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Politiche europee e città. Lo sviluppo urbano sostenibile nella politica di coesione

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Indice

Le politiche europee per le città 5

1. La politica di coesione 11

1.1 La programmazione 2014-20: il quadro di riferimento 15

1.2 Lo Sviluppo Urbano Sostenibile nella programmazione 2014-20 19

2. Lo sviluppo urbano sostenibilenella programmazione italiana 2014-20 25

2.1 Il quadro generale 27

2.2 I programmi operativi dedicati 29

PON Città Metropolitane 29

2.3 La dimensione urbana dei programmi nazionali e regionali 33

41

49

3. Lo Sviluppo urbano sostenibile nella programmazione europea ed italiana: un primo bilancio

4. Le Azioni Urbane Innovative

5. La programmazione 2021-27 55

6. L’Agenda Urbana per la UE 63

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Le politiche europee per le città

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Nonostante la mancanza di una competenzadiretta delle istituzioni comunitarie nelle poli-tiche di sviluppo urbano, la maggior parte dellepolitiche europee e una parte molto significa-tiva della normativa comunitaria presenta unadimensione urbana più o meno rilevante e lecittà sono ormai riconosciute come il luogodove molte delle grandi sfide che la UE è chia-mata a sostenere possono essere meglio af-frontate. Benché lo spettro delle politiche estrumenti espressamente e intenzionalmenteorientati allo sviluppo urbano sia ancora relati-vamente limitato, è di tutta evidenza il forte raf-forzamento dell’attenzione a questa tematica,non da ultimo alimentata dal riconoscimentoche un’Europa più vicina ai cittadini richiede,necessariamente, una più attenta considera-zione delle città e delle condizioni e prospet-tive di vita dei suoi abitanti.

D’altra parte, la centralità della questione ur-bana, in termini di sfide e opportunità per l’Eu-ropa tutta, è da tempo sottolineata da robusteevidenze: nelle città europee vive oltre il 70%della popolazione UE, una quota destinata acrescere sino all’ 80% entro il 2050, e si con-centrano le maggiori opportunità di crescita eoccupazione, dal momento che è in queste

aree che si genera più di 2/3 del PIL comuni-tario e oltre il 70% dei posti di lavoro a livelloUE. Al contempo, è sempre nelle città che simanifestano i più gravi problemi di natura so-ciale (disagio abitativo, difficoltà di accesso aiservizi, degrado fisico e disgregazione sociale)e ambientale (la maggior parte degli sposta-menti ha origine e destinazione nelle cittàdove si concentra l’80% del consumo energe-tico totale della UE, alimentando congestionee inquinamento).

È da queste evidenze che muove il riconosci-mento della natura multidimensionale dellesfide urbane e quindi della necessità di adot-tare un approccio integrato e olistico allo svi-luppo urbano: rilanciato da Europa 20201 edall’Agenda 2030 dell’ONU per lo Sviluppo So-stenibile2, lo sviluppo urbano sostenibile si è af-fermato come un paradigma che con sempremaggiore pervasività orienta le politiche euro-pee e ne informa gli strumenti di intervento.

Se quindi, grazie anche al lungo percorso cheha portato all’adozione dell’Agenda Urbanaper la UE, il 30 maggio 20163, l’affermazionedella dimensione urbana delle politiche euro-pee ha progressivamente acquisito sempre

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Le politiche europee per le città

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maggiore concretezza, l’effettiva possibilità,per le città europee, di valorizzare pienamentele opportunità legate a questo scenario restacomunque legata ad una serie di fattori, nontutti riconducibili ad un’unica matrice.

In primo luogo, oltre alla indispensabile cono-scenza e capacità di gestione delle regole chegovernano le diverse iniziative, da considerarecome prima condizione abilitante, molto rile-vante è anche la capacità di rispondere effica-cemente alla domanda di innovazione (deicontenuti di policy, delle procedure, dellastessa organizzazione del lavoro) che la par-tecipazione a queste politiche e progetticomporta.

Fare fronte, con la dovuta tempestività ed ef-ficacia, a queste richieste può risultare parti-colarmente sfidante soprattutto per leamministrazioni che hanno minore espe-rienza di partecipazioni a programmi e pro-getti europei, e/o la cui modalità di lavoroordinaria risulti piuttosto distante da questirequisiti (basti pensare, a mero titolo di esem-pio, alla capacità di formulare cronopro-grammi credibili delle attività e degliinterventi, alla esistenza o meno di piani eprogrammi settoriali che possano anticipare,rendendole anche più solide, le scelte di inter-vento, alla consuetudine al monitoraggio evalutazione degli interventi, ecc..).

Al contempo, è tutt’altro da trascurare l’impor-tanza di una adeguata capacità/possibilità, perle città, di esercitare un ruolo attivo nel policydesign, a garanzia sia della indispensabile ow-nership politica degli impegni assunti e dellescelte adottate, sia, prima ancora, dell’appro-priatezza di quest’ultime, che non possononon scaturire dal confronto con chi, vivendo eoperando sul territorio, ne incorpora le cono-scenze e preferenze, indispensabili per “pie-gare” le politiche alle specificità dei singolicontesti.

Infine, in un mondo così articolato e pluralecome quello mobilitato dalla programma-zione europea, grande rilievo riveste la ca-pacità di mantenere fermo l’orientamento airisultati, lungo tutta la catena, spesso moltolunga, di soggetti e adempimenti in cui si ar-ticola la governance multilivello, per evitareche logiche autoreferenziali prevalganosull’effettivo perseguimento di un obiettivocomune.

Con questa pubblicazione si intende quindifornire un contributo per inquadrare al megliole diverse questioni che le città sono chiamatead affrontare per cogliere le opportunità con-nesse alla partecipazione ai programmi e pro-getti cofinanziati dai fondi UE, anche intermini di radicamento di nuove capacità ecompetenze.

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È infatti ormai acclarato che il valore aggiuntodei fondi UE non va ricondotto “solo” alla pos-sibilità di sostenere finanziariamente nuoviprogrammi e progetti, coerenti con gli obiettividi uno sviluppo sostenibile e inclusivo, maanche nella capacità di trasformare, innovan-dole, le amministrazioni pubbliche responsabilidi questi programmi e progetti.

Considerando la sua rilevanza, non solo in ter-mini di dimensione finanziaria ma anchecome terreno di sperimentazione di nuovepratiche, l’analisi è incentrata sulla politica dicoesione, con brevi cenni al processo di co-struzione e realizzazione dell’Agenda Urbanaper la UE.

Le politiche europee per le città

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NOTE

1 “Europa 2020-Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile, inclusiva”, COM (2010) 2020 del 3/3/2010. È la strategiadecennale della UE per la crescita e l’occupazione, varata nel 2010, che fissa 5 obiettivi quantitativi da realizzare entro lafine del 2020, che riguardano la ricerca e sviluppo, l’occupazione, l’istruzione, il clima e l’energia, l’inclusione sociale e lariduzione della povertà. Presenta un’evidente dimensione urbana, sollecitando l’azione delle e nelle Città soprattutto nelcaso degli obiettivi ambientali e di inclusione sociale e contrasto alla povertà. Orienta tutte le politiche UE e i relativi pro-grammi di intervento (a gestione diretta e indiretta) e le correlate politiche nazionali.

2 Adottata nel settembre 2015 dall’Assemblea Generale dell’ONU, l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è corredata dauna lista di 17 obiettivi (e 169 sotto-obiettivi) da raggiungere entro il 2030. Oltre ad un obiettivo espressamente dedicato(Obiettivo 11 Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili), i temi della sostenibilità dellosviluppo urbano ricorrono in molti degli altri obiettivi.

3 Il 30 maggio 2016, la Riunione Informale dei Ministri responsabili delle politiche urbane ha approvato il Patto di Amsterdamcon il quale, al termine di un processo durato oltre un quindicennio, è stata definitivamente istituita l’Agenda Urbanaper la Ue e fissati i suoi principi fondamentali (cfr.par.)

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1. La politica di coesione

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La politica di coesione trae fondamento dalTrattato che all’art.174 stabilisce che «Perpromuovere uno sviluppo armonioso dell'in-sieme dell'Unione, questa sviluppa e proseguela propria azione intesa a realizzare il rafforza-mento della sua coesione economica, sociale eterritoriale».

La stessa formulazione del Trattato mette chia-ramente in evidenza come la peculiarità diquesta politica sia il suo radicamento territo-riale, un tratto che la distingue rispetto a tuttele altre politiche UE: tanto l’aspirazione allo “svi-luppo armonioso dell’insieme dell’Unione”quanto il perseguimento dell’obiettivo di “coe-sione economica, sociale e territoriale” offronouno spazio per la considerazione dei bisogni edelle potenzialità dei territori che non è rintrac-ciabile, con questa evidenza e robustezza, innessuna delle altre politiche comunitarie.

Come chiaramente messo in evidenza dalla ri-forma del 20094, quello che distingue la politicadi coesione è il suo essere “place-based”, ovverorivolta ai luoghi e alle persone nei luoghi, carat-teristica, questa, che l’ha resa uno strumentoparticolarmente potente di promozione dellosviluppo urbano sostenibile. Ciò non solo per-

ché questo suo orientamento ha assicuratouna considerazione della dimensione urbanadello sviluppo territoriale sin dall’inizio deglianni ‘90, con un crescente rafforzamento diquesta prospettiva, ma anche perché la sua piùefficace declinazione operativa richiede neces-sariamente il protagonismo dei territori e dellecollettività e istituzioni locali.

Alla politica di coesione è dedicato circa 1/3 delbilancio comunitario, una quota ormai stabilenel tempo, la cui ampiezza è motivata dal rico-noscimento del suo ruolo quale strumentocomplementare al mercato unico e all’unionemonetaria nel sostenere il processo di integra-zione europea.

Come da ultimo evidenziato nella Settima Re-lazione sulla coesione economica, sociale e ter-ritoriale, essa è la principale politica diinvestimento europea, finanziando l’8.5% deltotale degli investimenti pubblici nella UE, unaquota che sale a ben il 41% nell’UE a 13.5

Intervenendo su tutto il territorio europeo, purcon una forte concentrazione nelle regionimeno sviluppate (il cui PIL pro-capite è ugualeo inferiore al 75% della media UE), essa è ge-

1. La politica di coesione

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La politica di coesione

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stita secondo il principio dello shared manage-ment (gestione concorrente fra Commissioneeuropea e Stati membri), sulla base di una pro-grammazione settennale, fortemente orien-tata dalle grandi strategie europee (Strategiadi Lisbona, Europa 2020) e rispondente a pre-cisi criteri di concentrazione tematica cheorientano in maniera piuttosto stringente, so-prattutto nelle regioni più sviluppate, l’utilizzodelle risorse.

Queste ultime sono assegnate ai singoli Statimembri, sulla base del posizionamento dellerispettive regioni rispetto al PIL pro-capitemedio europeo e di altri indicatori socio-eco-nomici, al momento della conclusione del ne-goziato sul bilancio pluriennale (QuadroFinanziario Pluriennale) di riferimento. Ne de-riva che, a differenza delle politiche a ge-stione diretta, le risorse relative a ciascunciclo di programmazione sono preallocate alivello di ciascuno Stato membro all’attodell’adozione del bilancio e, sulla base degliesiti del negoziato sulla programmazione esui suoi strumenti di intervento, anche a li-vello di singolo programma operativo (nazio-nale e regionale).

Nel corso dei diversi cicli di programmazione,pur a fronte di cambiamenti talora anchemolto significativi, i capisaldi fondamentalidella politica di coesione sono rimasti invariati

nel tempo. Si fa riferimento, in particolare, allaprogrammazione, al monitoraggio, alla valuta-zione, al partenariato e alla governance multi-livello, che nel rappresentare elementicostitutivi della politica, hanno rilevanti impli-cazioni operative per una efficace partecipa-zione delle città perché richiedono il rispetto dialcuni standard o requisiti minimi e compe-tenze e capacità adeguate nel presidiare i di-versi snodi.

A fronte di un impianto strategico orientatoall’unitarietà, cinque sono i fondi a finalitàstrutturale con i quali la politica di coesione in-terviene, attraverso i programmi operativi daquesti finanziati, nei diversi territori: il FondoEuropeo di Sviluppo Regionale (FESR); il FondoSociale Europeo; il Fondo Europeo per lo Svi-luppo Rurale; il Fondo Europeo per gli Affarimarittimi e la Pesca (e il Fondo di Coesione, cuipossono accedere solo i Paesi il cui PIL pro-ca-pite è inferiore al 90% della media UE). La diffe-renziazione delle regole che governanociascun fondo, ognuno dei quali ha un proprioregolamento specifico, pur a fronte di un rego-lamento generale di coordinamento, e la seg-mentazione dei programmi ad essi associata,sulla base della regola, ormai prevalente, dellaprogrammazione monofondo6 , è un altro ele-mento di grande rilevanza per le città, tenutea confrontarsi con regole e strumenti differenti,che interagiscono sul territorio.

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Da ultimo, non può non essere citata la regoladel disimpegno automatico delle risorse, sullabase della quale il mancato rispetto dei targetdi spesa annuali fissati nei singoli programmioperativi comporta la perdita delle risorsenon spese entro la data del 31.12 dell’anno diriferimento: intesa a stimolare l’efficienzaoperativa, questa regola impone una capacitàdi presidiare i tempi di attuazione spessomolto sfidante per gli standard ordinari dellepubbliche amministrazioni (centrali, regionalie locali).

