Polifungiornale 17/10/2013 StudentiPer
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Transcript of Polifungiornale 17/10/2013 StudentiPer
Il giorno in cui decisi di iscrivermi alla facoltà di medicina, mio padre, ex studente di medicina a Bari, mi disse : "ma chi te lo fa fare?". Ecco, ogni tanto me lo chiedo anche io! Chi ce lo fa fare di passare giornate piegati sui libri? Chi ce lo fa fare a rinunciare a una partita di pallone con amici? Questo è ciò che mi domandavo in momenti di massimo sconforto nei miei primi due anni universitari. Ma le cose cambiano, dopo una prima fase di difficoltà si impara a ritagliarsi degli spazi in mezzo alle numerose ore di studio e ad apprezzare le infinite possibilità in più che ti offre la vita universitaria. Non è forse la capacità di adattamento quello che ha permesso al mondo dei viventi di sopravvivere a situazioni ostiche ed evolversi? Potremmo definire noi stu-denti di tutti i corsi di laurea che frequentano il Policlinico, una forma più evoluta di studente universitario. Se la fortunata coincidenza di un' asteroide ha estinto i dinosauri, permettendo ai mammiferi di prendere il sopravvento, noi e soprattutto voi, giovani matricole, siamo riusciti a sopravvivere a quel gioco al massacro meglio conosciuto come "test di ingresso". Il test di in-gresso è il nostro “collo di bottiglia” – termine della genetica che indica una popolazione che sopravvive ad eventi atipici della selezione naturale- attraverso cui tutti siamo passati, ma è solo la prima ardua prova che la vita che vi siete scelti vi ha posto davanti! Altri meteoriti , tsunami ed eruzioni vulcaniche vi attendono e ci sarà chi,purtroppo, deciderà di lasciarsi andare e soc-combere alla Natura Matrigna , ma anche chi, armato di ingegno e forza di volontà, dopo un primo momento di scoramento, deciderà di vendere cara la pelle e sorpassare l’avversità per fronteggiarne una nuova! Più andrete avanti e più guardandovi alle spalle vi renderete conto che magari, quello tsunami che tanto vi aveva spaventato e fatto sudare, in realtà altro non era che una simpatica onda sulla quale, una volta capito come fare, potete surfare producendo stupore in coloro che vi guardano. E’ innegabile che lo studio è una componente fondamentale ed impre-scindibile della vita universitaria così come è innegabile che è in questi anni che costruiamo del-le solide fondamenta teoriche per il nostro futuro. Quello che vi verrà chiesto in questi anni, pe-rò, non sarà solo un salto di qualità dal punto di vista didattico, ma anche un salto di qualità dal punto di vista umano.
Continua a pag 2...
NON SARA’ UN ASTEROIDE AD ANNIENTARCI
Il POLIFUNGIORNALE
S T U D E N T I P E R … Numero 4 presenta
… tutto ciò che non hai mai saputo
della tua Università...
BENVENUTI
THE BEMC
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HIV : UN VACCINO? 3
TIROCINIO:
UN’ESPERIENZA DI
VITA
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TIROCINIO:
UN’ESPERIENZA DI
VITA
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TIROCINIO:
UN’ESPERIENZA DI
VITA
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TIROCINIO:
UN’ESPERIENZA DI
VITA
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SVOLTA PER LA
CELIACHIA?
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Sommario:
Iniziativa realizzata con il contributo del fondo per le attività culturali e sociali autogestite degli studenti
Pagina 2 Il POLIFUNGIORNALE
E’ vero passerete giornate davanti a un libro, che di certo simpa-tico non è, ma spenderete anche molto del vostro tempo in com-pagnia di nuovi amici che vi sarete scelti in mezzo a più di altre duecento persone. Inoltre sarebbe sciocco illudervi che in futuro non proverete invidia per i vostri amici che vi chiameranno nel bel mezzo di una soleggiata mattinata dicendovi ; “Oggi mare! Vieni?” e voi scuoterete la testa dicendo: “No, ragazzi devo stu-diare”, ma vi posso anche dire con certezza che apprezzerete quelle giornate di svago come nessun altro potrebbe fare, proprio perché -perdonatemi la citazione da classicista- diceva Leopardi ne “La quiete dopo la tempesta”: “piacer figlio d’affanno gioia vana, ch'è frutto del passato timore” Per concludere, un giorno ad una rimpatriata con i miei compagni di classe, un amico mi chie-se "ti manca la vita del liceo?", dopo avergli sorriso con soddisfazione, gli dissi :"no, non scambierei la mia vita universitaria per nulla al mondo".
Paolo Giordano IV anno
Sacrificio, ma anche orgoglio!
Medicina in lingua inglese, un anno dopo...
