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CONFERENZA DEI SINDACI DEI COMUNI DEL TERRITORIO DELL’AZIENDA ULSS N. 20 PIANO DI ZONA DEI SERVIZI ALLA PERSONA 2007 - 2009 AZIENDA ULSS N. 20

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CONFERENZA DEI SINDACI

DEI COMUNI DEL TERRITORIO DELL’AZIENDA ULSS N. 20

PIANO DI ZONA DEI SERVIZI ALLA PERSONA

2007 - 2009

AZIENDA ULSS N. 20

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INDICE INTRODUZIONE 7 PARTE PRIMA CAPITOLO 1 – L’AMBITO TERRITORIALE 9 I.1.1 Il territorio e le caratteristiche strutturali della popolazione 9 CAPITOLO 2 – IL QUADRO NORMATIVO E LA PIANIFICAZIONE LOCALE 25 I.2.1 Il quadro normativo nazionale e regionale di riferimento 25 I.2.2 I percorsi della pianificazione locale 28 CAPITOLO 3 – GLI ASPETTI METODOLOGICI ED ORGANIZZATIVI 29 I.3.1 La metodologia e il sistema locale delle regole 29 I.3.2 La programmazione partecipata 30 I.3.3 Gli attori della pianificazione locale 32 I.3.4 Gli strumenti della pianificazione e l’assetto organizzativo 34 CAPITOLO 4 – IL SISTEMA DI VALUTAZIONE DEL PIANO DI ZONA 43 I.4.1 Il processo di valutazione partecipata 43 I.4.2 Il monitoraggio, la verifica e la valutazione 43 I.4.3 Il sistema della valutazione: soggetti, unità di analisi e strumenti 44 PARTE SECONDA CAPITOLO 1 – LE LINEE DI INDIRIZZO 47 II.1.1 Il documento di indirizzo 47 II.1.2 Il processo di elaborazione 48 II.1.3 La definizione delle aree di intervento 52 II.1.4 L’attivazione del processo di programmazione partecipata 54 CAPITOLO 2 – LE AREE DI INTERVENTO 57 II.2.1 I tavoli tematici 57 II.2.2 L’elaborazione della base conoscitiva e le schede di rilevazione 58

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CAPITOLO 3 – AREA ANZIANI 61 II.3.1 Inquadramento generale e collegamento con il Piano di Zona 2003-2005 61 II.3.2 La base conoscitiva 63 II.3.3 La pianificazione settoriale 68 II.3.4 La programmazione strategica 2007-2009 70 CAPITOLO 4 – AREA DISABILI 75 II.4.1 Inquadramento generale e collegamento con il Piano di Zona 2003-2005 75 II.4.2 La base conoscitiva 76 II.4.3 La pianificazione settoriale 81 II.4.4 La programmazione strategica 2007-2009 82 CAPITOLO 5 – AREA INFANZIA MINORI FAMIGLIA 89 II.5.1 Inquadramento generale e collegamento con il Piano di Zona 2003-2005 89 II.5.2 La base conoscitiva 91 II.5.3 Le progettualità d’ambito 98 II.5.4 La programmazione strategica 2007-2009 99 CAPITOLO 6 – AREA GIOVANI 103 II.6.1 Inquadramento generale e collegamento con il Piano di Zona 2003-2005 103 II.6.2 La base conoscitiva 104 II.6.3 La programmazione strategica 2007-2009 105 CAPITOLO 7 – AREA IMMIGRAZIONE 109 II.7.1 Inquadramento generale e collegamento con il Piano di Zona 2003-2005 109 II.7.2 La base conoscitiva 110 II.7.3 La programmazione strategica 2007-2009 112 CAPITOLO 8 – AREA DIPENDENZE 115 II.8.1 Inquadramento generale e collegamento con il Piano di Zona 2003-2005 115 II.8.2 La base conoscitiva 116 II.8.3 La pianificazione settoriale 119 II.8.4 La programmazione strategica 2007-2009 121 CAPITOLO 9 – AREA POVERTÀ E EMARGINAZIONE 125 II.9.1 Inquadramento generale e collegamento con il Piano di Zona 2003-2005 125 II.9.2 La base conoscitiva 126 II.9.3 La programmazione strategica 2007-2009 127

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CAPITOLO 10 – AREA SALUTE MENTALE 129 II.10.1 Inquadramento generale e collegamento con il Piano di Zona 2003-2005 129 II.10.2 La base conoscitiva 130 II.10.3 La programmazione strategica 2007-2009 133 CAPITOLO 11 – AREA NOMADISMO 135 II.11.1 Inquadramento generale e collegamento con il Piano di Zona 2003-2005 135 II.11.2 La base conoscitiva 135 II.11.3 La programmazione strategica 2007-2009 136 CAPITOLO 12 – AREA PROSTITUZIONE 139 II.12.1 Inquadramento generale e collegamento con il Piano di Zona 2003-2005 139 II.12.2 La base conoscitiva 139 II.12.3 La programmazione strategica 2007-2009 140 PARTE TERZA CAPITOLO 1 – RISULTATI E PROSPETTIVE 143 III.1.1 Le trasversalità tematiche 143 III.1.2 Le criticità 145 III.1.3 Le prospettive 146 ALLEGATI (su cd-rom) Schede di rilevazione dell’offerta dei servizi e delle risorse impiegate (allegato B della DGR 28 novembre 2006 n. 3702)

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INTRODUZIONE Il Piano di Zona è lo strumento con il quale una comunità locale definisce le politiche sociali e socio-sanitarie del proprio ambito territoriale. Nello sforzo di dare effettiva attuazione a tale presupposto di fondo, la Conferenza dei Sindaci dei Comuni del territorio dell’Azienda ULSS n. 20 ha avviato da alcuni mesi un percorso che trova oggi compimento con la presentazione del Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007–2009. Sono tre i pilastri sui quali poggia la nuova pianificazione zonale. Il primo è costituito dalla concezione stessa del Piano di Zona considerato non più esclusivamente come atto amministrativo, bensì visto come processo oltre che come procedimento amministrativo complesso. Si tratta cioè di passare da una visione statica ad una dinamica, nella logica che le politiche sociali e socio-sanitarie non possono essere definite una volta per tutte, ma devono venire valutate e riprogrammate in continuazione perché al centro di esse c’è la persona nella sua integrità e completezza. La presente pianificazione zonale, pertanto, è un processo a ciclo continuo che si sviluppa in fasi successive nell’arco di durata dei tre anni del Piano stesso: la prima, avviata nel novembre 2006, si chiude con l’approvazione del presente documento, la seconda si snoda da maggio a dicembre 2007, la terza e la quarta rispettivamente negli anni 2008 e 2009. Appare peraltro necessario che il Piano di Zona si confronti e si integri, senza soluzione di continuità, con gli altri strumenti pianificatori territoriali che pongono ugualmente al centro del proprio interesse la persona, a partire da quelli relativi alle politiche sanitarie che trovano compimento nei PAT (Programmi delle attività territoriali) e nei PAL (Piani attuativi locali). Il secondo aspetto fondante del nuovo strumento di pianificazione zonale trova origine nella decisione della Conferenza dei Sindaci di voler dare attuazione concreta al principio di sussidiarietà tramite la pubblicazione avvenuta nello scorso mese di febbraio del "Manuale del Piano di Zona dei Servizi alla Persona". Strumento nato a conclusione di un duplice percorso, tecnico-giuridico da un lato e metodologico-processuale dall’altro, il "Manuale" definisce, infatti, un sistema di regole che, all’interno della normativa nazionale e regionale, caratterizza localmente il processo di costruzione e gestione del Piano di Zona. Le regole riguardano le relazioni tra tutti gli attori della comunità locale protagonisti della pianificazione zonale valorizzandone gli specifici ruoli e compiti, la definizione concreta della partecipazione e delle relative modalità di carattere organizzativo e processuale, l’individuazione di strumenti giuridicamente innovativi da introdurre nel passaggio tra programmazione e realizzazione. Il "Manuale", strumento finalizzato anche alla condivisione dei linguaggi ed alla divulgazione, costituisce, pertanto, la mappa metodologica sulla quale è stato avviato il processo di programmazione partecipata permanente che sta alla base del Piano di Zona 2007-2009. Il terzo pilastro, infine, è la tensione costante verso la concretezza presente nella nuova concezione di pianificazione territoriale adottata dalla Conferenza dei Sindaci. Si tratta, in altre parole, di definire certamente finalità generali ed obiettivi strategici di medio e lungo periodo, ma contemporaneamente di agire a partire dal basso nella costruzione quotidiana del sistema di welfare locale.

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Per questo motivo viene rilanciata la centralità dell’ambito distrettuale come unità minima di pianificazione, tramite l’individuazione di una architettura organizzativa fondata su tavoli che anzitutto a livello distrettuale affrontano le diverse aree tematiche e solo successivamente trovano sintesi e compimento a livello sovradistrettuale. E’ sempre in quest’ottica che il Piano di Zona si presenta come strumento snello, nel quale si è volutamente rinunciato a costruire un "libro dei sogni" o un raccolta di tipo compilativo, concentrando invece l’attenzione in tre direzioni: • l’aspetto metodologico, identificato dal citato "Manuale"; • la base conoscitiva, ovvero la ricognizione e riorganizzazione del sistema di offerta di

servizi e interventi esistenti nel territorio; • la partecipazione e l’organizzazione, con l’avvio dei tavoli tematici e la definizione

condivisa dei contenuti per la programmazione strategica di ciascuna area. Il presente documento contiene, pertanto, solo gli aspetti essenziali di tali processi, rimandando sia agli allegati in particolare per i dati quantitativi e qualitativi della base conoscitiva, sia ai Piani settoriali già adottati dalla Conferenza dei Sindaci che non si allegano e di cui si riportano solo gli elementi di programmazione, sia, infine, ad altri documenti quali il "Manuale del Piano di Zona dei Servizi alla Persona".

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PARTE PRIMA CAPITOLO 1 – L’AMBITO TERRITORIALE I.1.1 Il territorio e le caratteristiche strutturali della popolazione Il Piano di Zona, strumento di cui si dota una comunità locale per definire le politiche sociali e socio-sanitarie del proprio ambito, ha come elementi essenziali gli attori/soggetti della pianificazione e il territorio di riferimento. In questa prospettiva, si ritiene opportuno premettere alcuni brevi cenni riassuntivi delle principali caratteristiche strutturali dei trentasei Comuni che compongono il territorio dell’Azienda ULSS n. 20 e della loro popolazione. Come previsto dalla legge n. 328/2000 e dal D.Lgs. n. 502/1992, l’unità minima di riferimento per la pianificazione zonale corrisponde al Distretto socio-sanitario. Pertanto appare opportuno presentare separatamente i quattro Distretti socio-sanitari, alla luce della diversità che li caratterizza e della centralità che il livello distrettuale assume quale dimensione privilegiata per l’accesso ai servizi sanitari, socio-sanitari, sociali e assistenziali da parte dei cittadini. I dati presentati in questo paragrafo illustrano nel dettaglio l’andamento demografico della popolazione riferito ad ogni singolo Distretto socio-sanitario e all’intero territorio dell’Azienda ULSS e costituiscono una parte della cosiddetta "base conoscitiva". In particolare viene delineato il profilo della popolazione residente secondo i tradizionali indicatori propri dell’analisi statistica che ne evidenziano l’ammontare e l’andamento complessivo, la densità, la composizione per età e per sesso, la determinazione per grandi fasce d’età (i minori di età compresa tra 0 e 17 anni, gli adulti intesi come fascia di popolazione compresa tra i 18 e i 64 anni e gli anziani a partire dai 65 anni), oltre all’incidenza delle grandi fasce sul totale della popolazione. Per un’analisi approfondita e dettagliata della dinamica demografica e sociale si rimanda alle banche dati dell’Istat (http://demo.istat.it), all’Annuario Statistico dell’anno 2005 elaborato dall’Ufficio di Statistica del Comune di Verona ed alla relazione annuale dell’Azienda ULSS n. 20 per quanto attiene allo stato di salute della popolazione. Si precisa infine che tutti i dati riportati nel presente Piano fanno riferimento alla data del 31 dicembre 2005 in quanto unici dati attualmente disponibili ed ufficiali mentre per le fonti si è ricorsi alle tradizionali banche dati esistenti (Anagrafi comunali, Istat, Regione, Azienda ULSS e Distretti socio-sanitari, ecc.).

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La mappa dei Distretti socio-sanitari Di seguito è rappresentata l’articolazione del territorio dell’Azienda ULSS n. 20 nei quattro Distretti socio-sanitari attualmente esistenti. A tale proposito, va sottolineata la centralità dell’ambito distrettuale assunto all’interno del processo di programmazione come valore, come dimensione più adeguata per la pianificazione sociale e socio-sanitaria e per la definizione della rete dei servizi in considerazione del rapporto privilegiato e diretto con il cittadino-utente e quindi come espressione dell’incontro tra domanda e offerta.

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AZIENDA ULSS N. 20 DI VERONA abitanti al 31.12.2005: 454.338

DISTRETTO N. 1 DISTRETTO N. 2 DISTRETTO N. 3 DISTRETTO N. 4 VERONA

1a Circoscrizione: Città Antica Cittadella San Zeno Veronetta 2a Circoscrizione: Borgo Trento Valdonega Ponte Crencano Avesa Parona Quinzano 3a Circoscrizione: Borgo Milano Borgo Nuovo Chievo Quartiere Navigatori Porta Nuova San Procolo Spianà Stadio San Massimo Bassona Croce Bianca La Sorte

VERONA 4a Circoscrizione: Santa Lucia Golosine 5a Circoscrizione: Borgo Roma Cadidavid BUTTAPIETRA

CASTEL D’AZZANO

SAN GIOVANNI

LUPATOTO

VERONA 6a Circoscrizione: Borgo Venezia 7a Circoscrizione: Porto San Pancrazio San Michele Extra 8a Circoscrizione: Quinto Santa Maria in Stelle Mizzole Montorio BOSCO

CHIESANUOVA CERRO VERONESE

ERBEZZO

GREZZANA

ROVERÈ VERONESE

SAN MARTINO BUON

ALBERGO

ALBAREDO D’ADIGE ARCOLE

BADIA CALAVENA

BELFIORE

CALDIERO

CAZZANO DI

TRAMIGNA COLOGNA VENETA

COLOGNOLA AI COLLI

ILLASI

LAVAGNO

MEZZANE DI SOTTO

MONTECCHIA DI

CROSARA MONTEFORTE

D’ALPONE PRESSANA

RONCÀ

ROVEREDO DI GUÀ

SAN BONIFACIO

SAN GIOVANNI

ILARIONE SAN MAURO DI

SALINE SOAVE

SELVA DI PROGNO

TREGNAGO

VELO VERONESE

VERONELLA

VESTENANOVA

ZIMELLA

Abitanti Abitanti Abitanti Abitanti 126.342 102.671 102.841 122.484

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Il Distretto n. 1 Caratteristiche e peculiarità Il Distretto socio-sanitario n. 1 comprende un’area territoriale interamente collocata nel tessuto urbano del Comune di Verona ed afferente alle Circoscrizioni di decentramento comunale n. 1 (Città antica, Cittadella, San Zeno e Veronetta), n. 2 (Borgo Trento, Valdonega, Ponte Crencano, Avesa, Parona e Quinzano) e n. 3 (Borgo Milano, Borgo Nuovo, Chievo, Navigatori, Porta Nuova, San Procolo, Spianà, Stadio, San Massimo, Bassona, Croce Bianca e La Sorte). Il Distretto presenta tutti i caratteri propri dell’area urbana di un Comune capoluogo di provincia con un’estesa urbanizzazione e con zone densamente popolate, fatta eccezione per una fascia collinare che presenta una minor densità abitativa. E’ inoltre il Distretto con la minor superficie. Le principali caratteristiche e peculiarità del Distretto n. 1 sono: • la diminuzione della popolazione residente che ha subito una flessione significativa

passando da 127.528 abitanti stimati alla data del 31.12.2002 agli "attuali" 126.342 al 31.12.2005 con uno scostamento pari a - 1.186 nell’arco di un triennio;

• la più elevata densità abitativa pari a 1.953 abitanti per km (con un picco altissimo per la Circoscrizione 1) con la conseguente concentrazione della popolazione in ambiti territorialmente limitati e circoscritti;

• la seguente incidenza delle grandi fasce di età sul totale della popolazione: - 15,03% per i minori (complessivamente 18.990) - 61,40% per gli adulti (complessivamente 77.572) - 23,57% per gli anziani (complessivamente 29.780).

Territorio e popolazione: analisi demografica

SUPERFICIE - POPOLAZIONE – DENSITÀ ABITATIVA

superficie pop.ne densità minori 0/17

adulti 18/64

anziani 65 e oltre circoscrizioni

distretto km2 tot ab/km2 m f m f m f

Circoscrizione 1 4,529 31.036 6.853 2.013 1.876 9.304 10.029 2.765 5.049

Circoscrizione 2 27,685 37.236 1.345 2.885 2.863 10.486 11.299 3.599 6.104

Circoscrizione 3 32,464 58.070 1.789 4.891 4.462 18.038 18.416 4.985 7.278

DISTRETTO 1 64,678 126.342 1.953 9.789 9.201 37.828 39.744 11.349 18.431

Senza Fissa Dimora 239

Dato significativo è la presenza di donne anziane ultrasessantacinquenni in misura maggiore rispetto agli uomini. Di fronte al mancato ricambio generazionale in atto, la considerazione che sorge immediata è data dal numero di minori considerati nella fascia di età 0/17 che risulta inferiore all’elevato numero di anziani presenti complessivamente.

FAMIGLIE RESIDENTI PER NUMERO COMPONENTI n. componenti nucleo familiare quartieri

circoscrizioni 1 2 3 4 5 o più totale

dimens. media

Città Antica 2.605 1.076 637 373 111 4.802 1,8

Cittadella 1.877 912 455 301 90 3.635 1,9

San Zeno 1.293 588 306 172 65 2.424 1,8

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Veronetta 3.182 1.098 641 372 114 5.407 1,7

CIRCOSCRIZIONE 1 8.957 3.674 2.039 1.218 380 16.268 1,8

Borgo Trento 2.649 1.630 820 675 202 5.976 2,0

Valdonega 577 401 259 220 83 1.540 2,3

Ponte Crencano 1.691 1.242 876 654 163 4.626 2,2

Avesa 498 382 288 236 84 1.488 2,4

Parona 584 395 290 248 77 1.594 2,3

Quinzano 552 414 282 214 72 1.534 2,2

CIRCOSCRIZIONE 2 6.551 4.464 2.815 2.247 681 16.758 2,2

Borgo Milano 7.657 5.372 3.444 2.386 720 19.579 2,2

San Massimo 1.990 1.744 1.402 1.122 296 6.554 2,4

CIRCOSCRIZIONE 3 9.647 7.116 4.846 3.508 1.016 26.133 2,2

DISTRETTO 1 25.155 15.254 9.700 6.973 2.077 59.159 2,1

Tra gli elementi da evidenziare vi è la composizione dei nuclei familiari che ha registrato un significativo aumento della presenza di famiglie unipersonali o mononucleari (nuclei composti da anziani soli o in coppia). Tale fenomeno si accompagna alla contemporanea riduzione, rispetto al passato, di strutture familiari allargate. Di seguito vengono rappresentati anche i dati relativi alla popolazione dell’intero territorio del Comune di Verona con la finalità di favorire un immediato raffronto tra le diverse Circoscrizioni di decentramento e con la precisazione che le Circoscrizioni n. 4 e n. 5 appartengono al Distretto n. 2 mentre le Circoscrizioni n. 6, n. 7 e n. 8 ricadono nell’ambito territoriale del Distretto n. 3.

Stando all’indice di vecchiaia per sesso, si nota che complessivamente le donne anziane sono nettamente più numerose rispetto ai maschi. Nella tabella seguente è delineata la composizione delle famiglie residenti nell’intero Comune di Verona suddivise per numero di componenti.

SUPERFICIE - POPOLAZIONE – DENSITÀ ABITATIVA

superficie pop.ne densità minori 0/17

adulti 18/64

anziani 65 e oltre circoscrizioni

comune km2 tot ab/km2 m f m f m f

Circoscrizione 1 4,529 31.036 6.853 2.013 1.876 9.304 10.029 2.765 5.049

Circoscrizione 2 27,685 37.236 1.345 2.885 2.863 10.486 11.299 3.599 6.104

Circoscrizione 3 32,464 58.070 1.789 4.891 4.462 18.038 18.416 4.985 7.278

Circoscrizione 4 15,763 26.577 1.686 2.057 1.933 8.508 8.273 2.307 3.439

Circoscrizione 5 33,103 35.951 1.086 3.005 2.774 11.882 11.354 2.796 4.140

Circoscrizione 6 5,946 30.715 5.166 2.190 2.170 9.357 9.554 2.970 4.474

Circoscrizione 7 21,662 21.944 1.013 1.731 1.689 6.860 6.674 1.869 3.121

Circoscrizione 8 57,924 17.612 304 1.573 1.504 5.794 5.519 1.392 1.830

Senza Fissa Dimora 239

Comune di Verona

199,076 259.380 1.303 20.345 19.271 80.229 81.118 22.683 35.435

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FAMIGLIE RESIDENTI PER NUMERO COMPONENTI

n. componenti nucleo familiare circoscrizioni comune

1 2 3 4 5 o più totale

dimens. media

Circoscrizione 1 8.957 3.674 2.039 1.218 380 16.268 1,9

Circoscrizione 2 6.551 4.464 2.815 2.247 671 16.748 2,2

Circoscrizione 3 9.647 7.116 4.846 3.508 1.016 26.133 2,2

Circoscrizione 4 4.403 3.334 2.321 1.571 422 12.051 2,2

Circoscrizione 5 6.225 4.289 3.043 2.048 686 16.291 2,2

Circoscrizione 6 5.470 4.173 2.651 1.690 405 14.389 2,1

Circoscrizione 7 3.347 2.582 1.857 1.388 355 9.529 2,3

Circoscrizione 8 2.040 1.803 1.441 1.300 390 6.974 2,5

Senza Fissa Dimora 182 8 3 4 3 200 1,2

TOTALE 46.822 31.443 21.016 14.974 4.328 118.583 2,2

Presidi territoriali Di seguito vengono schematicamente indicati i principali presidi sociali, socio-sanitari e sanitari presenti sul territorio.

PRESIDI TERRITORIALI

servizio località indirizzo

Servizi sociali del Comune di Verona Verona vicolo San Domenico n. 13/B

Centro sociale territoriale n. 1 (Comune di Verona) Verona via Macello n. 2

Centro sociale territoriale n. 2 (Comune di Verona) Verona piazza Righetti n. 1

Centro sociale territoriale n. 3 (Comune di Verona) Verona via Marin Faliero n. 73

Direzione Servizi sociali Azienda ULSS n. 20 Verona corso Porta Palio n. 30

Distretto socio-sanitario n. 1 Verona via Poloni n. 1

Distretto socio-sanitario n. 1 Verona via Menotti n. 2

Distretto socio-sanitario n. 1 Verona via Campania n. 1

Ospedale Civile Maggiore - Borgo Trento Verona piazzale Stefani n. 1

Il Distretto n. 2 Caratteristiche e peculiarità Il Distretto socio-sanitario n. 2 si estende su un’area pianeggiante che si espande a sud del territorio del Comune di Verona, con le Circoscrizioni di decentramento n. 4 (Santa Lucia e Golosine) e n. 5 (Borgo Roma e Cadidavid), fino ai Comuni di San Giovanni Lupatoto, Castel d’Azzano e Buttapietra. Si tratta di un territorio che è mutato profondamente negli ultimi decenni in seguito ad un’estesa urbanizzazione che ha visto ampliare la fascia di gravitazione intorno alla Città pur residuando delle zone a vocazione agricola. Il profilo demografico del Distretto si colloca dunque in una posizione intermedia fra la tipologia tipica dei centri storici urbani (quella che caratterizza il Distretto n. 1) e quella dei centri periferici che fanno da raggiera al capoluogo o a un Ente locale di grandi dimensioni.

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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Il Distretto si è andato parallelamente connotando per un notevole sviluppo economico e produttivo certamente favorito dalla presenza della grande viabilità e dalla localizzazione di numerosi insediamenti industriali e commerciali. Le principali caratteristiche e peculiarità del Distretto n. 2 sono: • il notevole incremento abitativo, confermato dall’aumento costante del tasso di

popolazione residente. Si è infatti passati da una popolazione complessiva di 99.723 abitanti alla data del 31.12.2002 agli "attuali" 102.671 al 31.12.2005, con uno scostamento pari a + 2.948 nell’arco di un triennio;

• la forte densità abitativa pari a 1.090 abitanti per km; • la seguente incidenza delle grandi fasce di età sul totale della popolazione:

- 16,38% per i minori (complessivamente 16.814) - 64,67% per gli adulti (complessivamente 66.402) - 18,95 % per gli anziani (complessivamente 19.455).

Territorio e popolazione: analisi demografica

SUPERFICIE - POPOLAZIONE – DENSITÀ ABITATIVA

superficie pop.ne densità minori 0/17

adulti 18/64

anziani 65 e oltre

comuni circoscrizioni

distretto km2 tot ab/km2 m f m f m f

Santa Lucia 14,223 12.118 852 N.D. N.D. N.D. N.D. N.D. N.D.

Golosine 1,540 14.459 9.389 N.D. N.D. N.D. N.D. N.D. N.D.

CIRCOSCRIZIONE 4 15,763 26.577 1.686 2.057 1.993 8.508 8.273 2.307 3.439

Borgo Roma 18,083 27.646 1.529 N.D. N.D. N.D. N.D. N.D. N.D.

Cadidavid 15,021 8.305 553 N.D. N.D. N.D. N.D. N.D. N.D.

CIRCOSCRIZIONE 5 33,104 35.951 1.086 3.005 2.774 11.882 11.354 2.796 4.140

Centro 11,48 18.994 1.654 N.D. N.D. N.D. N.D. N.D. N.D.

Frazione di Raldon 7,65 3.594 470 N.D. N.D. N.D. N.D. N.D. N.D.

S. GIOVANNI LUP. 19,13 22.588 1.181 1.952 1.743 7.259 7.241 1.783 2.610

CASTEL D’AZZANO 9,00 11.177 1.242 1.073 1.031 3.779 3.785 673 836

BUTTAPIETRA 17,20 6.378 371 607 579 2.246 2.075 382 489

DISTRETTO 2 94,197 102.671 1.090 8.694 8.120 33.674 32.728 7.941 11.514 (N.D.: dato non disponibile) Emerge dai dati che la popolazione è distribuita con una densità variabile ma comunque elevata in alcuni insediamenti abitativi. Ulteriore dato è la percentuale di popolazione oltre i 65 anni che per la Città e il Comune di San Giovanni Lupatoto si attesta all’incirca sul 20%; più modesta la percentuale della popolazione anziana nei Comuni di Buttapietra e di Castel d’Azzano. Notevolmente superiore, specie nella zona cittadina, la presenza di donne anziane rispetto ai maschi della stessa fascia di età.

FAMIGLIE RESIDENTI PER NUMERO COMPONENTI n. componenti nucleo familiare quartieri

circoscrizioni comuni

1 2 3 4 5 o più totale

dimens. media

Santa Lucia 1.917 1.455 1.090 736 201 5.399 2,2

Golosine 2.486 1.879 1.221 835 221 6.642 2,2

CIRCOSCRIZIONE 4 4.403 3.334 2.311 1.571 422 12.041 2,2

Borgo Roma 4.973 3.343 2.361 1.529 502 12.708 2,2

Cadidavid 1.252 946 682 519 184 3.583 2,3

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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CIRCOSCRIZIONE 5 6.225 4.289 3.043 2.048 686 16.291 2,2

Centro 2.264 2.381 1.727 1.292 315 7.979 2,4

Raldon 331 412 329 264 74 1.410 2,5

S. GIOVANNI LUP. 2.595 2.793 2.056 1.556 389 9.389 2,4

CASTEL D’AZZANO 863 1.203 1.044 835 258 4.203 2,6

BUTTAPIETRA 545 647 621 491 147 2.451 2,6

TOTALE 14.631 12.266 9.075 6.501 1.902 44.375 2,3

Si evidenzia la prevalenza di nuclei composti da una sola persona, particolarmente evidente nei quartieri cittadini, mentre nei Comuni limitrofi alla Città si nota la presenza maggiore di nuclei di due persone. Presidi territoriali Di seguito vengono schematicamente indicati i principali presidi sociali, socio-sanitari e sanitari presenti sul territorio.

