PIANO TRIENNALE DI GESTIONE DEL CINGHIALE E DI ... · 4.3 La formazione per il recupero dei capi...
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PPIIAANNOO TTRRIIEENNNNAALLEE DDII GGEESSTTIIOONNEE DDEELL CCIINNGGHHIIAALLEE
EE DDII MMOONNIITTOORRAAGGGGIIOO DDEELL CCAAPPRRIIOOLLOO ((22001122 –– 22001155)) (approvato con D.P. n. 8 del 22/10/2012 ‐ validità: dal 22/10/2012 al 21/10/2015)
Parco Nazionale dei Monti Sibillini Dr. Franco Perco Dr. Alessandro Rossetti Dr. Paolo Salvi Dr. Federico Morandi
Laboratorio di Ecologia Applicata Dr. Enrico Cordiner Dr. Nicola Felicetti Dott.ssa Sara Marini
Indice PREMESSA 1. DESCRIZIONE DEL CONTESTO ECOLOGICO E SOCIALE 1.1. Popolazione di Cinghiale 1.2. Danni alle colture 1.3 Relazione tra popolazione di Cinghiale e entità dei danni alle colture 1.4 Prelievo selettivo 1.5 Relazione tra il prelievo selettivo e la popolazione di Cinghiale 2. OBIETTIVI DEL PIANO
2.1 Valutazione dell'opportunità di intervento 2.2 Tecniche standardizzate di monitoraggio 2.3 Individuazione di un valore – soglia ottimale
3. MODALITA' DI INTERVENTO 3.1 Strumenti e metodi di intervento 3.2 Aree d’intervento 3.3 Sistemi di prevenzione dei danni
4. PERSONALE COINVOLTO
4.1 Livelli di partecipazione degli operatori di selezione (Selco) 4.2 Aggiornamento e formazione degli operatori di selezione con arma da fuoco 4.3 La formazione per il recupero dei capi feriti 4.4 La graduatoria di meritocrazia degli operatori di selezione
5. DESTINAZIONE DEGLI ANIMALI PRELEVATI E ABBATTUTI 6. MONITORAGGIO DELLA POPOLAZIONE DI CAPRIOLO RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI ALLEGATI: A) REGOLAMENTO DEL PRELIEVO SELETTIVO DEL CINGHIALE B) PROTOCOLLO OPERATIVO PER LE OPERAZIONI DI PRELIEVO SELETTIVO
C) PRESCRIZIONI PER LA GESTIONE DELLE UNITA’ DI CATTURA D) DOCUMENTO TAVOLO TECNICO REGIONI, IZSUM, ASUR, ASL – INDICAZIONI SUL
TRATTAMENTO DELLE CARCASSE
Premessa
Il Cinghiale (Sus scrofa) è un animale dotato di una eccezionale plasticità ecologica, dovuta essenzialmente alla sinergia di alcuni fattori: una strategia riproduttiva “intelligente”, in grado di adattarsi a diverse condizioni ecologico‐ambientali, attraverso la quale riesce ad ottenere incrementi di popolazione molto significativi (spesso pari o addirittura superiori al 100 % annuo); la capacità di utilizzare un ampio spettro alimentare, composto da risorse sia di origine vegetale che animale; una notevole vagilità, ovvero la capacità di effettuare spostamenti anche di svariati chilometri in tempi ridotti, sia in relazione all’alimentazione che alla riproduzione. Grazie a queste sue caratteristiche si è assistito, nell’ultimo trentennio, ad una esplosione demografica che ha interessato un intero continente – l’Europa ‐ e che, inevitabilmente, ha posto la specie in una condizione di conflitto con diverse attività umane, in primo luogo con un’agricoltura rurale le cui tradizioni ed i cui prodotti genuini si tramandano da secoli. Anche l’Appennino umbro‐marchigiano è stato interessato da questo fenomeno, e nonostante il Cinghiale fosse scomparso da queste montagne da diversi secoli, a partire dalla fine degli anni ’70 la sua presenza si è fatta progressivamente più massiccia, a causa soprattutto dei numerosi interventi di ripopolamento effettuati a scopo venatorio. In relazione alla istituzione di diverse aree protette, si è talvolta osservato il cosiddetto “effetto spugna”, legato ad una certa tendenza delle popolazioni di Cinghiale emigrare dalle aree in cui è praticata un’intensa attività venatoria per “rifugiarsi” nelle aree protette. Di importanza non secondaria, inoltre, è il fatto che il Cinghiale gioca anche un importante ruolo ecologico, dal momento che attualmente rappresenta, tra l’altro, la principale preda naturale per il Lupo. Al fine di affrontare tali complesse problematiche, il Parco ha attuato, a partire dal 1994, una strategia articolata, in coerenza con la normativa vigente e con gli indirizzi nazionali e, in particolare, con le “Linee guida per la gestione del Cinghiale (Sus scrofa) nelle aree protette” pubblicate dal Ministero dell'Ambiente e dall'INFS (ora ISPRA). Tale strategia ha riguardato, oltre all’indennizzo dei danni, la realizzazione di recinzioni elettrificate per la protezione delle colture, il monitoraggio sulla consistenza e la dinamica della popolazione di Cinghiale e il controllo numerico mediante prelievo selettivo tramite abbattimento e catture. La principale finalità di tali interventi, pertanto, è quella di contenere la popolazione di Cinghiale entro limiti ritenuti compatibili con il mantenimento degli equilibri ecologici e, in particolare, con gli “agroecosistemi”, contribuendo in tal modo anche a tutelare l’agricoltura. Sebbene l’art. 11, comma 3, della legge quadro sulle aree protette n. 394 del 6 dicembre 1991 vieti, tra l’altro, la cattura, l'uccisione, il danneggiamento, il disturbo delle specie animali, il comma 4 dello stesso articolo prevede la possibilità di effettuare prelievi faunistici ed eventuali abbattimenti selettivi, necessari per ricomporre squilibri ecologici accertati dall'Ente Parco, che devono avvenire per iniziativa e sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell'Ente parco ed essere attuati dal personale dell'Ente Parco o da persone all'uopo espressamente autorizzate dall'Ente parco stesso. Inoltre, il D.M. del 03/02/1990 di istituzione del Parco Nazionale dei Monti
Sibillini vieta "l'attività venatoria, escluso l'abbattimento selettivo delle specie in sovrannumero rispetto alla loro densità agricolo‐forestale, secondo le disposizioni di legge vigenti in materia". Già le prime indagini sulla popolazione di Cinghiale nel Parco, condotte dal prof. Bernardino Ragni dell’Università degli Studi di Perugia, accertavano l’oggettiva sussistenza di squilibri ecologici legati alla presenza sovrabbondante di tale specie in relazione principalmente alle colture; in particolare, nella “Relazione sui primi risultati del progetto Cinghiale”, approvata con DCD n. 67 del 13/09/1995, si evidenziava che “gli agrosistemi, una componente storica e profondamente funzionale del paesaggio geografico e dell’ecosistema dei Monti Sibillini e dell’alta Valnerina, subiscono pesantemente gli effetti dell’attività alimentare del Cinghiale nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini”. Le attività di monitoraggio e controllo della popolazione di Cinghiale sono state finora attuate nell’ambito del Piano Quinquennale di gestione del Cinghiale e di monitoraggio dell’Orso bruno e della Lince eurasiatica (PQ) ‐ attuato dal 22/06/1998 al 31/12/2003 con la collaborazione dell’Università degli Studi di Perugia ‐ del Piano triennale di gestione del Cinghiale 2005‐2007 (PT1), approvato con DCS n. 22 del 30/09/2004, attuato dal 02/01/2005 al 31/12/2007, del Piano triennale di gestione del Cinghiale e di monitoraggio del Capriolo 2008‐2011 (PT2), approvato con DP n. 21 del 12/12/2007 ed attuato dal 7/2/2008 al 6/2/2011 e, infine del Piano Transitorio di gestione del Cinghiale e di monitoraggio del Capriolo (2011), prorogato fino al 9/8/2012. Relativamente al Piano Transitorio di gestione del Cinghiale e di monitoraggio del Capriolo (2011), il cui obiettivo era quello di far precedere, anche in considerazione dell'avvicendamento del Direttore del Parco, un nuovo Piano pluriennale da una fase di transizione riorganizzativa atta ad approfondire e risolvere talune criticità e, in particolare:
ad approfondire le cause dell'incremento dei danni alle colture arrecate dai Cinghiali;
ad individuare e sperimentare adeguati sistemi di prevenzione dei danni;
a raffinare le tecniche di censimento e monitoraggio del Cinghiale e del Capriolo;
a valutare l'efficacia e la convenienza (anche in termini di rapporto costi/benefici) dei diversi metodi di controllo (catture e abbattimenti selettivi);
ad adeguare le modalità di controllo numerico del Cinghiale sulla base della suddetta valutazione e delle vigenti norme in materia di trattamento e destinazione dei capi catturati e abbattuti;
ad individuare le strutture e i dispositivi (quali mattatoi, centri di raccolta, telesegnalatori) necessari o funzionali all'attuazione degli interventi di prelievo selettivo;
ad individuare modalità atte a promuovere una filiera per la commercializzazione dei capi prelevati;
a verificare l'efficienza, la preparazione e la disponibilità degli operatori di selezione, valutando la necessità di effettuare nuovi corsi per l'abilitazione al prelievo selettivo del Cinghiale.
Il Piano Transitorio ha quindi affrontato le problematiche sopra descritte, di cui ha tenuto
conto il presente Piano.
Il presente Piano di gestione del Cinghiale è stato redatto ai sensi dell’art. 2 del Regolamento del prelievo selettivo del Cinghiale, nel rispetto dell’art. 11, comma 4, della L. n. 394/91, nonché in coerenza con la seconda edizione delle “linee guida per la gestione del Cinghiale nelle aree protette”, predisposte nel 2012 dall’ISPRA e dal Ministero dell’Ambiente, e tenendo
conto dei risultati dei precedenti Piani di gestione del Cinghiale nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Inoltre, coerentemente al D.P.R. 8/9/1997 n. 357 d’attuazione della direttiva “habitat” 92/43/CEE, costituisce una misura di conservazione delle zone speciali di conservazione (Siti d’Interesse Comunitario e Zone di Protezione Speciale) ricadenti all’interno del Parco. Esso è riferito ad un periodo di tre anni a partire dall'avvio della sua attuazione.
1. DESCRIZIONE DEL CONTESTO ECOLOGICO E SOCIALE
La presenza del Cinghiale (Sus scrofa) nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini ha rappresentato, sin dalla sua istituzione, una delle maggiori cause di conflitti sociali, politici ed economici, soprattutto in relazione ai danni arrecati da questa specie alle colture e al suo interesse venatorio e commerciale. Da un lato gli agricoltori hanno subìto i danni diretti provocati dalla sua presenza, da un altro il mondo venatorio ha guardato con interesse all’ingente presenza del Suide nel Parco come serbatoio della specie per le aree esterne mostrandosi talvolta critico verso le attività di gestione condotte dal Parco. D’altro canto il coinvolgimento di una parte dei cacciatori locali abilitati al selecontrollo, ha rappresentato un importante fattore di attenuazione dei conflitti. Il Cinghiale, inoltre, può causare squilibri nel sistema ecologico del Parco, in relazione principalmente proprio ai danni agli "agrosistemi", a cui è legata la presenza anche di specie faunistiche di rilevante interesse conservazionistico, come la Coturnice (Alectoris graeca, Meisner 1804), Starna (Perdix perdix, Linnaeus 1758), la Tottavilla (Lullula arborea, Linnaeus 1758), il Succiacapre (Caprimulgus europaeus, Linnaeus, 1758) e l'Averla piccola
(Lanius collurio, Linnaeus 1758) e, secondariamente, agli effetti sugli ambienti naturali o seminaturali, come le praterie secondarie. Il Cinghiale, quale specie autoctona che si era estinta nel territorio dei Sibillini in tempi storici recenti, riveste tuttavia anche un ruolo positivo fondamentale nella catena trofica del Parco, in particolar modo quale principale preda del Lupo
(Canis lupus, Linnaeus 1758), specie di interesse comunitario prioritaria. Le misure gestionali adottate devono pertanto risultare oculate tenendo in considerazione l’insieme di questi fattori e avendo quale obiettivo generale il mantenimento di una popolazione di Cinghiale compatibile con le finalità di conservazione del Lupo e di salvaguardia e valorizzazione delle attività agro‐silvo‐pastorali tradizionali.
Di seguito si riportano in sintesi i principali risultati ottenuti nell’ambito dei precedenti Piani di gestione del Cinghiale (PT1 2005 – 2007 e PT2 2008 – 2011 e Piano Transitorio 2011) con riferimento alla consistenza ed all’andamento della popolazione di Cinghiale, ai danni alle colture, al numero di Cinghiali “rimossi” tramite i due metodi utilizzati: prelevo selettivo con arma da fuoco e trappolamento con strutture fisse e mobili. Sono utilizzati anche i dati del 2004, anno di transizione tra il Programma Quinquennale (PQ) e il PT1. 1.1. Popolazione di Cinghiale La consistenza della popolazione del Cinghiale è stata valutata annualmente attraverso l’applicazione di diverse tecniche standardizzate di monitoraggio da cui si sono ricavati 3 principali Indici relativi di Abbondanza: la Densità Minima Stimata (DMS), dal conteggio per osservazione diretta su aree di saggio
nel periodo primaverile (nella seconda metà di giugno), il cui valore assoluto, data la difficoltà di rilevamento del Cinghiale che ne esclude a priori il conteggio esaustivo, è da considerarsi del tutto indicativo. Dalla DMS per le aree di saggio è stato estrapolato un numero minimo di individui ipotetico (Consistenza Ipotetica Minima ‐ CIM) per tutta l’area del Parco in modo da avere un parametro, seppure indicativo, della consistenza della popolazione confrontabile con i dati pregressi del PQ, in cui similmente l’abbondanza
annuale della popolazione è stata espressa in numero di individui, e comunque necessario come base di partenza per individuare un numero di riferimento di cinghiali da rimuovere.
l’Indice Chilometrico di Abbondanza (IKA), dal rilevamento degli Indici di Presenza diretti ed indiretti con il metodo naturalistico su una rete di transetti standardizzata percorsa nella stagione autunnale (1 ottobre – 31 dicembre) e primaverile (1 marzo – 30 giugno) dall’autunno 2004 all’autunno del 2010;
l’Indice Temporale di Abbondanza (ITA), dal rapporto fra il numero di cinghiali avvistati e il numero di giornate‐operatore effettuate nel periodo primaverile (15 marzo – 15 luglio) nell’attività di prelievo selettivo.
Di seguito si riporta una tabella riassuntiva della serie storica dei dati.