1.1 La programmazione 2014-20:il quadro di riferimento

Proseguendo nel solco tracciato dal ciclo pre-cedente, la programmazione 2014-20 con-ferma il ruolo della politica di coesione comepolitica di sviluppo e inclusione rivolta a tuttele regioni, pur mantenendo un’intensità di in-tervento differenziata, in linea con la mis-sione ad essa attribuita dal Trattato, infunzione dei diversi livelli di sviluppo delle re-gioni. A tal fine queste sono suddivise in trecategorie:

• «regioni meno sviluppate», ovvero quelleil cui PIL pro-capite non supera il 75% dellamedia UE (per l’Italia, Puglia, Campania, Ca-labria, Basilicata, Sicilia)

• “regioni in transizione», il cui Pil pro-capiteè ricompreso fra il 75 e il 90% della mediaUE (Abruzzo, Molise, Sardegna)

• «regioni più sviluppate» (PA Bolzano, Emi-lia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Li-guria, Lombardia, Marche, Piemonte,Toscana, PA Trento, Valle d’Aosta, Veneto,Umbria).

Nel quadro di una strategia fortemente orien-tata da Europa 2020, gli ambiti di interventodella politica di coesione sono identificati neiseguenti 11 Obiettivi tematici:

1. La politica di coesione

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Politiche europee e città. Lo sviluppo urbano sostenibile nella politica di coesione

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OT 1Ricerca, sviluppo tecnologicoe innovazione

OT 2Agenda digitale

OT 3Competitività delle Piccole eMedie Imprese (PMI)

OT 4Energia e trasporti urbanisostenibili

OT 5Clima e rischi ambientali

OT 7Trasporto sostenibile

OT 8Occupazione e sostegno allamobilità dei lavoratori

OT 9Inclusione sociale e lotta allapovertà

OT 10Istruzione, competenze eapprendimento permanente

OT 11Rafforzamento della capacitàistituzionale delle Autoritàpubbliche e delle partiinteressate e un’amministrazionepubblica efficiente

OT 6Tutela dell’ambiente epromozione dell’usoefficiente delle risorse

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L’allocazione delle risorse sui diversi obiettivi ri-sponde a delle precise chiavi di concentrazionetematica, tutte guidate da Europa 2020 e diffe-renziate per categoria di regione, puntual-mente indicate dai regolamenti comunitari7.

Ne deriva un forte orientamento della pro-grammazione, molto stringente nelle regionipiù sviluppate, sui primi quattro obiettivi tema-tici, dove si concentra la maggior parte delle ri-sorse FESR. (cfr. Tabella 1)

Inoltre, in considerazione della necessità didare una risposta concreta alla sempre piùampia fascia di popolazione in condizioni dipovertà ed esclusione sociale, per la primavolta viene dedicato uno specifico obiettivo te-matico alla promozione dell’inclusione sociale,intesa come l’accesso di tutti i cittadini ai servizidi base, al mercato del lavoro e ai diritti fonda-mentali, al quale è richiesto di riservare il 20%delle risorse FSE a livello nazionale.

Ad orientare la programmazione della politicadi coesione 2014-20 concorre anche il piùstretto legame con il semestre europeo e la go-vernance economica europea: le Raccomanda-zioni specifiche rivolte dal Consiglio UE aisingoli Stati Membri8, quando pertinenti aitemi della coesione, devono infatti essere de-bitamente prese in conto da questi ultimi nelladefinizione e attuazione dei programmi di in-

tervento, anche attraverso modifiche deglistessi, pena il rischio di sanzioni finanziarie.

Infine, ultimo tratto che merita di essere sotto-lineato quale importante innovazione di que-sto ciclo, è l’introduzione delle cosiddettecondizionalità ex-ante, ovvero dei pre-requisitidi efficacia dell’intervento dei fondi, puntual-mente indicati per ciascun ambito tematico dairegolamenti comunitari, la cui sussistenza deveessere verificata entro la fine del 2016, penal’impossibilità di programmare interventi inquegli ambiti. Alla luce delle sempre più robu-ste evidenze sull’influenza delle condizioni dicontesto (istituzionale, programmatorio, nor-mativo, organizzativo, ecc.) sull’efficacia degliinterventi della politica di coesione, si è infatticonvenuto che fosse necessario introdurre unmeccanismo tale da assicurare ex-ante/in untempo congruo questi pre-requisiti di efficacia,con ciò rafforzando notevolmente l’effetto levadella politica di coesione sui processi di inno-vazione istituzionale e amministrativa.

1. La politica di coesione

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Tabella 1 - Risorse per obiettivo tematico e fondo

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OT1 > Rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologicoe l’innovazione

OT2 > Migliorare l’accesso alle tecnologiedell’informazione e della comunicazione, nonchél’impiego e la qualità delle medesime

OT3 > Promuovere la competitività delle piccole emedie imprese, il settore agricolo e il settore dellapesca e dell’acquacoltura

OT4 > Sostenere la transizione verso un’economiaa basse emissioni di carbonio in tutti i settori

OT5 > Promuovere l’adattamento al cambiamentoclimatico, la prevenzione e la gestione dei rischi

OT6 > Tutelare l’ambiente e promuovere l’usoefficiente delle risorse

OT7 > Promuovere sistemi di trasporto sostenibilied eliminare le strozzature nelle principaliinfrastrutture di rete

OT8 > Promuovere l’occupazione sostenibile e diqualità e sostenere la mobilità dei lavoratori

OT9 > Promuovere l’inclusione sociale, combatterela povertà e ogni forma di discriminazione

OT10 > Investire nell’istruzione, formazione eformazione professionale, per le competenze el’apprendimento permanente

OT11 > Rafforzare la capacità istituzionale epromuovere un’amministrazione pubblica efficiente

Totale OT

Misure discontinue (FEASR)

Assistenza Tecnica

Totale generale

3.802,51

1.639,29

3.738,80

3.378,30

989,48

2.609,89

2.446,98

-

1.265,73

898,94

187,57

20.957,49

-

703,05

21.660,54

-

-

-

-

-

-

-

4.785,28

2.292,59

3.020,38

644,69

10.742,95

-

360,44

11.103,39

427,05

272,58

4.319,04

439,28

1.734,96

1.954,94

-

188,95

712,89

116,67

-

10.166,38

8,05

269,95

10.444,38

-

-

218,72

12,70

-

215,47

-

58,13

-

-

-

505,02

-

32,25

537,26

4.229,56

1.911,88

8.276,56

3.830,27

2.724,44

4.780,30

2.446,98

5.032,36

4.271,22

4.035,99

832,26

42.371,83

8,05

1.365,69

43.745,57

OBIETTIVI TEMATICI FESR FSE FEASR FEAMP Totale

Fonte: Dati PCM DPCOE

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1.2 Lo Sviluppo UrbanoSostenibile nella programmazione2014-20

Nel quadro della conferma del c.detto main-stream nella politica di coesione della proget-tazione integrata a scala urbana, promossaprima con i Progetti pilota urbani e poi con ledue iniziative comunitarie Urban I e Urban II9,con il ciclo 2014-20 lo Sviluppo Urbano Soste-nibile viene significativamente rilanciato. È in-fatti con questa programmazione che esso siafferma come declinazione territoriale speci-fica della politica di coesione, con strumenti erisorse dedicate.

Questo, in primo luogo, attraverso l’introdu-zione delle Strategie di Sviluppo Urbano Soste-nibile (SUS) volte “ad affrontare le sfideeconomiche, ambientali, climatiche, demografi-che e sociali delle aree urbane, tenendo ancheconto dell'esigenza di promuovere i collegamentitra aree urbane e rurali”10, con le quali viene ri-lanciato l’approccio territoriale strategico inte-grato a scala urbana. Sulla base di quantoprevisto dalle indicazioni comunitarie11, le SUSdevono infatti essere:

• composte da azioni interconnesse volte adeterminare un miglioramento duraturonelle condizioni ambientali, climatiche, so-ciali e demografiche di un'area urbana;

• coerenti con gli obiettivi generali di svi-luppo della regione e dello Stato membro;realistiche in termini di capacità di attua-zione nonché proporzionate alle risorse di-sponibili;

• coordinate con altri programmi e strumentidi intervento e basate sull’azione congiuntafra FESR e FSE;

• definite con l’attivo coinvolgimento dellecollettività locali e di tutti i soggetti coinvoltinell’attuazione.

La definizione e implementazione delle strate-gie è affidata ai programmi operativi, che pos-sono essere integralmente dedicati a tal fine,oppure prevedere un Asse specifico, ovvero ri-correre ad uno dei due strumenti per l’integra-zione territoriale di nuova introduzione nelciclo 2014-20: gli Investimenti Territoriali Inte-grati (ITI)12. Consentendo di integrare fondi, assiprioritari e programmi operativi diversi, incro-ciandone le rispettive potenzialità, questo stru-mento è infatti particolarmente funzionaleall’attuazione di interventi multidimensionali emultisettoriali, per affrontare le esigenze di unospecifico territorio, in funzione di obiettivi pun-tualmente individuati.

All’attuazione delle SUS è riservata una sogliaminima di intervento, pari ad “almeno” il 5%della dotazione FESR, un livello fissato tenendoconto di quello raggiunto nel ciclo precedente

1. La politica di coesione

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(allora, in assenza di una indicazione cogenteda parte dei regolamenti comunitari), sostan-zialmente analogo.

Si prevede inoltre che le responsabilità di pro-grammazione e gestione degli interventi coni quali si attuano le SUS possano essere dele-gate, con intensità variabile (dal livello mi-nimo, corrispondente almeno alla selezionedelle operazioni, a quello massimo, corrispon-dente alle funzioni di Organismo Interme-dio13) dalle Autorità di Gestione deiProgrammi Operativi alle Città individuatecome Autorità Urbane responsabili delle SUS.Una innovazione che spinge fortemente peril ricorso sistematico ad una soluzione sino al-lora assai poco diffusa, benché del tutto legit-tima14, mossa dalla consapevolezza chealmeno nell’ambito dello sviluppo urbano so-stenibile non si potesse più rinviare il ricono-scimento esplicito di un ruolo più pregnantedelle città.

A completare il quadro di una svolta nella dire-zione di una maggiore robustezza della dimen-sione urbana della politica di coesione, laprevisione di un nuovo strumento, le Azioni Ur-bane Innovative, a gestione diretta della Com-missione europea, rivolte a promuovere esperimentare nuove soluzioni a problemi rela-tivi allo sviluppo urbano sostenibile rilevanti alivello UE.15

Infine, oltre alla conferma del programma UR-BACT16, ad integrazione delle attività da que-sto svolte a sostegno dell’approccio integratoallo Sviluppo Urbano Sostenibile, con progettianimati da reti di città che cooperano su tema-tiche specifiche, viene istituita la Rete di Svi-luppo Urbano con l’intento di promuovere “losviluppo di capacità, la creazione di reti e loscambio di esperienze a livello dell'Unione fra leautorità urbane responsabili dell'attuazionedelle strategie di sviluppo urbano sostenibile ...ele autorità responsabili delle azioni innovativenel settore dello sviluppo urbano sostenibile...”.17

Aperta alle Città e aree urbane coinvolte neldisegno e nell’attuazione delle SUS e nell’im-plementazione delle Azioni Urbane Innova-tive, la Rete è chiamata a svolgere un forteruolo di raccordo non solo orizzontale, tra lediverse città, ma anche, attraverso l’opportu-nità di un dialogo diretto, tra queste e la Com-missione europea.

Oltre a quanto espressamente previsto per ilsostegno allo Sviluppo Urbano Sostenibile,altre previsioni regolamentari della program-mazione 2014-20, ancorché non rivolte diret-tamente a questa finalità, concorrono asostenerne l’attuazione.

In primo luogo, la rinnovata e più inclusiva di-sciplina del partenariato, con l’adozione del Co-dice europeo di condotta sul partenariato18,

Politiche europee e città. Lo sviluppo urbano sostenibile nella politica di coesione

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che nel disciplinare le modalità che consen-tono il più ampio e diffuso coinvolgimento deipartner nelle diverse fasi di programmazione eattuazione degli interventi, fissa le condizioniper un ruolo più incisivo delle città19, di effet-tiva e concreta partecipazione alle scelte, e diun maggiore protagonismo degli stakeholderslocali.

Inoltre, la previsione della riserva, pari al 20%del FSE, in favore degli interventi di inclusionesociale, che pur se non espressamente indiriz-zata al sostegno delle SUS, rappresenta un ul-teriore fondamentale tassello a supporto di unapproccio multidimensionale negli interventida queste promosse. È infatti grazie a questaindicazione che viene introdotta una levamolto potente per affrontare un tema che vedele città da sempre in prima linea, offrendo nonsolo risorse ma anche la possibilità di lavorarein una cornice unificante, basata sulla condivi-sione di obiettivi e percorsi comuni.

Infine, per quanto non obbligatoria, la possibi-lità di ricorrere a programmi multifondo, nelrappresentare una prima correzione di rottaalla segmentazione del ciclo 2007-2013, costi-tuisce un ulteriore stimolo all’integrazione ter-ritoriale, di certo più agevole se perseguita sindalla definizione della programmazione ope-rativa e non affidata esclusivamente alle fasisuccessive.

