Pier Pettinaio D

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1 Pier Pettinaio Di questo glorioso popolano è oscuro il giorno del nascimento, ma è chiaro quello del suo volo in cielo, che fu il 5 dicembre 1289. Così si legge in un volumetto opera di Santi Ginanneschi dedicato a Pier Pettinaio, pubblicato nel 1936 (riproduzione a lato) 1 . Certe carte hanno fatto ritenere possibile la sua morte a 109 anni, una vita ec- cezionalmente lunga specialmente per un uomo del medioevo, e infatti altre interpretazioni possono confutare questa tesi. 2 Nacque nel Chianti, a Campi di San Michele, un castellare nei pressi di San Sano e Lecchi in Chianti da secoli diroccato, ma un tempo signoria dei Mazzalombardi e poi dei Ricasoli Zanchini da Castellonchio. Fin da ragazzo fu però mandato a Siena come garzone in una buttiga artigiana dove si fabbricavano e vendevano pettini d’osso e di corno, forse per capelli, all’epoca preziosi per le dame delle nobiltà, ma anche per cardare la lana, o forse anche pettini da telaio, oggetti questi che dovevano essere di ben largo consumo presso l’Arte della Lana, potentissima e fiorentissima con i suoi numerosi tessitori operanti in varie zone della città. Il suo magistro lo apprezzò così tanto che gli fece da padre, forse gli dette in sposa la figlia e di certo lo lasciò erede dei suoi beni, oltreché di quel nomignolo di Pettinaio derivato dall’arte che gli aveva insegnato. Un ignoto scrittore, l’Anonimo Fiorentino, già nel corso del 1300 commentatore della Divina Commedia, ci dice che Piero Pettinagno fece in Camollia di Siena una bottega di pettini. 3 Ma il fondaco in cui fu bambino discepolo era invece nel vicolo a lui intestato nel 1871, già del Lucherino, del Giudeo e più anticamente vicolo della Calcina, situato nei pressi del Palazzo dei mercatanti Tolomei, nel cuore del territorio della futura Contrada Priora della Civetta. 4 Un luogo quasi magico, di certo inondato per tutto il giorno dallo scandire delle ore dei solenni rintocchi della campana grossa de lo Communo, all’epoca di Pier Pettinaio, non ancora edificato il Palazzo Comunale, collocata sulla Torre Mignanelli che sovrastava da dietro quel vicoletto. Per la verità, in questa viuzza che ancora oggi gronda del fascino antico di un minuscolo treseppio medieva- le, Pier Pettinaio potrebbe anche aver avuto la sua casa natale, non essendo del tutto sicura la sua nascita a Campi. 5 E allora, al- zando gli occhi nella luce umbratile di quella stretta fenditura fra le austere facciate di pietra e mattoni, a cercare la finestrella che po- trebbe essere stata quella della camera dove lui venne al mondo, nella casa dove poi visse le sue prime emozioni di fanciullo ispirato, la nostra immaginazione potrebbe ancor più suggestivamente vola- re sull’onda di sensazioni stavolta quasi mistiche. 1 Dott. Santi Ginanneschi - Sapìa da Siena e Pier Pettinaio nella Divina Commedia - Pia Società San Paolo, Roma, 20 marzo 1936. 2 Carlo Agricoli – Pier Pettinaio nella Siena duecentesca – Il Leccio, Siena, 2014. 3 Anonimo Fiorentino – Commento alla Divina Commedia d’Anonimo Fiorentino del secolo XIV per la prima vol- ta stampato a cura di Pietro Fanfani – G. Romagnoli, Bologna 1866. 4 Notizia tratta, come molte altre, dalla Ricerca di Alberto Fiorini pubblicata sul sito della Contrada Priora della Civetta (www.contradellacivetta.it) e da Il quadro del “Beato Pier Pettinaio”, dello stesso Autore, apparso in Santi, monture e vessilli Contrada Priora della Civetta, Siena, maggio 2005. 5 Lo storico e archivista senese Alessandro Lisini (1851-1945) non esclude la nascita a Siena (Notizie sul B. Pier Pettinagno, in Miscellanea Storica Senese, anno IV, marzo 1896, pp. 42-45).