PRESIDI TERRITORIALI

servizio località indirizzo

Centro sociale territoriale n. 4 (Comune di Verona) Verona via Carlo Alberto n. 44

Servizi sociali del Comune di Buttapietra Buttapietra piazza Roma n. 2

Servizi sociali del Comune di Castel d’Azzano Castel d’Azzano via Castello n. 26

Servizi sociali del Comune di S. Giovanni Lupatoto S. Giovanni Lupatoto via Roma n. 18

Distretto socio-sanitario n. 2 Verona via Valeggio n. 39

Distretto socio-sanitario n. 2 Verona via Bengasi n. 4

Distretto socio-sanitario n. 2 Castel d’Azzano via Marconi n. 47

Distretto socio-sanitario n. 2 S. Giovanni Lupatoto via Belluno n. 14

Ospedale Policlinico G. Rossi - Borgo Roma Verona piazzale Scuro n. 10

Il Distretto n. 3 Caratteristiche e peculiarità Il Distretto socio-sanitario n. 3 si sviluppa ad est del capoluogo veronese con le Circoscrizioni n. 6 (Borgo Venezia) e n. 7 (Porto San Pancrazio e San Michele Extra) del Comune di Verona ed il Comune di San Martino Buon Albergo mentre verso nord si articola nel territorio della Circoscrizione n. 8 (Quinto, Santa Maria in Stelle, Mizzole e Montorio), nei Comuni di Grezzana e di Cerro Veronese fino ad estendersi alla Lessinia con i Comuni montani di Roverè Veronese, Bosco Chiesanuova ed Erbezzo. Proprio per questa collocazione attorno al lato nord-est di Verona, il Distretto n. 3 presenta molte analogie dal punto di vista demografico con il Distretto n. 2 pur permanendo una differenza di rilievo quanto all’ampiezza dei rispettivi territori (311 km circa contro 95 km). Anche in questo caso, si ha una notevole disomogeneità dovuta alla contemporanea presenza di popolosi quartieri della cintura urbana e di una molteplicità di insediamenti sparsi che arrivano fino al territorio di alcuni Comuni della fascia pedemontana e montana. E’, dunque, un’area composita sia dal punto di vista morfologico (pianura a sud e rilievi a nord) sia demografico che racchiude i tipici problemi organizzativi e gestionali dei nuclei a

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forte densità abitativa e quelli che scaturiscono da una segmentazione della popolazione in numerosi centri, peraltro dispersi in agglomerati di modeste dimensioni demografiche. Le principali caratteristiche e peculiarità del Distretto n. 3 sono: • il sensibile incremento della popolazione residente che è passata da 101.216 abitanti alla

data del 31.12.2002 agli "attuali" 102.841 al 31.12.2005 con uno scostamento pari a + 1.625 nell’arco di un triennio;

• una scarsa densità abitativa pari a 331 abitanti per km; • la seguente incidenza delle grandi fasce di età sul totale della popolazione:

- 16,41 % per i minori (complessivamente 16.874) - 63,02 % per gli adulti (complessivamente 64.808) - 20,57 % per gli anziani (complessivamente 21.159).

Territorio e popolazione: analisi demografica

SUPERFICIE - POPOLAZIONE – DENSITÀ ABITATIVA

superficie pop.ne densità minori 0/17

adulti 18/64

anziani 65 e oltre

comuni circoscrizioni

distretto km2 tot ab/km2 m f m f m f

CIRCOSCRIZIONE 6 5,94 30.715 5.171 2.190 2.170 9.357 9.554 2.970 4.474

CIRCOSCRIZIONE 7 21,66 21.944 1.013 1.731 1.689 6.860 6.674 1.869 3.121

CIRCOSCRIZIONE 8 57,92 17.612 304 1.573 1.504 5.794 5.519 1.392 1.830

BOSCO CHIESANUOVA

64,06 3.473 54 329 296 1.191 1.008 297 352

CERRO VERONESE 10,17 2.294 225 266 252 734 719 148 175

ERBEZZO 31,86 798 25 72 62 259 229 67 109

GREZZANA 49,70 10.629 214 1.122 974 3.571 3.335 720 907

ROVERÈ VERONESE 34,49 2.123 61 182 204 741 603 174 219

S. MARTINO B. A. 34,86 13.253 380 1.169 1.089 4.426 4.234 974 1.361

DISTRETTO 3 310,66 102.841 331 8.634 8.240 32.933 31.875 8.611 12.548

Come si evince dalla tabella, oltre metà della popolazione del Distretto n. 3 risiede nel Comune di Verona (che rappresenta meno di un terzo del territorio) con una densità massima di 5.171 abitanti per km nella Circoscrizione 6, mentre nel territorio del Comune di Erbezzo, si raggiunge la densità minima di 25 abitanti per km. La distribuzione tra generi cambia in rapporto all’età: una quasi parità in età minorile, una leggera prevalenza nell’età adulta a favore del genere maschile, un rapporto nella popolazione oltre i 65 anni di circa 3 femmine ogni 2 maschi.

FAMIGLIE RESIDENTI PER NUMERO COMPONENTI n. componenti nucleo familiare quartieri

circoscrizioni comuni

1 2 3 4 5 o più totale

dimens. media

Borgo Venezia 5.470 4.173 2.651 1.690 405 14.389 2,1

CIRCOSCRIZIONE 6 5.470 4.173 2.651 1.690 405 14.389 2,1

Porto S. Pancrazio 1.070 734 486 343 72 2.705 2,1

S. Michele Extra 2.277 1.848 1.371 1.045 283 6.824 2,3

CIRCOSCRIZIONE 7 3.347 2.582 1.857 1.388 355 9.529 2,3

Quinto 775 774 600 515 143 2.807 2,5

S. Maria in Stelle 243 172 172 182 61 830 2,6

Mizzole 226 175 122 145 46 714 2.5

Montorio 796 682 547 458 140 2.623 2,4

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CIRCOSCRIZIONE 8 2.040 1.803 1.441 1.300 390 6.974 2,5

BOSCO CHIESANUOVA

601 301 257 228 116 1.503 2,3

CERRO VERONESE 265 240 162 195 53 915 2,5

ERBEZZO 118 70 61 48 32 329 2,4

GREZZANA 882 993 870 849 325 3.919 2,7

ROVERÈ VERONESE

201 220 203 188 24 836 2,5

S. MARTINO B.A. 1.175 1.490 1.258 930 291 5.144 2,6

TOTALE 14.099 11.872 8.760 6.816 1.991 43.538 2,3

Nel Distretto n. 3 le famiglie unipersonali sono poco meno di un terzo del numero totale, mentre le famiglie con 3 componenti rappresentano poco meno di un quinto. Inoltre, l’incidenza di famiglie unipersonali sul totale delle famiglie è maggiore nei Comuni di Bosco Chiesanuova ed Erbezzo, e nella Circoscrizione 6 (1 ogni 2,6/2,7), mentre è minore nei Comuni di Grezzana e San Martino Buon Albergo (1 ogni 4,4/4,3). Presidi territoriali Di seguito si sintetizzano i principali presidi sociali, socio-sanitari e sanitari attivi nel territorio distrettuale.

PRESIDI TERRITORIALI

servizio località indirizzo

Centro sociale territoriale n. 5 (Comune di Verona) Verona via Colonnello Fincato n. 98

Servizi sociali del Comune di Bosco Chiesanuova Bosco Chiesanuova piazza della Chiesa n. 35

Servizi sociali del Comune di Cerro Veronese Cerro Veronese piazza Vinco n. 4

Servizi sociali del Comune di Erbezzo Erbezzo via Roma n. 41

Servizi sociali del Comune di Grezzana Grezzana via Roma n. 1

Servizi sociali del Comune di Roverè Veronese Roverè Veronese piazza Vittorio Emanuele n. 12

Servizi sociali del Comune di S. Martino Buon Albergo S. Martino B.A. via XX Settembre n. 49

Distretto socio-sanitario n. 3 Verona via del Capitel n. 22

Distretto socio-sanitario n. 3 Verona via della Prateria

Distretto socio-sanitario n. 3 Bosco Chiesanuova piazza Mercato n. 20

Distretto socio-sanitario n. 3 Cerro Veronese via Monti Lessini

Distretto socio-sanitario n. 3 Grezzana piazza Bertani

Distretto socio-sanitario n. 3 Roverè Veronese piazza Vittorio Emanuele

Distretto socio-sanitario n. 3 S. Martino B.A. via Nazionale n. 13

Presidio Ospedaliero di Marzana Verona piazzale Lambranzi

Il Distretto n. 4 Caratteristiche e peculiarità Il Distretto socio-sanitario n. 4 è quello con la maggiore estensione territoriale e la più bassa densità demografica pari a circa un decimo di quella del Distretto n. 1. Comprende una vasta fascia di Comuni localizzati ad est del capoluogo di provincia, estesi lungo una direttrice nord-sud che parte dalle zone montane di Selva di Progno e si snoda fino alla bassa pianura veronese di Roveredo di Guà.

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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Infatti i ventisei Comuni di medie e piccole dimensioni (Albaredo d’Adige, Arcole, Badia Calavena, Belfiore, Caldiero, Cazzano di Tramigna, Cologna Veneta, Colognola ai Colli, Illasi, Lavagno, Mezzane di Sotto, Montecchia di Crosara, Monteforte d’Alpone, Pressana, Roncà, Roveredo di Guà, San Bonifacio, San Giovanni Ilarione, San Mauro di Saline, Soave, Selva di Progno, Tregnago, Velo Veronese, Veronella, Vestenanova e Zimella) che compongono il Distretto sono dislocati su un’area morfologicamente molto diversificata che presenta come caratteristica una zona montana che si apre, attraverso tre vallate, verso una zona ampia e pianeggiante che si connota per un intenso sviluppo industriale, in particolare delle piccole imprese. Pertanto la trasformazione economica del territorio ha generato un certo abbandono dell’attività agricola ed un fenomeno migratorio dalla campagna verso la città, aumentando la densità abitativa dei centri urbani. L’intensa urbanizzazione e il proliferare delle attività industriali e commerciali hanno quindi modificato profondamente la realtà del territorio negli ultimi decenni. Le principali caratteristiche e peculiarità del Distretto n. 4 sono: • il rilevantissimo incremento della popolazione, confermato dall’aumento costante del tasso

di popolazione residente, che è passata da 116.983 abitanti calcolati alla data del 31.12.2002 agli "attuali" 122.484 al 31.12.2005 con uno scostamento pari a + 5.501 nell’arco di un triennio. Se il trend di crescita della popolazione dovesse mantenere questa linea di tendenza, appaiono evidenti le ripercussioni sull’ulteriore prossima espansione dei centri abitati;

• la minor densità abitativa pari a 191 abitanti per km; • la seguente incidenza delle grandi fasce di età sul totale della popolazione:

- 18,64% per i minori (complessivamente 20.735) - 64,24% per gli adulti (complessivamente 71.479) - 17,12% per gli anziani (complessivamente 19.054).1

Alla luce di tali considerazioni appaiono evidenti le notevoli differenze tra la situazione demografica del Distretto n. 4, maggiormente dinamico ed in crescita, ed il quadro emerso negli altri territori. Territorio e popolazione: analisi demografica

SUPERFICIE - POPOLAZIONE – DENSITÀ ABITATIVA

superficie pop.ne densità minori 0/17

adulti 18/64

anziani 65 e oltre comuni

distretto km2 tot. ab/km2 m f m f m f

ALBAREDO D’ADIGE 28,22 5.202 184 529 476 1.678 1.516 391 612

ARCOLE 18,81 5.837 310 533 528 1.940 1.818 423 595

BADIA CALAVENA 23,69 2.555 107 258 243 880 788 180 206

BELFIORE 26,5 2.816 106 249 236 954 862 211 304

CALDIERO 10,47 6.241 596 554 544 2.147 1.977 434 585

CAZZANO DI TRAMIGNA

12,25 1.421 116 127 129 449 395 137 184

COLOGNA VENETA 42,99 8.297 193 745 705 2.638 2.474 686 1.049

COLOGNOLA AI COLLI 20,85 7.686 368 745 700 2.547 2.539 580 575

ILLASI 25,4 5.177 204 535 477 1.698 1.599 381 487

LAVAGNO 67 6.430 96 614 602 2.211 2.085 427 491

1 L’incidenza delle grandi fasce di popolazione presentata rappresenta un’indicazione generale in quanto è stata calcolata sulla base dei dati disponibili ovvero non considerando i tre Comuni per i quali non sono specificati i relativi dati.

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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MEZZANE DI SOTTO 19,59 1.846 94 170 130 640 420 174 312

MONTECCHIA DI CROSARA

21,1 4.444 211 451 409 1.589 1.298 295 402

MONTEFORTE D’ALPONE

20,4 7.856 385 784 718 2.634 2.425 502 793

PRESSANA 19 2.461 129 218 194 840 753 185 271

RONCÀ 18,22 3.498 192 N.D. N.D. N.D. N.D. N.D. N.D.

ROVEREDO DI GUÀ 10,6 1.481 139 151 163 468 438 103 158

S. BONIFACIO 33,89 18.776 554 1.732 1.720 6.402 5.813 1.312 1.797

S. GIOVANNI ILARIONE 25,82 5.075 197 499 490 1.796 1.573 306 411

S. MAURO DI SALINE 11 568 52 61 45 184 158 57 63

SOAVE 22,67 6.739 297 N.D. N.D. N.D. N.D. N.D. N.D.

SELVA DI PROGNO 41,19 979 24 N.D. N.D. N.D. N.D. N.D. N.D.

TREGNAGO 37,41 4.863 130 469 442 1.536 1.428 397 591

VELO VERONESE 19,09 796 41 80 62 269 223 70 92

VERONELLA 20,82 4.025 193 379 363 1.391 1.293 249 350

VESTENANOVA 23,94 2.686 112 266 283 927 739 216 255

ZIMELLA 20,21 4.729 234 469 458 1.580 1.467 310 445

DISTRETTO 4 641,13 122.484 191 10.618 10.117 37.398 34.081 8.026 11.028

(N.D.: dato non disponibile) Il dato maggiormente significativo è il numero di donne anziane al di sopra dei 65 anni che, in alcuni Comuni, arriva addirittura ad essere il doppio rispetto a quello dei maschi. Esso è ancora più significativo se confrontato con la fascia di età 0/17, dove c’è una tendenza numerica di maschi maggiore delle femmine. Il numero di persone comprese nella fascia di età 0/17 è complessivamente inferiore della fascia di età ultrasessantaciquenne.

FAMIGLIE RESIDENTI PER NUMERO COMPONENTI n. componenti nucleo familiare

comuni 1 2 3 4 5 o più

totale dimens. media

ALBAREDO D’ADIGE 416 481 442 363 189 1.891 2,7

ARCOLE 394 594 509 441 180 2.118 2,7

BADIA CALAVENA 213 N.D. N.D. N.D. N.D. 940 2,7

BELFIORE 259 262 223 216 102 1.062 2,6

CALDIERO 553 638 540 496 174 2.401 2,6

CAZZANO DI TRAMIGNA

154 163 119 94 39 569 2,5

COLOGNA VENETA 669 833 668 609 197 2.976 2,8

COLOGNOLA AI COLLI

677 765 721 571 192 2.926 2,6

ILLASI 404 414 426 448 143 1.835 2,8

LAVAGNO 478 646 626 508 140 2.398 2,7

MEZZANE DI SOTTO N.D. N.D. N.D. N.D. N.D. 718 2,5

MONTECCHIA DI CROSARA

334 376 372 332 158 1.572 2,8

MONTEFORTE D'ALPONE

669 754 643 672 189 2.927 2,7

PRESSANA 173 209 208 184 91 865 2,8

RONCÀ N.D. N.D. N.D. N.D. N.D. 1.159 3,0

ROVEREDO DI GUÀ 92 101 129 102 73 497 3,0

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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S. BONIFACIO 2.182 1.937 1.650 1.315 464 7.548 2,5

S. GIOVANNI ILARIONE

N.D. N.D. N.D. N.D. N.D. 1.641 3,0

S. MAURO DI SALINE 88 50 37 44 13 232 2,4

SOAVE 723 684 551 523 171 2.652 2,5

SELVA DI PROGNO N.D. N.D. N.D. N.D. N.D. 413 2,3

TREGNAGO 440 413 358 382 174 1.767 2,7

VELO VERONESE 89 65 48 53 35 290 2,7

VERONELLA 270 386 335 298 143 1.432 2,8

VESTENANOVA 279 214 182 222 109 1.006 2,6

ZIMELLA 358 423 375 369 171 1.696 2,8

DISTRETTO 4 9.914 10.408 9.162 8.242 3.147 45.531 2,7 (N.D.: dato non disponibile) Presidi territoriali Di seguito si sintetizzano i principali presidi sociali, socio-sanitari e sanitari attivi nel territorio distrettuale.

PRESIDI TERRITORIALI

servizio località indirizzo

Servizi sociali del Comune di Albaredo d’Adige Albaredo d’Adige piazza Vittorio Emanuele n. 1

Servizi sociali del Comune di Arcole Arcole via Marconi n. 1

Servizi sociali del Comune di Badia Calavena Badia Calavena piazza Mercato n. 1

Servizi sociali del Comune di Belfiore Belfiore piazza della Repubblica n. 10

Servizi sociali del Comune di Caldiero Caldiero piazza Marcolungo n. 19

Servizi sociali del Comune di Cazzano di Tramigna Cazzano di Tramigna piazza Matteotti n. 17

Servizi sociali del Comune di Cologna Veneta Cologna Veneta piazza Corte Palazzo n. 1

Servizi sociali del Comune di Colognola ai Colli Colognola ai Colli piazzale Trento n. 2

Servizi sociali del Comune di Illasi Illasi piazza Libertà n. 1

Servizi sociali del Comune di Lavagno Lavagno via Piazza n. 4

Servizi sociali del Comune di Mezzane di Sotto Mezzane di Sotto via IV Novembre n. 6

Servizi sociali del Comune di Montecchia di Crosara Montecchia di Crosara piazza Umberto I n. 1

Servizi sociali del Comune di Monteforte d’Alpone Monteforte d’Alpone piazza Venturi n. 1

Servizi sociali del Comune di Pressana Pressana piazza Garibaldi n. 1

Servizi sociali del Comune di Roncà Roncà piazza dal Cerro

Servizi sociali del Comune di Roveredo di Guà Roveredo di Guà via Alighieri n. 4

Servizi sociali del Comune di San Bonifacio San Bonifacio via Ospedale

Servizi sociali del Comune di San Giovanni Ilarione San Giovanni Ilarione via Gambaretto

Servizi sociali del Comune di San Mauro di Saline San Mauro di Saline piazza Marconi n. 11

Servizi sociali del Comune di Soave Soave via Camuzzoni n. 8

Servizi sociali del Comune di Selva di Progno Selva di Progno via Trento

Servizi sociali del Comune di Tregnago Tregnago piazza Massalongo

Servizi sociali del Comune di Velo Veronese Velo Veronese piazza della Vittoria n. 1

Servizi sociali del Comune di Veronella Veronella via Lavagnoli

Servizi sociali del Comune di Vestenanova Vestenanova piazza Roma n. 1

Servizi sociali del Comune di Zimella Zimella piazza Marconi

Servizi sociali dell’Unione Comuni Verona Est Colognola ai Colli piazzale Trento n. 2

Servizi sociali dell’Unione Comuni Adige Guà Cologna Veneta piazza Mazzini n. 48

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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Distretto socio-sanitario n. 4 Cologna Veneta via Papesso n. 4

Distretto socio-sanitario n. 4 Colognola ai Colli via Montanara n. 2

Distretto socio-sanitario n. 4 Montecchia di Crosara piazza Umberto I

Distretto socio-sanitario n. 4 San Bonifacio via Circonvallazione

Distretto socio-sanitario n. 4 Tregnago via Massalongo n. 7

Ospedale di San Bonifacio San Bonifacio via Circonvallazione

(L’Unione di Comuni di Verona Est comprende i Comuni di Caldiero, Colognola ai Colli, Illasi e Mezzane di Sotto mentre l’Unione Comuni Adige Guà comprende i Comuni di Cologna Veneta, Pressana, Roveredo di Guà, Veronella e Zimella) La dinamica demografica e sociale del territorio dell’Azienda ULSS n. 20 L’ambito dei trentasei Comuni che costituiscono il territorio dell’Azienda ULSS n. 20 è il più vasto esistente nella Regione Veneto coprendo una superficie di 1.110,665 km. All’interno di questo contesto, il presente paragrafo intende delineare il profilo della popolazione residente riassumendo la situazione attuale in modo da fornire un adeguato supporto alle decisioni da adottarsi nell’immediato. La fisionomia del territorio e della popolazione appare caratterizzata da diversi fenomeni: • da una profonda diversità geografica del territorio complessivamente inteso che si snoda

dalla pianura fino alle zone montane e che incide significativamente in particolare nei Distretti socio-sanitari n. 3 e n. 4;

• da un’intensa urbanizzazione che caratterizza i Distretti n. 1 e n. 2 dovuta principalmente alla presenza di un Comune capoluogo di provincia e a Comuni limitrofi in forte espansione socio-economica;

• da una sostanziale crescita demografica della popolazione residente particolarmente accentuata nel Distretto n. 4 e con la sola eccezione del Distretto n. 1 che è in controtendenza;

• da una accentuata diversità nella densità abitativa che va da un minimo di 191 ad un valore massimo di 1.953 abitanti per km.

Di seguito sono proposte alcune tabelle di sintesi che consentono di avere un quadro di raffronto immediato relativo ai singoli Distretti e all’intero territorio dell’Azienda ULSS n. 20.

ANDAMENTO DEMOGRAFICO DELLA POPOLAZIONE

distretti Azienda ULSS

popolazione totale al 31.12.2002

popolazione totale al 31.12.2005

variazione

Distretto 1 127.528 126.342 - 1.186

Distretto 2 99.723 102.671 + 2.948

Distretto 3 101.216 102.841 + 1.625

Distretto 4 116.983 122.484 + 5.501

Azienda ULSS 445.450 454.338 + 8.888

L’andamento demografico della popolazione residente nel triennio 2002-2005 ha registrato un incremento pari a + 1,995%.

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DENSITÀ DI POPOLAZIONE distretti

Azienda ULSS superficie (in km2)

popolazione totale al 31.12.2005 densità

(ab/km2)

Distretto 1 64,678 126.342 1.953

Distretto 2 94,197 102.671 1.090

Distretto 3 310,66 102.841 331

Distretto 4 641,13 122.484 191

Azienda ULSS 1.110,665 454.338 409

Appare evidente come la grande variabilità nella distribuzione della popolazione sul territorio influisca significativamente sulla localizzazione e sull’accesso ai servizi sociali e socio-sanitari.

COMPOSIZIONE PER SESSO DELLA POPOLAZIONE (al 31.12.2005)

% sul totale della popolazione

distretti Azienda ULSS

maschi femmine totale

m f

Distretto 1 58.966 67.376 126.342 46,67 53,33

Distretto 2 50.309 52.362 102.671 49,00 51,00

Distretto 3 50.178 52.663 102.841 48,79 51,21

Distretto 4 56.042 55.226 111.268 50,37 49,63

Azienda ULSS 215.495 227.627 443.122 48,63 51,37 (Con riferimento al Distretto n. 4 e di conseguenza influente sul totale di Azienda ULSS vale quanto riportato nella nota 1) La composizione della popolazione registra una prevalenza femminile che risulta particolarmente evidente nella fascia anziana come conseguenza della maggior aspettativa di vita delle donne.

COMPOSIZIONE DELLA POPOLAZIONE PER GRANDI FASCE DI ETÀ (in percentuale sul totale della popolazione al 31.12.2005)

distretto fasce di età

1 2 3 4

Azienda ULSS

minori 0/17 15,03 16,38 16,41 18,64 16,57

adulti 18/64 61,40 64,67 63,02 64,24 63,25

anziani 65 e oltre 23,57 18,95 20,57 17,12 20,18 (Con riferimento al Distretto n. 4 e di conseguenza influente sul totale di Azienda ULSS vale quanto riportato nella nota 1) Il generale invecchiamento della popolazione, testimoniato dall’incidenza della fascia di anziani sul totale dei residenti e rapportato alla presenza dei minori, incide pesantemente sugli equilibri intergenerazionali e conseguentemente sul mantenimento di soddisfacenti livelli di sicurezza e assistenza sociale.

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CAPITOLO 2 – IL QUADRO NORMATIVO E LA PIANIFICAZIONE LOCALE I.2.1 Il quadro normativo nazionale e regionale di riferimento L’introduzione del Piano di Zona nell’ordinamento giuridico nazionale, come primario strumento di realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali e di governo delle politiche di welfare, ha trovato esplicita previsione nella legge 8 novembre 2000 n. 328 che costituisce oggi un punto di riferimento essenziale per la complessa materia dei servizi sociali e per il Piano di Zona in particolare. In dettaglio, le finalità principali della legge n. 328/2000 si possono riassumere in alcuni punti fondamentali: • costruire, per l’appunto, un sistema di welfare nel quale le politiche sociali latamente

intese assumano uno spazio ed un ruolo analogo a quello ricoperto dalle politiche sanitarie e previdenziali;

• rendere le stesse politiche sociali stabili, costanti e certe nel tempo ancorandole, da un lato, all’esistenza di un sistema integrato di interventi e servizi basato su diversi livelli di pianificazione e, dall’altro, alla determinazione di prestazioni universalistiche ed esigibili esplicitate nei livelli essenziali di assistenza che devono essere garantiti a tutti i cittadini;

• costituire diritti di cittadinanza universalistici, riconoscibili ed esigibili; • costruire un sistema di protezione e di promozione sociale che sia in grado di

accompagnare la persona e la sua famiglia lungo tutto il ciclo di vita; • valorizzare le risorse della persona, della famiglia e del contesto sociale promuovendo una

cultura della solidarietà e del volontariato; • riconoscere e valorizzare il ruolo e la partecipazione delle organizzazioni non profit e di

tutte le realtà del territorio; • prevedere l’estensione alle cosiddette politiche affini e complementari quali l’istruzione, la

formazione, il lavoro, il tempo libero, la sanità, la previdenza, secondo una visione globale.

