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PIANO TRIENNALE DI GESTIONE DEL CINGHIALE E DI MONITORAGGIO DEL CAPRIOLO (2012 – 2015) (approvato con D.P. n. 8 del 22/10/2012 validità: dal 22/10/2012 al 21/10/2015) Parco Nazionale dei Monti Sibillini Dr. Franco Perco Dr. Alessandro Rossetti Dr. Paolo Salvi Dr. Federico Morandi Laboratorio di Ecologia Applicata Dr. Enrico Cordiner Dr. Nicola Felicetti Dott.ssa Sara Marini

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  PPIIAANNOO  TTRRIIEENNNNAALLEE  DDII  GGEESSTTIIOONNEE  DDEELL  CCIINNGGHHIIAALLEE    

EE  DDII  MMOONNIITTOORRAAGGGGIIOO  DDEELL  CCAAPPRRIIOOLLOO    ((22001122  ––  22001155))  (approvato con D.P. n. 8 del 22/10/2012 ‐ validità: dal 22/10/2012 al 21/10/2015) 

 

Parco Nazionale dei Monti Sibillini Dr. Franco Perco Dr. Alessandro Rossetti Dr. Paolo Salvi Dr. Federico Morandi

Laboratorio di Ecologia Applicata Dr. Enrico Cordiner Dr. Nicola Felicetti Dott.ssa Sara Marini

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  Indice  PREMESSA  1. DESCRIZIONE DEL CONTESTO ECOLOGICO E SOCIALE   1.1. Popolazione di Cinghiale   1.2. Danni alle colture   1.3 Relazione tra popolazione di Cinghiale e entità dei danni alle colture   1.4 Prelievo selettivo   1.5 Relazione tra il prelievo selettivo e la popolazione di Cinghiale   2. OBIETTIVI DEL PIANO 

2.1 Valutazione dell'opportunità di intervento 2.2  Tecniche standardizzate di monitoraggio 2.3 Individuazione di un valore – soglia ottimale  

3. MODALITA' DI INTERVENTO 3.1 Strumenti e metodi di intervento 3.2 Aree d’intervento 3.3 Sistemi di prevenzione dei danni 

 4. PERSONALE COINVOLTO 

4.1 Livelli di partecipazione degli operatori di selezione (Selco) 4.2 Aggiornamento e formazione degli operatori di selezione con arma da fuoco 4.3 La formazione per il recupero dei capi feriti 4.4 La graduatoria di meritocrazia degli operatori di selezione  

5. DESTINAZIONE DEGLI ANIMALI PRELEVATI E ABBATTUTI  6. MONITORAGGIO DELLA POPOLAZIONE DI CAPRIOLO  RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI  ALLEGATI:   A) REGOLAMENTO DEL PRELIEVO SELETTIVO DEL CINGHIALE   B) PROTOCOLLO OPERATIVO PER LE OPERAZIONI DI PRELIEVO SELETTIVO 

C) PRESCRIZIONI PER LA GESTIONE DELLE UNITA’ DI CATTURA D) DOCUMENTO TAVOLO TECNICO REGIONI, IZSUM, ASUR, ASL – INDICAZIONI SUL 

TRATTAMENTO DELLE CARCASSE        

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  Premessa  

Il Cinghiale (Sus scrofa) è un animale dotato di una eccezionale plasticità ecologica, dovuta essenzialmente alla sinergia di alcuni fattori: una strategia riproduttiva “intelligente”,  in grado di adattarsi  a  diverse  condizioni  ecologico‐ambientali,  attraverso  la  quale  riesce  ad  ottenere incrementi di popolazione molto significativi (spesso pari o addirittura superiori al 100 % annuo); la capacità di utilizzare un ampio spettro alimentare, composto da risorse sia di origine vegetale che animale; una notevole vagilità, ovvero  la capacità di effettuare spostamenti anche di svariati chilometri in tempi ridotti, sia in relazione all’alimentazione che alla riproduzione.    Grazie a queste sue caratteristiche si è assistito, nell’ultimo trentennio, ad una esplosione demografica che ha interessato un intero continente – l’Europa ‐ e che, inevitabilmente, ha posto la  specie  in  una  condizione  di  conflitto  con  diverse  attività  umane,  in  primo  luogo  con un’agricoltura rurale le cui tradizioni ed i cui prodotti genuini si tramandano da secoli.     Anche  l’Appennino  umbro‐marchigiano  è  stato  interessato  da  questo  fenomeno,  e nonostante il Cinghiale fosse scomparso da queste montagne da diversi secoli, a partire dalla fine degli anni  ’70  la sua presenza si è  fatta progressivamente più massiccia, a causa soprattutto dei numerosi interventi di ripopolamento effettuati a scopo venatorio.    In  relazione  alla  istituzione  di  diverse  aree  protette,  si  è  talvolta  osservato  il  cosiddetto “effetto spugna”, legato ad una certa tendenza delle popolazioni di Cinghiale emigrare dalle aree in cui è praticata un’intensa attività venatoria per “rifugiarsi” nelle aree protette.    Di importanza non secondaria, inoltre, è il fatto che il Cinghiale gioca anche un importante ruolo  ecologico,  dal  momento  che  attualmente  rappresenta,  tra  l’altro,  la  principale  preda naturale per il Lupo.    Al fine di affrontare tali complesse problematiche,  il Parco ha attuato, a partire dal 1994, una  strategia  articolata,  in  coerenza  con  la  normativa  vigente  e  con  gli  indirizzi  nazionali  e,  in particolare,  con  le  “Linee  guida  per  la  gestione  del  Cinghiale  (Sus  scrofa)  nelle  aree  protette” pubblicate dal Ministero dell'Ambiente e dall'INFS (ora  ISPRA). Tale strategia ha riguardato, oltre all’indennizzo dei danni, la realizzazione di recinzioni elettrificate per la protezione delle colture, il monitoraggio sulla consistenza e la dinamica della popolazione di Cinghiale e il controllo numerico mediante prelievo selettivo tramite abbattimento e catture. La principale finalità di tali interventi, pertanto, è quella di contenere  la popolazione di Cinghiale entro  limiti ritenuti compatibili con  il mantenimento degli equilibri ecologici e, in particolare, con gli “agroecosistemi”, contribuendo in tal modo anche a tutelare l’agricoltura.    Sebbene  l’art. 11, comma 3, della  legge quadro sulle aree protette n. 394 del 6 dicembre 1991 vieti, tra  l’altro,  la cattura,  l'uccisione,  il danneggiamento,  il disturbo delle specie animali,  il comma 4 dello  stesso articolo prevede  la possibilità di effettuare prelievi  faunistici ed eventuali abbattimenti  selettivi,  necessari  per  ricomporre  squilibri  ecologici  accertati  dall'Ente  Parco,  che devono avvenire per  iniziativa e  sotto  la diretta  responsabilità e  sorveglianza dell'Ente parco ed essere  attuati  dal  personale  dell'Ente  Parco  o  da  persone  all'uopo  espressamente  autorizzate dall'Ente parco stesso. Inoltre, il D.M. del 03/02/1990 di istituzione del Parco Nazionale dei Monti 

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Sibillini  vieta  "l'attività  venatoria, escluso  l'abbattimento  selettivo delle  specie  in  sovrannumero rispetto alla loro densità agricolo‐forestale, secondo le disposizioni di legge vigenti in materia".   Già le prime indagini sulla popolazione di Cinghiale nel Parco, condotte dal prof. Bernardino Ragni dell’Università degli Studi di Perugia, accertavano l’oggettiva sussistenza di squilibri ecologici legati  alla  presenza  sovrabbondante  di  tale  specie  in  relazione  principalmente  alle  colture;  in particolare, nella “Relazione sui primi  risultati del progetto Cinghiale”, approvata con DCD n. 67 del  13/09/1995,  si  evidenziava  che  “gli  agrosistemi,  una  componente  storica  e  profondamente funzionale  del  paesaggio  geografico  e  dell’ecosistema  dei Monti  Sibillini  e  dell’alta  Valnerina, subiscono pesantemente gli effetti dell’attività alimentare del Cinghiale nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini”.    Le  attività  di monitoraggio  e  controllo  della  popolazione  di  Cinghiale  sono  state  finora attuate nell’ambito del Piano Quinquennale di gestione del Cinghiale e di monitoraggio dell’Orso bruno e della Lince eurasiatica (PQ) ‐ attuato dal 22/06/1998 al 31/12/2003 con la collaborazione dell’Università  degli  Studi  di  Perugia  ‐    del  Piano  triennale  di  gestione  del Cinghiale  2005‐2007 (PT1), approvato con DCS n. 22 del 30/09/2004, attuato dal 02/01/2005 al 31/12/2007, del Piano triennale di gestione del Cinghiale e di monitoraggio del Capriolo 2008‐2011 (PT2), approvato con DP n. 21 del 12/12/2007 ed attuato dal 7/2/2008 al 6/2/2011 e,  infine del Piano Transitorio di gestione del Cinghiale e di monitoraggio del Capriolo (2011), prorogato fino al 9/8/2012.    Relativamente al Piano Transitorio di gestione del Cinghiale e di monitoraggio del Capriolo (2011),  il cui obiettivo era quello di  far precedere, anche  in considerazione dell'avvicendamento del Direttore del Parco, un nuovo Piano pluriennale da una fase di transizione riorganizzativa atta ad approfondire e risolvere talune criticità e, in particolare:  

ad approfondire le cause dell'incremento dei danni alle colture arrecate dai Cinghiali; 

ad individuare e sperimentare adeguati sistemi di prevenzione dei danni; 

a raffinare le tecniche di censimento e monitoraggio del Cinghiale e del Capriolo; 

a valutare  l'efficacia e  la convenienza  (anche  in  termini di  rapporto costi/benefici) dei diversi metodi di controllo (catture e abbattimenti selettivi); 

ad  adeguare  le  modalità  di  controllo  numerico  del  Cinghiale  sulla  base  della  suddetta valutazione e delle vigenti norme  in materia di trattamento e destinazione dei capi catturati e abbattuti; 

ad  individuare  le  strutture  e  i  dispositivi  (quali mattatoi,  centri  di  raccolta,  telesegnalatori) necessari o funzionali all'attuazione degli interventi di prelievo selettivo; 

ad  individuare modalità  atte  a  promuovere  una  filiera  per  la  commercializzazione  dei  capi prelevati; 

a verificare l'efficienza, la preparazione e la disponibilità degli operatori di selezione, valutando la necessità di effettuare nuovi corsi per l'abilitazione al prelievo selettivo del Cinghiale. 

Il Piano Transitorio ha quindi affrontato le problematiche sopra descritte,  di cui ha tenuto 

conto il presente Piano.    

Il  presente  Piano  di  gestione  del  Cinghiale  è  stato  redatto  ai  sensi  dell’art.  2  del Regolamento  del  prelievo  selettivo  del Cinghiale,  nel  rispetto  dell’art.  11,  comma  4,  della  L.  n. 394/91, nonché in coerenza con la seconda edizione delle “linee guida per la gestione del Cinghiale nelle  aree protette”, predisposte nel  2012 dall’ISPRA  e dal Ministero dell’Ambiente,  e  tenendo 

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conto dei  risultati dei precedenti Piani di  gestione del Cinghiale nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini.    Inoltre,  coerentemente  al  D.P.R.  8/9/1997  n.  357  d’attuazione  della  direttiva  “habitat” 92/43/CEE,  costituisce  una  misura  di  conservazione  delle  zone  speciali  di  conservazione  (Siti d’Interesse Comunitario e Zone di Protezione Speciale) ricadenti all’interno del Parco.     Esso è riferito ad un periodo di tre anni a partire dall'avvio della sua attuazione.                                         

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1. DESCRIZIONE DEL CONTESTO ECOLOGICO E SOCIALE  

  La  presenza  del  Cinghiale  (Sus  scrofa)  nel  Parco  Nazionale  dei  Monti  Sibillini  ha rappresentato,  sin  dalla  sua  istituzione,  una  delle maggiori  cause  di  conflitti  sociali,  politici  ed economici, soprattutto in relazione ai danni arrecati da questa specie alle colture e al suo interesse venatorio e commerciale. Da un lato gli agricoltori hanno subìto i danni diretti provocati dalla sua presenza, da un altro il mondo venatorio ha guardato con interesse all’ingente presenza del Suide nel  Parco  come  serbatoio  della  specie  per  le  aree  esterne mostrandosi  talvolta  critico  verso  le attività di gestione condotte dal Parco. D’altro canto  il coinvolgimento di una parte dei cacciatori locali  abilitati  al  selecontrollo,  ha  rappresentato  un  importante  fattore  di  attenuazione  dei conflitti.  Il Cinghiale,  inoltre, può  causare  squilibri nel  sistema ecologico del Parco,  in  relazione principalmente  proprio  ai  danni  agli  "agrosistemi",  a  cui  è  legata  la  presenza  anche  di  specie faunistiche  di  rilevante  interesse  conservazionistico,  come  la  Coturnice  (Alectoris graeca, Meisner 1804),  Starna  (Perdix  perdix,  Linnaeus 1758),  la  Tottavilla  (Lullula arborea, Linnaeus 1758), il Succiacapre  (Caprimulgus europaeus, Linnaeus, 1758) e l'Averla piccola

 (Lanius  collurio, Linnaeus 1758)  e,  secondariamente,  agli  effetti  sugli  ambienti  naturali  o seminaturali, come  le praterie secondarie.  Il Cinghiale, quale specie autoctona che si era estinta nel  territorio  dei  Sibillini  in  tempi  storici  recenti,  riveste  tuttavia  anche  un  ruolo  positivo fondamentale nella catena  trofica del Parco,  in particolar modo quale principale preda del Lupo

 (Canis  lupus, Linnaeus 1758),  specie  di  interesse  comunitario  prioritaria.  Le  misure  gestionali adottate devono pertanto risultare oculate tenendo in considerazione l’insieme di questi fattori e avendo quale obiettivo generale il mantenimento di una popolazione di Cinghiale compatibile con le  finalità  di  conservazione  del  Lupo  e  di  salvaguardia  e  valorizzazione  delle  attività  agro‐silvo‐pastorali tradizionali.  

Di  seguito  si  riportano  in  sintesi  i  principali  risultati  ottenuti  nell’ambito  dei  precedenti Piani  di  gestione  del  Cinghiale  (PT1  2005  –  2007  e  PT2  2008  –  2011  e  Piano  Transitorio  2011)  con riferimento alla consistenza ed all’andamento della popolazione di Cinghiale, ai danni alle colture, al numero di Cinghiali “rimossi” tramite i due metodi utilizzati: prelevo selettivo con arma da fuoco e  trappolamento  con  strutture  fisse  e  mobili.  Sono  utilizzati  anche  i  dati  del  2004,  anno  di transizione tra il Programma Quinquennale (PQ) e il PT1.    1.1. Popolazione di Cinghiale  La  consistenza  della  popolazione  del  Cinghiale  è  stata  valutata  annualmente  attraverso l’applicazione di diverse tecniche standardizzate di monitoraggio da cui si sono ricavati 3 principali Indici relativi di Abbondanza:    la Densità Minima Stimata (DMS), dal conteggio per osservazione diretta su aree di saggio 

nel  periodo  primaverile  (nella  seconda metà  di  giugno),  il  cui  valore  assoluto,  data  la difficoltà di rilevamento del Cinghiale che ne esclude a priori  il conteggio esaustivo, è da considerarsi del  tutto  indicativo. Dalla DMS per  le  aree di  saggio è  stato estrapolato un numero minimo di individui ipotetico (Consistenza Ipotetica Minima ‐ CIM) per tutta l’area del  Parco  in modo  da  avere  un  parametro,  seppure  indicativo,  della  consistenza  della popolazione  confrontabile  con  i  dati  pregressi  del  PQ,  in  cui  similmente  l’abbondanza 

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annuale della popolazione è stata espressa in numero di individui, e comunque necessario come base di partenza per individuare un numero di riferimento di cinghiali da rimuovere.  

l’Indice Chilometrico di Abbondanza (IKA), dal rilevamento degli Indici di Presenza diretti ed indiretti con  il metodo naturalistico su una rete di transetti standardizzata percorsa nella stagione  autunnale  (1  ottobre  –  31  dicembre)  e  primaverile  (1  marzo  –  30  giugno) dall’autunno 2004 all’autunno del 2010;  

l’Indice Temporale di Abbondanza (ITA), dal rapporto fra il numero di cinghiali avvistati e il numero  di  giornate‐operatore  effettuate  nel  periodo  primaverile  (15 marzo  –  15  luglio) nell’attività di prelievo selettivo.    

