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Pli LA VOCE DEL LICEO CLASSICO PLINIO IL GIOVANE N° 2 MARZO 2010 Alla cortese attenzione dei lettori... di Andrea Pellegrini Il secondo numero di PLINEWS vie- ne dato alle stampe in un momento im- portante per la vita della Scuola, appena uscita dalla Riforma Gelmini, oggetto di attenzione da parte degli addetti ai la- vori e delle famiglie che sono sul punto di iscrivere i propri figli alle Superiori. Non intendo in queste poche righe pe- rorare la causa del Liceo Classico con le solite parole di circostanza, partigiane e anche un po’ retoriche. Il Liceo si so- stiene da solo, con il lavoro quotidiano e con i progetti che porta avanti. Uno di questi è proprio il Giornale d’Istituto, che evidenzia un sempre maggiore coin- volgimento degli studenti e dimostra la qualità del lavoro che i nostri ragazzi quotidianamente svolgono. In questo numero ci siamo soffermati in particolar modo sul tema della legalità, affrontato sotto molteplici aspetti; abbiamo analiz- zato con spirito critico gli episodi di cro- naca che maggiormente hanno coinvolto l’opinione pubblica, in primis i fatti di Rosarno. All’interno troverete poi arti- coli attinenti alla vita del nostro Istituto, una clamorosa rivelazione che riguarda l’Esame di Stato, una gustosissima in- tervista doppia al Prof. Nestri e alla Prof. ssa Pruscini e l’IPSE DIXIT, formidabi- le serbatoio di umoristi in erba. Le ragioni del Classico di Maria Rosella Mercati, Dirigente Scolastico Il quadro che la riforma della scuola secondaria superiore ci presenta potrà essere un volano di sviluppo, a patto che non sia- no ulteriormente ridotti i finanziamenti alla scuola pubblica. Gli obiettivi prefissati richiedono, infatti, un notevole impegno di ri- sorse umane e materiali. Ed è giusto che si compia ogni sforzo in questa direzione, poiché la società ha bisogno della scuola “per conservare il proprio patrimonio culturale e trasmetterlo di gene- razione in generazione ai nuovi membri”. Luogo di produzione, di diffusione e circolazione, di conservazione del sapere, la scuola svolge un ruolo fondamentale nella vita dei giovani, che l’attra- versano nel momento cruciale della formazione e delle scelte. La riforma prevede tre grandi assi: liceale, tecnico e professio- nale, ognuno con un distinto profilo, che indica con chiarezza gli obiettivi da raggiungere. “I percorsi liceali forniscono allo studente gli strumenti cultura- li e metodologici per una comprensione approfondita della realtà, affinché egli si ponga con atteggiamento razionale, creativo, pro- gettuale e critico di fronte alle situazioni, ai fenomeni ed ai proble- mi, ed acquisisca conoscenze, abilità e competenze sia adeguate al proseguimento degli studi di ordine superiore, all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro, sia coerenti con le capa- cità e le scelte personali”. Il Liceo classico, come sua particolare vocazione, poiché attin- ge alle radici della civiltà classica e della cultura umanistica, guida a cogliere le intersezioni fra i saperi, attraverso lo studio appro- fondito dei linguaggi, l’analisi storica dei vari aspetti della nostra Liceo Classico “Plinio il Giovane” - viale Armando Diaz, 2 - 06012 Città di Castello (PG) - tel. 075.8554243 - fax 075.8554724 - www.liceoplinio.net - [email protected]

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giornalino scolastico

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Pli LA VOCE DEL LICEO CLASSICO PLINIO IL GIOVANE

N° 2 MARZO 2010

Alla cortese attenzione

dei lettori...

di Andrea Pellegrini

Il secondo numero di PLINEWS vie-ne dato alle stampe in un momento im-portante per la vita della Scuola, appena uscita dalla Riforma Gelmini, oggetto di attenzione da parte degli addetti ai la-vori e delle famiglie che sono sul punto di iscrivere i propri fi gli alle Superiori. Non intendo in queste poche righe pe-rorare la causa del Liceo Classico con le solite parole di circostanza, partigiane e anche un po’ retoriche. Il Liceo si so-stiene da solo, con il lavoro quotidiano e con i progetti che porta avanti. Uno di questi è proprio il Giornale d’Istituto, che evidenzia un sempre maggiore coin-volgimento degli studenti e dimostra la qualità del lavoro che i nostri ragazzi quotidianamente svolgono. In questo numero ci siamo soffermati in particolar modo sul tema della legalità, affrontato sotto molteplici aspetti; abbiamo analiz-zato con spirito critico gli episodi di cro-naca che maggiormente hanno coinvolto l’opinione pubblica, in primis i fatti di Rosarno. All’interno troverete poi arti-coli attinenti alla vita del nostro Istituto, una clamorosa rivelazione che riguarda l’Esame di Stato, una gustosissima in-tervista doppia al Prof. Nestri e alla Prof.ssa Pruscini e l’IPSE DIXIT, formidabi-le serbatoio di umoristi in erba.

Le ragioni del Classico

di Maria Rosella Mercati, Dirigente Scolastico

Il quadro che la riforma della scuola secondaria superiore ci presenta potrà essere un volano di sviluppo, a patto che non sia-no ulteriormente ridotti i fi nanziamenti alla scuola pubblica. Gli obiettivi prefi ssati richiedono, infatti, un notevole impegno di ri-sorse umane e materiali. Ed è giusto che si compia ogni sforzo in questa direzione, poiché la società ha bisogno della scuola “per conservare il proprio patrimonio culturale e trasmetterlo di gene-razione in generazione ai nuovi membri”. Luogo di produzione, di diffusione e circolazione, di conservazione del sapere, la scuola svolge un ruolo fondamentale nella vita dei giovani, che l’attra-versano nel momento cruciale della formazione e delle scelte.

La riforma prevede tre grandi assi: liceale, tecnico e professio-nale, ognuno con un distinto profi lo, che indica con chiarezza gli obiettivi da raggiungere.

“I percorsi liceali forniscono allo studente gli strumenti cultura-li e metodologici per una comprensione approfondita della realtà, affi nché egli si ponga con atteggiamento razionale, creativo, pro-gettuale e critico di fronte alle situazioni, ai fenomeni ed ai proble-mi, ed acquisisca conoscenze, abilità e competenze sia adeguate al proseguimento degli studi di ordine superiore, all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro, sia coerenti con le capa-cità e le scelte personali”.

Il Liceo classico, come sua particolare vocazione, poiché attin-ge alle radici della civiltà classica e della cultura umanistica, guida a cogliere le intersezioni fra i saperi, attraverso lo studio appro-fondito dei linguaggi, l’analisi storica dei vari aspetti della nostra

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civiltà, l’applicazione della fi losofi a e delle discipline scientifi che al ri-conoscimento ed alla soluzione di problemi.

Le istituzioni scolastiche hanno ora il compito di progettare il Piano dell’Offerta Formativa in modo tale che corrisponda alle linee portanti della riforma; i docenti attraverso la loro professionalità sono chiamati ad uno sforzo creativo per rivedere contenuti e metodologie.