In particolare, con l’art. 19 la legge quadro definisce il Piano di Zona come lo strumento mediante il quale i Comuni associati d’intesa con le Aziende ULSS provvedono a definire gli obiettivi strategici e le priorità di intervento, gli strumenti e i mezzi per la relativa realizzazione, le modalità di organizzazione dei servizi, le risorse finanziarie strutturali e professionali, i requisiti di qualità, le modalità per garantire l’integrazione tra servizi e prestazioni, le modalità di coordinamento, collaborazione e concertazione tra Amministrazioni pubbliche e soggetti operanti nell’ambito della solidarietà sociale. La legge quadro ha quindi dato avvio ad una fase di profondo rinnovamento delle politiche sociali e dei servizi alla persona che hanno trovato, in questo importante testo normativo, un fondamento e un giusto riconoscimento a livello nazionale anche sulla base delle significative esperienze maturate in alcuni ambiti regionali. Va infatti sottolineato il ruolo svolto dalle Regioni che, nella lunga attesa che ha caratterizzato la riforma generale sull’assistenza (la legge n. 328/2000 ha sostituito la cosiddetta legge Crispi del 1890), hanno supplito alla carenza di una normativa adeguata ai tempi attraverso la propria attività legislativa emanando specifiche disposizioni di riordino dei servizi socio-assistenziali del proprio territorio. Attualmente invece, a distanza di alcuni anni dalla sua adozione, appare auspicabile che il legislatore regionale dia piena attuazione alla legge n. 328/2000, soprattutto alla luce delle modifiche sopravvenute nell’assetto dell’ordinamento italiano con l’approvazione della legge costituzionale n. 3/2001 che ha assegnato la materia dei servizi sociali alla competenza legislativa esclusiva delle Regioni. In Veneto, storicamente e cronologicamente, la Regione già a partire dall’adozione della L.R. 15 dicembre 1982 n. 55 "Norme per l’esercizio delle funzioni in materia di assistenza sociale" ha delineato le competenze e i reciproci rapporti tra i Comuni e le Aziende ULSS. In particolare, in ambito regionale, i Piani di Zona dei Servizi Sociali sono stati previsti per la prima volta con la L.R. 14 settembre 1994 n. 56 "Norme e principi per il riordino del servizio

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sanitario regionale in attuazione del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502", che li ha concepiti quale indispensabile strumento di programmazione territoriale, finalizzato a conseguire l’integrazione istituzionale, operativa e gestionale tra i servizi sociali e socio-sanitari e ne ha assegnato la competenza al singolo Comune o ai Comuni associati nella Conferenza dei Sindaci. La felice previsione regionale è stata successivamente rafforzata dalla L.R. 3 febbraio 1996 n. 5 di approvazione del Piano socio-sanitario regionale per il triennio 1996-1998 e, dopo l’entrata in vigore della legge n. 328/2000, confermata dalla L.R. 13 aprile 2001 n. 11. Come diretta conseguenza delle scelte legislative compiute, la pianificazione di zona nella Regione Veneto si è concretizzata attraverso una serie di provvedimenti deliberativi della Giunta regionale e attualmente può definirsi consolidata, essendo ormai pervenuta generalmente alla terza e in qualche caso anche alla quarta "edizione". Alcuni di questi atti amministrativi vanno menzionati per la loro incidenza sul concetto e sull’evoluzione del Piano di Zona. Se ne riprenderanno quindi solamente gli aspetti di maggiore interesse rinviando ad una lettura integrale degli stessi per gli approfondimenti del caso e per una visione di insieme. Con la DGR 5 agosto 1997 n. 2865 la Regione ha formalmente approvato lo schema tipo di Piano di Zona, ma contenutisticamente ha dettato le linee guida da seguirsi nell’attività di pianificazione. Anche a distanza di un decennio la DGR, pur nella sua sinteticità, presenta degli aspetti di interesse: da un lato, ha ampliato e dettagliato le disposizioni normative delle L.R. n. 56/1994 e n. 5/1996; dall’altro ha collegato il momento della programmazione ai principi fondamentali di correttezza, trasparenza, imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa e, infine, ha qualificato il Piano di Zona come "piano regolatore dei servizi alla persona" con un’area di competenza che si estende dai servizi di assistenza sociale a quelli ad elevata integrazione socio-sanitaria nell’ambito di un più generale quadro di politiche sociali. La successiva DGR 18 giugno 2004 n. 1764 denota il tentativo di allineare la normativa regionale con la recente legislazione nazionale (in particolare il D.Lgs. n. 229/1999, la legge n. 328/2000, il D.P.C.M. 11 febbraio 2001 sull’integrazione socio-sanitaria e il D.P.C.M. 29 novembre 2001 relativo alla definizione dei livelli essenziali di assistenza). Oltre a definire le linee guida per la predisposizione dei Piani di Zona secondo un determinato iter procedurale ed un contenuto strutturale schematizzato, la DGR presenta alcuni profili significativi: • il Piano di Zona assume la denominazione di "Piano dei servizi alle persona", visto e

realizzato come strumento dinamico e condiviso da gestire sulla base delle effettive capacità del territorio di interpretare e governare il proprio sviluppo;

• l’identificazione di due soggetti istituzionali responsabili: i Comuni, titolari del Piano in quanto Enti rappresentativi della comunità locale, e la Regione che, a questo fine, si avvale delle Aziende ULSS;

• la qualificazione del processo programmatorio, distribuito e governato su tre livelli: politico, cioè in termini di concertazione e di collaborazione istituzionale; tecnico come percorso di definizione delle scelte, di valutazione di fattibilità, di identificazione di condizioni organizzative facilitanti; sociale ovvero come percorso di programmazione partecipata che valorizza la specificità dei diversi attori e l’apporto che essi possono dare al raggiungimento di risultati di rilevante interesse sociale;

• l’attenzione posta sulle linee di azione basate sui principi di collaborazione e concertazione e sulla realizzazione di percorsi di programmazione partecipata e di valutazione sociale dei risultati della precedente programmazione nonché di condivisione delle nuove scelte;

• i contenuti del Piano che vanno affrontati con riferimento ai bisogni indicati dalla legge n. 328/2000 (art. 22) e dal D.Lgs. n. 502/1992 (art. 3 septies) e ai livelli essenziali di assistenza;

• l’indicazione di alcune priorità regionali quali le politiche per la famiglia, gli stessi livelli essenziali di assistenza, l’accesso unitario ai servizi ed il pronto intervento sociale.

Con la DGR 23 maggio 2006 n. 1560, invece, la Regione ha anticipato, tratteggiandoli, alcuni aspetti sostanziali che sono stati successivamente ripresi con la DGR n. 3702 del 28 novembre

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2006. Da un lato emerge l’opportunità di conseguire un’omogeneità temporale nell’intero territorio regionale allineando i termini della programmazione zonale dall’altro affiora la necessità di integrare le linee guida approvate con la precedente DGR n. 1764/2004 con delle specifiche indicazioni sulla valutazione dei Piani quale metodo e strumento che accompagna il processo pianificatorio nelle fasi di elaborazione, validazione ed attuazione. La citata deliberazione introduce inoltre un nuovo ed importante concetto che ha un riflesso diretto sull’impostazione e sul contenuto programmatico-dispositivo del Piano di Zona: il rapporto sussistente tra i nuovi Piani di Zona ed i Piani Settoriali recentemente promossi dalla Regione. In dettaglio le pianificazioni settoriali considerate, così denominate poiché possiedono un carattere specifico riguardando alcune aree o settori particolari, sono: • il Piano territoriale per l’infanzia e l’adolescenza sviluppato a partire dalla legge 28 agosto

1997 n. 285; • il Piano triennale di intervento per la lotta alla droga 2006-2008, strutturato su specifiche

progettualità, previsto dal DPR 9 ottobre 1990 n. 309 e dalla recente DGR 28 febbraio 2006 n. 456;

• il Piano locale per la Domiciliarità 2007-2009 di cui alla DGR 17 gennaio 2006 n. 39; • il Piano locale della Disabilità 2007-2009 contemplato dalla DGR 13 giugno 2006 n. 1859; • il Piano locale per la non Autosufficienza o Residenzialità 2007-2009 promosso dalle DGR

20 febbraio 2007 n. 394 e 27 febbraio 2007 n. 457. Tutte queste pianificazioni sono espressamente definite sia dalla DGR n. 1560/2006 che dalla successiva DGR 18 luglio 2006 n. 2254 quali parti integranti e sostanziali del Piano di Zona, tanto da venire considerate come sue specifiche articolazioni e da disporne la progressiva armonizzazione dei tempi previsti per la loro attuazione. Ultimo provvedimento da considerare è la DGR 28 novembre 2006 n. 3702 "Approvazione delle specifiche indicazioni per la valutazione dei Piani di Zona dei servizi alla persona e proroga del termine di presentazione dei Piani di Zona 2007-2009 (L. n. 328/2000, LL.RR. n. 56/1994, n. 5/1996, n. 11/2001, DGR n. 1764/2004, DGR n. 1560/2006)". La deliberazione, oltre a confermare integralmente le linee guida già formalmente adottate con la DGR n. 1764/2004, ne integra il contenuto dettagliando quanto anticipato con la DGR n. 1560/2006. Appaiono particolarmente rilevanti: • l’allineamento della pianificazione zonale in tutto il territorio regionale con l’evidente

finalità di fissare un’unitarietà temporale. Di conseguenza la DGR n. 3702/2006 individua nella data del 30 aprile 2007 il termine per la presentazione, da parte delle Conferenze dei Sindaci di concerto con le Aziende ULSS, dei nuovi Piani di Zona per il triennio 2007-2009 qualora i precedenti siano scaduti o dell’aggiornamento di quelli ancora in vigore;

• l’articolazione del Piano di Zona in singole annualità, coincidenti generalmente con l’anno solare, con la prima annualità (2007) che si estende dal 1 maggio al 31 dicembre 2007 mentre la seconda (2008) e la terza annualità (2009) che hanno la tradizionale durata di dodici mesi ossia dal 1 gennaio al 31 dicembre;

• l’introduzione della logica propria di un sistema di valutazione del documento-processo Piano di Zona che si sostanzia, da un lato, nel tentativo di sostenere il processo di pianificazione con una logica valutativa e nel fornire alcuni supporti operativi di rilevazione (schede), dall’altro nella previsione, che costituisce un’assoluta novità, di una declinazione dell’attività di valutazione in due livelli: uno locale e uno regionale basati entrambi sulla redazione di una "relazione valutativo-previsionale". Questa relazione, intesa quale documento di supporto decisionale che favorisce la riprogrammazione e che ogni ambito territoriale deve produrre per ogni annualità entro il successivo mese di febbraio, deve contenere la valutazione di ciò che è stato realizzato nell’anno considerato, le eventuali azioni correttive degli obiettivi strategici ed il piano attuativo dell’anno successivo. La valutazione regionale, invece, si articola in una valutazione annuale condotta sulla base delle relazioni valutativo-previsionali prodotte e su una complessiva afferente a tutto il triennio di validità del Piano.

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Va infine ribadito come il Piano di Zona e tutti gli altri Piani settoriali siano strettamente legati al Piano Attuativo Locale (PAL) e ai singoli Programmi delle Attività Territoriali (PAT) propri dell’Azienda ULSS la cui definizione è fondamentale per permettere al complesso programmatorio di divenire realmente "sistema". I.2.2 I percorsi della pianificazione locale Conformemente alle previsioni legislative, alle modalità e alle scadenze fissate dalle deliberazioni regionali, la Conferenza dei Sindaci dei Comuni del territorio dell’Azienda ULSS n. 20, di concerto con la stessa, ha redatto due Piani di Zona: il primo nel 1999 ed il secondo per il triennio 2003-2005. Ciascuno dei due Piani approvati è il risultato di un percorso che ha visto il coinvolgimento, a vario titolo, di diversi soggetti ed è il frutto di una evoluzione del precedente in una linea di consolidamento, miglioramento e implementazione. L’esperienza condotta in occasione della predisposizione del primo documento di Piano nel 1999 si è dimostrata sicuramente innovativa e vantaggiosa soprattutto per aver messo in relazione e a confronto dei soggetti poco abituati a condividere le proprie competenze e le rispettive sfere di autonomia. In particolare, alla luce della vastità e della complessità oggettiva dell’ambito territoriale dell’Azienda ULSS n. 20, lo sforzo maggiore è stato quello di sperimentare un nuovo e diverso strumento di definizione delle politiche sociali e socio-sanitarie. Tale sforzo si è concretizzato secondo due direttrici fondamentali: da un lato è consistito nell’individuazione di strumenti e canali di dialogo e di confronto tra le trentasei Amministrazioni locali e la stessa Azienda ULSS, dall’altro nel complesso lavoro di indagine e di raccolta dei dati effettuato per la prima volta in modo organico ed organizzato per singole aree tematiche, che ha permesso una prima sistematizzazione degli interventi e dei servizi erogati al cittadino anche in ottica di reciproca conoscenza ed informazione. Il Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2003-2005, pur ponendosi in linea di continuità con la precedente pianificazione, ne rappresenta lo sviluppo più maturo e consapevole. L’associazione dei vari Comuni dell’ambito ha infatti trovato nella Conferenza dei Sindaci la sua sede "naturale" di incontro e di decisione condivisa con una maggiore consapevolezza circa le sue funzioni e il suo ruolo fondamentale nella determinazione delle politiche locali di welfare. Parallelamente si è andato consolidando il rapporto tra la stessa Conferenza e l’Azienda ULSS che hanno trovato spazi permanenti di confronto sia per la definizione degli obiettivi prioritari di intervento sia per gli aspetti più concreti attinenti all’assetto e all’organizzazione dei servizi. Primario obiettivo del Piano di Zona 2003-2005 è stato infatti l’avvio di percorsi di promozione dell’integrazione socio-sanitaria attuata su tre livelli: istituzionale, gestionale e professionale. Obiettivo questo che ha implicato l’assunzione di precise scelte in ordine alla definizione degli strumenti di programmazione, alla gestione dei servizi e all’individuazione di procedure qualificate per l’accesso agli stessi. In sostanza, si è operato per garantire un sistema articolato di servizi sociali integrati a più livelli e fondato sull’analisi dei bisogni, sull’individuazione di obiettivi prioritari di carattere trasversale e specifico e sulla sinergia tra pubblico e privato e tra sociale e sanitario. Infine, rispetto al precedente Piano, maggiore attenzione è stata dedicata alla metodologia di lavoro che si è andata concretizzando, da un lato, in appositi provvedimenti dell’Esecutivo della Conferenza dei Sindaci che hanno dettato delle vere e proprie linee di indirizzo, dall’altro in un assetto organizzativo che prevedeva la costituzione di appositi tavoli di lavoro sia distrettuali che sovradistrettuali composti dai rappresentanti di tutti i principali attori delle politiche sociali locali: Comuni, Azienda ULSS, Amministrazioni statali, Terzo Settore.

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CAPITOLO 3 – GLI ASPETTI METODOLOGICI E ORGANIZZATIVI I.3.1 La metodologia e il sistema locale delle regole La Conferenza dei Sindaci dei trentasei Comuni che costituiscono il territorio dell’Azienda ULSS n. 20 ha avviato, a partire dal mese di novembre 2006, il processo di costruzione del nuovo Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009, giunto alla sua terza "edizione" dopo quelle realizzate nel 1999 e per il triennio 2003-2005. Nell’intento di consolidare le positive esperienze del passato, ma soprattutto con la volontà di dare un significato alla pianificazione zonale maggiormente rispondente ai contenuti della legge n. 328/2000, la Conferenza dei Sindaci ha individuato, quale presupposto innovativo dell’intero processo di costruzione del nuovo Piano di Zona, l’elaborazione di un sistema di regole sia procedurali ed organizzative sia orientate a sostenere l’aspetto relazionale tra i diversi soggetti chiamati a partecipare alla pianificazione zonale, che, all’interno della normativa esistente, facesse emergere le specificità del territorio locale. Per conseguire questo risultato sono stati avviati due percorsi paralleli sanciti dall’Esecutivo della Conferenza con provvedimento n. 5 del 7 novembre 2006 "Approvazione del documento Piano di Zona 2007-2009 – Aspetti metodologici e processuali". Il primo, di carattere giuridico teso ad evidenziare l’intero quadro legislativo di riferimento, è stato realizzato compiendo un’analisi delle numerose disposizioni normative sia nazionali (leggi, decreti legislativi e altri provvedimenti) che regionali (leggi e deliberazioni) che si sono avvicendate, sovrapposte o affiancate nel corso del tempo, nella consapevolezza che il sistema delle regole locali trova qui il suo fondamento e la sua legittimazione. Questa attività si è concretizzata nella redazione di due successivi documenti: uno di ampio respiro contenente i principali riferimenti normativi connessi alla pianificazione zonale; l’altro centrato in specifico sul concetto di "Piano di Zona" ed organizzato per schede tematiche.2 Il percorso ha evidenziato in termini di risultato, oltre agli aspetti vincolanti, ampi spazi di discrezionalità che sono diventati il punto di partenza per avviare la concretizzazione di alcuni elementi fondamentali: • l’affermazione dei diritti sociali quali diritti della persona universali, riconoscibili ed

esigibili; • l’attuazione dei principi che caratterizzano l’azione della pubblica amministrazione

(sussidiarietà, partecipazione, concertazione, trasparenza, pubblicità, …) o che sono propri di un sistema di welfare (solidarietà, equità, …);

• il riconoscimento e la valorizzazione del ruolo di tutte le formazioni sociali. Il secondo percorso, invece, ha affrontato in modo innovativo anche dal punto di vista metodologico gli aspetti relazionali ed organizzativi connessi alla pianificazione zonale, nell’intento di affrontare alcuni temi specifici quali i ruoli e le relazioni tra i vari attori istituzionali e sociali, la definizione delle modalità di partecipazione, la strutturazione di un modello organizzativo efficiente e soprattutto non legato alla contingenza del momento (la presentazione del Piano entro una certa data), ma durevole nel tempo (almeno per tutta la sua vigenza). Dopo l’analisi di alcune significative esperienze già attuate a livello locale è stato coinvolto un consistente gruppo di testimoni privilegiati che operano con diversi ruoli e funzioni nel territorio (amministratori e funzionari pubblici, responsabili di formazioni sociali, referenti di organizzazioni del Terzo Settore, esponenti di fondazioni, delle associazioni di categoria, sindacali, del mondo della ricerca scientifica e degli enti for profit) attraverso l’utilizzo di alcuni strumenti classici della ricerca sociale quale l’intervista semi-strutturata ed il focus group. 2 Entrambi i documenti sono disponibili presso l’Ufficio di Piano.

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L’indagine si è conclusa con la stesura di un "rapporto di ricerca", formalmente approvato dall’Esecutivo con provvedimento n. 2 del 1 febbraio 2007, contenente la definizione di un "sistema delle regole" centrato su alcuni aspetti fondamentali per la costruzione del Piano di Zona quali la partecipazione, le relazioni tra i soggetti, l’organizzazione dei tavoli.3 L’intero processo ha trovato la sua naturale conclusione nell’elaborazione del "Manuale del Piano di Zona dei Servizi alla Persona", documento approvato dalla Conferenza dei Sindaci con deliberazione n. 2 del 15 febbraio 2007, che intende concretizzare a livello locale i principi di sussidiarietà, partecipazione ed evidenza pubblica, indicando in particolare il passaggio da una logica di government (funzione esclusiva di un soggetto pubblico) a quella di governance (attività di governo svolta attraverso la mobilitazione di tutti i soggetti della comunità territoriale). Il Manuale contiene, pertanto, un insieme di regole ed indicazioni che disciplinano il processo di costruzione e di realizzazione del Piano di Zona e definiscono, in concreto, un modello specifico di pianificazione zonale partecipata e condivisa, supportato dall’individuazione di compiti e responsabilità; un modello che, nel rispetto dei vincoli posti dal dettato normativo, mira a rendere il Piano uno strumento vivo e dinamico e non un semplice documento amministrativo. Inoltre, il "Manuale" vuole essere un supporto chiaro e di facile lettura per gli operatori e per tutti coloro, singoli cittadini, famiglie, associazioni, istituzioni, che desiderano approfondire i temi connessi alla pianificazione di zona ponendosi, dunque, anche come stimolo alla riflessione sulle politiche sociali e socio-sanitarie della comunità locale nell’intento di diffondere una cultura sociale. I.3.2 La programmazione partecipata La legge n. 328/2000 prevede che, per la realizzazione del sistema integrato di interventi e di servizi sociali, si adotti il metodo della pianificazione, dell’operatività per progetti, della verifica dei risultati e della valutazione. Si tratta di concetti distinti ma, nello stesso tempo, strettamente collegati perché facenti parte di un unico processo, rispetto al quale appare necessario chiarire alcuni presupposti che ne costituiscono la cornice di riferimento. Il primo è dato dalla normativa vigente ovvero l’attribuzione agli Enti locali, singoli o associati nella Conferenza dei Sindaci, della titolarità del Piano di Zona in tutte le sue fasi. Il secondo presupposto è che il Piano di Zona non va concepito in termini riduttivi, come mero adempimento amministrativo o documento-atto da prodursi entro una certa data, bensì come processo che si sviluppa progressivamente nel tempo. A differenza di altre tipologie di pianificazione, quella sociale non può essere concepita rigidamente, per la pluralità e la diversità degli attori coinvolti, per le svariate interrelazioni che si instaurano, per l’attribuzione di senso e di significato che viene data alla lettura dei bisogni della collettività, per le modalità attraverso le quali si snoda l’attività decisionale. Il Piano di Zona si fonda pertanto su una logica di tipo incrementale e si configura come un processo continuo con lo scopo di migliorare la qualità della vita della persona rispetto all’evoluzione della società, al governo del territorio e allo sviluppo locale.

3 Il "Rapporto di ricerca per la costruzione del sistema delle regole" è reperibile presso l’Ufficio del Piano di Zona.

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In questo senso si parla di "ciclo di vita del Piano" che si compone di una serie di fasi tra loro strettamente collegate tanto da formare un processo circolare e permanente: • la programmazione, che riguarda tutta la costruzione del Piano fino alla sua approvazione

formale; • la progettazione, che si traduce nella elaborazione dei progetti, dei servizi e degli

interventi per perseguire gli obiettivi del Piano; • la realizzazione delle azioni previste con le forme di gestione e gli strumenti definiti nel

Piano; • il monitoraggio e la verifica finalizzati a misurare l’efficacia della progettazione e per

rilevarne, nel corso della realizzazione ed al termine della stessa, gli eventuali scostamenti dalle previsioni originarie;

• la valutazione, riferita all’intero processo programmatorio, con la finalità di migliorare le politiche;

• la riprogrammazione, che nello stesso tempo chiude e riavvia il ciclo. Il terzo elemento di riferimento, infine, è costituito dalla "partecipazione", intesa come necessaria presenza di soggetti pubblici e di realtà private espressione della volontà e capacità delle famiglie e della comunità di organizzarsi per affrontare e rispondere in prima persona ai bisogni del territorio e, di conseguenza, di partecipare alle scelte di indirizzo e di priorità delle politiche di welfare. Il processo di partecipazione si consegue, dunque, attraverso il coordinamento, l’integrazione, la cooperazione e l’assunzione di responsabilità tra tutti gli attori coinvolti e ha come presupposto il rispetto dei principi di correttezza, trasparenza, imparzialità e il principio di sussidiarietà riconosciuto dalla carta costituzionale. In quest’ottica, per «programmazione partecipata» si intende: • un processo complesso ed articolato • caratterizzato dalla partecipazione di una pluralità di attori • che mediante la definizione di ruoli, funzioni, competenze e responsabilità di ciascuno • e in base ad un determinato metodo di lavoro e assetto organizzativo • consente l’assunzione di decisioni comuni • e la realizzazione, anche attraverso strumenti innovativi, delle attività programmate. E’ evidente pertanto che il processo programmatorio va distribuito e governato su almeno tre livelli: • un livello politico in termini di collaborazione e concertazione istituzionale; • un livello tecnico concernente la valutazione di fattibilità e la definizione di scelte

concretamente ed organizzativamente realizzabili e sostenibili; • un livello sociale inteso proprio come percorso di programmazione partecipata. Il sistema delle regole locali esplicitato nel "Manuale del Piano di Zona" ha come fondamento la definizione di uno specifico modello locale di programmazione partecipata che si esplica nella concreta realizzazione di forme di integrazione tra tutti i soggetti chiamati a divenire attori della pianificazione locale, così come previsto dalla legge n. 328/2000. Un modello che si basa su due considerazioni di fondo: • la partecipazione si sostanzia nella volontà di condivisione di responsabilità pubbliche e

costituisce espressione dell’esercizio da parte di soggetti privati di una funzione qualificata dal legislatore come pubblica;

• la partecipazione deve essere permanente e stabile e si concretizza in ciascuna delle diverse macro-fasi che concorrono a formare il processo di pianificazione: coinvolgimento e consultazione, programmazione e progettazione, realizzazione, monitoraggio e valutazione.

Alla luce della pluralità e della diversità degli attori coinvolti, è stato possibile, quindi, costruire una partecipazione effettiva al Piano di Zona secondo due direttrici: • facendo chiarezza tra le diversità di ciascun attore rispetto a funzioni, compiti e ruoli che

può e intende assumersi;

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• definendo un processo-procedimento di natura amministrativa basato sui principi fondamentali di pubblicità, trasparenza, accesso ed imparzialità.