Di seguito si riporta una tabella riassuntiva della serie storica dei dati.    

 

Periodo Consistenza Ipotetica 

Minima Piano  

Giugno 1998  3486 

PQ(1998 – 2003) 

Giugno 1999  1481 

Giugno 2000  4550 

Giugno 2001  8193 

Giugno 2002  2689 

Giugno 2003  2785 

Giugno 2004  2580  Fase transizione 

Giugno 2005  2024 

PT1 (2005 – 2007) Giugno 2006  2071 

Giugno 2007  2568 

Giugno 2008  2218 

PT2 (2008 – 2011) Giugno 2009  1481 

Giugno 2010  1665 

Aprile 2011  2551 Piano Transitorio 2011 ‐ 2012 

Aprile 2012  3936 

 Note: Per quanto riguarda il 2011 ed il 2012 la stima è stata ricavata da conteggi per osservazione diretta da punti vantaggiosi in aree di saggio, ma con modalità e tempi diversi rispetto agli anni precedenti ( per il  periodo di rilevamento,  ed estensione e numero delle aree di saggio).  

   L’andamento  negli  anni,  come  si  può  osservare  nel  grafico,  appare  complessivamente  in decremento  a  partire  dal  1998,  con  ampie  variazioni  fino  al  2002  a  cui  segue  una  relativa stabilizzazione fino al  2011, durante la quale la CIM oscilla fra i 1500 e  i 2500 individui circa. Nel  2012 si osserva invece un valore di consistenza evidentemente più elevato, di circa 4000 individui. Va tenuto però presente che  le stime del 2011 e del 2012 non sono ben confrontabili con quelle pregresse a causa del diverso metodo di campionamento utilizzato, che è  risultato  sicuramente meno adeguato e rappresentativo di quello adottato dal 2004 al 2010, soprattutto per  la ridotta estensione delle aree di saggio.

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  Il confronto con gli altri due Indici di Abbondanza utilizzati per il monitoraggio (nel corso del PT1 e PT2) mostra una certa corrispondenza  fra  fasi di  incremento e decremento della CIM e dell’IKA (con applicato un fattore di correzione che diminuisce l’effetto della variabilità delle condizioni di rilevamento  determinata  dalla  disomogeneità  negli  anni  della  copertura  nevosa  sulla  rete  di transetti), anche se con alcune evidenti differenze, mentre mostra una sostanziale corrispondenza nell’andamento  generale  di  CIM  e  ITA.  Per  quanto  riguarda  il  2012,  l’andamento  dell’ITA, suggerisce  un  ridimensionamento  del  valore  relativo  della  CIM,  il  cui  progressivo  aumento  dal 2010 al 2012  si può perciò ritenere compreso nel range delle oscillazioni riscontrate a partire dal 2004. Complessivamente si conferma dunque la situazione di generale stabilità negli ultimi 10 anni.  L’associazione dei valori primaverili della stima e dell’ITA con l’IKA rilevato complessivamente nella stagione autunnale dell’anno precedente e nella stagione primaverile corrispondente, è risultata il miglior modello  per  la  valutazione  generale  dell’abbondanza  relativa  annuale  del  Cinghiale  in quanto  è  quella  in  cui  si  ha  la maggiore  congruenza  nell’andamento  relativo  dei  diversi  Indici utilizzati.   

trimestre di rilevamento IKA periodo di 

rilevamento stima e ITA 

IKA tot  Cinghiale

Consistenza Ipotetica Minima

Cinghiale 

ITA Cinghiale

‐  Primavera 2004  ‐  2580  3,3

autunno 2004, primavera 2005  primavera 2005  15,5 2024  2,4

autunno 2005, primavera 2006  primavera 2006  12,3 2071  2,7

autunno 2006, primavera 2007  primavera 2007  21,1 2568  3,5

autunno 2007, primavera 2008  primavera 2008  17,5 2218  3,0

autunno 2008, primavera 2009  primavera 2009  15,4 1481  2,4

autunno 2009, primavera 2010  primavera 2010  17,3 1665  1,8

‐  Primavera 2011  ‐ 2551  ‐

‐  Primavera 2012  ‐ 3936  2,8

3486

1481

4550

8193

2689 27852580

2024 20712568

2218

1481 1665

2551

3936

y = ‐121,64x + 3925

0

1000

2000

3000

4000

5000

6000

7000

8000

9000

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012

N. Indd

Consistenza Ipotetica Minima Cinghiale1998 ‐ 2012

PIANO QUINQUENNALE 1998 ‐ 2003 PIANO TRIEN. 2008 ‐ 2011

PIANO TRIEN. 2005 ‐ 2007

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0,0

5,0

10,0

15,0

20,0

25,0

0

500

1000

1500

2000

2500

3000

3500

4000

4500

2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012

IKA

consistenza

Consistenza Ipotetica Minima e IKA Cinghiale

Consistenza Ipotetica Minima IKA tot annuale

0,00

0,50

1,00

1,50

2,00

2,50

3,00

3,50

4,00

0

500

1000

1500

2000

2500

3000

3500

4000

4500

2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012

ITA

Consistenza

Consistenza Ipotetica Minima e ITA Cinghiale

Consistenza Ipotetica Minima ITA

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 Per quanto  riguarda  la distribuzione del Cinghiale nel  territorio del Parco,  in base ai dati 

raccolti  con  le  attività  di  monitoraggio  è  stato  osservato  che  interessa  prevalentemente  gli ambienti  collinari  periferici,  coincidenti  con  i  territori  in  cui  si  concentrano  maggiormente  le attività agricole, definendo  in generale come area vocata tutta  la superficie compresa al di sotto dei 1400 m di quota  (escluso  l’edificato, strade, ecc...), con  l’aggiunta, sopra questa quota, delle aree occupate dalla faggeta.  

 Nella carta di seguito raffigurata sono evidenziati  i discreti chilometrici   con presenza   del 

Cinghiale  relativi agli ultimi 3 anni (2008, 2009, 2010), ricavati dall’analisi dei transetti effettuati e dei dati derivanti dalle attività di prelievo selettivo dagli operatori di selezione. 

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 Rilevamenti 2008 ‐ 2010 

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Con  una  ulteriore  elaborazione,  basata  sull’IKA  rilevato  nei  transetti  (rilevamenti  nei trimestri autunnali e primaverili dall’ autunno 2004 alla primavera 2010), è stata estrapolato un gradiente di presenza potenziale del Cinghiale (e quindi di vocazionalità) nell’intera area del Parco in  relazione alle  tipologie ambientali presenti. Ovviamente  le  tipologie ambientali con  i valori di abbondanza  relativa più elevati  (in cui si ha selezione positiva o proporzionale alla disponibilità) corrispondono  in  generale  all’area  vocata  prima  definita;  fanno  eccezione  le  aree  prative  al  di sotto  dei  1400 m  che,  anche  se  sicuramente  fortemente  sottoutilizzate  rispetto  alle  tipologie boschive,  nel  contesto mosaicizzato  caratteristico  di  questa  zone  possono  essere  considerate comunque comprese nell’area vocata. 

Nella  figura sottostante è  rappresentato questo gradiente con sovrapposti  i confini dei 7 settori in cui è suddivisa l’area del Parco in funzione del prelievo selettivo. 

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La  struttura  di  popolazione  è  stata  stimata  annualmente  nel  periodo  immediatamente dopo le nascite dalle osservazioni effettuate nei conteggi diretti, considerando 3 classi cromatiche di età:  Nero (che generalmente nel Parco è risultato caratterizzare gli individui al di sopra dei 15 

mesi di età – Piano Quinquennale 1998 ‐ 2003)   Rosso (dai 4 ai 12 – 15 mesi di età)   Striato (da 0 a 4 mesi di età) 

  I  risultati di queste  stime mostrano  in  tutti  gli  anni una  elevata percentuale di  individui 

appartenenti  alla  classe  cromatica  di  età  Nero,  con  valori  compresi  fra  il  40  ed  il  57  %  che suggerisce il sussistere di una buona struttura di popolazione, nonostante gli interventi di prelievo selettivo siano stati fino ad ora indirizzati proprio sulle classi adulte e subadulte.  

periodo di rilevamento 

superficie aree di saggio in ha 

cinghiali osservati

Neri Rossi Striati totale % Neri % Rossi  % Striati

giugno 2004  11148  274 103 180 557 49,2 18,5  32,3

giugno 2005  10519  232 41 139 412 56,3 10,0  33,7

giugno 2006  9466  155 85 139 379 40,9 22,4  36,7

giugno 2007  9466  236 54 180 470 50,2 11,5  38,3

giugno2008  9113  200 67 139 406 49,3 16,5  34,2

giugno 2009  9113  116 43 112 271 42,8 15,9  41,3

giugno 2010  4097  55  39 43 137 40,1 28,5  31,4

aprile 2011  2479  66  27 34 127 52,0 21,3  26,8

aprile 2012  2315  84  41 58 183 45,9 22,4  31,7

 

Per quanto riguarda i dati riproduttivi, ricavati dalla ispezione delle femmine abbattute con il prelievo selettivo, è stata riscontrata una certa costanza negli anni del numero medio di feti per femmina gravida (N = 160) che va da un minimo di 3,36 feti ad un massimo di 5,35 con una media complessiva  dal  2005  al  2010  di  4,49  feti  per  femmina.  La  proporzione  delle  femmine  adulte (sessualmente mature) che partecipano alla riproduzione è mediamente di poco superiore 50 %  (min 48 % e max 61 %) e, come il numero medio di feti, rimane relativamente costante. Ciò indica che la popolazione viene mantenuta dal prelievo selettivo a densità inferiori a quelle che potrebbe esprimere  attraverso  maggiori  oscillazioni  dei  parametri  riproduttivi  normalmente  riscontrate nelle popolazioni non soggette a prelievo (Massei G., Genov P., 2000). 

anno FF sex mature  

FF gravide    

FF allattanti  

FF in riproduzione   

 FF in riproduzione/ FF sex mature N medio feti per 

femmina gravida A  B  C   B + C (B+C)/A

2005  93  37  8  45 0,48 4,14

2006  49  11  17  28 0,57 3,36

2007  123  32  34  66 0,54 4,41

2008  89  28  26  54 0,61 4,29

2009  89  32  20  52 0,58 5,00

2010  60  20  14  34 0,57 5,35

Totale  503  160 119  279 0,55 4,49

media ponderata Per il 2004, il 2011 ed il 2012 non sono disponibili dati di base riproduttivi  

 

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I criteri per la definizione delle femmine sessualmente mature sono:  almeno 12 mesi di età  classe cromatica di età Nero   peso  di almeno 30 kg  

Tali criteri  sono basati  sull’analisi dettagliata dei dati morfologici  in  relazione ai dati  riproduttivi delle femmine abbattute.  

1.2. Danni alle colture    L’analisi dei danni prodotti dal Cinghiale all’agricoltura nel PNMS è  stata effettuata  sulla base dei seguenti tre parametri forniti dal CTA del CFS: numero delle denunce, indennizzi pagati (ai sensi del vigente disciplinare del Parco), superficie totale dei campi coltivati danneggiati).  

Anno  n. di denunce Indennizzi pagati  Sup. danneggiata  

Piano (in migliaia di €.)  (in ha) 

2004  222  111,0  173  Fase transizione 

2005  128  53,2  62 

PT1 (2005 – 2007) 2006  180  73,0  120 

2007  180  98,3  134 

2008  196  149,7  198 

PT2 (2008 – 2011) 2009  189  178,8  217 

2010  218  250,4  176 

2011  267  224,1  227  Piano Transitorio 2011 

  

  Note: i dati del 2011 sono da considerarsi provvisori in quanto l’attendibilità di un certo numero di denunce pervenute al CTA è ancora in fase di verifica. 

0

50

100

150

200

250

300

2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

n. di denunce Indennizzi pagati  (in migliaia di €.) sup. danneggiata  (in ha)

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 Pur  essendo  tali  dati  raccolti  con  criteri  disomogenei  nel  corso  degli  anni  si  ritengono 

sufficientemente attendibili per un’analisi generale: appare evidente dal grafico che  la  tendenza riscontrata  nel  Parco  è  di  un  aumento  continuo  dei  danni,  a  partire  dal  2005,  per  tutti  e  tre  i parametri. Quindi, nonostante il controllo della popolazione di Cinghiale, mantenuto entro i limiti prefissati,  i danni da esso prodotti agli agro‐sistemi del Parco sono negli ultimi   anni  in costante aumento. Per una  lettura più appropriata di tale tendenza va però rimarcato che, nel corso degli anni, l’importo degli indennizzi è stato adeguato, a seconda dei casi, dal 60‐80 al 100%. 

 Nel corso degli  anni la lenticchia di Castelluccio, di elevato valore non solo economico ma 

anche  culturale  ed  ecologico,  ha  assunto  un  ruolo  predominante  nel  complesso  delle  colture danneggiate dal Cinghiale raggiungendo i primi posti nella categoria degli indennizzi corrisposti ed una  ampia  percentuale  sul  totale  di  questi.  I  castagneti  rappresentano  l’altra  “coltura” maggiormente danneggiata, tralasciando le “Categorie miste”.   

Dal punto di vista economico  i danni alla  lenticchia e ai castagneti ammontano  insieme al 42% dei danni denunciati nel 2006, al 66% nel 2007, al 45% nel 2008, al 45% nel 2009, al 60% nel 2010,  al  40 %  nel  2011  (non  considerando  le  “Categorie miste”  in  cui  spesso  una  parte  della superficie  danneggiata  è  costituita  dalla  lenticchia  di  Castelluccio;  per  il  2011  inoltre  il  dato  è sicuramente  in  difetto  in  quanto  quasi  tutte  le  denunce  in  fase  di  verifica  non  considerate  in questa elaborazione riguardano proprio lenticchia e marroni).  

   L’analisi  condotta per  categorie danneggiate evidenzia  che nel 2011  la principale  coltura danneggiata (in termini economici) nel Parco è stata quella dei marroni, contrariamente agli ultimi 3  anni  (2008,  2009,  2010)  in  cui  era  la  lenticchia  di  Castelluccio.  La  lenticchia  di  Castelluccio rappresenta nel 2011 comunque la seconda “coltura” danneggiata.    1.3 Relazione tra popolazione di Cinghiale e entità dei danni alle colture  

Il precedente PT2 evidenziava, nelle analisi compiute, durante  l’esperienza condotta nella gestione  del  Cinghiale,  a  partire  dal  1998  e  fino  al  2006,  una  correlazione  tra  l’entità  della popolazione di Cinghiale e l’entità dei danni ad esso attribuibili agli agro‐sistemi. Tale correlazione era maggiormente marcata con il parametro “numero di denunce” ma ugualmente presente verso il  parametro  “entità  degli  indennizzi”  (PT2).  In  particolare  si  evidenziava  che  il  “numero  di denunce” era andato, seppure con annuali oscillazioni, via via diminuendo, questo almeno fino al 2005. 

 Come evidenziato  in tabella e grafico successivi,  l’entità dei danni provocati dal Cinghiale 

(espressi secondo gli  indennizzi corrisposti ed  il numero delle denunce presentate), a partire dal 2005, tende costantemente ad aumentare nonostante  l’abbondanza relativa della popolazione di Cinghiale, pur con oscillazioni più o meno marcate, si sia mantenuta sostanzialmente stabile. Le motivazioni  di  questa  tendenza  possono  essere  molteplici,  sia  di  natura  ecologica  (come  ad esempio  variazioni  locali  delle  risorse  trofiche  naturali,  condizioni  climatiche  particolari  che favoriscono o meno  l’attività di scavo,  intensificazione dell’utilizzo di alcune colture da parte del Cinghiale per trasmissione culturale all’interno dei branchi, maggiore danneggiamento di colture pregiate per la diminuzione di altre tipologie colturali appetite) sia di natura sociale – economica; 

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di  non  secondaria  importanza  potrebbe  essere  infatti  la maggiore  attenzione    che  le  Aziende agricole hanno rivolto al sistema degli  indennizzi che, peraltro, è stato adeguato nel tempo (DCS 41/06;  modifiche  CD  7/08)  aumentandoli  fino  al  100%  (per  le  colture  biologiche)  del  danno osservato.  

  

Anno n. individui minimo 

stimato n. di denunce  Indennizzi pagati (in €.) 

