Pilastro Nodo Umido_Quaderno Tecnico 2

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02 QUADERNI TECNICI magazine PILASTRI PREFABBRICATI A NODO UMIDO: L’ANELLO DI CONGIUNZIONE

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I pilastri prefabbricati a Nodo Umido di CSP Prefabbricati nel sistema SMQ.

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QUADERNI TECNICI

magazine

PILASTRI PREFABBRICATI A NODO UMIDO: L’ANELLO

DI CONGIUNZIONE

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PILASTRI PREFABBRICATI A NODO UMIDO: L’ANELLO DI CONGIUNZIONE

LE STRUTTURE INTELAIATE IN C.A.Strutture in c.a. in opera

Le strutture in cemento armato devono il loro successo e la loro diffusione a molti fattori:- duttilità d’impiego;- tecnologia relativamente semplice;

- monolitismo;- iperstaticità;- duttilità strutturale;- attrezzatura fissa modesta;- logistica adattabile;- mezzi di sollevamento leggeri.I limiti sono pochi ma molto precisi:- tempi relativamente lunghi di realizzazione in cantiere;- alti costi quando la struttura diventa impegna-

tiva.

I PILASTRI PREFABBRICATI PLURIPIANO A NODO UMIDO NEL SISTEMA SMQ

Il pilastro prefabbricato a nodo umido viene innanzitutto realizzato in stabilimento, con un calcestruzzo di classe C50/60, e presenta un’ottima finitura superficiale.Inoltre, nella progettazione e nella produzione, è prestata particolare cura alla disposizione dell’arma-tura verticale al fine di garantire la totale compatibilità geometrica sia con le travi e le armature oriz-zontali convergenti al pilastro sia con i dispositivi e le armature di ancoraggio predisposti in fondazione.

CONNESSIONE IN FONDAZIONE: TIPOLOGIE E PROGETTAZIONEConnessione alla fondazione con ferri di ripresa e guaina

In questa prima tipologia, la solidarizzazione viene ottenuta attraverso l’inserimento di malta antiritiro ed a resistenza controllata in appositi innesti, coincidenti con i ferri di chiamata collocati nell’elemento prefabbricato in fase di produzione (guaine corrugate).Due sezioni caratteristiche e particolarmente critiche di questa tipologia (atipiche rispetto al c.a. standard) risultano essere la sezione di attacco in fondazione e la sezione di compresenza di ferri di chiamata e armatura dell’elemento prefabbricato.Normalmente in un pilastro in opera abbiamo la sovrapposizione dei ferri d’attesa e dei ferri della gabbia di piano. Comunque e sempre, cioè si ha una sovrapposizione dei ferri della gabbia con i ferri d’attesa ma la sovrapposizione dei ferri avviene ad ogni piano mentre in un PNU tale sovrapposizione avviene solo al piede di un singolo concio pluripiano, con una armatura complessivamente molto più lineare. Soluzione che comporta diversi benefici quali: minor utilizzo di ferro (poiché ad ogni sormonto i ferri vengono contati 2 volte), qualità maggiore e più controllata (perché il sormonto non è lasciato alla minore precisione del cantiere), risparmio di tempo e di tiri di gru.L’apparente limite di dover avere le guaine in punti fissi, poi, comporta di dover adottare una precisione particolare che diventa automaticamente un punto di forza poiché si è certi della posizione dei ferri di ripresa a fronte di ciò che avviene di solito in cantiere.La sezione di attacco in fondazione (nella figura 7, Sez. A-A) è interamente costituita dalla malta e dai ferri di chiamata; in fase di montaggio vengono aggiunte una o più staffe per garantire l’effetto di confinamento alla zona così definita.

Prefabbricazione integrale e sua regressione verso il monolitismo

Per ovviare ai limiti del c.a. tradizionale, negli anni 50/60 nasce il prefabbricato integrale, caratterizzato da una serie di manufatti che si compongono tra loro

in modo non monolitico ma isostatico.Nei campi di applicazione appropriati, i vantaggi risultano evidenti:

- grande velocità di costruzione e costi contenuti per gli edifici industriali monopiano e per strutture pluripiano con grandi luci e sovraccarichi di piano.

