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Autorità di Bacino Regionale – REGIONE CALABRIA POR Calabria 2000-2006 Asse 1 – Risorse naturali Misura 1.4 - Sistemi insediativi Azione 1.4.c – Azioni di studio, programmazione, sperimentazione, monitoraggio, valutazione e informazione finalizzati alla predisposizione e gestione di politiche integrate d’intervento di difesa del suolo Studio e sperimentazione di metodologie e tecniche per la mitigazione del rischio idrogeologico Lotto 01 Sviluppo e applicazione di metodi per la valutazione della pericolosità dei fenomeni di dissesto dei versanti Responsabile scientifico: Giovanni Gullà Relazione Finale Omogeneità geologica e climatica per frane a rischio elevato o molto elevato [RF0c] L. Borrelli, T. Caloiero, R. Coscarelli, S. Critelli, R. Greco, G. Gullà, P.G. Nicoletti, A.A. Pasqua, F. Perri, O. Petrucci, M. Sorriso-Valvo Soggetto Proponente Coordinatore : CNR-IRPI Soggetti Associati : CNR-ISAC, Università della Calabria-Dipartimento di Difesa del Suolo-Dipartimento di Scienze della Terra, Università Roma 3-Dipartimento di Scienze Geologiche CNR-IRPI CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica Novembre 2010

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Autorità di Bacino Regionale – REGIONE CALABRIA

POR Calabria 2000-2006

Asse 1 – Risorse naturali Misura 1.4 - Sistemi insediativi

Azione 1.4.c – Azioni di studio, programmazione, sperimentazione, monitoraggio, valutazione e informazione finalizzati alla predisposizione e gestione di politiche integrate d’intervento di difesa del suolo

Studio e sperimentazione di metodologie e tecniche per la mitigazione del rischio idrogeologico

Lotto 01 Sviluppo e applicazione di metodi per la valutazione della

pericolosità dei fenomeni di dissesto dei versanti Responsabile scientifico: Giovanni Gullà

Relazione Finale

Omogeneità geologica e climatica per frane a rischio elevato o molto elevato

[RF0c] L. Borrelli, T. Caloiero, R. Coscarelli, S. Critelli, R. Greco, G. Gullà, P.G. Nicoletti,

A.A. Pasqua, F. Perri, O. Petrucci, M. Sorriso-Valvo

Soggetto Proponente Coordinatore: CNR-IRPI Soggetti Associati: CNR-ISAC, Università della Calabria-Dipartimento di Difesa del Suolo-Dipartimento di Scienze della Terra, Università Roma 3-Dipartimento di Scienze Geologiche

CNR-IRPI CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE

Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica Novembre 2010

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Autorità di Bacino Regionale – REGIONE CALABRIA

POR Calabria 2000-2006

Asse 1 – Risorse naturali Misura 1.4 - Sistemi insediativi

Azione 1.4.c – Azioni di studio, programmazione, sperimentazione, monitoraggio, valutazione e informazione finalizzati alla predisposizione e gestione di politiche integrate d’intervento di difesa del suolo

Studio e sperimentazione di metodologie e tecniche per la mitigazione del rischio idrogeologico

Lotto 01 Sviluppo e applicazione di metodi per la valutazione della pericolosità

dei fenomeni di dissesto dei versanti

Responsabile scientifico: Giovanni Gullà

Relazione Finale

Omogeneità geologica e climatica per frane a rischio elevato o molto elevato

[RF0c] Luigi Borrelli, Tommaso Caloiero, Roberto Coscarelli, Salvatore Critelli, Roberto Greco,

Giovanni Gullà, Pier Giorgio Nicoletti, Aurora Angela Pasqua, Francesco Perri, Olga Petrucci, Marino Sorriso-Valvo

Soggetto Proponente Coordinatore: CNR-IRPI Soggetti Associati: CNR-ISAC, Università della Calabria-Dipartimento di Difesa del Suolo-Dipartimento di Scienze della Terra, Università Roma 3-Dipartimento di Scienze Geologiche GRUPPO DI LAVORO: Giovanni Gullà (Responsabile scientifico), Loredana Antronico, Michele Brunetti, Roberto Coscarelli, Salvatore Critelli, Francesco Dramis, Giulio Iovine, Massimo Mattei, Paola Molin, Francesco Muto, Teresa Nanni, Olga Petrucci, Gaetano Robustelli, Marino Sorriso-Valvo, Pasquale Versace COLLABORATORI: Luigi Aceto, Luigi Borrelli, Tommaso Caloiero, Giovanna Capparelli, Giandomenico Fubelli, Gabriele Leoni, Roberto Greco, Sarah Carmen Maiorano, Pier Giorgio Nicoletti, Aurora Angela Pasqua, Francesco Perri, Claudia Simolo, Vincenzo Tripodi SUPPORTO TECNICO:

Duilio D’Onofrio, Salvatore Guardia, Claudio Reali, Enzo Valente

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Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica Novembre 2010

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Sviluppo e applicazione di metodi per la valutazione della pericolosità dei fenomeni di dissesto dei versanti POR Calabria 2000-2006 – Misura 1.4 Sistemi Insediativi LOTTO 01_RELAZIONE finale 0c – Omogeneità Geologica e Climatica

4 Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica – Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima, Università della Calabria - Dipartimento di Difesa del Suolo - Dipartimento di Scienze della Terra, Università Roma 3 - Dipartimento di Scienze Geologiche

INDICE 1. INTRODUZIONE 2. CONTESTI GEOLOGICI OMOGENEI PER LA VALUTAZIONE DELLA PERICOLOSITÀ DA FRANA

2.1. Ambiti morfo-tettonici omogenei (Sorriso-Valvo M.) 2.2. Contesti litologici omogenei (Sorriso-Valvo M., Borrelli L., Greco R., Gullà G.) 2.3. Caratteri mineralogico-petrografici in contesti geologici omogenei (Critelli S., Perri F.)

Bibliografia 3. SULL’ OMOGENEIZZAZIONE DELL’INFORMAZIONE CIRCA LA FRANOSITA’ SISMOINDOTTA: DATI, CONSIDERAZIONI E PROBLEMI (Greco R., Nicoletti P.G., Gullà G.) Bibliografia 4. OMOGENEITÀ CLIMATICA E POSSIBILI TREND (Coscarelli R., Caloiero T., Gullà G.) 5. ZONE OMOGENEE PER DENSITÀ DI SEGNALAZIONI DI FRANA (Petrucci O., Borrelli L., Pasqua A.A., Gullà G.) 6. CONCLUSIONI 7. Bibliografia 8. APPENDICE 1

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5 Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica – Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima, Università della Calabria - Dipartimento di Difesa del Suolo - Dipartimento di Scienze della Terra, Università Roma 3 - Dipartimento di Scienze Geologiche

1. INTRODUZIONE

Il LOTTO 1 - POR Calabria 2000-2006 (di seguito LOTTO 1) si pone come obiettivo lo “Sviluppo e

applicazione di metodi per la valutazione della pericolosità dei fenomeni di dissesto dei versanti”, attraverso

l’approfondimento delle metodologie utilizzate fino ad oggi per la valutazione della suscettibilità, della

pericolosità e del rischio da frana (di seguito “metodologie di valutazione”), sia su area vasta (scala

territoriale) sia relativamente al singolo versante (scale del versante).

Uno dei punti di forza assunti per lo sviluppo del LOTTO 1 è la determinazione di sinergia tra i due approcci

previsti, sicuramente diversi ma sicuramente da integrare quanto più rapidamente possibile.

Una cornice efficace di raccordo tra lo studio su area vasta e lo studio alla scala del versante è fornita

dall’individuazione di contesti caratterizzati da elementi di omogeneità.

Al fine di delineare un percorso metodologico, e con l’obiettivo di fornire un primo gruppo di concreti

riferimenti, nella presente relazione RF0c sono trattati ed indicati elementi di omogeneità relativi ad aspetti

geologici e climatici.

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6 Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica – Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima, Università della Calabria - Dipartimento di Difesa del Suolo - Dipartimento di Scienze della Terra, Università Roma 3 - Dipartimento di Scienze Geologiche

2. CONTESTI GEOLOGICI OMOGENEI PER LA VALUTAZIONE DELLA PERICOLOSITÀ DA FRANA

2.1. Ambiti morfo-tettonici omogenei

(M. Sorriso-Valvo)

La definizione dei diversi ambiti geologici e morfologici della Calabria caratterizzati da diversa energia del

rilievo, assetto geostrutturale e ambito geomorfologico, è stata effettuata preliminarmente sulla base delle

conoscenze specifiche che il gruppo di ricerca possiede grazie alla multidecennale esperienza di lavoro sul

territorio calabrese.

Le geologia della Calabria (AMODIO-MORELLI et al. 1969), includendo in essa la tettonica, è estremamente

complicata e conferisce alla regione una rilevante variabilità paesaggistica e ambientale in senso lato. Essa

è il principale fattore di controllo dell’intensità e della distribuzione dei fenomeni di dissesto perché,

direttamente o indirettamente, controlla o influenza altri importanti elementi che a loro volta influenzano

la franosità, come la morfologia e il clima.

In base a ciò, a scala regionale sono riconoscibili undici Ambiti geologico-geomorfologici omogenei. Dato

che la geomorfologia della Calabria è essenzialmente determinata dall’assetto tettono-strutturale e dalla

litologia, tali Ambiti sono essenzialmente lito-morfo-strutturali.

Gli Ambiti individuati sono:

1 - Gruppo del M. Pollino-Orsomarso

2 - Alto ionio cosentino

3 - Catena Costiera Tirrenica (Da Sangineto al F. Savuto) e Sila Piccola meridionale (da M. Reventino a

Gimigliano)

4 - Valle del Crati

5 - Sila

6 - Bacino Crotonese e fasce pedemontane joniche

7 - Stretta di Catanzaro (parte sedimentaria)

8 - M. Poro

9 - Valle del Mesima-Piana di Gioia T.

10 - Serre e Aspromonte;

11 –Pianure costiere

Tali Ambiti sono presentati nella Fig. 2.1-1 e descritti nel seguito.

1 – Ambito del Gruppo del M. Pollino-Orsomarso

Il Gruppo del M. Pollino costituito dai rilievi della catena M. La Spina-M. Rossino-M. Velatro-M. Vernita-

Coppola di Paola-Serra del Prete-M- Pollino- Serra del Dolcedorme-Manfriana-Timpa di S. Lorenzo, in gran

parte compresa nel territorio della Lucania, e dal rilievo isolato del M. Sellaro all’estremità sud-est. Include

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verso l’estremità nord-ovest l’ampia depressione del Bacino di Rotonda, idrograficamente parte del bacino

del F. Lao. L’Ambito è delimitato a sud-ovest da una struttura che costituisce un unico elemento tettonico

di rilevanza regionale, noto in letteratura come Linea del Pollino. Questa linea viene interrotta dalla

struttura normale, diretta NE-SW con immersione SE, che si estende da Francavilla Marittima a Trebisacce.

Il gruppo si estende verso sud includendo i rilievi M. Palanuda. M. Caramolo-Cozzo del Pellegrino-La Mula-

Montea, il cui limite meridionale è determinato dall’antica linea tettonica di Sangineto, che dalla costa

tirrenica si estende fino nei pressi di Castrovillari e costituisce il confine con l’Ambito della Catena Costiera-

M. Reventino-Gimigliano a sud, e con l’Ambito della Valle del Crati-Piana di Sibari a sud-est Ad ovest,

l’Ambito confina con la costa tirrenica, lungo la quale forma un esteso fronte montano interrotto solo

dall’ampia pianura del F. Lao e del T. Abatemarco.

Dal punto di vista geologico, dominano i terreni carbonatici delle Unità Panormidi di Ogniben (1969), che

giacciono con rapporti stratigrafici complicati dalla tettonica quaternaria e pre-quaternaria, generalmente

sovrapposti alle unità metamorfiche di basso o bassissimo grado del complesso liguride (Monaco et al.,

1994). Verso est, le unità carbonatiche presentano rapporti stratigrafici altrettanto complessi con i flysch

miocenici, la cui giacitura originaria è di sovrapposizione alle unità carbonatiche.

Dal punto di vista tettonico, questo Ambito è caratterizzato dalla presenza di faglie normal-trascorrenti

sinistre subverticali con direzioni intorno a N 120-130°, attive fino al Pleistocene medio (Monaco & Tansi,

1992). Queste faglie delimitano e sollevano i terreni carbonatici mesozoici che formano i rilievi del gruppo

del Pollino. Questi rilievi dominano le aree collinari dell’Alto Ionio cosentino e la bassa valle del Crati.

Relativamente a questo Ambito, il tasso di sollevamento negli ultimi 0,7 MA è di circa 1 mm/a (Westaway,

1993), per i blocchi maggiormente sollevati. E’ inoltre da notare che in quest'area è testimoniata attività

sismica storica rilevante solo nel settore orientale, mentre non si hanno notizie circa l'area del M. Pollino,

anche se studi recenti hanno rilevato evidenze di attività tettonica storica nelle conoidi del M. Pollino

(Ferreri et al., 1994).

Il paesaggio di questo Ambito è quello tipico della catena degli Appennini, con rilievi rocciosi,

prevalentemente carbonatici, aspri e scoscesi sebbene mai alti molto oltre i 2000 m, con alte pareti alla cui

base si trovano spesse coltri detritiche. Questi rilievi sono intervallati da più o meno ampie zone a

morfologia dolce o pianeggiante, costituite dagli affioramenti di rocce tenere o da depressioni carsiche,

tettonocarsiche e tettoniche, contenenti depositi sedimentari neogenici che nel caso delle depressioni

tettoniche possono raggiungere diverse centinaia di metri di spessore (circa 600 m nel Bacino di Rotonda).

Scorrimenti profondi e superficiali interessano soprattutto i terreni metamorfici e i flysch, mentre crolli e

colate detritiche interessano le pareti carbonatiche dove la roccia è intensamente fratturata; spandimenti

laterali e scorrimenti in blocco, talora di grandi dimensioni, si sviluppano dove l’assetto tettonostratigrafico

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Sviluppo e applicazione di metodi per la valutazione della pericolosità dei fenomeni di dissesto dei versanti POR Calabria 2000-2006 – Misura 1.4 Sistemi Insediativi LOTTO 01_RELAZIONE finale 0c – Omogeneità Geologica e Climatica

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ne facilita lo sviluppo (Sorriso-Valvo e Tansi, 1996). Le ampie conoidi detritiche che si trovano alla base delle

pareti calcaree (molto sviluppate quelle alla base della parete sud della catena Serra del Prete-Pollino-

Dolcedorme) non sono più attive, se non in minima parte. Su queste conoidi non sono più evidenti le

colate, mentre il fenomeno che ancora è attivo, ma non frequente, è il distacco, crollo e rotolio di blocchi.

2 – Ambito dell’alto Ionio cosentino

Questo Ambito non è molto esteso, ma presenta caratteristiche molto peculiari che lo rendono di grande

interesse scientifico ma, al tempo, estremamente problematico ai fini della gestione del territorio, per la

diffusissima presenza di fenomeni franosi.

L’Ambito è delimitato a sud dal contatto, in parte guidato dal rilievo determinato da una linea tettonica

che, con direzione SO-NE si estende da Francavilla Marittima a Trebisacce sollevando il blocco di NO, tra i

flysch che dominano nell’Ambito e le alluvioni recenti e attuali del T. Raganello, del T. Satanasso e del T.

Plataci, incluse nell’Ambito Valle del Crati-Piana di Sibari. Il motivo di questa situazione è da ascrivere

essenzialmente alla nettissima predominanza di formazioni tipo flysch (Flysch di Albidona, Argille Varicolori,

ecc.). Sovrascorrimenti di rilevanza regionale, con direzione NO-SE, caratterizzano l'entroterra dell'Alto

Ionio cosentino. Essi sono più antichi delle strutture distensive o trascorrenti-distensive prevalentemente

orientata N-S, ma tuttavia influenzano la morfologia di secondo ordine determinando ampie gradinate,

molto degradate, le cui alzate corrispondono con i fronti di sovrascorrimento.

Il paesaggio è desolato e dolce, salvo le rupi di Oriolo e Castroregio, localmente accidentato come i rilievi di

Nocara e Montegiordano. Qualunque opera, sia costruttiva che agricola, è resa precaria dalla diffusione dei

fenomeni franosi, in prevalenza rappresentati da fenomeni complessi di scorrimento-colata di terra.

Studi condotti in alcuni bacini di questa zona, hanno dato i seguenti risultati riguardanti i caratteri essenziali

della morfologia dei versanti e dei fenomeni franosi:

Pendenza media dei versanti in genere: 16,4°; dei versanti su flysch, 16,8°, su Argille Varicolori, 15,2°, su

complesso marnoso-sabbioso 20,5°.

Franosità: versanti su flysch 72%; su Argille Varicolori 76%; su complesso marnoso-sabbioso 36% (Carrara et

al., 1982).

Tale franosità rende quest’area marginale dal punto di vista socio-economico. La componente litoide di

queste formazioni dà origine, con i movimenti in massa, a detrito grossolano che forma i letti dei torrenti

che assumono la forma di fiumare, la più rappresentativa dei quali è il F. Ferro.

3 – Ambito della Catena Costiera Tirrenica e della Sila Piccola Meridionale.

Questo Ambito comprende la Catena Costiera tirrenica dalla linea di Sangineto (lungo l’omonimo torrente)

fino alla valle del F. Savuto F. Savuto, e Sila Piccola meridionale da M. Reventino a Gimigliano. La Catena

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Costiera è delimitata a ovest dal lungo fronte montano tirrenico (Sorriso-Valvo & Syilvester, 1993) diretto

N-S, che la separa da una stretta pianura costiera. Il fronte montano è opposto alla fossa oceanica del

Bacino di Paola ed è delimitato da faglie normali; in questa zona, tuttavia, sono state individuate almeno

quattro set di faglie normali e normali con componente di trascorrenza (Sorriso-Valvo & Sylvester, 1993),

con successive riprese del movimento lungo le strutture con direzione NO-SE. In questa zona, datazioni

assolute condotte con vari metodi hanno permesso di determinare velocità di sollevamento intorno ad 1

mm/a (Sorriso-Valvo, 1993). A est, il limite della catena è costituito dal sistema di faglie dirette circa N-S che

separa i terreni cristallini della Catena dai sedimenti neogenici della Valle del Crati. Queste faglie

costituiscono una linea articolata con rigetti fino a oltre 200 m; sono normali con debole componente di

trascorrenza destra (Tortorici et al., 1995) individuata sulla base di elementi morfostrutturali e dell’analisi

strutturale di dettaglio. La Catena è un lungo e stretto horst che costituisce i rilievi montuosi, in cui

affiorano i terreni della catena alpina costituita da complessi alloctoni di derivazione oceanica, da complessi

alloctoni di derivazione continentale, e da affioramenti in finestra tettonica delle unità carbonatiche della

catena appenninica. I complessi oceanici sono rappresentati soprattutto edifici alloctoni composti da

metamorfiti di basso-medio grado (filladi, filladi carbonatiche) e terreni carbonatico-silicei, associati a meta

vulcaniti basiche (rocce verdi) e radiolariti; questi edifici sono pervasi da numerose strutture di

compressione che ne determinano un rilevante ispessimento rispetto alla potenza originaria. I terreni

alloctoni continentali sono rappresentati da gneiss, gneiss granatiferi , granodioriti, con alla base livelli

filladici. I terreni appenninici sono rappresentati essenzialmente da calcari e dolomie che “perforano” la

coltre alloctona continentale formando i rilievi di M. Cuono, M. Cocuzzo e M. Scudiero. Piccole finestre

tettoniche in depressione si trovano a nord, in prossimità della linea di Sangineto, e a sud, tra Amantea e

Sambiase. Localmente, più diffusamente nel settore meridionale, i terreni cristallini sono ricoperti dai

depositi miocenici e pliocenici (conglomerati, calcari evaporitici e gessi, arenarie, argille e marne). Lungo il

margine occidentale, immediatamente a sud di Rende, la Catena Costiera si espande verso ovest. Da qui

fino all’allineamento Piano Lago-Valle del Savuto, dove si pone il limite geografico Catena Costiera-Sila, il

sistema horst-graben è caratterizzato da faglie che tendono a discostarsi dalla direzione media N-S e ad

assumere un trend N 30-40°.

L’adiacente tratto della Sila Piccola meridionale, di forma triangolare molto allungata verso SE con vertice a

Gimigliano-Catanzaro, è delimitato a ovest dal F. Savuto e dal rilievo di M. Reventino, a nord-est

dall’allineamento Soveria Mannelli-Gimigliano, parallelo alla depressione tettonica di Decollatura, al vertice

est da Catanzaro, a sud-est dalla grande scarpata tettonica degradata di Sambiase-Nicastro-Catanzaro. La

depressione di Decollatura è un esempio di deciso controllo strutturale del drenaggio. Si tratta dell’alta

valle del T. Corace; una struttura tipo graben, con direzione NO-SE, controlla l’idrografia locale ed ha

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consentito, in età quaternaria, il formarsi di un lago intermontano testimoniato da depositi lacustri relitti.

Questa struttura è circa parallela alla linea Sambiase-Nicastro-Catanzaro.

In questa parte dell’Ambito affiorano gli stessi terreni della Catena Costiera, ma le direttrici tettoniche

principali hanno direzione N120° circa. Il confine con l’Ambito della Sila non è netto. Tuttavia può essere

individuato sulla base della dinamica attuale della morfogenesi, più attivo nel settore in questione che in

questa parte della Sila Piccola.

I fenomeni di dissesto che caratterizzano questo Ambito sono soprattutto le deformazioni gravitative

profonde di versante (dgpv) e le grandi frane, sebbene frequenti siano anche le frane di dimensioni

normali. La tipologia di movimento è varia, con i Sackung (Varnes, 1978) predominanti tra le dgpv che

interessano soprattutto i terreni metamorfici di basso grado.