1998  3486  361  150000 

1999  1481  235  93000 

2000  4550  281  120000 

2001  8193  376  148000 

2002  2689  324  82000 

2003  2785  168  88000 

2004  2580  222  111000 

2005  2024  128  53000 

2006  2071  180  73000 

2007  2568  180  98000 

2008  2218  196  150000 

2009  1481  189  179000 

2010  1665  218  250000 

2011  2551  267  224000 

    

 

2580

2024 2071

2568

2218

14811665

2551

0

50

100

150

200

250

300

2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

Popolazione cinghiale (/10) n. di denunce Indennizzi pagati (in migliaia di €.)

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 Riguardo questo  complesso argomento,  come ulteriore parametro di valutazione è  stato 

analizzato  lo  sviluppo  lineare  relativo  degli  scavi  di  Cinghiale  nella  categoria  ambientale Vegetazione  dei  campi  coltivati,  rilevato  in  media  annualmente  nei  trimestri  autunnali  e primaverili nella rete di transetti. 

 E’  stato  così  riscontrato  che  in  effetti    dal  2005  (primo  anno  utile  di  confronto  con  i 

transetti) la percentuale di substrato campionato interessato dagli scavi nella categoria ambientale Vegetazione dei campi coltivati, seppure  in maniera discontinua, è complessivamente aumentata passando dal 1.78 %,  rilevato nel 2005, al 5.55 %  rilevato nel 2010.  Le principali  risposte  che  il presente Piano dà nell’affrontare tale problematica sono rappresentate dall’aumento delle quote di  individui da abbattere (cfr. par. 2.3) e dalla adozione di misure di prevenzione (cfr. par. 3.3) e saranno  articolate  in  maggiore  dettaglio  nei  Programmi  annuali  di  controllo  e  gestione  della popolazione di Cinghiale.  

Vegetazione dei campi coltivati

anno   m percorsi  m Scavo % Scavo

2005  60798 1084 1,78

2006  65328 2459 3,76

2007  61958 2014 3,25

2008  65171 2075 3,18

2009  67571 2389 3,54

2010  66400 3682 5,55

  

  Il valore % m Scavo è riportato sull’asse secondario delle y; gli indennizzi sono rappresentati in migliaia di €, la superficie danneggiata in ha    

0,00

1,00

2,00

3,00

4,00

5,00

6,00

0

50

100

150

200

250

300

2005 2006 2007 2008 2009 2010

indennizzi sup dann n. denunce % m Scavo

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   L’analisi condotta per categorie agricole danneggiate evidenzia come nel 2010 la principale coltura danneggiata  (in  termini economici) nel Parco  sia  la  lenticchia di Castelluccio,  così  come avvenuto  nel  2008  e  nel  2009. Nel  corso  degli  anni  questa  coltura,  di  elevato  valore  non  solo economico ma  anche  storico,  tradizionale  ed ecologico, ha  assunto un  ruolo predominante nel complesso  delle  colture  danneggiate  dal  Cinghiale  raggiungendo  il  primo  posto  nella  categoria degli  indennizzi  corrisposti  ed  una  ampia  percentuale  sul  totale  di  questi.  I  castagneti rappresentano  la  seconda  “coltura”  danneggiata,  tralasciando  le  “Categorie  miste”  di  cui  si approfondisce l’analisi nelle “Relazioni annuali del 2009 e del 2010”.   

Sono quindi queste  le due  categorie più  rilevanti dal punto di  vista  economico:  insieme ammontano al 42% dei danni denunciati nel 2006, al 66% nel 2007, al 45% nel 2008, al 45% nel 2009,  al  60%  nel  2010.  Nel  2011  (anno  in  cui  numerose  denunce  relative  alla  lenticchia  di Castelluccio risultano ancora  in sospeso per accertamenti del CTA),  le due colture assommano al 40% con una buona rilevanza dei castagneti.  

 Ripartizione percentuale degli indennizzi corrisposti nel 2010           

Lenticchia di Castelluccio

41%

Categorie miste16%

Castagneto11%

Mais8%

Roveja6%

Erba medica4%

Ceci4%

Orzo3%Grano duro

2%Patate1%

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 1.4 Prelievo selettivo    Il  numero  dei  capi  prelevati  tramite  abbattimento  selettivo  con  arma  da  fuoco  da appostamento  fisso, a partire dal 2004  (primo anno successivo al PQ) è  il seguente; a  fianco dei risultati ottenuti è indicato inoltre lo sforzo di prelievo profuso sul campo:  

Anno  n. capi abbattuti  Giornate operatore  Piano Triennale 

2004  655  1853 Fase transizione 2005  512  1358

PT1 (2005 – 2007) 2006  289  899

2007  539  1445

2008  571  1517

PT2 (2008 – 2011) 2009  499  1588

2010  278  974

2011  29  73Piano Transitorio 2011 

2012  319  891

  Note: nel 2011 il prelievo selettivo è stato effettuato solo per un periodo di tempo molto breve per cause diverse da motivazioni scientifiche gestionali  I capi abbattuti appartengono tutti alle classi di età nero, rosso ed intermedie.  Il numero dei capi catturati tramite trappolamento e di quelli conseguentemente abbattuti è il seguente e, anche in questo caso è indicato lo sforzo di prelievo espresso in  notti‐trappola: 

Anno n. capi catturati 

n. capi abbattuti o trasferiti 

Notti trappola n. impianti di cattura 

considerati 

2004  41  37 29 4 2005  0  0 0 0 2006  58  44 24 5 2007  39  28 17 6 2008  66  56 37 7 2009  6  6 1 1 2010  20  20 4 1 2011  0  0 0 3 

Nel 2011  le attività di  trappolamento hanno  riguardato solo circa 2 mesi; gli  impianti di cattura autorizzati non sono stati mai attivati dai gestori per la mancanza di frequentazione dei cinghiali. Quindi non sono state effettuate notti/trappola   

     

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Il totale dei Cinghiali “sottratti” con i due metodi all’ecosistema del Parco è riassunto nella seguente tabella:  

Anno Prelievo selettivo  Trappolamento

Totale capi rimossi n. capi abbattuti  n. capi rimossi

2004  655  37 692 

2005  512  0 512 

2006  289  44 333 

2007  539  28 567 

2008  571  56 627 

2009  499  6 505 

2010  278  20 298 

2011  29  0 29 

2012  319  0 319  In definitiva,  a partire dal 2004 nel periodo  comprendente  i due PT, normalmente  sono 

stati abbattuti/rimossi circa 500 individui all’anno. Il massimo (692 individui) è stato registrato nel 2004, anno di transizione tra  il PQ ed  il PT1. Tranne  il 2006,  il 2010 ed  il 2011 sono sempre stati abbattuti/rimossi oltre 500 individui. Appare evidente la scarsa importanza in termini quantitativi del trappolamento sul totale dei Cinghiali rimossi (da 0 – nel 2005 – a circa il 9% nel 2008): il 5,1% nel PT1, il 5,8% nel PT2.  

Molto interessante è la relazione fra il numero di cinghiali abbattuti nel prelievo selettivo in rapporto al numero di giornate – operatore effettuate e  la consistenza  ipotetica minima stimata della  popolazione  di  Cinghiale.  Ponendo  a  confronto  la  consistenza  primaverile  (il  periodo  di riferimento è  il mese di giugno) con  il numero di cinghiali abbattuti mediamente per giornata  ‐ operatore nel periodo seguente (dal mese di luglio al mese di giugno dell’anno successivo)  si può infatti  osservare  una  evidente  corrispondenza,  che  da  una  parte  conferma  la  buona rappresentatività  dell’abbondanza  relativa  del  Cinghiale  ricavata  dai  conteggi  per  osservazione diretta,  dall’altra  mostra  come  l’efficienza  del  prelievo  sia  comunque  dipendente complessivamente  dalla  consistenza  della  popolazione,  al  di  là  delle  capacità  degli  operatori  di selezione.  

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Ponendo a confronto la CIM (che viene stabilita attraverso le osservazioni dirette effettuate a giugno, con l’eccezione del 2011 e del 2012) con le quote annuali di cinghiali rimossi (nel periodo seguente: da luglio al giugno successivo) si osservano:  ampie  fluttuazioni  nel  PQ  (fino  al  2002)  in  relazione  ad  abbattimenti  condotti  in modo 

molto  irregolare nel  tempo  (periodi  intensi e prolungati con abbattimenti mattina e sera alternati a lunghi periodi di assenza di prelievo) 

in conseguenza di prelievi molto ridotti (ad esempio nel 2000 e 2010) la popolazione tende sempre ad aumentare considerevolmente 

in  conseguenza  di  prelievi  consistenti  la  popolazione  tende  in  generale  a  diminuire, seppure con alcune eccezioni imputabili con molta probabilità a fenomeni di immigrazione 

una fase “centrale” (in particolare dal 2002 al 2008) di relativa stabilità della popolazione durante la quale sono sati abbattuti mediamente circa 500 cinghiali annui 

certamente  nella  dinamica  della  popolazione  del  PNMS  influiscono  fenomeni  di immigrazione ed emigrazione dovuta  la  continuità ecologica  lungo  tutto  il perimetro del Parco, con  le aree circostanti,  in cui viene regolarmente praticata una consistente attività venatoria e di controllo del Cinghiale 

 

0,00

0,05

0,10

0,15

0,20

0,25

0,30

0,35

0,40

0,45

0,50

0

500

1000

1500

2000

2500

3000

2004 ‐ 2005 2005 ‐ 2006 2006 ‐ 2007 2007 ‐ 2008 2008 ‐ 2009 2009 ‐ 2010 2010 ‐ 2011 2011 ‐ 2012

capi rim

ossi/giornata

Consistenza

Consistenza Ipotetica Minima Cinghiale e numero capi rimossi per giornata ‐operatore  nel prelievo selettivo

consistenza ipotetica minima rimossi prelievo selettivo/giornate ‐ operatore

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     1.5 Valutazione del rapporto del Cinghiale con la biocenosi   

Data  l’estrema complessità dell’argomento,  la  ricerca è  stata  incentrata  su due principali indirizzi  di  indagine  ritenuti  rappresentativi  per  la  valutazione  dell’impatto  del  Suide  sulle fitocenosi e delle relazioni con la zoocenosi.  

Poiché  il  rooting  costituisce  uno  degli  elementi  più  critici  dell’impatto  del  Cinghiale sull’ambiente,  sia per  l’effetto diretto  sulle  fitocenosi, che per  l’effetto  indiretto  sulle  zoocenosi più  legate  all’ambiente  terricolo,  è  stato  utilizzato  come  parametro  di  valutazione  lo  sviluppo lineare degli  scavi  rilevato nella  rete di  transetti  in  relazione alle  tipologie ambientali  (si  ricorda che la rete di transetti è stata ripetuta annualmente nella stagione primaverile ed autunnale).  

Per quanto riguarda la zoocenosi, si è cercato invece di individuare eventuali relazioni fra le dinamiche e  le tendenze dell’abbondanza relativa (rappresentata dall’IKA degli  Indici di Presenza diretti ed indiretti rilevati nella rete di transetti) della popolazione di Cinghiale e delle popolazioni di 3 specie  target,  il Capriolo,  il Lupo e  la Coturnice,  la cui  rappresentatività delle  relazioni  fra  il Suide  e  gli  altri  Vertebrati  presenti  nel  Parco  si  unisce  ad  una  sufficiente  contattabilità  con  il metodo di ricerca adottato; altre  indicazioni sui rapporti fra queste specie sono state cercate nel confronto della scelta dell’habitat al fine di verificare, per  il Capriolo e  la Coturnice, quanta sia  la possibilità che da parte del Cinghiale ci sia una interferenza e/o competizione nell’uso dello spazio e delle sue risorse trofiche o  la possibilità, nel caso della Coturnice, di una predazione diretta su uova e nidiacei. 

3474

1476

4534

8165

2680 27752580

2024 2071

25682218

14811665

2551

3936

731

382

121

1120

741 703526

262

615420

726

287

45

326

0

500

1000

1500

2000

2500

3000

3500

4000

4500

Andamento della CIM e degli abbattimenti di Cinghiale

consistenza  ipotetica minima n. rimossi

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Nella tabella sottostante sono riportati i risultati complessivi dell’analisi del rooting; 

 

Frequenza % m Scavo 

anno veg boschiva 

veg prativa primaria e pioniera

veg prativa secondaria 

veg dei campi abbandonati 

veg dei campi coltivati 

prim  aut tot anno 

prim  aut tot anno

prim  aut tot anno

prim  aut tot anno 

prim  aut tot anno

2004     4,85        0,40     0,43     1,03       6,1  

2005  1,65  3,61  2,56  0,35  0,00 0,27 1,15 0,28 0,80 0,97 0,15  0,56  0,81 2,9 1,78

2006  2,59  8,60  5,62  0,31  0,00 0,16 0,65 1,63 1,14 0,56 0,77  0,67  2,19 5,5 3,76

2007  2,46  2,23  2,35  0,00  0,00 0,00 1,30 0,32 0,82 2,19 0,26  1,32  0,92 5,7 3,25

2008  3,57  3,06  3,30  0,18  0,62 0,43 1,86 1,70 1,77 0,85 2,37  1,65  2,00 4,2 3,18

2009  4,23  5,59  3,76  0,07  0,00 0,09 1,02 0,91 0,95 0,38 0,41  0,86  2,54 4,8 3,54

2010  4,23  7,58  5,87  0,07  0,00 0,03 1,02 0,57 0,80 0,38 1,25  0,83  2,54 8,6 5,55

totale  2,73  5,13  3,94  0,20  0,17 0,17 1,13 0,87 1,04 1,05 0,90  0,96  1,80 5,44 3,54

  

Prendendo  in considerazione complessivamente  i dati dell’intero periodo di ricerca si può osservare  come  il  rooting  abbia  interessato  frazioni  percentuali  del  substrato  campionato mediamente non elevate, con valori relativi nelle diverse categorie ambientali non superiori a circa il  4  %;  le  categorie  con  l’incidenza  più  elevata  sono  risultate  la  vegetazione  boschiva  e  la vegetazione  dei  campi  coltivati, mentre  per  la  vegetazione  prativa  sono  stati  riscontrati  valori compresi fra lo 0.1 e l’1 %.    

  

    

3,94 %

0,17 %

1,04 %0,96 %

3,54 %

frequenza % sviluppo lineare rootingtotale 2005 ‐ 2010 

veg boschiva

veg prativa primaria e pioniera

veg prativa secondaria

veg dei campi abbandonati

veg dei campi coltivati

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Andando invece ad analizzare l’andamento stagionale del rooting nei diversi anni di rilevamento si sono riscontrate maggiori potenziali criticità “localizzate”, rappresentate da valori  di  frequenza  stagionali  in  alcuni  casi  ben  più  elevati;  in  particolare,  per  quanto riguarda  le  cenosi  che  sicuramente  subiscono  gli  effetti  più  negativi  del  rooting,  risulta evidente  la  maggiore  incidenza  sulla  vegetazione  dei  campi  coltivati  nella  stagione autunnale rispetto a quella primaverile con autunni in cui i valori di frequenza, mediamente intorno al 5 %,  hanno raggiunto valori del 6 – 8 %.  

 La sequenza delle frequenze % rilevate in ogni primavera dal 2005 al 2010 è rappresentata da sinistra verso destra per ogni categoria ambientale  

 

 

1,65

0,35

1,15 0,97 0,81

2,59

0,310,65 0,56

2,192,46

1,30

2,19

0,92

3,57

0,18

1,86

0,85

2,00

4,23

0,07

1,02

0,38

2,54

4,23

0,07

1,02

0,38

2,54

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

veg boschiva veg prativa primaria epioniera

veg prativa secondaria veg dei campiabbandonati

veg dei campi coltivati

frequenza % stagionale sviluppo lineare rootingPRIMAVERA 2005, 2006, 2007, 2008, 2009, 2010

4,85

0,40 0,43

1,03

6,13

3,61

0,28 0,15

2,86

8,60

1,63

0,77

5,48

2,23

0,32 0,26

5,67

3,06

0,62

1,70

2,37

4,24

5,59

0,910,41

4,84

7,58

0,57

1,25

8,62

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

veg boschiva veg prativa primaria epioniera

veg prativa secondaria veg dei campiabbandonati

veg dei campi coltivati

frequenza % stagionale sviluppo lineare rootingAUTUNNO 2004, 2005, 2006, 2007, 2008, 2009, 2010

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La sequenza delle frequenze % rilevate  in ogni autunno dal 2004 al 2010 è rappresentata da sinistra verso destra per ogni categoria ambientali 

Di seguito si riportano i risultati inerenti il confronto degli Indici di Abbondanza relativi del Cinghiale e delle 3 specie target  

anno  trimestri di rilevamento  IKA  IA 

Cinghiale Capriolo Lupo  Coturnice I  autunno 2004, primavera 2005  15,53 0,32 0,07  0,55 II  autunno 2005, primavera 2006  12,31 0,64 0,04  0,33 III  autunno 2006, primavera 2007  21,12 0,53 0,12  0,24 IV  autunno 2007, primavera 2008  17,48 1,13 0,15  0,38 V  autunno 2008, primavera 2009  15,36 0,88 0,14  0,30 VI  autunno 2009, primavera 2010  17,26 1,14 0,11  0,30 VII  autunno 2010           ‐  29,32 0,69 0,12  0,44 

 L’IKA del Cinghiale, del Lupo e del Capriolo è dato dal numero di Indici di Presenza rilevato 

sull’intera  rete  di  transetti  (circa  235  Km)  percorsa  annualmente  2  volte  (una  nella  stagione autunnale  e  l’altra  nella  stagione  primaverile);  è  inoltre  applicato  un  fattore  di  correzione  che diminuisce  l’effetto  della  variabilità  delle  condizioni  di  rilevamento  determinata  dalla disomogeneità negli anni della copertura nevosa sulla rete di transetti).  