1. La politica di coesione

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Politiche europee e città. Lo sviluppo urbano sostenibile nella politica di coesione

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NOTE

4 F.Barca et al., An Agenda for a Reformed Cohesion Policy. A place-based approach to meeting European Union challenges andexpectations, aprile 2009, http://ec.europa.eu/regional_policy/archive/policy/future/barca_it.htm. È disponibile ancheuna traduzione rivista e autorizzata dall’autore nel giugno 2010 della sintesi, dell’introduzione e dei capitoli I e V del rap-porto: Un’agenda per la riforma della politica di coesione. Una politica di sviluppo rivolta ai luoghi per rispondere alle sfide ealle aspettative dell’Unione europea.

http://www.confindustria.it/Aree/NewsPub.nsf/NewsMEZZTuttiARCH/94F6C881454709C312577BA00358C64? Open Do-cument 9

5 Commissione europea, “La mia regione, la mia Europa, il nostro futuro: Settima Relazione sulla coesione economica, socialee territoriale”, settembre 201.7

6 Resa cogente per tutte le regioni nella programmazione 2007-13, questa regola prevede che ciascun programma possaessere finanziato da un solo fondo, con la conseguenza che nello stesso territorio possono intervenire sino a tre/quattroprogrammi. Con la programmazione 2014-20, questa cogenza è stata superata lasciando agli Stati membri la scelta traprogrammi monofondo e programmi plurifondo.

7 Regolamento (UE) 1301/2013, art.4.8 Il semestre europeo, introdotto nel 2010 per rafforzare la governance economica della UE, assicura il coordinamento

delle politiche nazionali e di bilancio degli Stati Membri, attraverso un percorso piuttosto articolato di atti e decisioni (tracui l’adozione, da parte dei singoli Paesi, dei Piani Nazionali di Riforma), nell’ambito del quale le scelte nazionali sonoorientate, fra l’altro, da specifiche Raccomandazioni adottate dal Consiglio UE, su proposta della Commissione europea.

9 Avviati all’inizio degli anni 90 e finanziati, nei cicli di programmazione che si sono susseguiti, sino alla fine del 2006, questiprogrammi hanno promosso quell’approccio integrato e multidimensionale per la rigenerazione urbana che tuttora rap-presenta una delle più genuine espressioni della natura place-based della politica di coesione, applicata a scala urbana.Successivamente, questo approccio viene integrato nei programmi di mainstream (programmi regionali e nazionali) conesiti differenziati, ma in linea generale, anche per motivazioni esogene, non comparabili a quelli raggiunti con gli strumentidedicati.

10 Regolamento (UE) n.1301/2013, art.7.11 Commissione europea “Linee Guida per gli Stati Membri sullo sviluppo sostenibile integrato”, EGESIF 15-0010-01,

18/5/2015.12 Regolamento (UE) n.1303/2013, artt. 36 e ss. All’ITI si affianca lo Sviluppo Locale di tipo Partecipativo (Regolamento (UE)

n.1303/2013, artt. 32 e ss), mutuato dall’esperienza Leader, che condividendo con l’ITI la finalità di promuovere l’integra-zione a livello territoriale di tipologie di intervento e di fondi diversi, per l’attuazione di azioni diverse, calibrate su un de-terminato luogo (“place based”), si distingue da questo per diversi aspetti: tipologie progettuali ammissibili (solo l’ITIconsente di finanziare opere e lavori di rilievo); competenze e funzioni delle amministrazioni pubbliche; ruolo dei soggettiprivati (molto pregnante nel caso dello Sviluppo Locale di tipo Partecipativo, espressamente rivolto alla mobilitazionedegli attori locali, quali soggetti in grado di offrire competenze, soluzioni, leadership e capacità gestionali non presentiall’interno dell’amministrazione locale). cfr. Accordo di Partenariato Italia, sezione 3.

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1. La politica di coesione

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13 Sono Organismi Intermedi le amministrazioni che nell’ambito di un programma operativo, svolgono funzioni delegatedall’Autorità di Gestione del Programma stesso.

14 In Italia, nei precedenti cicli di programmazione, solo le Regioni Campania, Puglia e Umbria hanno fatto ricorso alla delegaalle città come Organismi Intermedi.

15 Regolamento (UE) n.1301/2013, art.8.16 Giunto alla sua terza edizione (le prime nel 2000-2006 e 2007-2013) il Programma URBACT, finanziato dal FESR (per 96

milioni di euro nel 2014-2020) è un programma della Cooperazione Territoriale Europea che sostiene la creazione di retifra le città UE (e quelle della Svizzera e della Norvegia), finalizzate alla creazione di piani d’azione locali, all’implementa-zione di strategie integrate urbane e allo scambio di buone pratiche.

17 Regolamento (UE) n.1301/2013, art.9.18 Regolamento Delegato (UE)) n. 240/2014 della Commissione del 7 gennaio 2014.19 Includendo tra i c.detti partner pertinenti, i partner istituzionali (le autorità regionali, locali, cittadine e le altre autorità

pubbliche competenti tra cui: le autorità regionali, “i rappresentanti nazionali delle autorità locali e le autorità locali cherappresentano le maggiori città e aree urbane, aventi competenze connesse all’uso previsto dei fondi SIE che contribuisconoal programma”), le parti economico-sociali, i rappresentanti della società civile, tra i quali anche “organizzazioni o gruppiche sono o che è probabile che siano interessati in modo significativo dall’attuazione dei fondi SIE”.

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2. Lo sviluppo urbano sostenibile nella programmazione italiana 2014-20

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Politiche europee e città. Lo sviluppo urbano sostenibile nella politica di coesione

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2.1 Il quadro generale

Alla programmazione 2014-20 l’Italia arrivaforte di una lunga e ricca esperienza di proget-tazione integrata territoriale, applicata anche ascala urbana, ma ancora debole quanto a in-quadramento nazionale delle politiche urbane.

Tanto con i Progetti Pilota Urbani20 e con la par-tecipazione al Programma URBAN21, quanto coni PRUSST22, i Progetti Integrati Territoriali23, i PianiStrategici Urbani24, i progetti urbani e territorialidel ciclo 2007-1325, molte e anche molto diversi-ficate, sono state le sperimentazioni dell’approc-cio integrato allo sviluppo territoriale realizzatenel nostro Paese, pressoché in tutte le regioni, at-traverso la politica di coesione comunitaria e altristrumenti nazionali affiancati ad essa.

Sulla base delle lezioni apprese da questeesperienze, maturate in un percorso quasi ven-tennale, l’Accordo di Partenariato italiano for-mula precise indicazioni per l’impostazione delnuovo ciclo, tra cui:26

• perseguire l’integrazione territoriale attra-verso un approccio tematico, mirato e circo-

scritto, basato su reali e concreti obiettivicomuni, evitando la tentazione di costruirepiani territoriali omnicomprensivi e dunquegeneralisti;

• tenere conto, già in fase di programma-zione, della fattibilità degli interventi peranticipare quanto più possibile la cono-scenza e la soluzione di eventuali problema-tiche attuative;

• far leva sugli enti di governo locale, inve-stendoli di ruoli operativi per la sintesi delleistanze di sviluppo economico territorialepromosse dal basso;

• attribuire un ruolo chiaro al partenariatoprivato, commisurato alle sue competenzee capacità di rappresentanza, in un quadrodi trasformazioni territoriali governato com-piutamente dall’ente pubblico;

• sostenere attivamente l’integrazione fra glielementi fisici e quelli immateriali dell’inter-vento territoriale, assumendo la centralità delmiglioramento dell’offerta dei servizi pub-blici per la cittadinanza, anche attraverso lasollecitazione alle politiche ordinarie.

2. Lo sviluppo urbano sostenibile nella programmazione italiana 2014-20

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Lo sviluppo urbano sostenibile nella programmazione italiana 2014-20

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Al contempo, preso atto della persistente man-canza di una politica nazionale coordinata perle città e della frammentazione dei soggetti edelle iniziative in campo27 lo stesso Accordo(frutto di un lungo negoziato sia in ambito na-zionale, sia con la Commissione europea) foca-lizza l’intervento su tre ambiti tematici:

• ridisegno e modernizzazione dei servizi ur-bani per i residenti e gli utilizzatori delleCittà (con particolare riferimento, in attua-zione del paradigma delle smart cities, allamobilità e alla logistica sostenibile, al rispar-mio energetico e alla promozione dellefonti rinnovabili, facendo leva sulle nuovetecnologie);

• pratiche e progettazione per l’inclusione so-ciale per i segmenti di popolazione più fra-gile e per aree e quartieri disagiati(concentrandosi su alcune dimensioni cru-ciali della povertà e del disagio, fra le quali ildisagio abitativo, occupazionale, il contrastoai processi di esclusione ed emarginazione);

• servizi urbani per la competitività (per filiereproduttive globali a vocazione urbana).

La strategia di intervento è rivolta a due tipo-logie di aree urbane:

• le dieci Città Metropolitane individuate conlegge nazionale (BA, BO, GE, FI, MI, NA, RO,TO, VE) e le quattro individuate dalle Regionia statuto speciale (CA, CT, ME PA);

• le città medie e i poli urbani regionali, ov-vero le aree urbane densamente popolateche costituiscono poli di erogazione di ser-vizi essenziali e di rango elevato per areevaste significative.

Inoltre, nella consapevolezza dei limiti diun’azione sostenuta dalla sola politica di coe-sione, l’Accordo di Partenariato si pone espres-samente l’ambizione di promuovereesperienze e metodi tali da orientare anche lepolitiche nazionali.

La finalità sottesa a questo approccio era dun-que quella di massimizzare la leva offerta dallaprogrammazione comunitaria, cercando anchedi gestire i condizionamenti derivanti dall’im-possibilità di innestarla su percorsi nazionalistrutturati, in primo luogo contenendo la ten-denza a sovraccaricare di richieste strumenti diintervento la cui efficacia era direttamente di-pendente dalla capacità di focalizzarsi su prio-rità chiaramente individuate. Questo, cercandoal contempo di anticipare per quanto possibilel’individuazione e soluzione di eventuali criti-cità, segnalando da subito, sulla base di quantoemerso nelle precedenti esperienze, gli snodicritici da presidiare come pure le pre-condi-zioni di successo da assicurare.

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2.2 I programmi operativi dedicati

L’attuazione di questo impianto strategico è af-fidata, da un lato, a un PON rivolto alle CittàMetropolitane (PON METRO), dall’altro, ai PORchiamati ad intervenire nelle città medie e inquelle minori, con la possibilità di individuareun quarto ambito di intervento.

Sulla base delle scelte effettuate dai pro-grammi operativi, alla luce dei dati più recentidisponibili, risultano attribuiti allo Sviluppo Ur-bano Sostenibile 2,4 miliardi di euro circa30, dicui 2,03 a valere sul FESR e 355 milioni sul FSE,un importo nettamente superiore (9% circa)alla soglia fissata dal regolamento FESR.

Il quadro delle risorse complessivamente attri-buite (dai POR e dal PON) ai singoli obiettivi te-matici evidenzia una netta concentrazione suitemi dell’inclusione sociale (che assorbe conl’OT9 ben 925 milioni di euro, corrispondenti apoco meno del 39% del totale) e dell’energia emobilità sostenibile (che con 810 milioni rap-presenta il 34% del totale). Significativi ma net-tamente inferiori gli importi destinatiall’Agenda Digitale (215 milioni di euro, il 9%del totale) e alla Valorizzazione del patrimonioculturale e naturale (195 milioni di euro, pocopiù dell’8% del totale).

2. Lo sviluppo urbano sostenibile nella programmazione italiana 2014-20

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PON Città Metropolitane

Il PON interviene nei Comuni capoluogodelle 14 Città Metropolitane (CM), chiamatiad affrontare, anche attraverso l’applica-zione di soluzioni “intelligenti”, sfide co-muni per l’ottimizzazione dei servizi aicittadini, il contrasto alla marginalità so-ciale, alla congestione, al disagio abitativo.Con una dotazione complessiva di 892 mi-lioni di euro28 (corrispondente al 37% dellerisorse complessive destinate allo SUS dallaprogrammazione italiana 2014-20), il Pro-gramma si focalizza sui primi due driverdell’Agenda urbana nazionale 2014-20 (Ri-disegno e modernizzazione dei servizi ur-bani per i residenti e gli utilizzatori delleCittà; Pratiche e progettazione per l’inclu-sione sociale).

In base alla diversa intensità dell’impegnofinanziario della politica di coesione nelletre categorie di regioni, il Programma asse-gna 40 milioni di euro alle città del CentroNord e Sardegna, 90 alle città del Sud29.Inoltre, pur mantenendo la concentrazionedell’intervento nei comuni capoluogo delleCittà metropolitane (per assicurare lamassa critica necessaria) nel caso del-l’agenda digitale e dei servizi per l’inclu-sione sociale è espressamente

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Più nello specifico, per quanto riguarda lo Svi-luppo Urbano Sostenibile finanziato dai POR31:

• 17 le Regioni (tutte ad eccezione del Lazio,Valle d’Aosta, Bolzano, Trento)32 che, seppurcon un impegno finanziario differenziato,anche in ragione della diversa intensità del-l’intervento complessivo della politica dicoesione nei loro territori, hanno promossole SUS, nella maggior parte dei casi supe-rando la soglia del 5% del FESR;33

• 189 sono le aree urbane target degli inter-venti promossi dai POR (comuni singoli oaggregazioni di più comuni, con un capo-fila34) individuate già nei Programmi o infase successiva con procedura mista (pre-selezione delle aree urbane nei Pro-grammi35 e ulteriore selezione su basecompetitiva)36 e per lo più identificate sullabase dei confini amministrativi (capoluoghidi provincia e, in molti casi, altre città medieindividuate come poli di servizi) o utiliz-zando il criterio delle aree urbane funzio-nali, caratterizzate da particolari condizionidi disagio socio-economico e criticità am-bientali (Toscana). Un caso a parte la Puglia,che ha indicato come aree target Bari etutte le città >15mila abitanti, in forma sin-gola o associata, selezionando con proce-dura competitiva 89 città o unioni dicomuni;

Politiche europee e città. Lo sviluppo urbano sostenibile nella politica di coesione

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richiesto il coinvolgimento di quanti più co-muni possibile dell’area metropolitana, conl’obiettivo di sostenere, laddove maggior-mente necessario, la scalabilità e messa inrete degli interventi.