D’altro canto risultano altrettanto evidenti alcuni limiti:- obbligatoria regolarità degli elementi strutturali dovuta ai casseri predeterminati;

- difficile adattabilità del sistema ad edifici di forme complesse;- elementi strutturali con spessori importanti, in particolar modo nei nodi.

Con l’arrivo di normative antisismiche molto stringenti, sia in termini di resistenza ma ancora di più in termini di deformabilità, è sorta la necessità di far diventare monolitico ed iperstatico anche il sistema prefabbricato integrale, obbligandolo a forzare la propria natura e regredire al getto integrativo, che non è nel suo DNA, con un forte impatto sulla sua efficienza e sui suoi costi di produzione.

Prefabbricazione per componenti, monolitica per natura, e sua evoluzione

Il sistema in c.a. tradizionale monolitico ha avuto anche una evoluzione naturale e migliorativa che sintetizza il meglio della prefabbricazione e del getto in opera. Considerando irrinunciabile il monolitismo ma cercando comunque di velocizzare ed industrializzare il cantiere, anche se molto variabile e quindi poco standardizzabile, verso la metà del secolo scorso si assiste ad una progressiva evoluzione di elementi costruttivi prefabbricati monolitici in maniera nativa (travi PREM e pilastri tubolari in acciaio riempiti in calcestruzzo), fino alla massima evoluzione rappresentata dal pilastro a nodo umido (PNU).Il PNU altro non è quindi che il naturale completamento di un sistema di prefabbricazione parziale per componenti, con getto integrativo, che ha come missione naturale la realizzazione del monolitismo strutturale dopo il getto integrativo.

Figure 1, 2, 3Nodi monolitici tipici del sistema costruttivo SMQ

Il pilastro a nodo umido: l’anello di congiunzione

Il PNU si è quindi inserito storicamente, nell’evoluzione della tecnologia, come l’anello di congiunzione di un sistema di prefabbricazione che è progredito e di un altro che è regredito. Il pilastro come ele-mento strutturale è lo stesso, ma questo può abbinarsi a componenti leggere come le travi PREM e realizzare un nodo monolitico nativo a tutti gli effetti, oppure a pesanti travi prefabbricate con problemi di connessione al nodo molto complessi e costosi.

IL SISTEMA COSTRUTTIVO SMQ: IL PIU’ COMPLETO

La prefabbricazione spesso riesce a rispondere meglio e più velocemente alle richieste di un mercato, quello dell’edilizia, dove i costi della posa in opera e le tempistiche di cantiere rappresentano due elementi fondamentali per la buona gestione d’impresa. Chi lavora da anni, nella progettazione di soluzioni prefabbricate in acciaio e miste, questo lo sa e si impegna per sviluppare tecnologie sempre più adattabili alle diverse situazioni progettuali, come è per il sistema costruttivo SMQ.Elementi fondamentali del Sistema Misto di Qualità (SMQ) sono le travi PREM ed i Pilastri Cerchiati Misti (PCM) brevettati, entrambi completati in cantiere con getti di calcestruzzo in opera.Infatti, la caratteristica di cui le travi PREM godono, cioè il fatto di essere autoportanti in fase di posa, è garanzia di rapidità di montaggio e di sicurezza per gli operatori in cantiere. L’autoportanza, in questo caso nativa, comporta una riduzione dei momenti di continuità ai nodi in quanto sgravati dagli effetti dei pesi propri strutturali: i nodi risultano pertanto meno sollecitati e quindi più facilmente realizzabili.Ad oggi il sistema costruttivo SMQ è l’unico in Italia in grado di offrire la gamma completa di tutte le Travi Prefabbricate Reticolari Miste PREM, cioè con fondello in acciaio, in calcestruzzo o senza fondello, realizzate con qualsiasi tipo di acciaio, liscio o nervato, e di qualunque categoria strutturale prevista dalle norme attuali (composte acciaio calcestruzzo, in cemento armato o miste) ed a tutte le tipologie di pilastri a nodi monolitici. Oltre ai PCM, le travi PREM sono abbinabili a pilastri gettati in opera e prefabbricati di ogni genere: misti, in c.a.v. a nodo umido con sezione quadrata, rettangolare ed ottagonale o centrifugati e a tutti i tipi di solaio prefabbricato (predalles, alveolari, ecc.).