Le colate detritiche sono presenti soprattutto in zone di affioramento dei terreni metamorfici di basso

grado. In molti casi esse hanno dato origine a sistemi frana-conoide (Sorriso-Valvo, 1988) importanti per

dimensione, come quello attivo del Vallone Pizzotto (Lago), o quelli quiescenti delle Terme di Guardia

Piemontese e di Aiello Calabro. Pure numerose le conoidi da colate detritiche allo sbocco delle valli dal

fronte montano tirrenico della Catena Costiera, o alla confluenza di affluenti torrentizi nei maggiori fiumi,

soprattutto lungo la valle del F. Savuto, lungo il fronte montano della Sila Piccola, al confine con l’Ambito

della Stretta di Catanzaro. Le conoidi lungo i fronti montani sono originate nell’Ambito della Catena

Costiera – Sila Piccola meridionale, ma si estendono negli ambi adiacenti.

4 – Ambito della Valle del F. Crati.

Questo Ambito è costituito da un graben con direzione N-S impostato nel Pliocene ed evoluto fino

all’attuale. Il fianco orientale è tettonicamente meglio definito di quello orientale. Pertanto, l’Ambito è

delimitato a ovest e a nord dal set di faglie che lo separa dai settori della Catena Costiera e del M. Pollino-

Orsomarso; a est e a sud dal limite superiore degli affioramenti sedimentari che ricoprono con continuità i

terreni cristallini della Sila, dallo spartiacque con il F. Savuto a sud, fino alla linea N-S che congiunge gli alti

strutturali di Terranova da Sibari e di Cassano allo Ionio. Lungo questa linea si pone convenzionalmente il

confine con l’Ambito delle pianure costiere.

Lungo il margine occidentale dell’Ambito, si stende una fascia larga 4-10 km dove faglie prevalentemente

normali, appartenenti allo stesso sistema di quelle che delimitano l’Ambito della catena Costiera a ovest,

formano horst-e- graben con direzione generale N-S (CNR-IRPI, 1975). In questa fascia, tettonicamente

sollevata rispetto al fondovalle e che si estende da Cerisano a sud, a S. Marco Argentano a nord, affiorano

localmente il basamento cristallino e più diffusamente i terreni miocenici (conglomerati, arenarie, marne,

calcari, gessi) e plio-pleistocenici anche continentali (Sorriso-Valvo, 1975), oltre ai depositi recenti e attuali

delle alluvioni fluviali e lacustri.

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A oriente, il graben della valle del F. Crati è delimitato, ma con poca continuità morfologica, dai sistemi di

faglie N-S del versante occidentale della Sila (faglie Bisignano-S. Pietro in Guarano e Celico-Mangone).

Nella bassa vale del Crati, nella zona di Tarsia-Terranova da Sibari-Spezzano Albanese, si trova un alto

strutturale costituito da unità alloctone liguridi (Calcari silicei cretacici) attraversato dal F. Crati in una gola a

meandri incassati, sovraimposti per antecedenza. Un altro piccolo alto si trova a Cassano allo Ionio, di poco

discosto dalla linea del Pollino, dove affiorano terreni carbonatici e filladi.

Nonostante si tratti di un graben, nella parte assiale di questo Ambito si può stimare un tasso di

sollevamento di 0,3 mm/a (Sorriso-Valvo, 1993), confermando che l’intera regione, salvo alcuni tratti delle

pianure costiere ioniche, è in sollevamento.

Conoidi alluvionali e, più raramente, da colate detritiche (Cerzeto) si trovano conservate (come l’ampia

conoide del T. Mucone) o in relitti (come la conoide di S, Vincenzo al Costa) allo sbocco in valle degli

affluenti in destra e sinistra idrografica. La conoide del T. Mucone, per dimensioni, non ha riscontro in

questo ambiente. E’ probabile che questa conoide si sia formata quando l’antico Mucone ha inciso

profondamente le pendici occidentali della Sila formando la profonda gola in cui attualmente scorre.

Nella fascia tettonizzata contigua al margine occidentale dell’Ambito, sono frequenti i fenomeni franosi a

causa del decadimento meccanico dei terreni molto tettonizzati; lungo la faglia principale sono presenti

antichi fenomeni di scorrimento in blocco di rocce cristalline che ora poggiano sui terreni più recenti.

L’intensa urbanizzazione di questa zona, a causa della diffusione dei movimenti in massa, costituisce un

problema per la gestione del territorio.

Fenomeni franosi interessano con rilevante frequenza i terreni plio-pleistocenici a componente pelitica

della zona assiale della valle. L’incidenza delle frane è localmente accentuata dall’erosione al piede dei

versanti operata, per esempio, dal F. Crati tra Cosenza e la confluenza del T. Iavas, dove il fiume ha

prodotto alte scarpate d’erosione nelle argille marnoso-siltose azzurre del Pleistocene; da queste scarpate

si staccano con frequenza masse che si muovono con meccanismi di crollo e scivolamento in blocco. Il

sollevamento tettonico sta provocando la profonda incisione degli affluenti, causa diretta di una dinamica

dei versanti accentuata, con movimenti in massa generalmente di limitata estensione, anche nei terreni a

prevalente composizione sabbiosa, calcarea e cristallina.

In quest’ambito le colate detritiche sono limitate ad alcune profonde valli lungo il fianco occidentale della

Valle del Crati, nelle pendici silane di affioramento dei terreni sabbiosi e conglomeratici. Si tratta di

fenomeni di limitate dimensioni. Molto ampi sono invece i resti di antiche conoidi, in alcune delle quali si

trovano rilevanti intervalli con la struttura dei depositi massivi, lungo il confine con l’Ambito della catena

Costiera.

5 – Ambito della Sila.

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Sviluppo e applicazione di metodi per la valutazione della pericolosità dei fenomeni di dissesto dei versanti POR Calabria 2000-2006 – Misura 1.4 Sistemi Insediativi LOTTO 01_RELAZIONE finale 0c – Omogeneità Geologica e Climatica

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Il gruppo montuoso della Sila è il più esteso tra quelli calabresi. Ha forma quadrangolare leggermente

allungata in direzione N-S. La geologia del massiccio silano è relativamente semplice nei settori centrale e

occidentale, mentre è piuttosto complessa nel settore orientale. In breve, nei settori occidentale e centrale

affiorano essenzialmente i terreni cristallini intrusivi (famiglia dei graniti) e metamorfici di alto grado (gneiss

di vario tipo) della catena alpina continentale; affioramenti di termini metamorfici di basso grado affiorano

estesamente nella parte meridionale del versante occidentale del massiccio, tra Soveria Mannelli e

Rogliano; mentre meno estesi sono gli affioramenti della parte centrale, tra Aprigliano e il T. Iavas. Sul

versante orientale, si trova la complessa struttura che affiora in corrispondenza del F. Trionto: qui, i terreni

granitici e filladici della catena alpina sono sormontati da una spessa sequenza sedimentaria che inizia con

termini continentali conglomeratici e calcarei mesozoici, ed evolvono in una spessa sequenza torbidiitica

mesozoica che forma un ampio sinclinorio coinvolto in ripetuti sovrascorrimenti con fronti dirette NO-SE. I

rapporti di giacitura tra sequenza sedimentaria e terreni cristallini sono a luoghi invertiti a causa di detti

sovrascorrimenti.

Il rilievo attuale della Sila è in parte dovuto al sollevamento tettonico quaternario, iniziato quando la Sila

era già in parte emersa e caratterizzata da una morfologia molto evoluta, in parte rilevante ancora

preservata nelle zone interne del massiccio. Il tasso di sollevamento nell'ultimo MA è di circa 0,8 mm/a

(Sorriso-Valvo, 1993; Westaway, 1993). La Sila è pertanto un acrocoro inframmezzato da zone pianeggianti,

impropriamente chiamato, nel parlare corrente, altopiano. Tale acrocoro è costituito essenzialmente da

terreni metamorfici di altro grado e graniti, sollevati tettonicamente di circa 800-1000 m nel Quaternario.

Esso presenta una sequenza di creste lunghe circa 25 km, circa parallele, orientate SSO-NNE, sfalsate “en

echelon”, circondate da altri rilevi che degradano prima dolcemente e poi bruscamente in corrispondenza

delle faglie che, con diversi assetti, delimitano il blocco sollevato. La quasi totalità del rilievo, sia generale,

che locale, cioè nell’area interna dell’acrocoro, è di natura tettonica. Anche il sistema di drenaggio, che nel

complesso ha assunto andamento radiale centrifugo, è ancora fortemente controllato dalle direzioni

tettoniche, nonostante il fatto che il massiccio silano era emerso fin dal Miocene superiore (si trovano,

infatti, nella parte occidentale, presso Campana, depositi altomiocenici continentali). Tale controllo, che

conferisce al reticolo un arrangiamento a graticcio angolato, è evidente soprattutto nella zona centrale del

massiccio, dove l’erosione recente e attuale innescata dal sollevamento non ha ancora cancellato le forme

ereditate dall’antica morfologia pre-quaternaria, e non ha avuto modo di conferire un carattere

consequente al drenaggio. In questa zona, tuttavia, si trovano chiari casi di diversione tettonica e inversione

del drenaggio. I casi più chiari sono quelli della testata del bacino del T. Mucone, affluente di destra del F.

Crati, e della testata del F. Savuto. Nel primo caso, una faglia normale, con direzione circa N130°, ha

“decapitato” l’antico bacino di un corso d’acqua che doveva corrispondere alla parte di testata dell’attuale

F. Trionto. Lo sbarramento diede origine a un lago i cui depositi sono stati datati a circa 30.000 dal presente

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con il metodo del C14, termine da considerare ante quem. Nel frattempo, a causa della maggiore erodibilità

delle rocce causata dalla stessa famiglia di faglie che aveva causato lo sbarramento del proto -Trionto,

l’attuale F. Mucone incideva rapidamente una profonda forra, e la sua testata finiva con l’erodere anche la

soglia del lago, determinando così una cattura facilitata, in un certo senso, da fatto che la faglia “teneva

fermo” il livello di base dell’ex-testata del proto-Triono, che non poteva evolvere e a sua volta

approfondirsi. Sulla scarpata tettonica, ormai molto degradata (per cui la data dei 30.000 anni è da

considerare come ultimo periodo di esistenza del lago naturale, ripristinato nel 1951 mediante una diga

idroelettrica) troviamo chiari indizi di inversione del drenaggio per cui diversi corsi d’acqua drenano in

direzione dello Ionio nella parte alta, per poi dirigersi con svolte di circa 180° verso il lago Cecita;

contemporaneamente, le cime dei versanti della valle principale degradano verso lo Ionio; infine, lo

spartiacque tra Cecita (Crati) e Neto attraversa la valle all’altezza della località Fossiata, invece di seguire le

creste dei rilievi, testimoniando in modo inequivocabile la suddetta inversione del drenaggio.

Nel secondo caso, la parte superiore della valle del F. Savuto ha direzione identica a quella della parte alta

della valle del F. Ampollino, affluente del F. Neto. Siamo nella zona a controllo strutturale della Sila. Lo

spartiacque tra le due valli è incerto. Attualmente, numerose inversioni di drenaggio, sempre associate a

faglie, indicano che il bacino del F. Savuto si sta espandendo a spese del F. Ampollino.

La morfologia della zona centrale dell’acrocoro è arrotondata ma non priva di forte energia del rilievo.

L’antica superficie morfologica è ricoperta da un suolo ben sviluppato, a luoghi troncato, che non mostra

adattamenti alle strutture tettoniche se non a livello del drenaggio principale. In tutta la Sila, infatti, si

trovano i prodotti di intensi processi di alterazione delle rocce plutoniche (graniti, granodioriti) e

metamorfiche di medio-alto grado (scisti, gneiss) (Guzzetta, 1974; Critelli et al., 1990), che hanno sviluppato

suoli spessi e maturi, molto impoveriti nelle componenti chimiche più solubili (Le Pera, 1998; Le Pera &

Sorriso-Valvo, 2000a, 2000b).

Nelle ampie zone di affioramento dei graniti sono molto sviluppate le forme da esfoliazione in situ, come gli

sferoidi di esfoliazione e i tor (Le Pera & Sorriso-Valvo, 2000b).

Le grandi faglie che delimitano il massiccio silano sono facilmente individuabili: troviamo a ovest il graben

della Valle del Crati, con direzione N-S; tra la testata del bacino del F. Crati e la Valle del Savuto, c’è un alto

dovuto all’horst settentrionale del graben di Decollatura (tale alto si riflette sulla finestra tettonica di M.

Cocuzzo e sulla posizione dei terrazzi quaternari della costa tirrenica (Sorriso-Valvo & Sylvester, 1993); a

nord, l’andamento quasi rettilineo con direzione est-ovest del margine pedemontano suggerisce la

presenza di strutture tettoniche che delimitano l’estremità nord del massiccio, anche se queste ipotetiche

strutture sono ricoperte dai depositi pleistocenici della piana di Sibari; a est si trovano: il sistema di faglie

Rossano-Cirò (N120°, antitetico a quello della Linea del Pollino) e il complesso di faglie a prevalente

direzione N-S tra il T. Lipuda e il F. Tàcina. La linea Rossano-Cirò è una struttura normal-trascorrente sinistra

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con medesime direzioni medie della Linea del Pollino ed immersione media verso NE, con dislocazioni

verticali apparenti meno rilevanti; tale sistema si rinviene nell'entroterra fino a Campana e Pallagorío,

interessando tutti i terreni. Questa struttura ha determinato il sollevamento del settore silano che

costituisce essenzialmente la Sila Greca.

Sovrascorrimenti di rilevanza regionale caratterizzano l'entroterra della Sila Greca. Essi sono più antichi

delle strutture distensive o trascorrenti-distensive, ma tuttavia influenzano la morfologia determinando

ampie gradinate, molto degradate, le cui alzate corrispondono con i fronti di sovrascorrimento. Queste

forme sono ben visibili nella zona del F. Trionto (Sorriso-Valvo, 1990).

In questo Ambito i fenomeni franosi sono diffusi essenzialmente lungo le ampie scarpate degradate

marginali, e nelle profonde gole che le solcano. Assumono dimensioni e profondità maggiori, fino ad

assumere le forme di ampie dgpv, in corrispondenza degli affioramenti delle metamorfiti di basso grado e

dei flysch della zona di Longobucco-Bocchigliero. Sui graniti e sugli scisti di alto grado si generano

soprattutto fenomeni superficiali, ma vi sono presenti anche fenomeni di dgpv.

Le conoidi da colata detritica ed i sistemi frana – conoide sono presenti soprattutto nel versante orientale.

Note le conoidi antiche, organizzate in più sistemi, della media valle del F. Trionto, e le rcenti conoid della

frana di Ortiano, sull’omonimo torrente, affluente di destra del Trionto.

6 – Ambito del Bacino Crotonese e fasce pedemontane ioniche.

Sui terreni cristallini e carbonatici che formano I rilievi della Calabria, nei bacini individuati dalle ampie

deformazioni crostali dal Miocene in poi, si sono sedimentati terreni tardi- e post- orogeni che affiorano

estesamente lungo le basse pendici ioniche della regione, entro i graben del F. Crati, della Stretta di

Catanzaro e del F. Mesima, e, molto meno estesamente, lungo le aree pedemontane del versante tirrenico.

Per la loro estensione, conferiscono un carattere geomorfologico caratteristico e importante al versante

ionico, mentre la loro importanza è molto meno rilevante in quello tirrenico. I depositi della valle del F.

Crati, della Stretta di Catanzaro e della Valle del F. Mesima-Piana di Gioia T. sono inclusi in ambiti specifici,

data la specificità dell’assetto morfotettonico di queste aree. L’Ambito dell’Alto Ionio apparterrebbe,

geologicamente, a questo stesso ambito, ma in questo caso la peculiarità dovuta allo schiacciante

predominio dei terreni tipo flysch ha suggerito l’individuazione di un Ambito specifico.

Il limite occidentale del bacino crotonese corrisponde con quello geologico tra terreni sedimentari e

basamento cristallino, tra Cropani a sud e Verzino a nord; tale limite è spostato verso est dall’alto

strutturale Pallagorio-Mandatoriccio, dove la copertura sedimentaria è più sottile e discontinua e affiorano

i terreni cristallini silani, e aggira il vertice nord-orientale dell’Ambito della Sila, fino a Rossano dove

terminano gli affioramenti mio-pliocenici. Il limite orientale è rappresentato dal limite geologico tra terreni

sedimentari di bacino e terreni marini e continentali della fascia costiera

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La porzione meridionale di questa parte dell’Ambito è strutturalmente depressa rispetto a quelle

settentrionale e occidentale. Per questo motivo, nella porzione meridionale affiorano terreni più recenti, in

prevalenza a composizione pelitica, mentre nelle porzioni occidentale e settentrionale affiorano terreni più

antichi, di composizione varia che include anche i termini evaporitici del Miocene superiore e vari livelli di

olistostromi costituiti da argille varicolori (bassa Valle del F. Trionto, S. Morello, nelle prossimità di Scala-

Coeli, Crucoli, Strongoli), che conferiscono al paesaggio i caratteri tipici cha si sono descritti nell’Ambito

dell’Alto Ionio cosentino.

I terreni sedimentari, prevalentemente sabbioso-conglomeratici nei termini basali, che poggiano sul

basamento cristallino silano, presentano un assetto in monoclinale immergente verso lo Ionio. Tale assetto

è in parte primario, ma è accentuato da deformazioni tettoniche sia nella forma di deformazioni rigide, sia

di deformazioni duttili, sia di basculamento regionale. L’effetto è la genesi di grandi flat-irons che

caratterizzano la zona pedemontana silana nell’area di Verzino-Cerenzia. Più verso il mare, faglie a rilevante

componente normale con assetto sintetico e antitetico conferiscono al territorio un tipico andamento a

cuestas.

Nell’area crotonese il tasso di sollevamento massimo è di 1,1 mm/a negli ultimi 120 ka (non si hanno dati

per periodi più lunghi). Lungo la costa, è presente una subsidenza che interessa estesamente la zona di

Sibari, il tratto di fascia costiera del rossanese e di Mirto, di Punta Alice, Crotone, fino a Catanzaro Marina.

Misure recenti hanno indicato un tasso di subsidenza di circa 1-10 mm/a. A Cirò Marina, la subsidenza tra il

1993 e il 1998 risulta di 7,5 mm/anno (BERTONI et al., 2000). E’ difficile, al momento, definire le cause di

tale fenomeno, potendo concorrere sia fattori tettonici, sia il consolidamento dei terreni recenti, sia

l’attività estrattiva di metano. In prossimità di Belvedere di Spinello è presente un fenomeno di subsidenza

dovuto all’estrazione di salgemma con il metodo della salamoia La velocità di subsidenza è di diversi

cm/anno in un’area di qualche km2; l’attività di estrazione ha dato origine anche alla formazione di diversi

sprofondamenti circolari del diametro di 60-80 m, occorsi negli anni 80 del novecento.

Sul versante orientale della Sila sono presenti gli effetti di un basculamento regionale, con probabile

subsidenza lungo una stretta fascia costiera, evidenziato dalla chiara giacitura monoclinalíca non primaria

verso lo Ionio di tutti i livelli sedimentari, non o poco piegati. Tale giacitura origina forme del tipo cuesta

che caratterizzano le basse pendici orientali della Sila.

Faglie a rilevante componente normale si trovano lungo la fascia collinare e costiera ionica, con assetto

sintetico e antitetico. Esse conferiscono al territorio un tipico andamento a cuestas.

Condizioni morfostrutturali simili a quelle appena descritte si rinvengono anche lungo la fascia

pedemontana della Calabria meridionale. Anche in questa porzione dell’Ambito, il limite occidentale è

rappresentato da quello geologico tra coperture sedimentarie paleogenico-neogeniche e basamento

cristallino e relative coperture mesozoiche. Dal punto di vista strettamente geologico, i terreni paleogenici

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fanno parte, in prevalenza, delle coperture paralloctone del cristallino, ma dal punto di vista morfologico

presentano caratteri e sortiscono effetti analoghi ai terreni tardi- e post-orogeni messi in posto o

sedimentati nel Neogene, pertanto le aree dove essi affiorano vengono incluse in questo Ambito.

Il limite orientale è sempre rappresentato dal limite geologico tra terreni sedimentari di bacino e terreni

marini e continentali della fascia costiera. L’estensione in larghezza In questo settore dell’Ambito, è però

più limitata se confrontata con quella dell’area crotonese. Questa parte i terreni sono anche maggiormente

deformati a causa di strutture compressive, e le Argille Varicolori vi affiorano più estesamente. Questo tipo

di deformazione è ben evidente soprattutto tra Careri e Stilo, dove si possono osservare le forme tipo

cuesta e hogsback, nonché le ampie anticlinali con il nucleo eroso o franato di Careri e Benestare, che sono

dovute alle deformazioni compressive, relative a fasi tettoniche precedenti il Quaternario.

La fascia pedemontana si estende fino all’area dello Stretto di Messina, dove però forma lembi discontinui

di limitata estensione.

La franosità in questo Ambito è molto varia: da valori molto bassi nei terreni conglomeratici, dove si

rinvengono in pratica solo crolli lungo le scarpate e qualche fenomeno di spandimento laterale, a valori

tipicamente elevatissimi (oltre il 90%) nelle aree di affioramento delle Argille Varicolori (Sorriso-Valvo,

1993). Fra i fenomeni complessi di scorrimento-colata di roccia e terra, è da ricordare in particolare la frana

di Careri, riattivata nel 1951-’53 e nel 1973. Essa è forse la più grande frana singola di questo tipo della

Calabria.

L’elevata franosità fa sì che le aste terminali delle fiumare, le più grandi della regione, caratterizzino

quest’ambito, soprattutto il tratto meridionale.

Nelle aree di affioramento dei terreni litoidi o a componente litoide, si rinvengono alcune conoidi da colata

detritica, che però raramente raggiungono dimensioni importanti. Falde detritiche, talora sotto forma di

conoidi, alimentate da colate sono presenti alla base delle pareti rocciose (Roccella Ionica).

7 – Ambito della Stretta di Catanzaro.