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Pier Pettinaio

Di questo glorioso popolano è oscuro il giorno del nascimento, ma è chiaro quello del suo volo in cielo, che fu il 5 dicembre 1289. Così si legge in un volumetto opera di Santi Ginanneschi dedicato a Pier Pettinaio, pubblicato nel 1936 (riproduzione a lato)1. Certe carte hanno fatto ritenere possibile la sua morte a 109 anni, una vita ec-cezionalmente lunga specialmente per un uomo del medioevo, e infatti altre interpretazioni possono confutare questa tesi.2 Nacque nel Chianti, a Campi di San Michele, un castellare nei pressi di San Sano e Lecchi in Chianti da secoli diroccato, ma un tempo signoria dei Mazzalombardi e poi dei Ricasoli Zanchini da Castellonchio. Fin da ragazzo fu però mandato a Siena come garzone in una buttiga artigiana dove si fabbricavano e vendevano pettini d’osso e di corno, forse per capelli, all’epoca preziosi per le dame delle nobiltà, ma anche per cardare la lana, o forse anche pettini da telaio, oggetti questi che dovevano essere di ben largo consumo presso l’Arte della Lana, potentissima e fiorentissima con i suoi numerosi tessitori operanti in varie zone della città. Il suo magistro lo apprezzò così tanto che gli fece da padre, forse gli dette in sposa la figlia e di certo lo lasciò erede dei suoi beni, oltreché di quel nomignolo di Pettinaio derivato dall’arte che gli aveva insegnato. Un ignoto scrittore, l’Anonimo Fiorentino, già nel corso del 1300 commentatore della Divina Commedia, ci dice che Piero Pettinagno fece in Camollia di Siena una bottega di pettini.3 Ma il fondaco in cui fu bambino discepolo era invece nel vicolo a lui intestato nel 1871, già del Lucherino, del Giudeo e più anticamente vicolo della Calcina, situato nei pressi del Palazzo dei mercatanti Tolomei, nel cuore del territorio della futura Contrada Priora della Civetta.4 Un luogo quasi magico, di certo inondato per tutto il giorno dallo scandire delle ore dei solenni rintocchi della campana grossa de lo Communo, all’epoca di Pier Pettinaio, non ancora edificato il Palazzo Comunale, collocata sulla Torre Mignanelli che sovrastava da dietro quel vicoletto. Per la verità, in questa viuzza che ancora oggi gronda del fascino antico di un minuscolo treseppio medieva-le, Pier Pettinaio potrebbe anche aver avuto la sua casa natale, non essendo del tutto sicura la sua nascita a Campi.5 E allora, al-zando gli occhi nella luce umbratile di quella stretta fenditura fra le austere facciate di pietra e mattoni, a cercare la finestrella che po-trebbe essere stata quella della camera dove lui venne al mondo, nella casa dove poi visse le sue prime emozioni di fanciullo ispirato, la nostra immaginazione potrebbe ancor più suggestivamente vola-re sull’onda di sensazioni stavolta quasi mistiche.

1 Dott. Santi Ginanneschi - Sapìa da Siena e Pier Pettinaio nella Divina Commedia - Pia Società San Paolo, Roma, 20 marzo 1936. 2 Carlo Agricoli – Pier Pettinaio nella Siena duecentesca – Il Leccio, Siena, 2014. 3 Anonimo Fiorentino – Commento alla Divina Commedia d’Anonimo Fiorentino del secolo XIV per la prima vol-ta stampato a cura di Pietro Fanfani – G. Romagnoli, Bologna 1866. 4 Notizia tratta, come molte altre, dalla Ricerca di Alberto Fiorini pubblicata sul sito della Contrada Priora della Civetta (www.contradellacivetta.it) e da Il quadro del “Beato Pier Pettinaio”, dello stesso Autore, apparso in Santi, monture e vessilli – Contrada Priora della Civetta, Siena, maggio 2005. 5 Lo storico e archivista senese Alessandro Lisini (1851-1945) non esclude la nascita a Siena (Notizie sul B. Pier Pettinagno, in Miscellanea Storica Senese, anno IV, marzo 1896, pp. 42-45).