Pur non essendo il solo programma opera-tivo espressamente dedicato alle città (unarosa peraltro ristretta a solo tre casi: Bruxel-les e Stoccolma, gli altri) il PON METRO rap-presenta un’esperienza unica nel panoramaeuropeo, essendo il solo che coinvolge piùcittà nel disegno e realizzazione di una stra-tegia nazionale unificante. Altro elementocaratterizzante (e qualificante), l’essere statocostruito attraverso un esercizio di co-pro-gettazione condiviso fra città e amministra-zione nazionale, che ha consentito disaldare il disegno programmatico con l’im-pianto progettuale, a beneficio della suaconcretezza e operatività.

Infine, il grande valore aggiunto di un pro-gramma nazionale è testimoniato dallamessa in rete delle diverse città e dalla pos-sibilità, in tal modo, non solo di favorirescambi di esperienze, ma anche di promuo-vere percorsi di approfondimento e ricercacomuni.

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• molto forte la scelta di concentrazione (ter-ritoriale e tematica) della Regione Lombar-dia che ha focalizzato l’intervento sulrecupero dei quartieri di edilizia popolareinteressati da forte degrado socio-econo-

mico e urbanistico edilizio nei Comuni diMilano (Lorenteggio) e Bollate, mobilitandoa tal fine anche il POR FSE, risorse ordinariedella Regione e dei rispettivi bilanci comu-nali, nonché, per Milano, anche il PON

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Tabella 2 - Risorse programmate per obiettivo tematico

6OT1

0

100

200

300

400

500

600

700

800

900

1000

215OT2

84OT3

810OT4

58OT5

195OT6

0OT7

24OT8

925OT9

62OT10

1OT11

Meuro

Servizidigitali

Energia emobilità

PMI

Patrimonioculturale

Inclusionesociale

POR e PON Metro: le scelte di investimento per la città

Assegnazione FESR FSE per OT - Valori in milioni di Euro sul totale SUS(Risorse UE+NAZ)

Fonte: dati PCM, DPCOE

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METRO. Da segnalare, inoltre, il caso dellaSardegna, che ha focalizzato le proprie SUSsul recupero di alcuni quartieri degradati diCagliari, Olbia e Sassari, attraverso inter-venti di rigenerazione urbana e innovazionesociale. Anche se più diffuso dal punto divista territoriale, merita un cenno il casodella Toscana che ha richiesto alle città cheintendevano candidarsi per la selezione delproprio Progetto di Innovazione Urbana(PIU) di concentrare il 70% delle risorse sultema dell’inclusione sociale;

• tutte le 17 Regioni con SUS (tranne la Basili-cata, che non ha delegato neanche la sele-zione degli interventi) hanno optato per unaampia delega di responsabilità alle Città (in-dividuate come Organismi Intermedi);

• 11 Regioni hanno introdotto un asse dedi-cato nei loro programmi FESR o plurifondo;

• 6 Regioni hanno scelto l’ITI per l’attuazionedelle SUS (Basilicata, Calabria, Marche, Mo-lise, Sardegna, Sicilia), per un importo com-plessivamente pari a poco meno di 800milioni di euro;

• in due soli casi (Piemonte e Toscana) al co-mune capoluogo della CM non è stato rico-nosciuto alcun importo, in quanto giàdestinatari delle risorse PON METRO (inter-pretando in questo modo “restrittivo” lacomplementarietà tra i due strumenti);

• poco meno della metà delle Regioni interes-sate hanno integrato anche il FSE nelle SUS:oltre alle tre regioni con programmi pluri-fondo (Calabria, Molise e Puglia) hanno op-tato per questa scelta Lombardia, Marche,Toscana, Umbria e Sardegna;

• solo in un caso (F.V. Giulia) già in sede di de-finizione del programma operativo sonostate condivise e indicate le scelte di inter-vento delle città individuate, nel pro-gramma stesso, come Autorità Urbane.

In complementarietà con gli interventi pro-mossi dai POR, il PON METRO sostiene:

• il miglioramento dell’offerta dei servizi at-traverso l’utilizzo dell’ITC, con l’obiettivo diincrementare al 70% il numero di tali co-muni delle città metropolitane che offronoservizi pienamente interattivi, e almeno al50% la quota di popolazione che usa inter-net per relazionarsi con la PA e con i sog-getti di gestori di servizi pubblici. Le risorseprogrammate a tal fine ammontano a 152milioni di euro (corrispondenti al 17% deltotale) Tutte le città hanno avviato diversiinterventi in questo ambito, con un impe-gno molto rilevante nella digitalizzazionedei processi amministrativi, in particolarenell’ambito tributario, edilizio e catastale,ambientale (rifiuti), turistico, di gestionedel patrimonio ERP, ecc;

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• l’efficientamento energetico degli edificipubblici e l’illuminazione pubblica sosteni-bile (rispettivamente 8 e 6 città su 14);

• l’infomobilità (11 città), le piste ciclabili (12città), il rinnovo della flotta del Trasporto Pub-blico Locale (6 città, tutte al sud), i nodi di in-terscambio modale (3 città). Per questi dueambiti sono state programmate risorse com-plessivamente pari a 318,3 milioni di euro;

• l’inclusione sociale (cui sono destinati 386,9milioni di euro) con un impegno molto rile-vante (per il numero di città interessate e peril suo potenziale impatto) sul contrasto al di-sagio abitativo. Questo, attraverso il sostegnoal modello, già promosso da alcune città,delle “agenzie per la casa”, intese come onestop shop multidimensionale, in grado di for-nire ai soggetti in condizioni di disagio rispo-ste integrate dei vari servizi, assicurando ilcoordinamento tra politiche abitative e poli-tiche sociali. Da segnalare in questo ambitotematico, tra le altre, numerose esperienze disperimentazione del paradigma dell’innova-zione sociale37, principalmente per l’attiva-zione di nuovi servizi nelle aree degradate eil contrasto alle marginalità. Per contro, limi-tata a pochi casi, rispetto alle aspettative ini-ziali, l’azione rivolta al superamento deicampi Rom, Sinti e Caminanti, in attuazionedella Strategia nazionale di riferimento38.

2.3 La dimensione urbana deiprogrammi nazionali e regionali

A completare il quadro degli strumenti messiin campo per le città dall’Italia con la program-mazione 2014-20, vanno considerati sia alcuniprogrammi nazionali di sostegno a politicheche chiamano in causa non solo come benefi-ciari ma anche come protagonisti attivi le città,sia, per quanto riguarda i POR, gli investimentinelle aree urbane da questi attivate nell’ambitodei diversi obiettivi tematici /assi.

Tra i primi, il PON Inclusione, a titolarità del Mi-nistero del Lavoro, che ha destinato la maggiorparte delle risorse (oltre 1 miliardo di euro) alReddito di Inclusione (REI)39 e prima ancora alSostegno all’inclusione attiva (SIA)40, finan-ziando la componente destinata ai servizi di at-tivazione (mentre la parte relativa al sussidio èrimasta a carico delle risorse nazionali) attra-verso avvisi non competitivi rivolti ai comuni eagli ambiti territoriali (che comprendono piùComuni nei quali l’offerta di servizi è organiz-zata in modo integrato). Oltre alle misure diret-tamente rivolte ai componenti dei nucleifamiliari beneficiari del sostegno economico,quali la formazione, i tirocini, le borse lavoro, lemisure di accompagnamento sociale, il PON fi-nanzia anche azioni di sistema, quali il rafforza-mento dei servizi di presa in carico e lo

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sviluppo di una rete integrata di interventi checoinvolga altre agenzie pubbliche ed enti noprofit del territorio.

La partecipazione a questo programma ri-chiede ai Comuni e agli ambiti territoriali dipredisporre progetti personalizzati per i desti-natari del REI e, contestualmente, di riorganiz-zare l’offerta dei servizi in coerenza conl’approccio integrato e multidimensionale cheè alla base di questa misura. Una sfida molto ri-levante, soprattutto laddove ancora debolel’orientamento all’utenza e il lavoro in rete deiservizi sociali con i servizi all’impiego, i servizisanitari, le scuole e i soggetti privati attivi nelcontrasto alla povertà; per tale motivo, il Pro-gramma prevede risorse e azioni dedicate alrafforzamento delle strutture.

Altre misure significative promosse dal Pro-gramma sono quelle rivolte a potenziare la retedei servizi per i senza dimora nelle aree urbane,a definire e sperimentare modelli per l’integra-zione di persone a rischio di esclusione sociale(vittime di tratta o violenza, popolazione Rom,minori stranieri non accompagnati, detenuti edex detenuti), a promuovere attività economi-che in campo sociale. Finalizzate alla promo-zione dell’innovazione sociale, anche questemisure richiedono una forte capacità di cam-biamento nella gestione dell’offerta dei servizida parte delle amministrazioni locali. Ne è un

chiaro esempio, tra gli altri, la richiesta di pro-muovere il cosiddetto housing first nelle misureper i senza fissa dimora: un approccio (soste-nuto anche dal PON METRO) che identificandola casa come punto di partenza per avviare eportare a compimento ogni percorso di inclu-sione sociale, richiede ai servizi sociali di lavo-rare in rete e in modo integrato, sulla base diuna pianificazione strategica, per costruire pro-getti calibrati sulle condizioni specifiche dellapersona.41

Un altro Programma Nazionale che nel tempoha assunto una rilevanza crescente per le cittàè il PON “Governance e Capacità istituzionale”,a titolarità dell’Agenzia per la Coesione (e delDipartimento Funzione Pubblica, per la partead esso delegata in qualità di Organismo Inter-medio), rivolto alla modernizzazione della PA,anche attraverso la digitalizzazione dei serviziofferti ai cittadini, al rafforzamento dellac.detta capacità amministrativa, in primo luogodelle amministrazioni coinvolte nella program-mazione comunitaria, nonché all’accompagna-mento della riforma degli EELL, promossa conla Legge 56/2004. Tradizionalmente pocoorientato a interventi espressamente direttialle città, per il ruolo largamente preponde-rante di amministrazioni centrali e regioni nellaprogrammazione della politica di coesione, piùdi recente il Programma ha definito alcune

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azioni rivolte ai Comuni. Nel corso del 2018sono stati infatti finanziati, attraverso un avvisopubblico dell’aprile 2017, 30 progetti (per unimporto poco al di sotto dei 18 milioni di euro)di “Trasferimento, evoluzione e diffusione dibuone pratiche attraverso Open CommunityPA 2020”, che hanno visto la partecipazione dialtrettanti comuni, di diverse dimensioni, qualicapofila di partenariati composti da enti (in lar-ghissima preponderanza enti locali) cedenti eriusanti le buone pratiche individuate.42 Allafine del 2017, inoltre, è stato pubblicato un av-viso, rivolto ai comuni in grado di assicurare ilsubentro all’Anagrafe della Popolazione Resi-dente (ANPR) entro la fine del 2018, con l’obiet-tivo di sostenere concretamente una dellepriorità della Strategia italiana per la crescitadigitale 2014-2043.

Inoltre, nel corso del 2018 è stato avviato unprogramma di interventi di rafforzamento dellacapacità amministrativa dei 14 Comuni capo-luogo di città metropolitana che svolgono fun-zioni di Organismo Intermedio del PON CittàMetropolitane 2014-2020 per il soddisfaci-mento dei fabbisogni emergenti dai PRA-Pianodi Rafforzamento Amministrativo. Tale pro-gramma è finalizzato alla promozione del raf-forzamento della capacità amministrativaattraverso azioni volte a stimolare l'efficienta-mento delle procedure e all’accrescimento della

cultura manageriale nella gestione dei servizi edegli investimenti pubblici, al fine di produrreun miglioramento stabile e strutturale all'in-terno delle pubbliche amministrazioni.

Per completezza, va infine considerato che nelquadro della riprogrammazione effettuata nel2017, con la quale sono state attribuite le nuoverisorse (1,6 miliardi di euro) derivanti dal c.detto“aggiustamento tecnico”44, 220 milioni di risorseUE aggiuntive sono state programmate in fa-vore delle misure di accoglienza e integrazionedei migranti attraverso il PON Inclusione e ilPON Legalità, cui si aggiungono le ulteriori ri-sorse di cofinanziamento nazionale.

Nel primo caso, queste risorse addizionali sonostate finalizzate principalmente all’inclusioneattiva dei minori stranieri non accompagnatiprossimi alla maggiore età e dei richiedenti ebeneficiari di protezione internazionale, en-trambe misure che vedono coinvolti i Comuninella definizione di proposte e nella gestionedei progetti.

Nel secondo, si tratta di interventi espressa-mente rivolti alle Città Metropolitane, per la ri-qualificazione di immobili pubblici, ancheconfiscati alla criminalità organizzata, da desti-nare all’accoglienza e integrazione dei migrantiregolari, dei richiedenti asilo e dei titolari diprotezione internazionale.

