Stampaplit/C... · modo da “creare le competenze manageriali e professionali necessarie a...

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http://www.skuola.net/ https://ripetizioni.skuola.net/?bg=5&utm Suzy90 Insegnante di Italiano su Skuola.net Ripetizioni Soluzione a cura di PROPOSTA DI SOLUZIONE PER LA PRIMA PROVA DI MATURITÀ 2017 TRACCIA: Saggio breve socio-economico ARGOMENTO: Nuove tecnologie e lavoro Le nuove tecnologie sono uno dei temi più diffusi e dibattuti della nostra era, che non a caso è stata definita come “era digitale”. Le tecnologie si evolvono e crescono a un ritmo sempre più veloce, determinando continui cambiamenti nella quotidianità e nel modo di relazionarsi (basti pensare ai sempre più numerosi social network e ai servizi di instant messaging) e anche inglobando sempre più ambiti di applicazione. Infatti, moltis- simi aspetti della vita moderna sono gestiti dalla tecnologia, dallo smartphone al lavoro online, passando per le piattaforme di trading e i servizi di home banking fino alle catene di montaggio automatizzate. Non è quindi una novità che “le macchine minacciano parte del lavoro che viene svolto dall’uomo 1 ”. Molte industrie stanno adottando sistemi sempre più automatizzati e, anzi, il modello “meccanico” di produzione sta diventando la norma nei paesi industrializzati. L’Onu, però, facendo riferimento a un rapporto della Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (Unctad), mette in luce un aspetto di questo fenomeno che finora era rimasto inosservato: sostituire il lavoro umano con le nuove tecnologie potreb- be avere un impatto devastante sui paesi in via di sviluppo, la cui economia si basa quasi completamente su “una manodopera a costi stracciati 2 ”. Infatti, quei paesi come Asia, Africa e America Latina, che già lottano per emergere sul mercato globale puntan- do tutto su una produzione a basso costo, potrebbero trovarsi ancora più in difficoltà, perdendo il loro unico vantaggio competitivo rispetto ai paesi industrializzati. Un evento del genere potrebbe arrestare la loro crescita economica, determinando un aumento della povertà e un inasprimento del divario tra ricchezza e povertà. Tuttavia, l’avvento dei sistemi automatizzati nell’industria sembra inevitabile. D’altronde, i sistemi automatici possono lavorare ininterrottamente, non necessitano di permessi o di giorni di malattia, costano meno di un lavoratore medio e sono nel complesso più 1 Enrico Marro, Allarme Onu: i robot sostituiranno il 66% del lavoro umano, in “Il Sole 24 Ore”, 18 novembre 2016. 2 Ibidem 3 Ibidem

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Soluzione a cura di

PROPOSTA DI SOLUZIONE PER LA PRIMA PROVA DI MATURITÀ 2017TRACCIA: Saggio breve socio-economicoARGOMENTO: Nuove tecnologie e lavoro

Le nuove tecnologie sono uno dei temi più diffusi e dibattuti della nostra era, che non a caso è stata definita come “era digitale”. Le tecnologie si evolvono e crescono a un ritmo sempre più veloce, determinando continui cambiamenti nella quotidianità e nel modo di relazionarsi (basti pensare ai sempre più numerosi social network e ai servizi di instant messaging) e anche inglobando sempre più ambiti di applicazione. Infatti, moltis-simi aspetti della vita moderna sono gestiti dalla tecnologia, dallo smartphone al lavoro online, passando per le piattaforme di trading e i servizi di home banking fino alle catene di montaggio automatizzate. Non è quindi una novità che “le macchine minacciano parte del lavoro che viene svolto dall’uomo1”. Molte industrie stanno adottando sistemi sempre più automatizzati e, anzi, il modello “meccanico” di produzione sta diventando la norma nei paesi industrializzati. L’Onu, però, facendo riferimento a un rapporto della Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (Unctad), mette in luce un aspetto di questo fenomeno che finora era rimasto inosservato: sostituire il lavoro umano con le nuove tecnologie potreb-be avere un impatto devastante sui paesi in via di sviluppo, la cui economia si basa quasi completamente su “una manodopera a costi stracciati2”. Infatti, quei paesi come Asia, Africa e America Latina, che già lottano per emergere sul mercato globale puntan-do tutto su una produzione a basso costo, potrebbero trovarsi ancora più in difficoltà, perdendo il loro unico vantaggio competitivo rispetto ai paesi industrializzati. Un evento del genere potrebbe arrestare la loro crescita economica, determinando un aumento della povertà e un inasprimento del divario tra ricchezza e povertà. Tuttavia, l’avvento dei sistemi automatizzati nell’industria sembra inevitabile. D’altronde, i sistemi automatici possono lavorare ininterrottamente, non necessitano di permessi o di giorni di malattia, costano meno di un lavoratore medio e sono nel complesso più