Il nostro Liceo già da tempo con lungimiranza ha realizzato alcu-ni aspetti della riforma: la lingua straniera quinquennale, il potenzia-mento di matematica, fi sica e storia dell’arte. Tutto ciò non è più speri-mentale, ma d’ordinamento. Anche lo studio della seconda lingua stra-niera sarà mantenuto, utilizzando le possibilità offerte dalla fl essibilità e dall’organico assegnato.

Allora nulla cambia? Non è pro-prio così: infatti produrranno effetti la diversa organizzazione del tempo scuola e la riorganizzazione interna del curricolo delle discipline, l’ade-guamento della didattica, un diverso modo di partecipare alla vita della scuola di genitori e studenti, un nuo-vo sistema di relazioni con il territo-rio (ruolo delle Istituzioni, rapporto con il mondo imprenditoriale).

La sfi da da raccogliere è quella di “pensare” una scuola per il presente e per il futuro, in cui i libri possano dialogare con i PC.

Scrive una nota insegnante e scrit-trice :“Leggere Dante vuol dire pren-dere atto dei secoli che ci separano da lui. Vuol dire che dobbiamo pre-pararci, avere gli strumenti, cioè tut-to quello che ci serve per il viaggio”. Il Liceo classico è la scuola che dà gli strumenti, che permette di riem-pire utilmente lo zaino per il viaggio attraverso la cultura e…la vita!

L’intervista

a cura di Lucia Pazzagli e Marta Tosti

San Valentino

Prof. Nestri vs Prof. Pruscini

È favorevole al festeggiamento di San Valentino?

PROF. NESTRI: No.

PROF. PRUSCINI: Si.

Se sì perché, se no perché?

PROF. NESTRI: Perché è una super-stizione. Come dice Erasmo da Rotterdam: “Non è poi opera del-la stessa pazzia che i paesi preten-dano ognuno ad uno, uno speciale santo protettore? Distribuiscono ad ognuno di questi santi varie mansioni, ad ognuno di essi at-tribuiscono particolari cerimonie per onorarli, di modo che nel mal di denti ti viene in aiuto un santo, un altro assiste le partorienti, un terzo ti restituisce ciò che è sta-to rubato […]. Ma che chiedono mai a codesti santi gli uomini, se non tutto ciò che ha connes-sione con la pazzia?”(Erasmo da Rotterdam, Elogio alla pazzia). Inoltre, le ricorrenze come que-sta non sono belle, perché solo in quel giorno si festeggia e non va bene un giorno “rose e fi ori” e gli altri “stand-by”. Se c’è amore c’è sempre, non solo un giorno. Infatti l’amore è fatica, è bello, ma è un percorso duro, di tutti i giorni. Diversamente dall’inna-moramento, che invece è slancio, bellezza.

PROF. PRUSCINI: Innanzitutto è una giornata che ho a cuore perché mi sono laureata per S. Valentino. Poi è una festa dedicata ai pochi “pri-vilegiati”, gli innamorati, che vi-vono un momento straordinario, che non capita spesso nella vita. Da donna inoltre, dico che noi, eternamente romantiche e senti-mentali, diamo più importanza agli affetti, perciò amiamo questa festa. Poi, credo che noi viviamo in una società che trascura i sen-timenti, perciò è giusto dedicare una giornata all’amore, alla cop-pia. Se c’è l’amore si può affron-tare ogni sacrifi cio, superare ogni crisi. Dovrebbe essere S. Valenti-no tutti i giorni, dovrebbero pre-valere i sentimenti e l’amore tutti i giorni perché tutto il resto (la corsa al denaro, il consumismo) ci lascia insoddisfatti e infelici.

L’ha mai festeggiato? Come lo festeggerà?

PROF. NESTRI: Non l’ho mai fe-steggiato.

PROF. PRUSCINI: Non lo festeggerò come consumismo, ma trascor-rerò una giornata al mare, luogo molto romantico in inverno, con una coppia di amici e magari fa-cendo una passeggiata nel lungo-mare.

Ha sempre pensato questo oppu-re ha modifi cato la sua opinione con il passare del tempo?

PROF. NESTRI: Ho sempre pensato questo, perché una persona deve andare sempre contro. Così come dice De Andrè: “in direzione osti-nata e contraria”.

PROF. PRUSCINI: Ho sempre pen-sato questo perché è una giornata di serenità, pace e sentimenti.

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Medea ed Antigone si ribellano alla legge: l’una in nome di una ven-detta di stampo divino, da Amazzo-ne quale è, avvezza al lato oscuro dell’esistenza, a contatto diretto con il tremendo e con il sacro; l’altra in nome di una pietà pre-cristiana (è il sabato ad essere al servizio dell’uo-mo, non viceversa) che non nega ad alcuno, qualsiasi sia il delitto di cui si è macchiato, quella degna sepol-tura che, sola, gli saprà garantire la pace dell’oltretomba, affi dandolo ad una giustizia più alta di quella mera-mente umana.

Legge convenzionale, formale, al servizio dell’arbitrio, legge esterio-re, incurante delle motivazioni che informano qualsiasi azione e ne fan-no ambito di intima scelta, per pri-vata o collettiva che sia, e terreno di scontro morale.

Donne che, forzando la legge ed andando contro il potere di chi re-gna, si pongono come reiette ed in-desiderate ai margini della società. Antigone scenderà nel mondo del-le ombre – murata viva – “vergine senza nozze e senza fi gli”, laddove Medea ucciderà i propri fi gli per punire l’affronto arrecatole dal loro padre, quell’ingrato Giasone, che deve alle arti magiche e alla spre-giudicatezza di lei ogni fortuna e ricchezza e dal quale ora è conside-rata, con disprezzo, una maga e una barbara. Punizione, la sua, come

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Dopo Kyoto e Copenhagen stringerà il Mondo un “serio” patto con la Terra?

di Alessandra Brozzi

Desertifi cazione, aumento della siccità, innalzamento del livello dell’acqua dovuto all’inevitabile scioglimen-to dei ghiacci, il paradossale congelamento del nord Europa: sono questi gli effetti con i quali già ora convi-

La strada verde è possibile

(The green way is possible)

Legge e giustizia: tra moralità

e imposizione

di Augusta Ramaccioni

forma di nemesi, tesa al riequilibrio di ciò che è impari.

La legalità è conformità a ciò che le leggi prescrivono; il diritto è la tecnica della coesistenza civile.

Qualsiasi sia la fede o l’ideologia ad esse sottese, il loro fi ne è quello di rendere attuabile la vita associata, di armonizzare le parti che compongo-no una società e di dirimere le even-tuali problematiche in seno ad essa.

Adesione interiore, coercizione esteriore talvolta convergono, tal-volta seguono strade diverse.

Uccidere è, solitamente, conside-rato non solo contrario alla legge, ma anche moralmente turpe. Il pettego-lezzo, pur non essendo perseguibile legalmente, se non quando sconfi na nella diffamazione, viene perlopiù percepito come un comportamen-to deprecabile, lesivo della dignità, non solo di chi ne è vittima, ma an-che di chi lo pratica. Esistono Paesi in cui l’eutanasia è uffi ciosamente consentita, anche se questa pratica può ripugnare alla coscienza di chi è religiosamente orientato.