L’Indice di Abbondanza  (IA) della Coturnice è dato dal rapporto  fra  il numero di  transetti con presenza di Coturnice, senza tenere conto del numero di indici di presenza rilevati, e il numero di  transetti  effettivamente  percorsi  di  un  campione  ristretto  della  rete  di  transetti  (N  =  10), costituito dai  soli  transetti  in  cui nell’intero periodo di  studio è  stato  rilevato almeno una volta anche un solo indice di presenza di Coturnice    

Per quanto riguarda  la relazione del Cinghiale con  il Capriolo,  il raffronto dell’andamento annuale dell’IKA ha mostrato una evidente indipendenza dell’abbondanza relativa delle due specie con  una  tendenza  generale  che  appare  decisamente  in  crescita  per  il  Capriolo, mentre  per  il Cinghiale può ritenersi sostanzialmente costante.  

Andando invece a confrontare la scelta dell’habitat (dai dati cumulati dell’intero periodo di rilevamento,  sia autunnali che primaverili, escludendo quelli  raccolti  in autunno  in condizioni di innevamento  per  eliminare  anche  in  questa  elaborazione  il  fattore  di  variabilità  della presenza/assenza  della  copertura  nevosa) si  è  evidenziata  chiaramente  una  sostanziale sovrapposizione, con poche variazioni relative alla categoria Foreste di leccio, Praterie secondarie aperte e Vegetazione dei campi coltivati. Tale  sovrapposizione, presupposto di un potenziale  rapporto di  competizione,  in base a quanto riscontrato  nelle  variazioni  annuali  dell’IKA  totale  non  è  sembrata  però  determinare  nel  Parco interazioni negative fra le due specie; ciò concorda con il fatto che il Cinghiale ed il Capriolo, anche se frequentano gli stessi ambienti, occupano nicchie trofiche differenziate.    

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FCO Foreste di Carpino nero ed Orniello                         PAL Praterie di altitudine FF Foreste di faggio                                                            PSA Praterie secondarie aperte FL Foreste di leccio                                                             PSC Praterie secondarie chiuse FR Foreste ripariali                                                             VCA Vegetazione dei campi abbandonati FRC Foreste di roverella e localmente cerro                  VCC Vegetazione dei campi coltivati 

 

0,00

0,20

0,40

0,60

0,80

1,00

1,20

0,00

5,00

10,00

15,00

20,00

25,00

I anno (autunno 2004, primavera 

2005)

II anno (autunno 2005, primavera 

2006)

III anno (autunno 2006, primavera 

2007)

IV anno (autunno 2007, primavera 

2008)

V anno (autunno 2008, primavera 

2009)

VI anno (autunno 2009, primavera 

2010)

capriolo

cinghiale

IKA Cinghiale e Capriolo

cinghiale

capriolo

Media Mobile Cinghiale (periodo 2)

Media Mobile Capriolo (periodo 2)

FCO FF FL FR FRC PAL PSA PSC VCA VCC

cinghiale 20,10 16,76 22,37 38,28 53,24 1,33 1,08 7,20 7,21 27,99

capriolo 1,02 0,87 0,60 1,37 2,33 0,01 0,46 0,23 0,57 1,13

0,00

0,50

1,00

1,50

2,00

2,50

0,00

10,00

20,00

30,00

40,00

50,00

60,00

capriolo

cinghiale

IKA Cinghiale e Capriolo per categoria ambientaleautunno 2004 ‐ primavera 2005

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Per quanto concerne  il rapporto con  il Lupo  il confronto dell’andamento degli IKA annuali ha  mostrato  dal  I  al  III  anno  una  fase  relativamente  concordante di  evidente  variabilità dell’abbondanza relativa delle due specie, caratterizzata da un decremento dell’IKA fra i primi due anni e da un notevole  incremento  fra  il  II ed  il  III anno; dal  IV al VI anno  i valori di  IKA seguono invece  andamenti  divergenti, ma  con  variazioni  relative  di minore  entità  che  evidenziano  per entrambe le specie una fase di maggiore stabilità; in generale dunque l’andamento reciproco delle due  serie  di  dati  sembrerebbe  indicare    una  dipendenza  quantitativa  del  Lupo  dal  Cinghiale, particolarmente evidente nei primi tre anni. In  effetti  il  Cinghiale  costituisce  una  risorsa  trofica  di  notevole  importanza  per  il  Lupo,  suo principale  predatore  nelle  zone  appenniniche  (come  ha  confermato  uno  studio  sulla  dieta  del predatore condotto nell’area del Parco attraverso l’analisi del contenuto di 39 depositi fecali in cui il Cinghiale compariva nel 72 % dei campioni). In base a questi dati si potrebbe dunque  ipotizzare che  la popolazione di Cinghiale mediamente presente  nel  Parco  nei  6  anni  di  ricerca  (2004  –  2010)  possa  essere  vicina  ad  un  livello  di consistenza critico per  il Lupo, ovvero  tale che una variazione di abbondanza della specie preda (ovviamente di una certa entità) sia “percepita” dalla specie predatrice.    

   

Riguardo  la  relazione  del  Cinghiale  con  la  Coturnice,  il    confronto  dell’andamento  dei rispettivi Indici di Abbondanza non è sembrato evidenziare relazioni o corrispondenze; come per il Cinghiale,  inoltre,    la  tendenza  generale  dell’IA  della  Coturnice  può  considerarsi  nei  6  anni  di ricerca sostanzialmente costante.

0,00

0,02

0,04

0,06

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0,14

0,16

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5,00

10,00

15,00

20,00

25,00

I anno (autunno 2004, primavera 

2005)

II anno (autunno 2005, primavera 

2006)

III anno (autunno 2006, primavera 

2007)

IV anno (autunno 2007, primavera 

2008)

V anno (autunno 2008, primavera 

2009)

VI anno (autunno 2009, primavera 

2010)

lupo

cinghiale

IKA Cinghiale e Lupo

cinghiale

lupo

Media Mobile Cinghiale (periodo 2)

Media Mobile Lupo (periodo 2)

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Il confronto della scelta dell’habitat (del tutto analogo al confronto con il Capriolo, ma prendendo in  considerazione  per  la  Coturnice  solo  il  campione  ristretto  dei  10  transetti  in  cui  ne  è  stata rilevata  la presenza almeno una volta nell’intero periodo di  studio) ha mostrato,  come previsto data  l’ecologia  delle  due  specie,  una  netta  discordanza  dell’abbondanza  relativa  nelle  diverse categorie  ambientali.  In  effetti  si  è  cercato  più  che  altro  di  valutare  quanto  la  presenza  del Cinghiale  potrebbe  incidere  su  quegli  ambienti  che,  anche  se  utilizzati molto meno  rispetto  ad altri,  sono  invece  maggiormente  frequentati  dalla  Coturnice:  la  categoria  potenzialmente  di maggiore  sovrapposizione  fra  le  due  specie  è  risultata  quella  delle  Praterie  secondarie  chiuse, dove è stato riscontrato un valore relativamente discreto di IKA di Coturnice (0.23) ed un valore di IKA di Cinghiale di circa 7 indici per chilometro; nella categoria delle Praterie secondarie aperte in cui  l’IKA  della  Coturnice  ha  raggiunto  il  suo massimo  (1.15),  differenziandosi  notevolmente  da quello  riscontrato  nelle  altre  categorie,  è  stato  invece  osservato  il  più  piccolo  valore  di  IKA  di Cinghiale, 1.08; si è pertanto concluso che  l’habitat maggiormente frequentato dalla Coturnice è stato utilizzato in modo solo marginale dal Cinghiale.  In base a questi risultati si è infine ipotizzata in generale una scarsa probabilità di interazione fra le due specie sia per quanto riguarda  l’alterazione   dell’habitat a causa del rooting, che  l’eventuale predazione diretta  su uova e nidiacei di Coturnice  (ovviamente  ciò non esclude  che  si possano verificare localizzati fenomeni di predazione che non è possibile evidenziare se non con uno studio specifico).   

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0,10

0,20

0,30

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0,00

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autunno 2004, primavera 2005

autunno 2005, primavera 2006

autunno 2006, primavera 2007

autunno 2007, primavera 2008

autunno 2008, primavera 2009

autunno 2009, primavera 2010

coturnice

cinghiale

IKA  Cinghiale e IA Coturnice

cinghiale

coturnice

Media Mobile Cinghiale (periodo 2)

Media Mobile Coturnice (periodo 2)

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2. OBIETTIVI DEL PIANO    Sulla base delle considerazioni ecologiche e sociali e dei  risultati descritti nel precedente paragrafo, si possono  individuare  i seguenti obiettivi generali del Piano di gestione del Cinghiale nel PNMS: 

la  prevenzione  degli  squilibri  ecologici,  in  particolare  nei  confronti  di  habitat  e  specie (animali e vegetali) rari e di interesse comunitario e conservazionistico; 

 

la riduzione dei danni alle colture e, conseguentemente, agli "agro‐sistemi";  

la conservazione di una popolazione di Cinghiale ben strutturata e adeguata a ricoprire  il ruolo ecologico della specie negli ecosistemi del Parco; 

la riduzione dei conflitti con gli operatori economici e con altri portatori di interessi.  2.1 Valutazione dell'opportunità di intervento    Presupposto essenziale affinché possano essere giustificati eventuali  interventi di prelievo faunistico all’interno delle aree protette, così come peraltro previsto all’art. 11, comma 4, della L. n.  394/91,  è  l’accertamento,  da  parte  dell’ente  Parco,  di  “squilibri  ecologici”  riconducibili  alla presenza della specie oggetto del prelievo.    Sebbene  l’individuazione e  la definizione di parametri  idonei a quantificare o “certificare”  l’esistenza  di  un  oggettivo  squilibrio  ecologico  presenti  notevoli  difficoltà,  specialmente  in  un sistema “aperto” e tanto diversificato e vasto come il Parco Nazionale dei Monti Sibillini, si ritiene che l’entità dei danni provocati dai cinghiali alle colture, in termini sia spaziali sia qualitativi, possa essere  utilizzata  quale  indice  dell’impatto  causato  da  tale  specie  non  solo  sul  suolo  e  sulle componenti  vegetali  coltivate,  ma  anche  sugli  “agro‐sistemi”  che  costituiscono  ecosistemi 

FCO FF FL FR FRC PAL PSA PSC VCA VCC

cinghiale 20,10 16,76 22,37 38,28 53,24 1,33 1,08 7,20 7,21 27,99

coturnice 0,02 0,03 0,19 0,00 0,00 0,30 1,15 0,23 0,03 0,00

0,00

0,20

0,40

0,60

0,80

1,00

1,20

1,40

0,00

10,00

20,00

30,00

40,00

50,00

60,00

IKA coturnice

IKA cinghiale

IKA Cinghiale e Coturnice per categoria ambientale autunno 2004 ‐ primavera 2005

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fondamentali  per  la  conservazione  di  importanti  specie  faunistiche  e,  di  conseguenza,  per  il mantenimento degli equilibri ecologici del Parco.  Agli  agro‐sistemi  del  Parco,  infatti,  sono  legate  anche  specie  faunistiche  d’interesse comunitario,  come  già  accennato  sopra.  In particolare,  tra  gli uccelli,  l’Albanella minore  (Circus pygargus), la Starna, il Succiacapre, la Tottavilla, l’Averla piccola e l’Ortolano (Emberiza hortulana) sono  inserite  nell’allegato  I  della  direttiva  “uccelli”  79/409/CEE.  Gli  “agro‐sistemi”  “aperti” costituiti da campi coltivati alternati a prati pascolo o praterie secondarie, come nel caso dei Piani di Castelluccio, dell’altopiano di Macereto e dei Prati di Ragnolo, rappresentano  inoltre  l’habitat (di caccia o di riproduzione) ideale per altre specie di uccelli inseriti nel suddetto allegato I, come l’Aquila  reale  (Aquila  chrysaetos),  il  Biancone  (Circaetus  gallicus),  il  Gufo  reale  (Bubo  bubo),  il Grillaio (Falco naumanni), che sui Monti Sibillini è di passo, e il Calandro (Anthus campestris). Tra  i  Mammiferi  del  Parco  legati  agli  “agro‐sistemi”,  l’Istrice  (Hystrix  cristata)  è  inserito nell’allegato IV della direttiva “habitat” 92/43/CEE (specie d’interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa).    Le diverse analisi condotte  finora hanno evidenziato non soltanto  il protrarsi dell’impatto del Cinghiale verso gli “agro‐sistemi”, ma anche  il suo  indirizzarsi verso colture appartenenti alla tradizione locale di elevatissimo valore storico, ecologico e culturale.  Anche le praterie, sebbene selezionate negativamente come habitat dal Cinghiale, possono in  alcuni  casi  subire  l’impatto  di  questa  specie,  che  qui  entra  in  contatto  con  alcune  delle  più delicate specie floristiche, quali diverse Orchidaceae, e di uccelli come  la Calandrella (Calandrella brachydactila), la Quaglia (Coturnix coturnix), la Starna  e la Coturnice.  L’esperienza acquisita ha ormai ampiamente dimostrato che, in ambienti in cui sono diffuse le attività agro‐silvo‐pastorali,  il mantenimento di una popolazione di Cinghiale al di sotto di una soglia ritenuta compatibile con le esigenze di mantenimento degli equilibri ecologici e tollerabile in rapporto all’entità dei danni arrecati alle colture e, di conseguenza, ai conflitti con gli agricoltori e agli  indennizzi  liquidati  dal  Parco,  può  essere  garantito  solo  attraverso  una  gestione  attiva  che preveda interventi di controllo numerico.  Questa necessità è in relazione alle notevoli potenzialità riproduttive del Cinghiale, peraltro presumibilmente  sostenute  dalla  consistente  offerta  trofica  derivante  proprio  dalle  colture,  ai fenomeni  di  immigrazione  determinati  dall’”effetto  rifugio”,  generalmente  osservato  nelle  aree protette, nonché dal  fatto  che  la predazione naturale  sul Cinghiale, operata essenzialmente dal Lupo,  si è dimostrata  fino ad ora  insufficiente a mantenere  la popolazione di Cinghiale  su  livelli inferiori al valore “soglia” di tollerabilità.   Inoltre, considerato  che  il  presente  Piano  di  gestione  del  Cinghiale  è  prioritariamente finalizzato alla ricomposizione degli squilibri ecologici e, comunque, deve garantire il rispetto delle finalità  di  conservazione  dettate  dalla  L.  n.  394/1991  e  s.m.i.,  le  previsioni  in  esso  contenute devono necessariamente tenere conto anche delle esigenze di salvaguardia dei Siti Natura 2000 e, anzi, costituire uno strumento direttamente finalizzato alla gestione anche di tali siti.    Gli  interventi  di  prelievo  selettivo  del  Cinghiale  devono  comunque  garantire  la conservazione di specie faunistiche d’interesse comunitario, anche al di fuori delle zone speciali di conservazione. In particolare, considerato che il Cinghiale rappresenta la principale preda naturale del  Lupo  (Canis  lupus),  specie  prioritaria  inserita  negli  allegati  II  e  IV  della  direttiva  92/43/CEE, 

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l’entità massima  di  prelievo  del  Cinghiale  è  valutata  in modo  da  non  causare  una  significativa sottrazione di risorsa trofica nei confronti del Lupo.   2.2  Tecniche standardizzate di monitoraggio  