Iniziativa realizzata con il contributo del fondo per le attività culturali e sociali autogestite degli studenti
Ormai stiamo alle porte del secondo anno del corso di laurea in medicina e chirurgia interamente in lingua
inglese (propriamente detto “The Bari English Medical Curriculum”) ,nato lo scorso anno: questo corso
innovativo che si prefigge l’obiettivo di formare medici “internazionali” che abbiano un’ ottima conoscen-
za delle discipline cliniche. Infatti il corso può essere considerato come un “gemello” del corso tradizionale
in lingua italiana, ma con differenze macroscopiche : la classe di studenti è formata da soli 30 elementi di
cui 21 comunitari e 9 non comunitari (questo spinge i ragazzi ad esprimersi soltanto mediante l’utilizzo
della nuova lingua), tutte le lezioni e gli esami sono svolti in lingua inglese. Diverse volte mi è capitato di
incontrare ragazzi che rimangono quasi increduli e basiti quando vengono a conoscenza di questo cdl , ed
iniziano a formulare tante di quelle domande che persino il maestro dei quiz Mike Buongiorno impallidi-
rebbe. Pertanto io, studente al secondo anno di questo corso, ho pensato fosse utile dedicare qualche riga su
ciò che sono le mie impressioni a riguardo, un anno dopo. Non vi nascondo che un anno fa le mie perples-
sità erano molte, (un corso completamente in inglese: difficile a credersi, vero?) e sono stato più volte ten-
tato di iscrivermi al corso tradizionale in italiano. Ma ho voluto tentare la fortuna, ed al momento, sembra
che abbia avuto ragione. Sì, perché a parte qualche defezione dovuta alla fase iniziale di rodaggio, io sto
effettivamente studiando la medicina in lingua inglese! In aggiunta a lezioni ed esami tenuti in inglese, nu-
merose sono state le iniziative mirate a “sprovincializzare” lo studente : convegni a cui hanno partecipato
docenti stranieri di spessore internazionale, possibilità di viaggi all’estero in grandi città europee (summer
school), chance di interagire con pazienti non italiani in cura presso in nostro policlinico…
Continua a pagina 3...
Pagina 3
The Bari English Medical Curriculum, o BEMC Insomma, tutti eventi svoltisi in lingua inglese, mezzo che ci permette di comunicare con
persone di (quasi) qualsiasi provenienza ed etnia. L’inglese è la lingua del mondo del la-
voro, quindi il vantaggio di frequentare questo corso è doppio! Quest’anno ho anche avuto
la fortuna di passare il mese di Agosto a Monaco di Baviera, in Germania, frequentando un
laboratorio di ricerca: lì le comunità multietniche di ricercatori comunicano tra loro per
mezzo di questa lingua. Quindi sicuramente conoscere l’inglese è un prerequisito richie-
stissimo e utile per trovare occupazione, a qualsiasi livello. Fondamentale punto di forza di
questo cdl è la classe, così esigua da consentire una più stretta interazione con i docenti,
favorendo la partecipazione attiva di tutti: quindi scordatevi lo stereotipo delle classi nu-
merosissime e caotiche, dove spesso e volentieri sono solo i ragazzi delle prime file a se-
guire bene la lezione; immaginate un po’ come una classe di liceo, ma con più serietà da parte degli studenti
che sono consapevoli di trovarsi in una università. Vorrei poi chiarire una volta per tutte un punto, oggetto di
numerosissime domande ogni anno : la laurea conseguita con questo cdl ha la stessa valenza della laurea nel
corso in italiano, però è in lingua inglese. Per concludere, posso sicuramente ritenermi soddisfatto dopo
questo primo anno, e se mi ritrovassi a dover fare la stessa scelta, opterei sempre per questo corso. Beh,
adesso inizia il secondo anno, e materie come l’anatomia e la biochimica (due mattoni) mi aspettano!
Good luck, guys!
Nicolangelo Diomede (II YEAR)
essere assolutamente sicuri che il
vaccino sia innocuo.
Da anni si cercano cure per com-
battere l'Aids e sono numerosi gli
studi per trovare un vaccino effica-
ce. A luglio un gruppo di esperti
dell'Istituto Superiore di Sanità
coordinati da Andrea Savarino,
nell’università della North Caroli-
na, hanno prodotto la remissione
della malattia in alcuni macachi,
curandoli con un mix di farmaci
contenente oltre agli antiretrovira-
li, altre due sostanze. Mentre solo
pochi mesi prima, il governo degli
Stati Uniti aveva bloccato uno stu-
dio su un possibile vaccino contro
l'HIV perché non stava dando al-
cun risultato
L'Aids è una malattia che fa anco-
ra paura, anche in Italia e, soprat-
tutto, tra i giovanissimi. Oggi ci si
può convivere, grazie alla terapia
combinata di farmaci antiretrovira-
li, ma un vaccino sarebbe un passo
do si basa sul potere infettivo del
Cmv, modificato in modo da stimo-
lare il sistema immunitario a com-
battere le molecole del SIV. Tutte le
scimmie che hanno risposto in mo-
do positivo al vaccino, erano ancora
libere dall'infezione dell'SIV a tre
giorni di distanza dalla sperimenta-
zione.
Secondo Louis Picker, uno degli
autori, è difficile affermare di aver
eradicato il virus perché potrebbe
sempre esserci una cellula in cui il è
presente. Secondo il gruppo di ricer-
ca, inoltre, sarà necessario aspettare
almeno due anni per incominciare la
sperimentazione, poiché bisogna
HIV: Testato il vaccino che eradica il virus
Un vaccino provato su macachi af-
fetti da SIV (Simian Immunodefi-
ciency Virus) è riuscito a eradicare
completamente il virus. Si è rivelato
efficace in nove dei 16 macachi rhe-
sus in cui era stato inoculato e, bre-
ve, verrà avviata la sperimentazione
sull’uomo.