Cos’è dunque successo a Rosar-no, paese inserito in uno stato di diritto, in una democrazia, quella italiana, di provata fede costituzio-nale? Può uno statuto garantire la-voro, libertà e dignità a chi è bianco di pelle, a discapito di chi appartie-ne ad un’altra razza? Sì, qualora le istituzioni – sindacati, magistratura,

viamo, che si amplifi cheranno o che cominceremo a co-noscere, causati dal surriscaldamento globale. Il genia-le artefi ce di questo capolavoro? Non vi poteva essere domanda più semplice: noi, l’uomo moderno, bramoso di successo, incurante di quelle regole, mai scritte, per conservare la Terra che ci ha generati e che fi nirà per ucciderci. Nel 2009 i Grandi del Mondo, fi ssando un in-contro a Copenhagen, hanno deciso, per lo meno a pa-role, il da farsi nei prossimi 20 anni.”Per favore salvate il mondo”: inizia così il vertice ONU sul clima, chiaro sintomo di una situazione ormai divenuta insostenibile. L’Europa cerca un alleato importante: gli U.S.A di Ba-rack Obama. A Copenhagen interviene il rappresentan-

forze dell’ordine – preposte alla tu-tela del cittadino, non intervengano là dove si creino sacche di povertà, ignoranza e sfruttamento, permet-tendo, in questo modo, che l’interes-se del singolo, o di ristretti gruppi di potere, spesso di stampo malavitoso e mafi oso, prevalgano sull’interesse della comunità. Abbiamo assistito in questi giorni al triste spettacolo del-l’ennesima guerra di poveri contro altri poveri: gli uni minacciati nelle loro piccole, sacrosante sicurezze, gli altri frustrati nelle loro legittime aspirazioni di riconoscimento e di integrazione. Una “guerra civile”, in qualche modo, pari a quelle che sconvolgono l’Africa o i Balcani. La legge non può costringere ad un comportamento moralmente irre-prensibile coloro che le sono sotto-posti, ma solo il rispetto della lega-lità rende possibile la creazione di un ambiente in cui delinquere non rappresenti l’unica via di sopravvi-venza e dove il confronto sostituisca la logica del mors tua, vita mea.

Eugene Delacroix, The fury of Medea (1862).

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Una rivolta ci ha aperto gli occhi: Rosarno è il lager degli immigranti.

di Amanda Borrelli, Chiara Antonelli, Michele Radicati, Valentina Boldrini (VB)

Giovedì 7 gennaio 2010 in una località della Calabria, Rosarno, nella pia-na di Gioia Tauro, si è verifi cato un fatto inconsueto: alcuni extracomunitari si sono giustamente ribellati contro il regime cui erano sottoposti.

Gli immigrati sopravvivono in ex capannoni industriali, in casolari ab-bandonati e in capanne di cartone.

Rosarno: ritorno al passatote di Cina e del G7, Lumumba-Di-Aping, che afferma rivolgendosi al Presidente degli Stati Uniti:

<È tempo di salvare il mondo, non è tempo di reinventare quello che abbiamo già concordato> Dun-que non c’è più tempo per belle pa-role o tatticismi, è ora che i Paesi industrializzati si assumano su di loro la responsabilità dei danni cau-sati dall’inquinamento e che al più presto paghino il debito ecologico mai sanato. Senza l’intervento di tutti non sarà possibile il cambia-mento dello status quo. I Paesi del G8 hanno stanziato miliardi per sal-vare banche e budget, gli U.S.A ne-gli ultimi decenni sono sempre in-tervenuti nelle faccende politiche di altri Paesi per mantenere, verifi care e riportare la “pace”; oggi è in di-scussione la “pace” del mondo, per-tanto é quasi un “dovere” da parte dell’America prendere parte a que-sta battaglia che deve essere vinta. Sarebbe troppo comodo inquinare, arricchirsi e velarsi il volto con una maschera di parole. E’ necessa-rio un intervento adesso. “Ad ogni uomo la responsabilità delle proprie azioni” (Protagora). Tutti i Paesi, specialmente i più economicamente sviluppati, dovrebbero partecipare, ma notiamo alcuni assenti impor-tanti: la Cina, che si disinteressa; l’Australia, che continua a non ade-rire e l’America, che nel 2001 si era ritirata dall’accordo dicendo che avrebbe danneggiato la proprio eco-nomia (ricordiamo che gli U.S.A ri-versano nell’atmosfera il 33,6% del-le emissioni di gas serra mondiali).La via possibile, quella da seguire, è quella verde. Nonostante le nor-me e i buoni propositi, molti, troppi Paesi europei (e non) continuano a inquinare pesantemente l’ambiente, non riducendo del 5 per cento le loro emissioni. E’ necessario per-tanto uscire dall’ottica materialista che punta al guadagno, sprezzante delle regole e del buon senso, che invece dovrebbe essere presente in ogni cittadino. Dunque, come ci ricorda Lumumba-Di-Aping, “the green way is possible”.

Ognuno lavora i campi, raccogliendo agrumi e olive, più di 12 ore per meno di 20 euro al giorno; parte di questo denaro lo inviano alle loro famiglie che vivono ancora in Africa.

Esasperati, allo stremo delle loro forze, sono insorti con la violenta pro-testa: auto distrutte, cassonetti divelti e altri rovesciati sull’asfalto, molte ringhiere di abitazioni danneggiate, è il bilancio della rivolta.

Senz’altro in questa ribellione gli stranieri hanno visto un disperato ten-tativo di attirare l’attenzione; ma la risposta è risultata diversa dalle loro aspettative.

Infatti, gli abitanti di Rosarno hanno reagito con la violenza, esplodendo alcuni colpi di pistola e ferendo alcuni rivoltosi.

Tutto ciò non può passare sotto silenzio.Non sembra anche a voi che cose simili siano già accadute? Uomini trat-

tati come bestie, sfruttati, abbandonati a loro stessi, condannati all’indiffe-renza di tutti.

Sì, tanto che una poesia scritta durante il periodo delle persecuzioni raz-ziali rimane attuale ancora oggi.

Gli incidenti stradali sono purtrop-po eventi imprevedibili ma, qualora fossimo più rispettosi della vigente normativa in materia di circolazione stradale, il più delle volte evitabili. Fortunatamente il numero di feriti e morti negli ultimi anni è diminuito, grazie soprattutto a quelle che sono state le nuove norme di sicurezza quali l’uso obbligatorio del casco, la riduzione dei limiti di velocità nelle superstrade, il sistema di controllo elettronico della velocità in autostra-da noto come “sistema tutor”, il qua-le si è rivelato un ottimo deterrente, visto che il numero dei morti in auto-strada è diminuito del 50%.

Inoltre “salate” sono le sanzioni previste per chi non utilizza il casco e le cinture di sicurezza: infatti si va da € 70.00 a € 285.00 di multa insie-me alla decurtazione di 5 punti sulla patente e il fermo amministrativo del veicolo per 60 giorni; naturalmente il prezzo della sanzione varia in virtù della velocità di marcia e, qualora i limiti in questione dovessero essere letteralmente sfondati, si può incor-rere nella sanzione della sospensione della patente di guida fi no a 12 mesi.

