso di Diritto costituzionale comparato2017-2018

Lezioni 6-7-8 26 marzo 2018

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Che cosa si compara?

La comparazione come disciplina giuridica, ha per oggetto un numero indefinito di elementi, interconnessi fra loro

che, all’interno degli ordinamenti, utilizzano o producono regole giuridiche e sono finalizzati a definire un certo ordine relazionale fra soggetti o gruppi sociali in un momento storico determinato.

Tutti questi elementi, che rappresentano il sostrato ultimo delle operazioni di comparazione fra ordinamenti, non sono numericamente definibili 

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Il comparatista acquisisce una solida esperienza, con riferimento almeno a un ordinamento costituzionale (da qui la conoscenza del diritto costituzionale italiano)

e dovrebbe avere una personale capacità di astrazione da quei preconcetti, che formano «in certo senso l’anima stessa della tradizionale mentalità giuridica» 

utilizzando un approccio cognitivo, e guidati dall’esperienza e dalla conoscenza di uno o più ordinamenti giuridici, piuttosto che da preconcetti, si possono prefigurare concrete soluzioni a problemi non risolti, anche di natura complessa.

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Percezione e oggetti da comparare

Nella prospettiva del diritto pubblico, alcuni degli elementi che si trovano all’interno degli ordinamenti giuridici come:•le norme in senso stretto

•la giurisprudenza costituzionale

•le prassi degli organi costituzionali

possono far meglio comprendere tanto l’assetto reale del diritto costituzionale vigente o di un istituto giuridico, quanto la soluzione di un problema di diritto, ma possono anche fornirci punti di partenza, matrici, da sviluppare in un successivo ragionamento giuridico, anche in sede di interpretazione.

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Le potenzialità della ricerca comparatistica sono maggiormente visibili se si utilizza il concetto di

“formanti legali”

ricomprendendo, in tale espressione, le parti che compongono gli ordinamenti giuridici, tanto a valenza positiva, quanto negativa (de-formanti).

In tale ultima ipotesi, ci si riferisce a regole illecite contenute (e talora operanti) in singoli ordinamenti o istituzioni e che, talora, emergono piuttosto dalla lettura delle sentenze penali o del giudice contabile – che analizzano regole operazionali piuttosto che principi generali – che non dalla giurisprudenza amministrativa o costituzionale.

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Compito del comparatista è quello di ricercare non soltanto regole e funzioni, ma, soprattutto, quello di analizzare i contesti in cui tali regole operano e quali problemi ne scaturiscono.

Questa conoscenza rappresenta una condizione necessaria per procedere a qualunque effettiva attività di comparazione e, dunque, ciascuna componente di un ordinamento giuridico deve essere interpretata in modo diverso a seconda di luoghi, tempo, condizioni.

La presenza (e la concreta ricognizione) di componenti positive e negative all’interno di un ordinamento avvicina il ricercatore a percepire con maggiore intensità la realtà in sé, nella sua effettività 

Non è detto che questo sia sempre possibile.

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Non è detto che questo sia sempre possibile. Dipende anche dalla capacità di percezione.

Quando si osserva un qualunque oggetto, infatti, può accadere che alcune sue parti sfuggano all’osservatore, anche se egli le vede, e che queste parti possano emergere improvvisamente, come anche non emergere. Tutto dipende evidentemente dalla percezione.

Ciò non riguarda solo gli oggetti, ma tutto ciò che osserviamo o studiamo, e, dunque anche gli istituti del diritto costituzionale, come le regole o le soluzioni di un determinato problema.

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Che cosa si vede in questa immagine?

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QQuando si osserva un qualunque oggetto

può accadere che alcune sue parti sfuggano all’osservatore, anche se egli le vede, e che queste parti possano emergere improvvisamente, come anche non emergere.

Tutto dipende evidentemente dalla percezione

In tale prospettiva, si parla di “figure reversibili” e cioè quelle immagini che possono essere percepite in due modi alternativi. Un esempio può essere rappresentato dalla figura di Jastrow (riportata prima),

in cui guardando a destra si vede una testa di coniglio e a sinistra una testa d’anatra.

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Il tema della percezione è alla base di alcune proposte metodologiche che riguardano i profili oggettivi della comparazione.

Si presenta, infatti, poco funzionale la definizione di un metodo, di una modalità, per la comparazione (come comparare) se, preliminarmente

non sono stati scelti gli oggetti della medesima (che cosa comparare)

ma, soprattutto siano state individuate le condizioni per ritenere due oggetti comparabili, e cioè:

•le qualità intrinseche• la natura degli oggetti da comparare 

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La comparabilità

L’aggettivo “comparabili” indica che due oggetti possono definirsi tali se divengono oggetto della comparazione.