L'équipe di studiosi ha esaminato
una forma aggressiva di virus chia-
mato SIVmac239, che è fino a 100
volte più letale di HIV . In test pre-
cedenti le scimmie infette erano
morte nel giro di due anni, ma questa
volta gran parte dei primati sono ri-
masti immuni. Alla fine nel corpo
delle scimmie non c'era traccia del
virus.
Il vaccino è stato sviluppato utiliz-
zando un altro virus, il citomegalovi-
rus (Cmv), un herpes virus. Il meto-
del paziente e successivamente si occupa
dell’organizzazione di progetti specifici ed
individualizzati. La prima mansione consente
all’equipe assistenziale - riabilitativa di com-
prendere la storia del paziente, i disagi sociali,
che affronta quotidianamente, e le vicissitudi-
ni familiari. La seconda mansione punta a
riabilitare il paziente e a consentirne il reinse-
rimento sociale. A nostro avviso il tirocinio è
l’attività formativa che meglio appronta noi
studenti ad affrontare la realtà lavorativa futu-
ra. Esso si svolge presso i reparti di psichia-
tria, neuropsichiatria e i centri di salute men-
tale. In seguito alla nostra esperienza, affer-
miamo che il tirocinio nelle strutture extrauni-
versitarie, quindi nei centri di recupero e di
salute mentale, è il più utile e formativo, poi-
ché qui si offre agli studenti la concreta possi-
bilità di creare progetti riabilitativi a breve
termine, ad esempio musicoterapia, cinefo-
rum, organizzazione di eventi sportivi ecc. In
generale ogni ora passata a svolgere tirocinio
è fondamentale, dal momento che si compren-
de come approcciarsi alle diverse tipologie di
pazienti e alle loro complesse problematiche.
Ragazzi, badate bene che non è poco! I conte-
sti in cui lavoreremo in futuro ci porteranno a
misurarci e a dover gestire le personalità
estreme e a vivere situazioni ad alta tensione;
ne consegue la necessità di essere fortemente
preparati. Un consiglio, che vorremmo dare ai
lettori e soprattutto alle matricole, è di non
mollare alle prime difficoltà… inizialmente
sarà arduo adattarsi, da subito si verrà in con-
tatto con personalità schizofreniche o dalle
personalità multiple, pazienti con scompensi o
tossicodipendenti o affetti da DCA ecc., tal-
volta consapevoli della loro patologia e quindi
collaboranti, altre volte restii a qualsiasi tratta-
mento e aiuto, quindi assolutamente non col-
laborativi. A nostro avviso il segreto è avere
passione e interesse”.
Prosegue sulla prossima pagina...
prossimo”.
Poi è stata la volta di Giuseppe Dell’avvocato,
studente prossimo alla laurea in infermieristica,
che, in merito ai tirocini del secondo e terzo
anno, ha affermato che: “Il tirocinio del secon-
do anno di infermieristica è caratterizzato
dall’acquisizione delle capacità di effettuare
prelievi e posizionamento di cateteri, di svolge-
re attività ambulatoriali presso i reparti di on-
cologia, ematologia, urologia, neurologia, car-
diologia e pneumologia. Durante il terzo anno,
invece, si frequentano i reparti d’urgenza, quali
terapia intensiva e pronto soccorso pediatrico.
Il fine è perfezionare le conoscenze acquisite
negli anni precedenti e imparare a gestire le
situazioni di emergenza. A tal proposito ricor-
do ancora l’esperienza più incisiva ed indelebi-
le di questi tre anni, ovvero, quando mi è stato
chiesto di effettuare un emogas analisi ad un
paziente a cui avevano appena sparato al tora-
ce. A mio avviso, il tirocinio formativo è fon-
damentale per apprendere la componente prati-
ca della professione dell’infermiere. Tuttavia
questo deve necessariamente essere supportato
e coadiuvato da una componente teorica. Con-
cludo dicendo che, in seguito al mio vissuto,
per completare e perfezionare le proprie com-
petenze assistenziali, è bene che lo studente
svolga delle attività extrauniversitarie. In pas-
sato, sono stato per tre anni soccorritore volon-
tario e ad oggi sono dell’opinione che è stata
un’esperienza utile, soprattutto per imparare a
gestire i pazienti affetti da patologie psichiatri-
che, ma anche per acquisire familiarità con
farmaci e flebo ”.
Dopo aver avuto buone delucidazioni sul tiroci-
nio del cdl in infermieristica, ho raccolto il
parere di Maria Ronco e Loredana De frenza,
studentesse iscritte al terzo anno di tecniche
della riabilitazione psichiatrica. A loro ho chie-
sto di definire la figura professionale del tecni-
co di riabilitazione psichiatrica, spiegarne le
mansioni e infine esprimere un giudizio sull’u-
tilità del tirocinio. Mi hanno risposto che: “Il
tecnico della riabilitazione psichiatrica, affian-
cando figure come assistenti sociali, educatori
e psicologi, nell’ambito di strutture pubbliche o
private, assiste allo svolgimento dell’anamnesi
Ciao a tutti, matricole! Innanzitutto congratula-
zioni per aver superato il test di ammissione.