L’uso del casco omologato, ossia di “tipo approvato”, è invece as-solutamente obbligatorio sia per il conducente sia per l’eventuale pas-seggero. Esso, se allacciato corretta-mente, si rivela il modo più effi cace per ridurre i traumi alla testa, con-siderata la zona più vulnerabile, e i decessi legati agli incidenti in moto; inoltre è statisticamente provato che il casco riduce:

• di più di un terzo il numero dei morti;• del 65% i casi di lesioni cerebrali;• del 50% il rischio di entrare in terapia intensiva;• del 50% il tempo totale di ricovero in ospedale

Vediamo nella seguente tabella quali sono le fasce d’età più sog-

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Casco e cinture salvano la vita

Indossare il casco come mettere le cinture sono gesti che ci salvano la vita, sono il segno di una cultura della sicurezza che dobbiamo coltivare con dedizione e senso di responsabilità.

di Alessandro Raganato

“Voi che vivete sicurinelle vostre tiepide case,

voi che trovate tornando a serail cibo caldo e visi amici:

Considerate se questo è un uomoche lavora nel fangoche non conosce pace

che lotta per mezzo paneche muore per un si o per un no […]”

Primo Levi

Nonostante le belle parole e gli sforzi spesi per far sì che non si ri-petano atti di discriminazione, sem-bra quasi che questa città sia tornata a 60 anni fa, piena di paure, pre-giudizi e ostilità verso gli stranieri, uno dei tanti paesi che non riesce a liberarsi dal giogo della mafi a, do-minato da un’indifferenza verso il prossimo, da un muro di fronte alle diversità etniche e culturali.

Che cosa ne pensiamo noi giova-ni? Siamo veramente interessati a migliorare le condizioni in cui noi stessi dovremo destreggiarci nel futuro? Forse no, perché siamo abi-tuati a vivere in una sorta di “limbo” che ci porta a sentirci esclusi da ciò che succede intorno a noi.

Siamo noi a dover fare la diffe-renza! Siamo noi a dover ritrovare la ragione ormai nascosta dietro le barriere dell’egoismo: “Asfaltia-mo la strada impervia della vita!”.

gette, rispetto ad altre, ad incidenti stradali e il numero di morti:

Fascia d’età Numero di

morti

1-4 6

5-13 8

14-17 14

18-23 72

24-29 54

30-39 104

40-49 48

50-59 52

60-69 59

70-74 39

75-79 58

80-85 44

da 80 in su 25

Totale 583

Fonte: ISTAT Umbria 2009

Notiamo che, come si può benis-simo desumere, le fasce d’età mag-giormente interessate sono quelle che vanno da 18 a 23 e da 30 a 39 anni.

Vediamo adesso la situazione sul-le strade umbre (numero di inciden-ti, feriti, morti):

Anno Numero

incidenti

stradali

Feriti Morti

2003 3323 4902 107

2004 3758 5496 126

2005 3716 5346 156

2006 3728 5437 115

2007 3616 5304 102

2008 3583 5143 119

2009 3614 5107 103

Fonte: ISTAT Umbria 2009 In Umbria il 50% delle morti per

traumi da incidente stradale avviene entro i 45 anni d’età, mentre circa il 25% dei morti sono rappresentati da giovani d’età compresa tra i 14 e 29 anni. Il 25% circa dei morti sono rappresentati da giovani d’età com-presa tra i 14 e 29 anni.

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È stato bello poter constatare quan-to “Le Nuvole”, commedia scritta da Aristofane intorno al V secolo a.C., offra tuttora ottimi spunti di rifl essione e moderni messaggi per gli spettatori. Questo grazie all’interessantissima conferenza, tenuta Lunedì 8 Febbraio nell’Aula Magna della nostra scuo-la dal Professor Donato Loscalzo, a cui hanno potuto partecipare tutte le Seconde liceo e anche studenti del quarto anno provenienti da altri indi-rizzi (a dimostrazione che gli antichi hanno lasciato un’eredità importante non solo a chi ne studia nel dettaglio l’aspetto linguistico e letterario, ma a chiunque, in quanto protagonisti di un mondo completamente diverso dal nostro, che ci ha preceduto e nel quale, tuttavia, si sono sviluppate tut-te le cose che conosciamo e che or-mai diamo per scontate, ad esempio la società, come la intendiamo oggi, la fi losofi a, e, appunto, il teatro), e al-l’omonimo spettacolo teatrale, andato in scena Giovedì 11 Febbraio al Tea-tro degli Illuminati di Città di Castello e che di certo non ha deluso chi, come me e alcune mie compagne di classe, ha deciso di parteciparvi.

Sul palco, quando i personaggi prendono vita e le parole del libro di testo hanno fi nalmente voce ed espressione, ci ritroviamo improvvi-samente partecipi della commedia. Infatti il regista Antonio Latella e i suoi quattro magistrali attori Marco Cacciola, Annibale Pavone, Maurizio Rippa e Massimiliano Speziani hanno dato forma ad uno spettacolo capace di coinvolgere un pubblico del 2010, con tanto di inglesismi (la frase pre-ferita da Socrate era “follow me!”), espressioni dal mondo dei fumetti (abbiamo potuto udire uno dei disce-poli di Socrate dire “smack” e vedere lo stesso maestro aggirarsi pensoso mormorando “mumble mumble”), im-probabili analogie (nella discussione

rittura che fosse legittimo che lui lo picchiasse. Così Strepsiade, accecato dall’ira, non potrà far altro che incen-diare il Pensatoio.

Poco dopo questa scena, che chiu-de la commedia in sé, e prima che si chiudesse il sipario, tre dei quattro attori sono tornati sul palco con dei costumi da scimmia, simbolo della regressione dell’uomo alla sua condi-zione bestiale, con la perdita di ogni valore, mentre uno cantava, con voce rotta, “Povera Italia” di Battiato.

C’era un chiaro riferimento alla situazione attuale del nostro Paese, un richiamo alla coscienza politica che, nell’opera vera e propria, l’au-tore aveva pensato per gli Ateniesi del suo tempo. Aveva dunque ragione Machiavelli quando nel Principe af-fermava che la storia è “magistra vi-tae” e si ripete sempre uguale nel suo corso, poiché uguali sono gli uomini; infatti, pur con un adattamento più coerente con i gusti del nostro tempo, con la sua rappresentazione Latella è riuscito a rispettare l’intento con il quale Aristofane aveva scritto la sua commedia: far ridere per far diventare saggi.