La Stretta, o Istmo, di Catanzaro corrisponde a un graben individuato da faglie normali organizzata a

gradinata, con direzione media ONO-ESE. Queste faglie si sviluppano in modo più evidente sul lato

settentrionale del graben, attraverso l'importante struttura Sambiase-Pianopoli-Catanzaro, che delimita a

sud il massiccio cristallino del sistema Catena Costiera-Sila Piccola. Strutture associate a essa si spingono

nell'entroterra fino all'altezza di Conflenti-Cerrisi- Cicala. Il margine meridionale del graben è individuato

dalla faglia Maida-Girifalco-Squillace, la cui scarpata è obliterata nel settore centrale da depositi olocenici.

La depressione é emersa nel Quaternario, durante la fase di sollevamento tettonico che ha generato

l'attuale configurazione morfostrutturale dell'intero territorio calabrese. La caratteristica morfologia a mesa

testimonia l'antico fondale marino sollevato tettonicamente.

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La morfologia ha caratteristiche diverse nelle porzioni occidentale e orientale dell’Ambito: a occidente, si ha

una morfologia a mesa, generata dai terrazzi impostati sui depositi sabbioso-limoso-argillosi plio-

pleistocenici, con qualche affioramento Miocenico. Verso oriente, affiorano terreni progressivamente più

antichi, con livelli miocenici sia in facies evaporitica che detritica, e con il substrato cristallino in

affioramento verso Catanzaro. Ciò conferisce al paesaggio una morfologia più varia.

Nella parte occidentale del margine settentrionale, si trova il sistema di grandi conoidi di Nicastro, che

ricopre i depositi terrazzati più recenti. I terrazzi marini e le più elevate superfici morfologiche di

spianamento (non è chiaro se si tratti di abrasione marina o di pedimentazione) sono diversi in numero e

quote tra le due estremità del graben. Troviamo, infatti, un maggior numero di terrazzamenti a ONO,

rispetto a quella a ESE. Tali differenze non si spiegano con i soli moti eustatici o di epirogenesi omogenea,

ma con tassi di sollevamento tettonico diversi tra i vari blocchi separati da faglie normali. Diversi terrazzi,

infatti, non presentano livelli corrispondenti ad altri presenti in altre parti della Stretta.

Le valli dei torrenti e delle fiumare che provengono dai rilievi montuosi a nord della Stretta, presentano un

andamento consequente rispetto alla morfostruttura silana, e attraversano, senza subirne apparente il

controllo, la gradinata di faglie settentrionali del graben di Catanzaro. Sul margine orientale, brevi corsi ad

andamento resequente e assetto subparallelo incidono profondamente i depositi terrazzati e i sottostanti

terreni plio-pleistocenici.

I fondovalle dei vari corsi d'acqua che provengono dalla Sila e dalle Serre nei tratti terminali sono piatti e

molto estesi in larghezza. Essi conferiscono alla Stretta una morfologia simile a quella della Piana di Gioia

Tauro.

I corsi d'acqua che provengono dai monti formano ampie conoidi alluvionali nella parte occidentale della

Stretta, a differenza di quanto si osserva nella parte orientale. La corrispondenza, nel settore occidentale,

del maggior sviluppo delle conoidi con il maggior numero dei terrazzi, indica il probabile effetto del diverso

regime tettonico, piú discontinuo e intenso nel tratto occidentale, rispetto a quello piú regolare e meno

intenso nel tratto orientale.

Attualmente, sebbene la Stretta di Catanzaro presenti un tasso di sollevamento medio relativo a tutto il

Quatemario di circa 0,2 mm/a (Sorriso-Valvo, 1993), quindi inferiore a quello della Sila e delle Serre, la

dinamica geomorfica della Stretta é relativamente rapida, a causa delle elevate pendenze locali e

dell'ampia diffusione dei fenomeni di erosione e di movimento in massa.

I fenomeni di erosione sono attivi essenzialmente sui brevi versanti ad alta acclività che circondano i rilievi

tipo mesa o a creste allungate, separati da ampi fondovalle aggradati.

A oltre 5 km dalla costa, a sud di Nicastro, sono presenti sistemi dunari circa ortogonali alla costa, quasi

totalmente fissati dalla vegetazione. Questo arrangiamento è simile a quello presente nella parte

settentrionale della Piana di Gioia Tauro.

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Nelle aree di affioramento del substrato sedimentario neogenico, dove predominano termini a prevalente

componente argillosa, sono diffusamente presenti fenomeni di dissesto che assumono la forma di frane,

anche di grandi dimensioni, e/o di degradazione generalizzata per erosione diffusa di tipo calanchivo

associata a frane superficiali. Nelle aree in cui dominano i fenomeni franosi, i versanti presentano

un'acclività generalmente ridotta. Al contrario, nelle aree ad erosione calanchiva o di intensa erosione

lineare tipica delle sabbie limose, l'acclività é accentuata, così come l'accidentalità della morfologia a livello

di forme minori.

Nella parte nord-occidentale della Stretta sono presenti fenomeni franosi di probabile innesco sismico,

dalla morfologia molto simile ai numerosi fenomeni co-sismici della Piana di Gioia Tauro (Cotecchia et al.,

1969; 1992).

Le grandi conoidi alluvionali di Nicastro contengono livelli la cui struttura sembra riferibile ad episodi di

trasporto in massa, ma si tratta di forme essenzialmente de deposito trattivo.

8 – Ambito di M. Poro

L’Ambito del M. Poro corrisponde con il promontorio omonimo. Si tratta di un ambito poco esteso, ma

peculiare perché costituisce un rilievo isolato, prominente, ma poco elevato, con caratteristiche climatiche

particolari, caratterizzate da elevati valori di intensità delle precipitazioni brevi.

E’ delimitato, oltre che dalla costa tirrenica, a sud dalla scarpata della faglia Nicotera-Candìdoni; a est dalla

faglia occidentale del graben del F. Mesima (Calimera-Paravati-S. Onofrio-Pizzo).

Il massimo sollevamento è di 0,55 mm/a nell’ultimo MA (Sorriso-Valvo, 1993).

Il rilievo è costituito da un altopiano profondamente inciso da valli che sboccano per la quasi totalità sulla

costa, che raggiungono direttamente o tramite strette pianure costiere, nella maggior parte dei casi

limitate alla sola spiaggia.

La geologia del M. Poro è caratterizzata dagli affioramenti di graniti e gneiss con diffuse, ma non continue,

coperture sedimentarie neogeniche in facies arenacea (arenarie mioceniche a composizione granitica dei

granuli, nella zona di Pizzo-Tropea), sabbiosa e conglomeratica, con limitati affioramenti di terreni a

prevalente componente pelitica.

La morfodinamica è regolata dall’erosione marina che determina condizioni d’instabilità, in prevalenza

crolli, lungo le coste, localmente pericolose perché intensamente frequentate nel periodo balneare. Sono

presenti fenomeni franosi di vario tipo, in prevalenza scorrimenti e crolli, lungo i versanti acclivi delle

scarpate di faglia principali, alte fino a 400-500 m, e delle profonde gole incise nell’altopiano dai corsi

d’acqua che si raccordano fin dai tratti più interni al livello di base marino.

Le colate detritiche sono relativamente rare in quest’ambito, dove invece sono più frequenti, e dannose, le

colate rapide di fango generate negli spessi suoli di alterazione delle rocce cristalline. E’ da ricordare il caso

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Sviluppo e applicazione di metodi per la valutazione della pericolosità dei fenomeni di dissesto dei versanti POR Calabria 2000-2006 – Misura 1.4 Sistemi Insediativi LOTTO 01_RELAZIONE finale 0c – Omogeneità Geologica e Climatica

19 Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica – Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima, Università della Calabria - Dipartimento di Difesa del Suolo - Dipartimento di Scienze della Terra, Università Roma 3 - Dipartimento di Scienze Geologiche

di una conoide da colata detritica di notevole rilievo occorsa allo sbocco del Vallone del Grazie, presso

Tropea, alla fine dell’800. La conoide si estese per circa 400 m oltre la linea di costa, ma ora l’erosione

marina ha riportato la costa nella posizione primitiva e la conoide è delimitata da una falesia di

retrospiaggia alta circa 4 m.

9 – Ambito della Valle del Mesima-Piana di Gioia Tauro

La valle del F. Mesima è impostata nel graben compreso tra le Serre e M. Poro. Tale graben, come quello

del F. Crati, è asimmetrico, essendo molto meglio delimitato dall’alta scarpata strutturale della faglia Polia-

Candìdoni, mentre l’opposta faglia Calimera-Pizzo è ben marcata solo nel tratto meridionale, tra Calimera e

S. Costantino Calabro. L’Ambito si espande, verso SO, nella Piana di Gioia Tauro. Questa è delimitata a SE

dal tratto meridionale della faglia Polia-Candìdoni, a SO dalle faglie Scido-Calabretto, Calabretto-S. Eufemia

d’Aspromonte e S. Eufemia-Gioia Tauro che separano la Piana di Gioia Tauro dalle propaggini occidentali

dell’Ambito dell’Aspromonte. A nord, l’Ambito si estende fin dove giunge il graben, oltre lo spartiacque tra

il bacino del F. Mesima e quello del T. Angitola, fin nei pressi di Filadelfia.

In quest’ambito affiorano terreni sedimentari neogenici. Nella Valle del F. Mesima affiorano soprattutto le

argille marnose del Pliocene inferiore e le successive unità sedimentarie plio-pleistoceniche. In questa zona

la morfologia è significativamente modificata da pesanti interventi di movimento terra finalizzati a rendere

accessibili alle macchine agricole versanti altrimenti troppo acclivi per questo scopo. L’effetto è una

profonda modifica della morfologia locale, con formazione di scarpate instabili, zone ad intensa erosione

accelerata, e totale depauperamento dei suoli.

La Valle del F. Mesima sbocca, da nord, nella Piana di Gioia Tauro. E’ questa un ampio terrazzo tirreniano in

sollevamento da circa 40.000 anni, con la velocità di circa 1,1 mm/a.

Si tratta di un’ampia superficie tempo-regressiva che si estende dalla base delle scarpate dell’Aspromonte

fino all’attuale pianura costiera. I depositi marini regressivi poggiano in gran parte sui depositi fini (limoso-

argillosi in prevalenza), costituendo una situazione molto favorevole alla rapida erosione e all’insorgere di

fenomeni franosi di grandi dimensioni ad innesco sismico (terremoti del 1783). Vi scorrono i fiumi Mesima a

nord e Petrace a sud, oltre ad altri piccoli corsi. Il reticolo idrografico è incassato e forma valli a fondo piatto

e brevi versanti acclivi, intervallate da ampie porzioni relitte pianeggianti della superficie del terrazzo. Nel

bacino del F. Petrace si trovano la quasi totalità delle innumerevoli frane innescate dai terremoti del 1783

(De Dolomieu, 1785; Vivenzio, 1788; Cotecchia et al., 1969; 1992). Questo tipo di frane non si è sviluppato

nella parte settentrionale della Piana di Gioia Tauro. Il motivo è da ricercare, oltre che nel su ricordato

assetto geologico, nel minore rilievo locale della zona settentrionale, dove le incisioni vallive sono molto

meno numerose e profonde. A determinare questa differente condizione del reticolo idraulico, ha concorso

certamente la presenza di un ampio campo di dune parallele che si estende nella zona compresa tra

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Rosarno, Cinquefrondi, Polistena e Gioia Tauro (Pisano, 2007). In quest’area, le dune, oggi fissate dalla

vegetazione, hanno ostacolato l’organizzarsi di un reticolo di drenaggio e di conseguenza l’incisione delle

valli vi è molto meno sviluppata.

A parte le frane co-sismiche, la franosità di questo Ambito non è molto elevata. Frane si rinvengono nella

parte media e alta della Valle del F. Mesima e nei versanti acclivi della porzione meridionale. Le frane co-

sismiche non mostrano segni di riattivazione.

In quest’ambito si trovano le grandi conoidi alluvionali di Taurianova e Polistena, in parte ricoperte dai

depositi eolici. Le conoidi a colata detritica sono rare anche perché sono limitati gli affioramenti di rocce

litoidi.

10 – Ambito delle Serre e dell’Aspromonte

Quest’Ambito è delimitato a NO dalle faglie che ne hanno determinato il sollevamento, e che fanno da

limite con l’Ambito della Valle del F. Mesima e della Piana di Gioia Tauro. A sud e a SE sia da faglie la cui

geometria è molto più articolata rispetto a quella del versante di NO, sia da contatti stratigrafici normali, o

poco dislocati, dei terreni paralloctoni e post-orogeni dell’Ambito delle fasce pedemontane ioniche. A nord,

il limite corrisponde con le faglie e i contatti stratigrafici con i terreni della Stretta di Catanzaro. L’Ambito è

caratterizzato tettonicamente dalle faglie normali che sollevano il sistema montuoso Serre-Aspromonte. Un

sistema, essenzialmente normale, ha determinato un’estesa fascia di deformazione tettonica che si

sviluppa dall'altezza di Monterosso Calabro fino a Reggío Calabria; il sistema, costituito da più segmenti di

faglie disposte en échelon con sovrapposizione a destra, quindi con componente di trascorrenza destra,

solleva, lungo il versante nord-occidentale del massiccio Serre-Aspromonte, le unità metamorfico -

cristalline del settore meridionale dell'Arco Calabro rispetto ai depositi plio-pleistocenici del graben del F.

Mesima e della Piana di Gioia Tauro. Le strutture presentano direzioni medie intorno a N 35-40°, mentre la

terminazione meridionale del sistema tende ad assumere orientazione intorno a N 10°.

Il sistema di faglie Cosoleto-S. Eufemia d'Aspromonte-Calanna presenta una spiccata componente di

trascorrenza sinistra.

Il complesso di faglie Scido-Calabretto, Calabretto S. Eufemia e S. Eufemia Gioia Tauro, oltre a fare da limite,

come sopra descritto, con l’Ambito della Piana di Gioia Tauro, solleva l‘area di Delianuova-Seminara Palmi,

delimitata sul lato tirrenico dalla faglia Palmi-Gioia Tauro.

Oltre alle strutture NE-SO, si riconoscono in questo Ambito diverse strutture ad andamento circa N 110-

120° (faglie di Guardavalle-Serra S. Bruno, Archi, S. Lorenzo, Platì, valle della Fiumara Buonamico, Satriano,

Stalettì) che presentano dislocazioni quasi sempre normali. Una componente di trascorrenza sinistra è

evidente sul versante ionico. Ciò è visibile soprattutto nella zona tra Samo e Platì. Lungo queste strutture

sono impostate le valli delle fiumare Laverde, Buonamico e di Platì, i cui versanti, a causa dell’intensa

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tettonizzazione, sono molto soggetti a fenomeni di movimento in massa. Ciò concorda con il modello

geologico-strutturale del Mediterraneo Centrale proposto da Van Dijk & Okkes (1991), secondo il quale le

strutture regionali con direzione NW-SE sono caratterizzate da meccanismi di trascorrenza sinistra.

In quest’Ambito il tasso di sollevamento tettonico è molto articolato spazialmente. Il massimo di 1 mm/a è

confermato sia per l'ultimo MA, sia per gli ultimi 120 ka (Sorriso-Valvo, 1993; Westaway, 1993), con ampie

oscillazioni da zona a zona. Il sollevamento più recente è probabilmente più veloce. Il versante ionico di

questo Ambito mostra tassi di sollevamento decrescenti verso il mare, tanto che si trovano lunghi tratti in

subsidenza lungo la fascia costiera (Caulonia). Il sollevamento è avvenuto, come suole, alternando fasi

attive a lunghe fasi di stasi, consentendo al mare di abradere delle ampie piattaforme che troviamo ancora

in parte conservate nelle parti più alte delle Serre e dell’Aspromonte (Piani). Queste forme sono meglio

conservate sul versante tirrenico e nell’area prospiciente lo Stretto di Messina, mentre sono in massima

parte demolite sul versante ionico. Ciò testimonia un maggior grado di smantellamento nel versante ionico

rispetto a quello tirrenico.

Come nell’Ambito delle fasce pedemontane ioniche, anche nell’ambito delle Serre dell’Aspromonte si

trovano chiare evidenze di un diverso regime tettonico del versante ionico rispetto a quello tirrenico: oltre

al sollevamento, che attuale e di inizio quaternario, lungo il versante ionico si rinvengono deformazioni che

testimoniano di un regime compressivo di età pre-pliocenica, probabilmente pre- miocenica, dato che

troviamo deformati in modo crescente i terreni via via più antichi, fono a quelli dell’Oligocene (Flysch di

Capo d’Orlando) che a S. Luca sono deformati in flessura con intensità simile a quella dei terreni carbonatici

di Stilo, dove si trova un hogsback di calcari mesozoici che giacciono sopra le filladi dell’omonima Unità

tettonostratigrafica.

Tutte le formazioni dell’Ambito, ad esclusione delle coperture quaternarie, sono intensamente tettonizzate,

con intensità crescente con l’età. Le deformazioni sono pure pervasive. Il risultato è una diffusa

degradazione meccanica e, conseguentemente, chimica delle rocce, con livelli maggiori per i terreni

metamorfici di basso grado rispetto a quelli di alto grado e alle formazioni plutoniche. La tettonizzazione è

tale che in Aspromonte, alla mesoscala, è difficile individuare set preferenziali per mezzo dell’analisi delle

direzioni mediante diagramma di Schmidt. La tettonizzazione è generalmente più intensa nelle rocce

metamorfiche rispetto ai graniti. La degradazione chimica è pure molto intensa, al punto che in diverse

aree dell’Aspromonte si può osservare la presenza di cavità (con dimensioni da meno di 1 mm a oltre 1 m)

dovute alla completa lisciviazione dei feldspati.

Queste condizioni facilitano i dissesti sia per erosione, sia per movimento in massa, che, infatti, sono molto

diffusi ed intensi in quest’ambito, sempre in misura maggiore lungo il versante ionico. I fenomeni franosi vi

raggiungono dimensioni di oltre 15x106 m3, (Sorriso-Valvo M., 1989) e molto frequenti sono pure i

fenomeni di DGPV del tipo Sackung (Zischinky, 1969; Varnes, 1978), alcuni dei quali sono recentemente

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evoluti verso fenomeni rapidi di scorrimento di roccia-valanga di detrito (Guerricchio e Melidoro, 1973;

Sorriso-Valvo, 1979; Sorriso-Valvo e Tansi, 1996; Parise et al., 1997).

In questo ambito, le fiumare presentano il maggior grado di diffusione ed evoluzione, proprio a causa

dell’intensa attività dei movimenti in massa. Fra queste le maggiori sono nel versante ionico

dell’Aspromonte (fiumare Buonamico, La Verde, Amendolèa, di Mèlito).

La morfologia aspra e la grande diffusione di rocce litoidi, rendono molto frequenti le colate detritiche, che

a volte hanno raggiunto dimensioni molto ragguardevoli. Conseguentemente, frequenti sono pure le

conoidi da colata detritica. Su alcune di esse, antiche, in alcuni casi smantellate dall’uomo e non attive in

tempi recenti, sono edificati antichi centri abitati (Bagaldi, Scilla, Bagnara).

11 –Ambito delle pianure costiere

Le pianure costiere non sono molto sviluppate in Calabria. Il motivo è evidente: i continui sollevamenti

tettonici, sebbene favoriscano la produzione di detriti che potrebbero costruire ampie pianure, non sono

sufficienti a compensare gli effetti dell’erosione marina anche a causa dell’elevata pendenza delle aste

terminali dei corsi d’acqua che, in prevalenza, assumono le forme della fiumara, con piene violente ma di

breve durata, che depositano il loro carico solido su fondali che si approfondiscono rapidamente. Lungo la

costa ionica, inoltre . è attiva una subsidenza che vanifica in parte gli effetti della pro gradazione.

Progradazione che è ciclica: essa si presenta in occasione dei più violenti eventi meteorologici a causa degli

effetti delle piene, ma viene sostituita rapidamente dalla regressione nei periodi che intercorrono tra un

evento di piena maggiore e l’altro.

L’unica pianura costiera che presenta un’estensione significativa, è quella del F. Crati, estesa diverse

centinaia di km2, presenta un ordinamento a terrazzi e un’estesa bassa valle che si fonde con le pianure

terminali delle fiumare che provengono dall’Ambito del Pollino (Raganello) e dell’Alto Ionio (Satanasso).

A nord, solo il T. Canna forma una piccola pianura che si fonde con quelle, molto più estese, della Lucania.

Proseguendo il periplo della regione verso sud, la pianura costiera à molto ridotta ma continua fino a Cirò

Marina. La pianura è ridotta alla sola spiaggia nella zona di Torre Melissa, e riprende subito dopo fino a

Crotone. La pianura è assente come prosecuzione diretta della spiaggia tra Crotone e Le Castella, salvo che

nel breve tratto presso Capo Piccolo; essa, infatti, ma forma un ampio sistema di terrazzi delimitati da

falesie alte fino a oltre 10 m che circondano il promontorio di Capo Colonne – Capo Rizzuto. Questa falesia

è formata da terreni argilloso-marnosi e sabbiosi, quindi facilmente erodibili dall’intensa attività delle onde

marine. Le condizioni sono tali da favorire una diffusa franosità dovuta all’erosione alla base delle falesie.

Una pianura costiera di limitata estensione si trova tra Le Castella e Bovalino, dove la costa è alta e rocciosa

per circa 2 km. Una breve pianura è di seguito presenta fino a Badolato Marina, da dove prosegue con una

larghezza che raramente supera i 200 m fino a Marina di Gioiosa Ionica, dove inizia una pianura un po’ più

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ampia fino alla foce della Fiumara Buonamico. La pianura costiera diviene di nuovo molto ristretta e

discontinua fino a Capo dell’Armi. In questo tratto, nemmeno le maggiori fiumare riescono a far progradare

la linea di costa. Tra Capo dell’Armi e Cannitello, la pianura è più estesa. E di nuovo praticamente assente

lungo la Costa Viola, per riprendere a svilupparsi tra Taureana e Marina di Nicotera, in corrispondenza della

Piana di Gioia Tauro. Intorno al promontorio del M. Poro, la pianura è praticamente assente, e si ripresenta

in corrispondenza della Stretta di Catanzaro, e oltre, ma molto limitata, tra Capo Suvero e Corica. Lungo la

costa tirrenica settentrionale, la pianura costiera è presente ma discontinua e ampia, al massimo, poche

centinaia di metri. E’ quasi del tutto assente tra Intavolata e Cirella, mentre riprende una discreta

dimensione in corrispondenza della foce del F. Lao, tra Cirella e Scalea. Un altro breve tratto di pianura si

trova nei pressi di Scalea.