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Di temperamento allegro e gioviale, simpatico personaggio della Siena del 1200 come lo definisce Padre Prospero Rivi nella sua biografia da cui sono tratte molte di queste notizie,6 a sua volta deriva-ta dalla Vita scritta nel 1330 dal frate francescano senese Pietro da Montarone, Pier Pettinaio, anco-ra vivente, godette di grande popolarità in tutta la Toscana, a motivo della sua instancabile attività di assistenza agli ammalati e di generosa solidarietà verso il prossimo, oltreché per la sua santità di vi-ta.7 Imboccò infatti ben presto la via del Signore, si direbbe, sull’onda della spiritualità francescana ovun-que dilagante in quei decenni di grandi fervori. E ancor più ravvivata in Siena dalle visite di France-sco e soprattutto dall’indimenticabile sua prima venuta nel 1212, a piantare in terra quel suo miraco-loso bastone da cui in una notte sola germogliò il famoso alberino, rimasto a verdeggiare per quattro secoli sul colle di Ravacciano dov’era il primitivo romitorio dei Frati Minori francescani in cui France-sco alloggiò, e che da allora proprio da quell’alberino prese il nome. Pier Pettinaio fu proprio l’esponente più illustre della vivace fraternità di Penitenti laici francescani, operante nella Siena due-centesca, scrive ancora Padre Rivi.

La fama imperitura di Pier Pettinaio presso tutte le genti del mondo di ogni epoca è però affidata alla folgorante citazione messa da Dante sulle labbra di Sapìa Salvani, la sciagurata senese che l’11 giugno 1269 durante la battaglia di Colle Val d’Elsa fra i senesi e i fiorentini, dall’alto del turrito castello del suo sposo Ghinibaldo Saracini sulla via di Monteriggioni, “tifava” per i guelfi della discordiosa Fiorenza. E tutto per l’invidia di tutto e di tutti che rodeva quell’anima tormentata, fino ad insi-nuare i suoi maligni tentacoli anche verso il suo nipote Provenzano Salvani, capitano dei ghibellini senesi in quella bat-taglia per lui tragica, tanto che ne ebbe la testa mozzata, poi inalberata su una picca sopra alle teste dei combattenti. Ma l’invidia veniva dal fatto che lui era stato capitano anche nella precedente vittoria di Montaperti del 4 settembre 1260 che ne aveva sancito la sua breve egemonia sulla fazione ghibellina di tutta la Toscana. Sapìa, era comunque finita, per la verità un po’ a sorpresa, non all’Inferno, come ci si potrebbe forse aspettare, ma in Purgatorio, grazie a un pentimento sul filo del rasoio, ver-rebbe da dire ...pace volli con Dio in su lo stremo / de la mia vita... e confidava allora nelle preghiere di Pier Pettinaio per “scemare” il suo “dovere” in termini di penitenza e accelerare la sua salita in Paradiso ...ed ancor non sarebbe / lo mio dover per penitenza scemo / se ciò non fosse ch’a memoria m’ebbe / Pier Pettinaio in sue sante orazioni / a cui di me per caritate increb-be. (Purgatorio XIII, 124-129).

E tuttavia un’immagine di Pier Pettinaio forse riduttiva, questa tramandata dal sommo Dante, che fu anche pellegrino in Siena davanti alla sua tomba, in San Francesco, un ricordo forse inadeguato, ci permettiamo di supporre, per un sant’uomo che oltre alle preghiere, praticava anche operosamente la sua caritate, una parola questa derivante dal concetto latino di caritas come sentimento di parteci-pazione alle sofferenze altrui e che nel volgare toscano dell’epoca era di sicuro la più vicina all’odier-na compassione, nel senso di “cum-patire, patire insieme”, e sopratutto alla “solidarietà”, parola ine-sistente in quella nascente lingua italiana duecentesca. Infatti, le poche notizie pervenute sulla sua

6 Prospero Rivi – Il Beato Pietro Pettinaio da Siena – in Francesco d’Assisi e il laicato del suo tempo. Le origini dell'O.F.S. - Collana TAU/2 Centro Nazionale OFS 2004 - Pazzini Stampatore Editore srl, V. Verucchio, Rimini. 7 Il manoscritto di Pietro da Montarone, Padre Guardiano dei frati minori francescani di Siena, composto in lati-no verso il 1330, dovette esistere nella biblioteca del Convento dove risulta inventariato nel corso del 1400. E’ poi scomparso, forse nell’incendio della basilica del 1655. Oggi si dispone della traduzione eseguita nel 1508 da Padre Serafino di Castellina in Chianti, frate del convento di Lecceto presso Siena, data alle stampe nel 1529. Questo testo fu fedelmente riprodotto dal francescano Luigi De Angelis nella sua Vita del Beato Pietro Pettinajo, Rossi, Siena, 1802, volume esistente presso la Biblioteca dell’Osservanza di Siena e in Archivi priva-ti. Per tutta la vicenda biografica, si veda anche la citata opera dell’Autore di questo stralcio.