Si  descrivono,  di  seguito,  più  approfonditamente,  le  principali  tecniche  di monitoraggio utilizzate e previste per valutare  la consistenza e  la  struttura della popolazione e gli  impatti del Cinghiale sugli ecosistemi del PNMS e che, al tempo stesso, possono essere utilizzate per valutare l’efficacia delle misure di gestione.   a. Popolazione di Cinghiale   1) Conteggio per osservazione diretta (effettuato a partire dal PT1 2005‐2007) in aree campione.  Le  osservazioni  sono  state  compiute  contemporaneamente  da  più  osservatori  da  punti opportunamente scelti per ampiezza e profondità della visibilità (ci si è avvalsi della collaborazione degli  operatori  di  selezione,  dei  gestori  delle  trappole  e  di  alcune  pattuglie  del  CTA)  in  aree campione.  I  conteggi  sono  stati  effettuati  in  2/3  sessioni  consecutive  serali nella  seconda metà di  giugno, ovvero  nel  periodo  immediatamente  dopo  le  nascite  in  cui  le  classi  di  età  giovanili  (“rossi”  e “striati”)  sono  generalmente  alla  loro massima  consistenza  nella  popolazione,  utilizzando,  dal  2004 al 2010, le 3 medesime aree campione (con piccole variazioni e aggiustamenti nei primi anni) individuate  casualmente all’interno dell’area vocata del Cinghiale  in 3  settori del Parco  (settore Fiastra, settore Ascoli Nord, settore Norcia‐Preci); l’estensione di tali aree,rispettivamente 7.90 ha, 17.87 ha, 65.36 ha, per un totale di circa 90 ha, corrisponde a circa il 18% dell’estensione dell’area vocata. (Nel 2001 sono state invece utilizzate 6 aree di saggio di dimensioni più piccole, poiché per motivi  di  ottimizzazione  dello  sforzo  di  campionamento  e  di  scarsità  di  risorse  umane  ed economiche,  il conteggio dei cinghiali è stato effettuato  in contemporanea a quello del Capriolo nelle stesse aree).  Dai conteggi è stata poi ricavata una densità minima ipotetica annuale, partendo dal presupposto di  comunque  sottostimare  il  numero  di  individui  osservato,  rapportando  il  numero  totale  di cinghiali  stimato  complessivamente nelle 3 aree al numero  totale dei Km2  saggiati  (ovviamente dopo  una  valutazione  critica  delle  osservazioni  in  ogni  area  di  saggio  per  eliminare  i  doppi conteggi);  la  densità  così  calcolata  è  stata  poi  moltiplicata  per  l’estensione  dell’area  vocata ricavando una stima della Consistenza Ipotetica Minima annuale della popolazione di Cinghiale nel Parco. Nonostante  la  buona  rappresentatività  complessiva  dal  punto  di  vista  ambientale  delle  aree  di saggio utilizzate,  l’analisi dei dati  ricavati dai  conteggi ha portato a valutare  l’opportunità di un eventuale  perfezionamento  di  tale  campionamento  che  risente  del  numero  limitato  delle  aree campione e della  loro notevole diversità  in  termini di  superficie.  L’alternativa possibile  sarebbe quella di aumentarne il numero riducendone però l’estensione, mentre la possibilità di risceglierle casualmente ogni anno appare estremamente onerosa dal punto di vista tecnico – logistico.. Comunque, pur essendo questo metodo sicuramente non sufficientemente adeguato dal punto di vista statistico per la stima della consistenza numerica annua della popolazione di Cinghiale, risulta sicuramente  attendibile  (sotto  forma  di  indice  relativo)  per  l’analisi  dell’andamento  relativo dell’abbondanza della popolazione negli anni. 

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In effetti il confronto dell’andamento negli anni di tale indice di abbondanza ricavato dai conteggi con gli altri  indici relativi utilizzati per  il monitoraggio della popolazione di Cinghiale ha mostrato notevoli congruenze.  2)  ITA  (Indice Temporale di Abbondanza) = numero di  cinghiali osservati  / numero di  giornate‐operatore effettuate. Questo  indice,  già  utilizzato  durante  il  Piano  Quinquennale,  deriva  dalla  elaborazione  delle osservazioni  che  gli  operatori  di  selezione  raccolgono  sistematicamente,  secondo  uno  specifico protocollo, durante  le attività di prelievo  selettivo del Cinghiale;  il grande numero di giornate  ‐  operatore effettuate annualmente, generalmente da circa 900 a più di 1500, distribuite  in buona parte dei mesi dell’anno e, dal punto di vista spaziale, in modo diffuso praticamente in tutta l’area vocata  per  il  Cinghiale,  è  risultato  costituire  un  buona  base  campionaria  per  la  valutazione dell’abbondanza  relativa  del  Cinghiale  per  cui  si  prevede  di  continuare  ad  usare  questo  indice come parametro di verifica e confronto. 

 3) IKA (Indice Kilometrico di Abbondanza) = numero di Indici di Presenza di Cinghiale rilevati / Km percorsi. L’IKA  è  stato  elaborato  dai  dati  raccolti  direttamente  dal  Gruppo  di  Lavoro  con  il  metodo naturalistico  lungo una rete di 27 transetti standardizzati, per uno sviluppo  lineare totale di circa 235  Km,  distribuiti  in  tutto  il  territorio  del  Parco  e  definiti  in modo  da  costituire  un  campione stratificato  delle  tipologie  ambientali  presenti  (prendendo  come  riferimento  le  categorie vegetazionali della Carta della Vegetazione Reale del PNMS) . La rete di transetti è stata percorsa a piedi  sistematicamente  almeno  due  volte  l’anno,  una  nella  stagione  primaverile  ed  una  nella stagione autunnale. Anche l’IKA è risultato un utile parametro di confronto per la valutazione dell’abbondanza relativa del  Cinghiale  andando  ad  integrare  con  un  dato  annuale  e  riferito  all’intera  area  del  Parco  la Consistenza Ipotetica Minima derivata dai conteggi primaverili e l’ITA; di fondamentale importanza è  stato  invece  per  la  valutazione  della  scelta  dell’habitat  del  Cinghiale  e  lo  studio  della vocazionalità del PNMS. 

 4) sulla base dell’insieme dei dati finora raccolti (DMS,  ITA,  IKA, scelta dell’habitat), si prevede di approfondire ulteriormente la Carta della vocazionalità ecologica per il Cinghiale anche in funzione di  una migliore  valutazione  della  Consistenza  Ipotetica Minima  anche  in  riferimento  ai  diversi settori del Parco  5) Raccolta dei dati riproduttivi attraverso l’esame necroscopico delle femmine abbattute durante il prelievo selettivo. Dai dati raccolti sono stati elaborati i seguenti parametri di base:   n. di femmine in riproduzione  n. di femmine allattanti  n. di femmine gravide  n. di femmine sessualmente mature  n. di feti per femmina  

Tali  parametri  sono  stati  utilizzati  per  valutare  il  potenziale  incremento  utile  annuo  della popolazione di Cinghiale per l’anno seguente e di conseguenza valutare un numero di riferimento di cinghiali da rimuovere. 

 

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Nella figura seguente sono rappresentati, sulla base del  gradiente di vocazionalità ricavato dall’IKA per categoria ambientale (cfr paragrafo 1.1),  lo sforzo di campionamento costituito dalle giornate  ‐   operatore effettuate complessivamente nel prelievo selettivo nel periodo primaverile dal  2004  al  2010  (da  cui  è  stato  ricavato  l’ITA  primaverile  posto  a  confronto  con  i  risultati  dei conteggi),  la rete di transetti (da cui è stato calcolato  l’IKA annuale) e  le aree di saggio utilizzate per i conteggi diretti dal 2004 al 2010. 

Si  evidenzia  come  lo  sforzo  di  campionamento  che  riguarda  sia  l’ITA  che  i  conteggi (rappresentato dalla superficie delle aree di saggio) sia distribuito all’interno dell’area vocata con una buona  rappresentatività del  gradiente di  vocazionalità, mentre  la  rete di  transetti, per  sua impostazione,  va a campionare in modo rappresentativo l’intera area del Parco.  

 

 

 

 

 

 

 

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b. Impatto sugli agrosistemi  L’impatto del Cinghiale sugli “agro‐sistemi” del Parco viene valutato essenzialmente attraverso due metodi: 1)  l’analisi dell’archivio delle denunce annuali (relative alle richieste di  indennizzo) effettuate dalle Aziende agricole  situate nel  territorio del Parco; 2)  lo  studio dell’incidenza del rooting  sulla vegetazione dei  campi  coltivati  tramite  il  rilevamento  con  il metodo naturalistico sulla rete di transetti.  L’archivio  delle  denunce,  comprensivo  anche  dei  dati  di  monitoraggio  dei  danni,  viene annualmente redatto dal CTA del CFS e trasmesso in forma informatizzata al Gruppo di lavoro; da questo vengono ricavati i dati di base relativi a:  

entità dei danni alle  colture: 1) numero di denunce presentate; 2)  localizzazione e tipologia  delle  colture  danneggiate;  3)  superficie  danneggiata;  4)  importo  degli indennizzi  liquidati dal Parco,  sulla base del  “Disciplinare per  l’indennizzo dei danni provocati dalla fauna selvatica nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini” approvato con DCD 49/02 e succ. mod.  

qualità  dei  danni  alle  colture:  analisi  delle  colture  maggiormente  colpite  e valutazione della suddivisione dei danni complessivi tra colture di scarsa  importanza, relativamente alla  storia ed alle  tradizioni  locali, e colture  invece  fortemente  legate alle tradizioni  locali ed alla cultura appenninica (come  la  lenticchia di Castelluccio,  la roveja e diverse foraggere).  

  

c. Impatto sugli ecosistemi naturali L’impatto  del  Cinghiale  sugli  ecosistemi  naturali  del  Parco  è  stato  valutato  soprattutto dall’elaborazione dei dati raccolti con il metodo naturalistico nella rete di transetti incentrandola su  due  principali  aspetti:  l’”impatto”  con  le  fitocenosi  e  gli  agrosistemi,  basato  sull’incidenza relativa sulle diverse tipologie ambientali del rooting, quantificato come sviluppo lineare in metri di arature e zappature  fresche attribuibili al Cinghiale;    il rapporto con  la zoocenosi, attraverso l’analisi ed il confronto dell’IKA del  Cinghiale con l’IKA di Lupo, Coturnice e Capriolo, scelti come specie target fra i diversi Vertebrati rilevati. Oltre queste specie, sono stati raccolti i dati relativi a altri taxa di Vertebrati potenzialmente rilevanti per la valutazione del rapporto del Cinghiale con la  zoocenosi  o  comunque  di  particolare  importanza  conservazionistica  e  di  caratterizzazione ambientale contattabili ed identificabili con il metodo adottato “a vista”, senza cattura. Tali taxa sono  costituiti  da:  tutti  i  Mammiferi  contattabili,  gli  Accipitriformes,  i  Falconiformes,    i Galliformes, gli Strigiformes, tutti i Rettili e gli Anfibi identificabili “a vista”. Sono stati  infine raccolti  i depositi fecali di Lupo reperiti  lungo  i transetti per  la valutazione del comportamento  alimentare  del  predatore  soprattutto  in  relazione  al  Cinghiale,  ed  eventuali reperti di altre  specie di particolare  importanza quali  l’Orso bruno e  la Lince eurasiatica  la  cui  presenza è stata più volte accertata nel territorio del Parco. Il monitoraggio con il metodo naturalistico sulla rete di transetti è stato effettuato nel corso degli ultimi due Piani  Triennali  (dall’autunno  2004  all’autunno  2010); nell'ambito del  recente Piano transitorio nel 2011 è stato sospeso in virtù di una rivalutazione e riorganizzazione delle attività da  sviluppare  prioritariamente  sulle  base  delle  risorse  economiche  disponibili.  Tuttavia,  vista l’elevata  quantità  di  dati  raccolti  nel  tempo  e  la  loro  utilità  soprattutto  per  poter  meglio interpretare  l’ecologia  del  Cinghiale  nel  PNMS  si  ritiene  opportuno  continuare  ad  applicarlo eventualmente riducendo lo sforzo di campionamento.  

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2.3 Individuazione di un valore – soglia    Gli  obiettivi  del  piano  di  controllo  si  basano  sulla  individuazione  di  una  “soglia”  di popolazione di Cinghiale ritenuta tollerabile  in relazione ai diversi parametri considerati e sulla base  di  criteri  adattativi  derivanti  dagli  effetti  prodotti  dagli  interventi.  Il  valore  ‐  soglia individuato, già  in vigore  con  il precedente PT era  rappresentato da una  consistenza  ipotetica minima di circa 2000 ‐ 2500 individui corrispondenti a circa 4 – 5 indd/Kmq in relazione all’area vocata del Cinghiale nel Parco.   Come discusso nei paragrafi 1.2 e 1.3, l'attuazione dei due precedenti Piani Triennali di gestione (a partire dal 2005) ha evidenziato che, nonostante la popolazione di cinghiale sia stata tenuta al sotto della  soglia definita,  i danni agli  “agro‐sistemi”  sono aumentati annualmente  sia  sotto  il profilo ecologico che quello economico.  Di conseguenza si ritiene di fondamentale  importanza  l’attuazione di misure di prevenzione per la  protezione  delle  colture  più  pregiate,  valutando  contemporaneamente  l’opportunità di  far diminuire  ulteriormente  la  popolazione  di  cinghiale  attraverso  un  prelievo  più  consistente. L’entità  di  tale  prelievo  sarà  nello  specifico  quantificata  nei  futuri  programmi  annuali, considerando  sia  l’importanza  del  cinghiale  come  preda  del  Lupo,  sia  i  diversi  parametri riproduttivi e di consistenza della popolazione.  

Il  principale  obiettivo  di  riferimento  da  ottenere  sarà  pertanto  rappresentato dall’inversione  della  tendenza  dei  danni  provocati  dal  Cinghiale  agli  “agro‐sistemi” aumentando  le  quote  annuali  di  cinghiali  da  rimuovere  fino  a  700/800  individui  adulti.  Il programma  annuale  specificheranno  l’entità  in maniera  più  dettagliata  individuando  anche  le classi di età da abbattere/rimuovere.  Come riferimento generale le densità di riferimento (DMI) dovrebbero diminuire fino a circa 3 – 4 indd/Kmq  in  relazione  all’area  vocata  del  Cinghiale  nel  Parco  e  gli  indennizzi  ritornare  alle consistenze – ritenute accettabili ‐ del 2005 e 2006. Oltre che attraverso l’incremento delle quote annue di capi da abbattere tale risultato dovrà essere ottenuto tramite l’applicazione di misure di prevenzione ed  interventi speciali di contenimento nelle aree maggiormente colpite  (vedi area Piani di Castelluccio).    3. MODALITA' DI INTERVENTO  3.1 Strumenti e metodi di intervento    Gli  strumenti  di  controllo  e  contenimento  della  popolazione  di  Cinghiale  ritenuti  più idonei al perseguimento dei suddetti obiettivi sono rappresentati da:  

1) il prelievo selettivo tramite abbattimento da appostamento fisso  2) le catture,  

secondo le modalità disciplinate dal “Regolamento del prelievo selettivo del Cinghiale” (allegato A).  Prelievo selettivo 

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 Nel PNMS il metodo degli abbattimenti con la carabina, come già evidenziato nella parte 

introduttiva,  riveste una grande  importanza anche  in  virtù del  cospicuo numero  (circa 140) di selecontrollori abilitati al termine di un apposito corso di formazione attuato una prima volta nel 1997 cui è seguita una seconda edizione nel 2000. 

 

 Operazione di abbattimento da appostamento fisso 

 Le modalità operative del sistema degli abbattimenti con carabina sono state, nel corso 

del  precedente  Piano  Transitorio  (2011),  aggiornate  e  riviste  sulla  base  di  una  iniziativa  di responsabilizzazione  degli  operatori  coinvolti  e  che  ha  visto  una  fase  preliminare  di  ampia partecipazione  delle  diverse  parti  interessate  (organi  direttivi  del  Parco  e  del Corpo  Forestale dello Stato, Responsabile  tecnico‐scientifico, Gruppo di  lavoro  tecnico‐scientifico e operatori di selezione).  Tali modalità  sono  state  riassunte  in  un protocollo operativo per  le operazioni di prelievo  selettivo  del  Cinghiale  (approvato  con D.D.  n.  477  del  13/12/2011)  e  comunicato  ai diversi soggetti interessati (allegato B). 