Non è, tuttavia, sufficiente il requisito della comparabilità perché due oggetti siano comparati

Ciò dipende, prevalentemente dall’interrogativo, dal problema che si è posto chi compara e, infatti, il raffronto fra i due oggetti non rappresenta un fine, ma un mezzo, e, di conseguenza, la definizione del quesito deve precedere la scelta degli oggetti da comparare, in relazione ai luoghi, al tempo e alle condizioni in cui il ricercatore opera.

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L’analisi comparativa deve andare in profondità ed è senz’altro condizionata dalla prospettiva da cui studiamo il fenomeno giuridico.

Qualunque fenomeno giuridico potrebbe, in tale contesto, essere spiegato attraverso proiezioni geometriche.

Se a ogni fenomeno, istituto, componente di un ordinamento facciamo corrispondere una figura, quest’ultima potrebbe essere proiettata in modi diversi, anche se le proprietà proiettive della figura originaria restano immutate a prescindere dal modo di proiettarle.

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Se penso, ad esempio, alla forma di governo come a una figura solida semplice – un cubo –, posso percepire che “le sue parti costitutive” (della forma di governo), come, ad esempio, il ruolo del governo oppure il ruolo del parlamento, stanno in una certa “relazione l’una con l’altra”.

Fig. 2 Fig. 3 Fig. 4 

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Fig. 2 Fig. 3 Fig. 4

Se si guarda la faccia frontale del cubo rappresentato nella fig. 3, (in cui la faccia colorata di grigio sta per “governo” oppure “riforma della Costituzione), piuttosto che la faccia superiore visibile nella fig. 4 (in cui la faccia colorata di grigio sta per “parlamento” oppure “mancata riforma della Costituzione”)

vedo «due fatti differenti».

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Scegliendo la prospettiva frontale, piuttosto, che quella dall’alto (e viceversa), si esercita un’opzione interpretativa che potrebbe incidere sulla percezione che ho della forma di governo in un determinato ordinamento giuridico

che potrei definire parlamentare a «prevalenza del governo», piuttosto che non a «prevalenza del parlamento» (e viceversa).

Così, la stessa fig. 2 può essere vista in due modi diversi, senza che si possa affermare con sicurezza la posizione in cui si trova il cubo (fig. 3 e fig. 4).

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Questo esempio dimostra che la percezione ci indirizza verso la ricerca della migliore soluzione interpretativa

Essa necessita della conoscenza dell’oggetto che stiamo analizzando, sia in una fase di approccio che in una di vera e propria comparazione.

Sulla percezione dell’osservatore giocano un ruolo determinante i riferimenti culturali e l’esperienza.

Vediamo un’altra figura (fig. 5).

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La domanda che si pone chi guarda l’immagine è se le linee oblique siano parallele oppure no.

Fig. 5

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Esse possono apparire, dopo una prima impressione, convergenti o divergenti, ma, in concreto, sono rettilinee e parallele:

l’effetto di convergenza (o divergenza) è provocato dalla disposizione dei piccoli segmenti che intersecano le linee.

Quale dei due segmenti è più lungo?

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Come vedete le linee?

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Come vedete questa ultima immagine: ferma o in movimento

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Le esperienze costituzionali sono molto ricche di trasformazioni, pur restando inalterata la lettera della Costituzione, come, ad esempio, è accaduto per la Costituzione americana,

«passata nel corso di circa un secolo di storia, per l’effetto di emendamenti, da un modello liberale classico alle incorporazioni di un modello “democratico” e tendenzialmente “sociale”» 

La presenza di trasformazioni non implica che le stesse siano sempre percepibili.

O almeno non sia avvertibile in che misura i singoli formanti abbiano reagito alla trasformazione e ancora quali siano le operazioni intellettuali effettuate per integrare eventuali lacune.

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Le componenti di un ordinamento producono di norma regole giuridiche, sono cioè fonti del diritto.

Vi sono altre componenti che non sono fonti:

Così all’interno di un ordinamento:A) non possiamo considerare le sole fonti del diritto per una ricercacomparativa;B) esistono altri fattori (che possiamo indifferentemente chiamare componenti, formanti, etc);C) tutti questi fattori sono in continuo cambiamento e in relazione fra loro;D) alcuni di essi o una loro parte può rimanere strutturalmente la stessa o variare (varianti o invarianti)

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L’illustrazione figurata di illusioni nella percezione

può essere utile a spiegare la necessità di ridurre nella dimensione più appropriata gli oggetti che emergono dalla relazione di tutti questi fattori, dal loro reciprocointersecarsi.

Una delle prospettive che anima il giurista che non sia avvezzo alla comparazione è quella di ricercare una soluzione unica al problema giuridico.

Il principio della unicità della regola di diritto postulerebbe, dunque, la necessità di dover ricercare una sola verità giuridica, che ha, ad esempio, fonte nella legge, mentre, al contempo, la medesima verità viene ricostruita dalla dottrina e applicata dalla giurisprudenza, anche in modo diverso.