Periodo Consistenza Ipotetica
Minima Piano
Giugno 1998 3486
PQ(1998 – 2003)
Giugno 1999 1481
Giugno 2000 4550
Giugno 2001 8193
Giugno 2002 2689
Giugno 2003 2785
Giugno 2004 2580 Fase transizione
Giugno 2005 2024
PT1 (2005 – 2007) Giugno 2006 2071
Giugno 2007 2568
Giugno 2008 2218
PT2 (2008 – 2011) Giugno 2009 1481
Giugno 2010 1665
Aprile 2011 2551 Piano Transitorio 2011 ‐ 2012
Aprile 2012 3936
Note: Per quanto riguarda il 2011 ed il 2012 la stima è stata ricavata da conteggi per osservazione diretta da punti vantaggiosi in aree di saggio, ma con modalità e tempi diversi rispetto agli anni precedenti ( per il periodo di rilevamento, ed estensione e numero delle aree di saggio).
L’andamento negli anni, come si può osservare nel grafico, appare complessivamente in decremento a partire dal 1998, con ampie variazioni fino al 2002 a cui segue una relativa stabilizzazione fino al 2011, durante la quale la CIM oscilla fra i 1500 e i 2500 individui circa. Nel 2012 si osserva invece un valore di consistenza evidentemente più elevato, di circa 4000 individui. Va tenuto però presente che le stime del 2011 e del 2012 non sono ben confrontabili con quelle pregresse a causa del diverso metodo di campionamento utilizzato, che è risultato sicuramente meno adeguato e rappresentativo di quello adottato dal 2004 al 2010, soprattutto per la ridotta estensione delle aree di saggio.
Il confronto con gli altri due Indici di Abbondanza utilizzati per il monitoraggio (nel corso del PT1 e PT2) mostra una certa corrispondenza fra fasi di incremento e decremento della CIM e dell’IKA (con applicato un fattore di correzione che diminuisce l’effetto della variabilità delle condizioni di rilevamento determinata dalla disomogeneità negli anni della copertura nevosa sulla rete di transetti), anche se con alcune evidenti differenze, mentre mostra una sostanziale corrispondenza nell’andamento generale di CIM e ITA. Per quanto riguarda il 2012, l’andamento dell’ITA, suggerisce un ridimensionamento del valore relativo della CIM, il cui progressivo aumento dal 2010 al 2012 si può perciò ritenere compreso nel range delle oscillazioni riscontrate a partire dal 2004. Complessivamente si conferma dunque la situazione di generale stabilità negli ultimi 10 anni. L’associazione dei valori primaverili della stima e dell’ITA con l’IKA rilevato complessivamente nella stagione autunnale dell’anno precedente e nella stagione primaverile corrispondente, è risultata il miglior modello per la valutazione generale dell’abbondanza relativa annuale del Cinghiale in quanto è quella in cui si ha la maggiore congruenza nell’andamento relativo dei diversi Indici utilizzati.
trimestre di rilevamento IKA periodo di
rilevamento stima e ITA
IKA tot Cinghiale
Consistenza Ipotetica Minima
Cinghiale
ITA Cinghiale
‐ Primavera 2004 ‐ 2580 3,3
autunno 2004, primavera 2005 primavera 2005 15,5 2024 2,4
autunno 2005, primavera 2006 primavera 2006 12,3 2071 2,7
autunno 2006, primavera 2007 primavera 2007 21,1 2568 3,5
autunno 2007, primavera 2008 primavera 2008 17,5 2218 3,0
autunno 2008, primavera 2009 primavera 2009 15,4 1481 2,4
autunno 2009, primavera 2010 primavera 2010 17,3 1665 1,8
‐ Primavera 2011 ‐ 2551 ‐
‐ Primavera 2012 ‐ 3936 2,8
3486
1481
4550
8193
2689 27852580
2024 20712568
2218
1481 1665
2551
3936
y = ‐121,64x + 3925
0
1000
2000
3000
4000
5000
6000
7000
8000
9000
1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012
N. Indd
Consistenza Ipotetica Minima Cinghiale1998 ‐ 2012
PIANO QUINQUENNALE 1998 ‐ 2003 PIANO TRIEN. 2008 ‐ 2011
PIANO TRIEN. 2005 ‐ 2007
0,0
5,0
10,0
15,0
20,0
25,0
0
500
1000
1500
2000
2500
3000
3500
4000
4500
2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012
IKA
consistenza
Consistenza Ipotetica Minima e IKA Cinghiale
Consistenza Ipotetica Minima IKA tot annuale
0,00
0,50
1,00
1,50
2,00
2,50
3,00
3,50
4,00
0
500
1000
1500
2000
2500
3000
3500
4000
4500
2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012
ITA
Consistenza
Consistenza Ipotetica Minima e ITA Cinghiale
Consistenza Ipotetica Minima ITA
Per quanto riguarda la distribuzione del Cinghiale nel territorio del Parco, in base ai dati
raccolti con le attività di monitoraggio è stato osservato che interessa prevalentemente gli ambienti collinari periferici, coincidenti con i territori in cui si concentrano maggiormente le attività agricole, definendo in generale come area vocata tutta la superficie compresa al di sotto dei 1400 m di quota (escluso l’edificato, strade, ecc...), con l’aggiunta, sopra questa quota, delle aree occupate dalla faggeta.
Nella carta di seguito raffigurata sono evidenziati i discreti chilometrici con presenza del
Cinghiale relativi agli ultimi 3 anni (2008, 2009, 2010), ricavati dall’analisi dei transetti effettuati e dei dati derivanti dalle attività di prelievo selettivo dagli operatori di selezione.
Rilevamenti 2008 ‐ 2010
Con una ulteriore elaborazione, basata sull’IKA rilevato nei transetti (rilevamenti nei trimestri autunnali e primaverili dall’ autunno 2004 alla primavera 2010), è stata estrapolato un gradiente di presenza potenziale del Cinghiale (e quindi di vocazionalità) nell’intera area del Parco in relazione alle tipologie ambientali presenti. Ovviamente le tipologie ambientali con i valori di abbondanza relativa più elevati (in cui si ha selezione positiva o proporzionale alla disponibilità) corrispondono in generale all’area vocata prima definita; fanno eccezione le aree prative al di sotto dei 1400 m che, anche se sicuramente fortemente sottoutilizzate rispetto alle tipologie boschive, nel contesto mosaicizzato caratteristico di questa zone possono essere considerate comunque comprese nell’area vocata.
Nella figura sottostante è rappresentato questo gradiente con sovrapposti i confini dei 7 settori in cui è suddivisa l’area del Parco in funzione del prelievo selettivo.
La struttura di popolazione è stata stimata annualmente nel periodo immediatamente dopo le nascite dalle osservazioni effettuate nei conteggi diretti, considerando 3 classi cromatiche di età: Nero (che generalmente nel Parco è risultato caratterizzare gli individui al di sopra dei 15
mesi di età – Piano Quinquennale 1998 ‐ 2003) Rosso (dai 4 ai 12 – 15 mesi di età) Striato (da 0 a 4 mesi di età)
I risultati di queste stime mostrano in tutti gli anni una elevata percentuale di individui
appartenenti alla classe cromatica di età Nero, con valori compresi fra il 40 ed il 57 % che suggerisce il sussistere di una buona struttura di popolazione, nonostante gli interventi di prelievo selettivo siano stati fino ad ora indirizzati proprio sulle classi adulte e subadulte.
periodo di rilevamento
superficie aree di saggio in ha
cinghiali osservati
Neri Rossi Striati totale % Neri % Rossi % Striati
giugno 2004 11148 274 103 180 557 49,2 18,5 32,3
giugno 2005 10519 232 41 139 412 56,3 10,0 33,7
giugno 2006 9466 155 85 139 379 40,9 22,4 36,7
giugno 2007 9466 236 54 180 470 50,2 11,5 38,3
giugno2008 9113 200 67 139 406 49,3 16,5 34,2
giugno 2009 9113 116 43 112 271 42,8 15,9 41,3
giugno 2010 4097 55 39 43 137 40,1 28,5 31,4
aprile 2011 2479 66 27 34 127 52,0 21,3 26,8
aprile 2012 2315 84 41 58 183 45,9 22,4 31,7
Per quanto riguarda i dati riproduttivi, ricavati dalla ispezione delle femmine abbattute con il prelievo selettivo, è stata riscontrata una certa costanza negli anni del numero medio di feti per femmina gravida (N = 160) che va da un minimo di 3,36 feti ad un massimo di 5,35 con una media complessiva dal 2005 al 2010 di 4,49 feti per femmina. La proporzione delle femmine adulte (sessualmente mature) che partecipano alla riproduzione è mediamente di poco superiore 50 % (min 48 % e max 61 %) e, come il numero medio di feti, rimane relativamente costante. Ciò indica che la popolazione viene mantenuta dal prelievo selettivo a densità inferiori a quelle che potrebbe esprimere attraverso maggiori oscillazioni dei parametri riproduttivi normalmente riscontrate nelle popolazioni non soggette a prelievo (Massei G., Genov P., 2000).
anno FF sex mature
FF gravide
FF allattanti
FF in riproduzione
FF in riproduzione/ FF sex mature N medio feti per
femmina gravida A B C B + C (B+C)/A
2005 93 37 8 45 0,48 4,14
2006 49 11 17 28 0,57 3,36
2007 123 32 34 66 0,54 4,41
2008 89 28 26 54 0,61 4,29
2009 89 32 20 52 0,58 5,00
2010 60 20 14 34 0,57 5,35
Totale 503 160 119 279 0,55 4,49
media ponderata Per il 2004, il 2011 ed il 2012 non sono disponibili dati di base riproduttivi
I criteri per la definizione delle femmine sessualmente mature sono: almeno 12 mesi di età classe cromatica di età Nero peso di almeno 30 kg
Tali criteri sono basati sull’analisi dettagliata dei dati morfologici in relazione ai dati riproduttivi delle femmine abbattute.
1.2. Danni alle colture L’analisi dei danni prodotti dal Cinghiale all’agricoltura nel PNMS è stata effettuata sulla base dei seguenti tre parametri forniti dal CTA del CFS: numero delle denunce, indennizzi pagati (ai sensi del vigente disciplinare del Parco), superficie totale dei campi coltivati danneggiati).
Anno n. di denunce Indennizzi pagati Sup. danneggiata
Piano (in migliaia di €.) (in ha)
2004 222 111,0 173 Fase transizione
2005 128 53,2 62
PT1 (2005 – 2007) 2006 180 73,0 120
2007 180 98,3 134
2008 196 149,7 198
PT2 (2008 – 2011) 2009 189 178,8 217
2010 218 250,4 176
2011 267 224,1 227 Piano Transitorio 2011
Note: i dati del 2011 sono da considerarsi provvisori in quanto l’attendibilità di un certo numero di denunce pervenute al CTA è ancora in fase di verifica.
0
50
100
150
200
250
300
2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011
n. di denunce Indennizzi pagati (in migliaia di €.) sup. danneggiata (in ha)
Pur essendo tali dati raccolti con criteri disomogenei nel corso degli anni si ritengono
sufficientemente attendibili per un’analisi generale: appare evidente dal grafico che la tendenza riscontrata nel Parco è di un aumento continuo dei danni, a partire dal 2005, per tutti e tre i parametri. Quindi, nonostante il controllo della popolazione di Cinghiale, mantenuto entro i limiti prefissati, i danni da esso prodotti agli agro‐sistemi del Parco sono negli ultimi anni in costante aumento. Per una lettura più appropriata di tale tendenza va però rimarcato che, nel corso degli anni, l’importo degli indennizzi è stato adeguato, a seconda dei casi, dal 60‐80 al 100%.
Nel corso degli anni la lenticchia di Castelluccio, di elevato valore non solo economico ma
anche culturale ed ecologico, ha assunto un ruolo predominante nel complesso delle colture danneggiate dal Cinghiale raggiungendo i primi posti nella categoria degli indennizzi corrisposti ed una ampia percentuale sul totale di questi. I castagneti rappresentano l’altra “coltura” maggiormente danneggiata, tralasciando le “Categorie miste”.
Dal punto di vista economico i danni alla lenticchia e ai castagneti ammontano insieme al 42% dei danni denunciati nel 2006, al 66% nel 2007, al 45% nel 2008, al 45% nel 2009, al 60% nel 2010, al 40 % nel 2011 (non considerando le “Categorie miste” in cui spesso una parte della superficie danneggiata è costituita dalla lenticchia di Castelluccio; per il 2011 inoltre il dato è sicuramente in difetto in quanto quasi tutte le denunce in fase di verifica non considerate in questa elaborazione riguardano proprio lenticchia e marroni).
L’analisi condotta per categorie danneggiate evidenzia che nel 2011 la principale coltura danneggiata (in termini economici) nel Parco è stata quella dei marroni, contrariamente agli ultimi 3 anni (2008, 2009, 2010) in cui era la lenticchia di Castelluccio. La lenticchia di Castelluccio rappresenta nel 2011 comunque la seconda “coltura” danneggiata. 1.3 Relazione tra popolazione di Cinghiale e entità dei danni alle colture
Il precedente PT2 evidenziava, nelle analisi compiute, durante l’esperienza condotta nella gestione del Cinghiale, a partire dal 1998 e fino al 2006, una correlazione tra l’entità della popolazione di Cinghiale e l’entità dei danni ad esso attribuibili agli agro‐sistemi. Tale correlazione era maggiormente marcata con il parametro “numero di denunce” ma ugualmente presente verso il parametro “entità degli indennizzi” (PT2). In particolare si evidenziava che il “numero di denunce” era andato, seppure con annuali oscillazioni, via via diminuendo, questo almeno fino al 2005.
Come evidenziato in tabella e grafico successivi, l’entità dei danni provocati dal Cinghiale
(espressi secondo gli indennizzi corrisposti ed il numero delle denunce presentate), a partire dal 2005, tende costantemente ad aumentare nonostante l’abbondanza relativa della popolazione di Cinghiale, pur con oscillazioni più o meno marcate, si sia mantenuta sostanzialmente stabile. Le motivazioni di questa tendenza possono essere molteplici, sia di natura ecologica (come ad esempio variazioni locali delle risorse trofiche naturali, condizioni climatiche particolari che favoriscono o meno l’attività di scavo, intensificazione dell’utilizzo di alcune colture da parte del Cinghiale per trasmissione culturale all’interno dei branchi, maggiore danneggiamento di colture pregiate per la diminuzione di altre tipologie colturali appetite) sia di natura sociale – economica;
di non secondaria importanza potrebbe essere infatti la maggiore attenzione che le Aziende agricole hanno rivolto al sistema degli indennizzi che, peraltro, è stato adeguato nel tempo (DCS 41/06; modifiche CD 7/08) aumentandoli fino al 100% (per le colture biologiche) del danno osservato.
Anno n. individui minimo
stimato n. di denunce Indennizzi pagati (in €.)