efficienti e veloci. Se tale cambiamento è quindi inevitabile, come dovrebbe essere fronteggiato? Sempre facendo riferimento al rapporto sopra citato, incentrato sulla robotizzazione e industrializzazione nei paesi in via di sviluppo (Robot and industrializa-tion in developing countries), l’Onu insiste su quanto sia importante tenere il passo con lo sviluppo tecnologico, e, anzi, bisognerebbe abbracciare “la rivoluzione digitale, a partire dai banchi scolastici3”. Il vero cambiamento, quindi, non deve avvenire solo nella fabbrica in sé stessa, ma nel modo di concepire l’industria, e per fare ciò bisogna ridefi-nire completamente il modo di intendere il lavoro: una rivoluzione “di mentalità” come questa non può che partire dalle scuole, da quelle istituzioni che per prime ci istruiscono e ci formano, dandoci gli strumenti per crescere ed evolvere. Solo ridisegnando i sistemi educativi, creando un percorso di istruzione che riesca a tenere il passo con l’evoluzione delle nuove tecnologie, si potranno fornire alle persone le giuste competenze e capacità per poter lavorare insieme alle nuove tecnologie, e non in competizione con esse. In fondo, la robotizzazione della produzione industriale potrebbe rappresentare nei con-fronti del lavoro umano non una minaccia, ma una nuova opportunità: i sistemi automati-ci potrebbero diminuire l’impatto ambientale e soprattutto contribuire a ridurre lo sfrutta-mento del lavoro sottopagato e del lavoro minorile, purtroppo ancora largamente diffuso in alcuni paesi. In definitiva, il modo migliore per affrontare il cambiamento è adattarsi a esso: se è vero che le macchine sono destinate a prendere il posto dell’uomo nelle fabbriche, allora è tempo che il sistema educativo di tutti i paesi, soprattutto quelli in via di sviluppo che sarebbero più fortemente colpiti da questo fenomeno, si concentri sul mondo digitale, in modo da “creare le competenze manageriali e professionali necessarie a lavorare con le nuove tecnologie4”.

1Enrico Marro, Allarme Onu: i robot sostituiranno il 66% del lavoro umano, in “Il Sole 24 Ore”, 18 novembre 2016.2Ibidem3Ibidem

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Le nuove tecnologie sono uno dei temi più diffusi e dibattuti della nostra era, che non a caso è stata definita come “era digitale”. Le tecnologie si evolvono e crescono a un ritmo sempre più veloce, determinando continui cambiamenti nella quotidianità e nel modo di relazionarsi (basti pensare ai sempre più numerosi social network e ai servizi di instant messaging) e anche inglobando sempre più ambiti di applicazione. Infatti, moltis-simi aspetti della vita moderna sono gestiti dalla tecnologia, dallo smartphone al lavoro online, passando per le piattaforme di trading e i servizi di home banking fino alle catene di montaggio automatizzate. Non è quindi una novità che “le macchine minacciano parte del lavoro che viene svolto dall’uomo1”. Molte industrie stanno adottando sistemi sempre più automatizzati e, anzi, il modello “meccanico” di produzione sta diventando la norma nei paesi industrializzati. L’Onu, però, facendo riferimento a un rapporto della Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (Unctad), mette in luce un aspetto di questo fenomeno che finora era rimasto inosservato: sostituire il lavoro umano con le nuove tecnologie potreb-be avere un impatto devastante sui paesi in via di sviluppo, la cui economia si basa quasi completamente su “una manodopera a costi stracciati2”. Infatti, quei paesi come Asia, Africa e America Latina, che già lottano per emergere sul mercato globale puntan-do tutto su una produzione a basso costo, potrebbero trovarsi ancora più in difficoltà, perdendo il loro unico vantaggio competitivo rispetto ai paesi industrializzati. Un evento del genere potrebbe arrestare la loro crescita economica, determinando un aumento della povertà e un inasprimento del divario tra ricchezza e povertà. Tuttavia, l’avvento dei sistemi automatizzati nell’industria sembra inevitabile. D’altronde, i sistemi automatici possono lavorare ininterrottamente, non necessitano di permessi o di giorni di malattia, costano meno di un lavoratore medio e sono nel complesso più

efficienti e veloci. Se tale cambiamento è quindi inevitabile, come dovrebbe essere fronteggiato? Sempre facendo riferimento al rapporto sopra citato, incentrato sulla robotizzazione e industrializzazione nei paesi in via di sviluppo (Robot and industrializa-tion in developing countries), l’Onu insiste su quanto sia importante tenere il passo con lo sviluppo tecnologico, e, anzi, bisognerebbe abbracciare “la rivoluzione digitale, a partire dai banchi scolastici3”. Il vero cambiamento, quindi, non deve avvenire solo nella fabbrica in sé stessa, ma nel modo di concepire l’industria, e per fare ciò bisogna ridefi-nire completamente il modo di intendere il lavoro: una rivoluzione “di mentalità” come questa non può che partire dalle scuole, da quelle istituzioni che per prime ci istruiscono e ci formano, dandoci gli strumenti per crescere ed evolvere. Solo ridisegnando i sistemi educativi, creando un percorso di istruzione che riesca a tenere il passo con l’evoluzione delle nuove tecnologie, si potranno fornire alle persone le giuste competenze e capacità per poter lavorare insieme alle nuove tecnologie, e non in competizione con esse. In fondo, la robotizzazione della produzione industriale potrebbe rappresentare nei con-fronti del lavoro umano non una minaccia, ma una nuova opportunità: i sistemi automati-ci potrebbero diminuire l’impatto ambientale e soprattutto contribuire a ridurre lo sfrutta-mento del lavoro sottopagato e del lavoro minorile, purtroppo ancora largamente diffuso in alcuni paesi. In definitiva, il modo migliore per affrontare il cambiamento è adattarsi a esso: se è vero che le macchine sono destinate a prendere il posto dell’uomo nelle fabbriche, allora è tempo che il sistema educativo di tutti i paesi, soprattutto quelli in via di sviluppo che sarebbero più fortemente colpiti da questo fenomeno, si concentri sul mondo digitale, in modo da “creare le competenze manageriali e professionali necessarie a lavorare con le nuove tecnologie4”.

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4Ibidem