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i formanti, all’interno di ciascun sistema, si atteggiano in maniera diversa, tendendo a ibridarsi fra loro creando al ricercatore problemi di interpretazione

obbligandolo a chiedersi se i segni che sta manipolando sono in via di cambiamento

con riferimento ai precedenti giudiziari nei sistemi di common law, si può affermare che essi possono subire delle trasformazioni

possono, ad esempio, guastarsi per l’interpretazione che un giudice dà al problema giuridico sottoposto all’esame del collegio cui appartiene.

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Perché è importante la conoscenza della lingue per la comparazione?

Uno dei principali problemi della comparazione giuridica è quello del linguaggio.

Riprendendo la metafora del viaggio del comparatista, si può osservare che i nomi che incontra sono il primo ostacolo del viaggio e della comparazione.

Essi presentano spesso assonanze, che consentono una rapida collocazione delle categorie mentali del viaggiatore:

il viaggiatore potrebbe tuttavia constatare che l’emissione verbale utilizzata per indicare un certo oggetto non trova corrispondenza nella sua lingua propria.

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Un esempio, sotto il profilo diacronico, di evoluzione linguistica può essere addotto con riferimento al mondo di common law, caratterizzato sin dall’epoca dei Tudor dalla lingua inglese.

Come è noto, non era stata questa sin dalle origini la lingua di veicolazione di questo modello, ma la lingua francese – il law french – introdotta dai Normanni e utilizzata nelle corti giudiziarie.

Nonostante uno Statute di Edoardo III del novembre 1362, redatto in francese e seguito da una traduzione, che introduceva l’uso dell’inglese nelle corti, con la finalità di dare soluzione ai problemi derivanti dalla cattiva comprensione del francese, il law french venne utilizzato sino al 1650, anno di pubblicazione di una serie di Reports del giudice Coke, scritti completamente in inglese.

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Relativamente alle traduzioni, può accadere che la risposta fornita dal traduttore, per indicare un termine non presente nella lingua di destinazione, resti confinata nell’espressione testuale, senza alcuna contaminazione con l’ambiente culturale in cui la parola è usata

Ciò fa comprendere le difficoltà di un dialogo fra due culture giuridiche (legal traditions), sostanzialmente diverse 

la presenza di un linguaggio condiviso è particolarmente importante per il comparatista nel percorso di ricerca e individuazione dei formanti, proprio perché può, soprattutto, consentirgli, di evitare interpretazioni errate e quelli che, in generale, sono stati indicati come “i pericoli della comparazione”.

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METODI E COMPARAZIONE GIURIDICA

Che cosa significa “metodo”? Il termine “metodo” deriva etimologicamente dal greco “μέθοδος” ed è composto dal prefisso μετά (dopo) e hodós (cammino) indica

•tanto un modo di procedere

•quanto una procedura razionale

•un complesso organico di regole alla base di una attività umana

•oppure un sistema di classificazione.

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Possiamo comunque indicare: una qualsiasi procedura che applica un ordine razionale o modelli sistematici a diversi oggetti (Buchler, 1961)

tecniche con cui comparare, le quali hanno «ormai acquisito lo status di metodi caratterizzati da una propria autonomia, possiamo distinguere comparazioni sul piano:

•storico•funzionale•evolutivo•strutturale •tematico•empirico•statistico•quantitativo

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SCELTE METODOLOGICHE Le scelte metodologiche che precedono un’analisi comparativa possono appartenere a due diverse tipologie, entrambe necessarie:

le alternative possono essere di carattere tecnico oppure teorico.

Le prime sono in stretta connessione con i materiali di studio che il ricercatore acquisisce nella fase iniziale della conoscenza comparativa.

Questi materiali sono, talvolta, di difficile dominio per la quantità e la facilità di acquisizione attraverso internet, le molteplici banche-dati, le comunicazioni che pervengono da comunità epistemiche

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Per quanto riguarda, gli approcci metodologici di carattere teorico, è frequente che il ricercatore inizi a pensarci dopo l’acquisizione dei materiali

quando una iniziale idea progettuale abbia iniziato a formarsi. In proposito questi materiali sono definiti come “biopsie giuridico culturali” (legal cultural biopsies) o “istantanee” (snapshots) degli ordinamenti giuridici (Husa)

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scelte metodologiche di carattere tecnico

indicazioni che hanno un carattere esemplificativo, anche se riguardano le principali opzioni utilizzate nelle analisi comparative.