I.3.3 Gli attori della pianificazione locale La legge quadro sui servizi sociali (legge n. 328/2000) indica con chiarezza i soggetti che con ruoli, competenze e responsabilità diverse, sono chiamati a divenire attori della pianificazione locale. Si tratta di: Comuni, Regioni e Aziende Unità Locali Socio Sanitarie, Province, Aziende Ospedaliere, Amministrazioni pubbliche e periferiche dello Stato (in particolare del Ministero dell’Istruzione, del Lavoro, della Giustizia), Istituzioni di Pubblica Assistenza e Beneficenza (Ipab), Organismi non lucrativi di utilità sociale (Onlus), Organismi della cooperazione, Associazioni ed Enti di promozione sociale, Fondazioni, Enti di patronato, Organizzazioni di volontariato, Enti riconosciuti dalle Confessioni religiose, Organizzazioni sindacali, Soggetti privati aventi finalità di lucro. Per comprendere l’importante e complessa relazione che sussiste tra programmazione partecipata e attori della pianificazione locale è opportuno metterne in luce gli aspetti più significativi peraltro già evidenziati nel "Manuale". Il primo è costituito dalla dimensione territoriale nella quale, tramite meccanismi trasparenti, oltre a leggere in modo condiviso i bisogni, si superano gli interessi particolari a favore degli interessi comuni. Rispetto al Piano di Zona, che nella Regione Veneto ha come dimensione di riferimento il territorio dell’Azienda ULSS, l’ambito distrettuale risulta essere ancora quello più significativo nel quale poter costruire i meccanismi di partecipazione e di relazione, anche se è parimenti indispensabile garantire l’uniformità sull’intero territorio, in un’ottica di continuità e stabilità nel tempo. Pertanto nell’elaborazione e realizzazione del Piano di Zona devono essere contestualmente tenute presenti sia la dimensione distrettuale che quella sovradistrettuale. Il secondo aspetto è costituito dalla diversità degli attori protagonisti della pianificazione zonale, riconducibili in modo sommario alle due grandi "categorie" del pubblico e del privato. Nella prima si collocano anzitutto i Comuni, soggetti titolari del Piano di Zona, che possono renderlo effettivo strumento della regolazione delle politiche e dei servizi alla persona quanto più sono in grado di abbandonare il particolarismo e la frammentarietà, superando anche le rilevanti diversità che caratterizzano il territorio. Il valore della dimensione comunale, più vicina ai bisogni della comunità, assume un significato maggiore tramite l’integrazione che si attua nella realizzazione di pianificazioni e progettazioni sovracomunali, perché garantisce una migliore organizzazione dei servizi ed una conseguente semplificazione nell’accesso, una maggior equità di erogazione, l’utilizzo di professionalità plurime. Questo risulta essere un passaggio essenziale perché all’aumento della capacità di fornire risposte dell’ente pubblico, corrisponde una esponenziale crescita nell’attesa di risposta da parte della popolazione, che esprime su tutte le aree del sociale bisogni crescenti ai quali il singolo Comune non è in grado di fare fronte da solo. Decisivo è il ruolo del Comune capofila, il quale è opportuno che assuma la responsabilità di guidare il processo pianificatorio con equilibrio, ovvero favorendo lo sviluppo delle realtà di dimensioni minori e, data la particolare strutturazione dei Distretti, investendo risorse ed energie rivolte all’intero ambito senza determinare politiche, servizi ed interventi con modalità autoreferenziali. Il processo orientato all’integrazione tra sociale e sanitario, che rappresenta uno dei pilastri della pianificazione zonale 2003-2005, va ulteriormente implementato, da un lato, operando per il raggiungimento di un maggiore equilibrio in tutti i territori, dall’altro, approfondendo la ridefinizione degli attuali ruoli svolti dai Comuni e dall’Azienda ULSS. Proprio l’Azienda ULSS, peraltro, è impegnata nella condivisione con i Comuni della responsabilità complessiva del

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processo pianificatorio, svolgendo un’essenziale funzione nella definizione delle finalità, nell’individuazione delle strategie, nella realizzazione delle attività, nella valutazione dei risultati. L’obiettivo di fondo è superare quella tendenza alla frammentazione delle responsabilità ed alla polverizzazione degli interventi che si traduce nella mancanza di una visione strategica condivisa e nel limitarsi a gestire il consolidato, anche se sempre meglio dal punto di vista qualitativo e quantitativo. In questo senso è necessario proseguire l’approfondimento relativo agli attuali livelli essenziali di prestazioni, con l’obiettivo di arrivare alla piena condivisione tra le diverse Istituzioni interessate e la comunità locale. Significativo appare anche il ruolo degli altri soggetti pubblici, che sono chiamati a fornire il loro apporto qualificato in particolare nelle materie e negli ambiti di loro specifica competenza. Nell’altra grande categoria dei "soggetti privati" si colloca, in primo luogo, il mondo del Terzo Settore, sempre più protagonista autorevole ed indiscusso del welfare locale che, pur presentandosi spesso in articolazioni difficilmente integrabili e che comportano il rischio di frammentazione, sostanzialmente esprime in tutte le sue diverse forme, competenza, alcune eccellenze e grande passione. Compito delle Istituzioni pubbliche è, nel rispetto dei ruoli, di valorizzarne al massimo il contributo creando una cornice chiara di carattere normativo, sviluppando rapporti improntati alla trasparenza, assumendosi la responsabilità di operare scelte sull’efficienza e sull’efficacia e di valutare in base ad indicatori condivisi la qualità dei servizi offerti. Da parte sua il Terzo Settore, all’interno del quale occorre mettere in luce con chiarezza le diversità esistenti, prima fra tutte quella tra volontariato e chi esercita anche un ruolo di erogatore di servizi, ha il compito di essere sempre da stimolo rispetto allo sviluppo di rapporti innovativi con il Comune, senza mai assumere acriticamente deleghe di carattere sostitutivo. In ogni caso, la funzione che complessivamente è attribuita al Terzo Settore nella programmazione zonale non riguarda solamente le sue capacità gestionali ma soprattutto la sua funzione di advocacy (attività di supporto all’esplicazione dei bisogni e di tutela dei diritti in favore di gruppi sociali marginali e di utenti dei servizi sociali e sanitari). Infine, sempre sul lato "privato", sono chiamati ad occupare uno spazio sempre più significativo nelle politiche sociali territoriali e nella pianificazione zonale anche altri soggetti della comunità locale, quali le organizzazioni sindacali, il mondo dell’impresa, le realtà economico-finanziarie. Anche in questo caso compito primario dei titolari del Piano di Zona è di promuovere e sostenere l’apporto di ogni attore, allargando progressivamente il campo della partecipazione. Non è inutile ribadire che la regia dei processi partecipativi e la responsabilità della scelta delle linee politiche rimane competenza esclusiva dei soggetti titolari del Piano, ma poiché l’esercizio della funzione pubblica attiene a tutti i componenti della comunità, la partecipazione si concretizza nella possibilità da parte di qualsiasi soggetto della società locale di intervenire nelle diverse fasi del percorso di pianificazione. Il terzo aspetto riguarda i livelli della partecipazione, che in modo del tutto indicativo può essere identificata come di carattere consultivo o di carattere decisionale. La partecipazione del primo tipo è allargata e si fonda sul massimo coinvolgimento possibile nelle fasi di consultazione e proposta mentre la partecipazione del secondo tipo prevede il coinvolgimento di interlocutori limitati, secondo modalità di selezione trasparenti che fanno riferimento alla competenza, alla capacità di leggere la complessità, al ruolo operativo effettivamente svolto da ciascuno.

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I.3.4 Gli strumenti della pianificazione e l’assetto organizzativo La costruzione di un effettivo processo di pianificazione, nel quale siano garantiti reali spazi partecipativi, richiede l’utilizzo di alcuni strumenti che la Conferenza dei Sindaci ha sostanzialmente identificato in due grandi categorie: gli strumenti della partecipazione che si sostanziano nell’avviso pubblico, nella dichiarazione e nel patto di partecipazione e gli strumenti attuativi maggiormente legati alla realizzazione concreta del Piano di Zona. Un ruolo centrale è, inoltre, necessariamente affidato all’assetto organizzativo che, nel suo insieme, costituisce la base del processo di pianificazione. Gli strumenti della partecipazione Elemento fondamentale per rendere noto l’avvio del processo di costruzione e di attuazione del Piano di Zona è certamente l’avviso pubblico, ossia la pubblicizzazione con le formalità proprie di una pubblica amministrazione (ovvero attraverso l’Albo Pretorio comunale) e la divulgazione, mediante idonei mezzi di comunicazione (organi di stampa, comunicati e conferenze stampa, incontri pubblici, manifesti, …), di un avviso nel quale si rende noto all’intera collettività l’avvio del procedimento amministrativo relativo al Piano di Zona e soprattutto si invitano tutti i soggetti interessati a parteciparvi nelle forme, nei tempi e con le modalità in esso indicate. In dettaglio, l’avviso, in attuazione della legge n. 241/1990 e delle svariate normative che afferiscono al Piano di Zona prima tra tutte le legge n. 328/2000, permette ad ogni soggetto della comunità locale interessato di partecipare ai lavori di pianificazione presentando un’apposita dichiarazione di partecipazione da inoltrarsi al Presidente della Conferenza dei Sindaci entro un termine stabilito e con le modalità indicate dall’avviso stesso. Ferma restando la validità della dichiarazione resa per tutto l’arco temporale di validità del Piano, alla luce della durata triennale del Piano di Zona e di quanto disposto dal "Manuale", nell’intento di garantire la possibilità di partecipazione anche in un momento successivo all’avvio del processo di costruzione e di attuazione del Piano di Zona, l’avviso pubblico verrà adottato all’inizio di ogni successivo anno di pianificazione. Nell’avviso vengono esplicitate alcune condizioni fondamentali: la partecipazione è disciplinata dal sistema delle regole locali contenute nel "Manuale", avviene relativamente a ciascun Distretto socio-sanitario in cui si articola il territorio dell’Azienda ULSS n. 20 ed in riferimento agli appositi Tavoli di lavoro costituiti in relazione alle Aree tematiche di intervento. La partecipazione ha come presupposti due elementi irrinunciabili: la realizzazione di idee e contenuti per la programmazione specifica e l’orientamento rivolto ad una azione costante sinergica e di rete. La dichiarazione è, però, un atto preliminare di disponibilità da confermare e formalizzare attraverso la sottoscrizione obbligatoria, nel momento di avvio dell’attività dei Tavoli tematici prescelti, di un apposito "patto di partecipazione". Con la sottoscrizione del patto di partecipazione, stipulato tra la singola Formazione sociale e il Presidente della Conferenza dei Sindaci, si conviene di condividere il processo di costruzione e di attuazione del Piano di Zona secondo il sistema di regole esplicitate nel relativo "Manuale" e si definisce l’assunzione reciproca di specifiche responsabilità, quali la continuità e la professionalità nella partecipazione, la disponibilità al confronto ed alla condivisione, l’impegno al recepimento degli esiti prodotti dai tavoli tecnici, l’indicazione delle modalità organizzative e dei tempi di attuazione.

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Gli strumenti di attuazione Primo strumento di attuazione del Piano di Zona è l’Accordo di Programma, che è l’atto mediante il quale più soggetti definiscono, in maniera integrata e coordinata tra loro, i ruoli, le responsabilità, le azioni, i tempi, le modalità, i finanziamenti, gli strumenti di vigilanza e i reciproci impegni legati all’attuazione di un determinato intervento o di un programma di interventi. L’Accordo, momento formale che precede, indirizzandola e definendola nei dettagli, la vera e propria fase di realizzazione del Piano, consiste nel consenso unanime di tutti i Sindaci, in rappresentanza delle rispettive Amministrazioni locali, espresso in sede di Conferenza ed è sottoscritto anche dal Direttore Generale dell’Azienda ULSS. L’Accordo può avere tra i suoi firmatari altri soggetti, pubblici e privati, i quali, avendo partecipato e condiviso il percorso di costruzione del Piano, manifestino la volontà di concorrere alla sua attuazione, ma è possibile stipulare anche altri tipi di atti quali contratti di programma, protocolli d’intesa, accordi di collaborazione, convenzioni o altro. Con riferimento all’applicazione del principio di sussidiarietà, il Piano di Zona prevede anche altri strumenti di attuazione legati, in particolare, all’applicazione di nuovi principi e di criteri di regolazione del rapporto tra Enti pubblici locali e le realtà del privato sociale del territorio. Elemento centrale per raggiungere tale obiettivo è la costruzione di relazioni innovative, disciplinate da un apposito sistema di regole, tra i soggetti interessati alla realizzazione delle attività programmate, più che la identificazione in sé di modelli alternativi di gestione dei servizi. In altri termini, si tratta di sviluppare accordi multilaterali derivanti da "azioni di sistema" e non tanto dal rapporto unilaterale tra Ente pubblico e singolo soggetto del privato sociale. Pertanto, con i soggetti che hanno sottoscritto il patto di partecipazione e che ne daranno disponibilità potranno essere sperimentate, nell’ambito delle singole Aree tematiche e attraverso un adeguato percorso di co-progettazione, innovative strategie e strumenti giuridici di tipo negoziale quali accordi di sostegno e di collaborazione, concessioni di pubblico servizio sociale, convenzioni di inserimento lavorativo con Cooperative sociali di tipo B. In particolare sono definiti strumenti innovativi di rapporto con i soggetti non profit gli accordi di sostegno e di collaborazione. Nello specifico, gli accordi di sostegno consistono in forme di compensazione pubblica degli oneri relativi alla realizzazione di una missione di interesse generale che i soggetti non profit assumono attraverso l’adesione, mediante appositi accordi procedimentali, alle responsabilità istituzionali afferenti all’attuazione di progetti di intervento o di servizio sociale, con esclusione di modalità riconducibili all’appalto di servizi.4 Gli accordi di collaborazione, invece, consistono in patti collaborativi stipulati attraverso appositi accordi procedimentali finalizzati alla realizzazione di progetti di intervento e/o servizio sociale, attraverso i quali attuare l’integrazione organizzativa di risorse pubbliche e del privato non profit, con esclusione di forme riconducibili all’appalto di servizi. I suddetti strumenti innovativi di rapporto e i patti conseguenti saranno perseguiti, per quanto possibile, attraverso modalità concertative e sinergiche riservando le forme competitive ai casi nei quali non sia stato possibile raggiungere un accordo tra tutti i soggetti che abbiano partecipato alla co-progettazione dei servizi e/o degli interventi.

4 Si veda la Comunicazione U.E. del 23 aprile 2006 relativa ai servizi sociali in ambito comunitario e la Decisione U.E. del 28 novembre 2005 relativa agli aiuti di stato finalizzati alla compensazione degli oneri derivanti dall’assunzione di responsabilità concernenti la realizzazione di missioni di interesse generale.

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Il modello organizzativo di governance Elemento centrale del processo di costruzione, realizzazione e valutazione del Piano di Zona è l’attivazione dei Tavoli tecnici che la Conferenza dei Sindaci ha individuato recependo l’indicazione delle Aree tematiche proposte dalla Regione Veneto. La loro presenza, prevista sia nella fase elaborativa che in quella attuativa, da un lato, trova fondamento nella logica di predisporre "laboratori di co-progettazione" tra soggetti pubblici e privato sociale, dall’altro si esplica in un’articolazione che parte non più dai servizi bensì dalla centralità della persona, portatrice di bisogni, ma anche in possesso di risorse, collocata nell’ambito del suo contesto familiare, affettivo, relazionale e ambientale. In quest’ottica e nella prospettiva di favorire la rappresentanza diretta delle varie componenti della comunità locale, il punto di partenza e di riferimento basilare è stato individuato nella costituzione di Tavoli a livello distrettuale e sovradistrettuale con forme di rappresentanza sia diretta che indiretta, in un’ottica di partecipazione omogenea ed equilibrata che tiene conto sia di possibili deleghe (purché sostanziali e non solo formali), sia della necessità di far emergere interessi di dimensioni più ampie del Comune e del Distretto. Ulteriore aspetto qualificante è che i Tavoli, oltre ad essere attori principali nel processo elaborativo, manterranno un ruolo permanente di conduzione e monitoraggio nell’attuazione e valutazione del Piano di Zona divenendo quindi stabili nel tempo e non occasionali, in particolare valorizzando costantemente la dimensione territoriale. La finalità complessiva di tale nuova organizzazione ed articolazione è, a partire dall’esistente, da un lato di implementare ulteriormente l’efficace assetto già definito con il precedente Piano di Zona, dall’altro di mettere a sistema ciò che di fatto è già attivo sia a livello sovradistrettuale che nei diversi territori. Dal punto di vista formale e procedurale, è ricondotta nell’ambito dei poteri discrezionali degli Organi della Conferenza dei Sindaci e nell’articolazione territoriale dei quattro diversi Comitati di Distretto la dinamica temporale dei diversi Tavoli. Di seguito sono riportate, per ciascun Tavolo, i componenti, le funzioni e, nei diagrammi allegati, il disegno organizzativo complessivo.

Tavolo Tecnico Distrettuale di Area COMPONENTI: - dirigenti e funzionari comunali dell’Area di competenza (per il Comune

di Verona: Coordinatori dei CST o assistenti sociali dagli stessi delegati nell’ambito dei CST stessi);

- dirigenti e funzionari dell’Azienda ULSS n. 20; - esponenti del Terzo Settore (cooperative, organizzazioni di volontariato,

associazioni di promozione sociale, fondazioni); - esponenti di enti religiosi e di altri soggetti solidaristici; - esponenti delle associazioni di categoria, delle organizzazioni sindacali,

della realtà imprenditoriale ed economico-finanziaria; - altri soggetti della comunità locale.

FUNZIONI: - individuazione dei bisogni e delle risorse esistenti nel territorio rispetto

all’Area di competenza; - individuazione di finalità ed obiettivi territoriali rispetto all’Area di

competenza; - elaborazione di strategie e formulazione di proposte rispetto all’Area di

competenza; - predisposizione ed avvio di processi per il raggiungimento degli obiettivi

rispetto all’Area di competenza; - monitoraggio delle azioni e accompagnamento dell’implementazione;

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- valutazione dei processi realizzati e degli obiettivi raggiunti, identificazione di strategie di miglioramento, riprogettazione complessiva;

- eventuale articolazione al suo interno in gruppi di lavoro inerenti singoli progetti, su iniziativa dei componenti del Tavolo stesso, del Coordinamento Tecnico di Distretto o del Comitato dei Sindaci di Distretto.

Condizione essenziale per la partecipazione è la sottoscrizione del relativo patto di partecipazione previsto nel sistema delle regole. Il Coordinamento è affidato ad uno dei componenti del Tavolo mediante nomina interna (rispetto al Distretto 1 qualora come coordinatore venisse nominato un rappresentante dell’Ente Locale sarà individuato uno dei coordinatori dei CST del Comune di Verona). L’attivazione del Tavolo può avvenire con le seguenti modalità: - in attuazione di apposita deliberazione degli organi della Conferenza dei Sindaci; - su autonoma iniziativa del Comitato dei Sindaci di Distretto e ratifica da parte degli organi

della Conferenza dei Sindaci; - su proposta da parte di soggetti della comunità locale che può essere discrezionalmente

recepita da parte del Comitato dei Sindaci di Distretto.

Coordinamento Tecnico di Distretto COMPONENTI: - direttore del Distretto Socio Sanitario;

- rappresentanti dei Comuni (per il Comune di Verona: i coordinatori dei CST afferenti);

- rappresentanti dei Tavoli Tecnici attivati nel Distretto. FUNZIONI: - coordinamento e supporto di carattere organizzativo e metodologico ai

Tavoli Tecnici Distrettuali di Area; - individuazione delle strategie idonee al raggiungimento degli obiettivi

del Piano di Zona; - collegamento con il Coordinamento Tecnico Sovradistrettuale; - supporto tecnico al Comitato dei Sindaci di Distretto.

Il Coordinamento è affidato ad uno dei suoi componenti anche tenendo conto delle specificità della composizione territoriale del singolo Distretto (rispetto al Distretto 1 il coordinamento è affidato ad uno dei coordinatori dei CST del Comune di Verona).

Tavolo Tecnico Sovradistrettuale di Area COMPONENTI: - dirigenti e funzionari comunali dell’Area di competenza individuati in

rappresentanza di ciascun Distretto; - dirigenti e funzionari dell’Azienda ULSS n. 20; - dirigenti e funzionari di altre Istituzioni pubbliche; - rappresentanti del Terzo Settore nominati in rappresentanza dei

corrispondenti Tavoli Tecnici Distrettuali di Area. FUNZIONI: - coordinamento del processo di implementazione del Piano di Zona

rispetto alla specifica Area tematica; - integrazione e sintesi delle proposte dei Tavoli Tecnici distrettuali di

Area; - individuazione delle strategie idonee al raggiungimento degli obiettivi

previsti per l’Area tematica; - monitoraggio delle azioni e accompagnamento dell’implementazione; - valutazione dei processi realizzati e degli obiettivi raggiunti,

identificazione di strategie di miglioramento, riprogettazione complessiva;

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- eventuale articolazione al suo interno in gruppi di lavoro inerenti singole tematiche e/o progetti, su iniziativa dei componenti del Tavolo stesso, del Coordinamento Tecnico Sovradistrettuale o della Conferenza dei Sindaci.

Il Coordinamento è affidato ad uno dei componenti del Tavolo mediante nomina interna. L’attivazione del Tavolo può avvenire con le seguenti modalità: - in attuazione di apposita deliberazione degli organi della Conferenza dei Sindaci; - su autonoma iniziativa di almeno due Comitati dei Sindaci di Distretto e ratifica da parte

degli organi della Conferenza dei Sindaci; - su proposta da parte di soggetti della comunità locale che può essere discrezionalmente

recepita da parte degli organi della Conferenza dei Sindaci.

Coordinamento Tecnico Sovradistrettuale COMPONENTI: - direttori dei Distretti Socio Sanitari;

- rappresentanti dei Tavoli Tecnici Sovradistrettuali di Area. FUNZIONI: - coordinamento del processo di implementazione del Piano di Zona;

- individuazione delle strategie idonee al raggiungimento degli obiettivi del Piano di Zona;

- coordinamento e supporto di carattere organizzativo e metodologico ai Tavoli Tecnici Sovradistrettuali di Area;

- collegamento con i Coordinamenti Tecnici Distrettuali e integrazione e sintesi delle loro proposte;

- supporto tecnico agli organi della Conferenza dei Sindaci.

Tavolo di Sistema COMPONENTI: - dirigenti e funzionari comunali;

- dirigenti e funzionari dell’Azienda ULSS n. 20; - dirigenti e funzionari di altre Istituzioni pubbliche; - esponenti del Terzo Settore (cooperative, organizzazioni di volontariato,

associazioni di promozione sociale, fondazioni); - esponenti di enti religiosi e di altri soggetti solidaristici; - esponenti delle associazioni di categoria, delle organizzazioni sindacali,

della realtà imprenditoriale ed economico-finanziaria; - altri soggetti della comunità locale.

FUNZIONI: - indirizzo tecnico sulle linee politiche e strategiche del Piano di Zona;

- verifica generale del Piano di Zona; - implementazione, monitoraggio e verifica del Sistema delle Regole; - monitoraggio delle singole Aree tematiche nelle quali è articolato il

Piano di Zona, attraverso incontri con cadenza almeno annuale per ciascuna Area;

- eventuale articolazione al suo interno in gruppi di approfondimento tematico.

La partecipazione al tavolo è aperta a tutti i soggetti della comunità locale. Il Coordinamento è affidato all’Ufficio del Piano di Zona.

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

39

TAVOLI POLITICI

CONFERENZA

DEI SINDACI

ESECUTIVO

CONFERENZA DEI SINDACI

COMITATO DEI

PRESIDENTI CIRCOSCR. Distretto 1

COMITATO DEI SINDACI E PRESIDENTI CIRCOSCR. Distretto 2

COMITATO DEI SINDACI E PRESIDENTI CIRCOSCR. Distretto 3

COMITATO

DEI SINDACI Distretto 4

COORD. TECNICO

Distretto 1

COORD. TECNICO

Distretto 2

COORD. TECNICO

Distretto 3

COORD. TECNICO

Distretto 4

UFFICIO

DEL PIANO DI ZONA

COORD. TECNICO SOVRA

DISTRETT.LE

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

40

TAVOLI TECNICI DISTRETTUALI

COORDINAMENTO

TECNICO SOVRA

DISTRETTUALE

COORDINAMENTO

TECNICO DISTRETTO

Area 2

DISABILI

Area 3 INFANZIA MINORI

FAMIGLIA

Area 4

GIOVANI

UFFICIO

DEL PIANO DI ZONA

REFERENTI

TERRITORIALI UFFICIO DI PIANO

Area … ………

Area 1

ANZIANI

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

41

TAVOLI TECNICI SOVRADISTRETTUALI

Area 11 AZIONI

DI SISTEMA

Area 10

PROSTITU-ZIONE

Area 9

NOMADI-SMO

Area 8 SALUTE

MENTALE

Area 7 POVERTÀ

EMARGINA-ZIONE

Area 6

DIPENDEN-ZE

Area 5

IMMIGRA- ZIONE

Area 4

GIOVANI

Area 3 INFANZIA MINORI

FAMIGLIA

Area 2

DISABILI

Area 1

ANZIANI

COORD. TECNICO SOVRA

DISTRETT.

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

43

CAPITOLO 4 – IL SISTEMA DI VALUTAZIONE DEL PIANO DI ZONA I.4.1 Il processo di valutazione partecipata Il percorso di costruzione del Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009 si configura come un processo di programmazione partecipata che vede il coinvolgimento diretto e concreto di soggetti pubblici e del privato sociale in una prospettiva di reciprocità e di miglioramento continuo. Alla base è stata posta la condivisione e l’innegabile centralità di una cultura del Piano di Zona che si sostanzia in una logica di governance orientata al riconoscimento reciproco, alla flessibilità e al cambiamento nella consapevolezza che la pianificazione zonale va intesa non come un processo chiuso e definito una volta per tutte con la sua approvazione formale da parte della Conferenza dei Sindaci, ma come strumento di lavoro in continua evoluzione che può pertanto essere assoggettato ad aggiornamenti, modifiche, integrazioni e specificazioni in base a criteri di necessità o di opportunità. Per queste argomentazioni ed in ossequio alla legge n. 328/2000 che prevede espressamente che "per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali si adotti il metodo della pianificazione, dell’operatività per progetti e soprattutto della verifica dei risultati e della valutazione", diviene necessario che tutti gli enti e i soggetti che partecipano al Piano di Zona pongano in essere un percorso altrettanto condiviso di monitoraggio e di valutazione in senso stretto che accompagni tutto il ciclo di vita della pianificazione zonale coerentemente con il carattere dinamico e continuo dell’azione sociale. Un processo valutativo che deve divenire e rappresentare una prassi, una parte specifica ed imprescindibile del processo di programmazione, progettazione e realizzazione delle politiche e degli interventi sociali e che implica un’attenzione costante per i processi avviati, per le azioni intraprese e per le relazioni instauratesi secondo una logica di riflessione, di consapevolezza e di metodo. Un sistema di valutazione che si deve poi configurare e qualificare non tanto come strumento di controllo quanto piuttosto come strumento di accompagnamento progettuale rivolto a promuovere, per tutta la durata del Piano di Zona, meccanismi di analisi, di correzione e di apprendimento utili per la programmazione successiva o per la migliore calibratura dei progetti e degli interventi avviati e, quindi, in definitiva, per garantire il governo del sistema di welfare e la sua positiva evoluzione complessiva verso precisi obiettivi di benessere e di sicurezza sociale. I.4.2 Il monitoraggio, la verifica e la valutazione In coerenza con tale impostazione, la fase valutativa genericamente intesa diventa essenziale per rendere vivo e vitale il Piano di Zona e, non casualmente, essa è diventata di recente oggetto di maggiore attenzione rispetto al passato sia da parte della Regione Veneto che della dottrina più autorevole nel tentativo di declinare in concreto la disposizione normativa strettamente intesa. Nel dettaglio, il processo valutativo si compone di distinti momenti o fasi di indagine che sono sovente considerati come sinonimi tra loro, ma assumono, al contrario, significati e caratteristiche proprie: il monitoraggio, la verifica e la valutazione. Il monitoraggio consiste nell’individuare il grado di definizione o di avanzamento di un piano, di un processo, di un obiettivo o di un progetto nel corso della sua realizzazione con la finalità

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

44

di evidenziare l’eventuale discrepanza tra quanto definito e quanto conseguito in un dato momento storico. Il monitoraggio cioè segue parallelamente la realizzazione dell’oggetto d’indagine. La verifica si sostanzia in un mero accertamento trattandosi dell’azione mediante la quale si controlla se un risultato atteso sia stato o meno raggiunto sulla base di una rilevazione di carattere oggettivo e statico. Essa è caratteristica della fase finale di un’analisi che individua, a consuntivo, il verificarsi o meno di un determinato fatto. La valutazione implica invece il "dare valore": è cioè un’azione che porta alla costruzione di significato e quindi alla formulazione di un giudizio di valore. La valutazione, pertanto, non si limita a ratificare l’esistente, ad individuare gli errori, a comprendere in modo statico se esiste una distanza tra quanto stabilito in partenza e quanto ottenuto al termine di un’attività; elementi questi tutti propri della verifica. La valutazione è soprattutto un processo di ricerca che si propone di individuare gli sviluppi futuri tenendo conto sia degli elementi emersi dalla verifica sia, soprattutto, di tutti quegli aspetti che non erano prevedibili a priori e che, proprio perché inattesi, costituiscono la vera novità a partire dalla quale sarà possibile avviare la riprogrammazione e la riprogettazione. In altre parole, verificare significa decidere se un’azione ha avuto successo o insuccesso rispetto al modello che si doveva realizzare andando a ricercare i possibili errori; valutare si traduce nel cogliere i processi che quella azione ha attivato, le relazioni tra gli attori che si sono costituite, i fatti oggettivi che sono emersi. L’intero processo di attuazione del Piano di Zona sarà pertanto accompagnato da una costante attività di monitoraggio, verifica e valutazione: il monitoraggio rivolto a raccogliere informazioni in merito allo stato di avanzamento del Piano sia con riferimento ai servizi esistenti che alle progettualità di intervento; la verifica con riferimento ai risultati ottenuti; la valutazione orientata all’emersione di giudizi di valore in particolare sul processo, sugli elementi di criticità riscontrati, sulla reale efficacia delle politiche e delle azioni intraprese e sul loro impatto nel soddisfacimento dei bisogni, sulle prospettive per il futuro. I.4.3 Il sistema della valutazione: soggetti, unità di analisi e strumenti Analogamente a quanto previsto per le fasi di costruzione e di attuazione del Piano, anche per quella della sua analisi critica si deve necessariamente ricorrere ad una valutazione partecipata coinvolgendo tutti i soggetti istituzionali e sociali del territorio, a partire dalla preliminare condivisione del modello di valutazione da assumere, dall’impianto valutativo di riferimento e dagli strumenti da utilizzarsi. Di conseguenza, i soggetti della valutazione sono identificabili negli "attori" e cioè nei medesimi organismi del livello tecnico-specialistico e politico-strategico individuati in sede di definizione del "Manuale" e di approvazione del puntuale documento di indirizzo. Con la finalità prima di concretizzare la continuità del processo che caratterizza il ciclo di vita del Piano di Zona, infatti, l’assetto organizzativo delineato nel capitolo precedente prevede che i Tavoli tematici distrettuali e sovradistrettuali non vengano sciolti dopo l’approvazione del Piano di Zona, ma rimangano attivi per tutta la sua durata temporale, oltre che per implementare il Piano stesso, anche per permettere l’analisi periodica su priorità ed obiettivi strategici, bisogni essenziali e risorse, e per esprimere delle valutazioni che favoriscano la taratura delle politiche e degli interventi. L’Ufficio del Piano di Zona, in particolare, è deputato a gestire i processi tecnico-operativi, metodologici e comunicativi coordinando le attività di rilevazione mediante la predisposizione o l’utilizzo di appositi strumenti di indagine e l’aggiornamento sistematico dei dati relativi alle risorse esistenti e ai progetti di intervento, oltre alla restituzione delle informazioni ai soggetti attori del Piano di Zona cui spetta lo specifico compito della valutazione.

