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PIANTE PERENNI 1 Ebook - Le Guide di www.giardinaggio.net

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PIANTE PERENNI 1 Ebook - Le Guide di www.giardinaggio.net Descrizione e specie principali I periodi di riferimento delle piante 2 www.giardinaggio.net • Descrizione e specie principali • I periodi di riferimento delle piante • Moltiplicazione e coltivazione • Le stagioni per la fioritura • Colori e incroci dell'Anemone • Curiosità In questa pagina parleremo di :

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PIANTE PERENNI 1

Ebook - Le Guide di www.giardinaggio.net

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Anemone - Anemone In questa pagina parleremo di :

• Descrizione e specie principali • I periodi di riferimento delle piante • Moltiplicazione e coltivazione • Le stagioni per la fioritura • Colori e incroci dell'Anemone • Curiosità

Descrizione e specie principali La famiglia delle Ranuncolacee è una delle più ricche e variegate in botanica, presentando generi e specie molto diverse tra loro: una delle piante che vi appartengono che è abbastanza nota a livello colturale e botanico è, senza dubbio, l’Anemone, un genere che comprende numerosissime cultivar, alcune delle quali vengono coltivate per il loro fiore reciso, altre semplicemente per il giardino in qualità di pianta perenne. Due sono gli esempi più significativi in tal senso, vale a dire l’Anemone Nemorosa e l’Anemone Ranunculoides, le quali si possono trovare allo stato spontaneo in gran parte dei prati e

dei boschi.

I periodi di riferimento delle piante Si tratta, in pratica, di piante perenni e rizomatose: in questo caso, i fiori sono formati da alcuni sepali a forma di petalo in numero molto variabile, dal tenue e delicato colore bianco o anche dai toni più vivaci e accesi. I pistilli sono anch’essi molto numerosi. C’è da dire, anzitutto, che gli anemoni che vengono coltivati al giorno d’oggi possono essere classificati in base all’epoca della loro fioritura, andando a distinguere con precisione quelle specie che tendono a fiorire nei mesi primaverili da altre che invece fioriscono nel periodo estivo-autunnale. Quando si coltivano gli anemoni, bisogna sempre

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ricordare che tali piante necessitano di un terreno che sia piuttosto fertile, con un’altissima percentuale di potassio, oltre che di una base sciolta, profonda e fresca: la concimazione mediante l’utilizzo del letame deve essere effettuata parecchi mesi prima della messa a dimora delle piante, cercando di evitare, in ogni caso, l’eccesso.

Moltiplicazione e coltivazione La moltiplicazione di queste piante si svolge in maniera prevalente per via vegetativa, andando a impiegare i rizomi tuberi formi (i quali sono spesso e impropriamente detti anche “zampe” o, appunto, “tuberi”). Si può comunque anche far ricorso alla moltiplicazione a mezzo del seme, ma in tal caso occorrono delle precise operazioni manuali, molto lunghe e piuttosto delicate, oltre che due-tre anni per ottenere le piante da fiore che si desiderano. La coltivazione degli Anemoni a fioritura primaverile si effettua mediante la messa a dimora delle porzioni di rizoma in un periodo che va dal mese di agosto fino all’autunno più inoltrato, oppure può anche andare bene l’epoca

che comprende il trimestre gennaio-marzo, ma comunque tutto dipende essenzialmente da quello che è il clima del luogo in questione. Qualche indirizzo in tal senso può risultare comunque utile: la messa a dimora nel periodo di agosto è infatti da preferire nelle regioni mediterranee (un tipico esempio è offerto dalla Liguria) e lo stesso discorso vale anche per la produzione del fiore reciso.

Le stagioni per la fioritura Tra l’altro, la fioritura vera e propria inizia a metà autunno e continua a protrarsi per tutti i mesi invernali. Se ci troviamo invece in una regione a clima più continentale (dove l’inverno è molto più rigido), allora si può mettere a dimora a fine inverno; nel caso in cui le piante di Anemone dovessero essere lasciate nel terreno per più anni è opportuno proteggere sempre gli organi che si trovano sotto terra nel corso della stagione fredda, utilizzando, ad esempio, delle foglie o altri materiali. Gli Anemoni a fioritura estivo-autunnale si mettono invece a dimora verso la fine dell’autunno o a fine inverno, sempre in rapporto, però, alle condizioni climatiche che sono presenti in quel determinato momento. Tra le specie a fioritura primaverile non si può non parlare dell’Anemone Coronaria, la più conosciuta e coltivata, anche per il suo fiore reciso. Questa pianta presenta numerosissime varietà, tra cui quelle del gruppo di De Caen a fiore semplice e quelle di Saint Brigid a fiore semi-doppio o doppio: nel primo gruppo appena citato, sono incluse la Hollandia a fiore rosso scarlatto, la Fokker (di un acceso blu-violetto) e la Sylphide rosa-violetto, mentre

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nel secondo gruppo meritano una menzione la Lord Lieutenant blu scuro, la Governor (la quale presenta dei fiori scarlatti) e, infine, la Rosette rosa-bianco (a fiori doppi), oltre a numerose altre.

Colori e incroci dell'Anemone L’Anemone Nemorosa produce di solito dei fiori molto più piccoli rispetto alla precedente, di colore bianco, ma non mancano nemmeno il rosa o colori più vivaci, a seconda delle diverse varietà; l’Anemone Ranunculoides forma degli splendidi fiori gialli, di piccole dimensioni e portati in numero di due-tre sullo stelo del fiore stesso. Molto rinomata e celebre è anche l’Anemone Apennina, che si trova nelle regioni centro-meridionali del nostro paese e porta fiori bianchi, talora azzurri. Tra le principali specie a fioritura estivo-autunnale, l’Anemone x hybrida è indicata con diversi sinonimi, tra cui quello di “japonica” (come la camelia) e deriva da numerosi incroci che sono stati posti in essere (la fioritura è abbondante e i fiori sono bianchi o rosa, con un diametro che può variare dai sette agli otto centimetri.

Curiosità Infine, c’è da mettere in evidenza un’ultima curiosità. In effetti, nel genere Anemone erano un tempo comprese anche alcune specie molto variegate che appartengono invece, al giorno d’oggi, a diverse classificazioni; si tratta dei generi Hepatica e delle specie nobilis, erba trinità, con foglie trilobe e fiori che vedono spaziare il loro colore dall’azzurro-violetto al bianco-roseo, fino alla Pulsatilla.

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Ardisia - Ardisia crenata In questa pagina parleremo di :

• L'Ardisia • Varietà • Terreno • Tecniche di coltivazione • Concimazione ed Irrigazione • Potatura • Malattie e Parassiti

L'Ardisia L’ardisia è un arbusto sempreverde originario della Cina e dell’India Orientale. Nelle zone di origine assomiglia ad un vero e proprio albero con foglie di colore verde piuttosto che crescono in modo alternato sui rami; i fiori dell’ardisia sono caratterizzati da un leggero profumo, hanno una forma a stella e sono di colore bianco sfumato di rosso e crescono riuniti rendendosi simili ad una pannocchia. I frutti dell’ardisia sono delle bacche rotonde di un rosso vivo e lucente, essi durano da giugno all’autunno successivo. Grazie a queste bacche molto colorate,

nel periodo natalizio, spesso viene acquistata in sostituzione alla stella di Natale. L’ardisia è una pianta di tipo ornamentale, d’appartamento, che cresce molto lentamente, in modo eretto e con fusto corto, in età adulta può raggiungere il metro di altezza.