Secondo una classificazione proposta da Jaakko Husa, le alternative a carattere tecnico sono le seguenti: a)micro/macro-comparazione; b) comparazione longitudinale/trasversale; c) comparazione bilaterale/ multilaterale; d) comparazione orizzontale/verticale; e) comparazione monoculturale/multiculturale

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a) micro e macro-comparazione

i concetti di “micro-comparazione” e “macro-comparazione” sono strettamente collegati alle diverse modalità di svolgimento di una indagine comparativa. Questa forma di classificazione non riguarda soltanto il diritto comparato, ma è presente, anche, nelle scienze economiche dove si distingue fra micro e macro-economia.  La “micro-comparazione” può essere utilizzata in ambiti molto vasti, in cui rientrano enunciati normativi, casi, soluzioni di problemi giuridici, precedenti giudiziari, istituti giuridici, etc.

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In buona sostanza, la maggior parte delle opere pubblicate che si auto-qualificano di “diritto comparato” hanno per oggetto temi micro-comparativi, in particolar modo in relazione al diritto privato, ma anche al diritto amministrativo e costituzionale.

Per quanto riguarda, invece, la “macro-comparazione”, la stessa si concentra sui sistemi giuridici e sulle loro caratteristiche fondamentali, sulle tradizioni giuridiche e culturali. Anche se il confine fra le due alternative di carattere tecnico è molto flessibile, un elemento che segna la differenza è sicuramente l’elevato livello di astrazione che caratterizza l’analisi comparativa, come accade, ad esempio, per la metodologia e le tecniche legislative o la costruzione di un sistema di fonti del diritto 

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Fra i principali oggetti di analisi macro-comparativa, le classificazioni degli ordinamenti in famiglie giuridiche hanno assunto particolare importanza per gli studiosi del diritto comparato, sin dalle prime formulazioni teoriche conseguenti alla ricerca di elementi permanenti (o invarianti) e delle loro reciproche relazioni.

Storia, cultura e tradizioni hanno consentito forme di aggregazione come accade per gli insiemi matematici.

Che cosa intendiamo per “famiglie giuridiche”?

L’idea di famiglia giuridica contiene «un’idea di rapporto storico fra i diversi sistemi giuridici», in particolar modo, del continente europeo (Husa).

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Dove nasce questa espressione?

Il giurista francese Adhémair Esmein (1848-1913) la utilizzò durante il Congresso di Parigi del 1900, dove propose una classificazione delle «législations ou coutumes de différents peuples» in cinque famiglie:

a) il gruppo latino; b) il gruppo germanico; c) il gruppo anglo-sassone; d) il gruppo slavo; e) il diritto musulmano, che Esmein considerava una proiezione europea sulla base normativa musulmana

Questa classificazione, come le successive, manca di un carattere omogeneo

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Il comparatista Georges Sauser-Hall (1844-1966) propone una classificazione nel 1913 (fondata sul concetto di razza, in cui si contrapponevano i diritti degli Ariani, dei Semiti, dei Mongoli e dei popoli barbari (Africani e Melanesiani).

La successiva classificazione di René David (1906-1990) ricomprendeva quattro famiglie: •romano-germanica, •diritto dei Paesi socialisti, •common law, •ordinamenti giuridici religiosi e tradizionali, come categoria residuale in cui sono ricompresi il diritto musulmano, il diritto dell’India, della Cina, del Giappone, dell’Africa e del Madagascar 

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Il modello proposto da David, studiato da generazioni di studenti, non era immune da difetti e, in particolar modo:

dava «luogo a confusione per quanto riguarda le zone grigie da una categoria all’altra. Secondariamente, i raggruppamenti operati appaiono […] imperfetti e incompleti, poiché furono interamente pensati sulla base del diritto privato, ignorando il diverso risultato ottenibile qualora fosse stato adottato come criterio ordinatore il diritto pubblico»

Anche il modello proposto da Konrad Zweigert e Hein Kötz non diverge sostanzialmente da quello di David, in cui le famiglie dominanti – la romano-germanica, quella di common law e di diritto socialista – sono centrali per delineare un modello.

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Le più recenti proposte di classificazione tengono in considerazione alcuni presupposti necessari:

•l’esistenza di ordinamenti giuridici misti•la quasi scomparsa del modello socialista•l’emergere di forme crescenti di pluralismo

•ma, soprattutto, hanno in comune una proiezione verso il necessario superamento dell’idea che gli ordinamenti e le famiglie giuridiche rappresentino «entità statiche e isolate» 

•Gli ordinamenti giuridici entrano, con sempre maggiore frequenza, in contatto con elementi esterni da cui sono contaminati

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Questo è accaduto per tutti i sistemi europei e in altre parti del mondo dove il diritto comune si combina con la legge religiosa o il diritto consuetudinario indigeno, come accade in Paesi come India e Pakistan 

tutte le forme di classificazione, tassonomie, raggruppamenti, devono essere considerate con molta prudenza, sia perché le stesse scontano la formazione culturale di chi le propone (prevalentemente etnocentrica), sia per il fatto che la rapida trasformazione generata da fenomeni di carattere globale rende tali classificazioni obsolete e relative 