2. Lo sviluppo urbano sostenibile nella programmazione italiana 2014-20

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Nel complesso, oltre quelli sopra citati, moltisono gli interventi destinati alle città dai pro-grammi regionali e nazionali45: basti considerareche secondo le stime della Commissione euro-pea, a fronte dei 15 miliardi di euro destinati allosviluppo urbano sostenibile, attraverso il ricorsoall’art.7 del Regolamento FESR 1301/2013, le ri-sorse FESR destinate ad interventi nelle città,raggiungono un importo di poco inferiore ai 100miliardi di euro, corrispondenti al 50% del totaledel fondo per l’intero periodo.

Risulta quindi evidente come oltre alla neces-saria focalizzazione sulla componente espres-samente dedicata, non possano essereminimamente trascurate le opportunità con-nesse agli strumenti della politica di coesioneche, seppure privi di un focus urbano esplicito,sono in grado di determinare impatti rilevantisullo sviluppo delle città.

Da qui quindi la necessità, per le città che in-tendano esercitare un ruolo attivo nella valo-rizzazione di queste opportunità, di assumerea riferimento questo orizzonte ampio con tem-pestività e capacità proattiva, emancipandosidal ruolo di semplici destinatari di bandi o dialtre procedure di allocazione top-down dellerisorse, per rivestire quello di co-progettatoridelle scelte d’interesse dei rispettivi territori.Per quanto si tratti di un percorso non sempreagevole e fluido, si tratta di una scelta resa ob-bligata dalle stesse dimensioni dell’interventocomplessivo e quindi dai rischi di un impattodi queste risorse non efficacemente orientatoda una attenta considerazione dei bisogni edelle potenzialità delle aree ove ricadono que-sti interventi.

Politiche europee e città. Lo sviluppo urbano sostenibile nella politica di coesione

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NOTE

20 159 i progetti integrati di rigenerazione dei quartieri degradati finanziati in Italia dal FESR tra il 1989 e il 1999.21 26 le città/aree urbane italiane coinvolte dal Programma URBAN nei due cicli 1994-1999 e 2000-2006 che hanno realizzato

progetti integrati di rivitalizzazione socioeconomica di centri urbani medio piccoli o quartieri degradati di grandi città. 22 Programmi di Riqualificazione Urbana e Sviluppo sostenibile promossi a partire dal 1998 dal Ministero Infrastrutture

e Trasporti con risorse ordinarie alla cui realizzazione hanno concorso diverse fonti di finanziamento, anche di livellolocale.

23 Promossi in tutte le Regioni del Mezzogiorno e nella maggior parte delle Regioni del Centro Nord dalla programmazione2000-2006.

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2. Lo sviluppo urbano sostenibile nella programmazione italiana 2014-20

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24 Avviati in una prima fase nel 2000, in 7 città del centro-nord e successivamente diffusi anche al sud, in stretta correlazionecon la programmazione comunitaria, con la finalità di rappresentare la cornice di riferimento tanto degli interventi UE,quanto di quelli promossi con risorse nazionali e locali, si sono focalizzati sul miglioramento della qualità della vita e deiservizi ai cittadini e alle imprese (soprattutto mobilità, ambiente, energia).

25 Avviata con grandi ambizioni e con un forte investimento nella progettazione integrata per lo sviluppo urbano (molto ri-levante in Campania dove sono state coinvolte Napoli, 19 città medie e diverse città minori), la programmazione 2007-2013, ha visto un progressivo ridimensionamento delle aspettative iniziali, per problemi di sostenibilità complessivadell’impianto originario (cfr nota 47) per molti aspetti comuni alla maggior parte dei Paesi membri, come anche eviden-ziato dalla Commissione europea nell’ambito delle valutazioni ex post sulla politica di coesione 2007-13 (cfr. CommissioneEuropea, DG Politiche Regionali e Urbane, Ex post evaluation of Urban Development and Social Infrastructures, Bruxelles2016).

26 Accordo di Partenariato Italia, sezione 3.27 La stessa esperienza del Comitato interministeriale per le Politiche Urbane (CIPU), istituito nel 2012 (L. 134/2012) quale

sede di coordinamento delle politiche ordinarie per le città e di queste con la politica di coesione è stata di assai brevedurata pur a fronte di un avvio molto promettente. Il CIPU si è riunito infatti solo tre volte e solo nel 2013.

28 Di cui 446 FESR e 142 FSE, cui si sommano le risorse di cofinanziamento nazionale pari a 304 milioni di euro. 29 In queste ultime interviene anche Il c.detto Programma Operativo Complementare, finanziato dal Fondo Sviluppo e

Coesione, per complessivi 206 milioni di euro, destinati a progetti complementari e/o di rafforzamento rispetto a quellisostenuti dal PON nelle medesime città. La limitazione territoriale di questo programma è dovuta al fatto che nelle re-gioni meno sviluppate, cui appartengono queste città (Bari, Catania, Messina, Napoli, Palermo, Reggio Calabria) il tassodi cofinanziamento nazionale adottato è inferiore a quello fissato nelle altre regioni. Per quanto del tutto in linea conle disposizioni comunitarie che prevedono un tasso di cofinanziamento nazionale maggiore nelle aree più sviluppate,questo determina un impegno delle risorse nazionali minore proprio laddove maggiori sono i fabbisogni di intervento.Da qui la scelta (in analogia con la programmazione 2007-13) di un intervento “compensativo” in queste aree, attraversouna programmazione parallela (e più flessibile dal punto di vista temporale) ma del tutto sinergica rispetto a quellacomunitaria.

30 Al netto delle risorse del POR Campania FESR (239 milioni di euro) destinate al completamento di tre Grandi Progetti aNapoli.

31 Le informazioni sulle quali si basa l’analisi delle SUS sono tratte dalle elaborazioni del Dipartimento per le Politiche dicoesione, NUVAP, della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dalle pubblicazioni ANCI-IFEL “Sviluppo Urbano e Poli-tiche di coesione nel settennio 2014-20”, settembre 2018; “La dimensione territoriale nelle politiche di coesione”, ottobre2018.

32 Diverse le motivazioni sottostanti a questa scelta: legate alla conformazione territoriale nel caso della Valle d’Aosta e diTrento e Bolzano; derivanti da scelte di programmazione nel caso del Lazio, dove è comunque previsto un impegno espli-cito (e in alcuni casi anche piuttosto rilevante) per le aree urbane di alcuni Obiettivi Tematici che, ad esempio, ha con-sentito di attivare 54 milioni di euro di investimenti per la mobilità sostenibile nel territorio di Roma Capitale e 3 milioniper la valorizzazione delle risorse culturali attraverso la promozione dell’imprenditorialità.

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Politiche europee e città. Lo sviluppo urbano sostenibile nella politica di coesione

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33 Confermano la soglia senza superarla F.V. Giulia, Marche e Sardegna, quest’ultima considerando anche l’apporto del PORFSE. La Puglia si mantiene ben al di sotto della soglia (2,3% della dotazione FESR) ma associa a questo finanziamento ri-sorse FSE e del Fondo Sviluppo e Coesione, nell’ambito del Patto per il Sud, intervenendo sia a Bari (per interventi com-plementari al PON METRO), sia nelle città medie selezionate, per realizzare progetti pilota e azioni sperimentali, ad altocontenuto innovativo, nei quartieri maggiormente degradati.

34 Complessivamente 276 Comuni (di cui 10 Città metropolitane) e 12 Unioni di Comuni.35 Piemonte, Lombardia, F.V. Giulia, Liguria, E. Romagna, Umbria, Sardegna, Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Calabria,

Sicilia.36 Toscana, Veneto, Marche.37 L’innovazione sociale si è imposta nell’ultimo decennio nell’agenda politica europea, anche in risposta alla rarefazione

delle risorse pubbliche indotta dalla crisi esplosa nel 2008, come paradigma in grado di favorire l’inclusione sociale nonsolo per i cittadini ma insieme ai cittadini, promuovendo la sperimentazione e verifica di nuove idee (prodotti, servizi emodelli) che soddisfano dei bisogni sociali, in modo sostenibile e duraturo attraverso la creazione di nuove relazioni enuove collaborazioni che rafforzano la capacità di agire e reagire della società.

38 Strategia nazionale 2012-2020 d’inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Caminanti, in attuazione della Comunicazionen.173/2011 della Commissione Europea.

39 Il Reddito di inclusione (REI) è la misura di contrasto alla povertà dal carattere universale, condizionata alla valutazionedella condizione economica, che viene erogata dal 1° gennaio 2018. Il REI ha sostituito il SIA (Sostegno per l'inclusioneattiva) e l'ASDI (Assegno di disoccupazione). Il REI, analogamente al SIA, si compone di due parti: 1. un sostegno econo-mico erogato attraverso l’attribuzione di una carta di pagamento elettronica (Carta REI), utilizzabile per l’acquisto di benidi prima necessità e il prelievo di contante (entro un limite mensile di 240 euro); 2. un intervento di attivazione sociale elavorativa, che si concretizza con l’adesione dell’intero nucleo familiare ad un progetto personalizzato di presa in caricopredisposto insieme ai servizi sociali del Comune di residenza, in rete con i servizi per l'impiego, i servizi sanitari e lescuole, nonché con soggetti privati attivi nell'ambito degli interventi di contrasto alla povertà, con particolare riguardoagli enti no profit.

40 Misura ponte avviata dallo stesso PON nelle more della definizione del REI. 41 Cfr Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali “Linee di indirizzo per il contrasto alla grave emarginazione adulta in

Italia” Accordo tra il Governo, le Regioni, le Province Autonome e le Autonomie locali in sede di Conferenza Unificata del5 novembre 2015. Le Linee di Indirizzo sono il frutto di un gruppo di lavoro coordinato dal Ministero del lavoro e dellepolitiche sociali, che si è avvalso della Segreteria Tecnica della FIO.PSD (Federazione Italiana Organismi per le personesenza dimora) e ha coinvolto diversi livelli di governo, tra cui le 12 città con più di 250 mila abitanti dove il fenomeno èpiù diffuso.

42 16 i progetti positivamente valutati ma non ammessi per carenza di risorse.43 Con l’ANPR si intende superare, con una banca dati centralizzata, la frammentazione della gestione dell'anagrafe della po-

polazione (allora) distribuita in 8.057banche dati presenti in altrettanti Comuni, con oltre 70 sistemi demografici operantisul territorio che si moltiplicano per le rispettive versioni, gestiti da un mercato formato da oltre 40 Software House. (cfrPresidenza del Consiglio dei Ministri, Strategia per la crescita digitale 2014-20, marzo 2015-aggiornamento giugno 2016).

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44 Come stabilito in fase di approvazione Bilancio europeo 2014-2020, nel 2016 la Commissione europea ha riesaminatogli stanziamenti complessivi per le politiche di coesione a favore di ciascuno Stato membro, in modo da tener conto degliimpatti della crisi economica del 2009. Questo ha portato a rivedere la dotazione dei vari Paesi per gli anni 2017-2020,destinando risorse addizionali prevalentemente a favore di Spagna, Italia e Grecia. Altri Paesi hanno beneficiato dell’ade-guamento in misura minore, mentre per 5 Paesi si è verificata una riduzione marginale, dovuta ad una situazione socio-economica che ha superato le aspettative.

45 Per una rassegna degli interventi dei programmi nazionali e regionali 2014-20 rivolti alle città (come beneficiari/soggettiattuatori) si veda IFEL “La dimensione territoriale della politica di coesione”, ottobre 2018.

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Sulla base delle stime della Commissione eu-ropea, con la programmazione 2014-20, sonostati attribuite allo Sviluppo Urbano Sostenibilerisorse pari a 14,5 miliardi di FESR (un importocorrispondente, in media, al 7,8% del totale,ben superiore, dunque, alla soglia del 5%, fis-sata dai regolamenti), cui si aggiunge oltre 1miliardo di FSE46. Molti Stati membri hanno su-perato la soglia del 5%, con allocazioni oscil-lanti fra il 10 e il 20% in Belgio, Bulgaria, Ciproe Romania. Delle oltre mille strategie di svi-luppo territoriale integrato promosse utiliz-zando leve offerte da questa programmazione,ben 880 sono dedicate allo Sviluppo UrbanoSostenibile, perseguito in tutte le categorie diregioni e in differenti tipologie di aree urbane:dalle piccole città con meno di 10mila abitanti,alle aree metropolitane con oltre 5 milioni diabitanti47. Oltre il 60% di queste strategie sononuove, essendo state introdotte per la primavolta; questo ha richiesto una notevole capa-cità di innovazione soprattutto nelle aree conminore esperienza nell’applicazione dell’ap-proccio place-based (più concentrate nelle re-gioni meno sviluppate), pur essendo tutt’altro

che trascurabile il valore aggiunto dell’incen-tivo all’integrazione territoriale offerto dallenuove previsioni normative anche nelle areeove questo approccio è da tempo più praticato.

Le valutazioni condotte riconoscono, inoltre, lacapacità di queste strategie integrate di offrirerisposte più adeguate alla multidimensionalitàdelle sfide urbane da affrontare: con un focusprevalentemente concentrato su tre degli 11Obiettivi Tematici (OT 4, 6 e 9)48, esse, ancorchébasate in larga misura sulla mobilitazione delFESR, hanno visto in molti casi un significativoconcorso del FSE e, sia pure meno frequente-mente, di altri fondi. A fronte di questo impor-tante segnale, le stesse valutazioni mettonotuttavia chiaramente in evidenza i condiziona-menti e i limiti derivanti dalle stringenti regoledi concentrazione tematica, difficilmente conci-liabili con questo approccio, laddove non con-sentono la focalizzazione sui temi che megliocorrispondono alle specificità dei singoli territori.