Varietà Esistono tantissime specie di ardisia, ma le principali sono: Ardisia Crispa o Crenata, l’Ardisia Humilis e l’Ardisia Solanacea. L’Ardisia Crispa è la specie più diffusa, è la varietà che si coltiva per giardini ed appartamenti. Ha avuto la sua origine in Cina e India. E’ il tipo di ardisia che si coltiva più frequentemente.Le foglie hanno forma a punta, contorni ondulati ed un colore verde piuttosto scuro. Ha fiori bianchi delicatamente profumati. La fioritura avviene alla fine della stagione primaverile inizio di quella estiva, i frutti raggiungono la maturazione nei mesi autunnali. L’Ardisia Humilis è simile alla Crispa ma di dimensioni

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minori e con fiori rosa, i frutti sono bacche rosse che, col passare del tempo, avvicinandosi alla maturazione, acquistano un colore tendente al nero. L’Ardisia Solanacea ha foglie verde chiaro, frutti lucidi e neri, fiori rosa-violetto.

Terreno L’ardisia ha bisogno di un terreno fertile composto da torba e terriccio. Sarebbe opportuno aggiungere anche della sabbia in modo da favorire il drenaggio dell’acqua necessaria all’irrigazione.

Tecniche di coltivazione La temperature ideali per l’ardisia sarebbero intorno ai 20°C nei periodi estivi e circa 15°C in quelli invernali, climi eccessivamente caldi o freddi provocherebbero la caduta di foglie e frutti. L’ardisia è una pianta che ama molto il caldo e la

luce, in estate può essere posta all’esterno, stando attenti, durante i giorni con caldo torrido, a non esporla alla luce diretta del sole; in inverno sarebbe opportuno tenerla all’interno della casa lontano da caloriferi e, possibilmente, vicino ad una finestra dove possa entrare luce. L’ardisia comunque è una pianta che non teme il freddo, si può quindi procedere alla sua coltivazione in giardino tutto l’anno, avendo l’accortezza, nei periodi più freddi, di coprire le radici delle piante più esili con della paglia.

La moltiplicazione dell’ardisia avviene per seme o per talea. La prima si effettua nella stagione primaverile, elemento necessario per far germogliare i semi è l’elevata temperatura che dovrà mantenersi costante a circa 24-25°C, mentre in inverno sarà opportuno abbassarla a 14-15°C, il terriccio dovrà essere ricco di sostanza organica e umido. State attenti a porre i semi dell’ardisia ad una minima profondità, circa 4-5 millimetri. Come abbiamo detto nei paragrafi precedenti, questa pianta ha una crescita parecchio lenta, quindi non preoccupatevi se dopo un anno le vostre piantine avranno raggiunto un’altezza di 2-3 cm. Per quanto riguarda la moltiplicazione per talea dell’ardisia, nel periodo tra maggio ed agosto, si prendono dei germogli lunghi circa 8-10 cm non dai rami principali, avendo cura anche di staccare anche un pezzo di corteccia, il taglio deve avvenire con un coltello e in maniera obliqua, ora si tolgono le foglie che si trovano nella parte più in basso e si piantano le talee in un vaso di circa 7-8 cm di diametro, contenente del terriccio composto da torba e sabbia in egual misura, a questo punto si procedere con l’innaffiatura e la copertura delle talee con un sacchetto di plastica che permetterà alla temperatura di restare costante. Comunque è bene controllare ogni giorno o ogni due il grado di umidità del terriccio. Passati 2-3 mesi compariranno i primi germogli, togliere la plastica, lasciar passare un po’ di tempo affinché le piantine diventino più robusto, passato questo tempo rinvasare in un altro vaso più grande oppure nel terreno.

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Concimazione ed Irrigazione L’ardisia va concimata dalla primavera dalla fine dell’estate, si deve usare un concime liquido mescolato all’acqua usata per innaffiare, esso deve contenere i giusti elementi come: Azoto, Fosforo, Ferro, Magnesio, Rame, Manganese, Zinco, Boro, Molibdeno, necessari alla corretta crescita della pianta. Riguardo all’innaffiatura, durante le stagioni più calde, la pianta dell’ardisia va sempre bagnata in modo da tenere il terreno sempre umido, in quelle più fredde bagnare lo stesso la pianta ma stando attenti a procedere con una successiva innaffiatura quando l’acqua si sia asciugata del tutto, con questo giusto comportamento andrete a prevenire il pericolo di ristagni d’acqua.

Potatura La potatura dell’ardisia si effettua nel mese di febbraio, in particolar modo se la pianta manifesta segni di indebolimento oppure se i rami siano cresciuti in modo irregolare, dandole così un’impressione antiestetica; con una cesoietta si tagliano i rami dell’ardisia a circa 7 cm dalla base.

Malattie e Parassiti I maggiori nemici di questa pianta sono gli afidi e la cocciniglia farinosa, i primi attaccano germogli e foglie, la seconda crea sulle bacche delle macchie bianche con una consistenza simile al cotone, unico rimedio sono gli antiparassitari.

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Aster - Aster naovae-angliae In questa pagina parleremo di :

• Origine del nome e famiglia • Infiorescenze e drenaggio • Le varie specie • Le epoche di fioritura • Coltivazione e conservazione • Curiosità: l'Astro di Sorrentino

Origine del nome e famiglia La denominazione di questa pianta è già di per sé molto suggestiva: “aster” è infatti un nome che deriva dalla lingua greca e che vuole mettere in evidenza la somiglianza con gli astri e con le stelle: volendo comunque essere più precisi, c’è da dire che la denominazione in questione è meglio conosciuta con la sua forma più volgare, vale a dire quella di Asteri, altrimenti dette Asteri Perenni o Asteri Vivaci, ma la precisazione si riferisce anche al genere cosiddetto Callistephus, quello degli Asteri Annuali. La famiglia a cui fanno capo queste piante perenni è quella delle Composite, ma si tratta di un genere che comprende diverse centinaia di specie di piante erbacee, alcune delle quali vengono coltivate per un semplice scopo ornamentale nei giardini più ricchi e vivaci, per bordure o per

costituire delle macchie di colore, ed ancora per il fiore reciso.

Infiorescenze e drenaggio Le infiorescenze che vengono a essere prodotte da tali specie sono quelle caratteristiche a capolino, con i fiori del disco di varie tonalità di giallo e fiori del raggio di differente colore. Per quel che concerne invece la coltivazione, bisogna sottolineare che esse non richiedono un terreno con particolari caratteristiche, ma comunque è necessario che vi sia un ottimo drenaggio. La moltiplicazione può invece avere luogo in maniera piuttosto agevole, attraverso la divisione del cespo nel tardo autunno o all’inizio della primavera, oppure andando a utilizzare il seme e operando una successiva ripicchettatura poco prima del definitivo trapianto.

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Le varie specie Le specie sono, come già è stato anticipato, molto numerose, ma al giorno d’oggi le piante che vengono coltivate sono suddivise in modo preciso in base alla loro epoca di fioritura: in questo caso, quindi, c’è una netta distinzione tra le specie che vantano una fioritura nei mesi primaverili e quelle che invece fioriscono nel periodo estivo-autunnale. In particolare, gli Asteri che tendono a fiorire in questi ultimi mesi, più caldi, sono conosciuti anche come Aster

Le epoche di fioritura

i che tendono a fiorire in questi ultimi mesi, più caldi, sono conosciuti anche come Aster Settembrini, per via del mese tipico in cui si può ammirare questo spettacolo di colori e tonalità. Ma in botanica non ci si limita soltanto a queste specie. In effetti, merita un cenno particolare anche l’Aster Alpinus, tipicamente a fioritura primaverile, una specie nana (le sue dimensioni non superano i 20-25 centimetri), la quale può essere facilmente rinvenuta persino allo stato spontaneo: da esso derivano numerosissime varietà, con capolini di diverso colore. Un’altra specie molto nota è l’Aster Yannanensis, la cui fioritura completa avviene a primavera inoltrata: si tratta, nel dettaglio, di una pianta che può anche raggiungere i 50 centimetri di altezza e che è in grado di produrre dei grossi capolini, i cui colori spaziano dall’azzurro tenue fino al blu intenso, in rapporto ovviamente alla varietà.