Sono Paola Acquaviva e con questo articolo,
spero di riuscire a spiegarvi al meglio in cosa
consiste il tirocinio formativo. Ho pensato che il
modo migliore fosse dar voce ad alcuni studenti,
che giorno dopo giorno vivono con passione e
dedizione questa esperienza. Innanzitutto è bene
chiarire che l’attività di tirocinio formativo è
prevista per legge nel programma di studi di ogni
professione sanitaria. È suddivisa nei tre anni con
un numero crescente di ore. Al termine di ogni
anno e quindi al raggiungimento delle ore di
tirocinio previste dal proprio piano di studi, lo
studente deve sostenere un esame, con il fine di
esprimere praticamente e dinanzi ad un' equipe
sanitaria cosa ha appreso durante le ore di tiroci-
nio. Al di là di questa definizione molto accade-
mica, il tirocinio punta a far acquisire gradual-
mente e al meglio le competenze tecniche e utili
nella futura realtà lavorativa. Immedesimandomi
in voi ho pensato che la domanda, che più vi
sarete posti sarebbe stata: “ il tirocinio formativo
consente di acquisire competenze e abilità all’al-
tezza di quanto richiesto dal mercato del lavoro?
E soprattutto, in cosa consiste?”. Dunque l’ho
posta ai miei colleghi e ho riportato le loro rispo-
ste.
Il primo è stato Giuseppe Pisu, studente appena
iscritto al secondo anno del cdl in infermieristica,
che mi ha risposto: “Il tirocinio del primo anno di
scienze infermieristiche consta di 450 ore, da
svolgere in reparto, dove si cerca di far acquisire
allo studente competenze sullo svolgimento
dell’igiene del paziente e delle suppellettili. Im-
pariamo a misurare i parametri vitali, quali pres-
sione, temperatura, frequenza cardiaca…, si ac-
quisisce l’abilità di interagire e comunicare con i
pazienti e di assicurare alimentazione, idratazio-
ne e minzione ai degenti. Innanzitutto siamo
suddivisi in gruppi, che ogni 2/3 mesi sono asse-
gnati a reparti diversi, affiancati da infermieri
competenti e pazienti. Personalmente sono stato
assegnato subito al reparto di chirurgia del padi-
glione Balestrazzi, e poi al reparto di reumatolo-
gia. Durante il periodo dello svolgimento del
tirocinio, ho compreso che la regola più impor-
tante per un infermiere è si considerare il pazien-
te, primariamente, una persona vulnerabile, di cui
bisogna rispettare la dignità e poi un caso clinico.
Durante questi mesi ho avuto modo di constatare
che non esiste nulla di meglio che essere utile al
TIROCINIO: SEMPLICE ATTIVITA’ FORMATIVA O ESPERIENZA DI VITA?
Pagina 4 IL POLIFUNGIORNALE
Pagina 5
bene che i tutor assegnati agli studenti
siano accorti e attenti alla formazione
pratica di ogni studente. Premesso ciò
vorrei parlare un po’ dell’organizza-
zione del tirocinio formativo. Esso si
svolge da subito nella sala operatoria
del reparto di cardiochirurgia, locato
presso il complesso A. Sclepios. Qui
sono presenti due sale operatorie,
frequentate dagli studenti, in seguito
alla determinazione di turni. Si può
scegliere di effettuare tirocinio duran-
te le lezioni, o al termine di esse, quin-
di in concomitanza alla preparazione
degli esami. È bene che, durante gli
interventi, non ci siano più di due al-
lievi e un tutor in sala, e soprattutto è
obbligatorio indossare divisa, guanti,
cuffie, copri scarpe e maschera, tutto
deve essere assolutamente sterile, co-
me ogni suppellettile e attrezzo pre-
sente in sala. Il primo anno si frequen-
ta l’antisala, dove si apprendono no-
zioni teoriche e si acquista dimesti-
chezza con le componenti dei macchi-
nari, che il perfusionista stesso assem-
bla ad ogni intervento e provvede a
disassemblare al termine. Il secondo
anno si acquista la capacità di gestire
la circolazione con i primi approcci ai
materiali e ai macchinari. Il terzo anno
si è in grado di dirigere e gestire auto-
nomamente una perfusione extracor-
porea, si entra in contatto con il pa-
ziente in terapia intensiva per valutar-
ne lo svezzamento e infine si impara a
gestire l’Ecmo (macchinario di assi-
stenza cardiopolmonare). Non vi na-
sconderò di aver trovato il tirocinio
molto stancante e soprattutto carico di
tensione.
Continua a Pag 6...
Quindi la logopedista, che abbiamo affiancato
in quel periodo, stava svolgendo un lavoro
estremamente delicato, complesso e arduo.