“Le Nuvole”, moderna commedia del V secolo a.C.

di Francesca Marinelli

tra il Discorso Migliore e il Discorso Peggiore, il secondo, che ovviamente avrà la meglio, parla con il tono e le movenze con i quali Mussolini teneva i suoi discorsi dal balcone di Palazzo Venezia) e costumi e musiche decisa-mente inusuali e anacronistici (l’attore che interpretava una delle “Nuvole” è entrato in scena indossando un tutù – gli altri erano interamente in nero, con scarpe da clown – cantando in francese: un’ottima prova da soprano, direi!), ma allo stesso tempo facendo rivivere a questo stesso pubblico le atmosfere del teatro greco del V se-colo a.C., camminando qua e là per la platea e coinvolgendo gli spettatori, parlando direttamente ora con l’uno, ora con l’altro (uno dei fortunati, nella serata dell’11 Febbraio, è stato il Pro-fessor Nocchi, ndr). Era proprio così che i Greci riuscivano ad ingraziarsi il loro pubblico: facendolo sentire uno dei protagonisti.

E piano piano, durante questo spet-tacolo che in un certo qual modo po-teva ricordare un cabaret, si è delinea-ta davanti ai nostri occhi la storia di Strepsiade, contadino coperto di debi-ti per la smodata passione per i cavalli di suo fi glio, Fidippide, che chiede al ragazzo di frequentare la scuola di Socrate, il Pensatoio, perché imparas-se l’arte sofi sta di poter vincere, con la dialettica, anche le cause ingiuste: “Da loro si trovano entrambi i discor-si, quello peggiore e quello migliore, quale che sia. Dicono che il peggiore ha la meglio anche se ha torto” (vv 112-115).

In questo modo intendeva sfuggire ai propri creditori, raggirandoli con i discorsi insegnati dal fi losofo: per imparare, egli dice, si dovranno ab-bandonare i vecchi dèi (rappresentati proprio per questo come scheletri) e affi darsi alle Nuvole. Ma Fidippide utilizzerà quegli stessi insegnamenti contro il padre, convincendolo addi-

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Aristofane e la coscienza civile

Corruzione e indifferenza: questa è la denuncia etico-politica che emer-ge dalla commedia di Aristofane. In un’ Atene democratica, lentamen-te scalpellata dalle ingiustizie della corruzione politica, Aristofane tenta di disincantare e disilludere i suoi concittadini: la colpa di tutte le loro disgrazie non ricadeva altro che su loro stessi.

CORO, LE NUVOLE: “Te li sei pro-cacciati da te stesso, i guai, dandoti all’arte del briccone!”

L’interpretazione del professor Loscalzo (Università di Perugia) a proposito del messaggio civile delle Nuvole è sicuramente anticonfor-mista, anche se sorprendentemente attendibile. La condanna di Aristofa-ne non si scaglierebbe quindi contro l’immoralità spregiudicata e bugiarda di Socrate, che insegna a ingannare il prossimo a proprio vantaggio, e nem-meno contro la corrotta ambizione dei potenti, che tentano di trasforma-re la polis in un burattino nelle loro mani. La lamentela di Aristofane è invece tanto contro coloro che fanno uso del Discorso Ingiusto insegnato-gli dal “maestro dei sofi sti” (che in realtà sofi sta non era), quanto contro la superfi ciale volontà dei cittadini di rimanere ignoranti e di continuare a lamentarsi della crisi, incolpando qualcun altro che non fosse se stessi. Aristofane vuole risvegliare la co-scienza politica. Se i politici sono in carica, è perché qualcuno li ha eletti: allora la colpa dell’immoralità che ha distrutto la polis non è di Socrate e dei suoi insegnamenti contrari alla giustizia, ma è del popolo, che distor-ce la verità facendo un uso sbagliato del nuovo (ovvero delle nuove dottri-ne fi losofi che, come appunto quella di Socrate). Alla fi ne della commedia chi rimane sconfi tto e demoralizza-to è Strepsiade, emblema dell’uo-

che rimane lo stesso dall’inizio alla fi ne dello spettacolo, anzi, la sua ignoranza e la sua ingenua e incan-tata visione della realtà si solidifi ca. Un personaggio comico, che fa ride-re, che solo a guardarlo fa pensare a che livello possa arrivare la stupidità umana. Quando dimostra di non riu-scire a inserirsi nel mondo dei fi losofi a causa della sua assente capacità di ragionare, siamo mossi a pietà verso un pover’uomo che “tanto si sforza” ma che non riesce: appare come una povera e divertente vittima del desti-no. Lui stesso si considera un imbro-gliato, e quando chiede spiegazione delle sue sciagure alle dee Nuvole esse rispondono:

CORO, LE NUVOLE: “Sempre così facciamo, a chi vediamo che piglia gusto a fare birbonate, fi nché poi lo

“Rifi utare di avere delle opinioni è il modo di averle”. [Luigi Pirandello]

di Ester Giorgi

La prima edizione dell’opera in lingua italiana, fu pubblicata a Venezia nel 1545 col titolo Le nebule.

cacciamo in qualche guaio, sì ch’egli impari a rispettare i Numi!”

L’innocente ingannato che diventa il colpevole. L’umorismo si trasfor-ma in dramma quando, incolpando i fi losofi di tutti i suoi peccati civili, morali e etici, incendia la scuola dei fi losofi : la corruttrice che l’aveva in-dotto a sbagliare. Un modo per sfug-gire dalle proprie responsabilità, un modo per auto convincersi che la col-pa di tutte le disgrazie avvenute non è la propria. È l’indifferenza della mas-sa che distrugge la democrazia. È la leggerezza e la volontà del popolo di essere e rimanere ignorante, che fa salire al potere uomini astuti, diso-nesti e corrotti. Se i politici usano a proprio piacimento leggi, se stravol-gono la verità, se modellano lo stato a proprio interesse, ma soprattutto, se tali politici rimangono in carica sen-za che nessuno si svegli, si alzi, inter-venga, la colpa è solo del disinteresse di chi viene governato. La democra-zia è libertà, libertà è essere cittadini, non sudditi.

“Occorre compiere fi no in fondo il proprio dovere, qualunque sia il sa-crifi cio da sopportare, costi quel che costi, perché è in ciò che sta l’essen-za della dignità umana.” [Giovanni Falcone]

mo comune, il cittadino medio, che compromette la politica rendendola corrotta per mezzo delle sue scelte sbagliate. Un personaggio statico,

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di Deborah Galasso

Il social network è un collante di contatti e di momenti di vita, un nuovo mezzo di comunicazione che, soprattutto nel corso di quest’ultimo anno, si è impossessato prepotente-mente delle nostre vite. Esso è un fenomeno in continua espansione, alimentato dal bisogno umano di co-municare e stabilire nuove amicizie.

Facebook, Twitter, My Space, Friendster sono solo alcuni dei so-cial network più gettonati, almeno per il momento; infatti, da quanto risulta da un sondaggio della Niel-sen, la popolarità di queste piatta-forme sociali è fugace e transitoria, spesso essa si consuma in un anno o poco più.

Il più noto social network del mo-mento è sicuramente Facebook ,che conta ben 300 milioni di utenti in tutto il mondo; esso consente di far sapere agli altri in ogni istante cosa pensiamo, di condividere foto, link, video e gruppi.

Ma da cosa nasce esattamente questo bisogno di renderci sempre rintracciabili al mondo, di far sì che la nostra vita privata non sia più tale? Forse la vanità, la paura della solitu-dine o più semplicemente l’esigenza

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Facebook e gli altri social networks:

la rivoluzione della comunicazione

di unirsi al “branco”, perché ormai chi non ha Facebook è quasi consi-derato fuori moda.