Ma anche le specie a fioritura autunnale non sono da meno e tra esse possiamo sicuramente citare l’Aster Novae-Angliae e l’Aster Novi-Belgii (i capolini in questo caso sono doppi). Le altezze sono maggiori, si arriva anche al metro e mezzo di dimensioni, mentre la fioritura risulta abbondante, tanto che i fiori riescono a coprire in maniera quasi totale la pianta, andando a costituire delle macchie di colore di notevole effetto decorativo. Il genere Callistephus, invece, comprende le innumerevoli razze e varietà di fiori derivate dal Callistephus Sinensis, originario della Cina e del Giappone.

Coltivazione e conservazione Che cosa occorre fare per ottenere il massimo risultato da queste piante così particolari? La coltivazione e l’utilizzo dell’Aster non sono così ampi come in altre specie e generi, ma ciò nonostante si tratta di un importante fiore reciso di pieno campo. Un consiglio molto utile può essere quello di variare la lunghezza della giornata mediante lo sfruttamento delle luci artificiali, in grado di estendere la fioritura senza alcun problema. La raccolta deve avvenire quando i fiori sono parzialmente aperti; poi, di procede al confezionamento, di solito raggruppando i fiori in mazzi di dodici steli ciascuno. La massima attenzione e cura devono essere prestati proprio nel momento successivo alla raccolta stessa. In effetti, la durata dell’Aster dipende dalla comparsa dell’appassimento e di alcune pieghettature dei fiori, i quali tendono a spostarsi verso il basso; una soluzione frequentemente adottata è quella di utilizzare del nitrato d’argento per aumentarne la longevità.

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Curiosità: l'Astro di Sorrentino La curiosità principale relativa a queste piante si riferisce al cosiddetto “Astro di Sorrentino”: di esso già se ne parlava nel corso dell’800 e nei pressi di Palazzo Adriano, e dopo un periodo di oblio è ritornato in voga, visto che ne sono state individuate delle popolazioni in alcune località della Sicilia. L’Aster in questione presenta delle foglie sub spatolate, con un caratteristico bordo dentellato: le infiorescenze sono a capolino e si passa dalle tonalità di viola fino ad arrivare al giallo tenue. La fioritura va dai mesi di giugno fino a tutto novembre. Davvero caratteristici sono, infine, i fiori, degli acheni (i tipici frutti secchi con un unico seme) con appendice piumosa e leggera.

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CRISANTEMO - Chrysanthemum In questa pagina parleremo di :

• La pianta del crisantemo. • La coltura • Gli aspetti più tradizionali della fioritura • La fioritura anticipata • Le specie più diffuse • Malattie e patologia vegetale • Curiosità

La pianta del crisantemo. Il fiore d’oro – questa è la traduzione letterale dal greco del nome del crisantemo – appartiene alla famiglia delle Composite (una delle più numerose in ambito botanico, dopo le Orchidacee): l’origine della pianta è totalmente asiatica, visto che i primi esemplari furono rinvenuti in territorio cinese e giapponese, in particolare nella nazione nipponica il crisantemo è estremamente popolare. La principale caratteristica che balza immediatamente agli occhi della pianta è, senza dubbio, la sua struttura cespugliosa, con una infiorescenza (il cosiddetto “capolino”) che è isolata all’apice dello stelo nel caso in cui ci troviamo di fronte a dei fiori standard. Si è parlato di infiorescenza e, in questo senso, occorre anche precisare che essa è costituita da fiori ermafroditi per quel che concerne il disco e da fiori femminili di tipo periferico che invece vanno a

comporre il raggio del capolino.

La coltura La coltura tradizionale è quella per fiore reciso, con una fioritura che ha luogo nel periodo di fine ottobre-novembre, solitamente in coincidenza con la commemorazione dei defunti, una particolarità che porta spesso associare questa pianta con la ricorrenza. Esiste comunque anche la possibilità di una cultura programmata in serra, facendo un adeguato ricorso all’illuminazione o all’oscuramento. Il crisantemo, inoltre, è una

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specie brevidiurna, il che vuol dire che per la sua completa fioritura occorre che la lunghezza del giorno sia inferiore a quattordici ore di luce; se ciò non dovesse accadere, allora anche la fioritura non avrà luogo e la crescita sarà esclusivamente vegetativa.

Gli aspetti più tradizionali della fioritura Come bisogna comportarsi proprio in relazione alla stessa fioritura? La fine del mese di ottobre è il mese più indicato per quel che concerne la normale fioritura, ma se si vuole ottenere un ritardo in questo senso, quindi un ampliamento anche ai mesi di dicembre, gennaio, febbraio, marzo e aprile, si dovrà ricorrere all’impiego della luce artificiale (il metodo più utilizzato è quello delle lampade incandescenti, le più intense per tale scopo). Non bisogna nemmeno dimenticare che il numero di ore di luce aumenta a mano a mano che il giorno si accorcia nella sua durata: in questo modo, sarà di due ore in settembre ogni notte per quattro settimane e di cinque ore per notte in dicembre-gennaio. La luce artificiale deve essere somministrata alle piante tra mezzanotte e le due del mattino, il modo più ideale per interrompere il periodo di buio, il quale non deve essere più lungo di sette ore. La luce intermittente, invece, è la soluzione ideale per un risparmio dei costi.

La fioritura anticipata C’è un metodo preciso per avere una fioritura anticipata a maggio, giugno, luglio, agosto e settembre? La risposta è affermativa: in tal caso, è sufficiente oscurare le piante con dei teli di polietilene nero dalle 19 fino alle 8 del mattino successivo; l’oscuramento inizia un mese dopo che si sono piantate le barbatelle per ottenere uno stelo più lungo. I teli neri devono essere mantenuti sul posto fin tanto che l’infiorescenza inizia a mostrare il proprio colore. Il polietilene nero provoca un aumento dell’umidità e un conseguente attacco di parassiti. Il crisantemo può essere coltivato anche per produrre piante fiorite in vaso. Si tratta di una coltura che si è molto ampliata negli ultimi anni, a causa del cambiamento dei gusti del consumatore, una sorta di emancipazione della pianta dalla triste nomea di “fiore dei defunti”. La specie è molto richiesta lungo tutto il corso dell’anno e questo è possibile grazie alla grande varietà di forme (tra le più note possiamo citare spider e a pompon): i vasi fioriti possono essere ottenuti in epoca normale, quindi a novembre o nei vari periodi dell’anno, ma in questa seconda ipotesi occorre effettuare

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almeno tre colture all’anno. La coltura programmata è piuttosto semplice: è infatti sufficiente suddividere la serra in due parti, una piccola in cui si effettua il trattamento a giorno lungo (le piante vi rimangono per circa quattro settimane) e un’altra in cui ci sono i teli neri per l’oscuramento.

Le specie più diffuse Tra le principali specie del crisantemo possiamo ricordare sicuramente i numerosi ibridi del Crisantemo Indico, la cosiddetta “margherita nerastra”, pianta perenne spontanea, la matricale, coi suoi tipici fiori doppi dai colori intensi e vivaci e il più cespuglioso Coto Grande.

Malattie e patologia vegetale Le malattie principali del crisantemo derivano soprattutto dai funghi (ruggine e ruggine bianca), ma anche da virus come aspermia, mosaico, maculatura nervale, rachitismo e bronzatura. Numerosi insetti, inoltre, possono danneggiare il crisantemo, alcuni suggendone la linfa con una conseguente debilitazione della pianta (afide verde, afide nero della fava, afide bruno del crisantemo e altri emitteri). Gravi danni ai fiori sono provocati anche dalla forbicina, uno dei principali dermatteri.

Curiosità La popolarità asiatica del crisantemo non deriva solo dalla sua diffusione e varietà di colori, ma anche dal fatto che le ligule della pianta, opportunamente fritte, sono considerate una vera delizia culinaria. Proprio in Giappone il crisantemo viene considerato il fiore nazionale, tanto da celebrarne ogni anno la bellezza e da meritarsi l’appellativo di “fiore della vita e della felicità”.