Una delle difficoltà era il fatto che il paziente
aveva necessità di mantenere, almeno di gior-
no, sembianze maschili. Questo in seguito a
necessità lavorative, terminata la giornata la-
vorativa, il paziente assumeva, per quanto
possibile, un aspetto femminile. A questo suo
stile di vita doveva adattarsi anche la sua voce,
che sarebbe dovuta divenire permanentemente
femminile, ma il cui processo era fortemente
rallentato dall’esigenza di mantenerla maschile
durante il lavoro. Da ciò derivava la problema-
tica che il paziente non riusciva
ad adattarsi e a riconoscersi in nessuna delle
due voci. A mio avviso è stata un’esperienza
molto costruttiva e formativa da vivere. Spero
di poterne rivivere delle altre simili in futuro e
soprattutto lo auguro anche a voi”.
Nella successiva intervista, vi parlerà la
neolaureata in tecniche della perfusione
cardiovascolare, Valentina Pugliese: “
ciao a tutti! A differenza degli altri inter-
vistati, io ho terminato il mio corso di
studi all’università di Bari e attualmente
svolgo un’esperienza lavorativa presso
una clinica privata, nell’attesa di iniziare
un master a Padova. Per quanto concerne
il tirocinio formativo universitario, lo
ricordo ancora con molto piacere. Innan-
zitutto è bene chiarire che la nostra pre-
senza in sala operatoria, durante gli inter-
venti, è decisiva. Il ruolo del perfusionista
è gestire ed effettuare assistenza Ecmo e
atrio-ventricolare, durante gli interventi
cardiochirurgici. Inoltre, possiamo essere
impiegati nei centri di raccolta sangue,
per gestire i macchinari di autotrans o in
dialisi. Insomma siamo i diretti responsa-
bili della sopravvivenza del paziente, nel
momento in cui esso è soggetto a perfu-
sione extracorporea. In seguito alla mia
esperienza, posso affermare che il tiroci-
nio è utilissimo e indispensabile! Non è
assolutamente concepibile che ci si ci-
menti nella gestione di attrezzature così
delicate e fondamentali alla sopravviven-
za del paziente, senza avere un’eccellente
preparazione di fondo. A tale scopo è
Terminata questa intervista mi sono interes-
sata al tirocinio svolto dagli studenti del cdl
in logopedia; a tal proposito ho intervistato
Benedetta Lorusso, studentessa iscritta al
secondo anno di logopedia. Mi ha riferito che
“ il tirocinio formativo di logopedia si com-
pone di 250 ore al primo anno, 500 al secon-
do e 750 al terzo anno, da svolgere presso i
reparti di otorinolaringoiatria e neurologia
dalle 9:00 alle 13:00. Da subito, siamo divisi
in gruppi da quattro persone, che ogni mese
sono assegnate a reparti diversi. Durante il
tirocinio si è affiancati da medici e logopedi-
sti altamente competenti e professionali, che
oltre a spiegarci e mostrarci in cosa consiste-
rà il nostro futuro lavoro, ci consentono di
attuare ciò che abbiamo imparato durante le
lezioni. Questo non è fine a se stesso, poiché
è oggetto di valutazione da parte di ogni
responsabile di ogni reparto. Ognuno di essi,
infatti, redige dei giudizi su ogni tirocinante,
che, al termine delle ore di tirocinio, andran-
no a sommarsi e a determinare un voto, che
sarà riportato sul libretto universitario e sarà
considerato come un voto di qualsiasi altro
esame. La nostra vita in reparto consiste
nell’assistere alle sedute logopediche, duran-
te le quali si prende atto del referto rilasciato
dal medico e si attua anamnesi del paziente.
Questa prima fase è molto importante per
l’inquadramento del paziente e della sua
patologia, di come essa caratterizzi la quoti-
dianità del soggetto e se sia fonte di disagio
sociale. Questo è possibile, poiché il paziente
è libero di parlare di sé e della sua vita, sotto
la guida di personale altamente qualificato.
Successivamente il logopedista studia, elabo-
ra e fa sì che il paziente attui esercizi mirati a
migliorare la propria condizione. Le patolo-
gie a cui possiamo porre rimedio sono molte-
plici. Si va dalla semplice balbuzie alla disfa-
gia, inoltre la medesima patologia può avere
origine diversa: neurologica, funzionale,
sistemica o addirittura psicologica. A tal
proposito ricordo il caso più interessante che
abbiamo affrontato, ovvero un caso clinico,
in cui il paziente, in concomitanza ad un
percorso di transizione sessuale, stava attuan-
do un percorso di transizione vocale. In paro-
le povere il paziente, soggetto dalla nascita di
sessualità maschile, stava attuando un percor-
so per assumere il più possibile una sessuali-
tà femminile, affinché ciò fosse il più com-
pleto possibile, era opportuno che anche la
sua voce fosse il più possibile femminile.
Pagina 6 IL POLIFUNGIORNALE
alle 20:00, fino al raggiungimento delle ore.
Dopo di che si sostiene un esame, in cui si è
valutati da una commissione composta da
coordinatore e ostetrica”. Sicuramente il
tirocinio è stressante, soprattutto perché deve
conciliarsi con le lezioni e lo studio, inoltre
si vive a stretto contatto con la figura profes-
sionale che si sarà dopo qualche anno, e ciò
garantisce di poter sperimentare in prima
persona le difficoltà, i rischi, l’impegno, ma
anche la soddisfazione di questa professione.