Dante e Virgilio incontrano Sapìa (ill. di Gustavo Dorè)

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vita sono, anche dal lato non più strettamente religioso, estremamente significative. Come quando ci narrano del-la sua proverbiale onestà nell’insidioso mestiere di mer-catante, di come fosse ammirato e stimato per praticare i “giusti” prezzi, o come comparisse al mercato grande del sabato sul Campus fori, non ancora diventato Piazza del Campo, soltanto al tramonto, allo scopo di non consegui-re troppo lauti guadagni o condannare addirittura i suoi concorrenti alla rovina, visto quanto era apprezzata la qualità dei suoi pettini. O ancora, di quando andava a Pisa a comperare pettini, et comperavagli a dozzina; poi che gli avea comperati, egli se ne venia con questi pettini in sul ponte vecchio di Pisa, et sceglieva i pettini, et se niuno ve n’avea che fosse fesso o non buono egli il gettava in Arno. Fugli detto più volte: «poichè il pettine sia fesso o non cosi buono, egli pur vale qualche denaro, vendilo per fesso!» Pietro rispondea: «Io non voglio che niuna persona abbia da me mala mercatantia.»8

Oppure laddove ci perviene l’immagine di un uomo gene-roso... dove si spargeva il pianto, s’apriva magnifica la tenerezza di Pier Pettinaio,9 con la sua indefessa opera di assistenza agli ammalati presso l’Ospedale del Santa Ma-ria della Scala, dove con amorevole delicatezza lavava le mani e i piedi, puliva e fasciava le piaghe, con gioia si prestava a compiere i servizi più umili.10 Un seme prezioso, questo suo mirabile spirito di operosa compassione, da lui disseminato a piene mani sulle stesse pietre cittadine, terreno fecondo, da cui, un secolo dopo, doveva germogliare quell’ancor più rigogliosa pianticella di eroico altruismo che fece Caterina Benincasa grandissima fra tutti i Santi della storia. Oppure quando ci sono tramandate storie di un uomo felicemente ispirato dalla bontà, il quale duran-te un inverno singolarmente rigido, con lo spettro della fame aleggiante nelle case dei più poveri, s’impegnò con particolare alacrità nel suo lavoro per poter raggranellare maggiori guadagni e soccor-rere ancor più persone e, tornando una sera a casa stanco dopo aver prestato aiuto a tanti miseri, disse alla sua sposa: «Come vedi, mia signora, noi abbiamo figli da mantenere: il buon Dio ce li ha negati da una parte, e ce li va moltiplicando dall’altra.» E ancora, la vendita della vigna e della sua casa situata presso la chiesa di San Domenico allo scopo di poter distribuire tutto ai poveri per le strade, et agli incarcerati e massimamente ai “poveri vergognosi”, persone decadute da un più alto stato sociale e per questo ancor più umiliate dalla loro indigenza, fino a ridursi ad abitare in una ca-supola vicino al convento dei Frati francescani.11 E’ certamente a questo trasferimento che si riferisce lo storico senese Girolamo Gigli (1660-1723) quando, traendo da più antichi cronisti, racconta che sul Poggio Malavolti stanziava il B. Pietro Pettinajo, appunto vicino a San Domenico, e di come egli andando una mattina al Mattutino in S. Domenico vide alcuni demonj... che rivoltano con gli uncini nel fuoco il corpo di un cavaliere di poco seppellito, che vicino al B. Pietro abitava. Questa tremenda visione dell’eterna condanna infernale toccata al suo vicino di casa deve averlo talmente turbato, op-pure, come racconta il Gigli, così tanto dovettero venirgli in uggia le dicerie che si erano sparse su questa sua esperienza mistica dopo che, in tutta confidenza, l’aveva raccontata a un amico, da indur-lo a partirsene da quelle vicinanze e andarsene a stare in Vallerozzi, giustappunto molto vicino ai