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

45

Dal punto di vista del metodo, il sistema di valutazione dovrà essere collegato al processo, agli obiettivi e alle azioni pianificate e supportato da una procedura rigorosa ed oggettiva. Riguardo ai contenuti, gli oggetti concreti del monitoraggio, della verifica e della valutazione (le cosiddette "unità di analisi"), individuati secondo criteri di priorità o di interesse prevalente, sono essenzialmente: • il Piano di Zona inteso come strumento di governance ovvero come processo di

programmazione partecipata permanente fondato sul sistema di regole locali contenute nel "Manuale del Piano di Zona dei Servizi alla Persona" e concretizzato in un determinato assetto organizzativo;

• il Piano di Zona come atto di programmazione sociale e socio-sanitaria complessiva esplicitata in dettaglio negli obiettivi strategici;

• le singole aree di intervento con specifico riferimento al grado di soddisfazione della domanda sociale e dell’utente, alle singole priorità di area, al miglioramento complessivo del sistema dei servizi, all’integrazione socio sanitaria, alla sostenibilità degli interventi;

• le singole progettualità identificate in ciascuna area di intervento comprese le iniziative sperimentali;

• i singoli servizi ed interventi con una particolare attenzione per quelli assoggettati ad una revisione/riorganizzazione sulla base di sopravvenute disposizioni regionali (ad esempio, gli assegni di cura).

Ferma restando l’esigenza di dotarsi di un metodo rigoroso, la presenza di più unità di analisi, la diversità tra queste nonché le differenti modalità di indagine (monitoraggio, verifica e valutazione) richiedono l’utilizzo di tecniche miste, basate sul ricorso a più strumenti e a diversi canali informativi secondo la logica propria di una pianificazione flessibile. In linea generale, si ipotizza di avvalersi di analisi di dati e di documentazione, questionari o sondaggi, interviste a soggetti privilegiati, focus group con i destinatari e gli stakeholders (portatori di interessi qualificati), "brain storming" e metodo "delphi" e altre modalità che saranno puntualmente individuate per ogni distinta unità di analisi. E’ altresì previsto l’utilizzo delle schede di rilevazione approntate recentemente dalla Regione Veneto (DGR 28 novembre 2006 n. 3702) oltre all’annuale predisposizione della relazione valutativo-previsionale.

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

47

PARTE SECONDA CAPITOLO 1 – LE LINEE DI INDIRIZZO Il presente capitolo costituisce un’introduzione di carattere generale alla Parte Seconda del Piano di Zona, strutturata per singole aree di intervento, che si è ritenuto opportuno inserire con lo scopo di mettere in luce, in continuità con i presupposti di fondo di tipo normativo e metodologico indicati nella Parte prima, quegli elementi che se non evidenziati renderebbero incomprensibili gli esiti fin qui raggiunti nel percorso di costruzione del nuovo strumento pianificatorio della Conferenza dei Sindaci dei Comuni del territorio dell’Azienda ULSS n. 20. II.1.1 Il documento di indirizzo Tre sono gli adempimenti fondamentali previsti per la fase di avvio del processo di costruzione del nuovo Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009 nel rispetto di quanto stabilito dal relativo "Manuale": • l’apertura ufficiale dei lavori mediante apposite sedute degli organi della Conferenza e la

successiva pubblicazione di un avviso ad hoc rivolto alla comunità locale per promuovere e definire le modalità di partecipazione;

• l’individuazione e l’effettiva costituzione, conformemente a quanto indicato nella DGR 28 novembre 2006 n. 3702, del "gruppo guida";

• l’adozione di uno o più atti di indirizzo che definisce le principali linee di processo, le attività, i tempi di realizzazione, le modalità organizzative e gli aspetti metodologici in relazione ad una determinata e specifica pianificazione di zona.

La declinazione a livello locale delle concrete modalità temporali, organizzative ed operative ha trovato una prima puntuale definizione nell’atto di indirizzo approvato dall’Esecutivo della Conferenza dei Sindaci con provvedimento n. 3 del 1 febbraio 2007 e denominato "Documento di indirizzo per la realizzazione del Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009". Per poter comprendere il contenuto dispositivo di questo documento si accenna sinteticamente ad alcuni elementi di contesto che permettono di apprezzarne gli aspetti sia di continuità che di innovatività. Tali presupposti si rinvengono: • nei precedenti Piani di Zona adottati rispettivamente nel settembre 1999 e per il triennio

2003-2005 che costituiscono un patrimonio di informazioni e di politiche che deve essere salvaguardato e tenuto presente in un’ottica di continuità tra le varie programmazioni;

• nei recenti Piani settoriali approvati dalla Conferenza dei Sindaci (il Piano triennale di intervento per la lotta alla droga previsto dalla DGR n. 456/2006; il Piano locale per la Domiciliarità di cui alla DGR n. 39/2006; il Piano locale della Disabilità contemplato dalla DGR n. 1859/2006 e il Piano locale per la Non Autosufficienza promosso dalle DGR n. 394/2007 e n. 457/2007) che hanno preceduto la pianificazione di zona e per i quali è necessaria un’attività di armonizzazione;

• nella deliberazione della Giunta regionale 28 novembre 2006 n. 3702 contenente le linee guida per la predisposizione dei Piani di Zona 2007-2009 che, tra i vari aspetti, introduce la valutazione come imprescindibile strumento della pianificazione zonale;

• nel più volte richiamato "Manuale del Piano di Zona dei Servizi alla Persona" che si pone l’ambizioso obiettivo di instaurare un processo permanente di programmazione partecipata di coprogettazione e di realizzazione in partnership, offrendo innovativi spazi di coinvolgimento e di protagonismo alle realtà istituzionali e sociali della comunità locale;

• nella piena consapevolezza dell’importanza strategica che assume la dinamica di processo e la sperimentazione di un metodo di lavoro secondo una logica incrementale.

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

48

Alla luce di quanto sopra esposto e dell’esperienza maturata sia in sede di pianificazione zonale che settoriale, nell’ambito delle competenze proprie dell’Esecutivo e secondo la scansione temporale prevista in un apposito diagramma di Gantt, il documento di indirizzo ha: a) identificato il "gruppo guida" nell’Esecutivo medesimo che ha presieduto e governato tutte

le diverse fasi per la predisposizione, realizzazione e attuazione del Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009. Nello svolgimento di tale funzione generale di coordinamento e di raccordo con i Comitati dei Sindaci di Distretto, il "gruppo guida" si è avvalso dell’Ufficio di Piano che ha operato in sinergia con i Servizi dei Comuni facenti parte della Conferenza otre che in stretto collegamento con i competenti Uffici dell’Azienda ULSS n. 20;

b) individuato nel nuovo Piano di Zona 2007-2009 lo strumento per gestire il complesso passaggio tra la pianificazione territoriale precedente e quella futura;

c) determinato la base conoscitiva del nuovo Piano di Zona, che è connotata dagli esiti dell’attività di ricognizione dei servizi e dei progetti svolta nella precedente pianificazione, dalla ricognizione compiuta presso tutti i Comuni e l’Azienda ULSS anche tenendo conto delle recenti direttive regionali e dalle rilevazioni effettuate in occasione dei Piani settoriali già approvati dalla Conferenza dei Sindaci;

d) considerato i Piani settoriali approvati come un’opportunità di cui si è tenuto conto nel processo di elaborazione del Piano di Zona, in quanto gli stessi hanno permesso di evidenziare un complesso sistema di interventi e di servizi in risposta a particolari bisogni sociali ed individuato, all’interno dell’area tematica di riferimento, alcuni obiettivi specifici e risultati attesi;

e) concretizzato la finalità principale del nuovo Piano di Zona nell’avvio, a partire dalla valorizzazione della dimensione territoriale, di un processo che non si esaurisca con la formale approvazione del "documento" di Piano, ma si estenda temporalmente almeno all’intero triennio di validità. Una pianificazione intesa come frutto di un lavoro dinamico e integrato attraverso un continuo confronto partecipato con tutti i soggetti coinvolti e quindi come un documento aperto nel quale, attraverso il sistema delle regole adottato, si realizza la pianificazione partecipata permanente;

f) indicato nei Tavoli tematici distrettuali il riferimento centrale del processo di costruzione, realizzazione e valutazione del Piano di Zona.

Parallelamente agli obiettivi di sistema adottati nell’ottica di operare per la salvaguardia e il consolidamento degli attuali livelli, l’Esecutivo della Conferenza dei Sindaci si è posto altri importanti traguardi di carattere generale da raggiungere nell’arco dei prossimi tre anni: • assumere come modello le esperienze di carattere innovativo, emerse a livello territoriale,

sistematizzandole nell’ottica di una loro riproducibilità e sviluppandole in altri contesti con opportuni investimenti che tengano conto delle specificità e peculiarità presenti;

• creare le condizioni favorevoli affinché trovi sempre più spazio l’avvio di nuove sperimentazioni in grado di rispondere a quei bisogni emergenti ancora scarsamente riconosciuti e/o non sostenuti sufficientemente da adeguati interventi;

• realizzare un sistema integrato di risposte ai bisogni che valorizzi il princìpio di sussidiarietà quale modalità di condivisione delle funzioni istituzionali da parte delle formazioni sociali, in un quadro di chiara definizione dei diritti sociali della popolazione e di effettiva risposta agli stessi.

II.1.2 Il processo di elaborazione L’Esecutivo della Conferenza dei Sindaci, in sede di approvazione dell’atto di indirizzo, ha contestualmente fatto proprio il quadro riepilogativo dello sviluppo logico-temporale delle attività necessarie per giungere nei tempi previsti all’elaborazione del sistema delle regole locali e del Piano di Zona. Sintetizzato, a cura dell’Ufficio di Piano, in uno specifico diagramma di Gantt, sotto riportato, il percorso elaborativo è stato suddiviso in una serie di attività che hanno visto coinvolti alcuni

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

49

testimoni privilegiati della realtà locale, l’Esecutivo e la Conferenza dei Sindaci, i Comitati dei Sindaci di Distretto, i Tavoli tematici distrettuali e sovradistrettuale, l’Ufficio del Piano di Zona. In sintesi, si può affermare che quanto previsto ad avvio dell’intero procedimento è stato sostanzialmente rispettato sia riguardo gli step temporali che in relazione ai contenuti che hanno arricchito la costruzione del Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009. La rappresentazione tramite il cronogramma ha permesso, inoltre, a tutti i soggetti coinvolti di affrontare realmente in termini di processo sia la scansione temporale delle attività da realizzare, sia le interrelazioni e la possibile propedeuticità tra di esse, sia infine l’effettiva assunzione di responsabilità rispetto ad ogni specifica azione unitamente alla continua costruzione di meccanismi di condivisione e partecipazione. Va rilevato, infatti, come l’utilizzo di strumenti quali il diagramma di Gantt che tengono conto contemporaneamente della dimensione dello sviluppo temporale, di quella relativa alla realizzazione delle attività e la uniscono all’identificazione dei soggetti che ne sono responsabili o attuatori, possa favorire un corretto sviluppo progettuale.

1^ Fase: LE REGOLE: IL MANUALE DEL PIANO DI ZONA

30.1

0.0

6–05.1

1.0

6

13.1

1 0

6–26.1

1.0

6

27.1

1.0

6-1

0.1

2.0

6

11.1

2.0

6-2

4.1

2.0

6

25.1

2.0

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7.0

1.0

7

08.0

1.0

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1.0

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7

22.0

1.0

7-0

4.0

2.0

7

05.0

2.0

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2.0

7

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2.0

7-0

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3.0

7

05.0

3.0

7-1

8.0

3.0

7

19.0

3.0

7-0

1.0

4.0

7

02.0

4.0

7-1

5.0

4.0

7

16.0

4.0

7-2

9.0

4.0

7

1 Realizzazione percorso partecipato

1.1 Esecutivo: presentazione percorso, metodologia e ipotesi d'avvio sistema delle regole

07.11.06

1.2 Condivisione processo con Comitati di Distretto

1.3 Conferenza: approvazione percorso, metodologia e ipotesi d'avvio sistema delle regole

21.11.06

1.4 Incontro Assessore con Presidenti di Circoscrizione Comune di Verona

1.5 Realizzazione percorso partecipato di costruzione del sistema delle regole

2 Raccolta e studio buone prassi e normativa

2.1 Raccolta elementi utili dalla letteratura e/o da precedenti esperienze significative

2.2 Definizione delle azioni e del loro sviluppo

2.3 Consegna materiali di studio a componenti UdP 19.12.06

2.4 Incontro con Assessore su DGR n. 3702/2006 e testo normativo coordinato

21.12.06

3 Realizzazione interviste e focus group

3.1 Individuazione dei testimoni privilegiati e invio lettere di richiesta di disponibilità

13.12.06

3.2 Preparazione griglia intervista

3.3 Realizzazione n. 26 interviste semistrutturate 10.01.07

3.4 Elaborazione 1^ ipotesi del sistema delle regole 15.01.07

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

50

30.1

0.0

6–05.1

1.0

6

13.1

1 0

6–26.1

1.0

6

27.1

1.0

6-1

0.1

2.0

6

11.1

2.0

6-2

4.1

2.0

6

25.1

2.0

6-0

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1.0

7

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1.0

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1.0

1.0

7

22.0

1.0

7-0

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2.0

7

05.0

2.0

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2.0

7

19.0

2.0

7-0

4.0

3.0

7

05.0

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3.0

7

19.0

3.0

7-0

1.0

4.0

7

02.0

4.0

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5.0

4.0

7

16.0

4.0

7-2

9.0

4.0

7

3.5 Organizzazione focus group

3.6 Incontro formativo per preparazione focus group

3.7 Realizzazione n. 4 focus group

3.8 Restituzione esito focus gruop 19.01.07

4 Elaborazione sistema delle regole

4.1 Stesura ipotesi definitiva del sistema delle regole

4.2 Consegna Assessore ipotesi sistema delle regole per validazione

25.01.07

4.3 Consegna IRS per validazione del sistema delle regole

25.01.07

4.4 Revisione "Rapporto della ricerca per la costruzione del Sistema delle regole"

4.5 Esecutivo: approvazione "Rapporto della ricerca per la costruzione del Sistema delle regole"

01.02.07

5 Elaborazione "Manuale"

5.1 Raccolta documentazione tecnico-giuridica ed analisi delle norme in materia di pianificazione

5.2 Redazione di due documenti (generale e specifico) sul Piano di Zona

5.3 Elaborazione schema Manuale del Piano di Zona dei Servizi alla persona

5.4 Consegna Assessore ipotesi "Manuale" per la validazione

10.02.07

5.5 Consegna IRS ipotesi Manuale per validazione 10.02.07

5.6 Stesura definitiva Manuale del Piano di Zona dei Servizi alla Persona

5.7 Condivisione processo con Comitati di Distretto

5.8 Condivisione processo con Presidenti di Circoscrizione Comune di Verona

5.9 Condivisione processo con Assessori e Dirigenti Comune di Verona

5.10 Conferenza dei Sindaci: approvazione Manuale del Piano di Zona dei Servizi alla Persona

15.02.07

2^ Fase: I CONTENUTI. IL DOCUMENTO DEL PIANO DI ZONA

30.1

0.0

6–05.1

1.0

6

13.1

1 0

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1.0

6

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1.0

6-1

0.1

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6

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2.0

6-2

4.1

2.0

6

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2.0

6-0

7.0

1.0

7

08.0

1.0

7-2

1.0

1.0

7

22.0

1.0

7-0

4.0

2.0

7

05.0

2.0

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19.0

2.0

7-0

4.0

3.0

7

05.0

3.0

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8.0

3.0

7

19.0

3.0

7-0

1.0

4.0

7

02.0

4.0

7-1

5.0

4.0

7

16.0

4.0

7-2

9.0

4.0

7

6 Programmmazione partecipata

6.1 Esecutivo: approvazione "Documento di indirizzo" e designazione "Gruppo guida"

01.02.07

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

51

30.1

0.0

6–05.1

1.0

6

13.1

1 0

6–26.1

1.0

6

27.1

1.0

6-1

0.1

2.0

6

11.1

2.0

6-2

4.1

2.0

6

25.1

2.0

6-0

7.0

1.0

7

08.0

1.0

7-2

1.0

1.0

7

22.0

1.0

7-0

4.0

2.0

7

05.0

2.0

7-1

8.0

2.0

7

19.0

2.0

7-0

4.0

3.0

7

05.0

3.0

7-1

8.0

3.0

7

19.0

3.0

7-0

1.0

4.0

7

02.0

4.0

7-1

5.0

4.0

7

16.0

4.0

7-2

9.0

4.0

7

6.2 Conferenza dei Sindaci: approvazione Avviso Pubblico e relativi strumenti attuativi

15.02.07

6.3 Pubblicazione Avviso pubblico (affissione Albo pretorio, avvisi su stampa, conferenza stampa)

6.4 Comitati dei Sindaci: indicazione dei Tavoli tematici da attivare nel Distretto di competenza

6.5 Assemblea generale Terzo Settore: presentazione "Manuale"

24.02.07

6.6 Raccolta dichiarazioni di partecipazione delle organizzazioni del Terzo Settore

6.7 Esecutivo: definizione aree tematiche distrettuali e sovradistrettuali, avvio dei Tavoli tematici

06.03.07

6.8 Organizzazione e convocazione Tavoli tematici distrettuali

6.9 1^ incontro Tavoli distrettuali: organizzazione (partecipanti, coordinamento, priorità, tempi)

6.10 2^ incontro Tavoli distrettuali: individuazione priorità Area, nomina rappresentanti

6.11 1^ incontro Tavoli sovradistrettuali: organizzazione (partecipanti, priorità, tempi)

6.12 Comitati dei Sindaci: condivisione stesura definitiva del Piano di Zona

6.13 2^ incontro Tavoli sovradistrettuali: sintesi Tavoli distrettuali e individuazione priorità

7 Base conoscitiva

7.1 Comunità di pratica c/o Regione: incontri con Uffici di Piano per costruzione nuovi PdZ

7.2 Individuazione campo di rilevazione in collaborazione con Servizi Sociali Azienda ULSS

7.3 Condivisione percorso di ricognizione dei servizi territoriali con Comitati dei Sindaci

7.4 Incontri con tecnici dei Comuni per rilevazione, consegna schede, illustrazione compilazione

7.5 Raccolta schede di rilevazione e costruzione degli strumenti di elaborazione dei dati

7.6 Condivisione e coordinamento nell'elaborazione dei dati con funzionari Servizi Sociali Az. ULSS

7.7 Elaborazione base conoscitiva

8 Elaborazione Documento Piano di Zona

8.1 Stesura bozza indice Documento PdZ

8.2 Stesura bozza struttura Documento PdZ

8.3 Elaborazione sintesi priorità emerse dai Tavoli distrettuali di area

8.4 Stesura parte generali e di inquadramento complessivo del Documento PdZ

8.5 Elaborazione e stesura della base conoscitiva

8.6 Elaborazione sintesi priorità emerse dai Tavoli sovradistrettuali di area

8.7 Stesura definitiva Documento PdZ

8.8 Esecutivo: presentazione ed approvazione Documento PdZ

17.04.07

8.9 Conferenza: presentazione ed approvazione Documento PdZ

19.04.07

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

52

II.1.3 La definizione delle aree di intervento Per definire i contenuti del Piano di Zona è necessario fare riferimento alle Aree di bisogno ed alle prestazioni di carattere sociale o legate all’integrazione socio-sanitaria identificate dalla normativa attualmente vigente e riportate in modo schematico nella seguente tabella.

Legge n. 328/2000 Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali 2001-2003

Prestazioni sociali: • misure di contrasto della povertà e di sostegno al

reddito familiare e servizi di accompagnamento, con particolare riferimento alle persone senza fissa dimora;

• misure economiche per favorire la vita autonoma e la permanenza a domicilio di persone totalmente dipendenti o incapaci di compiere gli atti propri della vita quotidiana;

• interventi di sostegno per minori in situazioni di disagio tramite il sostegno al nucleo familiare di origine e l'inserimento presso famiglie, persone e strutture comunitarie di accoglienza di tipo familiare e per la promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza;

• misure per il sostegno delle responsabilità familiari;

• misure per favorire l’armonizzazione del tempo di lavoro e di cura familiare;

• misure di sostegno alle donne in difficoltà; • interventi per la piena integrazione delle persone

disabili; • interventi per le persone anziane e disabili per

favorire la permanenza a domicilio; • prestazioni integrate di tipo socio educativo per

l’infanzia e l’adolescenza; • interventi per contrastare le dipendenze; • l’informazione e la consulenza alle persone e alle

famiglie per favorire la fruizione di servizi e per promuovere iniziative di auto-mutuo aiuto;

• le misure volte a contrastare la povertà e l’esclusione sociale;

• le misure per favorire l’inclusione della popolazione immigrata

D.Lgs. n. 502/1992

Aree di bisogno: • materno infantile; • anziani non autosufficienti; • malati mentali; • persone disabili; • persone con problemi di dipendenza; • persone con patologie a forte impatto sociale

(quali HIV); • persone nella fase terminale della vita; • persone con inabilità o disabilità e conseguenti

malattie cronico-degenerative Con riferimento a tale individuazione, la Regione Veneto ha ritenuto di indicare le seguenti aree di intervento rispetto alle quali procedere nella costruzione, realizzazione e valutazione del Piano di Zona: • Anziani • Disabili • Infanzia Minori e Famiglia • Giovani

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

53

• Immigrazione • Dipendenze • Povertà ed Emarginazione • Salute Mentale • Nomadismo • Prostituzione • Generale (comprende gli aspetti comuni a più politiche o legati al "sistema"). La Conferenza dei Sindaci, recependo quanto indicato nelle linee guida regionali, ha ritenuto di individuare per il Piano di Zona 2007-2009 le medesime aree di intervento, ferma restando la possibilità di procedere, dopo un adeguato periodo di sperimentazione, agli adeguamenti che in tal senso si rendessero opportuni. Va sottolineato comunque come l’attuale scelta, che tiene conto delle politiche presenti sul territorio sia sociali sia socio-sanitarie, apre in modo innovativo rispetto ad ambiti tematici fino ad oggi scarsamente affrontati con la pianificazione zonale. Rispetto ad ognuno di questi ambiti tematici, il Piano di Zona, nel corso del suo sviluppo, individua le direttrici di consolidamento e di innovazione, evidenziando in particolare: • l’analisi e la valutazione dei bisogni della popolazione; • la descrizione sull’offerta dei servizi; • le priorità di intervento, gli obiettivi strategici, le azioni; • gli strumenti e i mezzi; • le modalità organizzative dei servizi ed i requisiti di qualità che ne garantiscano l’equa

distribuzione, l’omogeneità e l’uniformità nel territorio; • l’individuazione, la quantificazione e la qualificazione delle risorse finanziarie, strutturali e

professionali necessarie; • le modalità di collaborazione e di coordinamento con i soggetti istituzionali, sociali e

produttivi; • le forme di concertazione con l’Azienda ULSS rispetto all’area delle prestazioni socio-

sanitarie ed in particolare per garantire l’integrazione tra i Servizi sociali dei vari Comuni e i Servizi sanitari distrettuali;

• le azioni locali per lo sviluppo del sistema informativo e per la comunicazione sociale. Infine la presenza di un’area generale o trasversale è funzionale a considerare il Piano di Zona come un sistema esso stesso in cui le dinamiche di processo e di relazione devono emergere ed essere valutate in una sede appropriata, in quanto fondamento indispensabile per la realizzazione della "rete" locale.

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

54

II.1.4 L’attivazione del processo di programmazione partecipata L’aspetto centrale della nuova organizzazione chiamata a presiedere la costruzione e l’attuazione del Piano di Zona, così come definita nel già ampiamente citato "Manuale", è che essa si fonda su innovative forme di partecipazione della comunità locale, nella logica che la programmazione, realizzazione e valutazione delle politiche sociali e socio-sanitarie di un territorio deve avere origine dal confronto e dalla condivisione responsabile di tutti gli attori presenti. La Conferenza dei Sindaci ha ritenuto, pertanto, non solo di utilizzare tutte le forme opportune per comunicare l’avvio dei lavori del Piano di Zona, quali conferenze stampa, incontri pubblici o articoli sugli organi di informazione, bensì anche di mettere in campo le modalità proprie di pubblicizzazione che attengono ad una pubblica amministrazione. Particolarmente innovativo, in tal senso, è stato l’apposito avviso pubblico del 16 febbraio 2007, pubblicato all’Albo Pretorio di tutti i Comuni del territorio e divulgato nelle apposite pagine degli avvisi legali del quotidiano locale. Con esso è stato reso noto l’avvio del processo per la definizione del Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009 e le organizzazioni del Terzo Settore e tutti i soggetti del territorio interessati sono state invitati a partecipare mediante la presentazione entro il termine del 5 marzo 2007 di una specifica dichiarazione, nella quale ogni singola formazione sociale ha esplicitato il proprio interesse per uno o più Distretti socio-sanitari e per una o più aree tematiche di intervento. Sono pervenute all’Ufficio del Piano di Zona 139 dichiarazioni di partecipazione, in prevalenza di Associazioni di Volontariato, Cooperative sociali e Fondazioni, che hanno riguardato tutti gli ambiti distrettuali e interessato, in misura più o meno numerosa, tutte le dieci aree di intervento. Contemporaneamente la Conferenza dei Sindaci, definito che a livello sovradistrettuale sarebbero stati attivati tutti i dieci tavoli rispetto alle Aree tematiche previste, ha dato mandato ai Comitati dei Sindaci di Distretto di indicare quali tavoli tematici costituire nel proprio ambito distrettuale, a partire da una valutazione dei seguenti aspetti: • il Piano di Zona è un processo che si attua in quattro fasi nell’arco dei tre anni di durata.

La prima fase si conclude il 30 aprile 2007 con la presentazione del documento di pianificazione alla Regione Veneto, la seconda si snoda dal mese di maggio al mese di dicembre 2007, la terza e la quarta coincidono rispettivamente con gli anni 2008 e 2009;

• i Tavoli tematici sono tavoli permanenti per l’intero triennio 2007-2009, ma la loro costituzione è progressiva nel tempo, nell’ottica della logica incrementale;

• il rischio della non sostenibilità poiché l’attivazione immediata già a partire dalla prima fase di tutti i quaranta tavoli previsti (dieci per ciascun dei quattro Distretti) obbligherebbe i funzionari comunali e dell’Azienda ULSS, oltre che degli altri enti pubblici e privati interessati, a impegnare il proprio tempo lavorativo quasi esclusivamente nella partecipazione a tali Tavoli;

• l’effettiva presenza di servizi, progetti, interventi, attività nel proprio ambito territoriale rispetto a tutte le specifiche aree tematiche, per evitare di costituire tavoli con partecipazioni limitate e su contenuti non concreti.

L’Esecutivo, raccolte le proposte formulate dai Comitati, con provvedimento n. 4 del 6 marzo 2007, ha approvato formalmente la costituzione dei dieci Tavoli tematici sovradistrettuali e di altrettanti Tavoli distrettuali, così come riportati nella prima delle seguenti tabelle, sottolineando al contempo come tale individuazione sia suscettibile da un lato dell’integrazione già prevista entro l’anno 2007 come indicato nella seconda tabella, dall’altro di una valutazione e ridefinizione complessiva per le fasi successive.