Lungo i tratti più sviluppati delle pianure costiere, si rinvengono sistemi dunari di retro spiaggia, paralleli

alla costa, solo in parte attivi, in gran parte occupati dall’urbanizzazione. Campi dunari e rare dune

arroccate pre-olocenici e attuali sono presenti nella zona di retrospiaggia tirrenica.

All'altezza di Gizzeria Lido, é sviluppata un ampio spit bar che ha racchiuso un lago costiero dal lato della

radice.

Sul versante ionico, sono presenti sottili cordoni dunari attuali.

I fenomeni di dissesto sono rari in quest’ambito, essendo confinati alle falesie di retro spiaggia o al già

citato caso delle falesie di Capo Colonne, e dovuti a crolli per erosione alla base. Fa eccezione il caso di Cirò

Marina, dove un fenomeno di natura incerta provoca di tanto in tanto piccole, rapide subsidenze di una

parte della pianura e della città. Tale zona è delimitata da una frattura che coinvolge diverse abitazioni e

morfologicamente corrisponde una scarpata alta da pochi dm a oltre 2 m (Sorriso-Valvo et al., 2005).

Sulle pianure costiere si sviluppano le conoidi alluvionali costruite in prevalenza da fenomeni di movimento

in massa (colate detritiche) e flussi iperconcentrati, provenienti dagli ambiti adiacenti. Data l’urbanizzazione

generalmente elevata delle conoidi, il pericolo rappresentato dalle colate detritiche può esse elevato.

Caratteri comuni ai diversi Ambiti

Diversi caratteri differenziano i diversi ambiti. Vi sono tuttavia elementi che differenziano il territorio

regionale in aree più o meno omogenee, ma non corrispondenti alla suddivisione adottata per gli ambiti

descritti, individuati essenzialmente su basi geologiche e geomorfologiche.

Fra questi elementi, importanti ai fini dell’attività dei fenomeni di movimento in massa, è opportuno

brevemente discutere dei seguenti:

1 – Clima

2 – Sismicità

3 – Distribuzione regionale dei fenomeni di interesse.

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Sul clima della Calabria sono state pubblicate numerose opere che concordano nel definire il clima della

regione particolarmente aggressivo e nel suddividere il territorio regionale sulla base dei caratteri peculiari

del clima stesso. In questa sede è utile far presente che tale suddivisione, come quella proposta da Versace

et al., (1987), è rilevante ai fini della distribuzione spaziale e temporale dei fenomeni di dissesto.

Il clima calabrese è caratterizzato da valori medio - alti delle precipitazioni annuali (che localmente

superano i 2000 mm), la cui distribuzione è controllata dall’orografia. Esso è inoltre ovunque caratterizzato

da forti contrasti stagionali e dalla notevole incidenza di eventi meteorici estremi, al punto da dover

derivare un modello specifico per la previsione della ricorrenza degli eventi maggiori (Versace et al., 1987).

Tali caratteristiche sono più accentuate lungo la maggior parte del versante ionico della regione.

La sismicità della Calabria è molto elevata (Guerra, 1986), soprattutto nelle zone in prossimità delle

principali strutture tettoniche attive, quali il graben della valle del F. Crati, la linea di Rossano-Cirò, il graben

di Catanzaro, il graben del F. Mesima, le faglie che separano la Piana di Gioia Tauro dall’Aspromonte, le

faglie dell’area dello Stretto di Messina e dell’Aspromonte meridionale. Gli effetti dei terremoti si sono

sempre risentiti anche a notevole distanza da tali strutture, anche se in alcuni casi, come nella Valle del F.

Crati, i foci sismici risultano relativamente superficiali, e di conseguenza le aree mesosismiche sono poco

estese.

Alcune zone sembrano costituire “isole” di calma sismica, come l’area del M. Pollino e l’altopiano silano.

Ma è probabile che tale calma sia dovuta a mancanza di notizie in epoche storiche, piuttosto che di

effettiva sismicità.

In diverse occasioni i terremoti hanno generato direttamente o indirettamente fenomeni franosi, come nel

1783 (Piana di Gioia Tauro e Catanzarese), nel 1905 (tutta la regione), 1907 (Ferruzzano), 1908 (area di

Reggio Calabria). E’ da considerare anche che gli effetti di un evento sismico maggiore si protraggano negli

anni seguenti quello dell’evento, perché un terremoto comunque abbassa il valore del fattore di sicurezza

di un versante (Chiodo et al., 2002).

Dall’osservazione diretta e dalle carte riguardanti i fenomeni di dissesto, risulta evidente un maggior grado

di incidenza dei fenomeni di smantellamento sul versante ionico rispetto a quello tirrenico. Questa

condizione, sebbene meglio evidente in Calabria meridionale, è, in realtà, tipica di tutta la Calabria, e può

avere un’origine molteplice: in primo luogo, sul versante ionico affiorano formazioni meno intrinsecamente

resistenti (Argille Varicolori, flysch, depositi messiniani), conferendo ai versanti una maggiore propensione

al dissesto. Il versante ionico è quello in cui i terreni hanno subito una maggiore deformazione e

compressione, e ciò si somma alle condizioni primarie di minore resistenza. Il clima del versante ionico è più

aggressivo, essendo questo versante quello prima esposto alle perturbazioni frontali provenienti da S o SO,

molto calde e ricche d’acqua. Ciò si traduce nella maggiore frequenza e più intensa attività di fenomeni

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franosi ed erosivi, ed è chiaramente rispecchiata nel fatto che le fiumare sono ben più sviluppate sul

versante ionico mentre sono rare sul versante tirrenico della Calabria.

La diffusa presenza di fenomeni franosi e di erosione, produce un notevole budget detritico che i corsi

d’acqua trasportano solo durante le piene. Piene che sono violente, ma relativamente poco frequenti. Tale

situazione ha dato origine alle caratteristiche fiumare (Sorriso-Valvo, 2004; Sorriso-Valvo e Terranova;

2006) che sorgono negli ambiti montani (Sila, Serre e Aspromonte), attraversano con letti ampi e acclivi le

fasce pedemontane, e si espandono in ampie conoidi alluvionale le pianure costiere, sfociando in delta

poco pronunciati, ad esclusione del F. Trionto, del Fiume Nicà e del F. Neto, che formano ampi delta bialari.

Le conoidi sono presenti in numero relativamente alto nella regione. Sono in prevalenza del tipo alluvionale

in senso stretto sulla costa ionica ed entro le valli del F. Crati e del F. Mesima, mentre sulla costa tirrenica e

nelle valli dei fiumi minori, prevalgono le conoidi costruite in prevalenza da fenomeni di movimento in

massa (colate detritiche) e flussi iperconcentrati. In questo secondo caso, dato che le conoidi costiere sono

in gran parte sede intensa urbanizzazione, il pericolo rappresentato dalle colate detritiche può esse elevato

ed è nella quasi generalità dei casi aumentato dalla molto bassa percezione del rischio da parte della

popolazione.

2.2. Contesti litologici omogenei

(Sorriso-Valvo M., Borrelli L., Greco R., Gullà G.)

Nei diversi ambiti geologico-geomorfologici, si presentano formazioni geologiche che nella Carta Geologica

della Regione vengono rappresentate con caratteri costanti. L'appartenenza di una formazione molto

estesa in ambito regionale a diversi ambiti, di per sé non implica un diverso complesso di caratteri della

formazione. Infatti, essendo la carta geologica al 25.000 basata essenzialmente sulla litologia, le eventuali

differenze litologiche hanno condotto a individuare formazioni diverse. Ciò si è verificato, per esempio,

nell'ambito delle formazioni Neogeniche, caratterizzate da ampia variabilità composizionale (ghiaie, sabbie,

limi, argille, ecc.) pur appartenendo alla stessa unità cronostratigrafica. Altrettanto è avvenuto con i termini

mesozoici dei complessi carbonatici del M. Pollino (dolomie, dolomie cataclastiche).

Per le necessità connesse alla valutazione del rischio, soprattutto per zone vaste o a scala regionale, è

opportuno raggruppare le unità che, sebbene di età differenti, presentino caratteri litologici omogenei.

Altrimenti, si rischia di perdere la confrontabilità fra ambiti diversi.

L'omogeneizzazione delle unità geologiche è necessaria anche perché in una zona ampia si possono

presentare unità separate per motivi stratigrafici, ma in realtà litologicamente omologhe.

Definire i criteri di aggregazione delle diverse unità presenti sul territorio regionale dipende dalle finalità

dell'operazione. In questo caso, è necessario consentire che lo studio basato su dati statistici, parta da un

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numero non troppo elevato di classi per le variabili nominali, altrimenti si rischia di non poter giungere ad

una sintesi sul ruolo dei vari termini litologici.

Operativamente, la procedura di omogeneizzazione può essere effettuata sia in fase di rilevamento in

campagna, sia in fase di acquisizione del dato da documenti esistenti, che devono essere basati su criteri

litostratigrafici, e non cronostratigrafici, e ad una scala compatibile con il dettaglio richiesto a tutto il set di

variabili da utilizzare per lo studio.

Nel caso della Calabria esiste la Carta Geologica al 25.000 che anche se risale ai primi anni '60 e presenta

alcune lacune (soprattutto nella parte strutturale e nella totale mancanza di alloctonia delle formazioni

cristalline, elemento universalmente riconosciuto già al tempo dell'elaborazione del documento), presenta

un'accettabile correttezza e precisione del rilevamento, relativamente alla individuazione delle diverse

unità litostratigrafiche.

L'omogeneizzazione si ottiene essenzialmente attraverso il raggruppamento delle unità litostratigrafiche

che presentano litologie omologhe e simili dal punto di vista del comportamento meccanico. Ciò contrasta

con la possibilità che la variabilità delle caratteristiche meccaniche osservabile all'interno di una singola

unità litostratigrafica, possa esse superiore a quella osservabile tra unità diverse. In questo caso la

separazione tra elementi omogenei può ottenersi solo tramite il rilevamento diretto. Alla scala regionale,

tuttavia, è conveniente e sufficiente istituire unità caratterizzate, appunto, da ampia variabilità delle

caratteristiche meccaniche. Tale è il caso, per esempio, delle alternanze di livelli di spessore decametrici di

sabbie e argille, o arenarie e argille.

Il diverso grado di fratturazione, può influire pesantemente sulle caratteristiche meccaniche dei terreni,

soprattutto quelli litoidi. In questo caso, conviene costruire, nel GIS, un livello delle strutture tettoniche che

includa le zone di fratturazione diffusa. Si può così istituire sotto-gruppi dei vari raggruppamenti.

I criteri di raggruppamento dei vari tipi litologici tengono conto della litologia e dell'età. Si sono così

ottenuti due livelli, progressivamente sintetici, di raggruppamento: il livello intermedio include 85 unità e

quelle di maggior sintesi ne include 24 (Fig. 2.2-1). Nella procedura di classificazione della suscettibilità al

movimento in massa si è adottato il raggruppamento con livello di sintesi maggiore.

L'elenco delle unità litologiche raggruppate nei due livelli di sintesi, e l'elenco delle unità litostratigrafiche

della Carta Geologica al 25.000, sono presentati nell’Appendice 1. Nell’appendice sono anche indicate le

sigle sintetiche le cui chiavi di lettura sono illustrate sempre nella stessa Appendice.

Per quanto riguarda i caratteri geotecnici di ammasso, i vari termini presentano la più ampia variabilità di

caratteristiche, potendosi distinguere fra di essi i seguenti tipi di geomateriali:

coerenti (o litoidi, o rocce);

coerenti teneri (o semicoerenti, o a bassa coesione);

coesivi (o pseudocoerenti, o terre sciolte);

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incoerenti, attritivi a grana fine (o terre sciolte, a basso coefficiente d'attrito);

incoerenti, attritivi a grana grossa (o detrito, ad alto coefficiente d'attrito)

Nel seguito si utilizzerà il primo termine indicato per ogni categoria.

Geomateriali coerenti.

In questo gruppo si possono riconoscere diversi raggruppamenti di rocce cristalline e sedimentarie. Le rocce

cristalline sono a loro volta distinte in ignee e metamorfiche. E' bene tenere separati i terreni ignei da quelli

metamorfici perché i secondi sono dotati di scistosità che ne riduce la resistenza meccanica. Naturalmente

esiste la possibilità che termini metamorfici (come le cornubianiti) siano raggruppate con termini ignei, e

viceversa (p. es. le lave associate alle filladi delle unità oceaniche raramente costituiscono masse da tenere

separate).

Le rocce metamorfiche di basso grado sono state separate perché possono presentare un alto grado di

degradazione meccanica.

La degradazione meccanica può riguardare anche elevati spessori degli affioramenti granitici, ricoperti da

alteriti residuali dalla consistenza variabile. Questa distinzione può essere notevole anche a scala regionale,

come in estese aree di affioramento dei graniti in Sila. In genere, comunque, tale distinzione viene operata

a livello della definizione delle coperture di alterazione, non nella individuazione delle unità litologiche.

Le rocce sedimentarie coerenti sono sia unità carbonatiche che detritiche. Tra le unità carbonatiche si

rinviene, nell'area del M. Pollino, una dolomia cataclastica che è opportuno tenere separata. I conglomerati

e le arenarie possono essere raggruppati, ma le decisione va presa caso per caso, con molta attenzione. E'

bene effettuare dei sopralluoghi per decidere cosa raggruppare.

Geomateriali coerenti teneri.

Si tratta di sabbie compatte e termini a basso grado di cementazione prevalentemente sabbiosi. In alcune

zone della Calabria sono ampiamente rappresentati (p. es. le molasse del bacino Crotonese) e possono

costituire unità litologiche separate.

Geomateriali coesivi.

Questo gruppo include tutti i numerosi termini a prevalente componente argillosa. In questo caso, è

importante tener conto dell'età delle formazioni, perché termini più antichi presentano un grado di

consolidamento superiore dovuto sia alla diagenesi più avanzata, sia alla possibilità di

sovraconsolidamento. In principio, la separazione si può effettuare distinguendo i termini quaternari, quelli

pliocenici e quelli pre-pliocenici.

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Fra questi terreni è opportuno includere le formazioni complesse (flysch, Argille Scagliose) anche se vi è

rilevante la parte coerente, perché le caratteristiche dell'ammasso sono determinate essenzialmente dalla

componente coesiva.

Geomateriali incoerenti (attritivi a grana fina, attritivi a grana grana grossa).

In questo gruppo vanno distinti i termini a prevalente grana fine, da quelli grossolani. Il motivo è facilmente

intuibile: il diverso coefficiente d'attrito. E' difficile trovare sabbie del tutto sciolte (salvo lungo i cordoni

dunari costieri), mentre più frequenti sono i depositi di brecce e conglomerati continentali. Fra questi

ultimi, i depositi da colata detritica presentano una debole cementazione dovuta alla matrice fine che

circonda ogni clasto. Sono distinguibili perché in grado di formare alte scarpate verticali o subverticali

permanenti. Non rappresentano, tuttavia, volumi rilevanti, per cui in genere non vengono presi in

considerazione, a meno di studi a scala relativamente grande (al 5.000 o maggiore).

Si deve tuttavia considerare, in relazione alla problematica di specifico interesse, l’opportunità di definire

dal punto di vista geotecnico ulteriori aggregazioni delle litologie base identificate, in relazione alla

categoria di movimento in massa che si ha necessità di trattare o ad altri aspetti.

Nell’ipotesi, ad esempio, si debbano trattare su area vasta, ed a scala regionale, aspetti relativi a frane

superficiali (spessori massimo di circa 3 m) può essere utile aggregare le litologie riscontrate in

affioramento in base al tipo di terreni di copertura che dalle stesse si possono formare: terreni a grana

grossa (comportamento prevalentemente attritivo), terreni a grana fina (comportamento prevalentemente

coesivo), terreni di alterazione.

In generale, quindi, una volta definita la problematica di instabilità che si ha necessità di trattare dal punto

di vista geotecnico si potrà individuare il criterio più idoneo per definire opportune aggregazioni delle

litologie base.

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Fig. 2.1-1 – Ambiti geologico-geomorfologici omogenei individuati a scala regionale

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Fig. 2.2-1 – Raggruppamento dei vari tipi litologici in 24 gruppi. Legenda: A = detriti e colluvioni; B = ghiaie; C = conglomerati; D = sabbie; E = arenarie; F = silts; G = marne; H = argille; I = argilliti; J = gessi; K = marne evaporitiche; L = argille evaporitiche; M = calcari evaporitici; N = calcari; P = dolomie; Q = flysch argillosi caotici; R = flysch marnoso-arenacei; S = flysch marnoso-calcarei; T = metamorfiti di basso grado; U = matamorfiti di medio-alto grado a elevata scistosità; V = matamorfiti di medio-alto grado a limitata scistosità; W = rocce acide; Y = rocce acide laminate e filoniane; Z = rocce basiche

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2.3. Caratteri mineralogico-petrografici in contesti geologici omogenei

(S. Critelli, F. Perri)

Le relazioni esistenti tra i caratteri chimici, minero-petrografici e le proprietà geotecniche dei terreni sono

tra loro molto complesse, non solo per gli aspetti meccanici ma soprattutto per quelli di carattere fisico-

chimico legati alla natura molecolare e cristallografica delle parti fini e delle fasi cristalline a contatto tra

loro. La composizione, le variazioni elementari e la distribuzione dei minerali che ospitano gli elementi

chimici dipende da diversi fattori quali, le caratteristiche delle rocce (aree) sorgenti, i processi di alterazione

chimica e di degradazione chimico-fisica, i processi di frazionamento e classazione granulometrica legati al

trasporto e alla sedimentazione e le reazioni diagenetiche post-deposizionali. Ciò è principalmente legato ai

sedimenti a grana fine quali limi e argille, che sono spesso coinvolti nei movimenti franosi e dunque

riconosciuti come litologie significative nello studio e nelle valutazioni dei rischi relativi ai fenomeni naturali

ed antropici. L’approccio chimico e minero-petrografico contribuisce nel definire e determinare alcuni

ambiti (contesti) precedentemente individuati come omogenei in termini geologico-geomorfologici.

Un ottimo esempio è fornito dai sedimenti a grana fine (argille, marne e silts, AMS; fig.2.3-1) Plio-

Pleistocenici presenti in differenti ambienti (contesti) omogenei della Calabria. Per gli aspetti metodologici

relativi alla caratterizzazione mineralogico-petrografica si rimanda alla relazione RF03.

I risultati illustrati e le indicazioni di seguito proposti non sono evidentemente esaustivi, ma delineano un

percorso efficace per l’utilizzo dei dati e delle informazioni che si rendono progressivamente disponibili per

la valutazione della suscettibilità, pericolosità e rischio da frana sia per aree vaste che per aree delimitate

(scala del versante).

I siti relativi agli studi condotti sulla caratterizzazione chimica e minero-petrografica di litotipi significativi

(argille, marne e silts, AMS), sono quelli individuati su base geologico-geomorfologica, con riferimento agli

ambiti (contesti) omogenei. In particolare sono stati campionati terreni a grana fine del Pliocene-

Pleistocene affioranti lungo la destra e la sinistra idrografica del Fiume Crati (Valle Crati), nella zona di

Crotone sul versante dell’alto Ionio, lungo la Stretta di Catanzaro, lungo la Valle del Mesima e lungo la costa

del basso Ionio (Tab. 2.3-1).

Le variazioni elementari sono state analizzate statisticamente attraverso l’Analisi dei Componenti Principali

(Principal Component Analysis, PCA), utilizzando il software CoDaPack3D®. I dati sono stati inizialmente

trasformati tramite la centered log-ratios (clr) (Aitchinson, 1986, 2002); successivamente tutte le variabili

sono passate in ‘trasformata-z’ (z-transformed; Aitchinson, 1984, 1986). Il metodo statistico utilizzato si

basa sui biplot, una rappresentazione grafica delle variabili e dei casi proiettati su piani di componenti-

principali (la tecnica e l’interpretazione dei biplot è spiegata da Gabriel, 1971).

Il diagramma di fig. 2.3-2 mostra come gli elementi si dispongano in due differenti gruppi. Il primo è

caratterizzato dalla correlazione tra Al, K, Fe, Ti, Si, Mg, Na, Cr, Co, Rb e Nb legato principalmente alla

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presenza dei fillosilicati (miche e minerali argillosi) molto abbondanti nei sedimenti studiati. In genere

l’Al2O3 monitora la presenza dei minerali argillosi (es. Crichton e Condie, 1993), i quali ospitano molti

elementi in tracce (Cr, Co, Rb e Nb) all’interno della loro struttura. Tra questi elementi il Rb è spesso

associato ai minerali argillosi, in particolare all’illite, come vicariante del K (Brown e Brindley, 1980). In

questo primo gruppo ricadono generalmente i campioni appartenenti alla formazione P_a-2.3 e P_a-3

(Casmez, 1967) (Tab. 2.3-1).

Il secondo gruppo è caratterizzato dalla correlazione tra Ca e Sr e, subordinatamente dal Mg, a causa

dell’abbondanza di carbonati (calcite e dolomite), in quanto Sr e Mg possono essere vicarianti soprattutto

del Ca all’interno della struttura cristallina dei carbonati (Fig. 2.3-2).

L’alto contenuto in Sr inoltre, giustifica la percentuale di componente organogena, poiché tale elemento è

presente soprattutto nei gusci di foraminiferi (Nuovo et al., 1989). In questo secondo gruppo ricadono

generalmente i campioni appartenenti alla formazione P_a-1.2 (Casmez, 1967) (Tab. 2.3-1).