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L’emergere di questi fenomeni e la circolazione dei valori delle diverse culture giuridiche, come la loro reciproca contaminazione, hanno messo in luce l’importanza delle tradizioni giuridiche come concetto di base su cui possono ruotare gli strumenti di classificazione,

Patrick Glenn ha distinto le tradizioni in: a)ctonia; b) talmudica; c) di civil law; d) islamica; e) di common law; f) hindu; g) asiatica 

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Pur nella convinzione fin qui espressa che le forme di classificazione scontino inevitabili difetti (e preconcetti) e, di conseguenza, siano inadeguate rispetto all’acquisizione di una compiuta prospettiva macro-comparativa, le stesse possono essere una base conoscitiva iniziale per lo studio di modelli dinamici e possono evidentemente coesistere.Le reciproche intersezioni possono riguardare sia fattori comuni a singoli ordinamenti, quanto intersezioni fra famiglie. Non è raro che, ad esempio sul piano metodologico funzionale, possano rinvenirsi fattori, istituti, soluzioni comuni anche se appartenenti a ordinamenti o a famiglie diverse

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il concetto di insieme intersezione può essere utile per meglio comprendere analogie e differenze

L’intersezione di differenti insiemi potrebbe graficamente rappresentare “una comune zona di impatto” in uno spazio giuridico a carattere globale.

Ciò, evidentemente, non esclude che uno o più sistemi giuridici possano non contenere (o contenere solo marginalmente) elementi comuni e, di conseguenza, gli insiemi presentano caratteristiche diverse, in opposizione alle classificazioni fin qui note.

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Il tempo e la comparazione

La seconda delle scelte metodologiche di natura tecnica riguarda la dimensione del tempo nella comparazione.

Si sono utilizzati i termini di “longitudinale” e “trasversale”, ma potremmo egualmente definire questo rapporto con il tempo, utilizzando l’espressione “comparazione sincronica” e “comparazione diacronica”.

La prima è riferita a una comparazione che si svolge fra sistemi giuridici nel tempo presente, mentre la seconda si sviluppa fra presente e passato, analizzando materiali che hanno validità giuridica attuale e materiali che hanno perduto questa forza.

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La seconda prospettiva può essere spiegata utilizzando l’esempio delle fibre riportato da Wittgenstein nelle Ricerche filosofiche

in cui egli afferma che un concetto cresce, come accade quando «nel tessere un filo, intrecciamo fibra con fibra. E la robustezza del filo non è data dal fatto che una fibra corre per tutta la sua lunghezza, ma dal sovrapporsi di molte fibre, una all’altra

«History involves comparison», osservava Maitland , e certamente la comparazione – e, in particolar modo, quella costituzionale – implica la conoscenza della storia

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Il comparatista guarda istintivamente con gli occhi di uno storico al di là di ogni forma di concettualizzazione o classificazione, con libertà e senza pregiudizi, sia che si tratti dello studio del diritto interno, come di quello straniero 

la comparazione si distingue dalla storia del diritto, anche se ciò non esclude la loro contiguità. Così come non si può conoscere del tutto un fatto storico senza porlo in relazione con altri, analogamente non si può comprendere realmente ciascun termine della comparazione senza conoscerne la storia, quando ciò risulti necessario per l’analisi comparativa. In questo ultimo caso, la connessione fra tempo e spazio del diritto appare ineludibile come «la parte con il tutto»

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Comparazione “bilaterale” vs. “multilaterale”

La comparazione presuppone che vi siano almeno due oggetti da prendere in considerazione: sistemi giuridici, regole, soluzioni, etc.

Si fa riferimento in questo caso al concetto di comparazione bilaterale, con cui si intende la comparazione fra due, o pochi, ordinamenti giuridici (c.d.“small-N” studies).

Come osserva Sujit Choudhry, attraverso questo approccio, che ha avuto origine dal saggio di John Stuart Mill, A System of Logic, del 1843, il ricercatore compara casi che hanno caratteristiche simili, oppure casi che possono essere riferibili a tutte le variabili osservate o alle possibili interpretazioni 

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Questo punto di vista – che presenta l’indubbio vantaggio di limitare la quantità di materiali da ricercare e studiare – è stato definito anche case-oriented o qualitativo

è frequentemente utilizzato nelle scienze sociali per lo studio di casi multipli, quantitativamente limitati, per esplorare gli effetti causali di variabili specifiche, comparando le relazioni fra variabili dipendenti e indipendenti.

Un esempio di questo approccio di natura tecnica può essere rinvenuto anche in prospettiva diacronica, ad esempio, nello studio dell’impatto di riforme costituzionali o dell’introduzione del judicial review in Paesi di nuova democrazia dopo un certo avvenimento storico 

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Nella comparazione multilaterale – o variable-oriented study ( o ancora “large-N” studies),– la ricerca investe, invece, un numero elevato di ordinamenti giuridici.