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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TAVOLI TEMATICI ATTIVATI AL 30.04.2007

Tavoli distrettuali Area tematica

Distretto 1 Distretto 2 Distretto 3 Distretto 4

Tavoli sovradistrettuali

Anziani X X X X X

Disabili X X X X

Infanzia Minori Famiglia X X X

Giovani X X

Immigrazione X

Dipendenze X

Povertà ed emarginazione X

Salute Mentale X

Nomadismo X

Prostituzione X

Totale 2 3 2 3 10

TAVOLI TEMATICI ATTIVATI ENTRO IL 31.12.2007

Tavoli distrettuali Area tematica

Distretto 1 Distretto 2 Distretto 3 Distretto 4

Tavoli sovradistrettuali

Anziani X X X X X

Disabili O X X X X

Infanzia Minori Famiglia O X X X

Giovani X O O X

Immigrazione O O X

Dipendenze O O X

Povertà ed emarginazione X

Salute Mentale O O O X

Nomadismo X

Prostituzione X

Totale 2 + 3 3 + 2 2 + 3 3 + 2 10

Rispetto a tale quadro complessivo, l’Esecutivo della Conferenza dei Sindaci ha dato mandato all’Ufficio di Piano di procedere nella convocazione ai rispettivi Tavoli tematici distrettuali dei soggetti che hanno presentato la dichiarazione di partecipazione, avviando così concretamente i lavori di elaborazione del Piano di Zona. La costituzione dei Tavoli, la loro organizzazione interna e gli esiti degli incontri svolti sono riportati nel successivo capitolo 2 della presente Parte seconda. Riguardo alle organizzazioni che, pur presentando la dichiarazione di partecipazione, non hanno trovato costituiti i tavoli indicati, si è provveduto a convocarli in appositi incontri coordinati dallo stesso Ufficio di Piano, dedicati a da un lato a comunicare le modalità di avvio della nuova struttura organizzativa, dall’altro a identificare in modo condiviso possibili spazi di partecipazione anche nella prima fase. Anche rispetto a tali incontri, si rimanda al capitolo seguente.

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

57

CAPITOLO 2 – LE AREE DI INTERVENTO II.2.1 I tavoli tematici I Tavoli tematici sono il luogo e lo spazio di carattere tecnico nei quali viene esercitata concretamente la partecipazione di tutti gli attori delle comunità locale al processo di costruzione e realizzazione del Piano di Zona. La Conferenza dei Sindaci, come illustrato nel precedente capitolo, ha avviato il processo pianificatorio da un lato definendo che, rispetto alle quattro fasi del Piano snodate nell’arco dei suoi tre anni di durata, i tavoli saranno permanenti. Dall’altro, anche recependo le istanze dei Comitati dei Sindaci di Distretto, ha definito la costituzione immediata di tutti i tavoli sovradistrettuali relativi alle dieci aree e di un numero limitato di tavoli distrettuali, prevedendo l’attivazione degli altri in fasi successive. Tavoli distrettuali In relazione alle scelte operate dall’Esecutivo, i dieci tavoli complessivamente attivati tra le diverse aree tematiche nei quattro Distretti sono stati convocati per due successivi incontri. Il primo è stato dedicato soprattutto alla costituzione dei tavoli, aspetto centrale nell’avvio della nuova organizzazione poiché per la prima volta, infatti, si sono trovati a confrontarsi e pianificare soggetti appartenenti ad enti pubblici (Comuni, Azienda ULSS, Azienda Ospedaliera, altre Istituzioni pubbliche interessate al singolo tema quale Ministero di Giustizia, Ufficio Scolastico Provinciale, IPAB, ecc.) presenti per funzione istituzionale e soggetti del Terzo Settore che hanno sottoscritto il patto di partecipazione. Significativa, nella nuova ottica paritaria di composizione del tavolo, pur nel rispetto della diversità di ruolo e funzione di ciascuno, è stata la nomina del coordinatore, figura di supporto ai lavori e non di rappresentanza, che ha visto l’individuazione sia di rappresentanti pubblici che del privato sociale. Il secondo ed ultimo incontro di questa prima fase, invece, è stato centrato su aspetti di contenuto con l’individuazione, rispetto all’area specifica e all’ambito territoriale, di alcune priorità ed obiettivi che costituiscono la base della programmazione strategica futura, le cui sintetiche schede finali sono riportate integralmente nei capitoli successivi. Complessivamente i tavoli hanno avuto sia una significativa rispondenza rispetto alla partecipazione di tutti i soggetti (n. 78 appartenenti alle Istituzioni pubbliche e n. 170 del Terzo Settore per un totale di n. 248 persone presenti nei diversi tavoli), sia, soprattutto, una buona disponibilità al dialogo e al confronto ed una importante attenzione al nuovo metodo di partecipazione al processo di pianificazione. Un’ultima significativa annotazione va riservata, infine, a tutte le organizzazioni del Terzo Settore che, pur avendo presentato l’apposita di dichiarazione di partecipazione, non hanno visto ancora attivati nei vari Distretti i tavoli prescelti. Considerato che la prima fase del Piano di Zona aveva come obiettivo la costruzione del presente documento, per non rinunciare ai possibili importanti contenuti di cui tali soggetti sono portatori, si è ritenuto di individuare una parziale, ma comunque significativa, forma di partecipazione al processo elaborativo. Convocati in appositi incontri suddivisi per Distretto di appartenenza e area tematica, sono stati invitati a nominare tra loro dei rappresentanti provvisori con il mandato, da un lato, di

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raccogliere proposte e indicazioni sulle priorità e gli obiettivi strategici di ciascuna area rispetto allo specifico ambito territoriale e, dall’altro, di portare tali contenuti ai Tavoli sovradistrettuali. Tavoli sovradistrettuali I Tavoli sovradistrettuali attivati per ciascuna delle dieci aree tematiche, la cui funzione è sostanzialmente di essere momento di sintesi delle proposte dei Tavoli distrettuali individuando le strategie più idonee per il raggiungimento degli obiettivi previsti, sono stati convocati anzitutto per un primo incontro dedicato in gran parte alla loro costituzione, compresa la nomina dei coordinatori. Va rilevato che ciascun Tavolo ha visto presenti, per un numero complessivo di 102 persone, (delle quali 49 del settore pubblico e 53 del privato sociale) i seguenti soggetti: • dirigenti e funzionari dei Comuni individuati dai Sindaci facenti parte dell’Esecutivo per il

corrispondente Distretto; • dirigenti e funzionari dell’Azienda ULSS n. 20 individuati dal Direttore dei Servizi Sociali; • funzionari di altre istituzioni pubbliche interessate a specifiche aree tematiche quali

Azienda Ospedaliera, Ministero di Giustizia, Ufficio Scolastico Provinciale; • rappresentanti del Terzo Settore nominati nei relativi Tavoli distrettuali; • rappresentanti provvisori del Terzo Settore individuati come sopra specificato. Il secondo incontro, invece, è stato orientato all’identificazione all’interno di ciascuna area dei temi di interesse, con la successiva declinazione in priorità ed obiettivi: nei capitoli successivi sono riportate in modo integrale le relative schede, elemento fondante per la programmazione strategica futura. Dal punto di vista metodologico ed organizzativo va sottolineato come tutti i Tavoli, salvo alcuni che hanno avuto più difficoltà nella fase di avvio, siano complessivamente riusciti a raggiungere l’obiettivo prefissato con un buon grado di integrazione tra i soggetti partecipanti, una significativa attenzione agli apporti di ciascuno ed una condivisione nella ricerca della sintesi. II.2.2 L’elaborazione della base conoscitiva e le schede di rilevazione La base conoscitiva del Piano di Zona 2007-2009 è costituita da una pluralità di dati provenienti essenzialmente da: • gli esiti dell’attività di ricognizione dei servizi e dei progetti compiuta con il precedente

Piano di Zona 2003-2005; • le rilevazioni effettuate in occasione dell’elaborazione dei singoli Piani settoriali già

approvati dalla Conferenza dei Sindaci; • l’indagine realizzata nell’ambito delle recenti direttive regionali relative alle schede di

valutazione con riferimento all’anno 2005; • la rilevazione posta in essere per questa nuova pianificazione di zona. Va sottolineato che l’elaborazione della base conoscitiva è stata avviata a partire dalle linee guida regionali per la predisposizione dei Piani di Zona che hanno introdotto una logica valutativa orientata: • alla costruzione di un linguaggio condiviso e di un sistema di classificazione suddiviso in

tre grandi categorie: unità di offerta, insiemi complessi di prestazioni, progetti; • all’esigenza di conseguire un certo grado di confrontabilità tra i vari Piani di Zona adottati

nel territorio regionale; • all’avvio di processi di autovalutazione dei singoli ambiti territoriali affiancata al

monitoraggio e alla valutazione da parte della Regione; • alla rivisitazione dell’attuale concezione di programmazione locale e regionale.

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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Le schede di rilevazione utilizzate, il cui contenuto viene sinteticamente presentato nei capitoli successivi e sviluppato nella sua interezza nell’apposito allegato, da un lato permettono la mappatura del sistema dei servizi ed interventi esistenti (schede A e B), dall’altro sono strumento di programmazione sull’intero arco temporale di validità del Piano (schede C e D). Da sottolineare è sicuramente il processo di rilevazione che, nel tentativo di condividere ed allineare i dati provenienti dalle diverse banche dati, ha portato ad una significativa sinergia tra l’Azienda ULSS, per gli interventi di propria competenza, e l’Ufficio del Piano di Zona circa i servizi e le azioni attuati dalle Amministrazioni Locali. Nonostante la mappatura non sia completa per l’assenza di alcune fonti informative e per la naturale difficoltà connessa alla prima applicazione di uno strumento ancora in divenire, le informazioni acquisite sono comunque sufficienti per iniziare un percorso di analisi che andrà ad implementarsi nel corso dell’intera durata del Piano di Zona. La base conoscitiva: una mappa per la lettura delle schede La base conoscitiva segue necessariamente l’articolazione in dieci aree dei contenuti del Piano di Zona proposta dalla Regione e recepita dalla Conferenza di Sindaci. Gli interventi attivati sul territorio (che costituiscono quella che è comunemente detta "l’offerta dei servizi") vengono definiti azioni e sono articolati in tre macro tipologie, secondo la classificazione definita dalla Regione Veneto: • le Unità Di Offerta (UDO): elencate nella relativa classificazione sono in sostanza le

strutture definite dalla L.R. n. 22/2002 (DGR 16 gennaio 2007 n. 84). Nelle tabelle sono identificate con la lettera U seguita dal numero che ne definisce la tipologia;

• gli Insiemi Complessi di Prestazioni (ICP): sono gli insiemi di prestazioni che richiedono dinamiche organizzative complesse e diverse in funzione della dimensione territoriale di competenza. Rientrano in questa tipologia anche strutture che non sono riconosciute dalla L.R. n. 22/2002. Nelle tabelle sono identificate con la lettera C seguita dal numero che ne definisce la tipologia;

• i Progetti (P): sono gli insiemi di operazioni coordinate capaci di produrre una serie di benefici per gli utenti destinatari, funzionalmente autonomi, con una identità delimitata in termini di finalità specifiche, di budget e tempi a loro volta distinguibili in Progetti con obiettivi di salute e Progetti con obiettivi di sistema. Nelle tabelle sono identificate con la lettera P seguita dal numero che ne definisce la tipologia.

Gli elementi rilevati per ciascuna azione, che si articola in una o più Unità di Erogazione (tutti i centri, sportelli, strutture che erogano il tipo di servizio), sono riferibili a: • il numero di Unità di Erogazione dell’UDO o dell’ICP; • il numero di Utenti; • il costo complessivo dell’azione; • l’Ente Erogatore; • gli Enti e le Organizzazioni coinvolte nell’erogazione. I dati raccolti, una volta elaborati, costituiscono la base conoscitiva rappresentata nei capitoli successivi in una tabella di sintesi delle azioni realizzate, articolate per tipologia (UDO, ICP, PROGETTI) evidenziando le unità di erogazione, il numero di utenti, le risorse dedicate. A tale tabella di sintesi seguono altre tabelle e rappresentazioni grafiche relative alla distribuzione delle risorse, al numero degli utenti o delle unità di erogazione.

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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CAPITOLO 3 – AREA ANZIANI II.3.1 Inquadramento generale e collegamento con il Piano di Zona 2003-2005 Nel corso degli ultimi anni le trasformazioni demografiche e sociali hanno modificato i comportamenti e gli stili di vita delle persone anziane e delle loro famiglie tanto che hanno indotto a ripensare e riprogrammare a diversi livelli i processi sociali e socio-sanitari in un’ottica di ridistribuzione delle risorse per venire incontro alle nuove necessità. Quale obiettivo prioritario anche la Regione Veneto, attraverso i provvedimenti normativi in materia, da qualche anno persegue politiche per favorire la permanenza dell’anziano presso il proprio domicilio o, comunque, per sviluppare una rete di servizi idonei a permettere alle persone in condizione di fragilità di scegliere la risposta più adeguata alle proprie esigenze, ritardando per quanto possibile l’istituzionalizzazione. Anche a livello locale, da un lato l’aumento del numero di anziani non autosufficienti con problemi sanitari importanti e con problematiche di demenza senile, e dall’altro la necessità di prevenire il rischio di deterioramento delle condizioni dell’anziano fragile con adeguato sostegno nelle aree della domiciliarità e della socializzazione hanno indirizzato la programmazione verso scelte per alcuni aspetti "obbligate" quali ad esempio: • la ridefinizione di modalità di integrazione degli interventi sociali e sanitari (ad es.

protocollo sulle dimissioni protette); • la ridefinizione di modelli e forme di gestione di servizi e interventi; • l’esigenza di coordinamento nella sempre più estesa e complessa rete di offerte

residenziali e semiresidenziali; • l’esigenza di semplificazione e omogeneizzazione degli accessi ai servizi (informazione,

orientamento ai servizi, istruttorie per l’accesso). Pertanto le politiche di intervento a favore delle persone anziane riferite alla precedente pianificazione hanno orientato positivamente le progettualità nel corso di questi anni e si sono complessivamente sviluppate in tre ambiti generali quali la domiciliarità, la residenzialità e la socializzazione. Nello specifico dell’Area Anziani il Piano di Zona 2003-2005 ha individuato alcuni obiettivi prioritari: • mantenere l’anziano nel proprio domicilio e nel suo territorio di riferimento; • programmare e attivare strutture intermedie per anziani; • favorire il protagonismo, la socializzazione e la promozione del benessere dell’anziano; • promuovere gli interventi a favore di persone colpite da demenze senili e da malattia di

Alzheimer. Per gli specifici obiettivi distrettuali e sovradistrettuali si fa ovviamente diretto rinvio al Piano di Zona 2003-2005. In un’ottica di recepimento delle indicazioni regionali, il Piano di Zona 2003-2005 ha dedicato particolare attenzione a tutti quegli interventi per lo sviluppo di una rete composita, organizzativamente ordinata, di politiche e di risorse a sostegno della domiciliarità e delle famiglie che si fanno carico della cura e dell’assistenza delle persone fragili. Le azioni a sostegno della popolazione anziana per la promozione della domiciliarità nel Piano di Zona precedente si sono rivolte a: • riqualificare, personalizzare e rendere flessibile il sistema dei servizi; • potenziare forme di incentivazione per il sostegno e il mantenimento dell’anziano presso il

proprio domicilio;

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

62

• valorizzare il sistema degli interventi di carattere socio-sanitario con l’erogazione di una gamma integrata di servizi che prevedono l’apporto di soggetti pubblici, privati e del Terzo Settore.

La necessità di offrire risposte adeguate e flessibili agli anziani momentaneamente in difficoltà, che intendono e possono rientrare nel proprio domicilio dopo un periodo di sostegno e protezione, ha portato a sperimentare nuove modalità di residenzialità quali quelle della "Casa Famiglia". Tale progettualità coinvolge la comunità territoriale ed è frutto di una stretta collaborazione tra Istituzioni e privato sociale, oltre a creare sinergie e attivare sul territorio canali comunicativi in grado di sostenere e migliorare la qualità della vita delle persone anziane. Sempre nell’ambito della domiciliarità, il precedente Piano ha previsto molteplici e variegati interventi alcuni erogati a domicilio, altri in regime semiresidenziale, che in un contesto di risposta personalizzata ai bisogni dell’anziano ne hanno favorito la permanenza presso il domicilio, coinvolgendo e sostenendo la famiglia. Al fine di migliorare l’integrazione tra ospedale, residenzialità extra-ospedaliera e servizi domiciliari, tra l’Azienda Ospedaliera, l’Azienda ULSS e i Comuni si è pervenuti alla stipula di un "protocollo sulle dimissioni protette" per l’attivazione tempestiva di cure e interventi di sostegno, a seguito di una precoce segnalazione del problema da parte delle strutture ospedaliere. E’ importante proseguire nel percorso attivato per far sì che il progetto passi da una fase sperimentale a una fase di piena realizzazione. Sempre nell’ambito della domiciliarità, il precedente Piano prevedeva dei posti riservati presso le Case di Riposo per offrire periodi di sollievo alle famiglie che assistono anziani non-autosufficienti. Nel corso degli anni si è assistito a una progressiva implementazione di questi posti di accoglienza temporanea concordata. Un altro settore di intervento sono stati i sostegni economici che si sono articolati in vari contributi per l’assistenza alle persone non autosufficienti ora confluiti nell’unica categoria dell’assegno di cura, nonché buoni servizio e assegni di sollievo per periodi temporanei e di emergenza. In linea con uno degli obiettivi di area sopra richiamati è stato predisposto uno specifico progetto sperimentale riguardante le persone affette da malattia di Alzheimer e i loro familiari. Il progetto, che nasce dalla partnership tra i principali soggetti istituzionali e del privato sociale operanti nella realtà cittadina, ha realizzato interventi di sostegno mirati per i malati e le loro famiglie, mentre per l’accoglienza residenziale e semiresidenziale sono stati attivati nuclei specializzati nel trattamento delle demenze all’interno delle strutture. È stata inoltre ampliata l’attività ambulatoriale di diagnosi e cura e sono state attivate procedure condivise tra servizi del Comune, dell’Azienda ULSS e dell’Azienda Ospedaliera per la valutazione e gestione dei casi. Passando all’ambito successivo non va dimenticata l’importanza che riveste la residenzialità in quanto l’aumento dei "grandi vecchi", l’elevata percentuale di anziani soli, la riduzione delle dimensioni della famiglia media e il conseguente aumento della domanda hanno reso necessario il consolidamento del sistema residenziale. Il territorio dell’Azienda ULSS n. 20, in applicazione della normativa regionale e con lo scopo di dare una risposta mirata e sostenibile in termini qualitativi e quantitativi di servizi e di modelli assistenziali a favore della popolazione anziana in condizione di non autosufficienza e non più assistibile a domicilio, ha previsto nella programmazione un’ampia rete di assistenza residenziale e semiresidenziale sul territorio classificandone il carattere intensivo ed estensivo. Alla luce di ciò la precedente programmazione zonale ha visto l’articolazione di un sistema di risposte differenziate e personalizzate rispetto alla necessità di accogliere le persone anziane in difficoltà in struttura protetta anche a carattere temporaneo.

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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Collegandosi alla necessità di garantire risposte adeguate alla persona anziana nelle varie fasi dell’invecchiamento, l’orientamento verso l’offerta di soluzioni residenziali a ridotto livello di protezione, quali le Case Famiglia, ha avuto lo scopo di promuovere il mantenimento dell’autonomia e l’integrazione sociale della persona anziana in condizioni psico-fisiche precarie e di ritardarne il ricovero definitivo in struttura. Infine, in coerenza con la mission del Piano di Zona 2003-2005, è stato dedicato ampio spazio alla promozione dell’agio, al protagonismo e alla socializzazione degli anziani attraverso il consolidamento di progetti per la fruizione di attività nel tempo libero (in particolare nelle seguenti aree: ricreativo culturali, volontariato, formazione anche informatica, educazione alimentare, sport, allenamento fisico, viaggi ed esperienze all’estero). Sono stati inoltre perseguiti alcuni obiettivi di programmazione riguardo la tutela della salute dell’anziano e la promozione di stili di vita sani, attraverso una serie di iniziative dirette a consentire il mantenimento delle abitudini e dei propri tempi di vita, coltivando affetti e relazioni sociali radicate nell’ambiente in cui la persona anziana vive. Un altro degli obiettivi realizzati è stato quello di favorire il protagonismo degli anziani attraverso lo sviluppo di interventi di socializzazione e la promozione della partecipazione attiva degli anziani singoli o associati, a partire dalla realizzazione e gestione dei centri di aggregazione per la terza età. Tali centri offrono sostegno alla vita di relazione con iniziative culturali, ricreative e socializzanti per favorire e sostenere un’effettiva possibilità di vita autonoma anche grazie al rafforzamento dei rapporti sociali. In tal senso il Comune di Verona ha promosso e realizzato il progetto "Anziani Protagonisti nel Quartiere" che ha portato alla costituzione di una rete di ben undici centri dislocati in tutte le Circoscrizioni cittadine e gestiti in partnership tra Comune, Circoscrizioni, Associazioni di volontariato e altri soggetti del territorio. Di rilevanza sono stati anche gli interventi informativi e assistenziali indirizzati a prevenire le conseguenze nocive sulla popolazione anziana del caldo estivo, con l’attuazione di una rete sociale permanente di sostegno per rispondere alle emergenze climatiche. In particolare nell’ambito del "Progetto Estate Anziani" sono stati distribuiti a domicilio opuscoli informativi a tutti gli anziani residenti nel territorio cittadino. II.3.2 La base conoscitiva L’Area Anziani rappresenta per certi versi l’Area più consolidata in termini di rete di servizi. Nella tabella seguente, è rappresentato l’insieme delle azioni messe in campo a favore della fascia anziana della popolazione del territorio della Conferenza dei Sindaci e articolate in unità di offerta, insiemi complessi di prestazioni e progetti. Le prime cinque voci riguardano tipologie diverse di strutture residenziali, nelle prime due sono indicate le strutture residenziali per anziani autosufficienti e non autosufficienti e il dato delle risorse impegnate viene fornito unificato per entrambe le tipologie.

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

64

Tabella di sintesi delle azioni realizzate

n. azioni unità

erogaz. numero utenti

risorse dedicate anno 2005

1 U02 Casa per anziani autosufficienti 10 437*

2 U03 Casa per anziani non autosufficienti 29 2.532 35.639.142

3 U20 Hospice extraospedaliero per malati terminali 1 114 657.470

4 U21 HRSA Residenza sanitaria assist. comprensiva di NRSA

13 860 7.656.998

5 U36 Sezione SVP 1 6 339.616

TOTALE Unità Di Offerta 54 44.293.226

6 C04 Assistenza domiciliare 3 29 64.773

7 C05 Assistenza domiciliare integrata 28 1.522 4.138.755

8 C05 Assistenza domiciliare integrata infermieristica 1 11.729 5.285.649

9 C08 Casa Famiglia 1 50 469.633

10 C09 Casa per anziani 1 53 90.101

11 C10 Centro di aggregazione 7 440 154.139

12 C34 Servizio consegna pasti a domicilio 12 374 538.637

13 C39 Servizio di trasporto 9 1.185 52.137

14 C45 Servizio sociale professionale 20 5.044 821.280

15 C46 Servizio soggiorni climatici 22 1.168 228.104

16 C49 Telesoccorso telecontrollo 30 1.842 -

17 C105 Servizio di integrazione del reddito 13 1.461 1.528.493

18 C106 Servizio integrazione rette in struttura 24 539 5.778.354

19 C108 Interventi di sostegno alle famiglie 32 1.107 1.497.542

20 C109 Interventi di sollievo alle famiglie 24 391 391.568

21 C111 Centro diurno per anziani 2 42 5.494

TOTALE Insiemi Complessi di Prestazioni 229 26.976 21.044.659

22 P12 Diagnosi 1 - 139.334

23 P17 Favorire la socializzazione 3 110

24 P18 Favorire accesso ai servizi 1 -

25 P26 Integrazione possibilità economiche 1 -

3.490

26 P47 Promozione della partecipazione 1 400 3.454

27 P48 Promozione della salute 1 1.100 4.813

28 P49 Protezione sociale aiuto alle famiglie 1 175 1.195.584

29 P49 Progetto Alzheimer 1 - 231.881

TOTALE Progetti 10 1.785 1.578.556

TOTALE per Area d’intervento 293 28.761 66.916.441 (* Il dato è riferito esclusivamente ai posti letto) Le tabelle e le rappresentazioni grafiche seguenti analizzano la distribuzione delle risorse impegnate nell’Area tra le diverse tipologie di azione, evidenziando nella prima tabella come le unità di offerta impegnino la maggior parte delle risorse e come nei progetti venga impegnato poco meno del 2,50%. Nella seconda tabella emerge invece come gli insiemi complessi di prestazioni presentino il maggior numero di unità di erogazione.