La sezione di compresenza di chiamate ed armatura interna del pilastro (nella figura 7, Sez. B-B) si differenzia rispetto alla sezione C-C, per la presenza delle guaine corrugate riempite di malta e della doppia armatura (gabbia + ferri di ripresa).È inoltre necessario che i ferri di chiamata inseriti in fondazione presentino una lunghezza sufficiente per trasferire le tensioni al pilastro attraverso le guaine.La zona di collegamento del pilastro con le fondazioni, (sezione A-A e sezione B-B), risulta particolarmente critica in quanto va verificata con sollecitazioni amplificate per tenere in considerazione i concetti di sovraresistenza introdotti dalle recenti normative per strutture in zona sismica.

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La connessione alla fondazione con “scarpa” prefabbricata

Il collegamento dei pilastri, sia in corrispondenza delle fondazioni sia in corrispondenza della giunzione fra diversi conci dello stesso pilastro, può avvenire anche con una metodologia che prevede l’impiego di inserti in acciaio comunemente denominati “scarpa” (Fig. 8) di seguito descritto.Durante la realizzazione delle fondazioni si deve posizionare nella gabbia di armatura un gruppo di tirafondi che, con l’ausilio di una dima metallica, sarà posizionato facilmente e con altissima precisio-ne. I tirafondi sono costituiti da elementi in acciaio con una parte filettata all’estremità superiore che fuoriesce dal getto delle fondazioni e nella parte inferiore, con elementi aventi risalti o sagomature atte a garantire l’ancoraggio anche con ingombri ridotti.

Nel caso in cui gli inserti “scarpa”, disponibili con molteplici caratteristiche di resistenza, non risulti-no sufficienti al trasferimento delle azioni di progetto il sistema può essere integrato con l’utilizzo di armature aggiuntive quali ferri di chiamata con guaine corrugate inserite nei pilastri, senza perdere i vantaggi offerti dal sistema: assenza di puntellazione e sbadacchiatura.Alla base del pilastro, la connessione è composta da una piastra sagomata e ancorata nel pilastro for-nito di un alloggiamento per il tirafondo (Fig. 9)

Mensola in c.a. provvisoriaQuesta soluzione fornisce una portata sufficiente solo per i carichi di prima fase mentre i carichi di seconda fase saranno trasmessi diret-tamente al nucleo del pilastro tramite le armature integrative delle travi ed il calcestruzzo. La soluzione è relativamente semplice e poco impattante sul piano degli ingombri geometrici.

Mensola in c.a. definitivaQuesta soluzione permette di sostenere sia i carichi di prima che di seconda fase grazie alle maggiori dimensioni e ad adeguate arma-ture predisposte nelle mensole. Alle armature integrative delle travi convergenti al nodo ed al getto integrativo è lasciato solo il compito di garantire il monolitismo per la trasmissione dei momenti al pilastro ed alle altre travi convergenti nel nodo.

Mensola a recuperoE’ una mensola provvisoria in acciaio posata su boccole con eccentri-co in grado di sostenere i cosiddetti carichi di prima fase sino all’av-venuta maturazione del calcestruzzo integrativo gettato in opera, dopo di che può essere facilmente rimossa e riutilizzata. Un notevole vantaggio di questa tipologia consiste nel non presentare, al termine della costruzione, alcun ingombro all’intradosso delle travi.

Mensola a rastremazioneViene realizzata con la semplice rastremazione del pilastro all’inter-piano. E’ sicuramente la soluzione più naturale ma, purtroppo, per poter essere realizzata devono coesistere compatibilità geometriche e di carico piano per piano, cosa non sempre possibile. Infatti quan-do sono presenti numerosi livelli le dimensioni alla base del pilastro possono diventare rilevanti per permettere il susseguirsi delle ra-stremazioni fra piano e piano, situazione non sempre compatibile con le esigenze architettoniche.