Solo il 22% dei principali “abi-tanti” dei social network ha af-fermato di conoscere bene tutti i contatti presenti nelle proprie reti sociali. Questo ci fa dedurre che il fenomeno dei social network stia dando il via ad un passaggio epo-cale, ovvero alla trasformazione dei modi in cui comunichiamo con gli altri. Non a caso spesso i rapporti sociali cominciano proprio in rete, per concretizzarsi solo successiva-mente nella vita reale, sfociando talvolta in situazioni assurde come il fi danzamento tramite Facebook con persone mai viste prima.

Il social network ci sta privando delle nostre emozioni, come le liti-gate vere o le dichiarazioni d’amore fatte di persona e non tramite “sta-ti”. Sta diventando forse uno scu-do per codardi? Solo se vogliamo parlare di casi estremi. Basterebbe infatti soltanto fare un uso mode-rato di questi social network, senza perdere di vista quella che è la vita reale. E in questo caso ben vengano Facebook, Twitter, My Space ecc.

I social network, infatti, sono un grande strumento, bisogna solo sa-perli utilizzare correttamente e con estrema attenzione, senza diventar-ne dipendenti.

Ma quali sono i pericoli di Face-book e degli altri social network? Essi intaccano prevalentemente la nostra privacy: infatti ampia parte degli utenti non sono consapevoli che le informazioni da essi condi-vise on-line sono a disposizione di qualsiasi malintenzionato voglia farne cattivo uso. Anche in questo caso però tutto sta nelle mani del-lo stesso utente, che deve decidere coscienziosamente chi far parteci-pe della propria rete e non fi darsi del primo sconosciuto che capita. È cronaca recente il caso di una ra-gazza di tredici anni adescata pro-prio su Facebook e successivamente violentata da colui che lei riteneva un “amico”.

Impressioni di Febbraio

di Giorgio Ramaccioni

Quando mi sono iscritto in IV ginnasio, indirizzo PNI, nutrivo del-le aspettative ben precise: ero attrat-to dalla prospettiva di studiare, oltre alle discipline tipiche di un Liceo Classico, quali il latino e il greco, materie proprie di scuole a sfondo scientifi co. Penso infatti che queste branche del sapere siano comple-mentari l’una all’altra, come già i Greci, millenni fa, ci insegnavano.

Dall’analisi degli antichi idiomi ci deriva una maggiore consapevolez-za riguardo alla nostra lingua madre, peraltro sensibilmente infl uenzata dal greco antico e dal latino. Con lo studio della matematica e della fi si-ca si acquisiscono un pragmatismo ed un’elasticità mentale utili in ogni contesto, scolastico e non. Il primo giorno di scuola ho recepito la netta sensazione di venire sbalzato da una

realtà ancora infantile, come quella della Scuola Media, appena lasciata alle spalle, in una più matura e defi -nitiva, in quanto frutto di una scelta autonoma e motivata. La classe mi è immediatamente apparsa numerosa, affollata ed eccitata, come un uffi -cio postale in un giorno di scaden-ze. I gruppi di amici di vecchia data, restii ad un’immediata socializza-zione con ragazzi sconosciuti, si

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Follia come condizione umana

di Silvia Palmi

“La follia è una condizione uma-na. In noi la follia è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla. Il manicomio ha qui la sua ragion d’essere”

Franco Basaglia

Non è semplice capire che anche chi è “pazzo” è umano, anche chi per qualche fortuita occasione si sia al-lontanato da sé e sempre più dagli al-tri è degno di rispetto e come chiun-que merita di avere la possibilità di riprendere in mano la propria vita e viverla. Partendo da questo principio di uguaglianza Franco Basaglia si impegnò per l’approvazione e conse-guente applicazione della sua legge, che poi in realtà sarebbe diventata di tutti.

La legge 180, Accertamenti e trat-tamenti sanitari volontari e obbliga-tori, del 13 maggio 1978, nota anche come legge Basaglia (dal nome del suo promotore in ambito psichiatri-co Franco Basaglia) impose la chiu-sura dei manicomi e regolamentò il trattamento sanitario obbligatorio, istituendo i servizi di igiene mentale pubblici. Infatti nel ‘60 il mondo era molto diverso da quello di oggi, gli stessi manicomi apparivano diver-si. Erano come una sorta di carcere, dove parenti e istituzioni cercavano di abbandonare quelle persone so-cialmente scomode, improduttive e per questo fastidiose per il “sistema”, quali ad esempio i diversamente abi-li, i malati mentali, gli omosessuali, le ragazze poco in sintonia con il mondo e i costumi del tempo. Era una sorta di “parcheggio” per quelle anime defi nite vuote, non perché lo fossero veramente, ma perché non si era mai riusciti a sentirne il minimo rumore, il più piccolo respiro. Il ma-nicomio assumeva così un ruolo di controllo a livello sociale della “de-vianza” (=grave patologia), in qual-siasi senso essa possa essere intesa.

I metodi adottati non erano certo dei più umani e state certi che chi non era matto, ma magari solo presunto, lì lo diventava davvero. Così i loro corpi e anime venivano torturate ed è lì e non tanto per la loro stes-sa pazzia che i malati iniziavano a morire, rimanendo legati a un letto, con elettroshock, con bagni caldi e freddi, con le botte che abbassavano ad un livello insopportabile il loro essere uomini e donne. La loro con-dizione veniva così peggiorata e non migliorata sulle orme della legge del 1904, che dichiarava che il malato di mente è pericoloso per sé e per gli altri. Ma in tal modo si cercava di sopprimere un male più che cercare di limitarlo e affrontarlo con mosse civili. Lo capì Basaglia, che sostenne fermamente che l’uomo malato è sof-ferente e ha bisogno di aiuto, datogli in una comunità terapeutica, per poi poter essere reinserito gradualmen-te nella società. Non è facile capire oggi quanto di buono ci fu in questa legge, che piano piano si diffuse in tutta Italia. Con tale provvedimento si ribadì un principio che ancora oggi resta diffi cile da recepire, che chi è diverso non è per forza pazzo, e chi lo fosse realmente dovrebbe essere aiutato più che discriminato. È essen-ziale sottolineare soprattutto l’aspet-to umano di questa legge: non è da sottovalutare che per la prima volta, ad esempio, si iniziò a considerare davvero anche quei malati come uo-mini, come lavoratori che iniziarono ad imparare un mestiere e ad essere pagati per quello che facevano. Tutti iniziarono a sentirsi importanti e non un ‘nulla’ come qualcuno li aveva de-fi niti. Cominciarono ad aprire le por-te alla propria creatività, ad esprime-re i propri giudizi, a parlare dei loro problemi per quanto banali potessero essere, e soprattutto iniziarono ad es-sere ascoltati. Ci tenevo a ricordare questa legge a chi già ne era a cono-scenza, a spiegarla a chi non ne ave-va mai sentito parlare…in un mondo in cui la diversità diventa sempre più un peso.

appropriavano dei banchi secondo uno schema stabilito da lungo tem-po e, in molti casi, causa circostan-ze estemporanee, quali la presenza di un ospite non gradito, di impos-sibile realizzazione. Essendo la mia classe articolata, la sua composizio-ne mi è rimasta ignota fi no al primo giorno di scuola: per questo motivo mi sono adeguato alle preferenze dei miei compagni, accontentando-mi di un banco centrale, direttamen-te esposto al controllo dei profes-sori, poco propizio a chiacchierate clandestine nel corso della lezione. I nostri mentori, mascherando una lieve emozione, si sono presentati a noi alunni promettendo severità e ri-chiedendoci un impegno costante e profi cuo per l’arco del biennio, con-fi dando nella nostra maturità e nel-la nostra disciplina. A quasi cinque mesi da quel fatidico Quattordici Settembre, gli insegnanti proseguo-no nel sottolineare, con rinnovato ardore, come uno studio consapevo-le sia alla base di una buona riuscita scolastica e culturale. Il mio banco è rimasto immutato, mentre i miei compagni, dopo reiterate variazio-ni di posto, sembrano avere ormai tracciato una mappa, pressoché in-delebile, della classe.