Credo, senza ombra di dubbio, che sia l’atti-
vità più interessante e a più alta carica emoti-
va che si possa vivere. A tal proposito, ricor-
do un’esperienza vissuta lo scorso anno.
Durante una giornata di tirocinio presso il
reparto di fecondazione assistita, ho incon-
trato due coniugi nei cui occhi era più che
palese il desiderio di avere un figlio. Avreb-
bero dato l’anima pur di diventare genitori.
Allora furono elencati loro gli accertamenti
da fare, prima di poter cominciare la terapia.
Qualche tempo dopo, gli stessi coniugi tor-
narono con gli esami effettuati, ma il medico
disse loro che non si poteva procedere con
l’inseminazione, in quanto la sterilità della
coppia era determinata da una formazione
neoplastica, ad uno stadio primario, presente
negli organi riproduttivi dell’uomo. La mo-
glie allora ringraziò tutto il personale che li
aveva seguiti fino a quel momento e, seppur
con aria affranta, confessò che sarebbe stata
eternamente grata al bambino che non avreb-
bero mai avuto, perché il solo desiderio di
concepirlo, aveva salvato la vita a suo mari-
to.” In seguito ho colloquiato con Antonio
Montrone, studente del cdl in tecniche audio-
protesiche. Egli mi ha illustrato come si
svolge il tirocinio presso il suo corso di lau-
rea.
Ma è sicuramente una delle esperienze più utili
e gratificanti che possiate vivere. Ricordo anco-
ra ora quando un giorno, mentre ero nel reparto
di cardiochirurgia, fui avvicinata da un paziente,
che iniziò a ringraziarmi e a presentarmi la sua
famiglia. Quando gli chiesi il perché di tutto ciò,
rispose che qualche settimana prima aveva subi-
to un intervento di by-pass e che ero lì a gestire
la sua perfusione extracorporea. E dato che il
macchinario che controllavo gli aveva suscitato
timori, aveva fissato il mio volto, fino a quando
l’anestesia glielo aveva consentito, chiedendosi
se li avrebbe mai riaperti.”
Dopo questa commovente storia, mi sono
occupata di raccogliere informazioni su un
altro tirocinio formativo ad alto tasso di
emotività, ovvero quello svolto dal cdl in
ostetricia. Me ne ha parlato Mariangela
Squicciarini, dicendo che: “Il tirocinio di
ostetricia si svolge prettamente nella clinica
ostetrico-ginecologica. Il primo anno si
frequentano i reparti e gli ambulatori pre-
senti, come quelli di ecografia, colposco-
pia, fecondazione assistita, oncologia e
neonatologia. Le nostre mansioni sono di
tipo infermieristico, in reparto, e di affian-
camento all’ostetrica di turno, in ambulato-
rio. Il secondo anno si frequenta la sala
operatoria, dove ogni studente è affiancato
quotidianamente da un’ostetrica. Durante
questo anno si impara ad allestire il tavoli-
no sterile (suppellettile su cui è posto tutto
l’occorrente per il parto) e si svolge l’attivi-
tà di strumentalizzare l’intervento, affian-
cando il ginecologo. Al terzo anno si lavora
in sala parto, affiancati singolarmente dalle
nostre ostetriche di riferimento. Queste,
inoltre, valutano, in base alla preparazione
dell’allievo e in base anche a una propria
predisposizione, quanto lo studente debba
intervenire durante il parto. Il nostro ruolo
a tirocinio è attuare manovre, fare prelievi e
iniezioni, gestire le flebo, imparare a rico-
noscere la posizione del feto, sostenere
colloqui e anamnesi con le pazienti, effet-
tuare tracciati e all’atto del parto effettuare
i tagli (eccetto il taglio cesareo). Da subito,
siamo divisi in due gruppi, che si alternano
nei reparti e negli ambulatori. Svolgiamo
tirocinio dalle 7:00 alle 14:00 o dalle 14:00
:”Salve ragazzi!Prima di tutto di tutto
vorrei augurarvi in bocca al lupo per
tutto, e soprattutto vorrei consigliarvi di
vivere al meglio gli anni dell’università,
perché sono unici ed irripetibili. Premes-
so ciò, cercherò di illustrarvi al meglio e
brevemente il tirocinio, che si svolge
preso il mio corso di laurea. Premettendo
che sono circa 500 ore di tirocinio for-
mativo all’anno ed esso si svolge pretta-
mente presso strutture e centri per la
costruzione, manutenzione e pulizia di
protesi per l’udito, convenzionate con
l’università. A differenza dei tirocini
degli altri corsi di laurea, noi non siamo
a stretto contatto col paziente, in quanto
il nostro ruolo è quello di costruire-
adattare protesi, dopo aver preso visione
della prescrizione medica, di garantire
assistenza tecnica, qualora vi fossero
problemi funzionali, regolare audio e
componenti protesici, controllare e pulire
periodicamente le protesi. Durante questi
anni, ho collaborato direttamente con
molti audio-protesisti impiegati nelle
strutture di riferimento. Inizialmente il
tirocinio può presentarsi noioso ed inuti-
le, poiché il nostro ruolo è solo prestare
attenzione alle mansioni svolte dall’au-
dio-protesista, a cui siamo stati affidati.