In base all'analisi calcimetrica si osservano le variazioni relative alla quantità di carbonato ci calcio (%

CaCO3) (Tab. 2.3-1). Anche l’analisi calcimetrica discrimina fondamentalmente due gruppi: il primo formato

dai campioni appartenenti alla formazione P_a-2.3 e P_a-3 (Casmez, 1967) e caratterizzati generalmente da

una percentuale di CaCO3 < 25% tipica di ‘argille marnose’, mentre il secondo gruppo formato dai campioni

appartenenti alla formazione P_a-1.2 (Casmez, 1967), caratterizzati generalmente da una percentuale di

CaCO3 > 35% e relativa a ‘marne argillose’ e ‘marne’.

La composizione mineralogica di tutti i campioni è riportata in Tab. 2.3-1. Tutti i campioni presentano una

composizione mineralogica relativamente uniforme con differenze legate principalmente alla quantità di

carbonati (calcite e dolomite).

Generalmente, i campioni appartenenti alla formazione P_a-1.2 (Casmez, 1967) presentano percentuali

maggiori in calcite, mentre i campioni appartenenti alla formazione P_a-2.3 e P_a-3 (Casmez, 1967) sono

caratterizzati da percentuali minori; solo alcuni campioni appartenenti alla formazione P_a-2.3 (Casmez,

1967) presentano valori in calcite leggermente maggiori e simili ai campioni della formazione P_a-1.2

(Casmez, 1967). Sembrerebbe dunque che il versante ionico sia caratterizzato da campioni con tenori

maggiori in carbonati.

Ciò che è importante osservare è l’abbondanza dei minerali argillosi. In genere questi minerali sono il

prodotto di alterazione di minerali detritici preesistenti (feldspati e miche), i quali, a causa dei processi di

alterazione e degradazione, si trasformano in minerali argillosi. Investigando i bassi angoli dei pattern

diffrattometrici si nota come alcuni campioni sono caratterizzati da abbondanze leggermente maggiori di

minerali argillosi. Visto che parte dei campioni sono stati prelevati direttamente in superficie, mentre altri

provengono da carote di terreno, è stato possibile osservare che i campioni superficiali presentano

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abbondanze leggermente maggiori di minerali argillosi, e ciò presumibilmente legato al differente grado di

alterazione.

Dall’analisi petrografia al SEM-EDS, si nota come i campioni appartenenti alla formazione P_a-3 e P_a-2.3

(Casmez, 1967) (area di Valle Crati, costa dell’alto Ionio e Stretta di Catanzaro), siano caratterizzati da un

più basso contenuto in microfossili (tipo coccoliti, ooliti, discoaster etc.) molto abbondanti nei campioni

appartenenti alla formazione P_a-1.2 (Casmez, 1967) (area di Valle del Mesima e dello basso Ionio).

Si nota inoltre una differenza per ciò che riguarda le microstrutture e lo stato di conservazione dei minerali,

tra i campioni prelevati direttamente in superficie e quelli provenienti da carote di terreno (Figg. 2.3-3 e

2.3.-4). Mentre infatti i primi sono generalmente caratterizzati dalla presenza di minerali micacei ‘aperti’ e

deformati e spesso ricoperti da minerali argillosi (formando una sorta di pellicola tipo coating) legati ai

processi di degradazione e alterazione, dalla presenza di feldspati (plagioclasi e K-feldspati) degradati e

alterati, dalla presenza di granuli di calcite alterata, e dalla presenza di microfratture all’interno delle quali

si rinvengono frequentemente minerali fillosilicatici allungati ed alterati (‘aperti’) (Fig. 2.3-3), i campioni

provenienti da carote di terreno prelevato in profondità risultano essere generalmente più compatti con

scarsa presenza di minerali micacei ‘aperti’ e deformati e feldspati alterati e degradati (Fig. 2.3-4). Ciò è

legato al fatto che le coltri di terreno più superficiale risentono maggiormente dei fenomeni di physical and

chemical weathering e stress tettonico e sono spesso il prodotto dei processi di degradazione e alterazione

degli orizzonti più profondi. Si osservano inoltre diversi granuli di feldspati alterati e degradati e ricoperti da

minuti cristalli di minerali argillosi.

Le variazioni chimico-mineralogiche sopra descritte, sono in accordo con studi effettuati precedentemente

da altri autori sempre su sedimenti a grana fine Plio-Pleistocenici campionati lungo i medesimi ambiti

(contesti) omogenei calabresi (es. Dell’Anna e Rizzo, 1982; Saccà et al., 2004, 2007).

Un altro esempio interessante è fornito dai profili di alterazione relativi a rocce cristalline paleozoiche

presenti in differenti ambienti (contesti) ‘omogeni’ della Calabria. In particolare sono state studiate

metamorfiti di alto grado ad elevata scistosità (MAGES, fig. 2.3-5) relativi al contesto omogeneo della Sila, e

metamorfiti di basso grado (MBG, fig. 2.3-6), relativi al contesto omogeneo della Catena Costiera e Sila

Piccola (Tab. 2.3-2). Per gli aspetti metodologici relativi alla caratterizzazione mineralogico-petrografica si

rimanda alla relazione RF03.

L’approccio chimico e minero-petrografico su questi litotipi fornisce un utile contributo in termini di

composizione, di processi di alterazione e di degradazione chimico-fisica al fine di definire e determinare

ambiti (contesti) precedentemente individuati come omogenei in termini geologico-geomorfologici.

Il processo di alterazione nelle metamorfiti ed il suo andamento con la profondità sono stati fortemente

condizionati dagli eventi tettonici e climatici succedutisi nelle aree oggetto di studio (Critelli et al., 1991;

Cascini et al., 1992). Generalmente gli orizzonti più superficiali dei profili di alterazione studiati sono

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perlopiù costituiti da terreni residuali (classe di alterazione VI) con spessori vari. Negli orizzonti più profondi

si rinvengono principalmente rocce alterate, alcune dotate di una certa consistenza, con uno stato di

fatturazione spesso molto intenso (classe di alterazione IV e V). Al di sotto di questi orizzonti, all’aumentare

della profondità, si rinvengono livelli da moderatamente a debolmente alterati (Critelli et al., 1991; Cascini

et al., 1992).

La composizione mineralogica delle metamorfiti di alto grado ad elevata scistosità (MAGES) è caratterizzata

principalmente da abbondante quarzo, fillosilicati (miche e minerali argillosi e clorite), feldspati (K-feldspato

e plagioclasi) e silicati anidri di alluminio (sillimanite). In diversi campioni si osserva inoltre la presenza di

carbonati (calcite e dolomite) (Tab. 2.3-2). Nonostante la composizione mineralogica da un punto di vista

qualitativo sia molto simile, si osservano comunque apprezzabili variazioni da un punto di vista

quantitativo. In particolare le variazioni sono legate perlopiù alle quantità di fillosilicati, soprattutto clorite,

e di feldspati. In genere la clorite aumenta nei campioni maggiormente alterati (cloritizzazione della biotite;

Le Pera e Sorriso-Valvo, 2000b; Le Pera et al., 2001), mentre i feldspati e i silicati anidri di Al diminuiscono,

probabilmente a causa dei processi di alterazione molto spinti. Inoltre i campioni più alterati (es. classe di

alterazione VI) sono caratterizzati dall’elevata presenza di minerali argillosi, e dalla scarsa presenza di

feldspati e miche (Critelli et al., 1991; Cascini et al., 1992; Le Pera e Sorriso-Valvo, 2000a-b; Le Pera et al.,

2001). Ciò è evidenziato dalle analisi diffrattometriche, dove si nota un picco intorno ai 10 Å molto più largo

rispetto a quelli più stretti presenti negli altri diffrattogrammi e tipici di miche cristalline. In genere la

trasformazione di feldspati primari in fillosilicati secondari (ad esempio minerali argillosi tipo la caolinite) è

legata a processi di alterazione chimica (chemical weathering) (Nesbitt e Young, 1982).

Anche la presenza di ossidi di Fe, che spesso sostituiscono parzialmente o interamente granuli di biotite (Le

Pera e Sorriso-Valvo, 2000b; Le Pera et al., 2001), è indice di processi di alterazione non trascurabili. La

presenza del ferro bivalente (ad esempio nelle miche triottaedriche) è un fattore che aumenta l’instabilità

favorendo l’alterabilità del minerale. Questo è dovuto soprattutto alla facilità della reazione di ossidazione

Fe2+-Fe3+. Questa reazione favorisce l’idratazione e la formazione idrolitica di ossidi di Fe.

Da un punto di vista chimico, nella valutazione del grado di alterazione vengono prese come riferimento le

variazioni degli elementi mobili (Ca, Na, Mg e K) rispetto agli elementi immobili quali Al, Zr e Ti

(Chittleborough, 1991). In genere, i minerali più alterabili sono le olivine, i pirosseni, gli anfiboli, la biotite, e

i plagioclasi (prima anortite e poi albite), successivamente il K-feldspato e la muscovite e infine il quarzo. Di

conseguenza gli elementi chimici che durante il processo di alterazione e di degradazione vengono

principalmente allontanati sono Mg, Fe, Ca, Na e K, mentre l’Al e soprattutto il Si (e dunque il quarzo) sono

fondamentalmente ‘immobili’. La maggiore mobilità di tali elementi (Mg, Fe, Ca, Na e K) è dovuta al loro

contenuto iniziale, alla composizione mineralogica della roccia madre, ai processi chimici verificatisi

durante la loro petrogenesi e ai legami inter-intramolecolari. Partendo da queste considerazioni è stato

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valutato il grado di alterazione dei campioni studiati in base ai rapporti tra gli elementi ‘immobili’ e legati a

minerali poco alterabili e/o residuali (Al e Si) rispetto a elementi ‘mobili’ (Mg, Fe, Ca, Na e K). I campioni

meno alterati sono caratterizzati da rapporti ‘elementi residuali/elementi mobili’ minori rispetto ai

campioni maggiormente alterati e degradati. Tra gli elementi in tracce un ruolo fondamentale nella

valutazione del grado di lisciviazione degli elementi, legati ai processi di alterazione e di degradazione, è

dato dal rapporto Ba/Sr (Retallack, 2001), maggiore nei campioni più alterati, a causa del differente grado

di solubilità tra questi due elementi (Ba<Sr). I campioni più alterati e degradati (classe di alterazione V e VI)

mostrano valori più alti di Ba/Sr, a testimonianza dei fenomeni di alterazione e degradazione subiti da

questi livelli.

Un contributo importante è stato inoltre fornito dalle analisi al microscopio elettronico a scansione (SEM),

supportato da microanalisi chimica (EDS), effettuate su alcune porzioni del campione ‘debolmente alterato’

e di quello ‘estremamente degradato e alterato’. Attraverso queste analisi sono state valutate le differenze

e le variazioni in termini sia microstrutturali che chimico-mineralogici. I campioni meno alterati sono

caratterizzati da minerali poco alterati e degradati. Le lamelle dei minerali micacei appaiono abbastanza

regolari e uniformi, non mostrando importanti segni di deformazione e/o distorsione. Sui vari cristalli

presenti non si osservano fenomeni di dissoluzione e/o corrosione. In questi campioni si rinvengono livelli

caratterizzati dalla presenza di silicati anidri di alluminio (sillimanite). Questi minerali si presentano come

cristalli prismatici allungati con contorni rettangolari in sezioni prismatiche e quadrati o a losanga in sezioni

basali. I cristalli presentano una forma variabile da lamellare a listiforme a poligonale, attraversati da più

sistemi di sfaldatura e parting.

La compagine rocciosa dei campioni estremamente degradati e alterati risulta essere caratterizzata da

microfratture (Fig. 2.3-5 A), all’interno delle quali si rinvengono principalmente minerali fillosilicatici

allungati ed alterati (‘aperti’). Inoltre si osserva spesso un microfabric caratterizzato da grani di biotite e

feldspati molto alterati, granuli di quarzo inalterati (‘freschi’), spesso immersi in una matrice argillosa (es. Le

Pera et al., 2001). Le miche presentano superfici esfoliate ed espanse e spesso anche deformate e piegate

(Fig. 2.3-5B). Ciò è principalmente legato a processi di physical e chemical weathering e di ‘stress tettonico’.

I processi di alterazione delle miche (perlopiù biotite) generano una deformazione ed una apertura di

questi minerali con conseguente formazione di minerali argillosi che ricoprono questi cristalli. Infatti nelle

fessure aperte delle miche, a causa dell’alterazione e della degradazione, si rinvengono frequentemente

minuti cristalli di minerali argillosi (Figg. 2.3-5 C-D-E). Anche i feldspati (ad esempio albite, Fig. 2.3-5 F) sono

spesso caratterizzati da fenomeni di dissoluzione e di alterazione tali da produrre minuti cristalli di minerali

argillosi, i quali ricoprono tipo coating i granuli dei feldspati (es. Le Pera et al., 2001). Si osservano spesso

fenomeni di ossidazione di minerali detritici e sono a luogo presenti piccoli cristalli di ossidi di ferro (Figg.

2.3-5 G-H).

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La composizione mineralogica delle metamorfiti di basso grado (MBG) è caratterizzata principalmente da

fillosilicati (clorite, miche e minerali argillosi), quarzo, feldspati (plagioclasi e K-feldspato), dolomite e calcite

(Tab. 2.3-2). In particolare, i campioni meno alterati sono caratterizzati da maggiori quantità di clorite e

miche, rispetto ai campioni maggiormente degradati e alterati. In questi ultimi si osserva infatti un leggero

aumento del quarzo a spese delle miche che si trasformano parzialmente in minerali argillosi (processi di

argillificazione; es., Le Pera, 1998; Le Pera a Sorriso-Valvo, 2000a), a causa dei processi di alterazione e di

degradazione chimico-fisica. Ciò è evidenziato dalle analisi diffrattometriche, dove si nota un picco intorno

ai 10 Å leggermente più largo e meno intenso nei campioni degradati rispetto a quello più stretto e intenso

presente nei campioni meno alterati e tipico di miche cristalline. In genere la formazione dei fillosilicati

secondari (ad esempio minerali argillosi) è legata a processi di alterazione chimica (chemical weathering)

(es., Nesbitt e Young, 1982). Anche la presenza di ossidi di Fe, è indice di processi di alterazione non

trascurabili. La sostituzione di ossidi di Fe a spese di minerali mafici (Fe, Mg) come la biotite (Le Pera, 1998;

Le Pera a Sorriso-Valvo, 2000a), mica più alterabile rispetto alla muscovite, è legata ai processi di

alterazione dei livelli maggiormente degradati. In generale, le analisi mineralogiche hanno dunque

evidenziato un trend decrescente da parte dei minerali più vulnerabili e alterabili (plagioclasi, K-feldspati e

miche) e crescente per i prodotti di alterazione (minerali argillosi) e più resistenti e residuali (quarzo)

procedendo verso i campioni caratterizzati da un’elevata classe di alterazione.

Da un punto di vista chimico, il grado dei processi di alterazione è stato valutato attraverso rapporti tra

elementi immobili (principalmente Al) ed elementi mobili (Ca, Na, Mg e K) (Nesbitt e Young, 1982). In molti

casi si osserva che questo rapporto aumenta passando da campioni meno degradati a campioni più alterati;

ciò è stato osservato su litologie simili anche se in altri contesti (es. Barrese et al., 2006). Anche gli elementi

in tracce, attraverso il rapporto Ba/Sr (Retallack, 2001), confermano questo grado di alterazione dei livelli

maggiormente degradati e alterati (es. classe V-VI).

Lo studio petrografico al SEM ha permesso di valutare come i campione meno degradati siano caratterizzati

da strutture più compatte e omogenea caratterizzata da più o meno regolari superfici di scistosità. I

campioni maggiormente degradati e alterati presentano invece microfratture, all’interno delle quali si

dispongono principalmente minerali fillosilicatici allungati ed alterati (‘aperti’) (Figg. 2.3-6 A-B). Essi sono

inoltre caratterizzati da una matrice fine argillificata, costituita da fillosilicati secondari (minerali argillosi)

derivati dalla trasformazione di feldspati primari e miche a causa dei processi di alterazione. Le miche

presentano superfici esfoliate ed espanse e spesso anche deformate e piegate (Figg. 2.3-6 C-D-E). Nelle

fessure aperte delle miche alterate e degradate si rinvengono frequentemente minuti cristalli di minerali

argillosi (Fig. 2.3-6 G). Anche i feldspati (ad esempio albite, Fig. 2.3 6 H) sono spesso caratterizzati da

fenomeni di alterazione tali da produrre minuti cristalli di minerali argillosi, i quali ricoprono tipo coating i

granuli dei feldspati e a volte del quarzo. Sono a luogo presenti piccoli cristalli di ossidi di ferro e

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manganese (Fig. 2.3-6 F). Ciò è testimoniato anche dalle microanalisi (EDS) dove si nota un aumento in Fe e

Mn verso i campioni maggiormente alterati e degradati.

Dallo studio effettuato è stato possibile suddividere i sedimenti a grana fine in due distinti gruppi, in base

alle caratteristiche chimico-mineralogiche e petrografiche: un primo gruppo relativo ai sedimenti affioranti

lungo contesti geologici omogenei presenti in Calabria centro-settentrionale, e un secondo gruppo relativo

ai contesti geologici omogenei presenti in Calabria meridionale (Tab. 2.3-1).

Inoltre, relativamente ai caratteri chimico-mineralogici e petrografici dei profili di alterazione di

metamorfiti di basso e alto grado è emerso che, indipendentemente dal contesto geologico omogeneo di

riferimento, i litotipi in esame subiscono medesimi processi di degradamento e di alterazione (Tab. 2.3-2).

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Fig. 2.3-1 – Schema geologico con ubicazione delle aree investigate con particolare riferimento alle aree di studio individuate per il LOTTO 1.

AREA 4

AREA 5

AREA 3

AREA 1

AREA 2

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Tabella 2.3-1 – Campioni di terreni a grana fine studiati, relativi ai diversi contesti geologici omogenei.

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Figura 2.3-2 – Biplot delle variazioni elementari dei campioni studiati.

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Figura 2.3-3 – Microfoto al SEM relative ad alcuni campioni (AMS) degradati prelevati superficialmente.

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Figura 2.3-4 – Microfoto al SEM relative ad alcuni campioni (AMS) non interessati da intensi processi di alterazione e degradazione (prelevati in profondità tramite sondaggi).

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Fig. 2.3-5 – Microfoto al SEM relative ad alcuni campioni di metamorfiti (MAGES) maggiormente alterati (classe di alterazione V-VI).

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Fig. 2.3-6 – Microfoto al SEM relative ad alcuni campioni di metamorfiti (MBG) maggiormente alterati (classe di alterazione V-VI).

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Tab. 2.3-2 – Caratteri mineralogici delle metamorfiti presenti in determinati contesti geologici omogenei.

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3. SULL’ OMOGENEIZZAZIONE DELL’INFORMAZIONE CIRCA LA FRANOSITA’ SISMOINDOTTA: DATI,

CONSIDERAZIONI E PROBLEMI

(R. Greco, P.G. Nicoletti, G. Gullà)

In Calabria lo stato delle conoscenze sui fenomeni di instabilità sismoindotti è complessivamente poco

avanzato e, al contempo, difficile da far avanzare. Ostano la grande complessità della geologia regionale, la

ricorrenza di estremi climatici, la frequente povertà di fonti.

Nel contesto calabrese attribuire una frana ad innesco sismico richiede o che la cosa risulti documentata

storicamente o che sia dimostrata caso per caso. Evidenza ne è che frane storicamente riconosciute come

sismiche sono morfologicamente indistinguibili, almeno in prima analisi, da migliaia di altre frane d’altra

natura. Tra l’altro non sarebbe neppure ragionevole, in un contesto geo-climatico assai complesso, operare

una netta separazione tra innesco sismico ed innesco pluviale, potendo ben darsi, nelle varie circostanze di

fatto, una concomitanza di cause. La dimostrazione caso per caso è proponibile solo in un ristretto numero

di situazioni, presupponendo investimenti considerevoli. Per avviare a soluzione organica le problematica

richiamata è necessario affrontarla con una strategia che assume come punti di forza quelli stessi

individuati per il LOTTO 1: individuazione di contesti omogenei, tipizzazione dei fenomeni di frana

sismoindotti.

Al fine di iniziare a colmare, in qualche modo, la lacuna circa la scarsità di notizie storiche sui fenomeni

sismoindotti, è stata condotta una ricerca di notizie in tal senso basata essenzialmente sul ricchissimo

apparato bibliografico del Catalogo dei Forti Terremoti in Italia (CFTI) (Boschi et al., 1995, Boschi et al.,

1997, Boschi et al., 2000, Guidoboni et al., 2000), che è corredato in alcune edizioni da un esteso repertorio

di citazioni testuali. Alle notizie estratte dalle fonti ivi raccolte sono state aggiunte degli apporti,

innumerevoli in sé, provenienti da poche altre fonti. Per ciascun terremoto, le notizie raccolte sono state

ordinate sulla base dei territori comunali così come essi attualmente sono; nell’insieme si tratta di 244

entrate, che in diversi casi riguardano più eventi di dissesto dovuti ad uno stesso sisma. In tale quadro,

ovviamente, diversi comuni compaiono più volte, in corrispondenza di altrettanti terremoti (Nicoletti &

Catalano, 2009a; 2009b, 2009c, 2010a; 2010b, 2010c, 2010d). Si precisa che per i terremoti non trattati nei

rapporti non risultano, a conoscenza dei curatori, segnalazioni di dissesto sismoindotto.

In merito ai dati contenuti in questa serie di rapporti occorre sottolineare i seguenti punti:

- I dati sono stati raccolti avendo anzitutto in mente obiettivi di pianificazione territoriale e ciò ne spiega

l’organizzazione su base comunale.

- I dati sono assai disomogenei sul piano qualitativo. Il linguaggio dei testi originari varia molto in funzione

dell’epoca di stesura sia sul piano lessicale e sintattico sia sul piano del contenuto informativo, che a sua

volta è connesso a sensibilità, preparazione ed interessi tanto dell’osservatore che della società cui egli

apparteneva e si rivolgeva. Pertanto, mentre i documenti più recenti, quelli del Novecento, esprimono con

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linguaggio pressoché uguale al nostro informazioni codificate in maniere per noi semplici (anche se non

sempre adeguate ai nostri fini), documenti più remoti possono presentarsi problematici e richiedere un

grado di interpretazione più o meno ampio.