In questo contesto, l’esperienza italianaspicca, come abbiamo visto, non tanto e nonsolo per la dimensione dell’impegno finanzia-

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rio dedicato, quanto per il fatto che questaprogrammazione ha rappresentato la natu-rale prosecuzione, estendendola, di una vastae ricca esperienza di progettazione integrataterritoriale, anche a forte dimensione urbana.

È anche per questo motivo che il bilancio cheoggi si può trarre da quanto emerge nella pro-grammazione corrente, non può non tenereconto di questa esperienza pregressa e delle in-dicazioni che se ne erano tratte, orientate dal-l’esigenza di assicurare l’effettiva sostenibilitàdi un approccio comunque complesso ed evi-tare quel progressivo ridimensionamento delleaspettative che ha caratterizzato (per stare alperiodo più recente) la programmazione 2007-201349.

Ad oggi le evidenze sull’attuazione mostranochiaramente come la fase di avvio si sia rivelata,ancora una volta, particolarmente complessa egravosa, con una sensibile dilatazione deitempi nella maggior parte dei casi, salvo lad-dove si è riusciti per tempo, e con consapevo-lezza e lungimiranza, a presidiare gli snodicritici. Appare dunque fondamentale com-prendere le motivazioni delle differenze (dipasso e di risultati) e identificare la natura e so-prattutto l’eventuale persistenza delle criticitàche continuano ad allontanare la realizzazionedelle ambizioni e promesse programmatiche.

Di certo la richiesta di costruzione delle SUS harappresentato una sfida del tutto nuova pergran parte delle città, incorporando quindi una“fisiologica” frizione iniziale; tuttavia, la lun-ghezza dei tempi di decollo di queste strategiemolto è dovuta anche a fattori di rallenta-mento, già emersi nelle precedenti esperienzedi progettazione integrata a scala territoriale eurbana, tutti riconducibili alla persistente diffi-coltà di conciliare l’approccio strategico con lanecessaria operatività degli interventi.

A condizionare il decollo di queste strategiehanno infatti contribuito sia le difficoltà in-contrate nel soddisfare le indicazioni deinuovi regolamenti, soprattutto laddove parti-colarmente sfidanti prassi e consuetudini, siala stessa interpretazione di queste indicazioni(e non solo da parte delle amministrazioni na-zionali), sia, infine, rallentamenti interni do-vuti a inerzie e ritardi soprattutto nelle fasidecisionali propedeutiche dell’attuazione (de-lega, accordi, convenzioni), la cui complessitàall’origine è stata anche accentuata da unasorta di gold-plating, da parte delle ammini-strazioni nazionali.

A questo si è aggiunta la sequenzialità del pro-cesso (come scelta normativamente non obbli-gata ma resa tale nella prassi operativa), in basealla quale i tempi delle singole fasi (delega, de-finizione delle strategie, identificazione dei

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progetti, ecc.) anziché sovrapporsi, si sonosommati, allungando ulteriormente il percorsodelle scelte e delle decisioni.

Diversi sono gli spunti di riflessione che emer-gono da queste prime evidenze:

• in primo luogo, pur a fronte dell’evidenteimpegno a sostenere il protagonismo deiterritori, la distanza dei diversi soggetti pro-grammatori da questi ultimi e dalle politi-che/strumenti ordinari di governo dellecittà, ha portato alla moltiplicazione deipassaggi di programmazione, con effettisulla durata e complessità di tali attivitàacuiti dalla scarsa valorizzazione delle stra-tegie locali, piani e programmi di settore or-dinari già esistenti;

• solo raramente, inoltre, si è utilizzato effet-tivamente il metodo della co-progettazioneAutorità di Gestione- Città sin dall’avviodella programmazione, una scelta che lad-dove praticata con efficacia ha consentito dicontenere i tempi assicurando anche mag-giore concretezza e sostenibilità alle scelteadottate;

• inoltre, in molti casi le “ordinarie” comples-sità del processo di delega, tradizional-mente gravato da una pletora diadempimenti, non a caso al centro dell’at-tenzione di tutte le istanze di semplifica-

zione, sono state amplificate da una so-stanziale riluttanza a delegare effettiva-mente compiti di programmazione efunzioni alle città, con ulteriore aggraviodelle procedure;

• a ciò si aggiunga che a fronte della forte dif-fusione delle deleghe di gestione, e conse-guente attribuzione di nuove responsabilitàad un numero crescente ed elevato di città,pochi i casi che potendo vantare esperienzepregresse su questo fronte, si erano già con-frontati con la necessità di rendere coerenti ipropri sistemi amministrativi con le esigenzedella programmazione comunitaria (adesempio riconciliando tempi e modalità didefinizione del DUP e delle procedure di bi-lancio con le scadenze di quest’ultima), di as-sicurare nei tempi dovuti una adeguatacapacità progettuale (ad esempio ricorrendo,alla stregua di diverse regioni, ad appositifondi per la progettazione), di superare la tra-dizionale segmentazione verticale dellestrutture per sostenere l’integrazione indi-spensabile alla natura multidimensionaledegli interventi, per citare le questioni mag-giormente ricorrenti;

• da ultimo, un’attenzione particolare meritail tema delle modalità con le quali, in unmondo necessariamente così plurale, si rie-sce ad assicurare l’internalizzazione degli

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obiettivi di policy in tutti gli snodi lungo iquali si sviluppa la governance multilivello,per evitare di perdere nel percorso l’atten-zione sul risultato finale (trasformando que-st’ultimo da motore dell’azione collettiva inostaggio di logiche autoreferenziali).

Come questione a sé stante, ma strettamenteconnessa a tutte le problematiche sopra richia-mate, emerge, infine, il tema di un più efficaceorientamento e utilizzo delle misure di capaci-tazione amministrativa e istituzionale a sup-porto delle città, per superare quelle criticità,in termini di competenze, organizzazione eprocedure, da più parti considerate tra le prin-cipali cause delle difficoltà evidenziate.

A fronte di un’ampia condivisione dell’impor-tanza di questo tema, e delle rilevanti dotazionidi risorse di assistenza tecnica in capo alle au-torità di gestione nazionali e regionali, rari i casiin cui le città hanno potuto beneficiare di ri-sorse e strumenti dedicati e meno ancora quelliin cui queste risorse e strumenti sono stati residisponibili con la tempestività dovuta propriodalla necessità di evitare una eccessiva dilata-zione della fase di avvio.

Ad oggi le misure di rafforzamento amministra-tivo sono infatti ancora fortemente dominateda un approccio centrato più sull’offerta (deicentri di competenza nazionali) che sulla do-

manda da parte dei destinatari di queste mi-sure, un impianto non solo poco coerente conl’approccio place-based, indispensabile per “pie-gare” tutte le politiche nazionali, incluse anchequelle di capacitazione amministrativa, in fun-zione delle specificità territoriali, ma che spessofinisce anche con l’assecondare più il rafforza-mento delle amministrazioni offerenti, pure ne-cessario, che quello delle “ riceventi” (le città). Lastessa esperienza dei Piani di RiorganizzazioneAmministrativa (PRA) sembra oggi configurarsi,almeno per le città, come un’occasione man-cata, per lo scarso, se non nullo, coinvolgimentonella definizione e gestione di questo stru-mento, la cui finalità era quella di promuoveree sostenere impegni concreti di riorganizza-zione delle strutture, miglioramento delle pro-cedure, ecc, da monitorare strettamente nellaloro effettiva concretizzazione. Una imposta-zione pensata proprio per anticipare l’identifi-cazione e la risoluzione dei problemi attuativi,attraverso la responsabilizzazione della politicae dei vertici amministrativi.

Sembra utile, infine, richiamare in questo con-testo le valutazioni sulla programmazione2007-201350 che, riferite alla generalità del-l’esperienza europea, offrono ulteriori spuntidi riflessione, segnalando, fra l’altro, l’impor-tanza di abbinare il tempestivo e adeguatocoinvolgimento degli stakeholder locali con

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una forte ownership politica, in assenza dellaquale anche la più intensa partecipazionedelle collettività locali può risultare non suffi-ciente ad orientare e presidiare gli interventi.Segnalano anche l’importanza di strategie eprogrammazioni nazionali (statali e regionali)per l’adozione di scelte concrete e tempestive;indicano altresì la specificazione dei gruppitarget e la maturità degli strumenti di attua-zione tra le condizioni necessarie ad evitare ladilatazione dei tempi.

Di particolare interesse l’accento sulla perce-zione che le Autorità di Gestione hanno delloro ruolo, per lo più concentrato sulla neces-sità di assicurare una corretta gestione ammi-nistrativa e la compliance formale, piuttostoche le condizioni di successo degli interventi.

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NOTE

46 Cfr. Commissione europea, DG Politiche Regionali e Urbane, “Integrated Territorial and Urban Strategies: how are ESIFadding value in 2014-20?” Bruxelles, 2017; M.Matko, “Uptake of the integrated approach to territorial development in co-hesion policy 2014-20. Results of programming” Bruxelles, 2016.

47 https://urban.jrc.ec.europa.eu/strat-board/#/home. È lo strumento interattivo di mappatura delle SUS e degli ITI promossodi recente dalle DG REGIO e JRC della Commissione europea sotto l’egida del Knowledge Center per le politiche territoriali,tuttora in fase di progressivo popolamento ma già in grado di offrire una panoramica molto significativa.

48 Circa il 75% delle risorse FESR è destinato agli Obiettivi tematici 4 “Sostenere la transizione verso un’economia a basseemissioni di carbonio”, 6 “Preservare e tutelare l’ambiente e promuovere l’uso efficiente delle risorse”, 9 ”Promuovere l’in-clusione sociale e combattere la povertà e ogni discriminazione”.

49 La dotazione finanziaria inizialmente prevista dai programmi regionali italiani per queste finalità ha infatti subito unforte ridimensionamento nel corso degli anni (pari a circa un quarto nelle regioni del Mezzogiorno; a circa il 10%, nelleregioni del Centro Nord) per effetto di riprogrammazioni avviate sin dal 2010. Grazie all’adozione, a partire dal 2012, diuna programmazione nazionale parallela (Piano d’Azione Coesione), è stato possibile evitare il definanziamento defini-tivo dei progetti in difficoltà, affidandone il completamento a programmi più flessibili, in termini di scadenze temporali.Allo stesso tempo, molte sono state le soluzioni pragmatiche adottate per superare le complessità dell’approccio inte-grato che pur salvaguardando il completamento di interventi importanti, sono solo parzialmente riconducibili all’im-pianto originario.

50 Commissione Europea, DG Politiche Regionali e Urbane, Ex post evaluation of Urban Development and Social Infrastruc-tures, Bruxelles 2016.

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4. Le Azioni Urbane Innovative

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Politiche europee e città. Lo sviluppo urbano sostenibile nella politica di coesione

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Finalità di questa nuova iniziativa è quella dioffrire alle città l’opportunità di sperimentarele soluzioni più innovative e creative per so-stenere le sfide urbane rilevanti a livello euro-peo, negli ambiti tematici individuatidall’Agenda Urbana per l’UE. A tal fine la poli-tica di coesione 2014-2020 destina 372 milionidi euro (FESR) al finanziamento di progetti pi-lota, con i quali tradurre idee creative ed am-biziose in prototipi da testare negli ambientiurbani per verificare come queste nuove so-luzioni rispondano alla complessità delle sfideurbane.

Destinatarie delle Azioni Urbane Innovativesono le città o aggregazioni di città superioriai 50mila abitanti, chiamate a cogliere questaopportunità per andare al di là dei “progettinormali” (che possono essere finanziati attra-verso fonti “tradizionali”) definendo progettiper i quali il cofinanziamento massimo richie-sto al FESR è non superiore ai 5 milioni dieuro51, selezionati tramite bandi annuali52.Come chiaramente specificato53, il tratto di-stintivo di questa iniziativa è quello di consen-tire la realizzazione di progetti troppo rischiosiper essere cofinanziati attraverso fonti tradizio-

nali, per via del loro carattere altamente inno-vativo e sperimentale.

In coerenza con questa impostazione, la capa-cità di costruire una proposta pienamente ri-spondente al paradigma dell’innovazioneurbana intesa come “nuovi prodotti, servizi eprocessi in grado di generare valore aggiunto inuno specifico ambito di policy e ancora mai spe-rimentati in Europa”54, utilizzando creatività eimmaginazione, gioca un ruolo preponderantenelle prospettive di successo della stessa. L’ini-ziativa intende infatti rispondere alla carenzadi sperimentazione e all’avversione al rischioda parte delle autorità locali: da qui l’impropo-nibilità di un approccio business as usual comepre-condizione di partecipazione e l’adozionedi un’interpretazione molto ampia del concettodi innovazione, che si estende alle modalitàcon le quali si definiscono i processi, le collabo-razioni, il disegno della stessa proposta, le re-lazioni di lavoro a regime.

Ne deriva un accento molto rilevante anchesulla capacità di costruire un partenariato diprogetto pienamente rispondente a quell’ap-proccio partecipativo che consente di acquisirequelle competenze e conoscenze non disponi-

4. Le Azioni Urbane Innovative

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Le Azioni Urbane Innovative

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bili presso le singole autorità urbane, ma indi-spensabili per affrontare, con la capacità di in-novazione richiesta, le diverse dimensioni incui si declina la sfida urbana che si intende so-stenere attraverso la sperimentazione proposta(e necessarie anche non solo per l’ownershipdel progetto ma altresì, sia pure in una fase suc-cessiva, per supportarne la scalabilità).