1998 3486 361 150000
1999 1481 235 93000
2000 4550 281 120000
2001 8193 376 148000
2002 2689 324 82000
2003 2785 168 88000
2004 2580 222 111000
2005 2024 128 53000
2006 2071 180 73000
2007 2568 180 98000
2008 2218 196 150000
2009 1481 189 179000
2010 1665 218 250000
2011 2551 267 224000
2580
2024 2071
2568
2218
14811665
2551
0
50
100
150
200
250
300
2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011
Popolazione cinghiale (/10) n. di denunce Indennizzi pagati (in migliaia di €.)
Riguardo questo complesso argomento, come ulteriore parametro di valutazione è stato
analizzato lo sviluppo lineare relativo degli scavi di Cinghiale nella categoria ambientale Vegetazione dei campi coltivati, rilevato in media annualmente nei trimestri autunnali e primaverili nella rete di transetti.
E’ stato così riscontrato che in effetti dal 2005 (primo anno utile di confronto con i
transetti) la percentuale di substrato campionato interessato dagli scavi nella categoria ambientale Vegetazione dei campi coltivati, seppure in maniera discontinua, è complessivamente aumentata passando dal 1.78 %, rilevato nel 2005, al 5.55 % rilevato nel 2010. Le principali risposte che il presente Piano dà nell’affrontare tale problematica sono rappresentate dall’aumento delle quote di individui da abbattere (cfr. par. 2.3) e dalla adozione di misure di prevenzione (cfr. par. 3.3) e saranno articolate in maggiore dettaglio nei Programmi annuali di controllo e gestione della popolazione di Cinghiale.
Vegetazione dei campi coltivati
anno m percorsi m Scavo % Scavo
2005 60798 1084 1,78
2006 65328 2459 3,76
2007 61958 2014 3,25
2008 65171 2075 3,18
2009 67571 2389 3,54
2010 66400 3682 5,55
Il valore % m Scavo è riportato sull’asse secondario delle y; gli indennizzi sono rappresentati in migliaia di €, la superficie danneggiata in ha
0,00
1,00
2,00
3,00
4,00
5,00
6,00
0
50
100
150
200
250
300
2005 2006 2007 2008 2009 2010
indennizzi sup dann n. denunce % m Scavo
L’analisi condotta per categorie agricole danneggiate evidenzia come nel 2010 la principale coltura danneggiata (in termini economici) nel Parco sia la lenticchia di Castelluccio, così come avvenuto nel 2008 e nel 2009. Nel corso degli anni questa coltura, di elevato valore non solo economico ma anche storico, tradizionale ed ecologico, ha assunto un ruolo predominante nel complesso delle colture danneggiate dal Cinghiale raggiungendo il primo posto nella categoria degli indennizzi corrisposti ed una ampia percentuale sul totale di questi. I castagneti rappresentano la seconda “coltura” danneggiata, tralasciando le “Categorie miste” di cui si approfondisce l’analisi nelle “Relazioni annuali del 2009 e del 2010”.
Sono quindi queste le due categorie più rilevanti dal punto di vista economico: insieme ammontano al 42% dei danni denunciati nel 2006, al 66% nel 2007, al 45% nel 2008, al 45% nel 2009, al 60% nel 2010. Nel 2011 (anno in cui numerose denunce relative alla lenticchia di Castelluccio risultano ancora in sospeso per accertamenti del CTA), le due colture assommano al 40% con una buona rilevanza dei castagneti.
Ripartizione percentuale degli indennizzi corrisposti nel 2010
Lenticchia di Castelluccio
41%
Categorie miste16%
Castagneto11%
Mais8%
Roveja6%
Erba medica4%
Ceci4%
Orzo3%Grano duro
2%Patate1%
1.4 Prelievo selettivo Il numero dei capi prelevati tramite abbattimento selettivo con arma da fuoco da appostamento fisso, a partire dal 2004 (primo anno successivo al PQ) è il seguente; a fianco dei risultati ottenuti è indicato inoltre lo sforzo di prelievo profuso sul campo:
Anno n. capi abbattuti Giornate operatore Piano Triennale
2004 655 1853 Fase transizione 2005 512 1358
PT1 (2005 – 2007) 2006 289 899
2007 539 1445
2008 571 1517
PT2 (2008 – 2011) 2009 499 1588
2010 278 974
2011 29 73Piano Transitorio 2011
2012 319 891
Note: nel 2011 il prelievo selettivo è stato effettuato solo per un periodo di tempo molto breve per cause diverse da motivazioni scientifiche gestionali I capi abbattuti appartengono tutti alle classi di età nero, rosso ed intermedie. Il numero dei capi catturati tramite trappolamento e di quelli conseguentemente abbattuti è il seguente e, anche in questo caso è indicato lo sforzo di prelievo espresso in notti‐trappola:
Anno n. capi catturati
n. capi abbattuti o trasferiti
Notti trappola n. impianti di cattura
considerati
2004 41 37 29 4 2005 0 0 0 0 2006 58 44 24 5 2007 39 28 17 6 2008 66 56 37 7 2009 6 6 1 1 2010 20 20 4 1 2011 0 0 0 3
Nel 2011 le attività di trappolamento hanno riguardato solo circa 2 mesi; gli impianti di cattura autorizzati non sono stati mai attivati dai gestori per la mancanza di frequentazione dei cinghiali. Quindi non sono state effettuate notti/trappola
Il totale dei Cinghiali “sottratti” con i due metodi all’ecosistema del Parco è riassunto nella seguente tabella:
Anno Prelievo selettivo Trappolamento
Totale capi rimossi n. capi abbattuti n. capi rimossi
2004 655 37 692
2005 512 0 512
2006 289 44 333
2007 539 28 567
2008 571 56 627
2009 499 6 505
2010 278 20 298
2011 29 0 29
2012 319 0 319 In definitiva, a partire dal 2004 nel periodo comprendente i due PT, normalmente sono
stati abbattuti/rimossi circa 500 individui all’anno. Il massimo (692 individui) è stato registrato nel 2004, anno di transizione tra il PQ ed il PT1. Tranne il 2006, il 2010 ed il 2011 sono sempre stati abbattuti/rimossi oltre 500 individui. Appare evidente la scarsa importanza in termini quantitativi del trappolamento sul totale dei Cinghiali rimossi (da 0 – nel 2005 – a circa il 9% nel 2008): il 5,1% nel PT1, il 5,8% nel PT2.
Molto interessante è la relazione fra il numero di cinghiali abbattuti nel prelievo selettivo in rapporto al numero di giornate – operatore effettuate e la consistenza ipotetica minima stimata della popolazione di Cinghiale. Ponendo a confronto la consistenza primaverile (il periodo di riferimento è il mese di giugno) con il numero di cinghiali abbattuti mediamente per giornata ‐ operatore nel periodo seguente (dal mese di luglio al mese di giugno dell’anno successivo) si può infatti osservare una evidente corrispondenza, che da una parte conferma la buona rappresentatività dell’abbondanza relativa del Cinghiale ricavata dai conteggi per osservazione diretta, dall’altra mostra come l’efficienza del prelievo sia comunque dipendente complessivamente dalla consistenza della popolazione, al di là delle capacità degli operatori di selezione.
Ponendo a confronto la CIM (che viene stabilita attraverso le osservazioni dirette effettuate a giugno, con l’eccezione del 2011 e del 2012) con le quote annuali di cinghiali rimossi (nel periodo seguente: da luglio al giugno successivo) si osservano: ampie fluttuazioni nel PQ (fino al 2002) in relazione ad abbattimenti condotti in modo
molto irregolare nel tempo (periodi intensi e prolungati con abbattimenti mattina e sera alternati a lunghi periodi di assenza di prelievo)
in conseguenza di prelievi molto ridotti (ad esempio nel 2000 e 2010) la popolazione tende sempre ad aumentare considerevolmente
in conseguenza di prelievi consistenti la popolazione tende in generale a diminuire, seppure con alcune eccezioni imputabili con molta probabilità a fenomeni di immigrazione
una fase “centrale” (in particolare dal 2002 al 2008) di relativa stabilità della popolazione durante la quale sono sati abbattuti mediamente circa 500 cinghiali annui
certamente nella dinamica della popolazione del PNMS influiscono fenomeni di immigrazione ed emigrazione dovuta la continuità ecologica lungo tutto il perimetro del Parco, con le aree circostanti, in cui viene regolarmente praticata una consistente attività venatoria e di controllo del Cinghiale
0,00
0,05
0,10
0,15
0,20
0,25
0,30
0,35
0,40
0,45
0,50
0
500
1000
1500
2000
2500
3000
2004 ‐ 2005 2005 ‐ 2006 2006 ‐ 2007 2007 ‐ 2008 2008 ‐ 2009 2009 ‐ 2010 2010 ‐ 2011 2011 ‐ 2012
capi rim
ossi/giornata
Consistenza
Consistenza Ipotetica Minima Cinghiale e numero capi rimossi per giornata ‐operatore nel prelievo selettivo
consistenza ipotetica minima rimossi prelievo selettivo/giornate ‐ operatore
1.5 Valutazione del rapporto del Cinghiale con la biocenosi
Data l’estrema complessità dell’argomento, la ricerca è stata incentrata su due principali indirizzi di indagine ritenuti rappresentativi per la valutazione dell’impatto del Suide sulle fitocenosi e delle relazioni con la zoocenosi.
Poiché il rooting costituisce uno degli elementi più critici dell’impatto del Cinghiale sull’ambiente, sia per l’effetto diretto sulle fitocenosi, che per l’effetto indiretto sulle zoocenosi più legate all’ambiente terricolo, è stato utilizzato come parametro di valutazione lo sviluppo lineare degli scavi rilevato nella rete di transetti in relazione alle tipologie ambientali (si ricorda che la rete di transetti è stata ripetuta annualmente nella stagione primaverile ed autunnale).
Per quanto riguarda la zoocenosi, si è cercato invece di individuare eventuali relazioni fra le dinamiche e le tendenze dell’abbondanza relativa (rappresentata dall’IKA degli Indici di Presenza diretti ed indiretti rilevati nella rete di transetti) della popolazione di Cinghiale e delle popolazioni di 3 specie target, il Capriolo, il Lupo e la Coturnice, la cui rappresentatività delle relazioni fra il Suide e gli altri Vertebrati presenti nel Parco si unisce ad una sufficiente contattabilità con il metodo di ricerca adottato; altre indicazioni sui rapporti fra queste specie sono state cercate nel confronto della scelta dell’habitat al fine di verificare, per il Capriolo e la Coturnice, quanta sia la possibilità che da parte del Cinghiale ci sia una interferenza e/o competizione nell’uso dello spazio e delle sue risorse trofiche o la possibilità, nel caso della Coturnice, di una predazione diretta su uova e nidiacei.
3474
1476
4534
8165
2680 27752580
2024 2071
25682218
14811665
2551
3936
731
382
121
1120
741 703526
262
615420
726
287
45
326
0
500
1000
1500
2000
2500
3000
3500
4000
4500
Andamento della CIM e degli abbattimenti di Cinghiale
consistenza ipotetica minima n. rimossi
Nella tabella sottostante sono riportati i risultati complessivi dell’analisi del rooting;
Frequenza % m Scavo
anno veg boschiva
veg prativa primaria e pioniera
veg prativa secondaria
veg dei campi abbandonati
veg dei campi coltivati
prim aut tot anno
prim aut tot anno
prim aut tot anno
prim aut tot anno
prim aut tot anno
2004 4,85 0,40 0,43 1,03 6,1
2005 1,65 3,61 2,56 0,35 0,00 0,27 1,15 0,28 0,80 0,97 0,15 0,56 0,81 2,9 1,78
2006 2,59 8,60 5,62 0,31 0,00 0,16 0,65 1,63 1,14 0,56 0,77 0,67 2,19 5,5 3,76
2007 2,46 2,23 2,35 0,00 0,00 0,00 1,30 0,32 0,82 2,19 0,26 1,32 0,92 5,7 3,25
2008 3,57 3,06 3,30 0,18 0,62 0,43 1,86 1,70 1,77 0,85 2,37 1,65 2,00 4,2 3,18
2009 4,23 5,59 3,76 0,07 0,00 0,09 1,02 0,91 0,95 0,38 0,41 0,86 2,54 4,8 3,54
2010 4,23 7,58 5,87 0,07 0,00 0,03 1,02 0,57 0,80 0,38 1,25 0,83 2,54 8,6 5,55
totale 2,73 5,13 3,94 0,20 0,17 0,17 1,13 0,87 1,04 1,05 0,90 0,96 1,80 5,44 3,54
Prendendo in considerazione complessivamente i dati dell’intero periodo di ricerca si può osservare come il rooting abbia interessato frazioni percentuali del substrato campionato mediamente non elevate, con valori relativi nelle diverse categorie ambientali non superiori a circa il 4 %; le categorie con l’incidenza più elevata sono risultate la vegetazione boschiva e la vegetazione dei campi coltivati, mentre per la vegetazione prativa sono stati riscontrati valori compresi fra lo 0.1 e l’1 %.
3,94 %
0,17 %
1,04 %0,96 %
3,54 %
frequenza % sviluppo lineare rootingtotale 2005 ‐ 2010
veg boschiva
veg prativa primaria e pioniera
veg prativa secondaria
veg dei campi abbandonati
veg dei campi coltivati
Andando invece ad analizzare l’andamento stagionale del rooting nei diversi anni di rilevamento si sono riscontrate maggiori potenziali criticità “localizzate”, rappresentate da valori di frequenza stagionali in alcuni casi ben più elevati; in particolare, per quanto riguarda le cenosi che sicuramente subiscono gli effetti più negativi del rooting, risulta evidente la maggiore incidenza sulla vegetazione dei campi coltivati nella stagione autunnale rispetto a quella primaverile con autunni in cui i valori di frequenza, mediamente intorno al 5 %, hanno raggiunto valori del 6 – 8 %.