8 Anonimo Fiorentino, op. cit. 9 Santi Ginanneschi, op. cit. 10 Padre Prospero Rivi, op. cit. 11 Padre Prospero Rivi, op. cit. La mancanza di prole ricavata dall’ipotetico colloquio con la moglie è messa in dubbio da A. Lisini, il quale ritiene invece di aver trovato la comprovata esistenza di almeno quattro figli: Benci-venni, Francesco, Ventura e Ristoro, tutti citati in libri pubblici, Camarlingo di Biccherna, libro dei Collettori delle Decime, libro di Condanne ad annum, rispettivamente negli anni 1229-1231, 1246, 1248 e 1250 (Miscellanea Storica Senese, op. cit.). La citazione documentale più antica, quella di Bencivenni del 1229, è relativa al pos-sesso di un cavallo, il che porta l’Autore a ipotizzare per lui un’età di almeno 20 anni e di dover quindi retroce-dere la nascita di Pier Pettinaio almeno di altri 20, cioè fino al 1189, stabilendo così la durata della sua vita in non meno di cent’anni. Altri documenti, sempre relativi ai figli, successivamente ritrovati dallo stesso Lisini anti-ciperebbero ancora la nascita almeno al 1180, raggiungendo così la sorprendente età di 109 anni. Ipotesi con-trarie sono avanzate da Carlo Agricoli, op. cit.

Un’idea di come potessero essere alcuni pet-tini medievali. Da capelli, in alto, in rovere e bronzo e in basso d’avorio, entrambi del 1200, e da cardatura manuale (epoca impre-cisata)

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Frati Minori di San Francesco.12 In precedenza, nel libro Condanne ad annum, sotto l’anno 1231, Pierus Pectinarius, viene invece citato come appartenente al popolo di San Desiderio, e quindi abi-tante in quella contrada, nei pressi del Duomo.13 Nel corso degli anni 1270 è sicuramente esponente di primo piano della Domus Sancte Marie de Mi-sericordia, tanto che nel provvedimento governativo del 1272 che esonera i confratelli dai servizi mili-tari e dal pagamento di certe tasse perché meglio potessero destinare le loro forze al sostengo dei bisognosi, figura addirittura al secondo posto, dietro al rector et dominus et administrator, Bartolomeo di Ildibrandino Vincenti. Nel febbraio del 1278 è parimenti destinatario della bolla indirizzata ai confra-telli dal Vescovo Bernardo, e il 23 aprile 1284 il rector Bartolomeo dispone nel suo testamento che il luogo della sua sepoltura sia scelto d’intesa cum viro discreto Piero Pecitinario, e che il suo consilio et consensu sia seguito anche per altre disposizioni testamentarie.14

Un uomo onesto, fraterno e buono, dunque, e per questo molto stimato, come ben si vede nel 1258 e 1264, quando fa da buon tramite nel recupero di certe tasse non pagate da alcuni “evasori fiscali”, e ancor più quando gli vengono affidate mansioni di fiducia dal Governo della Repubblica, come nel 1282 per scegliere i cinque prigionieri da liberarsi in occasione della festa della Circoncisione del Si-gnore, oppure nel 1285 per distribuire soldi pubblici a conventi e gente povera e l’anno successivo, insieme a tali Compagno del Veschovo e Talomeo Battaglia, per gestire l’esecuzione di certi affreschi in onore della Vergine sulle porte principali della città. E ancora, tentare una mediazione per far rien-trare in Siena i fuorusciti ghibellini espulsi dal governo guelfo salito al potere in seguito alla loro scon-fitta nella citata battaglia di Colle Val d’Elsa nel 1269.15 Et per questi cosi fatti modi et simiglianti, i Sanesi, che sono gente molto maravigliosa, diceano ch'e-gli fu santo, et per santo il riputorno et adororno,16 attribuendogli anche in vita miracoli, profezie, guarigioni, buone opere e conversioni. Verso la fine della sua esistenza, preso l’abito del Terz’Ordine Francescano e, dopo una grave ma-lattia, ritiratosi negli ombrosi silenzi del convento dei Frati Minori in Piazza San Francesco, divenne così proverbiale la sua assorta contemplazione di preghiera da vedersi attribuire l’appellativo di Te-celano o santo del silenzio. Ed è proprio nel segno di quel valore del silenzio che il proverbio dice d’oro, con un dito a chiudere le labbra, che lo rappresenta la più antica iconografia pittorica, quella