 Gli operatori di  selezione  agiscono  in base  ad un  calendario delle  attività proposto dal 

Responsabile  scientifico,  che  dispone  i  settori  in  cui  concentrare  le  attività.  Nel  territorio  gli operatori di selezione dispongono di una rete di punti fissi da loro individuati, e validati, sotto il profilo  della  sicurezza,  dal  CTA  tramite  appostiti  sopralluoghi.  I  punti  sono  tutti  catalogati, individuati da un codice alfanumerico, e georeferenziati; per ciascun punto è  stata  redatta dal CTA una scheda in cui sono sintetizzate le principali caratteristiche. La maggior parte dei punti di prelievo individuati permettono le attività di pastura.  

I  risultati  degli  interventi  di  prelievo  selettivo  con  arma  da  fuoco,  vengono monitorati attraverso la raccolta dei seguenti parametri: 

N Cinghiali abbattuti            A 

N Cinghiali feriti            B 

N Cinghiali mancati            C 

N Cinghiali colpiti            D (A+B) 

N Cinghiali bersaglio            E (A+B+C) 

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Giornate operatore effettuate        F 

Giornate operatore programmate        G 

Giornate operatore utili          H  

I parametri ottenuti sono utilizzati per costituire  i seguenti  indici, utili per  le valutazioni degli interventi: 

Efficacia (minima e massima) del prelievo      F/A, F/D 

Inefficienza del prelievo          C/E 

Efficienza del calendario          F/G 

Efficacia del calendario          H/F 

Efficienza (minima e massima) del prelievo      H/A, H/D  

  Le elaborazioni sono effettuate su base mensile ed annuale  in riferimento al tempo, per area di prelievo e  in  tutto  il Parco  in  riferimento allo spazio. Gli  indici di efficacia ed efficienza sono applicati anche a livello individuale per ciascun operatore di selezione.   Catture  

Le  modalità  tecniche  delle  catture  sono  definite  in  dettaglio  nel  Regolamento,  ed ulteriormente specificate nelle “Prescrizioni per  la gestione delle unità di cattura del Cinghiale” (allegato C). 

 Nel Parco sono presenti sia dispositivi di cattura fissi che recinti mobili. La gestione delle 

trappole  fisse  è  stata  affidata direttamente  ad  agricoltori  che,  a  titolo  volontario, ne  abbiano fatto richiesta tra  il PQ ed  il PT1, mentre  i recinti mobili sono stati affidati, sempre ad Aziende agricole,  attraverso  il  BANDO  PER  LA  REALIZZAZIONE  E  GESTIONE  DII  RECIINTI  DI  CATTURA  DELL CINGHIALE (approvato con D.G.E. n. 123 del 12/09/2003), quindi al termine del PQ. 

I  gestori  delle  trappole  e dei  recinti mobili  si  sono  sempre  avvalsi della  collaborazione 

diretta  del  Gruppo  di  lavoro,  presente  in  ogni  occasione  di  cattura, ma  non  è  ancora  stato attuato un apposito corso di formazione al pari del personale coinvolto nel prelievo selettivo.    Il  metodo  di  prelievo  tramite  catture  è  già  stato,  nel  corso  del  precedente  PT1, incrementato  con  l’attivazione di ulteriori  3  recinti di  cattura mobili ma, nonostante  gli  sforzi profusi,  le  difficoltà  riscontrate  nella  gestione  degli  impianti  di  cattura  sono molteplici  e  tale strumento ha sempre assunto un carattere di complementarietà.  

Anche  le  catture,  come  nel  caso  del  prelievo  selettivo,  sono  stabilite  in  base  ad  un calendario  di  attività  previsto  e  proposto  dal  Responsabile  scientifico  al  Parco  ed  al  CTA, compatibilmente con la disponibilità tecnica dei gestori.  

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Recinto di cattura situato nel Comune di Montefortino                  

 Le attività di cattura sono valutate in base ai seguenti parametri: 

le notti trappola di attività,  

il numero dei capi catturati,  

il numero dei capi abbattuti o traslocati,  

il numero dei capi rilasciati,  

le catture di altre specie,  

le chiusure a vuoto.   

Da  tali  parametri  vengono  calcolati  l’indice  dello  sforzo  di  cattura  unitario  (N  notti trappola/individui  catturati)  e  l’indice  dello  sforzo  di  cattura  utile  (N  notti  trappola/individui abbattuti), sia per dispositivo di cattura che complessivo. 

   Tra  i  due  metodi,  il  precedente  Piano  Transitorio  ha  evidenziato  una  efficacia  e convenienza decisamente  favorevole verso  il metodo del prelievo selettivo con arma da  fuoco, che è risultato il principale strumento di contenimento della popolazione di Cinghiale nel Parco, tanto  da  poter  essere  utilizzato  in  via  esclusiva  per  il  raggiungimento  degli  obiettivi  previsti. Tuttavia,  il  sistema  delle  catture  può  trovare migliore  applicazione  in  determinate  condizioni, come negli ambienti chiusi e durante  l'inverno e, quindi, può rappresentare un utile strumento integrativo  all'abbattimento;  peraltro,    le  catture  rivestono  un  ruolo  importante  nel coinvolgimento diretto degli agricoltori nella gestione del Cinghiale, cioè di coloro che subiscono maggiormente i danni arrecati da questa specie.  

  3.1.1 Metodi di intervento sperimentali  

  Tra gli strumenti di intervento per il controllo della popolazione del Cinghiale ancora non utilizzati nel PNMS  il presente Piano propone anche quello della girata  (metodo previsto nelle Linee guida per la gestione del Cinghiale nelle aree protette). Si tratta di una tecnica non invasiva 

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che prevede  l’uso di un  cane appositamente addestrato  (detto  “limiere”)  che ha  il  compito di individuare i Cinghiali nelle “rimesse” e spingerli verso un numero limitato (generalmente da 5 a 10) di poste  fisse. Di  fondamentale  importanza nell’attuazione di  tale tecnica  la professionalità del binomio cane  limiere – conduttore che ha  il compito di scovare  i Cinghiali durante  il riposo diurno  e  muoverli  dolcemente  (al  passo)  verso  le  poste.  La  girata  rappresenta  un  sistema caratterizzato  da  un  positivo  rapporto  tra  sforzo  praticato  e  risultati  ottenuti,  a  fronte  di  un disturbo assai più limitato rispetto a quello generato dalle braccate, che potrebbe costituire una valida alternativa al prelievo con carabina da appostamento nelle aree in cui quest’ultima tecnica è meno indicata per le loro caratteristiche ambientali.      Viene  proposto  altresì  di  valutare,  in  via  sperimentale,  la  fattibilità  di  interventi  di controllo numerico del Cinghiale mediante tiro con l’arco, metodologia di abbattimento storica e tradizionale, oggi ormai poco in voga. Tale tecnica, infatti, sebbene non indicata nelle Linee guida per  la gestione del Cinghiale nelle aree protette, presenta alcuni  interessanti vantaggi  rispetto alle armi da fuoco quali: totale assenza di impatto acustico al momento del tiro, totale assenza di dispersione  di materiali  nel  territorio  (palla  e  suoi  residui,  bossolo,  ecc.)  e  sulla  carcassa.  Tali aspetti potrebbero renderne  interessante una eventuale applicazione proprio soprattutto nelle aree protette.    L'eventuale  adozione  di  queste  tecniche  richiede  comunque  lo  svolgimento  di  specifici corsi di formazione e la modifica del vigente Regolamento del prelievo selettivo del Cinghiale.     3.2 Aree d’intervento    L'art.  2  del  Regolamento  del  prelievo  selettivo  del  Cinghiale  prevede  che  "le  aree  di intervento  devono  interessare  prioritariamente  la  zona  C  del  Piano  per  il  Parco  e  le  aree maggiormente critiche in relazione agli squilibri ecologici e ai danni alle colture; sono comunque escluse dagli interventi di prelievo selettivo le zone A del Piano per il Parco".   Tra  le  aree  maggiormente  critiche  viene  individuato  il  bacino  di  Castelluccio  di  Norcia, coincidente  con  l’area  di  coltivazione  della  lenticchia  IGP.  Sono  comunque  escluse  le  aree  di promozione  delle  attività  turistico‐ricreative  e  quelle  ritenute  più  delicate  nei  confronti  delle esigenze conservazionistiche, quali i rendez –vous del Lupo e le aree di presenza dell’Orso bruno, del Cervo e del Camoscio appenninico.  Altre  aree  di  prelievo  potranno  essere  individuate  per  motivate  esigenze  gestionali,  previa verifica da Parte del Parco della compatibilità con  le esigenze di conservazione e di promozione delle attività turistico‐ricreative del Parco.     Nella  pagina  seguente  sono  indicati  i  settori  in  cui  viene  suddiviso  il  Parco  (ai  sensi dell’art. 12 del Regolamento), ciascuno dei quali comprende i territori di alcuni comuni, come di seguito specificato:   

Fiastra: Comuni di Fiastra, Pievebovigliana, Acquacanina e Bolognola 

Cessapalombo: Comuni di Cessapalombo e S. Ginesio 

Visso: Comuni di Visso, Ussita, Pievetorina, Fiordimonte, e Castel S. Angelo 

Amandola: Comuni di Amandola, Montefortino e Montemonaco 

Arquata del Tronto: Comuni di Arquata del Tronto e Montegallo  

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Norcia: Comune di Norcia 

Preci: Comune di Preci In  ciascun  settore  opera  un  gruppo  di  operatori  che  ha  designato  al  suo  interno  un proprio rappresentante, cui viene inviato il calendario delle operazioni. 

   

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Suddivisione del Parco in “settori” per lo svolgimento degli interventi di prelievo selettivo tramite 

abbattimento da appostamento fisso. 

CESSAPALOMBO

FIASTRA

AMANDOLA VISSO

PRECI

ARQUATA DEL TRONTONORCIA

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Per quanto  riguarda  le aree  interessate dagli  interventi di cattura, nella  seguente cartina  sono indicati i siti in cui sono attualmente localizzate le unità di cattura. 

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3.3 Sistemi di prevenzione dei danni    La notevole  frammentazione degli appezzamenti che caratterizzano  le aree agricole del Parco, quasi sempre  inserite  in un paesaggio articolato e “mosaicizzato”, soprattutto nei settori marchigiani,  non  favorisce  una  consistente  diffusione  delle  recinzioni  elettrificate,  tale  da garantire  un  sensibile  contenimento  di  danni.  Attività  di  prevenzione  nel  Parco  sono  state condotte  solamente  in occasione  del  bando  per  i  “Contributi  per  la  realizzazione  di  recinzioni elettrificate a protezione delle colture cerealicole  (grano, orzo, avena,  farro, mais, ecc.) e delle colture a lenticchia dai danni provocati dai cinghiali” finanziato con fondi Obiettivo 5b 1994/1999 misura 1.2.1 – aree protette della Regione Marche per il territorio del Parco situato nelle Marche e  fondi  correnti  del  Parco  per  il  territorio  del  Parco  situato  in  Umbria.  Tali  contributi  hanno portato  alla  concessione  di  diverse  recinzioni  alle  Aziende  del  Parco  verso  la  fine  del  1999. Tuttavia si è trattato di un episodio isolato nel tempo, condotto in collaborazione con la CIA, del quale non è  stato possibile  riscontrare  l’effettiva efficacia, probabilmente anche a causa di un mancato  supporto  tecnico alle Aziende  stesse che, nel giro di pochi anni, hanno abbandonato l’iniziativa.    Resta  comunque  valida  l’opportunità  di  incoraggiare  tale  metodo  di  prevenzione, soprattutto nei confronti delle colture di pregio e nelle aree, come il settore umbro del Parco, in cui,  almeno  localmente,  l’utilizzo di  recinzioni elettrificate ha effettivamente ottenuto  risultati positivi. Una esperienza di proposizione di tale metodo è stata fatta nel 2009 durante il PT2 nel tentativo di proteggere le colture pregiate di lenticchia di Castelluccio. Nonostante non sia stato possibile  realizzare  tale  progetto  sperimentale  a  causa  delle  difficoltà  di  organizzazione riscontrate tra gli agricoltori, si ritiene valido il progetto presentato di seguito esposto.    Appare altresì opportuno promuovere l’adozione di altri metodi di prevenzione quali: 

 

foraggiamento dissuasivo; 

colture a perdere;    In particolare,  l’adozione del  foraggiamento dissuasivo, a  livello sperimentale, dovrebbe essere  attentamente  valutata  solo  in  particolari  situazioni,  per mitigare  l’impatto  su  colture pregiate poste nelle aree centrali del Parco: un esempio può essere rappresentato dalle colture di lenticchia di Castelluccio.    PROGRAMMA DI PREVENZIONE PER LA LENTICCHIA DI CASTELLUCCIO 

Preliminarmente  è  stata  effettuata  un’analisi  dei  siti maggiormente  colpiti  dal  2005  al 2008 e sono state individuate due zone in cui effettuare prioritariamente gli interventi: 

Pian Piccolo, Casaletto Amati, Fonte Vetica (quadrati AQ 37, AQ 38, AR 37, AR 38) 

Imbocco della Val Canatra e Pian Perduto (quadrati AM 32, AN 32). In questi soli 6 quadrati kilometrici sono stati rilevati oltre il 50% dei danni denunciati relativi alla lenticchia di Castelluccio tra il 2005 ed il 2008, con continuità di danneggiamento in tutti gli anni. 

Si segnala che gli importi indennizzati a partire dal 2005 sono i seguenti (arrotondati per centinaia di €): 

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2005 €   8.200,00  2006 € 16.500,00  2007 € 20.200,00  2008 € 49.000,00  2009 € 55.000,00  2010 € 102.500,00  

Si è osservato pertanto un deciso aumento degli  indennizzi da  lenticchia di Castelluccio nell’ultimo quinquennio, che ha certamente influito sull’andamento generale dei danni. 

 Sul piano pratico si è proposto di intervenire nel seguente modo:  

Pian Piccolo (Valle del Bonanno) – Installazione di recinto lineare della lunghezza di circa 3 km (da associare eventualmente a foraggiamento dissuasivo e recinti di cattura, (ipotesi consigliata) posizionato a ridosso della Macchia Cavaliera dalla Loc. Il Vallone (sotto Forca di Presta) fino alla Valle del Bagno 

Val  Canatra  –  Installazione  di  due  recinti  elettrificati  poligonali  (chiusi)  della misura  di circa 3,5 km e 800 m rispettivamente. 

 Il  percorso  delle  tre  recinzioni  è  presentato  nelle  seguenti  figure,  rappresentate  in  modo indicativo in scale differenti. 

Recinto lineare ad Ovest della Macchia Cavaliera (Pian Piccolo, Valle del Bonanno) 

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Recinti poligonali sul Pian Perduto (Castelluccio di Norcia) 

In  base  ai  tempi  di  maturazione  della  lenticchia  sarebbe  opportuno  avere  i  recinti 

installati  e  funzionanti  già dai primi  giorni di  luglio.  La permanenza dei  recinti  (attivati  con  la corrente elettrica) andrebbe effettuata fino a raccolta avvenuta (seconda metà di agosto), dopo di che i recinti possono essere smantellati o semplicemente disattivati dei fili di corrente. 

Area della Valle del Bonanno interessata dai danneggiamenti del cinghale 

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Importante  nella  realizzazione  del  programma  una  attività  complementare  di 

foraggiamento dissuasivo da mettere  in  atto per  impedire  che  i Cinghiali  “forzino”  i  recinti  in mancanza di fonti alimentari. Tale foraggiamento andrebbe effettato su “strisce” con l’ausilio di mezzi meccanici e nella misura di circa 1Kg/giorno/Cinghiale. 

Esempio di recinto a 3 fili (con particolare delle maniglie per l’accesso) 

Si  fa presente  che  tale programma di prevenzione ha  carattere puramente  indicativo e 

può essere modificato e/o integrato con recinzioni da installare in altre località sulla base di dati di  recente  acquisizione  o  sulla  base  della  disponibilità  a  collaborare  da  parte  delle  Aziende agricole della zona, sia in forma individuale che associata. 