Comparazione “orizzontale” vs. “verticale”

Per comparazione “orizzontale” si intende generalmente una analisi comparativa fra sistemi giuridici che si trovano al medesimo livello.

La comparazione classica è stata sovente caratterizzata da un confronto in prevalenza orizzontale fra singoli ordinamenti, famiglie di ordinamenti statali, regole o singoli istituti.

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Questo tipo di comparazione, talvolta, trascura l’esistenza di regimi regolatori a livello internazionale, l’imposizione da parte di soggetti ultra-statali di regole globali

come anche di principi e valori che incidono sugli ordinamenti domestici o che da questi potrebbero trarre matrici o fattori di sviluppo in ambito sovra o trans-nazionale.

È, senza dubbio, l’approccio più consueto fra i comparatisti che, tuttavia, può risultare inadeguato in presenza di sistemi giuridici che appartengono, sul piano qualitativo, a diversi livelli o della contemporanea presenza, in uno spazio giuridico transnazionale, di soggetti, sia pubblici che privati, i quali assumono decisioni che vanno ad incidere su un livello più o meno elevato

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in una prospettiva che sempre più è caratterizzata da fenomeni globali che investono il diritto.

In questa ipotesi, si fa riferimento alla c.d. comparazione “verticale”.

La comparazione verticale può essere affrontata da due diversi piani di analisi.

In primo luogo, partendo dall’alto verso il basso (top-down), ad esempio, nel contesto di internazionalizzazione di norme e regole degli ordinamenti nazionali, in cui il diritto dei singoli Stati incorpora concetti giuridici e istituti provenienti da un livello ordinamentale superiore 

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In una seconda accezione prospettica, dal basso verso l’alto (bottom-up), può ritenersi che la comparazione verticale abbia come finalità la trasposizione di regole, norme e concetti giuridici dal livello nazionale a quello internazionale 

Comparazione “intraculturale” e “interculturale”

Il dibattito sul metodo può assumere sfaccettature diverse quando lo studioso superi le frontiere della propria cultura giuridica, confrontandosi con forme di pensiero e ragionamento derivanti da scuole e tradizioni del diritto profondamente diverse.

Guardiamo allo studio del diritto da una prospettiva più ampia, sia dal punto di vista geopolitico che da quello storico

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ci si accorge, in particolar modo attraverso l’uso della comparazione, che la dimensione etnocentrica non appare più sufficiente agli sviluppi della comparazione stessa per il gran numero di fonti eterogenee che tendono ad occupare il medesimo spazio giuridico.

All’interno di una tradizione culturale possono, infatti, coesistere ordinamenti diversi, come anche forme e visioni del pluralismo (non solo) giuridico che interagiscono fra loro.

Di conseguenza, possono configurarsi diverse forme di pluralismo giuridico

In tale prospettiva, le scelte metodologiche sono condizionate anche dal sostrato culturale che caratterizza gli ordinamenti giuridici da comparare 

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SCELTE METODOLOGICHE DI CARATTERE TEORICO

Accanto alle scelte metodologiche di carattere pratico, la comparazione si avvale di opzioni di carattere teoretico

La scelta di queste opzioni è successiva all’idea iniziale del ricercatore, che, attraverso il procedimento comparativo e la definizione della research question

proverà a ricostruire l’oggetto di analisi

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Le alternative teoriche della comparazione sono:•a) la comparazione funzionale; •b) la comparazione strutturale; •c) la comparazione sistemica; •d) la comparazione critica.

LA COMPARAZIONE FUNZIONALE

Il diritto comparato ha, fra i suoi obiettivi, la soluzione di problemi di comparabilità con un approccio che tende a valorizzare l’aspetto profondo del diritto.

In particolare, la comparazione funzionale ha per oggetto l’equivalenza di fenomeni, che, pur avendo una medesima funzione, sono strutturalmente diversi

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Che cos’è una funzione?

Il termine “funzione” deriva dal latino “functio” e indica, in generale, l’adempimento di un compito e si ricollega con l’astratta prefigurazione della competenza per lo svolgimento di una determinata attività 

Il concetto di “funzione” si caratterizza per essere vago, implicando significati diversi a seconda della scienza cui si riferisce.

Può essere, ad esempio, particolarmente preciso, come accade per la sociologia del diritto e anche per il diritto comparato.

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Nella nozione di funzione (come anche di “disfunzione”) sono impliciti profili concettuali di ordine logico e metodologico che consentono di individuare il ruolo strumentale che una regola o un istituto svolge all’interno del sistema giuridico in cui nasce, come anche di un’azione nel conseguimento di uno scopo determinato.

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Qual è il significato di “funzionalismo”?