MENSOLE DI PIANO: TIPOLOGIE E PROGETTAZIONE

Nodo strutturale e concettuale del PNU è la mensola di piano. Infatti, l’appoggio delle travi sui pilastri prevede il prolungamento delle armature longitudinali oltre il termine del fondello di cls delle travi stesse e la possibilità di effettuare un getto integrativo che dia continuità al fondello stesso.Per accogliere le travi, almeno in fase di posa e getto, i pilastri devono essere dotati di mensole d’ap-poggio (provvisorie o definitive).

SPECIFICITÀ DELLE TRAVI PREM

La scelta più opportuna, con i PNU, è di utilizzare travi PREM con fondello in cls per l’esecuzione della struttura portante orizzontale. Infatti esse ricadono nella stessa categoria strutturale del c.a. e sono marcate CE come, d’altronde, anche i PNU.Per ottenere una corretta posa degli elementi, e al contempo un funzionamento corretto in fase finale, va riservata particolare attenzione nella progettazione della trave; in particolare nella disposizione della sua armatura inferiore e nella predisposizione del primo puntone obliquo, in modo da non interferire con l’armatura verticale del pilastro (Corrente Superiore Arretrato Fig. 10, 11,12).Grazie alla presenza delle mensole dei pilastri, è possibile progettare l’armatura longitudinale inferiore e il puntone obliquo delle travi in modo da farli terminare in corrispondenza del termine del fondello in cls, ottenendo quindi una semplificazione delle operazioni da eseguire nelle fasi di posa in opera (travi in luce netta dei pilastri) e una riduzione delle tempistiche di cantiere.

C. Posizionamento in corrispondenza delle chiamateIl pilastro viene “guidato” dagli operatori in modo da coincidere con le chiamate a terra.In questa fase è di fondamentale importanza la precisione impiegata nella esecuzione delle chiamate e la tolleranza di progetto.

D. Fissaggio dei puntelli o sbadacchiI puntelli vengono fissati al pilastro in corrispondenza degli alloggiamenti realizzati in fase di produ-zione sui due lati dell’elemento, mediante appositi tasselli/boccole di tenuta, quindi fissati alla soletta di fondazione.

E. Regolazione della posizione verticale dell’elementoI puntelli impiegati, estensibili (modello tira/spingi), consentono ampie possibilità di regolazione.Con l’ausilio di una stadia munita di bolla di livello (oppure con un filo a piombo fissato alla sommità di una lunga asta), agendo sulla regolazione della spinta ai puntelli, l’elemento viene portato in posizione verticale.

F. Bloccaggio di tutte le regolazioni

G. Rilascio del carico, disinserimento coppiglia, sfilamento spinotto e sgancio

MONTAGGIO DEL SISTEMA A SECCO Connessione alla fondazione con ferri di ripresa e guaina

A. Preparazione della sede di posaAll’interno delle chiamate disposte in precedenza in fondazione, vie-ne collocata una piastrina in acciaio, in posizione centrale rispetto alla sezione di contatto, di piccole dimensioni e spessorata in modo tale che le mensole di piano risultino alla quota corretta. La piastrina assolve alla fondamentale funzione di mantenere sollevato il pilastro dalla fondazione in modo da permettere la connessione alla stessa mediante la malta.

B. Movimentazione elementoB1. aggancio: inserimento spinotto e coppiglie di sicurezza;B2. sollevamento e posa pilastro sulle piastre di spessoramento predeterminate con la verifica della quota e della lunghezza del pilastro;

Figura 8, Connessione alla fondazione con “scarpa”

Figura 9,Piastra sagomata per la connessione a “scarpa”

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GETTO INTEGRATIVO: COMPORTAMENTO E CARATTERISTICHE DEL CALCESTRUZZO NEI NODI E DELLE MALTE IN FONDAZIONE

Connessione in fondazioneNel caso in cui il pilastro preveda ulteriori barre di ripresa, che trovano riscontro in guaine corrugate predisposte al suo interno, si deve procedere al getto della malta all’interno delle guaine stesse fino a rifiuto (figura 15).Le malte impiegate per questa fase, presentano caratteristiche (controllate e certificate) di elevata resi-stenza a compressione, notevole fluidità ed adesione con assenza di fenomeni di ritiro.