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Esempio di impatto del recinto sul paesaggio appenninico 

 4. PERSONALE COINVOLTO    Per  l’attuazione  degli  interventi  di  prelievo  selettivo  tramite  abbattimento  da appostamento  fisso,  il  Parco  si  avvale  di  146  operatori  di  selezione  scelti  tra  cacciatori soprattutto  residenti  nel  Parco  ed  abilitati  ai  sensi  dell’art.  10  del  Regolamento  del  prelievo selettivo del Cinghiale, previo corso di formazione teorico e pratico organizzato direttamente dal Parco.    Tale  numero  di  operatori  appare  nel  complesso  tuttora  sufficiente  a  garantire  il conseguimento degli obiettivi prefissati, nonostante solo una parte di loro operino con impegno e costanza. Si tenga tra l’altro conto che con l’aumento del numero di operatori tende a ridursi il loro  impiego  medio  e  ad  aumentare  le  problematiche  legate  alla  competizione  e  alla territorialità,  con  conseguenze  negative  per  l’efficacia  degli  interventi.    Si  rende  comunque necessario un loro maggiore coinvolgimento nell’attuazione del Piano, anche attraverso periodici  incontri finalizzati all’aggiornamento dei risultati conseguiti.    Si  ritiene  comunque  opportuno  integrare  gli  attuali  operatori  di  selezione  con  nuovi operatori,  seppure  in numero  limitato valutato  secondo  le necessità di ogni  singolo  settore, al fine  anche  di  favorire  il  coinvolgimento  di  giovani  soggetti  motivati  ed  interessati.  Resta comunque ferma  la necessità che  la  loro formazione e abilitazione avvenga su diretta  iniziativa del Parco.  

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  Per quanto riguarda gli  interventi di cattura, gli operatori finora  impiegati nella gestione delle  unità  di  cattura,  rappresentati  da  imprenditori  agricoli,  sono  stati  temporaneamente autorizzati  in attesa del conseguimento dell’abilitazione prevista all’art. 16 del Regolamento del prelievo  selettivo  del  Cinghiale.  Il  proseguimento  degli  interventi  di  cattura  renderà  quindi necessario,  in  attuazione  di  tale  norma,  procedere  all’organizzazione  del  corso  e  alla conseguente abilitazione degli operatori di cattura.    Di  seguito  vengono  illustrate  le  proposte  per  l’aggiornamento  e  la  formazione  degli operatori di selezione.   4.1 Livelli di partecipazione degli operatori di selezione (Selco)    Si individuano tre diversi livelli di partecipazione alle operazioni di prelievo selettivo: Operatori di selezione  (Selco):  tutti coloro che, abilitati, partecipano alle operazioni di prelievo selettivo ordinarie, definite secondo il calendario redatto dal CTA su indicazione del Responsabile scientifico. Operatori  di  selezione  “speciali”:  coloro  che,  in  base  alla  graduatoria  di  meritocrazia,  sono indicati per operare, oltre che nelle operazioni ordinarie, anche in casi particolari, quali interventi speciali ed urgenti, ai sensi dell’Art. 6 del Regolamento. Rappresentanti  dei  gruppi  di  ciascun  settore  (Rapco):  in  ciascun  settore  agisce  un  gruppo  di operatori di  selezione; all’interno del gruppo viene designato un  rappresentante; questo ha  le funzioni  di  coordinare  le  uscite  previste  dal  calendario  e  di  collaborare  attivamente  con  il Responsabile  tecnico  scientifico,  con  gli  zoologi,  con  il  personale  del  CTA  e  con  gli  organi istituzionali del Parco. Si tratta di un ruolo cui  il Parco vuole affidare maggiori responsabilità  in un’ottica  di  coinvolgimento  sempre  più  intenso  nelle  attività  di  gestione  degli  operatori  di selezione.  

I rappresentanti di ciascun gruppo ad oggi individuati sono: 

Sig. Domenico Panunti (settore di Fiastra) 

Sig. Silvano Merlini (settore di Cessapalombo) 

Sig. Amedeo Tuccini (settore di Amandola) 

Sig. Marzio Remigi (settore di Visso) 

Sig. Antonio Pulozzi Pochini (settore di Arquata del Tronto) 

Sig. Giampiero Bruni (settore di Preci) 

Sig. Celestino Angeletti (settore di Norcia)  Il  gruppo  di  operatori  non  residenti  nel  Parco  della  provincia  di Macerata  (Camerino, 

Castelraimondo,  S.  Severino  Marche),  circa  una  decina,  hanno  come  referente  il  Sig.  Lauro Porcarelli.  

Ciascun  gruppo  può  definire,  democraticamente,  con  comunicazione  scritta  e  firmata almeno dalla metà più uno degli operatori di selezione, un rappresentante diverso da quelli sopra elencati.     

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  4. 2 Aggiornamento e formazione degli operatori di selezione con arma da fuoco    Si prevedono momenti di incontro con i 7 gruppi di operatori al fine di:  

informare  e  aggiornare  sull’andamento  del  programma  di  gestione  (andamento  della popolazione di Cinghiale e risultati ottenuti attraverso il prelievo selettivo; organizzazione ed integrazione con le attività di cattura; valutazione dei risultati ottenuti per area e per operatore; analisi delle difficoltà incontrate e delle situazioni critiche; ecc.); 

 

fornire indicazioni tecniche relative all’attuazione futura del piano di prelievo, con relativi obiettivi di settore; 

 

informare  e  aggiornare  su  altri  progetti  di  gestione  e/o  tutela  di  specie  importanti nell’ecosistema del PNMS (cervo, camoscio, orso, lupo, ecc.); 

 

informare e aggiornare  sugli indirizzi gestionali nazionali.  Ulteriori  incontri  necessari  alla  pianificazione  delle  attività  saranno  condotti  con  i 

Rappresentanti  dei  settori,  che  avranno  la  funzione  di  trasmettere  ai  loro  gruppi  tutte  le indicazioni relative allo svolgimento delle attività di prelievo. 

 In base ai risultati tecnicamente conseguiti sul campo gli operatori saranno sottoposti a 

verifiche ed eventualmente potranno anche essere chiamati a sostenere nuove sessioni di  tiro presso  strutture  autorizzate.  Si  prevede  di  effettuare  una  prova  di  tiro  annuale,  a  partire  dal 2013, preferibilmente nel mese di settembre  (o  fine agosto), secondo  le modalità già utilizzate nell’ambito delle prove di tiro relative al Piano Transitorio (2011) effettuate presso il Poligono di tiro della cava di Statte (Comune di Camerino).   4.3 La formazione per il recupero dei capi feriti    Quale  semplice  linea  di  indirizzo,  si  ritiene  opportuno  organizzare    un  corso  per  la formazione di nuclei di recupero dei capi feriti non recuperati, da definire in collaborazione con l’ENCI od altro organismo similare, tenendo conto che alcuni operatori di selezione posseggono cani adatti allo  scopo ed hanno manifestato  la  loro disponibilità.  L’obiettivo  sarebbe quello di avere un nucleo di recupero per ciascuno dei sette settori del PNMS.  

Occasionalmente,  durante  il  Piano  Transitorio  2011,  sono  state  condotte  attività  di recupero con il coinvolgimento del nucleo di recupero dell’URCA Marche.   4.4 La graduatoria di meritocrazia degli operatori di selezione  

In base all’articolo 7 del Regolamento che  stabilisce che  sia definito un elenco  speciale degli  operatori  di  selezione  “sulla  base  dei  meriti  conseguiti  nel  corso  delle  operazioni,  in particolare per quanto riguarda l’efficienza, la partecipazione e il comportamento”, e in accordo 

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e collaborazione con quanto definito con il Direttore, si è proceduto, durante il Piano Transitorio (2011) a definire una proposta di tale graduatoria.  

I criteri, di seguito indicati, sono stati definiti anche con la partecipazione ed il contributo degli operatori di  selezione, attraverso  i  loro  rappresentanti, nell’ambito di numerose  riunioni effettuate allo specifico scopo.  

La prima graduatoria è stata definita utilizzando  i dati a disposizione a partire dall’avvio del PQ nel 1998. I parametri presi in considerazione sono i seguenti (e vengono “normalizzati”, ‐ sono quindi proporzionali in base ai risultati ottenuti, ‐ al punteggio complessivo di 100 sulla base delle percentuali indicate):  

1. Numero uscite per controllo                                                 per ogni uscita                  (20%) 2. Numero soggetti abbattuti                                                   per ogni soggetto             (20%) 3. Efficacia n.ro uscite/capi abbattuti                                                          (20%) 4. Precisione percentuale colpi efficaci (colpi effettuati ‐ (errori + ferimenti))            (10%) 5. Segnalazioni scritte fornite  

(schede avvistamento Ungulati, Lupo, errori di compilazione)       (20%) 6. Essere responsabile di gruppo / distretto              (10%)  

 Per  la  stesura  della  graduatoria  sono  stati  presi  in  considerazione  tutti  gli  operatori  di 

selezione tranne quelli che non hanno effettuato neppure una uscita a partire dal PT1, quindi a partire dal 1 gennaio 2005. Il punteggio relativo al rappresentante del settore è stato attribuito a metà nei settori (Preci, Norcia) in cui tale rappresentante è cambiato nel corso degli anni.  

Per  l’iscrizione all’elenco speciale saranno considerati  i primi operatori di selezione della graduatoria di merito annualmente aggiornata. Potranno essere definite due graduatorie degli operatori: una  a  livello  generale  (relativa  a  tutto  il Parco), una  a  livello  locale  (relativa  a ogni singolo settore) il cui numero complessivo è da definire.  

Per quanto  riguarda  le graduatorie  future  si è  stabilito di aggiornarle anno dopo anno, mantenendo  la normalizzazione al punteggio 100, utilizzando  i medesimi parametri già descritti ed eventualmente  integrandoli con altri parametri quali: esito delle prove di aggiornamento di tiro, consegna della mandibola dei capi abbattuti, conseguimento di attestati ottenuti presso altri Enti, partecipazione ai censimenti.  

Costituiranno elemento sufficiente per la esclusione dall’Elenco speciale le seguenti azioni documentate da verbale del CTA o di un componente del Gruppo di lavoro: 

1. Omessa ricerca del ferito o del soggetto eventualmente colpito 2. Abbattimento o sparo fuori orario 3. Arma non imbustata e scarica, prima e dopo l'appostamento 4. Effettuazione di cerca non autorizzata (non relativa al recupero)   5. Mancata segnalazione (uscita, abbattimento, ferimento, rientro) 6. Spostamento non autorizzato dal sito di prelievo (ovvero oltre la distanza consentita) 7. Abbigliamento non idoneo 

 Tali criteri, al momento solo di  indirizzo generale, potranno comunque essere modificati 

secondo le procedure definite nel Regolamento del prelievo selettivo del Cinghiale. 

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5. DESTINAZIONE DEGLI ANIMALI PRELEVATI E ABBATTUTI  

Nel Regolamento CE 853/2004 (in vigore dal 1 gennaio 2006), si determina che le carni di animali selvatici di grossa taglia (intendendosi esclusi gli Uccelli ed  i Lagomorfi) possono essere commercializzate soltanto se  la carcassa è trasportata a un centro di  lavorazione  (o mattatoio) riconosciuto (art. 4 del Regolamento CE 853/2004), fatta eccezione per “piccoli quantitativi” (pari ad un massimo di un capo all’anno per cacciatore, come stabilito  in occasione della Conferenza Stato‐Regioni del 9 febbraio 2006).  

 Secondo  le norme  vigenti, al  fine di permettere  la  commercializzazione delle  carne dei 

capi di Cinghiale abbattuti dovrebbero essere previsti:  1) l’eviscerazione e la “pulitura” della cavità addominale del Cinghiale 2) il trasferimento della carcassa al centro di  lavorazione, che deve avvenire “al più presto 

possibile” (Reg. CE 853/2004, ALLEGATO III, SEZIONE IV, CAPITOLO II, Comma 3) e, quindi, secondo alcune interpretazioni, al massimo entro il giorno successivo dell’abbattimento. 

 Quanto previsto dal punto 1 dovrebbe essere effettuato da una persona formata, che ha 

il  compito  di  “effettuare  un  esame  della  carcassa  e  dei  visceri  asportati  volto  a  individuare eventuali  caratteristiche  indicanti  che  la  carne  presenta  un  rischio  per  la  salute”  (Reg.  CE 853/2004,  ALLEGATO  III,  SEZIONE  IV,  CAPITOLO  II,  Comma  2).  Attraverso  il  corso  di aggiornamento,  effettuato  alla  fine  di  gennaio  2012,  si  prevede  la  abilitazione  a  “persona formata” della maggior parte degli operatori di selezione del Parco (almeno  l’80%). Il Parco è in attesa  della  formalizzazione  di  tale  riconoscimento  da  parte  degli  Enti  preposti.  In  ogni  caso esiste  già  un  gruppo  di  base  di  circa  20  operatori  che,  attraverso  altri  corsi  di  formazione organizzati dal ASUR, ASL  ed  altri  EELL.,  risultano  già  “persone  formate”. Considerando  che  è sufficiente una sola “persona formata” per ciascun gruppo, il Parco è già in grado di soddisfare i requisiti del Reg. CE 853/2004 da un punto di vista prettamente operativo.    Il precedente Piano Transitorio  (2011) definiva gli  indirizzi per un avvio della  filiera del Cinghiale nel Parco inquadrando le problematiche relative alle disposizioni del Reg. Ce 853/2004 già citato. Tali indirizzi sono stati seguiti nell’avvio della nuova fase operativa di contenimento del Cinghiale,  tuttavia,  essendo  molteplici  le  problematiche  relative  alle  infrastrutture  di  cui necessita  tale  sistema,  ancora  non  si  è  potuto  raggiungere  uno  stato  definitivo  del modello proposto.  

Nell’ambito  delle  operazioni  di  controllo  diretto  della  popolazione  del  Cinghiale  nel PNMS,  la carcassa del Cinghiale abbattuto entra  in possesso dell’operatore di selezione che ha due  possibilità:  1)  la  utilizza  per  autoconsumo;  2)  la  conferisce  ad  un  centro  di  lavorazione autorizzato che gli restituisce due mezzene commercializzabili. 

 Un  solo  capo  all’anno può  comunque  essere  ceduto direttamente  a  consumatori  finali 

(anche esercizi commerciali al dettaglio) senza  il passaggio al centro di  lavorazione autorizzato.  Le  spese  relative  al  trasporto  ed  alla  lavorazione  delle  carcasse  (comprese  analisi  sanitarie  e smaltimento  delle  parti  non  utilizzabili)  sono  a  carico  dell’operatore di  selezione  che  entra  in possesso delle mezzene, appena disponibili. 

 L’elevato numero di operatori di selezione abilitati come “persone formate” renderebbe 

meno vincolante la costituzione dei Centri di Raccolta (vedi Piano transitorio 2011), in cui grazie 

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alla presenza di anche una sola persona formata si potrebbe procedere alla prima manipolazione delle carcasse  indirizzate alla commercializzazione;  le carcasse potrebbero essere dunque  fatte pervenire  direttamente  ai  Centri  di  lavorazione.  Diventa  perciò  fondamentale  raggiungere accordi con questi centri, anche attraverso contatti diretti dei gruppi degli operatori di selezione.    Trasporto  

Per quanto riguarda il trasporto ai centri di lavorazione, la normativa obbliga che i visceri debbano  accompagnare  la  carcassa  al  centro di  lavorazione ed essere  identificabili; durante  il trasporto,  le  carcasse  non  vanno  ammassate  (Reg.  CE  853/2004,  ALLEGATO  III,  SEZIONE  IV, CAPITOLO II, Commi 4 e 6).  

Alla  carcassa  è  associata  la  dichiarazione  di  abbattimento  in  cui  l’operatore  (persona formata) riporta che “non è stata riscontrata alcuna caratteristica anomala né sono stati rilevati comportamenti  anomali  prima  dell'abbattimento  e  non  vi  è  un  sospetto  di  contaminazione ambientale”, oltre ad informazioni più di carattere generale (località, data e ora in cui è avvenuto l’abbattimento), ovvero se vengono riscontrate caratteristiche anomale queste vanno segnalate opportunamente.    Centri di lavorazione  

L’adozione  dell’iter  di  cui  sopra,  necessita  di  un  coordinamento  tra  tutti  i  soggetti coinvolti, nonché  l’adozione di un calendario di prelievo che, tra  le varie esigenze, tenga conto anche della disponibilità a ricevere le carcasse dei centri di lavorazione. 

 A riguardo  la normativa (Reg. CE/853, ALLEGATO III, SEZIONE IV, CAPITOLO II, Comma 8) 

prevede  inoltre  che  i  capi di animali  selvatici  “prima dello  scuoiamento  siano  immagazzinati e manipolati separatamente dagli altri prodotti alimentari e non congelati”; i centri di lavorazione dovrebbero  quindi  organizzarsi  in  modo  da  prevedere  fasi  di  lavorazione  da  dedicare esclusivamente alla filiera del Cinghiale. 