Con l’espressione “funzionalismo” si indica, in genere, nelle scienze umane,

la «tendenza a dare importanza alla funzione più che alla struttura di ciò che si considera, a vedere un problema sotto l’aspetto della funzionalità, ad anteporre nell’oggetto di studio il momento della prestazione o dell’azione ai caratteri formali, costruttivi e strutturali» 

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Con riferimento al diritto – e, segnatamente, al diritto comparato – il funzionalismo può essere diversamente classificato.

Il diverso atteggiarsi della teoria funzionale consente di mettere in luce come scienze diverse dal diritto comparato – e, in particolar modo, la sociologia e l’antropologia – siano presenti nelle riflessioni dei giuristi su comuni temi metodologici.

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CRITICHE

Il funzionalismo di tipo classico si caratterizzava per la ricerca di somiglianze e convergenze, a differenza di un più recente orientamento neo-funzionalista tendente alla ricerca di somiglianze e differenze e, in una versione post-moderna, si concentra piuttosto su dissimilarità e divergenze 

Nonostante alcuni importanti comparatisti sostengano che il funzionalismo sia “esausto” e che siano necessari nuovi approcci metodologici

altri studiosi ripropongono l’utilizzo, in chiave post-moderna, di una “versione moderata” 

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Se prendiamo, ad esempio, il diritto costituzionale

i metodi utilizzati per la comparazione giuridica sono, in parte, gli stessi di altre discipline.

Come osserva Vicki Jackson, «[l]e categorie metodologiche hanno una notevole sovrapposizione e una singola opera può includere esempi di diverse metodologie, come, ad esempio, il lavoro di classificazione e l’analisi funzionale» 

L’uso del metodo funzionale per la macro-comparazione è, tuttavia, poco fruttuoso laddove si mettano a confronto famiglie o culture giuridiche

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I risultati che il comparatista raggiunge metteranno in luce la bontà del metodo o dei metodi scelti e la eventuale prescrittività dei risultati ottenuti.

In ogni caso, il metodo funzionale non esclude la presenza simultanea di altri metodi 

il funzionalismo rappresenta un metodo ragionevolmente flessibile per consentire al ricercatore risultati brillanti, anche se non è sempre facile definire quale funzione svolga un istituto giuridico o una regola in due diversi ordinamenti

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Qual è il significato di strutturalismo?

Lo “strutturalismo” costituisce una teoria e una metodologia affermatesi in varie scienze dal primo Novecento, sul presupposto che ogni oggetto di studio

costituisce una “struttura”, cioè «un insieme organico i cui elementi non hanno valore funzionale autonomo ma lo assumono nelle relazioni oppositive e distintive di ciascun elemento rispetto a tutti gli altri dell’insieme» 

Lo “structural comparativism” ha per oggetto l’analisi delle struttura e delle relazioni fra le diverse componenti degli istituti giuridici

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Che cosa sono i “formanti legali”?

Qual è l’origine di questa parola?

L’espressione “formanti”, utilizzata nella fonetica per qualificare lo spettro acustico di un suono vocalico, corrisponde a un concetto giuridico da tempo conosciuto nel diritto comparato, con cui si suole indicare l’insieme di regole di diritto e proposizioni che sono alla base della soluzione di un problema o della disciplina di un istituto o di un fenomeno giuridico, in un ordinamento dato e in un determinato momento storico 

La teoria dei formanti ha avuto ampia diffusione fra i comparatisti, circolando nelle aree di common law, soprattutto per merito della traduzione in inglese dello studio di riferimento  di Rodolfo Sacco (1974).

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Anche se conosciamo soltanto alcune delle componenti di un ordinamento giuridico

quelle che, nel lessico del giurista, sono definite “i formanti principali”, come la legge, la giurisprudenza e la dottrina le stesse possono essere un numero indefinito, e di esse si potrà parlare in connessione con qualche loro proprietà definita, che il comparatista ha il compito di scoprire, anche attraverso l’ausilio di altre scienze, come la storia, la scienza politica, la sociologia del diritto, la filosofia.

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Sul valore da attribuirsi ai singoli formanti (F, F¹, F², F³, etc.), la dottrina tende a una diversa valutazione a seconda che si tratti del diritto privato o del diritto pubblico.