La sequenza delle frequenze % rilevate in ogni primavera dal 2005 al 2010 è rappresentata da sinistra verso destra per ogni categoria ambientale
1,65
0,35
1,15 0,97 0,81
2,59
0,310,65 0,56
2,192,46
1,30
2,19
0,92
3,57
0,18
1,86
0,85
2,00
4,23
0,07
1,02
0,38
2,54
4,23
0,07
1,02
0,38
2,54
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
veg boschiva veg prativa primaria epioniera
veg prativa secondaria veg dei campiabbandonati
veg dei campi coltivati
frequenza % stagionale sviluppo lineare rootingPRIMAVERA 2005, 2006, 2007, 2008, 2009, 2010
4,85
0,40 0,43
1,03
6,13
3,61
0,28 0,15
2,86
8,60
1,63
0,77
5,48
2,23
0,32 0,26
5,67
3,06
0,62
1,70
2,37
4,24
5,59
0,910,41
4,84
7,58
0,57
1,25
8,62
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
veg boschiva veg prativa primaria epioniera
veg prativa secondaria veg dei campiabbandonati
veg dei campi coltivati
frequenza % stagionale sviluppo lineare rootingAUTUNNO 2004, 2005, 2006, 2007, 2008, 2009, 2010
La sequenza delle frequenze % rilevate in ogni autunno dal 2004 al 2010 è rappresentata da sinistra verso destra per ogni categoria ambientali
Di seguito si riportano i risultati inerenti il confronto degli Indici di Abbondanza relativi del Cinghiale e delle 3 specie target
anno trimestri di rilevamento IKA IA
Cinghiale Capriolo Lupo Coturnice I autunno 2004, primavera 2005 15,53 0,32 0,07 0,55 II autunno 2005, primavera 2006 12,31 0,64 0,04 0,33 III autunno 2006, primavera 2007 21,12 0,53 0,12 0,24 IV autunno 2007, primavera 2008 17,48 1,13 0,15 0,38 V autunno 2008, primavera 2009 15,36 0,88 0,14 0,30 VI autunno 2009, primavera 2010 17,26 1,14 0,11 0,30 VII autunno 2010 ‐ 29,32 0,69 0,12 0,44
L’IKA del Cinghiale, del Lupo e del Capriolo è dato dal numero di Indici di Presenza rilevato
sull’intera rete di transetti (circa 235 Km) percorsa annualmente 2 volte (una nella stagione autunnale e l’altra nella stagione primaverile); è inoltre applicato un fattore di correzione che diminuisce l’effetto della variabilità delle condizioni di rilevamento determinata dalla disomogeneità negli anni della copertura nevosa sulla rete di transetti).
L’Indice di Abbondanza (IA) della Coturnice è dato dal rapporto fra il numero di transetti con presenza di Coturnice, senza tenere conto del numero di indici di presenza rilevati, e il numero di transetti effettivamente percorsi di un campione ristretto della rete di transetti (N = 10), costituito dai soli transetti in cui nell’intero periodo di studio è stato rilevato almeno una volta anche un solo indice di presenza di Coturnice
Per quanto riguarda la relazione del Cinghiale con il Capriolo, il raffronto dell’andamento annuale dell’IKA ha mostrato una evidente indipendenza dell’abbondanza relativa delle due specie con una tendenza generale che appare decisamente in crescita per il Capriolo, mentre per il Cinghiale può ritenersi sostanzialmente costante.
Andando invece a confrontare la scelta dell’habitat (dai dati cumulati dell’intero periodo di rilevamento, sia autunnali che primaverili, escludendo quelli raccolti in autunno in condizioni di innevamento per eliminare anche in questa elaborazione il fattore di variabilità della presenza/assenza della copertura nevosa) si è evidenziata chiaramente una sostanziale sovrapposizione, con poche variazioni relative alla categoria Foreste di leccio, Praterie secondarie aperte e Vegetazione dei campi coltivati. Tale sovrapposizione, presupposto di un potenziale rapporto di competizione, in base a quanto riscontrato nelle variazioni annuali dell’IKA totale non è sembrata però determinare nel Parco interazioni negative fra le due specie; ciò concorda con il fatto che il Cinghiale ed il Capriolo, anche se frequentano gli stessi ambienti, occupano nicchie trofiche differenziate.
FCO Foreste di Carpino nero ed Orniello PAL Praterie di altitudine FF Foreste di faggio PSA Praterie secondarie aperte FL Foreste di leccio PSC Praterie secondarie chiuse FR Foreste ripariali VCA Vegetazione dei campi abbandonati FRC Foreste di roverella e localmente cerro VCC Vegetazione dei campi coltivati
0,00
0,20
0,40
0,60
0,80
1,00
1,20
0,00
5,00
10,00
15,00
20,00
25,00
I anno (autunno 2004, primavera
2005)
II anno (autunno 2005, primavera
2006)
III anno (autunno 2006, primavera
2007)
IV anno (autunno 2007, primavera
2008)
V anno (autunno 2008, primavera
2009)
VI anno (autunno 2009, primavera
2010)
capriolo
cinghiale
IKA Cinghiale e Capriolo
cinghiale
capriolo
Media Mobile Cinghiale (periodo 2)
Media Mobile Capriolo (periodo 2)
FCO FF FL FR FRC PAL PSA PSC VCA VCC
cinghiale 20,10 16,76 22,37 38,28 53,24 1,33 1,08 7,20 7,21 27,99
capriolo 1,02 0,87 0,60 1,37 2,33 0,01 0,46 0,23 0,57 1,13
0,00
0,50
1,00
1,50
2,00
2,50
0,00
10,00
20,00
30,00
40,00
50,00
60,00
capriolo
cinghiale
IKA Cinghiale e Capriolo per categoria ambientaleautunno 2004 ‐ primavera 2005
Per quanto concerne il rapporto con il Lupo il confronto dell’andamento degli IKA annuali ha mostrato dal I al III anno una fase relativamente concordante di evidente variabilità dell’abbondanza relativa delle due specie, caratterizzata da un decremento dell’IKA fra i primi due anni e da un notevole incremento fra il II ed il III anno; dal IV al VI anno i valori di IKA seguono invece andamenti divergenti, ma con variazioni relative di minore entità che evidenziano per entrambe le specie una fase di maggiore stabilità; in generale dunque l’andamento reciproco delle due serie di dati sembrerebbe indicare una dipendenza quantitativa del Lupo dal Cinghiale, particolarmente evidente nei primi tre anni. In effetti il Cinghiale costituisce una risorsa trofica di notevole importanza per il Lupo, suo principale predatore nelle zone appenniniche (come ha confermato uno studio sulla dieta del predatore condotto nell’area del Parco attraverso l’analisi del contenuto di 39 depositi fecali in cui il Cinghiale compariva nel 72 % dei campioni). In base a questi dati si potrebbe dunque ipotizzare che la popolazione di Cinghiale mediamente presente nel Parco nei 6 anni di ricerca (2004 – 2010) possa essere vicina ad un livello di consistenza critico per il Lupo, ovvero tale che una variazione di abbondanza della specie preda (ovviamente di una certa entità) sia “percepita” dalla specie predatrice.
Riguardo la relazione del Cinghiale con la Coturnice, il confronto dell’andamento dei rispettivi Indici di Abbondanza non è sembrato evidenziare relazioni o corrispondenze; come per il Cinghiale, inoltre, la tendenza generale dell’IA della Coturnice può considerarsi nei 6 anni di ricerca sostanzialmente costante.
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I anno (autunno 2004, primavera
2005)
II anno (autunno 2005, primavera
2006)
III anno (autunno 2006, primavera
2007)
IV anno (autunno 2007, primavera
2008)
V anno (autunno 2008, primavera
2009)
VI anno (autunno 2009, primavera
2010)
lupo
cinghiale
IKA Cinghiale e Lupo
cinghiale
lupo
Media Mobile Cinghiale (periodo 2)
Media Mobile Lupo (periodo 2)
Il confronto della scelta dell’habitat (del tutto analogo al confronto con il Capriolo, ma prendendo in considerazione per la Coturnice solo il campione ristretto dei 10 transetti in cui ne è stata rilevata la presenza almeno una volta nell’intero periodo di studio) ha mostrato, come previsto data l’ecologia delle due specie, una netta discordanza dell’abbondanza relativa nelle diverse categorie ambientali. In effetti si è cercato più che altro di valutare quanto la presenza del Cinghiale potrebbe incidere su quegli ambienti che, anche se utilizzati molto meno rispetto ad altri, sono invece maggiormente frequentati dalla Coturnice: la categoria potenzialmente di maggiore sovrapposizione fra le due specie è risultata quella delle Praterie secondarie chiuse, dove è stato riscontrato un valore relativamente discreto di IKA di Coturnice (0.23) ed un valore di IKA di Cinghiale di circa 7 indici per chilometro; nella categoria delle Praterie secondarie aperte in cui l’IKA della Coturnice ha raggiunto il suo massimo (1.15), differenziandosi notevolmente da quello riscontrato nelle altre categorie, è stato invece osservato il più piccolo valore di IKA di Cinghiale, 1.08; si è pertanto concluso che l’habitat maggiormente frequentato dalla Coturnice è stato utilizzato in modo solo marginale dal Cinghiale. In base a questi risultati si è infine ipotizzata in generale una scarsa probabilità di interazione fra le due specie sia per quanto riguarda l’alterazione dell’habitat a causa del rooting, che l’eventuale predazione diretta su uova e nidiacei di Coturnice (ovviamente ciò non esclude che si possano verificare localizzati fenomeni di predazione che non è possibile evidenziare se non con uno studio specifico).
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autunno 2004, primavera 2005
autunno 2005, primavera 2006
autunno 2006, primavera 2007
autunno 2007, primavera 2008
autunno 2008, primavera 2009
autunno 2009, primavera 2010
coturnice
cinghiale
IKA Cinghiale e IA Coturnice
cinghiale
coturnice
Media Mobile Cinghiale (periodo 2)
Media Mobile Coturnice (periodo 2)
2. OBIETTIVI DEL PIANO Sulla base delle considerazioni ecologiche e sociali e dei risultati descritti nel precedente paragrafo, si possono individuare i seguenti obiettivi generali del Piano di gestione del Cinghiale nel PNMS:
la prevenzione degli squilibri ecologici, in particolare nei confronti di habitat e specie (animali e vegetali) rari e di interesse comunitario e conservazionistico;
la riduzione dei danni alle colture e, conseguentemente, agli "agro‐sistemi";
la conservazione di una popolazione di Cinghiale ben strutturata e adeguata a ricoprire il ruolo ecologico della specie negli ecosistemi del Parco;
la riduzione dei conflitti con gli operatori economici e con altri portatori di interessi. 2.1 Valutazione dell'opportunità di intervento Presupposto essenziale affinché possano essere giustificati eventuali interventi di prelievo faunistico all’interno delle aree protette, così come peraltro previsto all’art. 11, comma 4, della L. n. 394/91, è l’accertamento, da parte dell’ente Parco, di “squilibri ecologici” riconducibili alla presenza della specie oggetto del prelievo. Sebbene l’individuazione e la definizione di parametri idonei a quantificare o “certificare” l’esistenza di un oggettivo squilibrio ecologico presenti notevoli difficoltà, specialmente in un sistema “aperto” e tanto diversificato e vasto come il Parco Nazionale dei Monti Sibillini, si ritiene che l’entità dei danni provocati dai cinghiali alle colture, in termini sia spaziali sia qualitativi, possa essere utilizzata quale indice dell’impatto causato da tale specie non solo sul suolo e sulle componenti vegetali coltivate, ma anche sugli “agro‐sistemi” che costituiscono ecosistemi
FCO FF FL FR FRC PAL PSA PSC VCA VCC
cinghiale 20,10 16,76 22,37 38,28 53,24 1,33 1,08 7,20 7,21 27,99
coturnice 0,02 0,03 0,19 0,00 0,00 0,30 1,15 0,23 0,03 0,00
0,00
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IKA coturnice
IKA cinghiale
IKA Cinghiale e Coturnice per categoria ambientale autunno 2004 ‐ primavera 2005
fondamentali per la conservazione di importanti specie faunistiche e, di conseguenza, per il mantenimento degli equilibri ecologici del Parco. Agli agro‐sistemi del Parco, infatti, sono legate anche specie faunistiche d’interesse comunitario, come già accennato sopra. In particolare, tra gli uccelli, l’Albanella minore (Circus pygargus), la Starna, il Succiacapre, la Tottavilla, l’Averla piccola e l’Ortolano (Emberiza hortulana) sono inserite nell’allegato I della direttiva “uccelli” 79/409/CEE. Gli “agro‐sistemi” “aperti” costituiti da campi coltivati alternati a prati pascolo o praterie secondarie, come nel caso dei Piani di Castelluccio, dell’altopiano di Macereto e dei Prati di Ragnolo, rappresentano inoltre l’habitat (di caccia o di riproduzione) ideale per altre specie di uccelli inseriti nel suddetto allegato I, come l’Aquila reale (Aquila chrysaetos), il Biancone (Circaetus gallicus), il Gufo reale (Bubo bubo), il Grillaio (Falco naumanni), che sui Monti Sibillini è di passo, e il Calandro (Anthus campestris). Tra i Mammiferi del Parco legati agli “agro‐sistemi”, l’Istrice (Hystrix cristata) è inserito nell’allegato IV della direttiva “habitat” 92/43/CEE (specie d’interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa). Le diverse analisi condotte finora hanno evidenziato non soltanto il protrarsi dell’impatto del Cinghiale verso gli “agro‐sistemi”, ma anche il suo indirizzarsi verso colture appartenenti alla tradizione locale di elevatissimo valore storico, ecologico e culturale. Anche le praterie, sebbene selezionate negativamente come habitat dal Cinghiale, possono in alcuni casi subire l’impatto di questa specie, che qui entra in contatto con alcune delle più delicate specie floristiche, quali diverse Orchidaceae, e di uccelli come la Calandrella (Calandrella brachydactila), la Quaglia (Coturnix coturnix), la Starna e la Coturnice. L’esperienza acquisita ha ormai ampiamente dimostrato che, in ambienti in cui sono diffuse le attività agro‐silvo‐pastorali, il mantenimento di una popolazione di Cinghiale al di sotto di una soglia ritenuta compatibile con le esigenze di mantenimento degli equilibri ecologici e tollerabile in rapporto all’entità dei danni arrecati alle colture e, di conseguenza, ai conflitti con gli agricoltori e agli indennizzi liquidati dal Parco, può essere garantito solo attraverso una gestione attiva che preveda interventi di controllo numerico. Questa necessità è in relazione alle notevoli potenzialità riproduttive del Cinghiale, peraltro presumibilmente sostenute dalla consistente offerta trofica derivante proprio dalle colture, ai fenomeni di immigrazione determinati dall’”effetto rifugio”, generalmente osservato nelle aree protette, nonché dal fatto che la predazione naturale sul Cinghiale, operata essenzialmente dal Lupo, si è dimostrata fino ad ora insufficiente a mantenere la popolazione di Cinghiale su livelli inferiori al valore “soglia” di tollerabilità. Inoltre, considerato che il presente Piano di gestione del Cinghiale è prioritariamente finalizzato alla ricomposizione degli squilibri ecologici e, comunque, deve garantire il rispetto delle finalità di conservazione dettate dalla L. n. 394/1991 e s.m.i., le previsioni in esso contenute devono necessariamente tenere conto anche delle esigenze di salvaguardia dei Siti Natura 2000 e, anzi, costituire uno strumento direttamente finalizzato alla gestione anche di tali siti. Gli interventi di prelievo selettivo del Cinghiale devono comunque garantire la conservazione di specie faunistiche d’interesse comunitario, anche al di fuori delle zone speciali di conservazione. In particolare, considerato che il Cinghiale rappresenta la principale preda naturale del Lupo (Canis lupus), specie prioritaria inserita negli allegati II e IV della direttiva 92/43/CEE,
l’entità massima di prelievo del Cinghiale è valutata in modo da non causare una significativa sottrazione di risorsa trofica nei confronti del Lupo. 2.2 Tecniche standardizzate di monitoraggio
Si descrivono, di seguito, più approfonditamente, le principali tecniche di monitoraggio utilizzate e previste per valutare la consistenza e la struttura della popolazione e gli impatti del Cinghiale sugli ecosistemi del PNMS e che, al tempo stesso, possono essere utilizzate per valutare l’efficacia delle misure di gestione. a. Popolazione di Cinghiale 1) Conteggio per osservazione diretta (effettuato a partire dal PT1 2005‐2007) in aree campione. Le osservazioni sono state compiute contemporaneamente da più osservatori da punti opportunamente scelti per ampiezza e profondità della visibilità (ci si è avvalsi della collaborazione degli operatori di selezione, dei gestori delle trappole e di alcune pattuglie del CTA) in aree campione. I conteggi sono stati effettuati in 2/3 sessioni consecutive serali nella seconda metà di giugno, ovvero nel periodo immediatamente dopo le nascite in cui le classi di età giovanili (“rossi” e “striati”) sono generalmente alla loro massima consistenza nella popolazione, utilizzando, dal 2004 al 2010, le 3 medesime aree campione (con piccole variazioni e aggiustamenti nei primi anni) individuate casualmente all’interno dell’area vocata del Cinghiale in 3 settori del Parco (settore Fiastra, settore Ascoli Nord, settore Norcia‐Preci); l’estensione di tali aree,rispettivamente 7.90 ha, 17.87 ha, 65.36 ha, per un totale di circa 90 ha, corrisponde a circa il 18% dell’estensione dell’area vocata. (Nel 2001 sono state invece utilizzate 6 aree di saggio di dimensioni più piccole, poiché per motivi di ottimizzazione dello sforzo di campionamento e di scarsità di risorse umane ed economiche, il conteggio dei cinghiali è stato effettuato in contemporanea a quello del Capriolo nelle stesse aree). Dai conteggi è stata poi ricavata una densità minima ipotetica annuale, partendo dal presupposto di comunque sottostimare il numero di individui osservato, rapportando il numero totale di cinghiali stimato complessivamente nelle 3 aree al numero totale dei Km2 saggiati (ovviamente dopo una valutazione critica delle osservazioni in ogni area di saggio per eliminare i doppi conteggi); la densità così calcolata è stata poi moltiplicata per l’estensione dell’area vocata ricavando una stima della Consistenza Ipotetica Minima annuale della popolazione di Cinghiale nel Parco. Nonostante la buona rappresentatività complessiva dal punto di vista ambientale delle aree di saggio utilizzate, l’analisi dei dati ricavati dai conteggi ha portato a valutare l’opportunità di un eventuale perfezionamento di tale campionamento che risente del numero limitato delle aree campione e della loro notevole diversità in termini di superficie. L’alternativa possibile sarebbe quella di aumentarne il numero riducendone però l’estensione, mentre la possibilità di risceglierle casualmente ogni anno appare estremamente onerosa dal punto di vista tecnico – logistico.. Comunque, pur essendo questo metodo sicuramente non sufficientemente adeguato dal punto di vista statistico per la stima della consistenza numerica annua della popolazione di Cinghiale, risulta sicuramente attendibile (sotto forma di indice relativo) per l’analisi dell’andamento relativo dell’abbondanza della popolazione negli anni.