12 Girolamo Gigli – Diario Sanese – Lucca, 1723 (postumo) - Tipografia dell’Ancora, Siena, 1854, tomo 2, pag. 171, copia anastatica edita da Arnaldo Forni Editore, Bologna, 1974. 13 Alessandro Lisini op. cit.. Sulla base di tale rilievo documentale il Lisini pone in dubbio l’abitazione del Beato nei pressi di San Domenico, a nostro giudizio in modo ingiustificato, in quanto il trasferimento sul Poggio Mala-volti sarebbe successivo, visto che da lì Pier Pettinaio si trasferì vicino al Convento dei Frati Minori, il che pare accertato, e infine all’interno del Convento stesso, fino alla morte, in una sequenza abitativa che pare del tutto plausibile, specialmente per una vita che non fu breve. 14 Paolo Nardi – Origini e sviluppo della Casa della Misericordia nei secoli XIII e XIV, in La misericordia di Siena attraverso i secoli – Arciconfraternita di Misericordia di Siena, Protagon Editori Toscani, Siena, 2004. 15 Padre Prospero Rivi, op. cit e Alessandro Lisini, op. cit. 16 Anonimo Fiorentino, op. cit.

La chiesa della Sapienza, nel 1200 ancora prima sede della Misericordia di Siena (disegno di Girolamo Macchi, Memorie, Archivio di Stato di Siena ms.

D111, c. 302, inizi del 1700). A lato la stessa chiesa ai giorni nostri

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dipinta nel 1446 da Lorenzo di Pietro detto il Vecchietta in una formella dello sportello dell’Arliquiera, un vano a muro dove si riponevano le reliquie nella Sagrestia Grande dell’Ospedale del Santa Maria della Scala, poi conservato fin dal 1888 nella Pinacoteca di Siena.17 Una figura di Terziario France-scano, con veste cenerina stretta dalla corda e berretto in testa, collo sguardo aperto e limpido... col-la fronte non grave di pensieri, ma serena e dolce.18 La stessa immagine fu ripresa da Leo Rossi nel dipinto eseguito nel 1936 su commissione del citato Santi Ginanneschi, che poi ne fece dono alla Contrada Priora della Civetta in occasione della vittoria nel Palio dell’Assunta dell’anno successivo.19 La Contrada considera Pier Pettinaio da sempre un suo figlio, visto che nel suo territorio quel san-t’uomo forse ci nacque, o comunque vi trascorse lunghi anni della sua lunghissima vita lavorativa. La pittura del Rossi è conservata nell’Oratorio della Civetta fin dal giorno della sua costruzione, e vene-rata ogni anno quando colla vaghezza di antica costumanza, questa Contrada... cinge di tradizionale onoranza quella lontana figura di pace e d’amore, che Dante cinse di eterno canto.20

A coronamento della figura di questo umile, ma grandioso mistico francescano, come in fondo fu Pier Pettinaio, c’è anche un episodio estremamente suggestivo, soffuso di quell’alone fra miracoloso e fia-besco che sempre accompagna le vite delle donne e degli uomini santi. Ci riferiamo alla visione che lui ebbe in una di quelle sue notti, quando le porte del Duomo di Siena gli si sarebbero come ogni volta aperte miracolosamente davanti perchè lui potesse liberamente entrare. E allora, assorto in preghiera nella solitudine ovattata del maestoso colonnato marmoreo a strisce bianche e nere, gli apparvero alcuni angeli in cammino lungo la navata centrale, spandendo cenere sul pavimento. Vide poi avanzare Gesù che lasciava orme ben visibili su quella sorta di delicato tappeto per andare infine a sedersi laddove già stava la Madonna, su due regali & ornatissime sedie sull’Altar Maggiore, men-tre il Padre Eterno osservava dagli Altissimi Cieli fra uno squarcio di nubi e un corteggio di angeli. In-tanto, dietro a una moltitudine di santi e beati, entrava in cattedrale anche un povaretto frate con le stimmate ai piedi e il saio dei Miseri, il quale, unico fra tutti, riusciva a calcare fedelmente le orme la-sciate da Gesù, fino ad essere benevolmente accolto dalle due figure in trono sull’Altar Maggiore. Il povaretto frate non è che il grande Francesco d’Assisi, colui che in quei decenni per tanti versi prodi-giosi a cavallo del mille e duecento, cercava di seguire i caratteri originali del cristianesimo, incammi-nato fedelmente e fervidamente sulla scia di Gesù. E’ nota una simile apparizione avuta nel 1216 dallo stesso Francesco, mentre stava pregando in quella che è oggi la cappella della Porziuncola di Assisi.21