 

Le  carcasse  dunque  potrebbero  giungere  ai mattatoi,  prima  dell’avvio  della  filiera  dei domestici, in quanto appare improbabile la possibilità di prevedere una intera giornata di lavoro da  dedicare  alla  lavorazione  al  Cinghiale  (si  presume  infatti  che  il  “volume”  giornaliero  delle carcasse non sia sufficiente a rendere positivo il rapporto tra i costi e i benefici). La disponibilità della struttura, potrà quindi essere condizionata dal quantitativo di carcasse che devono essere lavorate. 

 Le  caratteristiche  dei  centri  di  lavorazione  sono  definite  sempre  dal  Reg.  CE/853. 

Attualmente  risultano  autorizzati  solo  3  centri  di  lavorazione  di  pertinenza  del  territorio  del Parco e sono localizzati ad Acquasanta Terme (AP), Sarnano (MC) e S. Severino (MC). Sono attivi, ma  devono  richiedere  le  necessarie  autorizzazioni  i  centri  di  lavorazione  di  Visso  (MC)  e Camerino  (MC), mentre è attualmente non attivo e non autorizzato  il  centro di  lavorazione di Norcia (PG). 

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Gli accordi con i 3 centri di lavorazione sono in via di definizione, sotto il profilo operativo, ma  i primi cinghiali sono già stati conferiti presso tali strutture a partire dal 13 dicembre 2011. Rimangono  comunque  due  azioni  prioritarie  da  effettuare  per  lo  sviluppo  delle  attività:  1)  la definizione  degli  accordi  sotto  il  profilo  tecnico,  operativo  ed  economico  con  i  3  centri  di lavorazione  autorizzati;  2)  una  “pressione”  politica  per  l’attivazione  delle  altre  3  strutture individuate senza le quali l’intero progetto non può essere sostenibile nelle modalità individuate (trasporto  e  costi  a  carico  degli  operatori  di  selezione)  e,  soprattutto,  perché  gran  parte  del territorio di pertinenza del Parco non dispone di strutture i riferimento. 

 Interessanti  proposte  sono  emerse  da  singoli  gruppi  di  operatori,  come  nel  caso  di 

Amandola,  ove  si  potrebbe  richiedere,  previa  disponibilità  data  dagli  stessi  operatori,  di infrastrutture in loco (nel Comune di Montemonaco), una specifica autorizzazione per un piccolo centro di  lavorazione dedicato proprio alla  filiera del Cinghiale del Parco.  In altri settori  (Visso, Norcia)  è  stata  manifestata  disponibilità  nell’allestimento  dei  centri  di  raccolta,  attraverso contatti diretti con gli EELL., piccoli contributi o concessione di mano d’opera.    Centri di raccolta 

 Non si vuole accantonare  l’idea dei centri di raccolta che svolgerebbero una  importante 

funzione  anche  sotto  il  profilo  della  ricerca  scientifica,  fungendo  da  luoghi  attrezzati  per  le misurazioni  biometriche,  e  quello  sociale,  come  luoghi  di  aggregazione  anche  con  realtà venatorie che agiscono in prossimità del Parco. Tuttavia per una rapida ripresa delle operazioni, avvenuta nel mese di dicembre 2011, si è deciso di intervenire, come specificato in apertura del paragrafo, provvedendo il trasporto direttamente ai centri di lavorazione.  

Rimane  l’opportunità  di  avere  un  centro  di  raccolta  per  ciascun  settore  del  PNMS, studiando eventualmente alcuni possibili accorpamenti. Ciò è peraltro previsto anche dal Reg. del prelievo selettivo del Cinghiale (art. 6, comma 4).  Tali centri dovranno avere alcuni requisiti essenziali, tra cui: 

cella frigorifera (adeguata alla conservazione di fino a 10 carcasse contemporaneamente); 

spazi e attrezzature adeguati alla  lavorazione sulle carcasse dei Cinghiali, ed al rilievo di dati, comprese tutte le preliminari analisi biometriche, morfologiche e ponderali; 

angolo ad uso ufficio (in cui sia possibile annotare i rilievi effettuati e compilare le schede necessarie alla raccolta dei dati per lo studio e la gestione del Cinghiale); 

infrastrutture adeguate alla movimentazione dei mezzi (parcheggi adeguati, accessibilità, ecc.). 

   Il 16 marzo 2012 è stata organizzata una riunione con tutti i soggetti interessati (Regioni, ASL,  ASUR,  IZS Umbria  e Marche)  al  fine  di  delineare  un  iter  comune  nella  definizione  di  un protocollo che contenga  le  linee operative da attuare per poter meglio attivare  la filiera: molte indicazioni  positive  sono  emerse,  si  trasmette  un  resoconto  della  riunione  (ALLEGATO  D).  Il protocollo è ancora in via di definizione.    

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6. MONITORAGGIO DELLA POPOLAZIONE DI CAPRIOLO  

Dal 2005 al 2010, non essendo disponibili risorse umane ed economiche per una attività ad  hoc,  è  stato  realizzato  annualmente  un  conteggio  per  osservazione  diretta  del  Capriolo unitamente ai conteggi effettuati per  il Cinghiale, nelle 3 a stesse aree di saggio  (cfr paragrafo 2.2),  da  cui  è  stata  ricavata,  analogamente  al  cinghiale,  una  stima  della Consistenza  Ipotetica Minima annuale (CIM) per l’area del Parco. Sempre con una modalità analoga a quella utilizzata per  il Cinghiale,  i dati ricavati dai conteggi sono  stati  confrontati  con  l’IKA  annuale  (rilevato  nei  trimestri  autunnali  e  primaverili)  e  l’ITA primaverile  (1 marzo – 15  luglio) osservando un andamento negli anni molto  simile dell’IKA e dell’ITA, con una evidente corrispondenza  fra incrementi e decrementi annuali, più discordante invece con  la CIM;  l’andamento comunque evidentemente crescente dal 2005 al 2010 di tutti e tre gli indici utilizzati, suggerisce un trend positivo della popolazione di Capriolo.  

trimestre di rilevamento IKA periodo di 

rilevamento stima e ITA 

IKA tot  Capriolo 

Consistenza Ipotetica Minima

Capriolo 

ITA Capriolo

autunno 2004, primavera 2005  primavera 2005  0,317     0,26 

autunno 2005, primavera 2006  primavera 2006  0,637  637  0,38 

autunno 2006, primavera 2007  primavera 2007  0,530  817  0,24 

autunno 2007, primavera 2008  primavera 2008  1,134  807  0,57 

autunno 2008, primavera 2009  primavera 2009  0,884  891  0,39 

autunno 2009, primavera 2010  primavera 2010  1,136  1253  0,49 

 

 

0,000

0,200

0,400

0,600

0,800

1,000

1,200

0

200

400

600

800

1000

1200

1400

2005 2006 2007 2008 2009 2010

IKA

consistenza

Consistenza Ipotetica Minima e IKA Capriolo

n. minimo individui ipotetico IKA tot

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Dal  2011,  su  richiesta  dell’Ente  Parco,  è  stata  realizzata  una  fase  sperimentale  di conteggio diretto specifica per il Capriolo attraverso una nuova strategia, discussa e concordata con il Direttore del Parco, come prima azione di miglioramento ed affinamento del monitoraggio della specie, che è consistita essenzialmente nell’ampliamento del numero di aree campione e relativa diminuzione delle superfici campionate, il coinvolgimento del maggior numero possibile di  operatori  “sul  campo”  (formati  con  un  apposito  corso)  e  la  ridefinizione  del  periodo  di rilevamento in funzione di una migliore osservabilità del capriolo. In questa fase sono state utilizzate 6 aree campione ricadenti rispettivamente  in 6 dei 7 settori geografico  –  amministrativi  di  riferimento  in  cui  è  stato  suddiviso  il  Parco  (Cessapalombo, Amandola, Arquata del Tronto, Norcia, Preci, Fiastra).  

In ogni settore le aree campione sono state individuate posizionandole casualmente in un ambiente  in generale  idoneo per  il Capriolo con  l’unica condizione della presenza di una buona percentuale  di  aree  aperte,  necessaria  per  l’applicazione  del metodo  di  conteggio  utilizzato, mentre l’ampiezza è stata definita sulla base del numero di operatori disponibili. I punti di osservazione all’interno delle aree campione sono stati opportunamente scelti in modo da coprire visivamente una superficie  non oltre i 250 ‐ 300 m di distanza. I conteggi sono stati effettuati nel periodo del “primo verde”  (all’incirca nella seconda metà di aprile) eseguendo in ogni area di saggio da 3 a 4 sessioni di rilevamento consecutive mattutine e serali, Gli  individui osservati sono stati distinti per sesso e classi di età (classe 1: individui di età inferiore ad 1 anno; classe 2: individui di età superiore ad 1 anno). Per ogni area di saggio,  il numero massimo di  individui rilevati per classe di età nel totale delle sessioni  di  rilevamento  è  stato  diviso  per  la  superficie  complessiva  delle  aree  aperte effettivamente osservate ottenendo una densità  che è  stata poi estesa  a  tutte  le  aree  aperte presenti entro  i confini dell’area; da questa densità è stato così ricavato un numero minimo di individui da cui, rapportandolo alla superficie totale dell’area di saggio (comprese quindi anche le superfici boscate, escluso l’edificato, strade, ecc.), si è calcolata una densità ipotetica minima per area espressa in numero di individui/100 ha. 

0,00

0,10

0,20

0,30

0,40

0,50

0,60

0,000

0,200

0,400

0,600

0,800

1,000

1,200

2005 2006 2007 2008 2009 2010

ITA

IKA

IKA e ITA Capriolo

IKA tot ITA

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Come  per  il  Cinghiale,  si  presuppone  che  il metodo  adottato  sottostimi  comunque  il numero di individui osservati, per cui tale valore di densità viene sempre considerato un indice di abbondanza relativo, del tutto indicativo dal punto di vista assoluto. 

 Per quanto  riguarda  il  confine delle aree di  saggio,  in una  seconda  fase, dopo  il primo 

anno sperimentale di conteggio, si è stabilito di individuare un criterio di definizione univoco per tutte,  in modo da rendere più precisamente attribuibile ad una superficie definita  il numero di caprioli stimato. Si  è  pertanto  preso  come  riferimento  l’home  range medio  primaverile  in  ambiente  collinare appenninico del Capriolo elaborato da dati bibliografici  (21 ha circa)  (Bongi, Luccarini, Mattioli, 2009) da cui si è ricavata una valutazione della possibile distanza da cui un individuo osservato in un’area aperta potrebbe provenire (circa 250 m), considerando un limite di massima utilizzazione del margine esterno al bosco di 200 m. In  base  a  questa  elaborazione  la  superficie  delle  aree  campione  utilizzate  nella  prima  fase sperimentale è stata corretta aggiungendo un buffer di 250 m intorno alle aree aperte situate sul confine  in continuità con superfici boscate o mosaicizzate.  

I risultati dei conteggi del 2011 e del 2012 con il calcolo della superficie totale delle aree campione sono i seguenti:   

RILEVAMENTI 2011 (aree di saggio con buffer 250 m) 

area di saggio  superficie totale in  ha (escluso 

edificato, strade ecc.) Caprioli stimati  

densità ipotetica minima (indd/100 ha) 

Fiastra  1074 131 12,2

Cessapalombo  602 108 17,9

Amandola  473 97 20,5

Arquata del Tronto  257 44 17,1

Norcia  477 58 12,2

Preci  430 32 7,4

totale  3313 470 14,2

media       14,5

 

RILEVAMENTI aprile  2012 (aree di saggio con buffer 250 m) 

area di saggio  superficie totale in  ha (escluso 

edificato, strade ecc.) Caprioli stimati  

densità ipotetica minima (indd/100 ha) 

Fiastra  1074 118 11,0

Cessapalombo  602 86 14,3

Ascoli Nord  541 90 16,6

Ascoli sud  353 36 10,2

Norcia         Preci  430 37 8,5

totale  3000 366 12,2

media       12,1

  

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Volendo  calcolare  dalla  densità  una  Consistenza  Ipotetica Minima  del  Capriolo  per  il  PNMS, rapportando  il  valore medio  stimato all’estensione  complessiva dell’area  vocata  (cfr paragrafo seguente) si ottiene:  14,5 (indd/100 ha)X 335,02 (ha area vocata/100) = 4874 indd nel 2011 12,1 (indd/100 ha)X 335,02 (ha area vocata/100) = 4060 indd nel 2012  Tali valori di consistenza risultano decisamente di un altro ordine di grandezza rispetto a quelli stimati nel periodo 2005 – 2010, compresi fra un minimo di 600 ed un massimo di 1200 individui circa.  Nonostante  però  questa  considerevole  differenza  sia  in  gran  parte  dovuta  alla  forte sottostima  del  numero  di  individui  osservati  che  comportava  il  metodo  di  campionamento adottato fino al 2010, non ottimale per il Capriolo, il confronto con l’ITA, in evidente aumento nel 2012, concorda nell’indicare un significativo incremento dell’abbondanza della specie negli ultimi due anni.     

   Nella  prospettiva  di  un  miglioramento  del  monitoraggio  del  Capriolo  compatibile  con  le 

risorse umane ed economiche disponibili sono stati  infine delineati  i seguenti principali  indirizzi di approfondimento della ricerca:   

ridefinizione dell’area vocata e distinzione in base alle caratteristiche ambientali di diversi 

gradi di vocazionalità  

Analisi e valutazione dei dati raccolti nei conteggi anche in base al grado di vocazionalità 

dell’area  vocata  ed eventuale  adeguamento dell’allocazione  e definizione delle  aree di 

saggio per una migliore rappresentatività. 

637817 807 891

1250

4874

4060

0,220,26

0,38

0,24

0,57

0,39

0,50

0,90

0,00

0,10

0,20

0,30

0,40

0,50

0,60

0,70

0,80

0,90

1,00

0

1000

2000

3000

4000

5000

6000

2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012

ITA

Consistenza 

Andamento Consistenza Ipotetica Minima e ITA Capriolo

Consistenza Ipotetica Minima ITA

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Esecuzione di  eventuali  conteggi  in  battuta,  ad  esempio  nelle  aree meno  idonee  per  i conteggi  per  osservazione  diretta  da  punti  fissi  di  osservazione  o  come  verifica  e confronto di dati raccolti con metodi diversi 

Eventuale aggiunta di un’altra area  campione nel  settore di Visso, non  campionato nel 

2011, per un totale di 7 aree,  come già progettato nella fase sperimentale.  

 

La  possibilità  invece  di  utilizzare  aree  di  saggio  scelte  casualmente  ogni  anno  per 

migliorare  statisticamente  la  rappresentatività della base  campionaria  risulta,  come già 

spiegato nei paragrafi precedenti sul Cinghiale, troppo onerosa dal punto di vista tecnico 

– logistico in relazione alle risorse disponibili.  

Riguardo  l’area  vocata,  è  stata  già  compiuta  una  prima  rielaborazione  non  ancora definitiva,  in  cui  come  criterio  di  definizione  è  stata  considerata  la  superficie  boscata comprensiva di un buffer di 200m nelle aree aperte e la superficie occupata dai coltivi al di sotto dei 1200 m di quota, distinguendo i boschi del piano collinare (foreste di carpino nero e orniello, foreste di roverella e localmente cerro, foreste di leccio) accorpati ai boschi ripariali e ad i coltivi come area di maggiore vocazionalità e le faggete come area di minore vocazionalità. Questo criterio è stato ricavato sia dai dati bibliografici sull’ecologia del Capriolo,  in particolare sull’ampiezza dell’home range e sul limite di massima utilizzazione del margine esterno al bosco,  che dall’analisi delle preferenze ambientali,  relative alle  categorie  vegetazionali e alle  classi di quota utilizzate, ricavate dall’elaborazione dei dati raccolti nella rete di transetti.  

 

categoria  superficie in ha grado di vocazionalità

area vocata boschi collinari  25426  massima vocazionalità

area vocata faggete  8076  minore vocazionalità

totale  33502   

  

Nella  figura  sottostante  è  rappresentata  l’area  vocata  del  Capriolo  distinta  nelle  due categorie di vocazionalità con  le aree di  saggio utilizzate nella  fase  sperimentale del 2011 ed  i settori in cui è stato suddiviso il Parco    

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RIFERIMENTI  BIBLIOGRAFICI  

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