In effetti il confronto dell’andamento negli anni di tale indice di abbondanza ricavato dai conteggi con gli altri indici relativi utilizzati per il monitoraggio della popolazione di Cinghiale ha mostrato notevoli congruenze. 2) ITA (Indice Temporale di Abbondanza) = numero di cinghiali osservati / numero di giornate‐operatore effettuate. Questo indice, già utilizzato durante il Piano Quinquennale, deriva dalla elaborazione delle osservazioni che gli operatori di selezione raccolgono sistematicamente, secondo uno specifico protocollo, durante le attività di prelievo selettivo del Cinghiale; il grande numero di giornate ‐ operatore effettuate annualmente, generalmente da circa 900 a più di 1500, distribuite in buona parte dei mesi dell’anno e, dal punto di vista spaziale, in modo diffuso praticamente in tutta l’area vocata per il Cinghiale, è risultato costituire un buona base campionaria per la valutazione dell’abbondanza relativa del Cinghiale per cui si prevede di continuare ad usare questo indice come parametro di verifica e confronto.
3) IKA (Indice Kilometrico di Abbondanza) = numero di Indici di Presenza di Cinghiale rilevati / Km percorsi. L’IKA è stato elaborato dai dati raccolti direttamente dal Gruppo di Lavoro con il metodo naturalistico lungo una rete di 27 transetti standardizzati, per uno sviluppo lineare totale di circa 235 Km, distribuiti in tutto il territorio del Parco e definiti in modo da costituire un campione stratificato delle tipologie ambientali presenti (prendendo come riferimento le categorie vegetazionali della Carta della Vegetazione Reale del PNMS) . La rete di transetti è stata percorsa a piedi sistematicamente almeno due volte l’anno, una nella stagione primaverile ed una nella stagione autunnale. Anche l’IKA è risultato un utile parametro di confronto per la valutazione dell’abbondanza relativa del Cinghiale andando ad integrare con un dato annuale e riferito all’intera area del Parco la Consistenza Ipotetica Minima derivata dai conteggi primaverili e l’ITA; di fondamentale importanza è stato invece per la valutazione della scelta dell’habitat del Cinghiale e lo studio della vocazionalità del PNMS.
4) sulla base dell’insieme dei dati finora raccolti (DMS, ITA, IKA, scelta dell’habitat), si prevede di approfondire ulteriormente la Carta della vocazionalità ecologica per il Cinghiale anche in funzione di una migliore valutazione della Consistenza Ipotetica Minima anche in riferimento ai diversi settori del Parco 5) Raccolta dei dati riproduttivi attraverso l’esame necroscopico delle femmine abbattute durante il prelievo selettivo. Dai dati raccolti sono stati elaborati i seguenti parametri di base: n. di femmine in riproduzione n. di femmine allattanti n. di femmine gravide n. di femmine sessualmente mature n. di feti per femmina
Tali parametri sono stati utilizzati per valutare il potenziale incremento utile annuo della popolazione di Cinghiale per l’anno seguente e di conseguenza valutare un numero di riferimento di cinghiali da rimuovere.
Nella figura seguente sono rappresentati, sulla base del gradiente di vocazionalità ricavato dall’IKA per categoria ambientale (cfr paragrafo 1.1), lo sforzo di campionamento costituito dalle giornate ‐ operatore effettuate complessivamente nel prelievo selettivo nel periodo primaverile dal 2004 al 2010 (da cui è stato ricavato l’ITA primaverile posto a confronto con i risultati dei conteggi), la rete di transetti (da cui è stato calcolato l’IKA annuale) e le aree di saggio utilizzate per i conteggi diretti dal 2004 al 2010.
Si evidenzia come lo sforzo di campionamento che riguarda sia l’ITA che i conteggi (rappresentato dalla superficie delle aree di saggio) sia distribuito all’interno dell’area vocata con una buona rappresentatività del gradiente di vocazionalità, mentre la rete di transetti, per sua impostazione, va a campionare in modo rappresentativo l’intera area del Parco.
b. Impatto sugli agrosistemi L’impatto del Cinghiale sugli “agro‐sistemi” del Parco viene valutato essenzialmente attraverso due metodi: 1) l’analisi dell’archivio delle denunce annuali (relative alle richieste di indennizzo) effettuate dalle Aziende agricole situate nel territorio del Parco; 2) lo studio dell’incidenza del rooting sulla vegetazione dei campi coltivati tramite il rilevamento con il metodo naturalistico sulla rete di transetti. L’archivio delle denunce, comprensivo anche dei dati di monitoraggio dei danni, viene annualmente redatto dal CTA del CFS e trasmesso in forma informatizzata al Gruppo di lavoro; da questo vengono ricavati i dati di base relativi a:
entità dei danni alle colture: 1) numero di denunce presentate; 2) localizzazione e tipologia delle colture danneggiate; 3) superficie danneggiata; 4) importo degli indennizzi liquidati dal Parco, sulla base del “Disciplinare per l’indennizzo dei danni provocati dalla fauna selvatica nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini” approvato con DCD 49/02 e succ. mod.
qualità dei danni alle colture: analisi delle colture maggiormente colpite e valutazione della suddivisione dei danni complessivi tra colture di scarsa importanza, relativamente alla storia ed alle tradizioni locali, e colture invece fortemente legate alle tradizioni locali ed alla cultura appenninica (come la lenticchia di Castelluccio, la roveja e diverse foraggere).
c. Impatto sugli ecosistemi naturali L’impatto del Cinghiale sugli ecosistemi naturali del Parco è stato valutato soprattutto dall’elaborazione dei dati raccolti con il metodo naturalistico nella rete di transetti incentrandola su due principali aspetti: l’”impatto” con le fitocenosi e gli agrosistemi, basato sull’incidenza relativa sulle diverse tipologie ambientali del rooting, quantificato come sviluppo lineare in metri di arature e zappature fresche attribuibili al Cinghiale; il rapporto con la zoocenosi, attraverso l’analisi ed il confronto dell’IKA del Cinghiale con l’IKA di Lupo, Coturnice e Capriolo, scelti come specie target fra i diversi Vertebrati rilevati. Oltre queste specie, sono stati raccolti i dati relativi a altri taxa di Vertebrati potenzialmente rilevanti per la valutazione del rapporto del Cinghiale con la zoocenosi o comunque di particolare importanza conservazionistica e di caratterizzazione ambientale contattabili ed identificabili con il metodo adottato “a vista”, senza cattura. Tali taxa sono costituiti da: tutti i Mammiferi contattabili, gli Accipitriformes, i Falconiformes, i Galliformes, gli Strigiformes, tutti i Rettili e gli Anfibi identificabili “a vista”. Sono stati infine raccolti i depositi fecali di Lupo reperiti lungo i transetti per la valutazione del comportamento alimentare del predatore soprattutto in relazione al Cinghiale, ed eventuali reperti di altre specie di particolare importanza quali l’Orso bruno e la Lince eurasiatica la cui presenza è stata più volte accertata nel territorio del Parco. Il monitoraggio con il metodo naturalistico sulla rete di transetti è stato effettuato nel corso degli ultimi due Piani Triennali (dall’autunno 2004 all’autunno 2010); nell'ambito del recente Piano transitorio nel 2011 è stato sospeso in virtù di una rivalutazione e riorganizzazione delle attività da sviluppare prioritariamente sulle base delle risorse economiche disponibili. Tuttavia, vista l’elevata quantità di dati raccolti nel tempo e la loro utilità soprattutto per poter meglio interpretare l’ecologia del Cinghiale nel PNMS si ritiene opportuno continuare ad applicarlo eventualmente riducendo lo sforzo di campionamento.
2.3 Individuazione di un valore – soglia Gli obiettivi del piano di controllo si basano sulla individuazione di una “soglia” di popolazione di Cinghiale ritenuta tollerabile in relazione ai diversi parametri considerati e sulla base di criteri adattativi derivanti dagli effetti prodotti dagli interventi. Il valore ‐ soglia individuato, già in vigore con il precedente PT era rappresentato da una consistenza ipotetica minima di circa 2000 ‐ 2500 individui corrispondenti a circa 4 – 5 indd/Kmq in relazione all’area vocata del Cinghiale nel Parco. Come discusso nei paragrafi 1.2 e 1.3, l'attuazione dei due precedenti Piani Triennali di gestione (a partire dal 2005) ha evidenziato che, nonostante la popolazione di cinghiale sia stata tenuta al sotto della soglia definita, i danni agli “agro‐sistemi” sono aumentati annualmente sia sotto il profilo ecologico che quello economico. Di conseguenza si ritiene di fondamentale importanza l’attuazione di misure di prevenzione per la protezione delle colture più pregiate, valutando contemporaneamente l’opportunità di far diminuire ulteriormente la popolazione di cinghiale attraverso un prelievo più consistente. L’entità di tale prelievo sarà nello specifico quantificata nei futuri programmi annuali, considerando sia l’importanza del cinghiale come preda del Lupo, sia i diversi parametri riproduttivi e di consistenza della popolazione.
Il principale obiettivo di riferimento da ottenere sarà pertanto rappresentato dall’inversione della tendenza dei danni provocati dal Cinghiale agli “agro‐sistemi” aumentando le quote annuali di cinghiali da rimuovere fino a 700/800 individui adulti. Il programma annuale specificheranno l’entità in maniera più dettagliata individuando anche le classi di età da abbattere/rimuovere. Come riferimento generale le densità di riferimento (DMI) dovrebbero diminuire fino a circa 3 – 4 indd/Kmq in relazione all’area vocata del Cinghiale nel Parco e gli indennizzi ritornare alle consistenze – ritenute accettabili ‐ del 2005 e 2006. Oltre che attraverso l’incremento delle quote annue di capi da abbattere tale risultato dovrà essere ottenuto tramite l’applicazione di misure di prevenzione ed interventi speciali di contenimento nelle aree maggiormente colpite (vedi area Piani di Castelluccio). 3. MODALITA' DI INTERVENTO 3.1 Strumenti e metodi di intervento Gli strumenti di controllo e contenimento della popolazione di Cinghiale ritenuti più idonei al perseguimento dei suddetti obiettivi sono rappresentati da:
1) il prelievo selettivo tramite abbattimento da appostamento fisso 2) le catture,
secondo le modalità disciplinate dal “Regolamento del prelievo selettivo del Cinghiale” (allegato A). Prelievo selettivo
Nel PNMS il metodo degli abbattimenti con la carabina, come già evidenziato nella parte
introduttiva, riveste una grande importanza anche in virtù del cospicuo numero (circa 140) di selecontrollori abilitati al termine di un apposito corso di formazione attuato una prima volta nel 1997 cui è seguita una seconda edizione nel 2000.
Operazione di abbattimento da appostamento fisso
Le modalità operative del sistema degli abbattimenti con carabina sono state, nel corso
del precedente Piano Transitorio (2011), aggiornate e riviste sulla base di una iniziativa di responsabilizzazione degli operatori coinvolti e che ha visto una fase preliminare di ampia partecipazione delle diverse parti interessate (organi direttivi del Parco e del Corpo Forestale dello Stato, Responsabile tecnico‐scientifico, Gruppo di lavoro tecnico‐scientifico e operatori di selezione). Tali modalità sono state riassunte in un protocollo operativo per le operazioni di prelievo selettivo del Cinghiale (approvato con D.D. n. 477 del 13/12/2011) e comunicato ai diversi soggetti interessati (allegato B).