In seguito, solo dopo aver dimostrato
interesse, buona preparazione teorica,
competenza, attenzione ed assiduità, è
consentito prendere parte allo svolgimen-
to del lavoro quotidiano. A mio avviso, il
tirocinio è un’esperienza altamente for-
mativa, per la quale sono necessarie
pazienza, dedizione e preparazione teori-
ca. Pertanto sono dell’opinione che, esso
andrebbe svolto al termine degli studi,
come coronamento di un’impeccabile
preparazione. Tuttavia, in seguito all’at-
tuale strutturazione del programma di
studi
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L’utilità del tirocinio...
Iniziativa realizzata con il contributo del fondo per le attività culturali e sociali autogestite degli studenti
e tirocinio, posso solo consigliarvi di munirvi di pazienza e caparbietà. Termino questo mio breve excursus, dicendovi che è
l’esperienza migliore che si possa vivere, perché, frequentando il tirocinio, è possibile vedere l’iniziale atteggiamento restio
dei pazienti, nel momento in cui sono in procinto di indossare una protesi, a cui consegue stupore e gioia, dopo averla indos-
sata. Questo, perché, grazie al nostro lavoro, hanno la sensazione di rinascere. Quel mondo da cui erano stati tagliati fuori e
di cui ricordavano solo vari echi, ora ritorna a riabbracciarli e a riaccoglierli, attraverso i suoi suoni e rumori.”
Dopo il tirocinio degli audio protesisti, ho pensato di informare me e voi circa il tirocinio formativo, svolto dagli studenti del cdl in tecniche della prevenzione degli ambienti e dei luoghi di lavoro, a tal proposito, mi sono rivolta a Henri Loreci, studen-te del terzo anno del medesimo corso di laurea: “ Ciao a tutti e benvenuti! Allora il nostro tirocinio è di circa 500 ore all’an-no. Esso si svolge presso strutture ed enti, che attuano controlli ed ispezioni presso i luoghi di lavoro. I compiti del tecnico della prevenzione sono attuare ispezioni presso gli ambienti lavorativi, rilasciare autorizzazioni, ispezioni ambientali, per-messi allo scarico ed attività di sportello, ovvero metterci a disposizione di tutti coloro che necessitano di informazioni per avviare un’attività commerciale.
I compiti da svolgere, durante la giornata lavorativa ci sono dati dal direttore dell’ufficio. Durante il tirocinio, ognuno di noi è affidato ad un tutor, che segue mentre quest’ultimo svolge le sue mansioni giornaliere. La nostra futura professione e la nostra attività di tirocinio è molto diversa da quelle degli altri corsi di laurea, perché noi non siamo a stretto contatto con i pazienti e con le loro problematiche, pertanto non viviamo esperienze altamente emotive. Le nostre attività sono molto routi-narie e ripetitive, ma intrise di responsabilità, in quanto siamo i diretti responsabili del rispetto delle norme igienico-sanitarie, che garantiscono la sicurezza e la qualità del prodotto al consumatore. Pertanto ci è richiesta massima professionalità ed in-flessibilità, ed ahimè questo fa si che talvolta decretiamo la chiusura di un esercizio, qualora questo non rispetti a pieno le norme igienico-sanitarie. Concludo dicendo che, personalmente, considero il tirocinio, l’esperienza e l’attività formativa più interessante e divertente, oltreché altamente professionalizzante che si possa svolgere. Concludo augurandovi un immenso in bocca al lupo! ”
Infine, vorrei concludere parlandovi del tirocinio che conosco meglio, ovvero quello del cdl in dietistica. Dunque, il nostro tirocinio consta di circa 400 ore il primo anno, 500 il secondo e circa 700 il terzo. Sebbene, si potrebbero svolgere in moltis-simi reparti, in quanto la nostra figura professionale è presente nella maggior parte di essi, tuttavia la concreta possibilità di frequentarli è a discrezione dei singoli docenti. Durante i miei anni di studio, ho avuto modo di svolgere il tirocinio formativo presso il reparto di geriatria, l’ambulatorio di ipertensione, i diversi reparti di endocrinologia, l’ambulatorio di diabetologia, l’ambulatorio di nutrizione clinica, ed infine presso il reparto di nefrologia. È possibile frequentare il tirocinio in gruppi di due o tre persone. Il nostro tirocinio, generalmente, consiste nell’assistere alla visita ed all’anamnesi del paziente, effettuate dal medico. Prendere atto di quelle che sono le patologie del paziente attraverso i referti medici e le analisi. In seguito, valu-tiamo lo stato nutrizionale del paziente, effettuiamo un’indagine alimentare, prestando attenzione alle abitudini di alimenta-zione in relazione a qualità degli alimenti e distribuzione dei pasti nell’arco della giornata, prendiamo atto dello stato metabo-lico del paziente ed, infine, elaboriamo il migliore piano alimentare da proporre, in relazione alle reali necessità del paziente ed alle sue aspettative. Siamo affiancati da diverse figure medici, dietisti e biologi. Il mio parere riguardo questa straordinaria esperienza formativa, è che essa ci offre la possibilità di apprendere ed imparare la parte tecnica