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erica - Erica In questa pagina parleremo di :

• L'Erica • Specie • Terreno e Tecniche Colturali • Concimazione ed Irrigazione • Potatura • Malattie e Parassiti • Proprietà

L'Erica L’Erica è una pianta perenne sempreverde che ha origine nell’Europa occidentale e mediterranea ed in Africa, ha dei fiori molto belli che variano a seconda della specie, per questo spesso viene utilizzata per decorare i nostri giardini, balconi e terrazzi. Può essere posizionata sia all’interno che all’esterno, l’importante che la temperatura non vada mai al di sotto dei 4-7°C. L’Erica ha bisogno di molta luce e, solo al mattino, sopporta bene anche delle ore di sole diretto. E’ una pianta che cresce a cespuglio e di dimensioni non eccessive. La fioritura dell’Erica avviene nel periodo autunnale-invernale e può essere di molti colori, dal bianco al rosso intenso, la temperatura ideale per questo processo sarebbe tra i 7 e i 15°C e, quanto più rimarrà costante, tanto più sarà prolungato tale periodo; se le

temperature fossero più alte i fiori appassirebbero, è quindi buona regola posizionare la pianta in un ambiente fresco ed umido. Tutte le specie di Erica hanno foglie piccole ed aghiformi con una lunghezza che varia da due a quindici millimetri, ricoprono i fusti e possono essere di colore giallo, arancione, rosso in base alla varietà.

L’altezza che può raggiungere l’Erica varia da venti centimetri al metro e mezzo.

All'Erica vera e propria molte volte vengono assimilate piccole piante sempreverdi che appartengono alla stessa famiglia delle Ericacee, la Daboecia e la Calluna, infatti, è bene ricordare che, spesso, le piante che vengono vendute come Erica fanno parte, invece, del genere Calluna ma, di questo solo la Calluna Vulgaris ha particolarità che la rendono simile alle piante di Erica.

Le piante Ericacee, come l’Erica, hanno la singolare caratteristica di avere nelle loro radici un fungo, l'Hymenoscyphus ericae, esso è molto importante perché fa sì che queste piante abbiano a

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disposizione azoto e fosforo (elementi molto importanti per il loro sviluppo) che, a causa del terreno troppo acido, non potrebbero avere.

Specie Esistono tantissime specie di Erica, forse più di seicento, di seguito racconteremo delle principali. Erica Gracilis: è molto compatta e raggiunge un’altezza non superiore ai 45-50 centimetri, ha molti fusti che sono ricoperti da tantissime foglie verdi di piccole dimensioni a forma di aghi. I fiori di questa specie possono assumere un colore rosso-rosato. Le varietà più nota di questa specie è l’Erica Gracilis Alba che, in inverno, produce fiori di colore bianco. Erica Carnea: questa specie nasce in modo spontaneo ed è presente soprattutto nelle Alpi e negli Appennini. Sempreverde e l’altezza non è mai superiore al metro, i fiori si formano a grappolo e hanno un colore rosa scuro. E’utilizzata soprattutto per rinaturalizzare luoghi degradati. Il periodo di fioritura va da febbraio a tutta estate. E’ una specie molto frequentata da insetti e, soprattutto, dalle api che producono un miele molto ricercato. Erica Arborea: l’altezza di questa specie può arrivare ai 5 metri; le foglie sono di colore verde intenso, sono a forma di aghi e lisce. I fiori hanno forma di campanula e presentano un gradevole profumo, sono bianchi con sfumature sul rosa e sbocciano in primavera. Viene detta scopa da bosco.

Erica Multiflora: nasce spontanea nei boschi dell’Italia centro-meridionale, è diffusa nell’area del Mediterraneo dove può raggiungere un’altezza di un metro e mezzo. E’ una specie sempreverde, con foglie ad aghi e fiori color rosa-violetto che fanno la loro comparsa in estate ed hanno un intenso profumo.

Erica Cinerea: è una specie sempreverde, rustica, raggiunge un’altezza massima di 60 centimetri. I fiori hanno forma di campanula e sono di colore viola, cominciato a sbocciare circa a metà della stagione estiva. Erica Scoparia: è una specie tipica della macchia mediterranea che può arrivare ad un metro e mezzo di altezza. Alcuni esemplari si trovano anche nei boschi. I fiori sono rosa e sbocciano in primavera. Predilige terreni acidi e con presenza di silicio. Si dice Scoparia perché in passato veniva utilizzata per produrre scope. Erica Melanthera: ha piccole dimensioni, rami morbidi con foglie piccole e fiori rosa.

Erica Hyemalis: questa specie ha un’altezza massima di 60 centimetri, le foglie sono fini e fiori sono a forma di tubo di colore bianco sfumato di rosa. Il periodo di fioritura va da novembre a gennaio.

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Erica Pageana: ha origine nell’Africa del sud, il fusto cresce eretto e fiorisce nella stagione autunnale, i fiori sono di colore giallo. L’altezza varia da 30 centimetri ad un metro.

Erica Persoluta: anch’essa ha origine nell’Africa meridionale, è una specie che si sviluppa a cespuglio e arriva ai 90 centimetri di altezza. Fiorisce nel periodo di marzo-aprile con fiori bianchi sfumati di rosa.

Erica Perspicua: presenta fiori tubolari bianco-rosa.

Erica tetrminalis: è molto presente in Sardegna, Corsica, Capri e in altre zone tirreniche. I fiori si riuniscono ad ombrelle. Il periodo di fioritura va da maggio ad agosto.

Erica manipuliflora: è detta anche Erica pugliese perché è tipica della zona di Gallipoli e dei laghi Alimini, in Sicilia e Castellammare del Golfo. Ha un fusto ascendente.

Erica Vagans: ha una colorazione rossa, è di piccole dimensioni e raggiunge al massimo i 60 centimetri di altezza. In inverno le foglie non cadono ma la parte aerea rinsecchisce e avrà nuovo sviluppo nella successiva stagione primaverile. Si può coltivare tutto l’anno perché resiste anche ad un clima molto freddo.

Terreno e Tecniche Colturali Il terreno preferito dall’Erica è acido, assolutamente non calcareo, composto da terra di foglie e terra d’Erica a cui saranno unite torba e sabbia per favorire il drenaggio. La moltiplicazione dell’Erica avviene per talea. In un periodo che va dalla primavera alla fine dell’estate, dalla pianta madre, si prelevano delle talee che dovranno avere una lunghezza di circa cinque centimetri. Usare sempre un coltello affilato e ben pulito. A questo punto si elimineranno le foglie più basse, si praticheranno dei buchi in contenitori riempiti con torba umida e sabbia grossa e si pianteranno le talee prima prelevate; ricopriremo il contenitore con della plastica, lo porremo in un luogo all’ombra dove sarà presente una temperatura di circa 18-24°C. Lasciare ora che le talee mettano le radici. Controllate sempre che il terriccio sia umido e, se necessario bagnatelo con dell’acqua non calcarea. Quando i primi germogli saranno sbocciati, bisognerà togliere la plastica e sistemare il contenitore in una zona con maggior luce; raggiunti i 6-7 centimetri di altezza e diventate più robuste, le piantine sono pronte per essere trapiantate in un vaso con lo stesso tipo di terriccio citato all’inizio del paragrafo.

Concimazione ed Irrigazione Il concime di cui ha bisogna la pianta dell’Erica è di tipo liquido e va somministrato ogni quindici giorni insieme all’acqua d’innaffiatura dall’inizio della primavera alla fine dell’estate. Questo concime dovrà contenere tutti gli elementi necessari alla crescita dell’Erica: Azoto, Fosforo, Potassio, Ferro, Manganese, Rame, Zinco, Boro, Molibdeno. Come detto in precedenza, l’Erica necessita di un terreno costantemente

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ma non eccessivamente umido, quindi la si innaffierà in modo regolare ma mai apportandole troppa acqua. Fate attenzione, ricordate che questa pianta non ama il calcare, sarà opportuno, in caso di acqua ricca di questa sostanza, innaffiare con acqua piovana o demineralizzata. Nebulizzate in modo frequente la chioma dell’Erica.