- I dati sono disomogenei anche sul piano quantitativo. Come è ovvio, i documenti diventano tanto più

abbondanti quanto più a noi cronologicamente vicini (con qualche oscillazione entro questa tendenza

generale). Basti osservare che il dissesto sismicamente indotto ha lasciato tracce storiografiche di sé per

appena quattro terremoti distribuiti nei primi 700 anni circa investigabili (terremoti del 951 d.C., 1509,

1638 e 1659), con segnalazioni riguardanti 22 comuni (Fig. 3-1), e per 16 terremoti distribuiti negli ultimi

230 anni circa (1783, 1832, 1836, 1854, 1870, 1887, 1894, 1905, 1907, 1908, 1913, 1947, 1978, 1982 e

1998), con segnalazioni riguardanti 222 comuni (Fig. 3-1). Va anche osservato che nessuna notizia di

dissesto sismoindotto ci è attualmente nota per l’intervallo 951 d.C.-1509, cioè per oltre 550 anni.

Suggeriamo che tale assenza di dati vada addebitata non ad un’assenza di eventi quanto piuttosto ad una

perdita dei – pur scarsi – documenti che potevano essere stati prodotti (cfr. Valensise & Guidoboni, 2000).

Va forse ancora evidenziato che nessuna notizia di dissesto sismoindotto riguardante la Calabria è nota per

tutto il periodo 461 a.C – 950 d.C., pur coperto dal CFTI.

Sulla base delle informazioni così raccolte è stato predisposto un database georiferito in ambiente ArcGis

(Ver. 9.3), in cui le segnalazioni costituiscono un layer di tipo puntuale. Per l’individuazione delle località

citate e la collocazione spaziale dei corrispondenti punti è stata utilizzata la cartografia IGM in scala

1:25.000 nuova serie.

Occorre specificare che la traduzione in punti georiferiti delle segnalazioni sugli effetti macrosismici, ed in

particolare delle località interessate dagli stessi, ha richiesto un’accurata e non semplice analisi dei testi. In

alcuni casi è stato possibile individuare sulla base cartografica i toponimi delle località citate, per cui la

collocazione spaziale dei relativi punti non ha presentato particolari difficoltà. In altri casi, o le località citate

non sono state individuate, o il testo non conteneva riferimenti a specifiche località. Per queste due ultime

situazioni il punto rappresentativo è stato collocato sull’abitato del comune a cui la fonte si riferiva.

Il risultato finale è un layer di tipo puntuale, comprensivo di 265 punti rappresentativi delle località

direttamente o approssimativamente interessate da effetti macrosismici con manifestazioni riconducibili a

fenomeni franosi, ubicati su una base cartografica in scala 1:25.000 (Fig. 3-2).

Allo scopo di predisporre, a scala regionale, una mappa parametrizzata in grado di fornire un’indicazione

sull’accadimento di fenomeni franosi con innesco associabile a scuotimento sismico, sul database così

strutturato è stata condotta un’analisi di densità. Attraverso il tool Spatial Analyst di ArcMap, è stata

ottenuta una mappa di densità dei punti rappresentativi degli effetti macrosismici associabili a frana. La

mappa è stata quindi riclassificata in quattro classi indicizzate di eguale frequenza (quantile) con densità

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progressivamente crescente: S1 (densità bassa), S2 (densità media), S3 (densità alta), S4 (Densità molto

alta).

La distribuzione di densità dei punti rappresentativi degli effetti macrosismici dai terremoti storici evidenzia

una concentrazione di punti ed una relativa densità elevata (S4) in una fascia allungata in direzione NE-SO

che parte dalla Stratta di Catanzaro e attraversa la Valle del Mesima, il Promontorio del Monte Poro, la

Piana di Gioia Tauro, il versante tirrenico dell’Aspromonte fino a giungere allo Stretto di Messina, e nella

porzione centrale della catena Costiera. Mentre le aree a densità inferiore (S3, S2) si dispongono intorno

alle aree a densità maggiore S4, le aree a densità più bassa S1 si localizzano nell’alto Ionio ed alto tirreno

cosentino, nella parte orientale del Pollino, e nella fascia costiera del Marchesato (Fig. 3-3). Va

esplicitamente sottolineato che tale elaborato è volto solo a rappresentare una sintesi delle conoscenze

relative al passato, che sono dichiaratamente incomplete (basti pensare all’assai probabile difetto di

informazione esistente sulla sismicità dell’area del Pollino). In nessun caso esso può essere utilizzato in

termini previsionali.

Da quanto su detto, rispetto all’omogeneizzazione riscontrata in termini geologici e climatici, da un punto di

vista sismico rimangono, come molto probabilmente era da attendersi, dei problemi legati a lacune di

conoscenze su periodi ed aree. L’obiettivo che ci si deve porre è dunque di approfondire ulteriormente le

ricerche per colmare quanto più possibile le lacune richiamate e, nel contempo, sviluppare in maniera

organica e continua studi interdisciplinari per integrare e chiarire al meglio le condizioni di predisposizione

e le cause (o concause) di innesco sismico, con riferimento alle categorie e tipologie di movimenti in massa

ad elevato impatto.

I risultati esposto e quelli più generali del LOTTO 1 forniscono una buona base conoscitiva per avviare gli

approfondimenti e le integrazioni delineate.

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Fig. 3-1 – Distribuzione delle segnalazioni dei comuni interessati dagli effetti macrosismici riconducibili a fenomeni franosi provocati dai terremoti storici in Calabria (N.B. l’asse degli anni comincia dal 900 in quanto le fonti storiche non segnalano fenomeni sismoindotti prima di questa data).

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Fig. 3-2 - Mappa dei punti rappresentativi degli effetti macrosismici associabili a manifestazioni riconducibili a fenomeni franosi provocati dai terremoti storici in Calabria.

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Fig. 3-3 - Mappa della densità dei punti rappresentativi degli effetti macrosismici associabili a manifestazioni riconducibili a fenomeni franosi provocati dai terremoti storici in Calabria.

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4. OMOGENEITÀ CLIMATICA E POSSIBILI TREND

(R. Coscarelli, T. Caloiero, G. Gullà)

Al fine di fornire elementi di riferimento relativi all’accadimento di movimenti franosi, differenziati per

categorie ma tutte caratterizzate da innesco pluviometrico, sono proposte le mappe dei tempi di ritorno di

valori prefissati di precipitazione elaborate per l’intero territorio regionale. Le mappe proposta sono state

ricavate nell’ambito di uno studio generale, in corso presso il CNR-IRPI già da qualche tempo, che ha come

obiettivo l’individuazione di possibili scenari di innesco a diverse scale di dettaglio e per categorie di frane

differenziate per lo spessore del volume coinvolto e per il tipo generale di geomateriale interessato. In

particolare, per le finalità esclusivamente metodologiche del LOTTO 1, sono stati preliminarmente

individuati valori “caratteristici” delle piogge (cumulate e non), che possono, sulla base dei confronti fra

dati storici di pioggia e segnalazioni di movimenti franosi, considerarsi potenzialmente innescanti eventi di

diversa categoria: per i movimenti di frana superficiali, vengono considerate le precipitazioni massime

giornaliere e un valore caratteristico pari a 100 mm; per i movimenti di frana mediamente profondi, si

assumono le precipitazioni cumulate di 90 e 120 giorni, con valori caratteristici rispettivamente pari a 700 e

900 mm; per i movimenti di frana profondi, e per le DGPV, si considerano le precipitazioni cumulate su 18

mesi, con un valore caratteristico pari a 1800 mm. Nell’ambito dello studio generale prima richiamato i

valori indicati per le finalità metodologiche del LOTTO 1 sono ancora oggetto di specifici approfondimenti.

Per ognuno dai valori sopra riportati e per ogni stazione pluviometrica della Calabria sono stati calcolati i

tempi di ritorno, utilizzando come distribuzione probabilistica quella di Gumbel, i cui due parametri α ed ε

sono stati stimati, per ogni serie, con gli usuali metodi di letteratura. I valori così ottenuti dei tempi di

ritorno sono stati interpolati con una metodologia spline e mappati considerando 4 range di valori: 0<T<5

anni, 5<T<20 anni, 20<T<100 anni, T>100 anni (figura 4-1)

Appare chiaro che se una determinata area ricade nelle fasce a più basso tempo di ritorno, maggiore è la

probabilità che possa verificarsi quel valore di pioggia caratteristico per quella determinata categoria di

frana.

I dati di pioggia utilizzati per l’analisi descritta sono quelli stati oggetto di omogeneizzazione, ed impiegati

per le finalità illustrate nella relazione finale RF0b “Definizione di una griglia ad alta risoluzione e analisi

delle tendenza pluviometriche in Calabria”.

Nella relazione RF0b sono presentati i risultati ricavati con un’analisi del trend delle precipitazioni, su scala

annuale e mensile, relativa al numero di giorni piovosi e all’intensità media giornaliera, intesa come

rapporto fra precipitazioni e numero di giorni piovosi. Nella fig. 4-2), tratta dalla citata relazione RF0b del

LOTTO 1, sono mostrate, in particolare, le mappe dei trend mensili per le piogge.

Relativamente agli obiettivi della presente relazione RF0c, occorre qui evidenziare, dal confronto delle

citate figure 4-1 e 4-2, che, essendo le precipitazioni massime giornaliere concentrate sul territorio

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calabrese soprattutto nei mesi autunnali e invernali e considerando che proprio detti mesi fanno registrare

un trend negativo più significativo, c’è da attendersi, se detti trend pluviometrici saranno confermati, che

nel futuro la soglia indicata possa essere raggiunta con minore frequenza (tempi di ritorno più elevati) nelle

stagioni autunno-invernali. Gli opposti trend registrati nei mesi estivi potrebbero, invece, far sì che la stessa

soglia possa nel futuro essere raggiunta anche nella stagione calda, come d’altronde sta già verificandosi di

frequente con piogge significative, e conseguenti danni, anche nei primi giorni di settembre.

Lo strato di elementi omogenei proposto relativamente al tempo di ritorno per valori di pioggia

ragionevolmente correlabili all’innesco di definite categorie di frana può rappresentare uno spunto

metodologico interessante. I valori utilizzati per elaborare le mappe e per fornire i dati utili all’applicazione

delle metodologie proposte, su area vasta e su singolo versante, sono assolutamente indicativi, anche se

sicuramente ragionevoli. Ricerche sono in corso presso il CNR-IRPI per approfondire e precisare gli aspetti

evidenziati.

Riguardo la rappresentatività dei dati di pioggia bisogna accuratamente considerarne le caratteristiche e, in

tale ottica, sono stati utilizzati dati omogeneizzati. Rimane da approfondire in maniera più circostanziata la

problematica del livello di rappresentatività spaziale dei dati di pioggia riferita all’innesco di frane.

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Fig. 4-1 - Mappe delle distribuzioni dei tempi di ritorno, fissato un valore caratteristici per ogni categoria di movimento in massa: 100 mm per le precipitazioni massime giornaliere (superficiali), 700 mm per le piogge cumulate di 90 gg. (mediamente profonde), 900 mm per le cumulate di 120 gg. (mediamente profonde/profonde), 1800 mm per le cumulate di 18 mesi(profonde/DGPV).

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Fig. 4-2 - Mappe dei trend mensili per le piogge (tratto dal rapporto del presente progetto “Definizione di una griglia ad alta risoluzione e analisi delle tendenza pluviometriche in Calabria” [RF0b]). I quadratini grandi indicano trend significativi.

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5. ZONE OMOGENEE PER DENSITÀ DI SEGNALAZIONI DI FRANA

(Petrucci O., Borrelli L., Pasqua A.A., Gullà G.)

I dati utilizzati per questa elaborazione provengono in parte da archivi già in formato digitale e in parte da

ricerche storiche effettuate specificamente nell’ambito delle attività del LOTTTO 1. In particolare, oltre a

dati pubblici provenienti da lavori scientifici o quotidiani nazionali e regionali sono stati selezionali e

riportati in formato digitale dati estratti da archivi inediti appartenenti ad enti pubblici. Ciò ha consentito di

infittire la serie già disponibile e di basare le elaborazioni cartografiche riportate nel seguito su una

popolazione di dati adeguatamente distribuita sul territorio regionale.

L’analisi dei documenti storici ha condotto all’organizzazione di un archivio digitale in cui ogni descrizione di

fenomeno franoso è stata ricondotta al formato di un record contenente le suddette informazioni suddivise

in una serie di campi (anno, mese, giorno, provincia, comune e toponimo in cui la frana si è verificata).

Sulla base delle notizie di frane storiche relative al periodo 1940-2009, corrispondenti a 1137 punti di

segnalazioni, in ambiente ArcGis, tramite l’estensione Spatial Analyts, utilizzando la funzione Density sulla

popolazione relativa alle segnalazioni (point), è stata effettuata una densità di tipo Kernel (raggio di ricerca

10.000 m2 con cella di uscita di 100m). La Mappa di densità ottenuta è stata riclassificata in quattro classi

con densità bassa, media, alta, molto alta (fig. 5-1).

Le aree caratterizzate dalla minore densità di segnalazioni sono localizzate in prevalenza sui rilievi (Sila e

Aspromonte) o in aree pianeggianti (Piana di Sibari, fascia costiera del basso crotonese). Mentre nel caso

delle aree pianeggianti tale risultato è scontato, nelle zone montuose non lo è altrettanto. Occorre a tal

proposito ricordare che i dati di frane storiche raccolti sono essenzialmente relativi a casi di frane che

hanno generato danni. La bassa densità di popolazione che caratterizza le zone montuose più interne della

Regione non garantisce che la serie utilizzata per realizzare la mappatura sia effettivamente completa,

poiché a causa dell’assenza di elementi vulnerabili alcuni fenomeni potrebbero essersi verificati senza

causare danni e dunque non essere inclusi nella nostra serie storica.

Le aree caratterizzate da densità di segnalazioni storiche classificata come di livello medio occupano

prevalentemente settori collinari che bordano i maggiori rilievi, oltre al settore del Marchesato e all’area

dell’Alto Ionio Cosentino.

La densità di segnalazioni viene classificata come alta in alcuni settori della Catena costiera, in ampi settori

del vibonese, nella parte meridionale della provincia di Reggio Calabria e inoltre intorno a tutti i settori

classificati come dotati di densità monto alta.

Le aree con densità molto alta, se si escludono due piccoli settori localizzati in provincia di Cosenza (lungo

la Catena Costiera), sono allineate lungo una fascia NE-SW ricadente nella province di Reggio Calabria e

Catanzaro. Mentre sul settore a densità molto alta ricadente nella provincia di Catanzaro è da verificare un

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Sviluppo e applicazione di metodi per la valutazione della pericolosità dei fenomeni di dissesto dei versanti POR Calabria 2000-2006 – Misura 1.4 Sistemi Insediativi LOTTO 01_RELAZIONE finale 0c – Omogeneità Geologica e Climatica

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eventuale effetto locale di “amplificazione” del dato, che potrebbe essere legato alla densità di popolazione

che caratterizza quest’area.

Sicuramente non altrettanto si può dire per la fascia continua che ricade nella provincia di Reggio Calabria,

in pratica coincidente con la Locride, un settore dotato di una bassa densità di popolazione. In questo caso,

l’elevata densità di segnalazioni storiche è effettivamente dipendente dai numerosi fenomeni che hanno

interessato l’area in passato, specialmente nel corso degli eventi piovosi più gravi a scala regionale. E’ ormai

noto, infatti, che questo settore, per la sua esposizione alle masse d’aria calda e umida provenienti dal

basso Mediterraneo, è quello più esposto a piogge intense e in queste occasioni si verifica l’attivazione di

numerosi fenomeni franosi, responsabili di danni ai centri abitati e alle vie di comunicazione.

La mappa di densità di segnalazioni storiche proposta è di sicuro interesse per le finalità del LOTTO 1 e, più

in generale, per la soluzione delle problematiche determinate da Eventi di Dissesto Idrogeologico. Infatti,

pur con le dovute precauzioni evidenziate, l’informazione che la mappa esprime riferisce in maniera chiara

delle aree per le quali è da attendersi, su base storica, una maggiore possibilità di accadimenti e di danni.

Approfondimenti interdisciplinari sono in corso per migliorare strumenti e procedure in grado di trarre e di

fornire indicazioni da segnalazioni relative a fenomeni di dissesto idrogeologico e, in particolare, ad eventi

di dissesto idrogeologico.

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Fig. 5-1 – Mappa di densità delle segnalazioni relative a frane, nel periodo 1940-2000

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6. CONCLUSIONI

La definizione di contesti omogenei dal punto di vista geologico-ambientale, a diverse scale e per specifiche

categorie-tipologie di movimenti in massa, rappresenta uno strumento estremamente utile per una

maggiore efficacia dei dati e delle informazioni che man mano si rendono disponibili per la valutazione della

suscettibilità, pericolosità e rischio da movimenti in massa.

I risultati e le indicazioni proposte nella presente relazione forniscono un primo e robusto quadro di

riferimento che, riferendosi al percorso metodologico presentato, può essere progressivamente migliorato.

Risulta di particolare utilità disporre di un primo riferimento a scala regionale, a partire dal quale è possibile

ed è auspicabile procedere sistematicamente a scale di maggiore dettaglio.

Una prima verifica dell’utilità degli elementi riassunti nella presente relazione RF0c è data dall’utilizzo

generale e specifico presentato nelle altre relazioni che illustrano i risultati del LOTTO 1.

I risultati conseguiti suggeriscono l’opportunità di aggiornare e migliorare sistematicamente la base

informativa predisposta per il LOTTO 1, con particolare riferimento agli elementi di omogeneità geologica e

climatica, al fine di consentire una costante e progressivo miglioramento del quadro di riferimento generale

per la soluzione delle problematiche di dissesto idrogeologico: a fini di prevenzione (mitigazione e riduzione

del rischio) e per una più efficace gestione delle emergenze (Zuffa, 1973; Mercuri e Frazzetta, 1977;

Antronico et al., 1991; Petrucci e De Matteis, 2003; Antronico et al., 2004; Sorriso-Valvo et al., 2004,.Gullà et

al, 2009).

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BIBLIOGRAFIA Antronico L., Caloiero D., Critelli S. (1991) – Valutazione del dissesto idrogeologico in Calabria provocato dalle piogge dell’inverno 1990. Editrice BIOS, Cosenza. Gullà G., Antronico L., Borrelli L., Caloiero T., Coscarelli R., Iovine G., Nicoletti PG., Pasqua A.A.; Petrucci O., Terranova O. (2009) – Indicazioni conoscitive e metodologiche connesse all’evento idrogeologico dell’autunno-inverno 2008-2009 in Calabria. Geologi Calabria, anno 10 n.1. Petrucci O., De Matteis V. (2003). Ricostruzione spazio-temporale degli effetti degli eventi alluvionali calabresi di dicembre 2002-gennaio 2003. Editoriale BIOS. Sorriso-Valvo M., Antronico L., Gaudio R., Gullà G., Iovine G., Merenda L., Minervino I., Nicoletti P.G., Petrucci O., Terranova O. (2004). Carta dei dissesti causati in Calabria meridionale dall'evento meteorologico dell'8-10 settembre 2000. CNR-GNDCI, Pubblicazione n. 2859, Geodata n. 45, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ) Mercuri T., Frazzetta G. (1977). Censimento dei dissesti sulle principali vie di comunicazione stradale della provincia di Cosenza. CNR-IRPI, Rapporto Interno N. 95. Zuffa G.G. (1973) - Relazione preliminare sui dissesti del suolo determinatesi in Calabria in seguito agli eccezionali eventi meteorologici di fine 1972. CNR-IRPI, Rapporto Interno n. 3.