Poesie

Aquiloni del passato

Ricordo di aquiloni …

che volavano spensierati in cielo...

ricordo di aquiloni...

che guardavano felici i nostri occhi...

i tuoi occhi...

scuri,

sinceri...

innocenti.

E non dimentico...

del nostro sogno di giovani rubato...

di aquiloni del passato. Eugenia Ricci

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Un romanzo incalzante. Uno scenario apocalittico. L’impiego di armi tecnologicamente so-fi sticatissime. Colpi di scena e incredibili intrighi politici destinati a cambiare il mondo che noi conosciamo, il tutto sapientemente diretto da due maestri del romanzo d’azione del calibro di Tom Clancy ( famoso anche per i videogiochi Ubisoft ispirati ai suoi romanzi, come “Splinter Cell” e “Ghost Recon”) e David Michaels. La trama sembra banale: la solita lotta tra Russia e Stati Uniti, con l’Europa in mezzo che fa la parte del cane bastonato, bar-camenandosi come può tra le grandi potenze… insomma, il solito brodo. E invece no! Ma-gistralmente orchestrato, questo romanzo, ambientato in un futuro prossimo (2020), inscena il terzo confl itto mondiale. Il lettore si troverà immerso in pagine che raccontano scontri a fuoco mozzafi ato, formidabili armi e incontri politici internazionali segreti, il tutto attraver-so una scrittura piacevole e scorrevole, fl uida, che rende facile e particolarmente gradita la lettura. Le azioni frenetiche sono intervallate da numerose sequenze più lente, con l’obietti-vo di distendere il lettore, senza però risultare pesanti e allungare inutilmente la lettura: ogni pagina sarà fondamentale. Tra palazzi in fi amme, taighe sconfi nate, lotte all’ultimo sangue, i soldati protagonisti, capitanati dall’intrepido ed eroico Sergente Nathan Vatz, saranno pe-dine di uno scacchiere ben più complesso e oscuro di una semplice guerra, che sarà rivelato

ENDWAR

di Tom Clancy

Casa editrice: BUR-RizzoliAnno di pubblicazione: 2008N. pagine: 309 Prezzo di copertina: € 10,00

La Bacheca del Lettore a cura di Roveno Valorosi

di Michele Bravi, Marta Ceccarelli, Clementina Chiarini

“Stai per cominciare a leggere un libro. Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni altro pensiero. Lascia che il mondo che ti cir-conda sfumi nell’indistinto. La porta è meglio chiuderla; di là c’è sempre la televisione accesa. Dillo subito, agli altri: “No, non voglio vedere la televisione!”. Alza la voce, se no non ti sentono: Sto leggendo! Non voglio essere disturbato!” [Italo Calvino]

Leggere crea una realtà parallela, che è il risultato della voglia di evadere da un mondo che non ci soddisfa o ci annoia. Quando si legge si partecipa ad un’altra vita. Niente però è più egoista della lettura: essa infatti imprigiona il lettore al suo interno, alimentando la sua voglia di scoprire. Il suo aspetto più importante è accrescere il personale bagaglio culturale, viaggiando tra i temi più vari, affacciandosi tra le realtà più illimitate e allo stesso tempo intri-candosi con le storie più romantiche, tragiche e fantastiche. E solo quando un libro suscita in noi queste sensazioni ha il diritto di chiamarsi tale.

“Un Uomo” è uno di quei libri che deve aver necessariamente impresso un’impronta indelebile nella vita di chi ha avuto il piacere di scoprirlo.

La narrazione della lotta politica e umana di Alekos Panagulis, il protagonista e personaggio realmente esistito, è un inno ad una libertà platonica non abbastanza goduta, senza limiti e senza alcuna politica restrittiva che possa portare il singolo ad una disintegrazione morale e fi sica. Unito ad un’avvincente trama d’amore,forma una perfetta combinazione che descrive l’eroe moderno in continua lotta con l’incoerenza che caratterizza una folla acefala. Considerato da tutti un romanzo ideologico – politico quanto un romanzo reale – è un libro adatto ad un pubblico giovanile, nel pieno rispetto delle loro idee e dei loro principi.

Non lasciatevi infl uenzare “dall’ingombrante presenza” che può tendere in inganno, ma fatevi trasportare dalle emozioni di un uomo che si trova a dover combattere con la solitudine del proprio io e che lotta con l’indifferenza di un popolo egoista.

“E credere nell’uomo signifi ca credere nella sua libertà. Se è vero che gli uomini non sanno che farsene della libertà, viviamo in mezzo a tante bestie. La libertà è un dovere prima che un diritto”. [Oriana Fallaci]

al lettore nel fi nale con un colpo di scena brillante e sconcertante. E’ una lettura consigliata a tutti coloro che già amano il genere fantascientifi co, ma anche a chi vuole avvicinarsi a questo genere tutt’altro che secondario. Un libro piacevole, che alterna momenti di tensione ad altri più rilassanti. Una storia interessante coordinata perfettamente in ogni sfaccettatura e in ogni vicenda. Inoltre lo “spessore” è accessibile a tutti, anche a coloro che si fanno spaventare dai “mattoni”: infatti, pur con le sue “grasse” trecento pagine, il libro è leggibile anche per i più pigri. Questo romanzo non è certo immune alle critiche: i personaggi sono poco sviluppati, piatti, a volte poco credibili, mancano spesso situazioni d’attrito scaturite da caratteri contrastanti (assai più diffuse in una truppa che tra ipocriti burocrati…); inoltre un altro difetto è la visione “americano-cen-trica”, che fa sì che il lettore veda la situazione da un punto di vista “fi lo-americano” e sia costretto a giudicare riprovevoli i comportamenti dei russi antagonisti…ma è risaputo: gli americani sono infallibili. Non c’è comunque da temere, alla fi ne del libro non urlerete a squarciagola “U.S.A.! U.S.A.!”.

L’eroe è solo un uomo!