Alla data della presente pubblicazione, con lachiusura del terzo bando55, risultano esserestati presentati complessivamente 768 pro-getti, un numero che testimonia dell’elevato in-teresse suscitato da questa iniziativa, il cuitasso di successo, in termini di rapporto fra pro-getti presentati e progetti finanziati, si man-tiene però al di sotto del 10% (7,3%), aconferma del forte livello di competizione cheè necessario sostenere per accedere a questerisorse.

Risultano infatti finanziati 55 progetti in 17Stati Membri, con cinque città (Anversa, Barcel-lona, Ghent e Parigi) che si sono aggiudicatedue progetti ciascuna. Dei 55 progetti, ben 10insistono sul tema del “Lavoro e Competenzenell’economia locale”, 8 su quello dell’”Economiacircolare” e 7 sull’“Integrazione migranti e rifu-giati”56. Nell’insieme l’Italia risulta essere ilPaese con il più elevato livello di partecipa-zione (237 progetti, poco meno di un terzo deltotale) ma con un tasso di successo decisa-

mente poco soddisfacente (2,1% a fronte diuna media pari al 7,2%). Tra i Paesi con il piùalto numero di proposte presentate57, spic-cano, in termini di performance, i Paesi Bassi ela Francia, con rapporto fra progetti finanziatie progetti presentati rispettivamente pari al 21e al 18%. Da segnalare il caso della Spagna, se-conda dopo l’Italia come livello di partecipa-zione (147 progetti presentati, di cui 11finanziati, il numero più elevato in assoluto,corrispondente ad un tasso di successo, 7,5%,di poco superiore alla media.)

Questo quadro nel mettere in luce evidenti cri-ticità rispetto alla capacità dell’Italia di raggiun-gere risultati proporzionati al livello dipartecipazione (un punto di debolezza peraltroricorrente in altri ambiti di intervento delle po-litiche europee), segnala la necessità di metterea fuoco, con la dovuta tempestività, anchenella prospettiva della conferma di questa ini-ziativa nel prossimo ciclo, le problematiche daaffrontare e le soluzioni necessarie.58

In primo luogo, la necessità di predisporre pro-getti pienamente rispondenti alle precipue fi-nalità dell’iniziativa, evitando di candidaresoluzioni che non colgono la richiesta di am-bizione sottesa alla chiara indicazione di an-dare oltre la progettazione che potrebbetrovare accoglienza nei programmi ordinari(es. POR). Molto ricorrenti, infatti, nelle candi-

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dature italiane, i progetti “ordinari” che, perquanto di difficile traduzione e interpretazionesia il concetto di innovazione, sono netta-mente al di sotto della soglia necessaria allaloro qualificazione.

A questo si associa l’attitudine frequente adesternalizzare la predisposizione del progetto,sulla base di un approccio “chiavi in mano” chedeprimendo ogni valorizzazione del partena-riato, altro elemento fondativo dell’iniziativa, èanche la riprova di un debole esercizio dellanecessaria leadership e capacità di visione daparte dell’amministrazione. Proprio i progettidi successo mostrano, per contro, come ester-nalizzazioni efficaci non siano quelle rivolte almercato della consulenza tout-court (peraltroassai affollato in Italia) ma siano piuttostoquelle, che sulla base di una interlocuzione at-tiva e consapevole, mobilitano le risorse ingrado di mettere assieme competenze e cono-scenze del territorio con competenze e cono-scenze globali, indispensabili per proiettare ilprogetto sulla dimensione di sperimentazionerichiesta dall’iniziativa.

Di certo, anche l’assenza di una sede confrontoe coordinamento nazionale ha pesato sullaproliferazione di proposte progettuali non ri-spondenti (o pienamente rispondenti) ai criteridell’iniziativa: diversamente da altri Paesi,come, ad esempio Francia e Spagna, con tassi

di successo ben più elevati del nostro, in Italiale città “UIA” non hanno un luogo stabile nelquale confrontarsi, ove sia possibile, ad esem-pio, promuovere l’apprendimento reciproco eil trasferimento di conoscenze. E, al contempo,per questa assenza, nessuna forma di dialogostrutturato fra le città, le autorità nazionali e re-gionali e gli organismi di gestione dell’UIA, lastessa Commissione, è stata attivata, venendoa mancare una importante possibilità di scam-bio, assai utile non solo per il migliore orienta-mento delle scelte delle città, ma anche per lacomprensione reciproca.

D’altra parte, anche le aspettative di una pienaintegrazione dell’iniziativa UIA negli altri stru-menti messi in campo, in primo luogo URBACTe la rete UDN, ad oggi risultano ancora in granparte disattese per l’assenza di modalità strut-turate di integrazione dei diversi network e perl’ancora debole capitalizzazione e diffusionedell’esperienza UIA. Benché le città UIA, anorma di regolamento, debbano essere consi-derate di membri “di diritto” della Rete dello Svi-luppo Urbano, del tutto occasionali e rarefattesono state sin qui le occasioni di peer review enetworking, mentre ancora non ha avuto se-guito concreto la lodevole iniziativa di creareuna sorta di “etichetta” ai progetti non finanziatima meritevoli di essere accolti nei programmidi mainstream.

4. Le Azioni Urbane Innovative

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In base alla proposta della Commissione euro-pea per il prossimo ciclo di programmazione,questa iniziativa dovrebbe essere confermatae integrata nella più ampia Iniziativa UrbanaEuropea59, dove confluirebbe anche URBACT eper il tramite della quale si assicurerebbe ancheuna connessione più stretta con i partenariatitematici dell’Agenda Urbana per la UE. Si trattadi un segnale molto importante, anche nellaprospettiva di una maggiore valorizzazione ediffusione del patrimonio di conoscenze deri-vanti dall’implementazione dei progetti daquesta finanziati che, tuttavia, la maggior parte

degli Stati membri non ha, sin qui, accolto confavore, esprimendosi in favore di una conser-vazione dell’attuale separazione tra i diversistrumenti. Anche alla luce di questa evolu-zione, sembra quindi quanto mai opportunoriannodare i fili di un percorso nazionale sin quitroppo frammentato per riuscire a sfruttare ap-pieno le opportunità offerte da questa inizia-tiva e assicurare anche una maggioreintegrazione con gli altri strumenti.

NOTE

51 Corrispondente all’80% dei costi totali del progetto, rimanendo a carico dei partner di progetto il restante 20%, da assi-curare in cash e/o in kind.

52 In base al Regolamento delegato 1404/2014, la gestione dell’attuazione dell’iniziativa, di cui è titolare la Commissioneeuropea, DG politica regionale e urbana, è stata affidata alla Regione Hauts de France (FR), affiancata da un SegretariatoPermanente, appositamente costituito.

53 Cfr. UIA Guidance, versione 4, ottobre 2018.54 Sulla base di ricerche e analisi comparative le autorità urbane devono dimostrare che il progetto proposto non è stato

precedentemente testato e attuato nell’area urbana, nello Stato membro in cui l’area urbana si trova, né altrove nella UE.55 Il quarto bando è stato pubblicato il 10 ottobre 2018 e scadrà il 31 gennaio 2019. I temi oggetto di questo bando, del va-

lore indicativo tra gli 80 e i 100 milioni di euro, sono: Transizione digitale, Uso sostenibile del territorio e soluzioni fondatesulla natura, Sicurezza urbana e, per la seconda volta, Povertà Urbana.

56 Di questi, i temi del Lavoro e Competenze nell’economia locale e Inclusione migranti e rifugiati, sono stati già oggetto di duecall.

57 Rispettivamente 28 e 45 progetti presentati. 58 Le considerazioni che seguono sono frutto di un’intervista con Raffaele Barbato del Segretariato UIA.59 Proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e del relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale e al Fondo di

coesione {SEC(2018) 268 final, art.10.

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5. La programmazione 2021-27

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Il 2 maggio 2018 la Commissione europea hapresentato la proposta di Quadro FinanziarioPluriennale 2021-27 e, a partire dal 29 maggio2018, le proposte legislative relative ai fondidella politica di coesione: Fondo europeo diSviluppo Regionale (FESR); Fondo Sociale Eu-ropeo Plus(FSE+); Fondo europeo per gli AffariMarittimi e per la Pesca (FEAMP), Fondo di coe-sione (FC).

Benché largamente confermative delle disposi-zioni vigenti, queste proposte, sulle quali è incorso da mesi il negoziato, contengono diversielementi di novità: a fronte della conferma delruolo della politica di coesione quale fondamen-tale strumento di integrazione, cui nonostanteun taglio del 10% in termini reali, viene assegnatocirca 1/3 del bilancio UE60, più forte è il legamecon il semestre europeo, più stringenti sono lecondizionalità ex ante (oggi condizioni abilitanti),maggiore è la flessibilità (anche a rischio di com-prometterne la stabilità61) della programma-zione, molto significative le semplificazioniapportate al quadro legislativo vigente62.

Per quanto riguarda la copertura geografica, siconferma l’eleggibilità di tutte le regioni euro-pee alla politica di coesione (nel solco della

svolta del ciclo 2007-2013, il primo nel qualetutte le regioni europee sono divenute ammis-sibili a tutti gli strumenti e risorse della politicadi coesione, con intensità di intervento diffe-renziate in ragione di livelli di sviluppo) e lasuddivisione delle stesse nelle tre categorie giàvigenti63: regioni meno sviluppate, in transi-zione, più sviluppate.

Resta confermato il principio del partenariatonella sua accezione più incisiva ed estesa, qualequella introdotta nel corrente ciclo di program-mazione con il “Codice europeo di condotta sulpartenariato” che continuerà ad essere inte-gralmente applicato anche nel prossimo ciclo.

A differenza dei precedenti cicli di programma-zione il Fondo Europeo Agricolo per lo Svi-luppo Rurale (FEASR) non è più disciplinatoall’interno del quadro legislativo della coesionenon rientrando nell’ambito di applicazione delc.detto Regolamento generale) che fissa le di-sposizioni comuni a tutti i fondi (dove invecerientra il Fondo Europeo per gli Affari Marittimie la Pesca-FEAMP). Per contro, quest’ultimoestende per la prima volta la sua applicazionea fondi diversi da quelli della coesione64, a ge-stione diretta della Commissione europea: una

5. La programmazione 2021-27

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La programmazione 2021-27

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scelta che se da un lato può favorire l’integra-zione tra fondi diversi ma con finalità conver-genti, nell’insieme appare discutibile, perchésegnala un rischio di indebolimento della di-mensione territoriale della politica.

Rilevante anche l’innovazione della propostadi regolamento riguardante il Fondo SocialeEuropeo (FSE ridenominato FSE+) che acco-muna oltre al FSE in senso stretto, l’Iniziativaeuropea per l’Occupazione Giovanile, il Fondodi Aiuti europei agli Indigenti, Il ProgrammaEASI per l’Occupazione e l’innovazione Sociale,il Programma di Azione europea per la Salute.

Oltre a questo diverso impianto regolamen-tare, si prevede la riarticolazione, degli 11Obiettivi Tematici della corrente programma-zione, in 5 Obiettivi Strategici:

• OS1 un’Europa più intelligente, attraversola promozione di una trasformazione eco-nomica innovativa e intelligente;

• OS2 un’Europa più verde e a basse emis-sioni di carbonio, attraverso la promo-zione di una transizione verso un’energiapulita ed equa, di investimenti verdi e blu,dell’economia circolare, dell’adattamentoai cambiamenti climatici e della gestionee prevenzione dei rischi;

• OS3 un’Europa più connessa, attraverso ilrafforzamento della mobilità e della con-

nettività regionale alle TIC;

• OS4 un’Europa più sociale, attraverso l’at-tuazione del pilastro europeo dei dirittisociali;

• OS5 un’Europa più vicina ai cittadini, attra-verso la promozione dello sviluppo soste-nibile e integrato delle zone urbane, ruralie costiere e delle iniziative locali.

La proposta di Regolamento FESR fissa lemodalità di concentrazione tematica che ve-dono la maggior parte delle risorse (dal 65all’85%, in funzione del livello di Reddito Na-zionale Lordo dei singoli Stati Membri) indi-rizzate sui due primi obiettivi strategici. Perquanto riguarda il FSE+, oltre al forte orien-tamento all’attuazione dei principi stabilitidal Pilastro Europeo dei Diritti Sociali65 e alpiù stretto legame con gli impegni assuntinei Piani Nazionali di Riforma e le Raccoman-dazioni Paese, si prevede un aumento, pur secon riferimento ad un ammontare di risorseinferiore quello attuale66, della quota di FSE+a gestione condivisa riservata all’inclusionesociale (dal 20 al 25%) che si accompagnaalla fissazione di una soglia minima (2%) dadestinare alle misure rivolte a combattere ladeprivazione materiale.

Va inoltre considerato che la proposta di Qua-dro Finanziario Pluriennale 2021-2027 prevede

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la destinazione del 25% delle spese comples-sive della UE alle azioni per il clima, richiedendoquindi anche alla politica di coesione di contri-buire a questo obiettivo.