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Sviluppo e applicazione di metodi per la valutazione della pericolosità dei fenomeni di dissesto dei versanti POR Calabria 2000-2006 – Misura 1.4 Sistemi Insediativi LOTTO 01_RELAZIONE finale 0c – Omogeneità Geologica e Climatica

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8. APPENDICE 1

Vedi tabella

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Sigla Geo 25 Livello_3 Descrizione Livello_3 Livello_2 Descrizione Livello_2 Livello_1 Descrizione Livello_1

a a prodotti di soliflussione e dilavamento AO4 prodotti di dilavamento A colluvio,detrito, suolo

qa q_a antichi depositi di dilavamento AO4 prodotti di dilavamento A colluvio,detrito, suolo

df df detriti di frana AO4 detriti di frana A colluvio,detrito, suolo

cdt cdt sottile e sporadica copertura detritica AB4 detriti conglomeratici A colluvio,detrito, suolo

dt dt detriti di falda AB4 detriti conglomeratici A colluvio,detrito, suolo

dm dm discariche AB4 detriti conglomeratici A colluvio,detrito, suolo

qclc q_cl-c antiche conoidi e detriti di falda conglomeratici AB4 detriti conglomeratici A colluvio,detrito, suolo

qd q_d antichi prodotti di dilavamento sabbioso-conglomeratici AD4 prodotti di dilavamento sabbiosi A colluvio,detrito, suolo

qtr q_tr depositi terrosi bruno-rossastri AF4 depositi siltosi terrosi A colluvio,detrito, suolo

ac ac alluvioni mobili ciottolose mobili dei letti fluviali e/o depositi di litorale BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

af af alluvioni fissate dalla vegetazione e/o artificialmente BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

Qcl Q_cl conglomerati bruno rossastri BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

qcl q_cl conglomerati alluvionali di antichi terrazzi fluviali BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

qclgl q_cl-gl conglomerati associati a probabili circhi glaciali BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

Ps’2-3(q) P_s'(q)-2.3 sottili e sporadici lembi di copertura pleistocenica conglomeratica sulla litologia BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

Pcl-s1-2(q) P_cl.s(q)-1.2 sottili e sporadici lembi di copertura pleistocenica conglomeratica sulla litologia BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

Pa3(q) P_a(q)-3 sottili e sporadici lembi di copertura pleistocenica conglomeratica sulla litologia BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

Ps-cl3(q) P_s.cl(q)-3 sottili e sporadici lembi di copertura pleistocenica conglomeratica sulla litologia BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

Pcl-s3(q) P_cl.s(q)-3 sottili e sporadici lembi di copertura pleistocenica conglomeratica sulla litologia BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

Pcl-s2-3(q) P_cl.s(q)-2.3 sottili e sporadici lembi di copertura pleistocenica conglomeratica sulla litologia BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

Pa2-3(q) P_a(q)-2.3 sottili e sporadici lembi di copertura pleistocenica conglomeratica sulla litologia BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

Ps2-3(q) P_s(q)-2.3 sottili e sporadici lembi di copertura pleistocenica conglomeratica sulla litologia BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

Pa1-3(q) P_a(q)-1.3 sottili e sporadici lembi di copertura pleistocenica conglomeratica sulla litologia BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

Pa1-2(q) P_a(q)-1.2 sottili e sporadici lembi di copertura pleistocenica conglomeratica sulla litologia BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

Segue

APPE

ND

ICE

1

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Sigla Geo 25 Livello_3 Descrizione Livello_3 Livello_2 Descrizione Livello_2 Livello_1 Descrizione Livello_1

Pcl1-2(q) P_cl(q)-1.2 sottili e sporadici lembi di copertura pleistocenica conglomeratica sulla litologia BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

Ps-a1-2(q) P_s-a(q)-1.2 sottili e sporadici lembi di copertura pleistocenica conglomeratica sulla litologia BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

Ps1-2(q) P_s(q)-1.2 sottili e sporadici lembi di copertura pleistocenica conglomeratica sulla litologia BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

Ps1(q) P_s(q)-1 sottili e sporadici lembi di copertura pleistocenica conglomeratica sulla litologia BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

Pcl-s1(q) P_cl.s(q)-1 sottili e sporadici lembi di copertura pleistocenica conglomeratica sulla litologia BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

Ps’’2-3(q) P_s''(q)-2.3 sottili e sporadici lembi di copertura pleistocenica conglomeratica sulla litologia BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

Ms-a2-3(q) M_s.a(q)-2.3 sottili e sporadici lembi di copertura pleistocenica conglomeratica sulla litologia BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

Ma-s2-3(q) M_a.s(q)-2.3 sottili e sporadici lembi di copertura pleistocenica conglomeratica sulla litologia BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

Mt-s3(q) M_t.s(q)-3 sottili e sporadici lembi di copertura pleistocenica conglomeratica sulla litologia BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

Mt3(q) M_t(q)-3 sottili e sporadici lembi di copertura pleistocenica conglomeratica sulla litologia BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

Mar2-3(q) M_ar(q)-2.3 sottili e sporadici lembi di copertura pleistocenica conglomeratica sulla litologia BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

Ms2-3(q) M_s(q)-2.3 sottili e sporadici lembi di copertura pleistocenica conglomeratica sulla litologia BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

Mcl-ar2-3(q) M_cl.ar(q)-2.3 sottili e sporadici lembi di copertura pleistocenica conglomeratica sulla litologia BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

Mc-ar2(q) M_c.ar(q)-2 sottili e sporadici lembi di copertura pleistocenica conglomeratica sulla litologia BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

Mcl1-2(q) M_cl(q)-1.2 sottili e sporadici lembi di copertura pleistocenica conglomeratica sulla litologia BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

Tdl(q) T_dl(q) sottili e sporadici lembi di copertura pleistocenica conglomeratica sulla litologia BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

sbg(q) sbg_(q) sottili e sporadici lembi di copertura pleistocenica conglomeratica sulla litologia BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

sb(q) sb_(q) sottili e sporadici lembi di copertura pleistocenica conglomeratica sulla litologia BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

sbm(q) sbm_(q) sottili e sporadici lembi di copertura pleistocenica conglomeratica sulla litologia BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

sm(q) sm_(q) sottili e sporadici lembi di copertura pleistocenica conglomeratica sulla litologia BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

sfe(q) sfe_(q) sottili e sporadici lembi di copertura pleistocenica conglomeratica sulla litologia BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

Segue

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SSigla Geo 25 Livello_3 Descrizione Livello_3 Livello_2 Descrizione Livello_2 Livello_1 Descrizione Livello_1

go(q) go_(q) sottili e sporadici lembi di copertura pleistocenica conglomeratica sulla litologia BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

k(q) k_(q) sottili e sporadici lembi di copertura pleistocenica conglomeratica sulla litologia BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

sf(q) sf_(q) sottili e sporadici lembi di copertura pleistocenica conglomeratica sulla litologia BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

γ(q) #gamma#_(q) sottili e sporadici lembi di copertura pleistocenica conglomeratica sulla litologia BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

γ’(q) #gamma#'_(q) sottili e sporadici lembi di copertura pleistocenica conglomeratica sulla litologia BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

γm(q) #gamma#_m(q) sottili e sporadici lembi di copertura pleistocenica conglomeratica sulla litologia BO4 conglomerati pleistocenici ed attuali B ghiaie

Qcl-s Q_cl.s conglomerati e sabbie dei terrazzi marini BD4 conglomerati e sabbie pleistocenici B ghiaie

qcl-s q_cl.s conglomerati e sabbie bruno-rossastri, antichi depositi alluvionali BD4 conglomerati e sabbie pleistocenici B ghiaie

Pcl3 P_cl-3 conglomerati poligenici grossolani bruno-rossastri, con matrice sabbiosa grossolana BO3 conglomerati pliocenici B ghiaie

Pcl2 P_cl-2 conglomerati BO3 conglomerati pliocenici B ghiaie

Pcl1-2 P_cl-1.2 conglomerati poligenici con ciottoli arrotondati in matrice sabbiosa bruna BO3 conglomerati pliocenici B ghiaie

Pcl1 P_cl-1 conglomerati poligenici con ciottoli ben arrotondati BO3 conglomerati pliocenici B ghiaie

Pcl-s3 P_cl.s-3 conglomerati e sabbie giallastre o bruno-rossastri BD3 conglomerati e sabbie pliocenici B ghiaie

Pcl-s2-3 P_cl.s-2.3 conglomerati con matrice sabbiosa grossolana e sabbie BD3 conglomerati e sabbie pliocenici B ghiaie

Pcl-s1-2 P_cl.s-1.2 conglomerati, sabbie a piccoli ciottoli e sabbie, bruno-chiari BD3 conglomerati e sabbie pliocenici B ghiaie

Pcl-s1 P_cl.s-1 conglomerati e ghiaie sabbiosi con ciottoli cristallini in matrice sabbiosa BD3 conglomerati e sabbie pliocenici B ghiaie

Pcl-ar3 P_cl.ar-3 conglomerati poligenici con arenarie tenere grossolane BE3 conglomerati ed arenarie pliocenici B ghiaie

Mcl3 M_cl-3 conglomerati bruno chiari o rossastri BO2 conglomerati miocenici B ghiaie

mcl3 m_cl-3 conglomerati grossolani (continentali) BO2 conglomerati miocenici B ghiaie

mcl2-3 m_cl-2.3 conglomerato rossastro massiccio BO2 conglomerati miocenici B ghiaie

Mcl2 M_cl-2 conglomerati bruni BO2 conglomerati miocenici B ghiaie

Mcl-s2-3 M_cl.s-2.3 conglomerati poligenici, con ciottoli arrotondati e sabbie grossolane BD2 conglomerati e sabbie miocenici B ghiaie

mcl-s2-3 m_cl.s-2.3 conglomerati poligenici e sabbie BD2 conglomerati e sabbie miocenici B ghiaie

Mcl-s2 M_cl.s-2 conglomerati massicci con intercalazioni di sabbie micacee BD2 conglomerati e sabbie miocenici B ghiaie

Segue

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Sigla Geo 25 Livello_3 Descrizione Livello_3 Livello_2 Descrizione Livello_2 Livello_1 Descrizione Livello_1 sfcl sfcl lembo di conglomerati negli scisti filladici BO1 conglomerati antichi B ghiaie

dtc dtc detriti di falda cementati CA4 detriti cementati C conglomerati

qdt q_dt antichi detriti di falda cementati CA4 detriti cementati C conglomerati

qbr q_br deposito brecciato composto da elementi calcarei cementati CA4 detriti cementati C conglomerati

Mcl2-3 M_cl-2.3 conglomerati grossolani ben cementati CO2 conglomerati cementati miocenici C conglomerati

Mcl1-2 M_cl-1.2 conglomerati cementati con matrice sabbiosa grossolana CO2 conglomerati cementati miocenici C conglomerati

Mcl-s1-2 M_cl.s-1.2 conglomerati grossolani grigiastri, occasionalmente rossastri, ben cementati CO2 conglomerati cementati miocenici C conglomerati

mcl m_cl conglomerati ben consolidati CO2 conglomerati cementati miocenici C conglomerati

Mcl-s3 M_cl.s-3 conglomerati poligenici ben cementati, con arenarie grossolane a cemento calcareo CE2 conglomerati cementati e arenarie miocenici C conglomerati

Mcl-s1 M_cl.s-1 conglomerati e arenarie grossolane, rossi e bruni ben cementati CE2 conglomerati cementati e arenarie miocenici C conglomerati

Mcl-s1A M_cl.s-1A conglomerati con intercalazioni di arenarie quarzose CE2 conglomerati cementati e arenarie miocenici C conglomerati

Mcl-ar2-3 M_cl.ar-2.3 conglomerati ed arenarie CE2 conglomerati cementati e arenarie miocenici C conglomerati

Mcl-ar2 M_cl.ar-2 conglomerati ed arenarie poligenici in banconi CE2 conglomerati cementati e arenarie miocenici C conglomerati

Mcl-ar1-2 M_cl.ar-1.2 conglomerati grossolani con intercalazioni di arenarie CE2 conglomerati cementati e arenarie miocenici C conglomerati

Ocl O_cl conglomerato CO1 conglomerati cementati dell' Oligocene-Giurassico C conglomerati

Ecl E_cl conglomerato poligenico, massiccio e ben cementato CO1 conglomerati cementati dell' Oligocene-Giurassico C conglomerati

C3Ecl C-3E_cl conglomerati calcarei passanti a calcareniti CO1 conglomerati cementati dell' Oligocene-Giurassico C conglomerati

gcl-s1 g_cl.s-1 conglomerati, arenarie e sabbie CO1 conglomerati cementati dell' Oligocene-Giurassico C conglomerati

d2 d-2 dune e sabbie eoliche mobili DO4 sabbie pleistoceniche D sabbie

d1 d-1 dune e sabbie eoliche stabilizzate DO4 sabbie pleistoceniche D sabbie

qs q_s sabbie ghiaiose, sabbie, silts ed argille umiche morbose lacustri DO4 sabbie pleistoceniche D sabbie

Qs-cl Q_s.cl sabbie da fini a grossolane, ghiaie, conglomerati e sabbioni DB4 sabbie e conglomerati pleistocenici D sabbie

qs-cl q_s.cl sabbie e conglomerati alluvionali bruno rossastri DB4 sabbie e conglomerati pleistocenici D sabbie

qs-clc q_s.cl-c antiche conoidi di deiezione sabbioso conglomeratiche DB4 sabbie e conglomerati pleistocenici D sabbie

qs-a q_s.a alternanza di sabbie ed argille sabbiose DH4 sabbie e argille pleistoceniche D sabbie

Segue

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Segue

Sigla Geo 25 Livello_3 Descrizione Livello_3 Livello_2 Descrizione Livello_2 Livello_1 Descrizione Livello_1

Ps3 P_s-3 sabbie gialle o grigie, e sabbie argillose con intercalazioni arenacee o calcaree DO3 sabbie plioceniche D sabbie

Ps2-3 P_s-2.3 sabbie a grana da fine a grossolana, bruno-chiare, brune o rossastre DO3 sabbie plioceniche D sabbie

Ps1-2 P_s-1.2 sabbie grigio-bruno-chiare, con intercalazioni arenacee DO3 sabbie plioceniche D sabbie

Ps1 P_s-1 sabbie e silts, a grana fine, da bruno-chiare a grigie DO3 sabbie plioceniche D sabbie

Ps-cl3 P_s.cl-3 sabbie bruno-rossastre o bruno-chiare con conglomerati DB3 sabbie e conglomerati pliocenici D sabbie

Ps-cl2-3 P_s.cl-2.3 sabbie e conglomerati a piccoli ciottoli con intercalazioni arenacee DB3 sabbie e conglomerati pliocenici D sabbie

Ps-cl1-2 P_s.cl-1.2 sabbie grossolane da bruno-chiare a biancastre, con conglomerati DB3 sabbie e conglomerati pliocenici D sabbie

Ps-cl1 P_s.cl-1 sabbie grossolane con orizzonti conglomeratici, spesso rossastre DB3 sabbie e conglomerati pliocenici D sabbie

Ps’’2-3 P_s''-2.3 sabbie ed arenarie giallastre a stratificazione incrociata DE3 sabbie e arenarie plioceniche D sabbie

Ps’2-3 P_s'-2.3 sabbie giallastre con intercalazioni di calcareniti DE3 sabbie e arenarie plioceniche D sabbie

Ps-ar2-3 P_s.ar-2.3 sabbie ed arenarie, grigio-brune o bruno-giallastre DE3 sabbie e arenarie plioceniche D sabbie

Ps-ar1-2 P_s.ar-1.2 sabbie ed arenarie bruno-giallastre o grigio-brune, a grana da fine a media DE3 sabbie e arenarie plioceniche D sabbie

Ps-a3 P_s.a-3 sabbie grigie e brune con intercalazioni argillose DH3 sabbie e argille plioceniche D sabbie

Ps-a2-3 P_s.a-2.3 alternanza di sabbie, argille e silts DH3 sabbie e argille plioceniche D sabbie

Ps-a1-2 P_s.a-1.2 sabbie bruno-chiare con locali intercalazioni di argille marnose e silts DH3 sabbie e argille plioceniche D sabbie

Ms3 M_s-3 sabbie bruno giallastre con orizzonti siltosi, argilloso-siltosi ed arenacei DO2 sabbie mioceniche D sabbie

Ms2-3 M_s-2.3 sabbie bruno-giallastre con intercalazioni di calcareniti DO2 sabbie mioceniche D sabbie

ms m_s sabbie bruno-chiare DO2 sabbie mioceniche D sabbie

Ms-cl3 M_s.cl-3 sabbie con conglomerati grossolani DB2 sabbie e conglomerati miocenici D sabbie

Ms-cl2 M_s.cl-2 sabbie con piccoli ciottoli DB2 sabbie e conglomerati miocenici D sabbie

Ms-a2-3 M_s.a-2.3 alternanza di sabbie, argille siltose e silts bruno-chiare DH2 sabbie e argille mioceniche D sabbie

Par2-3 P_ar-2.3 arenarie tenere EO3 arenarie plioceniche E arenarie

Pol3 P_ol-3 olistostroma arenaceo in Pcl-s3 EO3 arenarie plioceniche E arenarie

Par-cl2-3 P_ar.cl-2.3 arenarie con intercalazioni conglomeratiche EC3 arenarie e conglomerati plioceniche E arenarie

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Segue

Sigla Geo 25 Livello_3 Descrizione Livello_3 Livello_2 Descrizione Livello_2 Livello_1 Descrizione Livello_1 Par-s3 P_ar.s-3 arenarie a cemento calcareo e sabbie, bruno chiare ED3 arenarie e sabbie plioceniche E arenarie

Par-s2-3 P_ar.s-2.3 arenarie e sabbie bruno giallastre ED3 arenarie e sabbie plioceniche E arenarie

Mar3 M_ar-3 arenarie a cemento calcareo bruno-chiare, localmente conglomeratiche EO2 arenarie mioceniche E arenarie

Mar2-3 M_ar-2.3 arenarie grossolane a cemento calcareo, da bruno-chiare a grigio-gillastre EO2 arenarie mioceniche E arenarie

Mar1-2 M_ar-1.2 arenarie quarzose a grana da fine a media, molto cementate EO2 arenarie mioceniche E arenarie

Mar1. M_ar-1 arenarie quarzitiche verdastre in banchi EO2 arenarie mioceniche E arenarie

marc2-3 m_arc-2.3 arenarie arcosiche grossolane EO2 arenarie mioceniche E arenarie

Ms1-2 M_s-1.2 arenarie a grana da fine a media EO2 arenarie mioceniche E arenarie

Mar-c1-2 M_ar.c-1.2 arenarie calcaree EO2 arenarie mioceniche E arenarie

Mar-cl3 M_ar.cl-3 arenarie grossolane marroni e conglomerati ben cementati EC2 arenarie e conglomerati miocenici E arenarie

Mar-cl2-3 M_ar.cl-2.3 arenarie brunastre conglomeratiche EC2 arenarie e conglomerati miocenici E arenarie

Mar-cl1-2 M_ar.cl-1.2 arenarie quarzitiche grossolana spesso conglomeratiche EC2 arenarie e conglomerati miocenici E arenarie

Ms-cl1-2 M_s.cl-1.2 arenarie grossolane brune con sottili intercalazioni di conglomerati EC2 arenarie e conglomerati miocenici E arenarie

Mar-s3 M_ar.s-3 arenarie a cemento calcareo e sabbie bruno-chiare ED2 arenarie e sabbie mioceniche E arenarie

Mar-s2-3 M_ar.s-2.3 arenarie tenere e sabbie grossolane da bruno-chiare a grigie ED2 arenarie e sabbie mioceniche E arenarie

Mar-s1 M_ar.s-1 arenarie e sabbie ED2 arenarie e sabbie mioceniche E arenarie

Mar-ss3 M_ar.ss-3 arenarie grossolane e conglomeratiche con intercalazioni di silts ed argille siltose ED2 arenarie e sabbie mioceniche E arenarie

Ear-m E_ar.m arenarie a cemento calcareo EO1 arenarie dell' Eocene-Oligocene E arenarie

Oar O_ar arenarie a cemento calcareo EO1 arenarie dell' Eocene-Oligocene E arenarie

Otar Ot_ar arenarie olistostroma EO1 arenarie dell' Eocene-Oligocene E arenarie

Oss O_ss siltiti grigie ben cementate con intercalazioni sabbiose EO1 arenarie dell' Eocene-Oligocene E arenarie

Os O_s olistoliti arenacei in argille scagliose EO1 arenarie dell' Eocene-Oligocene E arenarie

tar-s3 t_ar.s-3 arenarie, sabbie quarzose e sabbie ED1 arenarie e sabbie del Triassico E arenarie

qss q_ss silts argillosi e/o calcarei, ben stratificati FO4 silts pleistocenici F silts

Pss3 P_ss-3 silts da bruno-chiari a grigi FO3 silts pliocenici F silts

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Segue

Sigla Geo 25 Livello_3 Descrizione Livello_3 Livello_2 Descrizione Livello_2 Livello_1 Descrizione Livello_1 Pss2-3 P_ss-2.3 silts e siltiti grigie e bruno-giallastre FO3 silts pliocenici F silts

Mss3 M_ss-3 silts e e silts sabbiosi grigi FO2 silts miocenici F silts

Mss2-3 M_ss-2.3 silts e sabbie siltose a grana fine, grigio-chiare FD2 silts e sabbie miocenici F silts

Mss-a2-3 M_ss.a-2.3 silts argillosi ed argille siltose, con intercalazioni di sabbie e arenarie FH2 silts ed argille miocenici F silts

Mss1-2 M_ss-1.2 siltiti grigie in srati sottili, alternate a strati arenacei FE2 silts ed arenarie miocenici F silts

Mss1-2(M) M_ss(M)-1.2 sulla litologia sottili e sporadici lembi di Mac1-2 FE2 silts ed arenarie miocenici F silts

Mss-ar2-3 M_ss.ar-2.3 silts grigi ed argille siltose con frequenti intercalazioni di arenarie FE2 silts ed arenarie miocenici F silts

Pms’’2-3 P_ms''-2.3 marne sabbiose GO3 marne plioceniche G marne

Pms’2-3 P_ms'-2.3 marne siltose e sabbiose GO3 marne plioceniche G marne

Pm-s1-2 P_m.s-1.2 marne e sabbie GD3 marne e sabbie plioceniche G marne

Pm-a1-2 P_m.a-1.2 marne biancastre e argille marnose GH3 marne e argille plioceniche G marne

Tss T_ss marne dolomitiche GO1 marne calcaree del Triassico G marne

Em E_m marne rosse e verdi con intercalazioni calcaree GN1 marne e calcari dell'Eocene G marne

Qas Q_as argille e silts di ambiente salmastro HO4 argille pleistoceniche H argille

Pa3 P_a-3 argille, argille siltose e marnose da grigio-azzurre a grigio-chiare HO3 argille plioceniche H argille

Pa2-3 P_a-2.3 argille, argille siltose da grigio-azzurre a grigio-chiare HO3 argille plioceniche H argille

Pa1-3 P_a-1.3 argille, argille siltose e silts, da grigie a bruno-chiare HO3 argille plioceniche H argille

Pa1-2 P_a-1.2 argille, argille siltose e marnose grigio-azzurre, grigie e grigio-chiare HO3 argille plioceniche H argille

Pcl1-2(P) P_cl(P)-1.2 sulla litologia si rinvengono sottili e sporadici lembi di Pa1-2 HO3 lembi di argille plioceniche H argille

Pcl1(P) P_cl(P)-1 sulla litologia si rinvengono sottili e sporadici lembi di Pa1-2 HO3 lembi di argille plioceniche H argille

Mt3(P) M_t(P)-3 sulla litologia si rinvengono sottili e sporadici lembi di Pa1-2 HO3 lembi di argille plioceniche H argille

sbg(P) sbg_(P) sulla litologia si rinvengono sottili e sporadici lembi di Pa1-2 HO3 lembi di argille plioceniche H argille

k(P) k_(P) sulla litologia si rinvengono sottili e sporadici lembi di Pa1-2 HO3 lembi di argille plioceniche H argille