Odissea di un eroe moderno che rifi uta l’imposizione mentale di una dittatura fascista

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“Prom Night”

Rudimentali istruzioni per l’uso

Inconfutabilmente il tradizionale veglione d’istituto è il progetto che più ci coinvolge e ci attira, sebbe-ne, bisogna ammetterlo, le passate edizioni di questa serata non siano proprio rimaste impresse nei nostri ricordi come qualche cosa di me-morabile; anzi, hanno contribuito ad intrappolare l’identità del liceale in luoghi comuni, facendo sì che la nostra immagine sia collegata quasi esclusivamente al mondo classico, gli dei dell’Olimpo e qualche slo-gan in greco antico. L’intento mio e di Lorenzo Pierini è dunque quello di “intervenire” con una sostanziale azione di svecchiamento nell’orga-nizzazione del veglione di quest’an-no. L’idea del Prom è nata proprio dalla volontà di dissociarci dalla banalità di certi stereotipi, e benché la proposta della serata a tema fos-se già stata sostenuta in campagna elettorale dalla mia lista, solo poco tempo fa, durante uno scambio di opinioni con un mio compagno di classe, Filippo, che voglio ringra-ziare ancora, è stato elaborato il suddetto progetto, che prossima-mente sarà forse anche il protago-nista dello “School night”, evento che annualmente è organizzato da-gli istituti della vicina San Sepol-cro. Dunque per realizzare il nostro veglione, che come già comunicato si terrà sabato 6 marzo presso il lo-cale Formula disco, ci siamo voluti ispirare ai tipici balli che si tengono nelle High Schools d’oltreoceano, quelli che siamo soliti ammirare, o perlomeno che abbiamo impa-rato a conoscere grazie a fi lm cult come “Footloose”, ma anche ad altri molto più recenti come “Twili-ght”. Dicendo ciò voglio far bene intendere che, essendo una serata a tema, ci sono delle piccole regole da rispettare, dato che senza di que-ste si dissolverebbe completamente

lo spirito del Prom. Per prima cosa vi invito ad una discreta eleganza: non pensate cioè di dover obbligato-riamente ricorrere ad abbigliamenti come smoking o abiti da gala (come già si rumoreggia nei corridoi), ma nemmeno all’opposto, ovvero felpe o t-shirt; mi affi do al vostro buon senso e proseguo ricordandovi il se-condo cardine della serata, ovvero l’entrata a coppie. Quest’ultima sarà semplifi cata anche dall’attuazione di particolari prevendite, ognuna delle quali è disponibile al costo di 20 euro ed include due ingressi e due bevute, ovviamente da con-dividere con la dama o il cavaliere che ci accompagnerà alla festa. Ma come il titolo dell’articolo sottoli-nea, questa è solo una spiegazione sommaria della serata, una modesta presentazione, dato che c’è ancora molto da defi nire, dalla modalità dell’immancabile elezione del re e della reginetta del ballo, alla grafi ca per biglietti e locandine, alla possi-bile (ma più che mai utopistica per motivi economici) distribuzione di

di Kadija Benlahcen

particolari gadget, fi no alla scelta d’impiegare anche musica alternati-va al solito house, forse poco adatto all’evento. Essendo comunque sicu-ra che un sottile velo di “mistero” non guasterà né l’atmosfera né le aspettative inerenti al Prom, ora mi preme render noto che è stato grazie alla collaborazione e alla disponibi-lità di alcuni miei compagni, in par-ticolare Giulia Volpi e Andrea Bic-cheri, se l’organizzazione di questo veglione è stata (almeno fi no ad ora!) effi cace, seppur impegnativa. Chiudo confi dandovi il mio profon-do desiderio di vedervi partecipare in numerosissimi all’evento, spe-rando ovviamente che non vi lasci delusi!

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Sensazionale scoop del nostro giornale:

scoperta una traccia dell’esame di maturità!

L’Intellighenzia del nostro Liceo ha individuato una delle tracce della Prima Prova di Italiano. Per i nostri studenti l’Esame è da considerarsi fatto.

di Massimo Riserbo

Questo sì che è giornalismo d’as-salto. La longa manus di PLINEWS si è introdotta nei reconditi recessi del Ministero dell’Istruzione e ha carpito le tracce dell’Esame di Sta-to, eludendo la stretta sorveglianza destinata ad atti di così tanta impor-tanza. Crediamo essere opera pia diffondere la nostra scoperta presso i nostri maturandi, perché non è giu-sto che essi studino e si impegnino con zelo ed abnegazione a danno della salute ed a scapito del diver-timento: non è questo che abbiamo insegnato loro in tutti questi anni.

Veniamo al dunque. Per quanto concerne la prova di italiano, i do-cumenti in nostro possesso riguar-dano la Tipologia A, un’analisi di una poesia di un anonimo autore del Novecento, i cui versi richiamano alla mente i profumi e i sapori delle nostre terre, evocano appetiti a sten-to tenuti a freno, stimolano le papil-le gustative della conoscenza.

Panegirico animale:

ODE AL MAIALE

(versi liberi)

O Maiale, animale eccezionale!Di te pure la cotenna ha il valore

di una strenna.La salsiccia del suino ha qualco-

sa di divino;e che dire del prosciutto, per il

quale farei tutto!Non mi scordo del lombetto,

solo, o con l’olio in un vasetto.Con il pan la mortadella

s’accompagna con fi erezza,come brezza il suo sentore

impregna l’aere e la fi atella!Ma di tutti il prediletto

é il cicciolo divino:o col dito o col cucchiaio

me ne mangio un centinaio!

1. Comprensione del testo

1.1 Qual é il tema centrale della lirica?

2. Analisi del testo

2.1 Il testo si apre con una appas-sionata invocazione: quali sono gli elementi che inducono il poeta a considerare il suino un dono del cielo?

2.2 Quali aggettivi e quali immagini connotano l’animale?

2.3 Qual é lo stato d’animo dell’io lirico?

2.4 Si analizzi l’impianto sintat-tico: predomina la paratassi o l’ipotassi?

2.5 Quali sono le peculiarità del lessico?

3. Interpretazione complessiva e

approfondimenti

La lirica colpisce per il tripudio di sensazioni olfattive e gustative che immediatamente suscita. L’ano-nimo autore, con perizia sopraffi na, affronta la tematica suina con uno stile prezioso ed affettato. L’io liri-co si perde nell’acquolina che i ver-si secernono ed il lettore, con panica partecipazione, vede nel porcello il simbolo del proprio naturale appe-tito. Il testo lascia una scia intensa e fragrante, che seduce e conquista soprattutto l’uomo senza il coleste-rolo. Dunque il suino diventa sim-bolo, metafora di insaziabile bramo-sia, specchio impietoso dell’uomo moderno.

Sulla base di queste indicazioni, il candidato metta in luce le pecu-liarità tematico-stilistiche di questo testo rispetto al modello rappresen-tato dal Simbolismo.

4. Documenti allegati:

1hg di prosciutto crudo nostrano di tipo ‘toscano’ (saporito e ben pepato); 1 hg di mortadella di tipo ‘Bologna’; un vasetto di lombetto sott’olio; uno ‘scartoccino’ di cic-cioli ben strizzati; n° 5 fette di pane cotto a legna; ¼ di vino rosso della casa. Coperto incluso nella docu-mentazione ministeriale.