Allo sviluppo urbano sostenibile viene riser-vata una quota minima pari al 6% del FESR, unlivello di poco superiore a quello fissato per ilciclo 2014-20 (5%) ma decisamente inferiorea quello effettivamente raggiunto (8% circa) atestimonianza di un interesse e di una poten-zialità non (ancora?) adeguatamente raccolte.Vengono confermate le Strategie di SviluppoUrbano Sostenibile, quale strumento chiaveper attuare in particolare l’Obiettivo Strate-gico 5 e gli Investimenti Territoriali Integrati(ITI) e lo Sviluppo locale partecipativo (finan-ziabile dal FESR, FSE+, FEAMP) introdotti nel-l’attuale ciclo di programmazione, cui siaggiunge un terzo strumento a scelta degliStati Membri per il sostegno allo sviluppo ter-ritoriale integrato.

Come già detto in precedenza, a fronte dellaproposta della Commissione europea di aggre-gare URBACT, le Azioni Urbane Innovative e laRete per lo sviluppo urbano, in un’unica inizia-tiva, l’Iniziativa Urbana Europea, cui destinare500 milioni di euro, la posizione prevalentedegli Stati membri è ad oggi quella di un man-tenimento dell’attuale separazione tra i diversistrumenti.

Dall’insieme di queste disposizioni, e ferme re-stando tutte le possibili modifiche effetto delnegoziato in corso, emergono alcuni punti diattenzione:

• in primo luogo, la necessità di non attestarsisull’articolazione degli obiettivi strategicicon un approccio riduttivo come se il“campo di gioco “delle città e per le cittàfosse solo quello espressamente dedicato(OS 5, a questo punto una sorta di riserva in-diana) e non, necessariamente l’articola-zione, a livello urbano, dei grandi ambititematici, che da questa prospettiva pos-sono invece ricavare sostanza e robustezza.È evidente, tuttavia, che l’affermazione diquesta prospettiva, ovvero dare forza e visi-bilità alla dimensione urbana ovunque per-tinente e opportuno, richiede un’azioneproattiva da parte delle città sin dalla fasedi avvio della programmazione;

• sotto questo profilo, la conferma del Codicedi Condotta del Partenariato, rappresentasenza dubbio un’opportunità, quale condi-zione abilitante questa azione: a differenzadel ciclo corrente, quando la definitiva for-malizzazione di questo Codice è interve-nuta a processo di programmazione ormaiavviato, si realizza infatti da subito una delleprincipali pre-condizioni per una piena par-tecipazione delle città alle scelte di pro-grammazione, un elemento da cogliere con

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grande attenzione per superare possibiliinerzie e resistenze;

• a fronte di indicazioni non univoche sulla in-tegrazione fra fondi e strumenti, resta co-munque a carico delle città perseguirequesta integrazione, superando in primoluogo le proprie segmentazioni interne,quelle che non consentono di cogliere il ca-rattere multidimensionale delle sfide da af-frontare e delle politiche da realizzare. Ilruolo che un uso intelligente delle SUS puògiocare a questo fine è molto rilevante, per-ché consente di ricomporre nella coerenzadi un disegno unitario le tante prospettivesettoriali presenti nelle amministrazioni lo-cali, portare al tavolo del confronto con Re-gioni e Ministeri questa visione, valorizzaretutte le leve offerte dai nuovi regolamenti asostegno di questo approccio, anche an-dando oltre la richiesta rivolta alle SUS67;

• tuttavia, come l’esperienza dimostra, la forzadi questo approccio strategico è tanto mag-giore quanto più è possibile (anche attraversol’aggiornamento delle SUS esistenti e l’incar-dinamento sulla programmazione ordinariadelle città) non ripartire da zero e, soprattutto,anticipare i tempi dell’individuazione degli in-terventi e della loro progettazione tecnica eammissibilità amministrativa, procedendo inmodo simultaneo e non sequenziale all’ap-provazione dei programmi e delle strategie;

• questo anche in considerazione del fattoche, se da un lato la eliminazione delle pro-cedure di designazione delle autorità rap-presenta senza dubbio un potente fattoredi velocizzazione della fase di avvio, non èda sottovalutare l’impatto dell’irrigidimentodella regola del disimpegno automatico(dall’attuale n+3 all’n+2), che accorcia sen-sibilmente, rispetto al ciclo attuale, il tempoutile per programmare, progettare, realiz-zare e rendicontare le prime azioni.

Politiche europee e città. Lo sviluppo urbano sostenibile nella politica di coesione

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NOTE

60 La proposta di quadro finanziario pluriennale presentata dalla Commissione prevede una dotazione di 330,6 miliardi diEuro (prezzi 2018) per la politica di coesione 2021-2027.

61 Oltre alla previsione di un orizzonte temporale più ristretto (2021-2025) per la programmazione delle risorse, da com-pletare per gli anni restanti sulla base degli esiti della revisione di medio termine, la proposta di regolamento generaleprevede diversi meccanismi di trasferibilità delle risorse tra fondi, anche tra quelli a gestione concorrente e gestione di-retta.

62 Fra le quali, in particolare il mantenimento dei principi fondamentali delle attuali disposizioni sui sistemi di gestione econtrollo; l’eliminazione della procedura di designazione delle Autorità (di Gestione, Certificazione e Audit), la cui com-plessità e lunghezza è stata tra le principali cause dei ritardi di avvio in tutta la UE; il maggiore ricorso sia a "modalitàproporzionate", con le quali i programmi a basso rischio possono fare maggiore affidamento sui sistemi nazionali di con-trollo, sia ad opzioni semplificate in materia di costi e a pagamenti.

63 L’unica modifica riguarda l’innalzamento della soglia massima di PIL pro-capite della categoria “regioni in transizione”dall’attuale 90% al 100% con conseguente adeguamento della soglia di eleggibilità per le regioni più sviluppate.

64 Fondo Asilo e Migrazione-FAMI; Fondo per la Sicurezza interna; Strumento per la gestione delle frontiere e dei visti.65 Adottato nel novembre 2017, il Pilastro Europeo dei Diritti Sociali, si articola in 20 principi suddivisi in tre categorie (pari

opportunità e accesso al mercato del lavoro; condizioni di lavoro eque; protezione e inclusione sociale), su cui si sostanzial’acquis sociale UE e che devono orientare le politiche europee e nazionali.

66 La dotazione del FSE +, includendo l’IOG e il FEAD ed escludendo il Programma Salute e il Programma EASI risulta inferioredel 5,6% rispetto a quella attuale.

67 Non si tratta di appesantire un processo, già complesso, ma di usare questa occasione per mettere a sistema esperienzee indicazioni tratte dalle esperienze maturate in percorsi diversi e spesso non comunicanti.

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6. L’Agenda Urbana per la UE

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Politiche europee e città. Lo sviluppo urbano sostenibile nella politica di coesione

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6. L’Agenda Urbana per la UE

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A conclusione di un lungo percorso, fortementetrainato dalla cooperazione intergovernativa68

e scandito in diverse tappe69 il 30 maggio 2016,con l’adozione del Patto di Amsterdam alla Riu-nione Informale dei Ministri responsabili dellepolitiche urbane, è finalmente decollatal’Agenda Urbana per la UE. Essa non di disponedi finanza propria, né mira a trasferire compe-tenze e risorse alle aree urbane, essendo piut-tosto rivolta al rafforzamento della dimensioneurbana nelle politiche UE e a rendere più inci-sivo il ruolo delle città nel sistema decisionale edi governance della UE. Tre sono pilastri fonda-mentali lungo i quali si sviluppa l’Agenda:

• migliorare la regolamentazione, facendoemergere la sua dimensione urbana, inmodo da assicurare una adeguata conside-razione delle specificità, dei bisogni dellearee urbane e dell’impatto su queste dellanormativa comunitaria;

• migliorare l’accesso ai fondi da parte dellecittà e aree urbane, rimuovendo quegliostacoli che ne condizionano il più efficaceutilizzo;

• rafforzare la conoscenza sui temi urbani esulle esperienze maturate dalle città, supe-rando la frammentazione e dispersione che

ne limita la diffusione e l’utilizzo, attraversomodalità e strumenti che assicurino, inmodo sistemico e strutturato, lo scambio diinformazioni, di conoscenze ed esperienze.

A tal fine vengono identificati 12 temi prioritari(legati a EU2020 e alle principali sfide che le Cittàdevono affrontare) su ciascuno dei quali sonochiamati a lavorare singoli partenariati tematici:Povertà Urbana; Housing; Qualità dell’aria; Mi-granti e rifugiati; Transizione digitale; Lavoro ecompetenze nell’economia locale; Economia cir-colare; Mobilità urbana; Adattamento climatico;Transizione energetica; Uso sostenibile del territo-rio; Public Procurement innovativo e responsabile.

I partenariati si basano su una cooperazionemultilivello e intersettoriale molto ricca e arti-colata: ad essi partecipano, infatti, la Commis-sione europea (13 differenti DG), gli Statimembri (22), le Città (84), associazioni di città(Eurocities, Consiglio dei comuni e delle regionid'Europa), BEI, altri stakeholders (associazioni,organizzazioni non governative, enti di ricercae di istruzione, organismi di rappresentanza diimprese). Ciascun partenariato deve elaborareun Piano di Azione con proposte concrete suitre pilastri sopraindicati.

L’Agenda Urbana per la UE

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Politiche europee e città. Lo sviluppo urbano sostenibile nella politica di coesione

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Alla data della presente pubblicazione, dei 12partenariati tematici, 6 hanno finalizzato i ri-spettivi Piani di Azione: Povertà Urbana; Qualitàdell’aria; Migranti e rifugiati; Transizione digitale;Economia circolare(prima parte); Housing (primaparte) approvando 53 Azioni70, 21 delle qualidedicate, rispettivamente, al miglioramentodell’accesso ai fondi e della conoscenza, le re-stanti 11 al miglioramento della regolamenta-zione. Di queste, 36 riguardano il livelloeuropeo, 18 quello nazionale, 28 quello locale.Oltre alla forte rilevanza dei temi trasversali apiù partenariati (tra cui, l’approccio integrato epartecipato, la programmazione strategicaplace-based e people based, l’offerta dei servizi

di interesse generale,...) in questa prima fase dilavoro si è anche condivisa l’opportunità di av-viare due nuovi partenariati, Valorizzazione delpatrimonio culturale e Sicurezza negli spazi pub-blici. Si tratta di una esperienza impegnativa epromettente i cui risultati effettivi dipendononon solo dalla concretezza delle proposte, maanche dal convinto sostegno di Stati membri eCommissione europea nel dare seguito ai risul-tati dei lavori dei partenariati.

NOTE

68 Riunioni Informali dei Ministri responsabili delle politiche urbane di: Lille 2000; Rotterdam 2004; Bristol 2005; Lipsia 2007;Marsiglia 2008; Toledo 2010. Per quanto dalle dichiarazioni/documenti adottati in queste sedi (tra cui, in particolare: laCarta di Lipsia sullo Sviluppo sostenibile delle città europee; la Dichiarazione di Marsiglia; la Dichiarazione di Toledo),non siano scaturiti concreti programmi di azione, né impegni di natura vincolante, non vi è dubbio che questo lavorocongiunto, ha consentito di sviluppare e condividere una matrice concettuale comune sui temi dello sviluppo urbano.

69 Nell’ambito delle istituzioni comunitarie, il percorso ha preso avvio nel 1997 con la Comunicazione della Commissioneeuropea “Verso un’agenda urbana nell’Unione Europea” com(97)197 final, e ha conosciuto un momento di svolta nel 2011con la pubblicazione del documento “Cities of tomorrow”: Challenges, visions, ways forward”, che ha influenzato significa-tivamente il confronto sulla costruzione della Agenda Urbana per la UE. Diverse, infine, le risoluzioni adottate dal Parla-mento Europeo, che ha anche pubblicato studi sulla dimensione urbana delle politiche Ue, nonché dal Comitato delleRegioni e dal Comitato economico e sociale, a indirizzo e sostegno di questo percorso.

70 Escludendo il partenariato su Housing.

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6. L’Agenda Urbana per la UE

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Zone ammissibili agli obiettivi regionali 1994-1999

167 miliardi di eurodi cui il 68%destinato alle regionidell’Obiettivo 1, con unPIL pro-capite < 75%della media UE (criteriodi eleggibilità)

49,8% dellapopolazione UEPopolazione inObiettivo 1: (24,6 %)

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Politiche europee e città. Lo sviluppo urbano sostenibile nella politica di coesione

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Fondi strutturali 2000-2006: regioni ammissibili agli Obiettivi 1 e 2nell’UE25

286 miliardi di europer UE15di cui il 65% per leregioni Obiettivo 1(compresaun’allocazioneaddizionale di 22miliardi per i nuovi SMper il periodo 2004-06)

Popolazione inObiettivo 1:

22,2% dell’UE

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6. L’Agenda Urbana per la UE

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Fondi strutturali 2007-2013: regioni ammissibili agli obiettiviConvergenza, Competitività regionale e occupazione nell’UE27

347 miliardi di eurodi cui 81,54% alle regioni dellaConvergenza

170 milioni di abitanti

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Politiche europee e città. Lo sviluppo urbano sostenibile nella politica di coesione

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Fondi strutturali 2014-2020: regioni ammissibili agli obiettivi >meno sviluppate; in transizione; più sviluppate

351,8 miliardi di eurodi cui 182 mld alle regioni menosviluppate (50,5%)

27% dellapopolazione UE

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6. L’Agenda Urbana per la UE

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Contributo redatto per Urban@it:Sabina De Luca

Progetto grafico e impaginazione

Politiche europee e città. Lo sviluppo urbano sostenibile nella politica di coesione

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