Potatura Si dovrà potare l’Erica ogni anno dopo il periodo della fioritura, accorciando i rami ed eliminando i fiori appassiti.

Malattie e Parassiti Anche questa pianta ha dei nemici che possono crearle problemi e, in alcuni casi, portarla alla morte. Molti fastidiosi parassiti come il ragnetto rosso, le cocciniglie ecc., la prendono di mira arrecandole danni più o meno gravi. Di seguito vi spiegheremo l’azione di questi parassiti, i sintomi che la pianta manifesta quando ne è vittima e i probabili rimedi.

Se notate che le foglie cadono e i fusti presentano una sorta di fragilità, vuol dire che siete stati troppo scarsi con l’apporto di acqua. Per ovviare a questo inconveniente, intensificate le irrigazioni senza però mai esagerare. Come detto sopra, nebulizzate la chioma ogni giorno. Ragnatele e foglie sfumate di un colore rossastro sono sintomo della presenza del ragnetto rosso. Per sconfiggere questo acaro bisogna aumentare l’umidità dell’ambiente, situazione non gradita a questo fastidioso insetto. Se l’attacco fosse massiccio usare prodotti specifici. Anche le cocciniglie sono nemici della pianta dell’Erica. Essi, la stimolano a produrre sostanze zuccherine portandola a deperimento e rendendola molto vulnerabile ai vari attacchi. E’ consigliabile l’uso di anticoccidici.

Proprietà Le proprietà dell’Erica sono: antisettica, astringente e diuretica. I grappoli dei fiori di alcune specie, raccolti mentre sbocciano, vengono usati sottoforma di decotto per combattere affezioni renali o per aiutare le mucose infiammate. Un tempo il legno di Erica veniva usato per fare le pipe perché molto resistente al fuoco. Una tisana utile per combattere la cistite va preparata dei fiori di Erica in un litro di acqua e preparare un decotto, si consiglia di berla lontano dai pasti.

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Genziana - Gentiana lutea In questa pagina parleremo di :

• Descrizione e caratteristiche • La diffusione geografica • Consigli per i campi • Terreno e raccolta • La radice della genziana • Curiosità • Le specie meno note

Descrizione e caratteristiche Anzitutto, incuriosisce un nome così particolare assegnato a una pianta: “Genziana”, secondo la consueta tradizione, deriverebbe infatti dal nome Gentius, vale a dire il re degli Illiri che la scoprì per primo. Più propriamente, però, si tratta del nome volgare che viene attribuito alle specie più grandi del genere Gentiana, e specialmente alla cosiddetta Gentiana lutea, conosciuta in modo più comune come Genziana

La diffusione geografica

”, secondo la consueta tradizione, deriverebbe infatti dal nome Gentius, vale a dire il re degli Illiri che la scoprì per primo. Più propriamente, però, si tratta del nome volgare che viene attribuito alle specie più grandi del genere Gentiana, e specialmente alla cosiddetta Gentiana lutea, conosciuta in modo più comune come Genziana maggiore. Le caratteristiche principali sono presto spiegate: si tratta di una pianta erbacea tipicamente perenne, munita di una radice piuttosto grande, lunga e ramificata, dal colore giallo vivo all’interno e con dei risvolti scuri per quel che riguarda invece l’esterno. Il fusto può avere un’altezza compresa tra i cinquanta

e i centocinquanta centimetri, ma la sua struttura è davvero semplice ed essenziale, mentre le foglie della genziana sono grandi, con delle dimensioni che arrivano anche ai trenta centimetri per lato.

Comunque, occorre anche precisare che le stesse foglie possono assumere colori e forme diverse, visto che esistono quelle radicali ed ellittiche, con dei brevi piccioli e quelle caulinari, di dimensioni decrescenti verso l’alto. Sono comunque tutte glabre e lucide. Per quel che concerne i fiori, invece, essi sono gialli e disposti

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in densi verticilli; il calice è spaccato da un lato fino alla base (in questo caso si parla di calice “spataceo”), mentre la corolla è rotata e divisa fino quasi alla base in un numero di lacinie che va da cinque a nove. C’è anche un frutto, una capsula. La diffusione geografica è molto variegata, e possiamo rinvenire con facilità la genziana maggiore, nella sua forma spontanea, in paesi come Portogallo, Spagna, Francia, Svizzera, Austria, Croazia, Germania e Asia Minore, ma non manca nemmeno nel nostro paese, soprattutto nei pascoli della zona montana e subalpina delle Alpi, dell’Appennino e del Gennargentu in Sardegna.

Consigli per i campi Tra l’altro, gli erboristi prediligono non poco questa pianta, che dunque tende a diventare sempre più rara per via della raccolta eccessiva. Un consiglio utile in questo caso può essere quello di tenere i campi in cui la pianta cresce nella sua forma selvatica: ciò che si deve invece evitare è l’utilizzo del letame, il quale può poi dare dei cattivi gusti alle radici, mentre è preferibile attenersi ai terricciati o, meglio ancora, ai concimi chimici più diffusi sul mercato.

Terreno e raccolta Il terreno viene a essere lavorato alla profondità di una buona vangata, poi, una volta che è stato sistemato, si può disporre il seme in delle buche, posizionate a una distanza una dall’altra di 25-30 centimetri, provvedendo poi a richiudere il tutto con la massima cura. Nella fase successiva alla nascita si provvede al diradamento, lasciando per ogni singola buca solo 3-4 (al massimo cinque) piante fra quelle migliori. Quando si è poi ottenuto l’attecchimento, le giovani piante si sviluppano in modo pieno e diventano ricche di radici a ceppo permanente. La raccolta si deve svolgere alla fine del secondo e anche del terzo anno di età, ma in un periodo antecedente; il lavoro è senz’altro faticoso, in quanto consiste nello scalzare e mettere a nudo delle grosse radici che scendono spesso a grande profondità, ma il frutto di questi sforzi è più che incoraggiante. Che cosa c’è da dire invece per quel che concerne l’epoca della raccolta? Essa deve precedere il momento della fioritura, in modo che le radici possano restare assai più ricche del loro aroma così caratteristico.

La radice della genziana La radice della genziana presenta un odore davvero particolare e un sapore che in un primo momento può apparire anche dolciastro e poi sempre più amaro: il suo contenuto spiega tutte queste differenza, visto che vi si trova, in gran quantità, la genziopicrina, ma anche l’acido genzianico e il genzianosio sono presenti in buona dose. Questa stessa radice e i suoi aromi rappresentano uno dei migliori eupeptici amari, quasi del tutto innocuo; attraverso i processi di fermentazione e di distillazione, se ne può ottenere un’acquavite assai pregiata e da intenditori.

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Curiosità Tra l’altro, la genziana viene anche utilizzata molto spesso sotto forma di polvere molto particolare, di tintura, di estratto e di sciroppo. Le diverse specie della pianta possono anch’esse beneficiare di proprietà analoghe: in effetti, la genziana punctata e la genziana purpurea, le quali, a differenza della lutea, presentano una corolla con dei brevi lobi, sono molto richieste in questo senso (la genziana punctata ha una corolla dal colore giallo-chiaro con dei punti violacei, mentre la genziana purpurea si distingue rispetto alle altre specie per la sua tonalità porporina con dei punti più scuri: le radici sono comunque più piccole, fattore che pregiudica la loro ricerca).

Le specie meno note Lo stesso nome di genziana, infine, si riferisce pure ad altre specie del genere Gentiana meno note e meno utilizzate, ma anch’esse piuttosto grandi per quel che riguarda le dimensioni (le specie di dimensioni più ridotte sono invece note come genzianelle), come ad esempio la genziana asclepiadea e la genziana pneumonanthe, ambedue con dei vivaci fiori azzurri.