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

65

Risorse ripartite per azione

66,19%

2,36%

31,45%

TOTALE UDO

TOTALE ICP

TOTALE PROGETTI

Unità di Erogazione

18,43%

78,16%

3,41%

TOTALE UDO

TOTALE ICP

TOTALE PROGETTI

Nella tabella e rappresentazione grafica che seguono è riassunta l’articolazione delle risorse complessive dell’Area secondo tre grandi ambiti: • Residenzialità, che comprende le UDO, gli ICP e i Progetti orientati a rispondere al bisogno

di accoglienza residenziale • Domiciliarità, che comprende le azioni orientate al sostegno dell’anziano fragile o non

autosufficiente presso il proprio domicilio • Promozione dell’agio, che comprende le iniziative atte a promuovere stili di vita sani e

attivi, nonché il protagonismo della persona anziana.

obiettivi % risorse dedicate

RESIDENZIALITA' 76,05% 50.161.681 DOMICILIARITA' 23,35% 15.402.692 PROMOZIONE dell’AGIO 0,60% 392.500

Totale complessivo 100,00% 65.956.873

azioni % risorse

dedicate

TOTALE Unità Di Offerta 66,19% 44.293.226

TOTALE Insiemi Complessi di Prestazioni 31,45% 21.044.659

TOTALE Progetti 2,36% 1.578.556

Totale complessivo 100,00% 66.916.441

azioni % unità di erogazione

TOTALE Unità Di Offerta 18,43% 54

TOTALE Insiemi Complessi di Prestazioni 78,16% 229

TOTALE Progetti 3,41% 10

Totale complessivo 100,00% 293

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

66

Risorse dedicate per obiettivi

76,05%

23,35%

0,60%

RESIDENZIALITA'

DOMICILIARITA'

PROMOZIONE AGIO

Un’ulteriore articolazione delle risorse dedicate alle azioni mette in evidenza come le risorse impegnate siano distribuite tra: • Strutture (strutture residenziali e per l’accoglienza temporanea, strutture semiresidenziali

e centri di aggregazione) • Servizi (insieme coordinato di interventi erogati sul territorio: servizio sociale di base,

assistenza domiciliare, trasporti, pasti a domicilio, ecc.) • Interventi economici (di integrazione del reddito, a copertura di rette in strutture, a

sostegno della domiciliarità e di sollievo per le famiglie degli anziani non autosufficienti assistiti a domicilio).

n. azioni % risorse dedicate

U02/U03 Casa per anziani autosufficienti e non autosufficienti 54,55% 35.639.142

U20 Hospice extraospedaliero per malati terminali 1,01% 657.470

U21 HRSA Residenza sanitaria assistita comprensiva di NRSA 11,72% 7.656.998

U36 Sezione SVP 0,52% 339.616

C08 Casa Famiglia 0,72% 469.633

C09 Casa per anziani 0,14% 90.101

C10 Centro di aggregazione 0,24% 154.139

C111 Centro diurno per anziani 0,01% 5.494

Str

utt

ure

TOTALE Strutture 68,91% 45.012.593

C04 Assistenza domiciliare 0,10% 64.773

C05 Assistenza domiciliare integrata 6,33% 4.138.755

C05 Assistenza domiciliare integrata infermieristica 8,09% 5.285.649

C34 Servizio consegna pasti a domicilio 0,82% 538.637

C39 Servizio di trasporto 0,08% 52.137

C45 Servizio sociale professionale 1,26% 821.280

C46 Servizio soggiorni climatici 0,35% 228.104

Ser

vizi

TOTALE Servizi 17,03% 11.129.335

C105 Servizio di integrazione del reddito 2,34% 1.528.493

C106 Servizio integrazione rette in struttura 8,84% 5.778.354

C108 Interventi di sostegno alle famiglie 2,29% 1.497.542

C109 Interventi di sollievo alle famiglie 0,60% 391.568 Inte

rven

ti

Eco

nom

ici

TOTALE Interventi economici 14,07% 9.195.957

TOTALE Complessivo 100,00% 65.337.885

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

67

Nella tabella seguente e successivo istogramma si evidenzia il numero degli utenti per tipologia di UDO e ICP.

ripartizione utenti per UDO e ICP n. utenti

U02 Casa di riposo per autosufficienti 437 U03 Casa per anziani non autosufficienti 2.532 U20 Hospice extraospedaliero per malati terminali 114 U21 HRSA Residenza sanitaria assist. comprensiva di NRSA 860 U36 Sezione SVP 6 C04/C05 Assistenza domiciliare integrata 1.551 C05 Assistenza domiciliare integrata infermieristica 11.729 C08 Casa Famiglia 50 C09 Casa per anziani 53 C10 Centro di aggregazione 440 C34 Servizio consegna pasti a domicilio 374 C39 Servizio di trasporto 1.185 C45 Servizio sociale professionale 5.044 C46 Servizio soggiorni climatici 1.168 C49 Telesoccorso telecontrollo 1.842 C105 Servizio di integrazione del reddito 1.461 C106 Servizio integrazione rette in struttura 539 C108 Interventi di sostegno alle famiglie 1.107 C109 Interventi di sollievo alle famiglie 391 C111 Centro diurno per anziani 42

Ripartizione utenti per azione

11.729

437

2.532

114

860

6

1.551

5053

440

374

1.185

5.044

1.168

1.842

1.461

5391.107

39142

0

2.000

4.000

6.000

8.000

10.000

12.000

14.000

U02

U03

U20

U21

U36

C04

/C05

C05

C08

C09

C10

C34

C39

C45

C46

C49

C10

5

C10

6

C10

8

C10

9

C11

1

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

68

II.3.3 La pianificazione settoriale L’Area Anziani si è ultimamente caratterizzata per l’emersione di un sostanziale dualismo di politiche ed interventi: da un lato la domiciliarità e dall’altro la residenzialità, entrambe accomunate da un approccio orientato sia in termini di protezione sociale che di promozione dell’agio, della qualità di vita delle persone e della socialità. Per quanto attiene al primo grande ambito tematico, la recente DGR 17 gennaio 2006 n. 39 "Il sistema della domiciliarità. Disposizioni applicative" ha stabilito la predisposizione e l’approvazione del Piano locale per la Domiciliarità che è stato espressamente definito come lo strumento di governo locale dell’integrazione sociale e sanitaria nel sistema della domiciliarità, in un percorso tendenzialmente alternativo alla residenzialità e nel contesto del Piano di Zona e del Piano Attuativo Locale, rappresentando una articolazione dello stesso Piano di Zona. In attuazione della previsione regionale, la Conferenza dei Sindaci (con deliberazione n. 10 del 21 novembre 2006) e l’Azienda ULSS n. 20 (con deliberazione del Direttore Generale n. 492 del 23 novembre 2006) hanno approvato definitivamente il Piano locale per la Domiciliarità per il triennio 2007-2009, che deve intendersi integralmente recepito nel presente Piano di Zona e cui si rinvia per ogni approfondimento. Di seguito viene proposto il quadro sintetico degli obiettivi specifici del Piano locale per la Domiciliarità che indica gli impegni programmatici per il triennio 2007-2009 per la cui individuazione si è tenuto conto sia degli aspetti di dettaglio riportati nei vari capitoli del Piano settoriale sia delle indicazioni contenute nella DGR n. 39/2006.

PIANO LOCALE PER LA DOMICILIARITÀ 2007-2009 area obiettivi generali tempi risultati attesi

Destinatari Erogare prestazioni a cittadini domiciliati in Comune diverso da quello di residenza

giugno 2008 Monitoraggio e verifica delle richieste ed

assunzione di una regolamentazione generale

Criteri ISEE Definire criteri omogenei per l’applicazione

dell’ISEE secondo la normativa vigente dicembre 2008

Analisi e valutazione dei criteri in relazione alle diverse tipologie di servizi

erogati e definizione omogenea degli stessi su tutto il territorio

Valorizzare forme di comunicazione dicembre 2008 Maggiore efficacia dell’informazione Politiche di

promozione della domiciliarità

Elaborare modelli condivisi di informazione/formazione e realizzazione

della Carta dei Servizi dicembre 2009

Protocolli d’intesa specifici tra Istituzioni e con il Terzo Settore

Promuovere la piena integrazione tra gli sportelli esistenti

Sportello integrato Elaborare un modello che tenga conto delle specificità del contesto territoriale

dicembre 2007 Protocolli d’intesa tra Azienda ULSS n. 20 e Comuni con cui si individuano: sedi, risorse, modalità (operatori)

Verificare la presenza quantitativa nel territorio degli operatori dedicati

dicembre 2009 Compensazione di

carenze/disomogeneità nella distribuzione degli operatori dedicati

SAD

Regolamentare il SAD in modo uniforme e condiviso tra i diversi Comuni

dicembre 2008

Schema generale di regolamento comunale (modalità di accesso, criteri di priorità, applicazione ISEE, indicatori di

verifica/valutazione)

Valutare in profondità per una progettualità più ampia e personalizzata

dicembre 2009 Utilizzo della scheda SVAMA rivisitata

ADI Riattualizzare l’accordo di programma esistente tra Comuni e Azienda ULSS

secondo le indicazioni regionali dicembre 2007

Più appropriata sinergia tra Istituzioni e con il Terzo Settore

Telesoccorso – Telecontrollo

Adeguare l’applicazione delle quote di compartecipazione degli utenti

dicembre 2008 Criteri omogenei per l’identificazione e l’adeguamento delle fasce di reddito

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

69

Raggiungere una maggiore integrazione nella fase di raccolta delle domande

dicembre 2007 Approntamento di nuovo protocollo operativo per lo Sportello integrato Assegni di cura –

criteri per l’erogazione Realizzare un nuovo modello di

erogazione dei contributi in relazione alle nuove indicazioni regionali

dicembre 2008 Assunzione della nuova scheda SVAMA

regionale e definizione di criteri e modalità condivise

Interventi di sollievo

Avviare una verifica approfondita in ordine agli attuali criteri generali degli interventi

di sollievo e realizzare un’applicazione omogenea e condivisa

dicembre 2007 Aggiornamento dei criteri in base alle

nuove esigenze ed alle nuove normative

Centro diurno socio-sanitario

Promuovere la presenza dei Centri diurni socio-sanitari nell’ambito territoriale

dicembre 2009

Realizzazione di almeno un Centro per Distretto in sinergia Comuni, ULSS e

Terzo Settore con l’assunzione di regolamentazione dei criteri per

l’accesso

Accoglienza temporanea

Rivisitare gli accordi assunti con IPAB e Cooperative

dicembre 2007 Implementazione dei Centri di servizio

disponibili

Progettualità sperimentali

Promuovere un’offerta appropriata di residenzialità a bassa soglia e per brevi

periodi dicembre 2009

Consolidamento e sviluppo della progettualità "Casa Famiglia per

Anziani" con realizzazione di almeno una struttura per Distretto

Realizzare percorsi formativi per le figure professionali dei Comuni e dei Distretti

dicembre 2007 Piano formativo complessivo a partire

da specifici moduli sulla SVAMA secondo la sperimentazione regionale

Valutazione dei bisogni e standard

attesi Assicurare standard dei tempi di

valutazione giugno 2007

Secondo quanto previsto nella Parte terza Capitolo 1.9 del Piano

Usufruire in modo condiviso dei sistemi operativi della Regione

Sistema informativo Condividere le banche dati di Comuni ed

Azienda ULSS

dicembre 2008 Sistema informativo condiviso rispetto

all’utilizzo di banche dati locali e regionali

Per quanto concerne la residenzialità, analogamente a quanto avvenuto per la domiciliarità, le recentissime DGR 20 febbraio 2007 n. 394 "Indirizzi ed interventi per l’assistenza alle persone non autosufficienti. Art. 34, comma 1, LR 1 del 30 gennaio 2004 e art. 4 della LR 2/2006" e 27 febbraio 2007 n. 457 "Disposizioni alle Aziende ULSS per l’assistenza di persone non autosufficienti nei Centri di Servizio residenziali e per la predisposizione del Piano locale per la Non Autosufficienza – DGR 464/2006 e DGR 394 del 20 febbraio 2007" hanno previsto l’adozione di un apposito Piano settoriale che ha lo scopo principale di far convergere il sistema della domiciliarità con quello della residenzialità e della semiresidenzialità. Questa pianificazione settoriale diviene uno strumento di programmazione locale teso al migliore soddisfacimento della domanda assistenziale espressa dal territorio secondo un modello di residenzialità e di semiresidenzialità incentrato sul diritto di libera scelta del cittadino-utente esercitabile attraverso l’impegnativa di residenzialità e su una programmazione dell’offerta in termini di flessibilità, qualità e sostenibilità. La Conferenza dei Sindaci, nella medesima seduta di approvazione del presente Piano di Zona, ha adottato (con deliberazione n. 3 del 19 aprile 2007) anche il Piano locale per la Non Autosufficienza per il triennio 2007-2009 predisposto dall’Azienda ULSS n. 20 e costituente, ancora una volta, parte integrante del Piano di Zona e del Piano Attuativo Locale. L’implementazione del Piano settoriale per la Non Autosufficienza, cui si rinvia per ogni approfondimento, avverrà nell’ambito dell’attuazione del Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009 con particolare riferimento agli attori della pianificazione e alle modalità temporali e organizzative fissate.

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

70

II.3.4 La programmazione strategica 2007-2009 La programmazione strategica per il triennio 2007-2009 si è sviluppata a partire da tutti e quattro i Tavoli tematici attivati a livello distrettuale (nel Distretto n. 1, n. 2, n. 3 e n. 4) e dal corrispondente Tavolo sovradistrettuale di area. Di seguito sono rappresentati, in forma schematica per ciascun Tavolo, le aree di interesse, le priorità di intervento e gli obiettivi strategici. Tavolo tematico Area Anziani del Distretto n. 1

1- DOMICILIARITÀ Assistenza domiciliare, Centri diurni, pasti a domicilio; servizi semiresidenziali: Casa Famiglia per anziani in temporanea difficoltà (posti sollievo); RSA (apertura di una RSA in ambito veronese per interventi riabilitativi e di sollievo)

priorità obiettivi Diversificare tra sociale e sanitario Attivare Centri diurni socio-sanitari • Assicurare trasporto Dotazioni tecnologiche di tutte le strutture per favorire la vita indipendente

Sostenere criterio della territorialità nella progettazione dei servizi

Apertura di una RSA in ambito cittadino Realizzare sportello unico integrato a livello distrettuale Costruire percorsi formativi per tutti gli operatori del settore

2– RESIDENZIALITÀ diversificare l’offerta per autosufficienti (posti riservati a patologie specifiche), per non-

autosufficienti (Alzheimer, stati vegetativi, vam,…) e per inserimenti urgenti e/o necessità di tutela priorità obiettivi

Apertura delle strutture alle iniziative del territorio

3– SVILUPPO buone prassi di integrazione tra servizi ed utilizzo dell’UVMD. Protocollo dimissioni protette

ospedaliere (con attenzione agli aspetti legati al sociale) priorità obiettivi

Individuare nuovi strumenti più adeguati e veloci per la valutazione

Ampliare l’informazione rispetto alla rete sociale presente sul territorio

4– LUNGODEGENZA / LUNGOASSISTENZA incremento di nuovi posti in ambito cittadino

priorità obiettivi

5- AGIO E BENESSERE contrasto della solitudine (centri di aggregazione territoriali, maggior circolarità dell’informazione

anche relativa ai servizi esistenti) priorità obiettivi

Politiche della casa e dei servizi presenti sul territorio Mobilità e trasporto Progetti sperimentali di solidarietà di quartiere • Portierato sociale/buon vicinato/… Iniziative culturali specifiche Promozione stili di vita

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

71

Tavolo tematico Area Anziani del Distretto n. 2

1- CONTRASTO ALL’ABBANDONO DELL’ANZIANO E DELLA SUA FAMIGLIA sollievo - domiciliarità - emergenze sociali e sanitarie

priorità obiettivi Costruire un progetto di rete rispetto alla persona Individuare punto di riferimento unico socio-sanitario • Presa in carico Organizzare servizi adeguati rispetto all’emergenza

2- CONTRASTO ALLA SOLITUDINE agio, socializzazione, valorizzazione delle competenze, mobilità

priorità obiettivi La persona che ha perso un ruolo: prevenzione – promozione del diritto – restituzione

• Adeguate politiche del territorio nel quotidiano (trasporti – servizi - centri sociali …)

3- RAZIONALIZZAZIONE DEGLI INTERVENTI – UNIVOCITA’ DELLE INFORMAZIONI priorità obiettivi

Individuare corrette modalità di comunicazione tra tutti i componenti della rete

4- RESIDENZIALITÀ insufficienza di posti

priorità obiettivi Mantenere e valorizzare il rapporto con il territorio Promuovere la realizzazione di Centri diurni, Case Famiglia e più in generale di Centri Servizi

5- SOSTENERE IL VOLONTARIATO priorità obiettivi

Alleggerire e semplificare la parte burocratica ed economica

Promuovere percorsi formativi, culturali e di sensibilizzazione rispetto alla cultura del territorio sociale

Tavolo tematico Area Anziani del Distretto n. 3

1- DOMICILIARITÀ SAD/ADI - Centri diurni - trasporti

priorità obiettivi SAD/ADI • Servizi minimi ovunque

Centri diurni • Diffusione dei Centri diurni sul territorio, anche

socio-sanitari Trasporti (superare le difficoltà logistiche per la fruizione dei servizi per la domiciliarità)

• Potenziamento e coordinamento con gli altri servizi

2- DOMICILIARITÀ strutture intermedie - sostegno alla famiglia - mappatura su servizi, strutture, costi, risorse

priorità obiettivi Strutture intermedie (Case Famiglia, ecc.) riorganizzazione delle Case di Riposo in Centri di Servizio

Sostegno alla famiglia (sollievo, tutor domiciliari) Mappatura su servizi, strutture, costi, risorse, anche per garantire servizi minimi ovunque

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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3- RETE integrazione - linguaggio; sportello virtuale - (banca del tempo)

priorità obiettivi Integrazione tra servizi, tra pubblico e privato, delle risorse

Linguaggio comune/procedure Sportello virtuale (internet / banche dati)

4- RESIDENZIALITÀ potenziamento – razionalizzazione - rete

priorità obiettivi Aumento posti letto / posti per le emergenze Razionalizzazione esistente: riqualificazione; definizione profili / liste di accesso

Rete tra Case di Riposo

5- DEMENZE implementazione servizi – formazione operatori – protocolli priorità obiettivi

Implementazione servizi specifici Formazione operatori Percorsi specifici su presa in carico (protocolli) Tavolo tematico Area Anziani del Distretto n. 4

1- DOMICILIARITÀ assistenza domiciliare, Centri diurni

priorità obiettivi Badanti • Gestione unitaria badanti Domiciliarità in tutti i Comuni • Sviluppo per bisogni più ampi

Centri diurni socio-sanitari • Analisi bisogni nel territorio • Attivazione centri anche attraverso riconversione

posti letto

2-RESIDENZIALITÀ posti riservati a patologie specifiche, razionalizzazione dell’esistente

priorità obiettivi Posti riservati a patologie specifiche Razionalizzazione dell’esistente Modalità uniformi nella gestione dei Comuni su criteri d’accesso - rette

Anziani psichiatrici/dementi

3- FORMAZIONE E COORDINAMENTO TRA SERVIZI miglioramento degli strumenti di valutazione e dei criteri di accesso

priorità obiettivi Percorsi di "formazione-informazione" unitaria Coordinamento e criteri di accessi unitari

4- SPORTELLO INTEGRATO sviluppo di informazione e accesso facilitato

priorità obiettivi Condivisione degli strumenti esistenti • Creazione rete informatica tra Enti

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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5- SOLITUDINE sostegno alla mobilità, servizi per l’agio

priorità obiettivi Conoscenza realtà esistenti Promozione "reti" Sviluppo turismo sociale e culturale Tavolo tematico Area Anziani sovradistrettuale

1- DOMICILIARITÀ priorità obiettivi

Necessità di posti per emergenza

• Verifica fabbisogno e disponibilità sul territorio di posti, sia di ambito socio-sanitario che di ambito sociale

• Definire protocolli di percorsi operativi condivisi

Assegno di cura • Assunzione e gestione condivisa su tutto il territorio

della nuova scheda base di valutazione

Estensione e regolamentazione del servizio di assistenza domiciliare sul territorio di tutti i Comuni

• Analisi dell’attuale copertura del servizio sul territorio della Conferenza dei Sindaci e valutazione dell’opportunità di modalità consorziate tra Enti Locali

• Sostenere la domiciliarità dell’anziano con l’integrazione della rete del volontariato territoriale

• Definire un modello condiviso di Servizio di Assistenza Domiciliare sperimentando forme innovative di accreditamento

• Regolamentazione del servizio in modo uniforme e condiviso tra i diversi Enti Locali con definizione di criteri di priorità e applicazione dell’ISEE

Ampliamento servizio ADI sul territorio

• Verifica delle necessità del territorio e implementazione del servizio in alcune fasce orarie non coperte (servizio attivo prefestivo e festivo diurno e implemento della reperibilità notturna)

Regolamentazione sul territorio della realtà delle "badanti"

• Sperimentazione di progettualità sul territorio dell’Azienda ULSS n. 20 che prevedano un maggior governo del sistema da parte dell’Ente Pubblico, per garantire qualità ed omogeneità

Attivazione Centri diurni socio-sanitari

• Condivisione nella programmazione territoriale di un modello uniforme di Centro diurno socio-sanitario

• Assegnazione delle quote e attivazione sul territorio dei Distretti di almeno un Centro diurno socio-sanitario, secondo i criteri definiti dalla Conferenza dei Sindaci e con riferimento al reale fabbisogno territoriale

2- RESIDENZIALITÀ priorità obiettivi

Necessità di garantire assistenza qualificata all’interno delle strutture rispetto alle diverse patologie

• Cercare modalità di risposte per soddisfare bisogni diversi nell’ambito del sistema dei servizi regolamentati

Necessità di sviluppare i servizi residenziali all’interno di un percorso che copra anche fasce di bisogno intermedio

• Rinforzare sul territorio la presenza di strutture intermedie tra assistenza domiciliare e inserimento definitivo in struttura

• Sostenere e sviluppare progettualità sperimentali di strutture di accoglienza temporanea all’interno del percorso di assistenza in linea con l’obiettivo di sostenere la domiciliarità dell’anziano.

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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3- SPORTELLO INTEGRATO priorità obiettivi

Promuovere la piena integrazione tra gli sportelli dedicati

• Elaborazione di un modello che rispetti le specificità di territorio, ma che individui strategie comuni e protocolli di intesa

• Utilizzo di una rete informatica condivisa tra servizi

4- INTEGRAZIONE SOCIO-SANITARIA priorità obiettivi

Presa in carico globale della persona

• Sostenere ed incrementare attraverso gli strumenti già in essere, le modalità di collaborazione, allargando la rete dei servizi a tutto il territorio, sistematizzando le procedure operative e individuando linguaggi condivisi in una ottica coordinamento integrato

• Definire protocolli operativi per la presa in carico di situazioni riconducibili ad "aree grigie"

5- PREVENZIONE E PROMOZIONE DELLA SOLIDARIETÀ priorità obiettivi

Sostenere l’integrazione del ruolo sociale dell’anziano • Promuovere e sviluppare esperienze di

protagonismo della persona anziani all’interno della realtà del proprio territorio

Sviluppo delle reti di auto-aiuto • Creare reti di sostegno self-help per le famiglie che

hanno in carico persone con patologie degenerative

Agevolare la fruizione dei servizi • Sostenere mobilità e trasporto per facilitare

l’accesso ai servizi da parte delle persone anziane, in particolare verso i servizi di centro diurno

Promozione dell’agio e del benessere • Promuovere, attraverso progettualità innovative ed

iniziative di sensibilizzazione, le reti di buon vicinato e il sostegno solidale della cittadinanza

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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CAPITOLO 4 – AREA DISABILI II.4.1 Inquadramento generale e collegamento con il Piano di Zona 2003-2005 I recenti cambiamenti nel modo di concepire le forme dei servizi alla persona esigono un notevole sforzo per rendere gli stessi flessibili e il più possibile personalizzati. Questo approccio culturale nuovo persegue un duplice obiettivo: da un lato, promuovere l’autonomia e l’integrazione della persona disabile, dall’altro, ridurre il carico assistenziale che grava sulla famiglia consentendole di "resistere nel tempo" e di evitare la precoce istituzionalizzazione. Le linee guida regionali indicano quale obiettivo prioritario di sostenere e sviluppare tutta l’autonomia e le capacità possibili rimuovendo gli ostacoli che aggravano la condizione di disabilità e sostenendo la famiglia anche nel percorso di emancipazione della persona disabile. Nel Piano precedente è emersa la consapevolezza delle mutate condizioni di vita delle persone con disabilità verificatesi in questi anni ed è stata individuata la necessità di pianificare gli interventi con diretto riferimento alle esigenze delle persone e al contesto relazionale in cui esse sono inserite. È quindi a partire dall’analisi di questi mutamenti che sono stati stabiliti gli ambiti su cui intervenire. Il Piano di Zona 2003-2005 si è comunque posto degli obiettivi orientati alla promozione dell’autonomia delle persone con disabilità, al sostegno di chi se ne prende cura e all’adeguamento dei servizi rispetto ai contenuti di area citati. Parallelamente si è cercato di superare la logica assistenziale privilegiando un approccio che vede la persona protagonista del proprio progetto di vita. Alla luce di queste considerazioni si è stabilito un quadro di programmazione locale che ha definito obiettivi e modalità attuative assicurando alle persone una maggiore uniformità ed equità di accesso alla rete dei servizi. L’impegno più forte è stato quello di dare vita a progetti innovativi finalizzati a sostenere i principali obiettivi del Piano di Zona 2003-2005 e precisamente: • sostenere e sviluppare le capacità delle persone non autosufficienti, in particolare le

persone con disabilità grave; • sostenere e sollevare la famiglia; • creare un sistema organico di interventi e servizi integrati fra loro; • promuovere la cultura della disabilità. I servizi e gli interventi si sono consolidati nel loro trend storico, a fronte di problematiche emergenti, soprattutto rispetto all’evolversi di fenomeni quali l’invecchiamento della popolazione disabile, l’aumento della richiesta di interventi da parte di persone con forme di disabilità acquisita (per esempio i traumatizzati cranici), l’aumento delle situazioni di emergenza che richiedono risposte tempestive. Il Piano di Zona 2003-2005 si è proposto di perseguire in via prioritaria l’integrazione sociale, il sostegno della domiciliarità e l’aiuto alla famiglia, la vita indipendente e l’integrazione lavorativa e scolastica. Lo sviluppo del servizio di assistenza domiciliare è uno degli obiettivi che si era posta la precedente pianificazione a sostegno della domiciliarità. Oggi questo servizio è diventato parte di un insieme di opportunità che i soggetti istituzionali e sociali propongono alla persona allo scopo di superare le difficoltà di ordine materiale che caratterizzano il vissuto di una persona con disabilità e della sua famiglia.

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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La vita indipendente è stata promossa con la messa a disposizione di servizi individualizzati e attraverso la rete di interventi, come il trasporto verso i Centri diurni e quelli socio-riabilitativi, il servizio di accoglienza temporanea per ricoveri di sollievo e sostegno alle famiglie che non intendono ricorrere ad un ricovero definitivo, i sostegni economici, i servizi domiciliari attraverso la legge n. 162/1998, i progetti per il tempo libero, i gruppi di auto muto aiuto. La vita indipendente è stata incentivata inoltre anche attraverso il sostegno alla mobilità, l’abbattimento delle barriere architettoniche, la fornitura di strumentazioni adeguate e il servizio Informa-handicap. Il diritto alla mobilità e all’accessibilità hanno costituito nella precedente pianificazione un fattore essenziale per garantire la partecipazione e contrastare la discriminazione. Tra le attività realizzate in questo ambito, significativa è stata la costruzione di un servizio unitario ed integrato di trasporto ed accompagnamento verso i Centri diurni, promosso dai Comuni della Conferenza dei Sindaci, dall’Azienda ULSS e dal Terzo Settore, e utilizzato attualmente da un significativo numero di utenti. L’intervento del sistema dei servizi riguardo all’inserimento lavorativo ha comportato la promozione di iniziative che hanno visto coinvolti numerosi Enti e svariate realtà del Terzo Settore. In questo contesto sono stati erogati, da parte della Regione Veneto sostegni economici per i tirocini e promossi programmi di avvio alla vita professionale. Continua l’impegno da parte degli Enti preposti nell’applicazione delle norme previste a tutela del diritto allo studio in considerazione anche dei mutamenti registrati in relazione all’aumento del numero di alunni, anche stranieri, che frequentano tutti gli ordini di scuola. Il periodo della scolarizzazione è infatti un fondamentale momento di vera, totale immersione in un contesto di normalità anche per i disabili più gravi. Il dilatarsi della fascia dell’obbligo scolastico vede un numero sempre crescente di adolescenti disabili frequentare anche la scuola superiore e poi l’Università. Il Piano di Zona 2003-2005 ha tracciato la strada per la riqualificazione e il potenziamento dei servizi anche attraverso azioni innovative e sperimentali per meglio rispondere ad una puntuale presa in carico nella rete dei servizi, per la promozione dell’autonomia personale e per il sostegno della famiglia. II.4.2 La base conoscitiva La rete dei Servizi previsti dall’Azienda ULSS n. 20 per la Disabilità è articolata nelle cinque aree d’intervento relative all’Area Informativo Promozionale, alla Domiciliarità, alla Formazione-Lavoro, alla Residenzialità e all’Area Territorialità. Nel Piano Locale della Disabilità di recente approvazione vengono ampiamente descritti gli interventi previsti, gli obiettivi individuati ed i risultati attesi per il triennio 2007–2009. Oltre a quanto specificato circa i servizi delegati e le risorse destinate dai Comuni per i servizi di trasporto ed integrazione rette in strutture, dalla rilevazione effettuata e consultabile in dettaglio nell’apposito allegato, è emersa una rilevante attività di informazione, sostegno, integrazione sociale e tutela della persona disabile svolta dal Servizio Sociale di base dei Comuni. Tabella di sintesi delle azioni realizzate La tabella seguente evidenzia le unità di erogazione, il corrispondente numero di utenti ed il costo complessivo dell’azione per ogni unità di offerta, insiemi complessi di prestazioni e progetti rilevati nell’Area Disabili.