Gli operatori di selezione agiscono in base ad un calendario delle attività proposto dal
Responsabile scientifico, che dispone i settori in cui concentrare le attività. Nel territorio gli operatori di selezione dispongono di una rete di punti fissi da loro individuati, e validati, sotto il profilo della sicurezza, dal CTA tramite appostiti sopralluoghi. I punti sono tutti catalogati, individuati da un codice alfanumerico, e georeferenziati; per ciascun punto è stata redatta dal CTA una scheda in cui sono sintetizzate le principali caratteristiche. La maggior parte dei punti di prelievo individuati permettono le attività di pastura.
I risultati degli interventi di prelievo selettivo con arma da fuoco, vengono monitorati attraverso la raccolta dei seguenti parametri:
N Cinghiali abbattuti A
N Cinghiali feriti B
N Cinghiali mancati C
N Cinghiali colpiti D (A+B)
N Cinghiali bersaglio E (A+B+C)
Giornate operatore effettuate F
Giornate operatore programmate G
Giornate operatore utili H
I parametri ottenuti sono utilizzati per costituire i seguenti indici, utili per le valutazioni degli interventi:
Efficacia (minima e massima) del prelievo F/A, F/D
Inefficienza del prelievo C/E
Efficienza del calendario F/G
Efficacia del calendario H/F
Efficienza (minima e massima) del prelievo H/A, H/D
Le elaborazioni sono effettuate su base mensile ed annuale in riferimento al tempo, per area di prelievo e in tutto il Parco in riferimento allo spazio. Gli indici di efficacia ed efficienza sono applicati anche a livello individuale per ciascun operatore di selezione. Catture
Le modalità tecniche delle catture sono definite in dettaglio nel Regolamento, ed ulteriormente specificate nelle “Prescrizioni per la gestione delle unità di cattura del Cinghiale” (allegato C).
Nel Parco sono presenti sia dispositivi di cattura fissi che recinti mobili. La gestione delle
trappole fisse è stata affidata direttamente ad agricoltori che, a titolo volontario, ne abbiano fatto richiesta tra il PQ ed il PT1, mentre i recinti mobili sono stati affidati, sempre ad Aziende agricole, attraverso il BANDO PER LA REALIZZAZIONE E GESTIONE DII RECIINTI DI CATTURA DELL CINGHIALE (approvato con D.G.E. n. 123 del 12/09/2003), quindi al termine del PQ.
I gestori delle trappole e dei recinti mobili si sono sempre avvalsi della collaborazione
diretta del Gruppo di lavoro, presente in ogni occasione di cattura, ma non è ancora stato attuato un apposito corso di formazione al pari del personale coinvolto nel prelievo selettivo. Il metodo di prelievo tramite catture è già stato, nel corso del precedente PT1, incrementato con l’attivazione di ulteriori 3 recinti di cattura mobili ma, nonostante gli sforzi profusi, le difficoltà riscontrate nella gestione degli impianti di cattura sono molteplici e tale strumento ha sempre assunto un carattere di complementarietà.
Anche le catture, come nel caso del prelievo selettivo, sono stabilite in base ad un calendario di attività previsto e proposto dal Responsabile scientifico al Parco ed al CTA, compatibilmente con la disponibilità tecnica dei gestori.
Recinto di cattura situato nel Comune di Montefortino
Le attività di cattura sono valutate in base ai seguenti parametri:
le notti trappola di attività,
il numero dei capi catturati,
il numero dei capi abbattuti o traslocati,
il numero dei capi rilasciati,
le catture di altre specie,
le chiusure a vuoto.
Da tali parametri vengono calcolati l’indice dello sforzo di cattura unitario (N notti trappola/individui catturati) e l’indice dello sforzo di cattura utile (N notti trappola/individui abbattuti), sia per dispositivo di cattura che complessivo.
Tra i due metodi, il precedente Piano Transitorio ha evidenziato una efficacia e convenienza decisamente favorevole verso il metodo del prelievo selettivo con arma da fuoco, che è risultato il principale strumento di contenimento della popolazione di Cinghiale nel Parco, tanto da poter essere utilizzato in via esclusiva per il raggiungimento degli obiettivi previsti. Tuttavia, il sistema delle catture può trovare migliore applicazione in determinate condizioni, come negli ambienti chiusi e durante l'inverno e, quindi, può rappresentare un utile strumento integrativo all'abbattimento; peraltro, le catture rivestono un ruolo importante nel coinvolgimento diretto degli agricoltori nella gestione del Cinghiale, cioè di coloro che subiscono maggiormente i danni arrecati da questa specie.
3.1.1 Metodi di intervento sperimentali
Tra gli strumenti di intervento per il controllo della popolazione del Cinghiale ancora non utilizzati nel PNMS il presente Piano propone anche quello della girata (metodo previsto nelle Linee guida per la gestione del Cinghiale nelle aree protette). Si tratta di una tecnica non invasiva
che prevede l’uso di un cane appositamente addestrato (detto “limiere”) che ha il compito di individuare i Cinghiali nelle “rimesse” e spingerli verso un numero limitato (generalmente da 5 a 10) di poste fisse. Di fondamentale importanza nell’attuazione di tale tecnica la professionalità del binomio cane limiere – conduttore che ha il compito di scovare i Cinghiali durante il riposo diurno e muoverli dolcemente (al passo) verso le poste. La girata rappresenta un sistema caratterizzato da un positivo rapporto tra sforzo praticato e risultati ottenuti, a fronte di un disturbo assai più limitato rispetto a quello generato dalle braccate, che potrebbe costituire una valida alternativa al prelievo con carabina da appostamento nelle aree in cui quest’ultima tecnica è meno indicata per le loro caratteristiche ambientali. Viene proposto altresì di valutare, in via sperimentale, la fattibilità di interventi di controllo numerico del Cinghiale mediante tiro con l’arco, metodologia di abbattimento storica e tradizionale, oggi ormai poco in voga. Tale tecnica, infatti, sebbene non indicata nelle Linee guida per la gestione del Cinghiale nelle aree protette, presenta alcuni interessanti vantaggi rispetto alle armi da fuoco quali: totale assenza di impatto acustico al momento del tiro, totale assenza di dispersione di materiali nel territorio (palla e suoi residui, bossolo, ecc.) e sulla carcassa. Tali aspetti potrebbero renderne interessante una eventuale applicazione proprio soprattutto nelle aree protette. L'eventuale adozione di queste tecniche richiede comunque lo svolgimento di specifici corsi di formazione e la modifica del vigente Regolamento del prelievo selettivo del Cinghiale. 3.2 Aree d’intervento L'art. 2 del Regolamento del prelievo selettivo del Cinghiale prevede che "le aree di intervento devono interessare prioritariamente la zona C del Piano per il Parco e le aree maggiormente critiche in relazione agli squilibri ecologici e ai danni alle colture; sono comunque escluse dagli interventi di prelievo selettivo le zone A del Piano per il Parco". Tra le aree maggiormente critiche viene individuato il bacino di Castelluccio di Norcia, coincidente con l’area di coltivazione della lenticchia IGP. Sono comunque escluse le aree di promozione delle attività turistico‐ricreative e quelle ritenute più delicate nei confronti delle esigenze conservazionistiche, quali i rendez –vous del Lupo e le aree di presenza dell’Orso bruno, del Cervo e del Camoscio appenninico. Altre aree di prelievo potranno essere individuate per motivate esigenze gestionali, previa verifica da Parte del Parco della compatibilità con le esigenze di conservazione e di promozione delle attività turistico‐ricreative del Parco. Nella pagina seguente sono indicati i settori in cui viene suddiviso il Parco (ai sensi dell’art. 12 del Regolamento), ciascuno dei quali comprende i territori di alcuni comuni, come di seguito specificato:
Fiastra: Comuni di Fiastra, Pievebovigliana, Acquacanina e Bolognola
Cessapalombo: Comuni di Cessapalombo e S. Ginesio
Visso: Comuni di Visso, Ussita, Pievetorina, Fiordimonte, e Castel S. Angelo
Amandola: Comuni di Amandola, Montefortino e Montemonaco
Arquata del Tronto: Comuni di Arquata del Tronto e Montegallo
Norcia: Comune di Norcia
Preci: Comune di Preci In ciascun settore opera un gruppo di operatori che ha designato al suo interno un proprio rappresentante, cui viene inviato il calendario delle operazioni.
Suddivisione del Parco in “settori” per lo svolgimento degli interventi di prelievo selettivo tramite
abbattimento da appostamento fisso.
CESSAPALOMBO
FIASTRA
AMANDOLA VISSO
PRECI
ARQUATA DEL TRONTONORCIA
Per quanto riguarda le aree interessate dagli interventi di cattura, nella seguente cartina sono indicati i siti in cui sono attualmente localizzate le unità di cattura.
3.3 Sistemi di prevenzione dei danni La notevole frammentazione degli appezzamenti che caratterizzano le aree agricole del Parco, quasi sempre inserite in un paesaggio articolato e “mosaicizzato”, soprattutto nei settori marchigiani, non favorisce una consistente diffusione delle recinzioni elettrificate, tale da garantire un sensibile contenimento di danni. Attività di prevenzione nel Parco sono state condotte solamente in occasione del bando per i “Contributi per la realizzazione di recinzioni elettrificate a protezione delle colture cerealicole (grano, orzo, avena, farro, mais, ecc.) e delle colture a lenticchia dai danni provocati dai cinghiali” finanziato con fondi Obiettivo 5b 1994/1999 misura 1.2.1 – aree protette della Regione Marche per il territorio del Parco situato nelle Marche e fondi correnti del Parco per il territorio del Parco situato in Umbria. Tali contributi hanno portato alla concessione di diverse recinzioni alle Aziende del Parco verso la fine del 1999. Tuttavia si è trattato di un episodio isolato nel tempo, condotto in collaborazione con la CIA, del quale non è stato possibile riscontrare l’effettiva efficacia, probabilmente anche a causa di un mancato supporto tecnico alle Aziende stesse che, nel giro di pochi anni, hanno abbandonato l’iniziativa. Resta comunque valida l’opportunità di incoraggiare tale metodo di prevenzione, soprattutto nei confronti delle colture di pregio e nelle aree, come il settore umbro del Parco, in cui, almeno localmente, l’utilizzo di recinzioni elettrificate ha effettivamente ottenuto risultati positivi. Una esperienza di proposizione di tale metodo è stata fatta nel 2009 durante il PT2 nel tentativo di proteggere le colture pregiate di lenticchia di Castelluccio. Nonostante non sia stato possibile realizzare tale progetto sperimentale a causa delle difficoltà di organizzazione riscontrate tra gli agricoltori, si ritiene valido il progetto presentato di seguito esposto. Appare altresì opportuno promuovere l’adozione di altri metodi di prevenzione quali:
foraggiamento dissuasivo;
colture a perdere; In particolare, l’adozione del foraggiamento dissuasivo, a livello sperimentale, dovrebbe essere attentamente valutata solo in particolari situazioni, per mitigare l’impatto su colture pregiate poste nelle aree centrali del Parco: un esempio può essere rappresentato dalle colture di lenticchia di Castelluccio. PROGRAMMA DI PREVENZIONE PER LA LENTICCHIA DI CASTELLUCCIO
Preliminarmente è stata effettuata un’analisi dei siti maggiormente colpiti dal 2005 al 2008 e sono state individuate due zone in cui effettuare prioritariamente gli interventi:
Pian Piccolo, Casaletto Amati, Fonte Vetica (quadrati AQ 37, AQ 38, AR 37, AR 38)
Imbocco della Val Canatra e Pian Perduto (quadrati AM 32, AN 32). In questi soli 6 quadrati kilometrici sono stati rilevati oltre il 50% dei danni denunciati relativi alla lenticchia di Castelluccio tra il 2005 ed il 2008, con continuità di danneggiamento in tutti gli anni.
Si segnala che gli importi indennizzati a partire dal 2005 sono i seguenti (arrotondati per centinaia di €):
2005 € 8.200,00 2006 € 16.500,00 2007 € 20.200,00 2008 € 49.000,00 2009 € 55.000,00 2010 € 102.500,00
Si è osservato pertanto un deciso aumento degli indennizzi da lenticchia di Castelluccio nell’ultimo quinquennio, che ha certamente influito sull’andamento generale dei danni.
Sul piano pratico si è proposto di intervenire nel seguente modo:
Pian Piccolo (Valle del Bonanno) – Installazione di recinto lineare della lunghezza di circa 3 km (da associare eventualmente a foraggiamento dissuasivo e recinti di cattura, (ipotesi consigliata) posizionato a ridosso della Macchia Cavaliera dalla Loc. Il Vallone (sotto Forca di Presta) fino alla Valle del Bagno
Val Canatra – Installazione di due recinti elettrificati poligonali (chiusi) della misura di circa 3,5 km e 800 m rispettivamente.
Il percorso delle tre recinzioni è presentato nelle seguenti figure, rappresentate in modo indicativo in scale differenti.
Recinto lineare ad Ovest della Macchia Cavaliera (Pian Piccolo, Valle del Bonanno)
Recinti poligonali sul Pian Perduto (Castelluccio di Norcia)
In base ai tempi di maturazione della lenticchia sarebbe opportuno avere i recinti
installati e funzionanti già dai primi giorni di luglio. La permanenza dei recinti (attivati con la corrente elettrica) andrebbe effettuata fino a raccolta avvenuta (seconda metà di agosto), dopo di che i recinti possono essere smantellati o semplicemente disattivati dei fili di corrente.
Area della Valle del Bonanno interessata dai danneggiamenti del cinghale
Importante nella realizzazione del programma una attività complementare di
foraggiamento dissuasivo da mettere in atto per impedire che i Cinghiali “forzino” i recinti in mancanza di fonti alimentari. Tale foraggiamento andrebbe effettato su “strisce” con l’ausilio di mezzi meccanici e nella misura di circa 1Kg/giorno/Cinghiale.
Esempio di recinto a 3 fili (con particolare delle maniglie per l’accesso)
Si fa presente che tale programma di prevenzione ha carattere puramente indicativo e
può essere modificato e/o integrato con recinzioni da installare in altre località sulla base di dati di recente acquisizione o sulla base della disponibilità a collaborare da parte delle Aziende agricole della zona, sia in forma individuale che associata.