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La gramigna - Festuca glauca In questa pagina parleremo di :

• Storia e presentazione • Le due specie più diffuse • I danni ai campi e le proprietà diuretiche • L'Agropyrum Repens • Le differenze con la Sanguinella e le altre specie • Consigli per la coltura • Estirpazione

Storia e presentazione È Plinio il Vecchio, noto scrittore e naturalista dell’Antica Roma, a occuparsi per primo di alcune delle virtù della gramigna: la Naturalis Historia parla infatti in maniera approfondita dell’utilizzo di questa pianta per ottenere qualche sollievo e rimedio medico dai calcoli e da altre infezioni renali. Sin da allora, però, la gramigna ha visto riversare su sé stessa due giudizi discordanti tra di loro. Il nome volgare di Gramigna, appunto, è quello che viene attribuito solitamente a diverse specie delle Graminacee (l’importante famiglia che comprende

660 generi e oltre novemila specie distribuite in tutto il mondo), soprattutto quelle di tipo infestante e, in maniera ancora più particolare, al Cynodon Dactylon e all’Agropyrum Repens.

Le due specie più diffuse Analizziamo subito nel dettaglio queste due specie appena citate. Il Cynodon Dactylon, vale a dire la pianta che conosciamo come Gramigna propriamente detta, è un’erba perenne con rizoma (il rigonfiamento del fusto) piuttosto ramoso, lungamente strisciante e che è in grado di produrre dei germogli davvero acuminati dalla spiccata forma conica (è proprio per questo motivo che il genere in questione ha assunto questo nome, visto che la traduzione letterale dal greco significa “denti di cane”, dato che i germogli stessi presentano una somiglianza con la dentatura canina). Per quel che concerne i fusti, c’è da dire che essi sono ascendenti, ramosi alla base e dotati di un’altezza compresa tra i dieci e i trenta centimetri. Le foglie sono invece piane e lineari e marcatamente cigliate. Un ciuffo di peli sostituisce poi la consueta ligula, donando alla pianta quel suo caratteristico aspetto. Anche i fiori presentano delle peculiarità interessanti: la disposizione avviene lungo delle spighe terminali che possono essere in un numero compreso tra tre e sette, patenti e lineari. Ogni spighetta comprende un fiore ermafrodito inferiore e uno abortito superiore

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(ovviamente un fiore ermafrodita è quello che presenta sia parti maschili che femminili). Le glume, la consistenza cartacea che avvolge ogni specie delle Graminacee, sono di tipo mutico, ovvero non vi sono in alcun modo setole o spine.

I danni ai campi e le proprietà diuretiche La notorietà della Gramigna è piuttosto consistente, dato che ci troviamo di fronte a una pianta diffusa praticamente in tutto il mondo, molto comune nel nostro paese, sia nelle zone marine che submontane, ma dalla fama oscura; in effetti, la Gramigna è solita invadere in maniera devastante le colture, provocando quindi danni ingenti, ma neanche i prati ne sono immuni, perché la loro costituzione viene severamente peggiorata proprio da tale pianta, una delle peggiori foraggere. È da qui che nasce la fama ambivalente della Gramigna: i contadini e gli agricoltori ne parlano come del peggior morbo esistente sul globo, a causa dei danni appena elencati, ma i rizomi della pianta sono anche ricchi di amido, di mucillagine e di diversi tipi di zuccheri, una caratteristica che permette di ricavarne degli apprezzati decotti diuretici, così come consigliava Plinio duemila anni fa.

L'Agropyrum Repens Un’altra specie molto diffusa, come era già stato anticipato, è l’Agropyrum Repens, meglio conosciuto come Caprinella o anche Dente di cane (anche in questo caso per via della forma dei germogli acuminati): tale Gramigna presenta un rizoma frusciante e di tipo cespuglioso, i fusti sono eretti o ginocchiati, con un’altezza che può andare dai trenta centimetri fino a un metro. Per quel che concerne i fiori dell’Agropyrum, poi, bisogna sottolineare come essi siano in spiga e tenaci, con delle spighette che comprendono da quattro fino a nove fiori. La Caprinella è molto comune nei luoghi erbosi e nei campi, ma non vi sono distinzioni tra il mare e le zone montane; l’effetto infestante è proprio persino di questa specie, ma l’opinione non è del tutto negativa in qualità di pianta foraggera.

Le differenze con la Sanguinella e le altre specie Un errore molto frequente è quello di confondere la Gramigna con la cosiddetta Sanguinella o Sanguinaria (si tratta del Panicum Sanguinale o Digitaria Sanguinalis), anch’essa erba annua, infestante e comune nelle zone di montagna. Le altre specie di Gramigna meritano comunque un cenno: la Gramigna acquatica, quella bionda, la Gramigna delle vie e dei prati, quella di Parnasso e la Gramigna stellata, tutte appartenenti alla vasta famiglia delle Graminacee, dotate di un poter infestante notevole o comunque tra le più cattive foraggere presenti in natura.

Consigli per la coltura

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I consigli più utili in questo senso sono presto detti. Anzitutto, va ricordato in maniera precisa che alcune delle Gramigne più comuni possono essere utilizzate per formare in modo agevole dei tappeti erbosi, un risultato che sarà davvero impressionante, visto che si otterranno dei campi floridi e resistenti a qualsiasi cosa, persino al calpestamento più violento. Tra l’altro, non si deve dimenticare nemmeno la Festuca Ovina, pianta che viene a essere coltivata nella maggior parte dei casi come ornamento caratteristico per il fogliame.

Estirpazione Una conclusione ideale per questa trattazione riguarda la lotta contro la Gramigna: senza dubbio è un contrasto molto difficile e arduo da realizzare, ma il miglior comportamento da adottare in tale ipotesi è quello di agire in maniera metodica, applicando una decisa estirpazione e approntando le dovute e appropriate tecniche che si adattano meglio alla coltura.

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Lantana - Lantana In questa pagina parleremo di :

• Origine e spiegazione del nome • La Lantana Camara e il Viburnum • Le altre specie • Le esigenze principali • La luce da utilizzare • Concimazione e potatura • Malattie e curiosità

Origine e spiegazione del nome Il nome della Lantana si riferisce al genere di piante Dicotiledoni, appartenente alla famiglia delle Verbenacee e comprendente, inoltre, numerose specie, la maggior parte delle quali originarie dell’America Tropicale. L’intuizione di affibbiare questo nome al genere in questione (in precedenza, con Lantana si identificava solitamente il Viburnum) si deve interamente a Carl von Linnè, il medico e naturalista svedese meglio noto col nome di Linneo. Si tratta, in pratica, di piante che possono essere sia erbacee che di tipo arbustivo e che beneficiano di altri aggettivi per una loro accurata descrizione: sono infatti irsute, tomentose e hanno delle foglie opposte, ellittiche e dentate, mentre i fiori sono variamente colorati e riuniti in delle splendide infiorescenze compatte.

La Lantana Camara e il Viburnum Non c’è dubbio comunque su un fatto: la specie più famosa e diffusa come pianta di tipo ornamentale è sicuramente la Lantana Camara, un arbusto sempreverde che è però adatto solamente alle zone che presentano uno spiccato clima mite. Le foglie di questa specie sono di un intenso colore verde scuro, mentre i fiori, di forma tubulosa, possono essere rosa, arancioni, bianchi oppure rossi, riuniti in delle infiorescenze larghe pochi centimetri, le quali si aprono all’ascella delle foglie stesse nel periodo compreso tra maggio e ottobre. La moltiplicazione può essere effettuata sia mediante l’inseminazione nei mesi primaverili, sia attraverso talea in agosto. Tra le altre cose, non bisogna dimenticare che con lo stesso nome di Lantana si è soliti indicare comunemente nel nostro paese il Viburnum Lantana, un arbusto della famiglia delle Caprifoliacee, presente soprattutto ai margini dei boschi italiani, il quale presenta delle foglie che

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sono davvero molto somiglianti a quelle della Lantana vera e propria. I fiori del Viburnum sono bianchi e riuniti in cime, mentre i frutti sono drupe rosse che diventano di colore nero quando hanno raggiunto la piena maturità: da esse si ricava un prezioso inchiostro, ma sono molto utili anche i rametti più giovani e flessibili, impiegati spesso per intrecciate i cesti.