17 Alberto Fiorini, opere citate 18 Santi Ginanneschi, op. cit. 19 Alberto Fiorini, opere citate 20 Santi Ginanneschi, in conclusione all’op. cit. 21 Alessandro Leoncini - La visione del Beato Pier Pettinaio di Raffaello Vanni, in Le Pitture del Duomo di Siena - Silvana Editoriale spa, Cinisello Balsamo, Milano, 2008, il quale attinge alla Vita di Pietro da Montarone tra-dotta da Padre Serafino di Castellina in Chianti nel 1529. Lo stesso episodio della visione è narrato con parole analoghe da Giacomo degli Oddi, frate minore dell’Osservanza presso il convento perugino di Monteripido, do-ve ricopre la carica di guardiano nel 1460 e poi nuovamente nel 1469 e 1480, autore di un’opera agiografica, lo

L’Arliquiera dipinta da Lorenzo di Pie-tro detto il Vec-chietta nel 1446, e a lato la formella di Pier Pettinaio, la terza da sinistra, in basso

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Attorno al 1635 questa prodigiosa visione di Pier Pettinaio fu dipinta dal senese Raffaello Vanni in u-na tela rimasta per lungo tempo polverosa nella sa-grestia del Duomo. Agli inizi del 1800, su proposta del De Angelis, il già citato autore della Vita, fu collo-cata proprio laddove il Beato doveva stare inginoc-chiato in quella fatidica notte, e cioè nei pressi del-l’Altare del Crocifisso, al cui posto oggi si apre la Porta del Perdono, ingresso laterale alla cattedrale. E qui la si ammira ancora, finalmente restituita a nuovo splendore dopo il restauro di Mauro Lamioni nel 2005.22 Questo quadro ci è, per diverse ragioni, prezioso. Ci sono infatti documentati alcuni affasci-nanti particolari dell’antico Duomo, come le statue degli Apostoli appese alle colonne, per la verità in quel tempo inesistenti in quanto trecentesche, tolte nella seconda metà del 1600 e oggi riposte nel

museo dell’Opera Metropolitana del Duomo, o come l’Altar Maggiore posto sotto la cupola e non a ri-dosso del Coro come oggi. Ma soprattutto, poco a destra dell’Altare, fra una congerie di santi, vi è di-pinta una sorprendente immagine di Pier Pettinaio, chino in preghiera, con indosso una veste forse simile a un saio francescano. Non possiamo sapere da quale specie di sua fantasia artistica o notizia reale il Vanni abbia potuto trarre una simile sembianza, del tutto diversa da quella dipinta dal Vec-chietta nel 1446, e che pure lui doveva ben conoscere. Sta di fatto che per questa via ci viene reso forse un ancor più affascinante aspetto, di sicuro assai più vicino a quello che nel nostro immaginario senese potrebbe essere proprio quello di un comune uomo del popolo medievale, dall’espressione non più così dolce e quasi eterea, ma forse anche un po’ rude, vestito del suo spalagrembo da lavo-ro, artefice e mercatante del primo secolo d’oro della Repubblica, il mille e duecento. L’identica figura fu replicata da Francesco Vanni nell’angolo in fondo a destra di una nuova versione della stessa Visione, fra un’analoga selva di santi e davanti alle orme lasciate da Gesù sul viottolo di

Specchio dell’Ordine, meglio noto come Franceschina. La visione è narrata nel primo prologo (Milvia Bollati - Lo stesso cammino – ripreso dal sito www.sanfrancescopatronoditalia.it). 22 Alessandro Leoncini, op. cit.

Visione del Beato Pietro Pettinaio (1635 ca.) di Francesco Vanni. A sinistra la tela in Duomo e a destra quella nel-l’Arciconfraternita della Misericordia. Sotto, i due partico-lari della figura del Beato

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cenere cosparsa sul pavimento, una nuova tela, anch’essa restaurata da Mauro Lamioni nel 2005 e ora allocata nella Sede di via del Porrione della Misericordia di Siena.23 Pier Pettinaio si spense santamente e serenamente, se pur sofferente e forse infermo, il 5 dicembre del 1289 nel convento dei francescani e fu sepolto con grandioso concorso di popolo nella loro basi-lica, eretta in onore della rapidissima santificazione di Francesco. Già pochi giorni dopo, il 19 dicem-bre, con un provvedimento davvero straordinario per tempi e modi, il Consiglio Generale della Re-pubblica deliberava che sulla sua tomba di venerabilis Civis senensis si edificasse unum sepulchrum nobile cum ciborio et altare. Purtroppo nessuno ce lo ha mai descritto e nemmeno si sa dove fosse collocato, finché scomparve per sempre, forse a seguito dell’incendio che nel 1655 devastò l’intera basilica. Ma la storia di questa tomba potrebbe anche essere ben più articolata di quanto si possa immaginare. Prima e dopo questa fatidica data, si ha notizia di alcune reliquie venerate per lungo tempo in San Francesco e altrove. E anche la loro scomparsa è avvolta nel mistero.24 Nel 1328 il Consiglio, facendosi interprete della crescente devozione dei senesi, deliberò di solennizzare mag-giormente la già consueta festa annuale nel giorno della sua morte, per i santi e beati invece die na-talis della loro nuova vita ultraterrena. In quella data per secoli i Governatori della Repubblica prece-