Esempio di impatto del recinto sul paesaggio appenninico
4. PERSONALE COINVOLTO Per l’attuazione degli interventi di prelievo selettivo tramite abbattimento da appostamento fisso, il Parco si avvale di 146 operatori di selezione scelti tra cacciatori soprattutto residenti nel Parco ed abilitati ai sensi dell’art. 10 del Regolamento del prelievo selettivo del Cinghiale, previo corso di formazione teorico e pratico organizzato direttamente dal Parco. Tale numero di operatori appare nel complesso tuttora sufficiente a garantire il conseguimento degli obiettivi prefissati, nonostante solo una parte di loro operino con impegno e costanza. Si tenga tra l’altro conto che con l’aumento del numero di operatori tende a ridursi il loro impiego medio e ad aumentare le problematiche legate alla competizione e alla territorialità, con conseguenze negative per l’efficacia degli interventi. Si rende comunque necessario un loro maggiore coinvolgimento nell’attuazione del Piano, anche attraverso periodici incontri finalizzati all’aggiornamento dei risultati conseguiti. Si ritiene comunque opportuno integrare gli attuali operatori di selezione con nuovi operatori, seppure in numero limitato valutato secondo le necessità di ogni singolo settore, al fine anche di favorire il coinvolgimento di giovani soggetti motivati ed interessati. Resta comunque ferma la necessità che la loro formazione e abilitazione avvenga su diretta iniziativa del Parco.
Per quanto riguarda gli interventi di cattura, gli operatori finora impiegati nella gestione delle unità di cattura, rappresentati da imprenditori agricoli, sono stati temporaneamente autorizzati in attesa del conseguimento dell’abilitazione prevista all’art. 16 del Regolamento del prelievo selettivo del Cinghiale. Il proseguimento degli interventi di cattura renderà quindi necessario, in attuazione di tale norma, procedere all’organizzazione del corso e alla conseguente abilitazione degli operatori di cattura. Di seguito vengono illustrate le proposte per l’aggiornamento e la formazione degli operatori di selezione. 4.1 Livelli di partecipazione degli operatori di selezione (Selco) Si individuano tre diversi livelli di partecipazione alle operazioni di prelievo selettivo: Operatori di selezione (Selco): tutti coloro che, abilitati, partecipano alle operazioni di prelievo selettivo ordinarie, definite secondo il calendario redatto dal CTA su indicazione del Responsabile scientifico. Operatori di selezione “speciali”: coloro che, in base alla graduatoria di meritocrazia, sono indicati per operare, oltre che nelle operazioni ordinarie, anche in casi particolari, quali interventi speciali ed urgenti, ai sensi dell’Art. 6 del Regolamento. Rappresentanti dei gruppi di ciascun settore (Rapco): in ciascun settore agisce un gruppo di operatori di selezione; all’interno del gruppo viene designato un rappresentante; questo ha le funzioni di coordinare le uscite previste dal calendario e di collaborare attivamente con il Responsabile tecnico scientifico, con gli zoologi, con il personale del CTA e con gli organi istituzionali del Parco. Si tratta di un ruolo cui il Parco vuole affidare maggiori responsabilità in un’ottica di coinvolgimento sempre più intenso nelle attività di gestione degli operatori di selezione.
I rappresentanti di ciascun gruppo ad oggi individuati sono:
Sig. Domenico Panunti (settore di Fiastra)
Sig. Silvano Merlini (settore di Cessapalombo)
Sig. Amedeo Tuccini (settore di Amandola)
Sig. Marzio Remigi (settore di Visso)
Sig. Antonio Pulozzi Pochini (settore di Arquata del Tronto)
Sig. Giampiero Bruni (settore di Preci)
Sig. Celestino Angeletti (settore di Norcia) Il gruppo di operatori non residenti nel Parco della provincia di Macerata (Camerino,
Castelraimondo, S. Severino Marche), circa una decina, hanno come referente il Sig. Lauro Porcarelli.
Ciascun gruppo può definire, democraticamente, con comunicazione scritta e firmata almeno dalla metà più uno degli operatori di selezione, un rappresentante diverso da quelli sopra elencati.
4. 2 Aggiornamento e formazione degli operatori di selezione con arma da fuoco Si prevedono momenti di incontro con i 7 gruppi di operatori al fine di:
informare e aggiornare sull’andamento del programma di gestione (andamento della popolazione di Cinghiale e risultati ottenuti attraverso il prelievo selettivo; organizzazione ed integrazione con le attività di cattura; valutazione dei risultati ottenuti per area e per operatore; analisi delle difficoltà incontrate e delle situazioni critiche; ecc.);
fornire indicazioni tecniche relative all’attuazione futura del piano di prelievo, con relativi obiettivi di settore;
informare e aggiornare su altri progetti di gestione e/o tutela di specie importanti nell’ecosistema del PNMS (cervo, camoscio, orso, lupo, ecc.);
informare e aggiornare sugli indirizzi gestionali nazionali. Ulteriori incontri necessari alla pianificazione delle attività saranno condotti con i
Rappresentanti dei settori, che avranno la funzione di trasmettere ai loro gruppi tutte le indicazioni relative allo svolgimento delle attività di prelievo.
In base ai risultati tecnicamente conseguiti sul campo gli operatori saranno sottoposti a
verifiche ed eventualmente potranno anche essere chiamati a sostenere nuove sessioni di tiro presso strutture autorizzate. Si prevede di effettuare una prova di tiro annuale, a partire dal 2013, preferibilmente nel mese di settembre (o fine agosto), secondo le modalità già utilizzate nell’ambito delle prove di tiro relative al Piano Transitorio (2011) effettuate presso il Poligono di tiro della cava di Statte (Comune di Camerino). 4.3 La formazione per il recupero dei capi feriti Quale semplice linea di indirizzo, si ritiene opportuno organizzare un corso per la formazione di nuclei di recupero dei capi feriti non recuperati, da definire in collaborazione con l’ENCI od altro organismo similare, tenendo conto che alcuni operatori di selezione posseggono cani adatti allo scopo ed hanno manifestato la loro disponibilità. L’obiettivo sarebbe quello di avere un nucleo di recupero per ciascuno dei sette settori del PNMS.
Occasionalmente, durante il Piano Transitorio 2011, sono state condotte attività di recupero con il coinvolgimento del nucleo di recupero dell’URCA Marche. 4.4 La graduatoria di meritocrazia degli operatori di selezione
In base all’articolo 7 del Regolamento che stabilisce che sia definito un elenco speciale degli operatori di selezione “sulla base dei meriti conseguiti nel corso delle operazioni, in particolare per quanto riguarda l’efficienza, la partecipazione e il comportamento”, e in accordo
e collaborazione con quanto definito con il Direttore, si è proceduto, durante il Piano Transitorio (2011) a definire una proposta di tale graduatoria.
I criteri, di seguito indicati, sono stati definiti anche con la partecipazione ed il contributo degli operatori di selezione, attraverso i loro rappresentanti, nell’ambito di numerose riunioni effettuate allo specifico scopo.
La prima graduatoria è stata definita utilizzando i dati a disposizione a partire dall’avvio del PQ nel 1998. I parametri presi in considerazione sono i seguenti (e vengono “normalizzati”, ‐ sono quindi proporzionali in base ai risultati ottenuti, ‐ al punteggio complessivo di 100 sulla base delle percentuali indicate):
1. Numero uscite per controllo per ogni uscita (20%) 2. Numero soggetti abbattuti per ogni soggetto (20%) 3. Efficacia n.ro uscite/capi abbattuti (20%) 4. Precisione percentuale colpi efficaci (colpi effettuati ‐ (errori + ferimenti)) (10%) 5. Segnalazioni scritte fornite
(schede avvistamento Ungulati, Lupo, errori di compilazione) (20%) 6. Essere responsabile di gruppo / distretto (10%)
Per la stesura della graduatoria sono stati presi in considerazione tutti gli operatori di
selezione tranne quelli che non hanno effettuato neppure una uscita a partire dal PT1, quindi a partire dal 1 gennaio 2005. Il punteggio relativo al rappresentante del settore è stato attribuito a metà nei settori (Preci, Norcia) in cui tale rappresentante è cambiato nel corso degli anni.
Per l’iscrizione all’elenco speciale saranno considerati i primi operatori di selezione della graduatoria di merito annualmente aggiornata. Potranno essere definite due graduatorie degli operatori: una a livello generale (relativa a tutto il Parco), una a livello locale (relativa a ogni singolo settore) il cui numero complessivo è da definire.
Per quanto riguarda le graduatorie future si è stabilito di aggiornarle anno dopo anno, mantenendo la normalizzazione al punteggio 100, utilizzando i medesimi parametri già descritti ed eventualmente integrandoli con altri parametri quali: esito delle prove di aggiornamento di tiro, consegna della mandibola dei capi abbattuti, conseguimento di attestati ottenuti presso altri Enti, partecipazione ai censimenti.
Costituiranno elemento sufficiente per la esclusione dall’Elenco speciale le seguenti azioni documentate da verbale del CTA o di un componente del Gruppo di lavoro:
1. Omessa ricerca del ferito o del soggetto eventualmente colpito 2. Abbattimento o sparo fuori orario 3. Arma non imbustata e scarica, prima e dopo l'appostamento 4. Effettuazione di cerca non autorizzata (non relativa al recupero) 5. Mancata segnalazione (uscita, abbattimento, ferimento, rientro) 6. Spostamento non autorizzato dal sito di prelievo (ovvero oltre la distanza consentita) 7. Abbigliamento non idoneo
Tali criteri, al momento solo di indirizzo generale, potranno comunque essere modificati
secondo le procedure definite nel Regolamento del prelievo selettivo del Cinghiale.
5. DESTINAZIONE DEGLI ANIMALI PRELEVATI E ABBATTUTI
Nel Regolamento CE 853/2004 (in vigore dal 1 gennaio 2006), si determina che le carni di animali selvatici di grossa taglia (intendendosi esclusi gli Uccelli ed i Lagomorfi) possono essere commercializzate soltanto se la carcassa è trasportata a un centro di lavorazione (o mattatoio) riconosciuto (art. 4 del Regolamento CE 853/2004), fatta eccezione per “piccoli quantitativi” (pari ad un massimo di un capo all’anno per cacciatore, come stabilito in occasione della Conferenza Stato‐Regioni del 9 febbraio 2006).
Secondo le norme vigenti, al fine di permettere la commercializzazione delle carne dei
capi di Cinghiale abbattuti dovrebbero essere previsti: 1) l’eviscerazione e la “pulitura” della cavità addominale del Cinghiale 2) il trasferimento della carcassa al centro di lavorazione, che deve avvenire “al più presto
possibile” (Reg. CE 853/2004, ALLEGATO III, SEZIONE IV, CAPITOLO II, Comma 3) e, quindi, secondo alcune interpretazioni, al massimo entro il giorno successivo dell’abbattimento.
Quanto previsto dal punto 1 dovrebbe essere effettuato da una persona formata, che ha
il compito di “effettuare un esame della carcassa e dei visceri asportati volto a individuare eventuali caratteristiche indicanti che la carne presenta un rischio per la salute” (Reg. CE 853/2004, ALLEGATO III, SEZIONE IV, CAPITOLO II, Comma 2). Attraverso il corso di aggiornamento, effettuato alla fine di gennaio 2012, si prevede la abilitazione a “persona formata” della maggior parte degli operatori di selezione del Parco (almeno l’80%). Il Parco è in attesa della formalizzazione di tale riconoscimento da parte degli Enti preposti. In ogni caso esiste già un gruppo di base di circa 20 operatori che, attraverso altri corsi di formazione organizzati dal ASUR, ASL ed altri EELL., risultano già “persone formate”. Considerando che è sufficiente una sola “persona formata” per ciascun gruppo, il Parco è già in grado di soddisfare i requisiti del Reg. CE 853/2004 da un punto di vista prettamente operativo. Il precedente Piano Transitorio (2011) definiva gli indirizzi per un avvio della filiera del Cinghiale nel Parco inquadrando le problematiche relative alle disposizioni del Reg. Ce 853/2004 già citato. Tali indirizzi sono stati seguiti nell’avvio della nuova fase operativa di contenimento del Cinghiale, tuttavia, essendo molteplici le problematiche relative alle infrastrutture di cui necessita tale sistema, ancora non si è potuto raggiungere uno stato definitivo del modello proposto.
Nell’ambito delle operazioni di controllo diretto della popolazione del Cinghiale nel PNMS, la carcassa del Cinghiale abbattuto entra in possesso dell’operatore di selezione che ha due possibilità: 1) la utilizza per autoconsumo; 2) la conferisce ad un centro di lavorazione autorizzato che gli restituisce due mezzene commercializzabili.
Un solo capo all’anno può comunque essere ceduto direttamente a consumatori finali
(anche esercizi commerciali al dettaglio) senza il passaggio al centro di lavorazione autorizzato. Le spese relative al trasporto ed alla lavorazione delle carcasse (comprese analisi sanitarie e smaltimento delle parti non utilizzabili) sono a carico dell’operatore di selezione che entra in possesso delle mezzene, appena disponibili.
L’elevato numero di operatori di selezione abilitati come “persone formate” renderebbe
meno vincolante la costituzione dei Centri di Raccolta (vedi Piano transitorio 2011), in cui grazie
alla presenza di anche una sola persona formata si potrebbe procedere alla prima manipolazione delle carcasse indirizzate alla commercializzazione; le carcasse potrebbero essere dunque fatte pervenire direttamente ai Centri di lavorazione. Diventa perciò fondamentale raggiungere accordi con questi centri, anche attraverso contatti diretti dei gruppi degli operatori di selezione. Trasporto
Per quanto riguarda il trasporto ai centri di lavorazione, la normativa obbliga che i visceri debbano accompagnare la carcassa al centro di lavorazione ed essere identificabili; durante il trasporto, le carcasse non vanno ammassate (Reg. CE 853/2004, ALLEGATO III, SEZIONE IV, CAPITOLO II, Commi 4 e 6).
Alla carcassa è associata la dichiarazione di abbattimento in cui l’operatore (persona formata) riporta che “non è stata riscontrata alcuna caratteristica anomala né sono stati rilevati comportamenti anomali prima dell'abbattimento e non vi è un sospetto di contaminazione ambientale”, oltre ad informazioni più di carattere generale (località, data e ora in cui è avvenuto l’abbattimento), ovvero se vengono riscontrate caratteristiche anomale queste vanno segnalate opportunamente. Centri di lavorazione
L’adozione dell’iter di cui sopra, necessita di un coordinamento tra tutti i soggetti coinvolti, nonché l’adozione di un calendario di prelievo che, tra le varie esigenze, tenga conto anche della disponibilità a ricevere le carcasse dei centri di lavorazione.
A riguardo la normativa (Reg. CE/853, ALLEGATO III, SEZIONE IV, CAPITOLO II, Comma 8)
prevede inoltre che i capi di animali selvatici “prima dello scuoiamento siano immagazzinati e manipolati separatamente dagli altri prodotti alimentari e non congelati”; i centri di lavorazione dovrebbero quindi organizzarsi in modo da prevedere fasi di lavorazione da dedicare esclusivamente alla filiera del Cinghiale.