Le altre specie Ma non esistono soltanto le specie appena elencate: conosciamo dunque altre varietà molto interessanti. Anzitutto, c’è la Lantana Selloviana, detta anche “Montevidensis”, con un chiaro riferimento alla sua origine uruguaiana: la specie è semiprostata e consta di rami molto sottili e di foglie di piccole dimensioni. In questo caso il periodo più ideale per vedere le infiorescenze nel loro massimo splendore è quello compreso tra ottobre e novembre, con delle varietà di colore che vanno dal rosa-lilla fino al giallo. Un carattere ancora più tropicale lo possiedono invece le Lantane Involucrate e quelle Trifolia: nel primo caso si tratta di una specie diffusissima nelle Antille, con fiori globosi e una crescita sostenuta fino al metro e mezzo, mentre la Trifolia produce in genere dei fiori dal colore rosso porpora.

Le esigenze principali Di quali esigenze necessita questa pianta? Le maggiori attenzioni devono essere prestate nel corso dei mesi invernali, soprattutto in termini di temperature a cui esporre la Lantana: tra i 6 e i 10 gradi ci troviamo di fronte a una condizione ideale, mentre un eccessivo innalzamento o riscaldamento potrebbe provocare un attacco sconsiderato da parte dei parassiti, a causa del progressivo deterioramento a cui andrebbe incontro. Anche l’acqua con cui si innaffia la pianta va controllata in maniera minuziosa e precisa; in questo caso, con le alte temperature estive ci vuole un’innaffiatura abbondante e generosa, mentre essa deve essere più moderata in inverno, senza dimenticare che la Lantana ha bisogna della maggior umidità possibile, ottenibile anche in serra. In questo senso, un accorgimento giusto e che si può consigliare nell’ambito della coltivazione di tale pianta è quello di utilizzare soltanto dei terreni ricchi, fertili e con una massiccia presenza di humus. La luce, poi, deve essere considerata come un vantaggio-svantaggio, vale a dire che non si deve commettere l’errore di sfruttarne troppa.

La luce da utilizzare La Lantana necessita di una luce molto buona, perfino quando il sole splende in modo totale nelle calde giornate estive, ma le ore di massima esposizione vanno monitorate, perché il sole alla sua massima potenza e una scarsa ventilazione della pianta possono rappresentare un mix davvero letale.

Concimazione e potatura

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La concimazione e la potatura, infine, sono due elementi più che essenziali: almeno ogni due settimane si deve provvedere a concimare le piante, e questo consiglio vale fino all’inizio della stagione autunnale, mentre quando l’estate è nel suo pieno svolgimento, allora dei vasi all’aperto rappresentano la soluzione migliore, senza tralasciare la serra e la sua utilità autunnale. Parlare invece di potatura è un po’ improprio per la Lantana: l’operazione si rende necessaria esclusivamente per i rami che arrivano fino ai quindici centimetri di lunghezza e, in particolare, nel periodo compreso tra febbraio e marzo.

Malattie e curiosità I maggiori nemici della pianta sono sicuramente i funghi, ma anche le mosche bianche intaccano seriamente la struttura, visto che sono solite succhiare in abbondanza la linfa delle foglie. In conclusione, qualche interessante curiosità: la specie Camara è un’erba piuttosto nociva e fastidiosa e il suo sottobosco, nonostante i fiori dall’aroma intenso, è molto acuminato. Inoltre, si è soliti variare le gamme di colori, un’operazione che rende la pianta molto richiesta dal punto di vista decorativo.

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Ortensie - Hydrangea In questa pagina parleremo di :

• Storia e caratteristiche • L'Hydrongea Macrophylla • Moltiplicazione e radicazione della pianta • Specie e malattie più frequenti • Annaffiatura e terreno ideale • Curiosità

Storia e caratteristiche È il XVIII secolo, più precisamente il 1756, quando il naturalista francese Philibert Commerçon torna nella natia Chatillon-sur-Chalaronne e vi crea uno stupendo orto botanico: si deve proprio a questa fondamentale opera l’introduzione in Francia e poi in Europa dell’ortensia. Si tratta di un nome che descrive in modo molto più comune tutte quelle piante che appartengono al genere Hydrangea, il quale appartiene alla famiglia della Sassifragacee. La prima impressione che destano alla vista queste piante è quella di arbusti densamente cespitosi, con i rami che tendono in modo molto netto alla posizione prevalentemente verticale. Le foglie delle ortensie sono solitamente opposte, caduche, ampie, glabre e dotate di denti ai margini, mentre i tipici fiori sono riuniti in una infiorescenza piuttosto ampia, emisferica e densa: l’apice di tale infiorescenza si trova nel punto più alto dei germogli d’erba e si schiude in modo completo intorno ai mesi

primaverili ed estivi.

L'Hydrongea Macrophylla Una delle particolarità più interessanti in questo senso è lo sviluppo piuttosto intenso dei fiori, i quali però sono anche sterili e con una funzione più che altro “vessillare”, vale a dire adatto

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all’impollinazione. Di specie ve ne sono diverse, ma quella che viene maggiormente coltivata come pianta prettamente da ornamento è l’Hydrangea macrophylla (nota anche come hortensia appunto): l’origine è cinese, ma anche in Giappone sono presenti degli esemplari davvero interessanti. In pratica, si tratta di un arbusto che è splendidamente dotato di una longevità notevole e incredibile: esistono, infatti, delle piante che riescono a vivere all’interno dei giardini anche per quaranta o cinquanta anni senza che sia necessario approntare delle cure particolari o sofisticate.

Moltiplicazione e radicazione della pianta Di solito, l’ortensia viene a essere prodotta su larga scala come vaso fiorito, mentre la durata che può vantare come fiore reciso è piuttosto limitata e non invidiabile dal punto di vista botanico. La moltiplicazione della pianta avviene per talea di stelo (il frammento appositamente tagliato e sistemato nel terreno o nell'acqua per dare nuova vita alle parti mancanti e a un nuovo esemplare) e in questo modo è possibile asportare le foglie basali, provvedendo a ridurre, al contempo, la dimensione di quelle che si trovano nella parte più mediana, al fine di diminuire drasticamente la traspirazione; inoltre, bisogna ricordare di lasciare intatto il paio superiore, visto che è proprio quello che svolge la funzione di produttore di rizocolina, il sostegno più adatto per la radicazione della pianta. Come avviene appunto questa fase della radicazione? Anzitutto, è necessario creare un adeguato substrato, composto semplicemente da torba e sabbia, e questo stesso composto deve subire l’effetto della nebulizzazione. Il periodo più indicato in questo senso per portare a termine tale operazione è quello compreso tra i mesi di aprile e di agosto. Un altro consiglio utile, poi, può essere

quello di evitare, perché assolutamente inutile, l’impiego del trattamento della talea mediante l’utilizzo di fitoregolatori come NAA (solitamente usato proprio per la radicazione: si tratta del Naftal, una formulazione liquida a base di acido alfanaftilacetico, da cui deriva la sigla) o anche IBA (in questo caso, invece, si fa ricorso all’acido giasmonico o paraclorobutrazolo). A questo punto, si deve procedere con la sistemazione delle talee radicate in un altro substrato, formato in tale occasione da torba e terra di brughiera, in modo da far svernare le stesse al di sotto di un tunnel sottoposto a riscaldamento. Il passo successivo consiste nel trapianto nei vasi e nella potatura.