duti dai trombetti di Palazzo, si recarono pro-cessionalmente ad offrire ceri e celebrare solenni liturgie per fare onoranza al sepolcro.25 Pier Pettinaio fu anche inserito fra i protettori della città, qualifica nel tempo poi perduta.

La sua fama di santità si accrebbe sempre più, fiorirono racconti di grazie e miracoli, la sua vita ispirò anche i più noti seguaci francescani, tanto che anche Ubertino da Casale, uno dei protago-nisti del celebre romanzo di Umberto Eco, Il nome della rosa, nella sua opera principale della prima metà del 1300, l’Arbor Vitae, lo considera suo maestro spirituale, uno di quegli uomini di Dio che egli incontrò in Toscana e nei quali ribolliva fortemente lo spirito del Signore Gesù.26 Ubertino da Casale aggiunge un altro interessan-te dettaglio sulla vita di Pier Pettinaio, laddove ci dice che egli dimorò per qualche tempo nel convento di Santa Croce a Firenze quando già apparteneva a quel Terzo Ordine che accoglieva laici, uomini e donne, desiderosi di seguire fra la gente del mondo la via tracciata da Francesco.27 Il culto post mortem si diffuse rapidamente in tutta la Toscana, attestato fra l’altro da Laudi in suo onore, già nel trecento in uso a Firenze presso diverse confraternite di carità.28 Una di queste ci rimane ancora in un antico codice ma-

23 Alessandro Leoncini, op. cit. 24 Anche su queste e altre vicende si veda la citata biografia curata dall’Autore. 25 Padre Prospero Rivi, op. cit. Secondo il Lisini (op. cit.) la data della morte è da porre al 12 Dicembre, perché trova documentato che in qualche anno successivo era questo il giorno delle onoranze. 26 Padre Prospero Rivi, op. cit. 27 Milvia Bollati, op.cit. 28 Padre Prospero Rivi, op. cit.

Siena, la Basilica dei Frati Minori in Piazza San Fran-cesco. Sotto chiesa e convento nel disegno di Giro-lamo Macchi, Memorie, Archivio di Stato di Siena inizi del 1700).

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noscritto presso la Biblioteca Nazionale di Firenze, corredata anche da una splendida miniatura con la sua immagine di terziario francescano. Pier Pettinaio entrò infine nell’Empireo delle centinaia di beati senesi con la proclamazione ufficiale voluta da Barnaba Chiara-monti, papa Pio VII, il 2 gennaio 1802, a lato nel ritratto eseguito da Jacques Louis David. La lezione della sua vita è tuttora attuale. Infatti, come molte volte è accaduto nella storia, c’è forse ancora bisogno di rinverdire quello spirito di mutuo soccorso che fu per secoli così fervidamen-te attivo nell’antica Siena medievale e dal seicento in poi nel mondo delle Contrade. E Pier Pettinaio ne fu uno dei più ispirati precursori. A noi, donne e uomini confratelli della Compagnia che a lui abbiamo voluto intestare, non rimane che il suo dolce e perenne ricordo ma, soprattutto, la speranza di poterlo onorare su questa infida soglia del terzo millennio, bene operando almeno un poco in suo nome, sempre più imparando ad avere “a memoria” i nostri concittadini del cui soffrire ci “rincresca”. Carlo Agricoli29

Siena, 19 febbraio 2013

29 Per una completa trattazione biografica del Pettinaio, la sua iconografia in parte anche inedita, l’ambiente ci-vile e religioso in cui visse, le carte della Repubblica Senese in cui si trova citato, nonché per la rivisitazione dei luoghi della Siena duecentesca, da lui frequentati, primi fra tutti Chiesa e Convento di San Francesco nel loro primitivo assetto in parte misterioso, si rimanda alla citata opera dell’Autore.