Piani intermediUn punto di notevole criticità del sistema con PNU riguarda la differenza di classe di resistenza fra il calcestruzzo del pilastro prefabbricato, C50/60, ed il calcestruzzo impiegato per i getti di completamen-to di piano, in genere compresi fra C25/30 e C40/50.In corrispondenza della sezione completata con i getti in opera si procede alle verifiche locali del pila-stro utilizzando la classe di resistenza inferiore, cioè normalmente quella dei getti di completamento eseguiti in opera, con conseguente penalizzazione delle prestazioni.Questo aspetto si manifesta ad esempio in corrispondenza di nodi non completamente confinati di pilastri perimetrali, mentre per pilastri interni, con nodi completamente confinati, è ragionevole con-siderare un incremento di resistenza a compressione del calcestruzzo di completamento, incremento che in alcuni casi può comportare il raggiungimento della stessa classe di resistenza del pilastro pre-fabbricato.

CONCLUSIONI

Con il PNU si è chiusa la distanza fra il getto in opera e la prefabbricazione integrale. Oggi non c’è più soluzione di continuità fra questi due estremi. Il Progettista e l’impresa, quindi, devono solo individuare con maggiore precisione la soluzione che più si presta alle esigenze del proprio cantiere perché la scelta non è più così facile come ai tempi del tutto bianco o tutto nero: oggi la tecnologia ed il mercato hanno reso disponibile tutta la scala completa dei grigi.

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H. Posa delle armature integrativePer garantire un adeguato confinamento delle armature nella zona di base, zona estremamente delicata da completare con malta a prestazioni controllate e garantite, si procede alla posa di staffature e/o spilli al fine di assicurare anche in questa zona l’adeguato presidio delle armature.

Figura 13. Sezione zona getto di completamento

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I. Sigillatura della connessione alla fondazioneSi procede alla casseratura della zona di connessione, mediante listelli in legno, e alla sigillatura dei bordi con schiuma poliuretanica, in modo da impedire la fuoriuscita della malta impiegata per la con-nessione.

La connessione alla fondazione con “scarpa” prefabbricataQuesto montaggio si differenzia dal precedente solo per le seguenti fasi: A - D - E - F - ILa posa del pilastro viene preparata disponendo sui tirafondi filettati dadi e rondelle e regolandone la quota di posa e la planarità; terminata questa rapida fase di preparazione si procede alla posa del pila-stro, ed al successivo inserimento di rondelle e dadi di fissaggio superiori. Tramite la rotazione dei dadi inferiori si procede alla regolazione della perfetta verticalità ed infine al serraggio definitivo dei dadi superiori ed alla posa di controdadi, senza mai l’utilizzo di puntelli o sbadacchi.Completa la messa in opera del pilastro il ripristino della sezione tramite malta a ritiro e caratteristiche meccaniche controllate.

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Nello spirito della missione del sito culturale www.cspmagazine.it e della rivista CSPmagazine, i Quaderni Tecnici di CSPmagazine sono costituiti da approfondimenti tecnico scientifici su temi emergenti, della tecnica delle costruzioni, in cui l’apporto di esperienza di chi è tutti i giorni sul campo può contribuire a fare chiarezza o a dare una forma più organica ad una materia di immediato e pratico utilizzo per il professionista.

Essi si pongono quindi come contributo alla sistematizzazione di temi complessi e sono aperti ai commenti e/o ai suggerimenti dei lettori in vista di loro riedizioni via via più approfondite e complete.

QUADERNI TECNICI

magazine01 Il Sistema Costruttivo Top Down Evoluto - Verticalatore

02 Pilastri prefabbricati a nodo umido: l’anello di congiunzione

Registrazione n. 408 del 21/07/2011 Trib. MilanoEditore: Flavio RottigniDirettore: Livio IzzoComitato Scientifico: Domenico De Stefano, Livio Izzo, Marco Miglioli, Emanuele Scalvini, Massimiliano Signorelli, Alessandro SpadavecchiaSegretaria di redazione: Michela BarcellaServizi generali e amministrativi: Michela Vezzoli

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