Specie e malattie più frequenti

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C’è da sottolineare che le varietà di ortensia sono davvero numerose e il miglioramento genetico cerca di ottenere, oltre a quelle tipiche bianche, rosa, azzurre, anche colori più brillanti, con dimensioni comunque limitate. La pianta abbisogna di attenzioni davvero accurate, visto che va soggetta a molte malattie e virus (tra i più frequenti, possiamo citare l’ingiallimento delle nervature delle foglie, l’infestamento da nematodi, curabile mediante la sostituzione del terriccio e il cosiddetto “mal bianco”, l’Erysiphe polygoni); il risanamento può anche avvenire attraverso la coltura in vitro.

Annaffiatura e terreno ideale Le foglie dell’ortensia sono numerose e dunque hanno anche una traspirazione intensa che richiede acqua in quantità abbondante e generosa (la chioma va nebulizzata con particolare frequenza). La limitazione della traspirazione, inoltre, avviene con degli appositi antitraspiranti che sono distribuiti sulle foglie, consentendo di ridurre drasticamente la frequenza delle irrigazioni. Aggiungendo alla terra soluzioni consecutive di solfato di alluminio si può beneficiare dei fiori blu a partire dalle varietà rosa. Le ortensie sono forzate procedendo come le azalee: vengono poste a una bassa temperatura (2°C) per circa tre settimane, al fine di eliminare la dormienza delle gemme, passando poi in serra, dapprima alla temperatura di 18°C e dopo scendendo fino a 15°C, ponendo in essere delle abbondanti irrigazioni. Il terreno più consigliato deve avere un Ph alcalino e una posizione di semi-ombra.

Curiosità Infine, si può concludere parlando di una interessante curiosità: le ortensie vantano una serie impressionante di varietà e ciò non è altro che il risultato delle coltivazioni in Giappone dell’Hydrangea Macrophylla, per cui tutte le specie attualmente in commercio sono le discendenti dirette di quella antica introduzione avvenuta verso la fine del ‘700.

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Papaveri - Papaver roheas In questa pagina parleremo di :

• Introduzione al genere dei papaveri • Specie e diffusione geografica • I papaveri "italiani" • I papaveri nel mondo • La coltivazione • Curiosità ornamentali

Introduzione al genere dei papaveri “Ma in altro pensiero allora Elena entrò. Nel dolce vino, di cui bevean, farmaco infuse contrario al pianto e all’ira, e che l’oblio seco inducea d’ogni travaglio e cura”. Recita così un verso dell’Odissea di Omero, la quale si sofferma su questo nepente, un infuso ottenuto mediante l’utilizzo dei semi di papavero, segno che la conoscenza di questa pianta è davvero molto antica. Solitamente, col nome di papavero si indicano tutte quelle specie che appartengono al genere Papaver, oltre ad altre che sono invece riferibili alla famiglia della Papaveracee (distribuite in prevalenza nelle zone temperate e subtropicali dell’emisfero boreale).

Specie e diffusione geografica Il genere Papaver, comunque, comprende circa un centinaio di specie di erbe (in rari casi si tratta di suffrutici, vale a dire le piante perenni che si caratterizzano per la loro base di legno) di vario tipo, annue, bienni o, nella maggior parte dei casi, perenni. La diffusione geografica è molto variegata e si passa da alcune zone alpine o fredde fino all’Europa, l’Asia e l’Africa Boreale, e persino l’Africa meridionale e l’Australia. Le tipiche piante del

genere sono ispide e dotate di latice, con foglie lobate o dissette; i fiori, invece, sono ermafroditi, vistosi, solitari su dei lunghi peduncoli, con degli splendidi boccioli reclinati. Il pistillo è unico e un disco raggiato e persistente riunisce tutti gli stimmi. Merita un cenno anche il frutto del papavero, spesso sfruttato a scopo terapeutico, ma non solo, visto che si tratta di una capsula con i pori situati immediatamente sotto il disco. Molto noti sono anche i semi di papavero, di dimensioni davvero minute e che vengono a maturità quando

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sono proiettati all’esterno in seguito alle oscillazioni del lungo peduncolo, oscillazioni provocate ovviamente dal vento.

I papaveri "italiani" C’è da dire, in questo senso, che la nostra flora comprende però soltanto quattro specie, la più comune delle quali è il Papaver rhoeas, detto anche “Papavero dei campi” o “Rosolaccio”: la pianta in questione, erba annua e ramosa, è alta dai venti centimetri fino a un metro ed è comunissimo nei luoghi incolti e tra le messi (specialmente nel grano). Come già anticipato, il papavero è anche usato nella medicina popolare. Un’altra specie ben diffusa è il cosiddetto Papaver hybridum, anch’esso annuo, dei campi, muri e argini delle strade. L’Italia può invece vantare il bellissimo Papaver alpinum, il quale si trova nella zona alpina delle Alpi e dell’Abruzzo: si tratta di una pianta perenne e di piccola statura, mentre la corolla vivacizza tutto l’insieme col suo caratteristico colore bianco o giallo-aranciata. L’Italia meridionale, poi, è ricca del Papaver somniferum, il cosiddetto “papavero da oppio”: è una pianta annua e dal fusto poco ramificato, la cui altezza può superare perfino il metro, contraddistinto da grandi fiori termali, bianchi o rosei (la coltivazione originaria, in questo caso, è dell’Asia Minore ed è proprio grazie al suo latice condensato che si ottiene l’oppio vero e proprio).

I papaveri nel mondo Alcune specie del genere Papaver vengono addirittura coltivate a scopo ornamentale. A seguito di alcuni incroci e selezioni, sono state ottenute delle cultivar ornamentali di Papaver roehas come Shirley Single Mixed, a fiori bianchi, rosa, salmone e cremisi, e Shirley Double Mixed, a fiori con numero doppio di petali. Queste piante sono molto adatte al giardino di tipo roccioso, a formare delle caratteristiche bordure accanto a cespugli di margherite, di agerato, di lobelia, di liatris e di tagetes. Nel caso in cui dovessero essere recisi, questi fiori non avrebbero alcuna durata in qualsiasi tipo di vaso. Per lo stesso fiore reciso, infatti, viene invece coltivato il Papaver nudiculae, noto anche come il papavero d’Islanda, nonostante la sua reale origine sia della Siberia, delle Montagne Rocciose, dell’Alaska, della Svezia, della Norvegia, del Tibet, dell’Afghanistan e dell’Himalaya. Il nome così particolare della specie deriva dal fatto di possedere diverse foglie radicali a rosetta, di un verde chiaro intenso e portate da esili piccioli.

La coltivazione La corolla è formata da quattro petali, di cui due interni più piccoli e due dal diametro maggiore e di colore bianco. I semi germinano in questo caso in quindici giorni: dopo un mese, poi, la piantina, la quale ha quattro foglie vare, viene trapiantata a dimora, per cui continuerà a ingrossarsi ed emettere foglie. Dopo quattro mesi dalla semina, inoltre, compaiono i boccioli che si ingrossano e si aprono: una volta raccolti gli

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steli, essi possono essere immersi per qualche secondo in acqua bollente, in modo da interrompere la fuoriuscita del latice e prolungare la durata del fiore reciso.

Curiosità ornamentali Davvero interessante è anche il Papaver somniferum per il suo esclusivo uso da coltivazione. In effetti, tale pianta può essere agevolmente coltivata in qualsiasi tipo di giardino; tra l’altro, ne esistono varie specie a fiore doppio (come può essere, ad esempio, il Pink Chiffon) con colori vivaci ed emozionanti, come il rosa chiaro, assai piacevoli alla vista. Gli steli, in tal caso, sono alti fino a un metro, e sono la soluzione più adatta per creare e rinvigorire delle aiuole tra gli alberi più imponenti come magnolie o conifere dal portamento prostrato.

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