Le carcasse dunque potrebbero giungere ai mattatoi, prima dell’avvio della filiera dei domestici, in quanto appare improbabile la possibilità di prevedere una intera giornata di lavoro da dedicare alla lavorazione al Cinghiale (si presume infatti che il “volume” giornaliero delle carcasse non sia sufficiente a rendere positivo il rapporto tra i costi e i benefici). La disponibilità della struttura, potrà quindi essere condizionata dal quantitativo di carcasse che devono essere lavorate.
Le caratteristiche dei centri di lavorazione sono definite sempre dal Reg. CE/853.
Attualmente risultano autorizzati solo 3 centri di lavorazione di pertinenza del territorio del Parco e sono localizzati ad Acquasanta Terme (AP), Sarnano (MC) e S. Severino (MC). Sono attivi, ma devono richiedere le necessarie autorizzazioni i centri di lavorazione di Visso (MC) e Camerino (MC), mentre è attualmente non attivo e non autorizzato il centro di lavorazione di Norcia (PG).
Gli accordi con i 3 centri di lavorazione sono in via di definizione, sotto il profilo operativo, ma i primi cinghiali sono già stati conferiti presso tali strutture a partire dal 13 dicembre 2011. Rimangono comunque due azioni prioritarie da effettuare per lo sviluppo delle attività: 1) la definizione degli accordi sotto il profilo tecnico, operativo ed economico con i 3 centri di lavorazione autorizzati; 2) una “pressione” politica per l’attivazione delle altre 3 strutture individuate senza le quali l’intero progetto non può essere sostenibile nelle modalità individuate (trasporto e costi a carico degli operatori di selezione) e, soprattutto, perché gran parte del territorio di pertinenza del Parco non dispone di strutture i riferimento.
Interessanti proposte sono emerse da singoli gruppi di operatori, come nel caso di
Amandola, ove si potrebbe richiedere, previa disponibilità data dagli stessi operatori, di infrastrutture in loco (nel Comune di Montemonaco), una specifica autorizzazione per un piccolo centro di lavorazione dedicato proprio alla filiera del Cinghiale del Parco. In altri settori (Visso, Norcia) è stata manifestata disponibilità nell’allestimento dei centri di raccolta, attraverso contatti diretti con gli EELL., piccoli contributi o concessione di mano d’opera. Centri di raccolta
Non si vuole accantonare l’idea dei centri di raccolta che svolgerebbero una importante
funzione anche sotto il profilo della ricerca scientifica, fungendo da luoghi attrezzati per le misurazioni biometriche, e quello sociale, come luoghi di aggregazione anche con realtà venatorie che agiscono in prossimità del Parco. Tuttavia per una rapida ripresa delle operazioni, avvenuta nel mese di dicembre 2011, si è deciso di intervenire, come specificato in apertura del paragrafo, provvedendo il trasporto direttamente ai centri di lavorazione.
Rimane l’opportunità di avere un centro di raccolta per ciascun settore del PNMS, studiando eventualmente alcuni possibili accorpamenti. Ciò è peraltro previsto anche dal Reg. del prelievo selettivo del Cinghiale (art. 6, comma 4). Tali centri dovranno avere alcuni requisiti essenziali, tra cui:
cella frigorifera (adeguata alla conservazione di fino a 10 carcasse contemporaneamente);
spazi e attrezzature adeguati alla lavorazione sulle carcasse dei Cinghiali, ed al rilievo di dati, comprese tutte le preliminari analisi biometriche, morfologiche e ponderali;
angolo ad uso ufficio (in cui sia possibile annotare i rilievi effettuati e compilare le schede necessarie alla raccolta dei dati per lo studio e la gestione del Cinghiale);
infrastrutture adeguate alla movimentazione dei mezzi (parcheggi adeguati, accessibilità, ecc.).
Il 16 marzo 2012 è stata organizzata una riunione con tutti i soggetti interessati (Regioni, ASL, ASUR, IZS Umbria e Marche) al fine di delineare un iter comune nella definizione di un protocollo che contenga le linee operative da attuare per poter meglio attivare la filiera: molte indicazioni positive sono emerse, si trasmette un resoconto della riunione (ALLEGATO D). Il protocollo è ancora in via di definizione.
6. MONITORAGGIO DELLA POPOLAZIONE DI CAPRIOLO
Dal 2005 al 2010, non essendo disponibili risorse umane ed economiche per una attività ad hoc, è stato realizzato annualmente un conteggio per osservazione diretta del Capriolo unitamente ai conteggi effettuati per il Cinghiale, nelle 3 a stesse aree di saggio (cfr paragrafo 2.2), da cui è stata ricavata, analogamente al cinghiale, una stima della Consistenza Ipotetica Minima annuale (CIM) per l’area del Parco. Sempre con una modalità analoga a quella utilizzata per il Cinghiale, i dati ricavati dai conteggi sono stati confrontati con l’IKA annuale (rilevato nei trimestri autunnali e primaverili) e l’ITA primaverile (1 marzo – 15 luglio) osservando un andamento negli anni molto simile dell’IKA e dell’ITA, con una evidente corrispondenza fra incrementi e decrementi annuali, più discordante invece con la CIM; l’andamento comunque evidentemente crescente dal 2005 al 2010 di tutti e tre gli indici utilizzati, suggerisce un trend positivo della popolazione di Capriolo.
trimestre di rilevamento IKA periodo di
rilevamento stima e ITA
IKA tot Capriolo
Consistenza Ipotetica Minima
Capriolo
ITA Capriolo
autunno 2004, primavera 2005 primavera 2005 0,317 0,26
autunno 2005, primavera 2006 primavera 2006 0,637 637 0,38
autunno 2006, primavera 2007 primavera 2007 0,530 817 0,24
autunno 2007, primavera 2008 primavera 2008 1,134 807 0,57
autunno 2008, primavera 2009 primavera 2009 0,884 891 0,39
autunno 2009, primavera 2010 primavera 2010 1,136 1253 0,49
0,000
0,200
0,400
0,600
0,800
1,000
1,200
0
200
400
600
800
1000
1200
1400
2005 2006 2007 2008 2009 2010
IKA
consistenza
Consistenza Ipotetica Minima e IKA Capriolo
n. minimo individui ipotetico IKA tot
Dal 2011, su richiesta dell’Ente Parco, è stata realizzata una fase sperimentale di conteggio diretto specifica per il Capriolo attraverso una nuova strategia, discussa e concordata con il Direttore del Parco, come prima azione di miglioramento ed affinamento del monitoraggio della specie, che è consistita essenzialmente nell’ampliamento del numero di aree campione e relativa diminuzione delle superfici campionate, il coinvolgimento del maggior numero possibile di operatori “sul campo” (formati con un apposito corso) e la ridefinizione del periodo di rilevamento in funzione di una migliore osservabilità del capriolo. In questa fase sono state utilizzate 6 aree campione ricadenti rispettivamente in 6 dei 7 settori geografico – amministrativi di riferimento in cui è stato suddiviso il Parco (Cessapalombo, Amandola, Arquata del Tronto, Norcia, Preci, Fiastra).
In ogni settore le aree campione sono state individuate posizionandole casualmente in un ambiente in generale idoneo per il Capriolo con l’unica condizione della presenza di una buona percentuale di aree aperte, necessaria per l’applicazione del metodo di conteggio utilizzato, mentre l’ampiezza è stata definita sulla base del numero di operatori disponibili. I punti di osservazione all’interno delle aree campione sono stati opportunamente scelti in modo da coprire visivamente una superficie non oltre i 250 ‐ 300 m di distanza. I conteggi sono stati effettuati nel periodo del “primo verde” (all’incirca nella seconda metà di aprile) eseguendo in ogni area di saggio da 3 a 4 sessioni di rilevamento consecutive mattutine e serali, Gli individui osservati sono stati distinti per sesso e classi di età (classe 1: individui di età inferiore ad 1 anno; classe 2: individui di età superiore ad 1 anno). Per ogni area di saggio, il numero massimo di individui rilevati per classe di età nel totale delle sessioni di rilevamento è stato diviso per la superficie complessiva delle aree aperte effettivamente osservate ottenendo una densità che è stata poi estesa a tutte le aree aperte presenti entro i confini dell’area; da questa densità è stato così ricavato un numero minimo di individui da cui, rapportandolo alla superficie totale dell’area di saggio (comprese quindi anche le superfici boscate, escluso l’edificato, strade, ecc.), si è calcolata una densità ipotetica minima per area espressa in numero di individui/100 ha.
0,00
0,10
0,20
0,30
0,40
0,50
0,60
0,000
0,200
0,400
0,600
0,800
1,000
1,200
2005 2006 2007 2008 2009 2010
ITA
IKA
IKA e ITA Capriolo
IKA tot ITA
Come per il Cinghiale, si presuppone che il metodo adottato sottostimi comunque il numero di individui osservati, per cui tale valore di densità viene sempre considerato un indice di abbondanza relativo, del tutto indicativo dal punto di vista assoluto.
Per quanto riguarda il confine delle aree di saggio, in una seconda fase, dopo il primo
anno sperimentale di conteggio, si è stabilito di individuare un criterio di definizione univoco per tutte, in modo da rendere più precisamente attribuibile ad una superficie definita il numero di caprioli stimato. Si è pertanto preso come riferimento l’home range medio primaverile in ambiente collinare appenninico del Capriolo elaborato da dati bibliografici (21 ha circa) (Bongi, Luccarini, Mattioli, 2009) da cui si è ricavata una valutazione della possibile distanza da cui un individuo osservato in un’area aperta potrebbe provenire (circa 250 m), considerando un limite di massima utilizzazione del margine esterno al bosco di 200 m. In base a questa elaborazione la superficie delle aree campione utilizzate nella prima fase sperimentale è stata corretta aggiungendo un buffer di 250 m intorno alle aree aperte situate sul confine in continuità con superfici boscate o mosaicizzate.
I risultati dei conteggi del 2011 e del 2012 con il calcolo della superficie totale delle aree campione sono i seguenti:
RILEVAMENTI 2011 (aree di saggio con buffer 250 m)
area di saggio superficie totale in ha (escluso
edificato, strade ecc.) Caprioli stimati
densità ipotetica minima (indd/100 ha)
Fiastra 1074 131 12,2
Cessapalombo 602 108 17,9
Amandola 473 97 20,5
Arquata del Tronto 257 44 17,1
Norcia 477 58 12,2
Preci 430 32 7,4
totale 3313 470 14,2
media 14,5
RILEVAMENTI aprile 2012 (aree di saggio con buffer 250 m)
area di saggio superficie totale in ha (escluso
edificato, strade ecc.) Caprioli stimati
densità ipotetica minima (indd/100 ha)
Fiastra 1074 118 11,0
Cessapalombo 602 86 14,3
Ascoli Nord 541 90 16,6
Ascoli sud 353 36 10,2
Norcia Preci 430 37 8,5
totale 3000 366 12,2
media 12,1
Volendo calcolare dalla densità una Consistenza Ipotetica Minima del Capriolo per il PNMS, rapportando il valore medio stimato all’estensione complessiva dell’area vocata (cfr paragrafo seguente) si ottiene: 14,5 (indd/100 ha)X 335,02 (ha area vocata/100) = 4874 indd nel 2011 12,1 (indd/100 ha)X 335,02 (ha area vocata/100) = 4060 indd nel 2012 Tali valori di consistenza risultano decisamente di un altro ordine di grandezza rispetto a quelli stimati nel periodo 2005 – 2010, compresi fra un minimo di 600 ed un massimo di 1200 individui circa. Nonostante però questa considerevole differenza sia in gran parte dovuta alla forte sottostima del numero di individui osservati che comportava il metodo di campionamento adottato fino al 2010, non ottimale per il Capriolo, il confronto con l’ITA, in evidente aumento nel 2012, concorda nell’indicare un significativo incremento dell’abbondanza della specie negli ultimi due anni.
Nella prospettiva di un miglioramento del monitoraggio del Capriolo compatibile con le
risorse umane ed economiche disponibili sono stati infine delineati i seguenti principali indirizzi di approfondimento della ricerca:
ridefinizione dell’area vocata e distinzione in base alle caratteristiche ambientali di diversi
gradi di vocazionalità
Analisi e valutazione dei dati raccolti nei conteggi anche in base al grado di vocazionalità
dell’area vocata ed eventuale adeguamento dell’allocazione e definizione delle aree di
saggio per una migliore rappresentatività.
637817 807 891
1250
4874
4060
0,220,26
0,38
0,24
0,57
0,39
0,50
0,90
0,00
0,10
0,20
0,30
0,40
0,50
0,60
0,70
0,80
0,90
1,00
0
1000
2000
3000
4000
5000
6000
2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012
ITA
Consistenza
Andamento Consistenza Ipotetica Minima e ITA Capriolo
Consistenza Ipotetica Minima ITA
Esecuzione di eventuali conteggi in battuta, ad esempio nelle aree meno idonee per i conteggi per osservazione diretta da punti fissi di osservazione o come verifica e confronto di dati raccolti con metodi diversi
Eventuale aggiunta di un’altra area campione nel settore di Visso, non campionato nel
2011, per un totale di 7 aree, come già progettato nella fase sperimentale.
La possibilità invece di utilizzare aree di saggio scelte casualmente ogni anno per
migliorare statisticamente la rappresentatività della base campionaria risulta, come già
spiegato nei paragrafi precedenti sul Cinghiale, troppo onerosa dal punto di vista tecnico
– logistico in relazione alle risorse disponibili.
Riguardo l’area vocata, è stata già compiuta una prima rielaborazione non ancora definitiva, in cui come criterio di definizione è stata considerata la superficie boscata comprensiva di un buffer di 200m nelle aree aperte e la superficie occupata dai coltivi al di sotto dei 1200 m di quota, distinguendo i boschi del piano collinare (foreste di carpino nero e orniello, foreste di roverella e localmente cerro, foreste di leccio) accorpati ai boschi ripariali e ad i coltivi come area di maggiore vocazionalità e le faggete come area di minore vocazionalità. Questo criterio è stato ricavato sia dai dati bibliografici sull’ecologia del Capriolo, in particolare sull’ampiezza dell’home range e sul limite di massima utilizzazione del margine esterno al bosco, che dall’analisi delle preferenze ambientali, relative alle categorie vegetazionali e alle classi di quota utilizzate, ricavate dall’elaborazione dei dati raccolti nella rete di transetti.
categoria superficie in ha grado di vocazionalità
area vocata boschi collinari 25426 massima vocazionalità
area vocata faggete 8076 minore vocazionalità
totale 33502
Nella figura sottostante è rappresentata l’area vocata del Capriolo distinta nelle due categorie di vocazionalità con le aree di saggio utilizzate nella fase sperimentale del 2011 ed i settori in cui è stato suddiviso il Parco
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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