della figura professionale, che un giorno rappresenteremo. Ogni ora spesa a tirocinio è intrisa di esperienze, emozioni e nozioni utili, oltre che indispen-sabili alla nostra futura professione. Come è stato ribadito più volte, anche nel mio tirocinio è fondamentale un’eccellente formazione teorica, che a mio avviso, non si acquista con il mero superamento dell’esame, ma studiando e apprendendo con massimo interesse e passione ogni singola nozione, anche la più inutile. Questo perché il nostro compito è cambiare lo stile di vita del paziente, laddove esso risulti essere dannoso per il medesimo, in quando lo esponga alla possibilità di sviluppare pa-tologie o complicare la sua condizione clinica. A tal proposito, è bene tener presente che questo è un arduo compito, poiché lo stile di vita di ognuno di noi, di conseguenza anche le abitudini alimentari, sono il risultato delle nostre vicissitudini, possi-bilità socio-economiche, preferenze e dei nostri impegni. Ne consegue che esse siano una parte di noi. Da qui, dunque, la difficoltà di ognuno a rinunciarvi, difficoltà che si acuisce nei pazienti, poiché spesso affetti da patologie. Pertanto essi si mostrano, da subito, restii e contrari a qualsiasi nostro intervento. Come ho avuto modo di constatare, il miglior modo di af-frontare tutto ciò è quello di avere umiltà e un bagaglio culturale, dunque una preparazione tecnico-scientifica, indiscutibile e solida. Queste ultime sono caratteristiche, che solo le attività teoriche possono fornirvi. Termino augurandovi di iniziare al meglio questa fantastica avventura e soprattutto col monito di non farvi scoraggiare dalle prime difficoltà.
Paola Acquaviva
LA CELIACHIA : SULLA STRADA DELLA RISOLUZIONE
La celiachia è la più frequente intolleranza alimentare umana scatenata, nei soggetti predisposti, dal glutine.
A concorrere allo sviluppo della malattia sono sia fattori genetici che ambientali: si ritiene, infatti, che più del 30% delle persone affette, siano portatori dei geni DQ2 e DQ8.
Questi geni codificano per le rispettive molecole del sistema HLA e questo porta a creare un danno immuno-mediato e un disturbo nell’assorbimento dei nutrienti.
Tra le manifestazioni cliniche si possono avere sintomi gastrointe-stinali, con diarrea cronica, ritardo nella crescita, dolori addominali, vomito. Questa forma di manifestazione è considerata quella classi-ca e tende a manifestarsi intorno ai 2 anni di vita.
Manifestazioni in età più avanzata comportano sintomi non ga-strointestinali come aborti ricorrenti nelle donne, aftosi orali, der-matite, artrite, anemie, smalto dentario rovinato (spesso unico sinto-mo) e osteoporosi.
Vi sono, poi, altre forme di manifestazione della malattia come quella silente (con possibili sintomi sfumati) e quella latente (con una assenza completa di sintomi).
La malattia celiaca si riscontra principalmente in soggetti con alte-razioni genetiche quali sindromi di Down o di Turner o in soggetti con altri parenti celiaci.
Inoltre la malattia celiaca, diagnosticata tardivamente, si associa ad un elevato rischio di sviluppare malattie autoimmuni quali, ad esempio, il diabete.
L’eliminazione del glutine dalla dieta non comporta una risoluzione di queste malattie autoimmuni.
Grazie a complessi studi si crede che, nel giro di pochi anni, si pos-
sa trovare una terapia che non miri solo ad eliminare il glutine dalla
dieta per avere un normale riassesto dell’intestino ma, invece, che si
basi sull’utilizzo di enzimi prodotti da ceppi batterici e fungini, che
idrolizzino il glutine tanto da eliminare l’intolleranza alla base.
Maria Francesca Ronco
(III anno riabilitazione psichiarica)
Studenti per… ha presentato
“IL POLIFUNGIORNALE”
E-mail: [email protected]
Tel: 080 5478612
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La redazione:
Rosina Ianira Greco
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A cura dell’Associazione “Studenti Per…”
L' associazione Studenti Per.. oltre a occuparsi dell' aspet-to didattico e amministrativo della nostra facoltà, si è impegnata a cercare agevolazioni e convenzioni con di-verse attività commerciali. Le convenzioni di cui potete usufruire sono: -Panificio Fracchiolla, in via Petrera 26, consumazioni di focaccia, panini, primi, insalate e bevande a costi davvero convenienti (al massimo 3 euro!!) -Tutti i giovedí sera presso Tanaliberatutti 3 menú specia-li per noi studenti. -20% di sconto su tutte le consumazioni presso il ristoran-te greco Zorbae. -Un esclusivo accordo con gli Adidas Store di Bariblu, Brindisi e Lecce. -20% di sconto su tutti gli articoli presso la Sanitaria Bri-gida in p.zza G. Cesare Per maggiori informazioni consultate il nostro sito www.studentiper.com, ma sopratutto non dimenticatevi di ritirare la nostra Fidelity Card convenzionata con la Copi-steria Campione grazie alla quale potrete accedere alle convenzioni e accumulerete punti che vi permetteranno di ricevere stampe e copie omaggio.
STUDENTI PER… LE CONVENZIONI!