Per quanto riguarda la dottrina privatistica, la tesi predominante è che tutti i formanti abbiano pari importanza (F=F¹=F²=F³) e che spetti al comparatista l’accertamento attraverso una metodologia scientifica della validità dei formanti, per i quali egli non dovrebbe nutrire alcun tipo di preferenza, tanto nella interezza del formante, quanto negli elementi che trova all’interno di un formante dato

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Con riferimento, invece, alla dottrina giuspubblicistica, è stato osservato che ogni componente del sistema giuridico non è sullo stesso piano di un altro (F≠ F¹, F¹≠ F²)

con la conseguenza che uno di essi viene elevato «a categoria della comparazione», finendo col prevalere (F>F¹, F¹>F²) 

Tuttavia, non è possibile individuare all’interno di un sistema giuridico un criterio che consenta di stabilire qual è la posizione reciproca dei formanti, e, dunque, le ragioni della prevalenza

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Con riferimento, invece, alla dottrina giuspubblicistica, è stato osservato che

ogni componente del sistema giuridico non è sullo stesso piano di un altro (F≠ F¹, F¹≠ F²)

con la conseguenza che uno di essi viene elevato «a categoria della comparazione», finendo col prevalere (F>F¹, F¹>F²)

Tuttavia, non è possibile individuare all’interno di un sistema giuridico un criterio che consenta di stabilire qual è la posizione reciproca dei formanti, la loro «coerenza di opposizione» e, dunque, le ragioni della prevalenza.

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Il concetto di “opposizione” richiama un altro concetto utilizzato dalla scienza costituzionalistica in relazione allo studio delle fonti, che è quello di “antinomia”, con cui si esprime un contrasto, una opposizione reciproca, fra fonti giuridiche in ordine alla loro applicabilità.

Ad esempio, se un determinato istituto è disciplinato tanto da una norma di diritto interno, quanto da una regola giuridica proveniente dal diritto dell’Unione europea ed efficace nell’ordinamento interno – un regolamento oppure una direttiva “autoapplicativa” o recepita con atto del parlamento –, è necessario stabilire quale dei due diversi formanti normativi sia prevalente, per risolvere un’antinomia che è soltanto apparente.

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La teoria c.d. degli “elementi determinanti”, elaborata da Constantinesco, distingue all’interno di un ordinamento giuridico «un ordine che non è egualitario e orizzontale, ma gerarchico e verticale» ed è determinato, direttamente o indirettamente, da un sistema di valori, che è alla base di ogni ordinamento giuridico.

La percezione di questo assetto può essere nitida o confusa, ma deve consentire la definizione di quelle parti dell’ordinamento che ne costituiscono la struttura fondamentale, appunto gli “elementi determinanti”, che rendono ogni modello unico.

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Quali sono i principali formanti legali?

Una prima classificazione dei formanti è quella fra formanti verbalizzati e non verbalizzati. I primi sono generalmente riconoscibili dal ricercatore quando definisce un obiettivo per le sue indagini. L’individuazione di questi formanti non pone nella fase iniziale della ricerca problemi di attribuzione di prevalenza alle diverse componenti oggetto di analisi, dovendosi rinviare a una fase successiva un approccio cognitivo da parte del ricercatore stesso.

Analizziamo preliminarmente i principali formanti (giurisprudenziale, legale, dottrinale) rinvenibili immediatamente fra quelli verbalizzati e generalmente noti.

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La ricerca di regole e proposizioni all’interno degli ordinamenti ci consente di comprendere come oggi sia inattuale l’idea che per comprendere un determinato fenomeno giuridico sia sufficiente l’occhio esperto del giurista su una norma costituzionale o legislativa.

il riconoscimento in un testo costituzionale della libertà di informazione – in un paese in cui è da poco tempo in vigore una nuova costituzione, una diversa forma di stato o vi sia un periodo di transizione costituzionale – non implica necessariamente che vi sia corrispondenza fra i principi e il funzionamento in concreto delle regole c.d. operazionali.

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I precedenti giurisprudenziali assumono, come formanti, particolare rilevanza tanto negli ordinamenti di civil law, quanto in quelli di common law.

In particolar modo, le sentenze dei giudici rappresentano per il comparatista un modo di confrontarsi con l’effettività, con le regole operative effettivamente utilizzate all’interno di un sistema giuridico.

La ricerca della giurisprudenza costituisce un necessario approccio per l’analisi comparatistica, anche se i materiali giurisprudenziali devono necessariamente essere posti in relazione con le altre componenti dell’ordinamento oggetto di studio, sia note che non note.

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Restando all’interno del formante giurisprudenziale, non sfugge, a chi debba accingersi a un’elementare analisi comparativa, come esso si atteggi diversamente a seconda che l’ordinamento sia basato sul precedente o sulla fonte legale, sia per il valore come fonte del precedente, sia per il carattere vincolante della decisione 

Nelle sentenze è possibile distinguere fra la regola effettivamente seguita dal giudice – che potrebbe essere non verbalizzata o “silenziosa” () – e la regola di diritto enunciata per motivare la decisione: nel primo caso, è stata utilizzata l’espressione “materiali psicologici”, mentre nel secondo quella di “materiali di decisione” (). La motivazione è dotata di autonomia rispetto alla proposizione giuridica espressa nella massima giudiziaria e, inoltre, anche le proposizioni giuridiche contenute nelle costituiscono delle componenti dell’ordinamento in cui sono inserite.