Mcl-s2-3(P) M_cl.s(P)-2.3 sulla litologia si rinvengono sottili e sporadici lembi di Pa1-2 HO3 lembi di argille plioceniche H argille

Ms2-3(P) M_s(P)-2.3 sulla litologia si rinvengono sottili e sporadici lembi di Pa1-2 HO3 lembi di argille plioceniche H argille

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Segue

Sigla Geo 25 Livello_3 Descrizione Livello_3 Livello_2 Descrizione Livello_2 Livello_1 Descrizione Livello_1 Pa-cl1 P_a.cl-1 argille con frammenti e ciottoli di calcare evaporitico HC3 argille e conglomerati pliocenici H argille

Pa-s3 P_a.s-3 argille e sabbie HD3 argille e sabbie plioceniche H argille

Pa-s2-3 P_a.s-2.3 argille sabbiose e siltose grigie, brune e nere HD3 argille e sabbie plioceniche H argille

Ma3 M_a-3 argille, argille siltose, con intercalazioni di sabbie, arenarie e lenti di gesso HO2 argille mioceniche H argille

ma3 m_a-3 argille, argille siltose HO2 argille mioceniche H argille

Ma2-3 M_a-2.3 argille, argille marnose con sottili intercalazioni di arenarie e sabbie fini HO2 argille mioceniche H argille

Ma2 M_a-2 argille grigie con intercalazioni arenacee HO2 argille mioceniche H argille

Mafz M_af-z argilliti fogliettate HO2 argilliti mioceniche H argille

Magz M_ag-z argilliti sabbiose rossastre HO2 argilliti mioceniche H argille

Maf1 M_af-1 argilliti fogliettate policrome, con intercalazioni di quarziti e calcari cristallini HO2 argilliti mioceniche H argille

Ma-s3 M_a.s-3 argille siltose, marne sabbiose e silts HD2 argille e sabbie mioceniche H argille

Ma-s2-3 M_a.s-2.3 argille, argille marnose e siltose grigio-azzurre con intercalazioni sabbiose HD2 argille e sabbie mioceniche H argille

Ma-s1-2 M_a.s-1.2 argille siltose e sabbie siltose HD2 argille e sabbie mioceniche H argille

Magz M_ag-z argilliti sabbiose rossastre HD2 argille e sabbie mioceniche H argille

Ma-ss3 M_a.ss-3 argille marnose con silts, grigie HF2 argille e silts mioceniche H argille

Ma-ss2-3 M_a.ss-2.3 argille, argille siltose, silts e sabbie grigie HF2 argille e silts mioceniche H argille

Ma-ar3 M_a.ar-3 argille plastiche con arenarie, argille siltose e silts HE2 argille e arenarie mioceniche H argille

Ma-ar1-2 M_a.ar-1.2 argille siltose bruno verdastre con arenarie HE2 argille e arenarie mioceniche H argille

Caf2-3 C_af-2.3 argilliti fogliettate IO1 argilliti del Cretaceo-Triassico I argilliti

Gaf G_af argilliti fogliettate IO1 argilliti del Cretaceo-Triassico I argilliti

Taf T_af argilliti fogliettate IO1 argilliti del Cretaceo-Triassico I argilliti

Mg3 M_g-3 gessi nodulari o massicci ed anidride JO2 gessi J gessi

Mg2-3 M_g-2.3 gesso, compatto in strati di colore diverso, locamente bianco macrocristallino JO2 gessi J gessi

sg sg gesso, o anidride, ben stratificato JO2 gessi J gessi

Mmf-g3 M_mf.g-3 marne finemente laminate associate a calcare evaporitico e gessi KG2 marne evaporitiche K marne evaporitiche

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Segue

Sigla Geo 25 Livello_3 Descrizione Livello_3 Livello_2 Descrizione Livello_2 Livello_1 Descrizione Livello_1 Mmf3 M_mf-3 marne e argille marnose fogliettate, siltiti associate ai gessi KG2 marne evaporitiche K marne evaporitiche

Mmf2-3 M_mf-2.3 marne fogliettate bruno giallastre tripolacee associate ai gessi KG2 marne evaporitiche K marne evaporitiche

Ma-ss-g3 M_a.ss.g-3 argille e silts, grigie, con gessi inglobati LH2 argille evaporitiche L argille evaporitiche

Ma-s-g2-3 M_a.s.g-2.3 argille e siltiti grigie con intercalazioni di sabbie, arenarie e gessi LH2 argille evaporitiche L argille evaporitiche

Mt3 M_t-3 calcare evaporitico grigio chiaro o biancastro generalmente vacuolare MO2 calcari evaporitici M calcari evaporitici

Mt2-3 M_t-2.3 calcare evaporitico bianco giallastro, vacuolare MO2 calcari evaporitici M calcari evaporitici

Mc M_c calcare evaporitico cavernoso MO2 calcari evaporitici M calcari evaporitici

Mt-s3 M_t.s-3 calcare evaporitico, talora arenaceo, con intercalazioni di silts ed argille ME2 calcari evaporitici M calcari evaporitici

Mt-g2-3 M_t.g-2.3 calcare evaporitico con intercalazioni di marne e gesso MG2 calcari evaporitici M calcari evaporitici

Qt Q_t calcari concrezionali terrazzati NO4 calcari pleistocenici N calcari

Pc3 P_c-3 calcari fossiliferi NO3 calcari pliocenici N calcari

Pc2-3 P_c-2.3 calcari biostromali arenacei NO3 calcari pliocenici N calcari

Pc1-2 P_c-1.2 calcari calcarenitici, localmente sabbiosi e conglomeratici NO3 calcari pliocenici N calcari

Pc-ar2-3 P_c.ar-2.3 calcari biostromali e calcareniti arenarie NE3 calcari e calcaeriniti pliocenici N calcari

mc2-3 m_c-2.3 calcari NO2 calcari miocenici N calcari

Mc1-2 M_c-1.2 calcare grigio chiaro, calcilutiti NO2 calcari miocenici N calcari

Mc1A M_c-1A calcari a grandi foraminiferi NO2 calcari miocenici N calcari

Mc3 M_c-3 calcari compatti bruno-chiari NO2 calcari miocenici N calcari

Mc2-3 M_c-2.3 calcari algali, calcari finemente cristallini NO2 calcari miocenici N calcari

Mc-cl M_c-cl calcari male stratificati localmente associati a conglomerati NC2 calcari e conglomerati miocenici N calcari

Mc-ar2-3 M_c.ar-2.3 calcari arenacei e conglomeratici NE2 calcari e arenarie miocenici N calcari

Mc-ar2 M_c.ar-2 calcari arenacei ed arenarie a cemento calcareo NE2 calcari e arenarie miocenici N calcari

Mc-ar1 M_c.ar-1 calcari arenacei grigi, passanti ad arenarie grossolane NE2 calcari e arenarie miocenici N calcari

Mse1-2 M_se-1.2 selci calcaree con intercalazioni di silts grigi nodulari NF2 calcari con silts miocenici N calcari

Oc O_c calcari organogeni da grigi a bruno-chiari NO1 calcari dell'Oligocene-Triassico N calcari

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Sigla Geo 25 Livello_3 Descrizione Livello_3 Livello_2 Descrizione Livello_2 Livello_1 Descrizione Livello_1 Otcc O_tcc calcare sbrecciato in olistolite NO1 calcari dell'Oligocene-Triassico N calcari

Otc1 O_tc-1 olistoliti di calcare marino NO1 calcari dell'Oligocene-Triassico N calcari

Otc2 O_tc-2 olistoliti di calcare marnoso NO1 calcari dell'Oligocene-Triassico N calcari

Otc3 O_tc-3 olistoliti di calcare marnoso NO1 calcari dell'Oligocene-Triassico N calcari

Otc4 O_tc-4 olistoliti di calcare marnoso NO1 calcari dell'Oligocene-Triassico N calcari

Cc2-3 C_c-2.3 calcari grigio-chiari, calacari cerioidi, grigi o nocciola NO1 calcari dell'Oligocene-Triassico N calcari

Cc1-2 C_c-1.2 calcari compatti grigio-bruni NO1 calcari dell'Oligocene-Triassico N calcari

Cc1 C_c-1 calcari NO1 calcari dell'Oligocene-Triassico N calcari

Gc3 G_c-3 calcari da grigi a bruno-chiari, con intercalazioni di calcare dolomitico NO1 calcari dell'Oligocene-Triassico N calcari

Gc2 G_c-2 calcari rossi NO1 calcari dell'Oligocene-Triassico N calcari

Gc1 G_c-1 calcari rossi e biancastri NO1 calcari dell'Oligocene-Triassico N calcari

Gc G_c calcari grigio-chiari, calcari finemente cristallini grigio-bruni, calcari pseudoolitici NO1 calcari dell'Oligocene-Triassico N calcari

Gc(M) G_c(M) resti di superfici di erosione miocenica sulla litologia NO1 calcari dell'Oligocene-Triassico N calcari

Tc T_c calcari cristallini grigio-chiari ben stratificati NO1 calcari dell'Oligocene-Triassico N calcari

Tcc T_cc calcari cristallini e marnosi massicci NO1 calcari dell'Oligocene-Triassico N calcari

Tc-se T_c.se calcare grigio-scuro con selce grigia NO1 calcari dell'Oligocene-Triassico N calcari

Tbr T_br brecce calcaree e calcareo-dolomitiche NO1 calcari dell'Oligocene-Triassico N calcari

cc cc calcari cristallini intercalati negli scisti e nelle filladi (sf) NO1 calcari paleozoici inmrecalati nelle filladi N calcari

EPCbr EPC_br brecce calcaree passanti a conglomerati calcarei e calcareniti NC1 calcari conglomeratici dell'Eocene-Giurassico N calcari

Gc-cl1 G_c.cl-1 calcari conglomeratici rosati, massicci NC1 calcari conglomeratici dell'Eocene-Giurassico N calcari

Mcz M_c-z calcari, calcareniti e calcilutiti, intercalazioni di dolomie, calcari dolomitici ed argilliti NI1 calcari e argilliti del Mesozoico N calcari

Cdl1-2 C_dl-1.2 dolomie e calcari dolomitici PN1 dolomie e calcari del Cretaceo-Triassico P dolomie

Mdlz M_dl-z dolomie grigio-chiare, con intercalazioni di calcari e calcari dolomitici PN1 dolomie e calcari del Cretaceo-Triassico P dolomie

Tdl T_dl dolomie, brecce dolomitiche e calcari dolomitici ricristallizati PN1 dolomie e calcari del Cretaceo-Triassico P dolomie

Gdl G_dl dolomie nerastre saccaroidi PO1 dolomie del Giurassico P dolomie

Segue

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Segue

Sigla Geo 25 Livello_3 Descrizione Livello_3 Livello_2 Descrizione Livello_2 Livello_1 Descrizione Livello_1

Mac3 M_ac-3 argille variegate grigie e rosse con numerosi frammenti esotici QO2 argille policrome caotiche Q flysch argillosi caotici

Mac2-3 M_ac-2.3 argille policrome di aspetto caotico con numerosi frammenti esotici QO2 argille policrome caotiche Q flysch argillosi caotici

Mac1-2 M_ac-1.2 argille policrome, caotiche, con intercalazioni di arenarie e calcari QO2 argille policrome caotiche Q flysch argillosi caotici

Mac1-2(M) M_ac(M)-1.2 superficie di erosione miocenica sulla litologia QO2 argille policrome caotiche Q flysch argillosi caotici

Mar-a3 M_ar.a-3 arenarie e siltiti da bruno chiare a grigie con intercalazioni di argille siltose RE2 flysch arenaceo-marnoso miocenico R flysch arenaceo-marnosi e marnoso-arenacei

Mar-a2-3 M_ar.a-2.3 arenarie bruno-chiare con intercalazioni di argille, argille siltose e silts RE2 flysch arenaceo-marnoso miocenico R flysch arenaceo-marnosi e marnoso-arenacei

Mar-a1-2 M_ar.a-1.2 alternanza di arenarie grigie; calcareniti; marne; argille siltose e calcare compatto RE2 flysch arenaceo-marnoso miocenico R flysch arenaceo-marnosi e marnoso-arenacei

Mar-ss1-2 M_ar.ss-1.2 arenarie ben stratificate, gradate e compatte, con sottili intercalazioni siltose RE2 flysch arenaceo-marnoso miocenico R flysch arenaceo-marnosi e marnoso-arenacei

Ma-ar2-3 M_a.ar-2.3 marne argillose e siltose, in alternanza con arenarie RG2 flysch marnoso-arenaceo miocenico R flysch arenaceo-marnosi e marnoso-arenacei

Mc-a1 M_c.a-1 calcari e calcareniti grigio nerastri e bluastri, spesso gradati SN2 flysch calcareo-marnoso del Miocene S flysch calcareo-marnosi e marnoso-calcarei

Mc1 M_c-1 calcari e calcareniti grigie, intercalazioni di argille fogliettate e marnose SN2 flysch calcareo-marnoso del Miocene S flysch calcareo-marnosi e marnoso-calcarei

Gc-ar1 G_c.ar-1 calcari massicci, oolitici ed arenacei intercalati a marne SN1 flysch calcareo-marnoso del Giurassico S flysch calcareo-marnosi e marnoso-calcarei

Gcm-ar1 G_cm.ar-1 calcari marnosi ed arenacei SN1 flysch calcareo-marnoso del Giurassico S flysch calcareo-marnosi e marnoso-calcarei

Ma-c1 M_a.c-1 alternanza fliscioide di argilliti ed argilliti marnose fogliettate, calcari ed arenarie SG2 flysch marnoso-calcareo del Miocene S flysch calcareo-marnosi e marnoso-calcarei

Gam G_am argille marnose verdastre SG1 flysch marnoso-calcareo del Giurassico S flysch calcareo-marnosi e marnoso-calcarei

sf sf scisti filladici grigi lucenti - filladi grigie, grigio-scure o nere TO1 scisti filladici, argillitici, talcosi, filladi T metamorfiti di basso grado

sf(M) sf_(M) resti di superfici di erosione miocenica sulla litologia TO1 scisti filladici, argillitici, talcosi, filladi T metamorfiti di basso grado

sf' sf' scisti pseudo filladici TO1 scisti filladici, argillitici, talcosi, filladi T metamorfiti di basso grado

sfv sfv scisti filladici verdi TO1 scisti filladici, argillitici, talcosi, filladi T metamorfiti di basso grado

sf(qz) sf_(qz) scisti filladici grigio-scuri con intercalazioni massicce di quarziti TO1 scisti filladici, argillitici, talcosi, filladi T metamorfiti di basso grado

sfe sfe scisti filladici verdi con epidoto, glaucofane ed albite TO1 scisti filladici, argillitici, talcosi, filladi T metamorfiti di basso grado

scf scf filladi calcaree grigie e calcescisti grigi TO1 scisti filladici, argillitici, talcosi, filladi T metamorfiti di basso grado

sfγs sf#gamma#s filladi associate ai graniti laminati γ TO1 scisti filladici, argillitici, talcosi, filladi T metamorfiti di basso grado

st st scisti talcosi TO1 scisti filladici, argillitici, talcosi, filladi T metamorfiti di basso grado

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Sigla Geo 25 Livello_3 Descrizione Livello_3 Livello_2 Descrizione Livello_2 Livello_1 Descrizione Livello_1

Ss Ss scisti sericitici, talcosi, scisti muscovitici e filladi calcaree grigie TO1 scisti filladici, argillitici, talcosi, filladi T metamorfiti di basso grado

sFL sFL scisti argillitici grigi, bruni all’alterazione TO1 scisti filladici, argillitici, talcosi, filladi T metamorfiti di basso grado

sb sb scisti e gneiss biotitici UO1 scisti, gneiss e paragneiss biotitici U metamorfiti di medio-alto grado ad elevata scistosità

sb(M) sb_(M) resti di superfici di erosione miocenica sulla litologia UO1 scisti, gneiss e paragneiss biotitici U metamorfiti di medio-alto grado ad elevata scistosità

sbm sbm scisti e gneiss biotitici UO1 scisti, gneiss e paragneiss biotitici U metamorfiti di medio-alto grado ad elevata scistosità

sbm(M) sbm_(M) resti di superfici di erosione miocenica sulla litologia UO1 scisti, gneiss e paragneiss biotitici U metamorfiti di medio-alto grado ad elevata scistosità

sbg sbg gneiss, para-gneiss e scisti biotitico-granatiferi UO1 scisti, gneiss e paragneiss biotitici U metamorfiti di medio-alto grado ad elevata scistosità

sbg(M) sbg_(M) resti di superfici di erosione miocenica sulla litologia UO1 scisti, gneiss e paragneiss biotitici U metamorfiti di medio-alto grado ad elevata scistosità

sm sm leucoscisti, gneiss quarzosi biancastri a composizione granitica VO1 gneiss quarzosi, leucoscisti, quarziti V metamorfiti di medio-alto grado a limitata scistosità

sFS sFS scisti del fiume Savuto: scisti quarzoso feldspatici, occasionalmente occhiadini VO1 gneiss quarzosi, leucoscisti, quarziti V metamorfiti di medio-alto grado a limitata scistosità

qz q_z quarziti intercalate negli scisti filladici sf VO1 gneiss quarzosi, leucoscisti, quarziti V metamorfiti di medio-alto grado a limitata scistosità

Qt Qt quarziti intercalate negli scisti filladici sf VO1 gneiss quarzosi, leucoscisti, quarziti V metamorfiti di medio-alto grado a limitata scistosità

g g gneiss granulitici quarzoso-feldspatici VO1 geniss granulitici, migmatitici, occhiadini, anfiboliti V metamorfiti di medio-alto grado a limitata scistosità

gm gm gneiss migmatitici e granitoidi VO1 geniss granulitici, migmatitici, occhiadini, anfiboliti V metamorfiti di medio-alto grado a limitata scistosità

gg gg granuliti e gneiss granulitici, granatiferi, quarzoso-feldspatici VO1 geniss granulitici, migmatitici, occhiadini, anfiboliti V metamorfiti di medio-alto grado a limitata scistosità

go go gneiss occhiadini, feldspatici, migmatitici e granitoidi VO1 geniss granulitici, migmatitici, occhiadini, anfiboliti V metamorfiti di medio-alto grado a limitata scistosità

k k anfiboliti plagioclasiche e gneiss basici ad orneblenda VO1 geniss granulitici, migmatitici, occhiadini, anfiboliti V metamorfiti di medio-alto grado a limitata scistosità

γ #gamma# graniti, granodioriti, graniti biotitico-muscovitici, quarzo monzoniti WO1 graniti, granodioriti e graniti biotitici W rocce acide

γ(M) #gamma#_(M) resti di superfici di erosione miocenica sulla litologia WO1 graniti, granodioriti e graniti biotitici W rocce acide

γfg #gamma#_fg granito biotitico con muscovite a grana fine WO1 graniti, granodioriti e graniti biotitici W rocce acide

γ’ #gamma#' graniti biotitici fogliettati YO1 graniti laminati, sbrecciati, migmatitici Y rocce acide laminate e filoniane

γs #gamma#_s graniti laminati, localmente grossolani e pegmatitici YO1 graniti laminati, sbrecciati, migmatitici Y rocce acide laminate e filoniane

γc #gamma#_c granito sbrecciato permeato di calcare marino YO1 graniti laminati, sbrecciati, migmatitici Y rocce acide laminate e filoniane

γm #gamma#_m granito migmatitico YO1 graniti laminati, sbrecciati, migmatitici Y rocce acide laminate e filoniane

π #p_greco# pegmatiti YO1 rocce intrusive in filoni Y rocce acide laminate e filoniane

Segue

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Sigla Geo 25 Livello_3 Descrizione Livello_3 Livello_2 Descrizione Livello_2 Livello_1 Descrizione Livello_1 ϕ #fi# porfidi quarziferi, porfidi sienitici YO1 rocce intrusive in filoni Y rocce acide laminate e filoniane

f f felsiti YO1 rocce intrusive in filoni Y rocce acide laminate e filoniane

A A andesiti YO1 rocce intrusive in filoni Y rocce acide laminate e filoniane

δ #delta# sienite YO1 rocce intrusive in filoni Y rocce acide laminate e filoniane

s s sienite YO1 rocce intrusive in filoni Y rocce acide laminate e filoniane

λ #lamda# lamprofiro YO1 rocce intrusive in filoni Y rocce acide laminate e filoniane

i i filoni di natura non accertata YO1 rocce intrusive in filoni Y rocce acide laminate e filoniane

β #beta# rocce ignee basiche verdi, pillow, gabbri e dioriti, dioriti biotitico quarzose ZO1 pillow, gabbri e dioriti Z rocce basiche

ρ #ro# serpentine molto laminate ZO1 serpentiniti Z rocce basiche

νβ #ni_beta# serpentine ZO1 serpentiniti Z rocce basiche

µβ #mu_beta# serpentine zonate e pirosseniti oliviniche ZO1 serpentiniti Z rocce basiche

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Chiavi per la lettura dei codici della carta litologica in 3 livelli

level 1 alfabetico ad 1 campo (x es. A) 1o campo = gruppo litologico dominante level 2 alfanumerico a tre campi (x es. AB4) 1o campo = litologia dominante; 2o campo = litologia secondaria; 3o campo = età level 3 alfanumerico (x es. P_cl.s(q)-1.2) simbologia carta geologica 1:25.000

LITOLOGIA A detriti e colluvioni B ghiaie C conglomerati D sabbie E arenarie F silts G marne H argille I argilliti J gessi K marne evaporitiche L argille evaporitiche M calcari evaporitici N calcari P dolomie Q flysch argillosi caotici R flysch marnoso-arenacei S flysch marnoso-calcarei T metamorfiti di basso grado

Segue

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LITOLOGIA U matamorfiti di medio-alto grado a elevata scistosità

V matamorfiti di medio-alto grado a limitata scistosità W rocce acide Y rocce acide laminate e filoniane Z rocce basiche O nessuna litologia secondaria

ETA' 4 QUATERNARIO 3 PLIOCENE 2 MIOCENE 1 PRE-MIOCENE

nel level 2 eventualità di introdurre ulteriori campi per fratturazione ed alterazione