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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n. azioni unità

erogaz. numero utenti

risorse dedicate anno 2005

1 U04 Centri e presidi di riabilitazione funzionale disabili psichici, fisici, sensoriali

1 2.000 578.666

2 U07 Centro diurno per persone con disabilità 43 551 6.837.022 3 U12 Comunità alloggio per persone con disabilità 7 83 1.314.609

4 U17 Comunità residenziale per persone disabili in situazione di gravità

1 9 742.535

5 U24 RSA per persone disabili 10 258 9.579.213 TOTALE Unità Di Offerta 62 2.901 19.052.045

6 C05 Assistenza domiciliare integrata 1 487 3.308.524 7 C06 Assistenza educativa domiciliare/territoriale 1 3 500 8 C15 Informa-handicap 2 2.305 105.372 9 C36 Servizio di integrazione lavorativa (SIL) 1 753 629.505

10 C39 Servizio di trasporto 32 370 1.557.638 11 C43 Servizio per l’integrazione scolastica e sociale 1 548 3.024.756 12 C45 Servizio sociale di base 15 2.695 212.270 13 C46 Servizio soggiorni climatici 1 218 91.665 14 C105 Servizio di integrazione del reddito 6 43 26.169 15 C106 Servizio integrazione rette in struttura 10 150 2.589.440 16 C108 Interventi di sostegno alle famiglie 13 97 188.192 17 C109 Interventi di sollievo alle famiglie 19 139 156.639

TOTALE Insiemi Complessi di Prestazioni 102 7.808 11.890.670 18 P04 Assistenza persone disabili gravi 9 - 4.192.184 19 P13 Eliminazione barriere 1 4 15.994 20 P24 Inserimento lavorativo 1 1 4.810 21 P14 Favorire il trasporto 1 4 22 P17 Favorire la socializzazione 2 21

23 P29 Laboratori, attività teatrali, ludico sportive in collaborazione con agenzie educative

1 7

24 P48 Promozione della salute 1 150 25 P52 Supporto alla famiglia 1 20

2.543

TOTALE Progetti 17 207 4.215.531 TOTALE per Area d’intervento 181 10.916 35.158.246

Nelle seguenti tabelle vengono specificate le risorse dedicate per la totalità delle unità di offerta, insiemi complessi di prestazioni e progetti nonché il riepilogo delle unità di erogazione per ogni categoria di azione.

azioni risorse dedicate

TOTALE Unità Di Offerta 19.052.045TOTALE Insiemi Complessi di Prestazioni 11.890.670TOTALE Progetti 4.215.531

Totale complessivo 35.158.246

azioni unità di erogazione

TOTALE Unità Di Offerta 62 TOTALE Insiemi Complessi di Prestazioni 102 TOTALE Progetti 17

Totale complessivo 181

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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Le rappresentazioni grafiche sottostanti evidenziano la distribuzione delle risorse e delle unità di erogazione suddivise per unità di offerta, insiemi complessi di prestazioni e progetti.

Risorse distribuzione per azioni

54%34%

12%

T OT ALE UDO

T OT ALE ICP

T OT ALE PROGET T I

Nelle seguenti tabelle vengono specificate le azioni articolate in tre macro-aree d’intervento: Domiciliarità - Promozione dell’agio - Residenzialità e le relative risorse dedicate.

azioni dedicate alla domiciliarità risorse dedicate

U04 Centri e presidi di riabilitaz. funzionale di disabili psichici, fisici e sensoriali 578.666 U07 Centro diurno per persone con disabilità 6.837.022 C05 Assistenza domiciliare integrata 3.308.524 C06 Assistenza educativa domiciliare/territoriale 500 C15 Informa-handicap 105.372 C36 Servizio di integrazione lavorativa (SIL) 629.505 C39 Servizio di trasporto 1.557.638 C43 Servizio per l’integrazione scolastica e sociale 3.024.756 C45 Servizio sociale di base 212.270 C46 Servizio soggiorni climatici 91.665 C105 Servizio di integrazione del reddito 26.169 C108 Interventi di sostegno alle famiglie 188.192 C109 Interventi di sollievo alle famiglie 156.639 P04 Assistenza persone disabili gravi 4.192.184 TOTALE 20.909.102

azioni per la promozione dell’agio risorse dedicate

P48 Promozione della salute 657 P52 Supporto alla famiglia - P13 Eliminazione barriere 15.994 P14 Favorire il trasporto 236 P17 Favorire la socializzazione 1.400 P24 Inserimento lavorativo 4.810 P29 Laboratori, attività teatrali, ludico sportive in collaborazione con agenzie educative 250 TOTALE 23.347

azioni dedicate alla residenzialità risorse dedicate

U12 Comunità alloggio per persone con disabilità 1.314.609 U17 Comunità residenziale per persone disabili in situazione di gravità 742.535 U24 RSA per persone disabili 9.579.213 C106 Servizio integrazione rette in struttura 2.589.440 TOTALE 14.225.797

Unità di erogazione

62

102

17

TOTALE UDO

TOTALE ICP

TOTALE PROGETTI

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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Per prendere visione delle strutture residenziali presenti nel territorio dell’Azienda ULSS n. 20 si rimanda al Piano locale per la Disabilità dove è stato illustrato l’intero sistema dei servizi residenziali e delle unità di offerta. La rappresentazione grafica seguente evidenzia le percentuali relative alla distribuzione delle risorse impiegate prioritariamente per i servizi finalizzati alla domiciliarità. L’obiettivo di consentire alle persone con disabilità in condizione di dipendenza assistenziale di trovare risposte adeguate, rimanendo nel proprio ambito di vita, viene perseguito con la diffusione nel territorio dei servizi diurni e di supporto alla famiglia che ha permesso di ridurre il percorso dell’istituzionalizzazione. Vengono parallelamente quantificate percentualmente le risorse destinate alla residenzialità per le persone disabili per le quali non risulti più possibile la permanenza presso il proprio domicilio. L’obiettivo di privilegiare i percorsi di mantenimento delle autonomie personali trova rispondenza nelle azioni di promozione dell’agio per le quali assume progressivamente rilevanza la pur limitata assegnazione di risorse. Gli obiettivi perseguiti sono stati ampiamente indicati nel Piano locale della Disabilità adottato secondo le indicazioni previste dalla DGR n. 1859/2006.

Nelle tabelle e rappresentazioni grafiche sottostanti si riepilogano i dati più significativi relativi agli interventi economici erogati dai Comuni e finalizzati a sostenere le famiglie che quotidianamente sono impegnate nell’assistenza e nella cura del familiare disabile. La percentuale relativa alle risorse dedicate al servizio di integrazione delle rette in struttura riguarda l’intero sistema della residenzialità: R.S.A, Comunità Alloggio, Gruppi Appartamento e Case famiglia.

interventi economici risorse

dedicate C105 Servizio di integrazione del reddito 26.169 C106 Servizio integrazione rette in struttura 2.589.440 C108 Interventi di sostegno alle famiglie 188.192 C109 Interventi di sollievo alle famiglie 156.639 TOTALE 2.960.440

Distribuzione delle risorse per obiettivi

60%

0%

40%

DOMICILIARITA'

AGIO

RESIDENZIALITA'

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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Per concludere risulta significativo considerare il numero di utenti che complessivamente afferiscono alla totalità delle unità di offerta e degli insiemi complessi di prestazioni di seguito indicate.

ripartizione utenti per UDO e ICP n. utenti

U04 Centri e presidi riabil. funzionale disabili psichici,fisici, sensoriali 2.000

U07 Centro diurno per persone con disabilità 551

U12 Comunità alloggio per persone con disabilità 83

U17 Comunità residenziale per persone disabili in situazione di gravità 9

U24 RSA per persone disabili 258

C05 Assistenza domiciliare integrata 487

C06 Assistenza educativa domiciliare/territoriale 3

C15 Informa-handicap 2.305

C36 Servizio di integrazione lavorativa (SIL) 753

C39 Servizio di trasporto 370

C43 Servizio per l’integrazione scolastica e sociale 548

C45 Servizio sociale di base 2.695

C46 Servizio soggiorni climatici 218

C105 Servizio di integrazione del reddito 43

C106 Servizio integrazione rette in struttura 150

C108 Interventi di sostegno alle famiglie 97

C109 Interventi di sollievo alle famiglie 139

TOTALE 10.709

Interventi economici

1%

88%

6% 5%

C105

C106

C108

C109

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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Ripartizione utenti per azione

2000

551

83 9258

487

3

2.305

753

370548

2.695

21843 150 97 139

0

500

1000

1500

2000

2500

3000U

04

U07

U12

U17

U24

C05

C06

C15

C36

C39

C43

C45

C46

C10

5

C10

6

C10

8

C10

9

II.4.3 La pianificazione settoriale Nella complessa e delicata realtà della disabilità, va segnata la recente deliberazione di Giunta regionale n. 1859 del 13 giugno 2006 ad oggetto "Linee di indirizzo per il sistema della domiciliarità e della residenzialità Area Disabili – art. 26 e 27 - L.R. n. 9/2005" che ha comportato l’elaborazione e l’approvazione del Piano locale della Disabilità quale strumento di attuazione a livello locale delle disposizioni sulla programmazione degli interventi e dei servizi rivolti alle persone con disabilità nel contesto del Piano di Zona. In attuazione delle disposizioni regionali, la Conferenza dei Sindaci (con deliberazione n. 11 del 15 dicembre 2006) e l’Azienda ULSS n. 20 (con deliberazione del Direttore Generale n. 525 del 12 dicembre 2006) hanno approvato il Piano locale della Disabilità per il triennio 2007-2009 che deve intendersi integralmente recepito nel presente Piano di Zona e cui si rinvia per ogni approfondimento. Di seguito viene proposto il quadro sintetico degli obiettivi specifici del Piano locale della Disabilità che indica gli impegni programmatici per il triennio 2007-2009 per la cui individuazione si è tenuto conto sia dei singoli aspetti di dettaglio riportati nei vari capitoli del Piano sia delle indicazioni contenute nella DGR n. 1859/2006.

PIANO LOCALE DELLA DISABILITÀ 2007-2009

area obiettivi generali tempi risultati attesi

Destinatari Integrazione sociale

Rafforzamento delle autonomie Sviluppo iniziative solidali

dicembre 2009 Coinvolgimento e responsabilizzazione

dei soggetti, istituzionali e non del territorio

Realizzazione di percorsi formativi per le figure professionali dei Comuni e

Azienda ULSS dicembre 2007 Applicazione dell’ICF

Sperimentazione della SVAMDI dicembre 2007 Validazione dello strumento

Valutazione dei bisogni

e standard attesi

Revisione del regolamento UVMD aprile 2007 Adeguamento alle indicazioni regionali

Erogazione di prestazioni integrate tra i servizi

dicembre 2008 Monitoraggio e verifica delle modalità di

erogazione delle prestazioni

Promozione e consolidamento delle reti solidaristiche del territorio dicembre 2009

Sensibilizzazione e coinvolgimento delle realtà distrettuali del Terzo Settore e

condivisioni degli obiettivi

Accesso al Sistema

della Disabilità

Continuità rispetto allo standard attuale di servizi e prestazioni

dicembre 2009 Mantenimento degli attuali livelli di

assistenza

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

82

Valorizzazione delle forme di comunicazione

dicembre 2007 Maggior efficacia dell’informazione Sistema della Domiciliarità Miglioramento nella diffusione della

Carta dei Servizi dicembre 2007 Maggior efficacia dell’informazione

Maggiore personalizzazione dell’intervento dicembre 2007 Utilizzo scheda SVAMDI

Riattualizzazione dell’accordo di programma tra Comuni e Azienda ULSS e

del regolamento vigente dicembre 2009

Maggiore sinergia tra Comuni e Azienda ULSS e nuove modalità di accesso e di

erogazione ADI Raccordo degli interventi di Assistenza

domiciliare comunale (SAD) con gli interventi di ADI per una progettualità

integrata

dicembre 2009 Coordinamento degli interventi tra

Comuni e Azienda ULSS

Servizi Diurni Sviluppo di modalità organizzative e

gestionali flessibili ed integrate dicembre 2009

Superamento della logica del centro occupazionale (CEOD) nella direzione di

una integrazione territoriale

Applicazione della L. 162/98

Integrazione dei progetti per la "Vita indipendente" e per l’aiuto personale in un

Fondo Unico per la Domiciliarità Disabili dicembre 2007

Riduzione della frammentarietà degli interventi

Applicazione della L. 284/97

Integrazione degli interventi per i ciechi pluriminorati nell’ambito del Fondo Unico

per la Domiciliarità Disabili dicembre 2007

Riduzione della frammentarietà degli interventi

Riconduzione della delega del servizio di trasporto ai CEOD in capo all’Azienda

ULSS n. 20 a partire dai Distretti n. 1, n. 2 e n. 3

luglio 2007 Gestione unitaria del servizio di

trasporto disabili Trasporto disabili

Implementazione dei servizi di trasporto disabili per il Distretto n. 4

dicembre 2007

Organizzazione sul territorio dei servizi di trasporto per CEOD, Scuole, ecc.

Sistema della

Residenzialità

Sviluppo omogeneo, diversificato e flessibile dei servizi residenziali sul

territorio dicembre 2008

Articolazione delle tipologie di strutture residenziali secondo gli standard

regionali e applicazione delle impegnative di residenzialità

Accoglienza Temporanea

Rivisitazione degli accordi assunti con le strutture residenziali

dicembre 2007 Aumento della disponibilità delle

strutture residenziali

Promozione della piena integrazione tra gli sportelli esistenti Sportello

Integrato Elaborazione di un modello che tenga conto delle specificità del contesto

territoriale

dicembre 2007 Protocolli di intesa tra Azienda Ulss n. 20 e Comuni con cui si individuano:

sedi, risorse, modalità

Utilizzo in modo condiviso dei sistemi operativi Sistema Informativo

Condivisione delle banche dati di Comuni e Azienda Ulss

dicembre 2008 Sistema informativo condiviso rispetto

all’utilizzo di banche dati locali e regionali

II.4.4 La programmazione strategica 2007-2009 La programmazione strategica per il triennio 2007-2009 si è sviluppata a partire dai tre Tavoli tematici attivati a livello distrettuale (nel Distretto n. 2, n. 3 e n. 4) e dal corrispondente Tavolo sovradistrettuale di area. Di seguito sono rappresentati, in forma schematica per ciascun Tavolo, le aree di interesse, le priorità di intervento e gli obiettivi strategici.

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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Tavolo tematico Area Disabili del Distretto n. 2

1- RESIDENZIALITÀ per persone con disabilità grave prive di rete familiare; strutture che favoriscano percorsi di autonomia e vita sociale per problematiche lievi (es. Case famiglia - gruppi appartamento -

appartamenti protetti) priorità obiettivi

Identificare dal punto di vista quantitativo e qualitativo lo sviluppo delle strutture

• Dare omogeneità al territorio • Descrivere il percorso dell’accreditamento

Affrontare il tema in un’ottica di rete • Utilizzo UVMD e SVAMDI • Rete informativa

Dotazioni tecnologiche di tutte le strutture per favorire la vita indipendente

2- DOMICILIARITÀ – SOLLIEVO per la famiglia (assistenza domiciliare - sostegni economici - accoglienza programmata) autonomia per il disabile (aiuto personale - trasporti e mobilità). Iniziative per il tempo libero per le varie fasce

d’età e gravità priorità obiettivi

Ridefinizione dei CEOD • Creazione percorsi rispetto alla valutazione delle

capacità lavorative Raggiungimento di un equilibrio nel rapporto educativo tra operatore e persona disabile

• Sperimentazione di modelli avanzati

Creazione di un’agenzia del tempo libero • Istituzionalizzazione di progettualità specifiche Favorire la capacità di autogestione e autodeterminazione del proprio progetto

• Raggiungimento dell’assegno di cura

3- VALORIZZAZIONE DELLE POSSIBILITÀ UMANE della persona disabile con percorsi individuali personalizzati - contrasto della solitudine e

integrazione sociale sperimentando e organizzando una rete di opportunità sociali praticabili priorità obiettivi

Utilizzo UVMD e SVAMDI

Potenziamento dei servizi di integrazione lavorativa • Creazioni di percorsi di orientamento lavorativo post

scuola professionale

Valorizzazione della comunità locale • Favorire l’iniziativa e la partecipazione delle persone

disabili fuori dagli spazi istituzionali

4- QUALITÀ SERVIZI-QUALITÀ RISORSE-SCUOLA-RETE INFORMATIVA priorità alla centralità della persona - adeguati percorsi di accreditamento - adeguatezza alle

disabilità sensoriali - coinvolgere disabili e famiglie nella costruzione di risposte priorità obiettivi

Formazione degli insegnanti • Coinvolgimento delle istituzioni scolastiche

Sviluppo di progetti di integrazione socio-sanitaria • Omogeneità sui territori, protocolli "doppie

diagnosi", UVMD e SVAMDI Sistema della qualità • Aumento della trasparenza dei servizi Promozione di gruppi auto mutuo aiuto

5- TUTELA GIURIDICA DELLE PERSONE DISABILI priorità obiettivi

Selezione e formazione Amministratori di sostegno • Definizione di un albo specifico Sportello di consulenza • Coinvolgimento giudice tutelare e avvocati

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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Tavolo tematico Area Disabili del Distretto n. 3

1- DISABILITA’ NON IN CARICO ad esempio: "zona grigia" – particolari patologie – persone straniere

priorità obiettivi Definire percorsi per la stesura di protocolli d’intesa Reperire risorse adeguate (economiche, umane, …)

2- LAVORO servizi di integrazione lavorativa – rete aziende – Cooperative di tipo B

priorità obiettivi Coinvolgere la Provincia e l’INAIL Sviluppare progetti di prevenzione diffusa degli infortuni sul lavoro anche con miglioramenti degli ambienti di lavoro

Prevedere percorsi di affiancamento e formazione prima del collocamento lavorativo

3- SUPPORTO ALLA PERSONA E ALLA FAMIGLIA interventi per medio lievi e gravi(ridefinizione dei CEOD) – assistenza diretta ed indiretta finalizzata

alla domiciliarità per persone con disabilità grave – giovani (autonomia e socializzazione) priorità obiettivi

Ridefinire i CEOD rispetto a nuove esperienze di inserimento per utenti lievi e gravi

Potenziamento assistenza diretta ed indiretta Sviluppare interventi/servizi di sollievo

4- DOPO DI NOI / STRUTTURE residenzialità adulti gravi – medio lievi – facilitare il passaggio dalla famiglia alle strutture

priorità obiettivi

5- INFORMAZIONE / COMUNICAZIONE sportello unico – formazione operatori – ausili per facilitare la comunicazione

priorità obiettivi

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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Tavolo tematico Area Disabili del Distretto n. 4

1- PRESA IN CARICO GLOBALE organicità ed integrazione tra servizi che si occupano di disabilità

priorità obiettivi

Utilizzo dell’UVMD (SVAMDI) con indicazione del referente

• Garantire valutazione multidimensionale per superare la frammentarietà

• Aprire percorsi di valutazione per minori Realizzazione di percorsi di formazione comuni a tutti i soggetti

Attenzione all’autonomia ed all’indipendenza della persona tramite interventi a domicilio

2- LAVORO Cooperative di tipo B e servizio di inserimento lavorativo

priorità obiettivi

Maggiore coinvolgimento dei Comuni (e altri Enti pubblici e privati)

• Affidamento diretto commesse a Cooperative di tipo B

• Gestione gare d’appalto non solo al ribasso • Utilizzo collocamento mirato

Percorsi di affiancamento da CEOD – scuola al mondo del lavoro

• Potenziare inserimento sociale in contesto lavorativo

• Favorire utilizzo strumenti informatici • Abbattimento barriere comunicative e

architettoniche Coordinamento tra Enti e servizi

3-TRASPORTO omogeneità e razionalizzazione del servizio nelle varie aree di interesse

priorità obiettivi

Garantire in tutto il territorio omogeneità • Soddisfare il bisogno anche rispetto alle piccole

realtà • Dotarsi di mezzi e personale adeguato

Rifare l’analisi dei bisogni • Stabilire i livelli minimi garantiti • Definire le competenze e le responsabilità

4- STRUTTURE DIURNE e COMUNITARIE attività tempo libero, sollievo, "Dopo di Noi"

priorità obiettivi

Identificare dal punto di vista quantitativo e qualitativo lo sviluppo delle strutture

• Dare omogeneità al territorio • Rivedere competenze dei CEOD • Descrivere il percorso dell’accreditamento

Affrontare il tema in un’ottica di rete Dotazioni tecnologiche di tutte le strutture per favorire la vita indipendente

5- PROTOCOLLI DI LAVORO tra servizi che si occupano di disabilità a vari livelli (infanzia, handicap e psichiatria)

priorità obiettivi

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Tavolo tematico Area Disabili sovradistrettuale

1- RESIDENZIALITÀ - SEMIRESIDENZIALITÀ priorità obiettivi

Strutture e percorsi di accreditamento

• Dare omogeneità sul territorio e rendere più flessibili le risposte residenziali a livello territoriale

• Adeguare il numero di quote di residenzialità regionali, attualmente insufficienti, rispetto al reale fabbisogno

• Sostenere le azioni volte all’accreditamento per le strutture residenziali e semiresidenziali attraverso percorsi che tengano conto dell’ambito territoriale, dei tempi di attuazione, delle risorse impiegate

• Concludere il processo per restituire pienezza alla delega attribuita all’Azienda ULSS in materia di handicap. In particolare con riferimento al servizio di inserimento residenziale per persone disabili

• Definire criteri condivisi sul territorio di strutture per il "dopo di noi", tenendo conto anche delle sperimentazioni già attivate

• Incentivare occasioni di tempo libero, anche attraverso progettualità mirate per le persone che vivono in struttura

• Definire una regolamentazione omogenea per tutto il territorio, anche con riferimento all’applicazione dell’ISEE e della definizione delle quote mensili da lasciare nella disponibilità dell’utente

2- DOMICILIARITÀ priorità obiettivi

Servizi innovativi Potenziamento dell’autonomia Sostegno familiare

• Incentivare la vita indipendente e in generale il protagonismo della persona disabile nelle scelte che riguardano il sostegno della propria autonomia

• Ridefinire le attività dei Centri diurni riconsiderando la scansione del tempo trascorso dalla persona disabile all’interno del servizio (secondo anche il Piano personalizzato di intervento) e sviluppando momenti di integrazione e socializzazione sul territorio

• Sperimentare modelli innovativi anche dal punto di vista gestionale, ricercando soluzioni adeguate anche per le persone disabili lievi

• Perseguire la realizzazione del sistema integrato sul territorio di servizi di trasporto per le persone disabili, individuando percorsi per consentire il pieno utilizzo dei mezzi di linea

• Potenziare l’inserimento lavorativo presso Enti e Aziende, con particolare attenzione ai giovani che concludono il ciclo scolastico, attraverso il coinvolgimento anche della Provincia e dell’INAIL e la collaborazione con le Cooperative di tipo B

• Implementare le azioni già in essere per l’abbattimento delle barriere architettoniche e sensoriali

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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3- INTEGRAZIONE SOCIO-SANITARIA priorità obiettivi

Presa in carico globale Protocolli

• Dare omogeneità sul territorio all’utilizzo della UVMD e della SVAMDI per la presa in carico globale della persona, favorendo il coinvolgimento nelle scelte della persona disabile, della sua famiglia e degli Enti Locali

• Sottoscrivere accordi per la risoluzione delle problematiche riferite ai casi di "doppia diagnosi" e a situazioni riconducibili a sovrapposizioni di competenze (disabilità, salute mentale, anziani non autosufficienti, ecc.) o alle cosiddette "aree grigie"

4- TUTELA GIURIDICA priorità obiettivi

Amministratore di sostegno

• Sviluppare progettualità locali per sostenere l’attuazione dell’Istituto dell’Amministratore di sostegno

• Sensibilizzare e sostenere con percorsi adeguati la disponibilità a ricoprire il ruolo dell’Amministratore di sostegno

• Predisporre corsi di formazione per le persone disabili e le famiglie coinvolgendo anche gli avvocati e i magistrati

5- INFORMAZIONE – COMUNICAZIONE – ACCESSO AI SERVIZI priorità obiettivi

Diffusione della cultura della disabilità Sportello integrato

• Favorire la conoscenza del valore del ruolo nella società della persona disabile attraverso momenti informativi e di confronto;

• Promuovere la formazione di operatori per gli sportelli di front-office per rispondere alle necessità informative delle persone disabili;

• Realizzazione dello sportello integrato secondo le modalità già previste dal Piano settoriale

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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CAPITOLO 5 – AREA INFANZIA MINORI FAMIGLIA II.5.1 Inquadramento generale e collegamento con il Piano di Zona 2003-2005 In accordo con gli indirizzi regionali il Piano di Zona 2003-2005 ha previsto di tutelare diritti e costruire opportunità sia nelle situazioni di disagio conclamato e disadattamento, sia in quelle a cosiddetto "disagio evolutivo", nonché di realizzare azioni volte al sostegno della genitorialità, riconoscendo e valorizzando il ruolo centrale della famiglia quale risorsa fondamentale nella logica della rete dei servizi e quale soggetto primario di soddisfacimento del bisogno. Nel dettaglio sono stati individuati quattro obiettivi trasversali: 1. prosecuzione delle progettualità legge n. 285/1997; 2. prosecuzione e/o promozione degli interventi di affido familiare; 3. promozione dell’aggregazione dei minori in età evolutiva; 4. promozione degli interventi per gli adolescenti. Nel compiere un’analisi rispetto agli obiettivi del Piano di Zona precedente si evidenzia come si sia consolidata la prassi esistente, articolata in una pluralità di risposte per i minori e la famiglia sia per quanto riguarda gli interventi dei Comuni che per le attività dell’Azienda ULSS n. 20 e del Terzo Settore. La pianificazione si è quindi rivolta all’individuazione di percorsi per il sostegno alle reti familiari e per giungere ad una maggiore flessibilità dell’offerta finalizzata a rispondere alle diverse situazioni e problematiche che accompagnano la crescita dei minori. La legge n. 285/1997 in questo settore ha innescato positivi e innovativi processi nelle politiche per l’infanzia e l’adolescenza. I Comuni della Conferenza dei Sindaci del territorio dell’Azienda ULSS n. 20, in relazione alle risorse economiche disponibili ed ai bisogni rilevati nella popolazione, ponendo la famiglia al centro del processo d’aiuto in ottica di prevenzione secondaria e primaria, in rete con i servizi specialistici dell’Azienda ULSS e con il privato sociale, hanno potenziato ed implementato i servizi e gli interventi volti a favorire condizioni di benessere o di riduzione del disagio per i minori e le loro famiglie, sostenendo il ruolo educativo dei genitori ed agevolando le relazioni. Nel concreto i Comuni hanno dato impulso a servizi di affiancamento alla famiglia realizzando: • sostegni socio-educativi domiciliari con l’obiettivo di supportare i minori nel proprio

ambiente di vita e di essere nel contempo punto di riferimento per i genitori; • semi affidi a famiglie o singoli disponibili ad accogliere presso il proprio domicilio minori

per alcuni momenti della giornata, con l’obiettivo di aiutare la famiglia di origine nella gestione materiale ed educativa dei figli, privilegiando il rapporto personale;

• aiuti domiciliari a supporto ed integrazione della conduzione giornaliera della casa; • Centri diurni per minori ed adolescenti quali servizi educativi territoriali volti a prevenire e

contrastare il disagio, a supporto ed integrazione delle funzioni genitoriali; • Centri aperti quali spazi ludico-educativi finalizzati a favorire l’aggregazione e la

socializzazione. Relativamente all’adolescente difficile che presenta problemi di comportamento e complesso disagio psico-sociale con ridotta motivazione al cambiamento, i Comuni, con capofila il Comune di Verona, hanno realizzato una specifica progettualità che prevede una presa in carico precoce degli adolescenti stessi e dei loro genitori da parte dei servizi socio-sanitari e sociali. Il percorso/processo d’aiuto contempla interventi socio-educativi e socio-riabilitativi realizzati nei diversi contesti di aggregazione e di riferimento dell’adolescente in collaborazione con il privato sociale. Prevede inoltre il supporto, anche attraverso specialisti,

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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ai genitori per migliorare la qualità della vita familiare e ridurre il rischio di evoluzione delle disarmonie in patologia. Nell’area dell’accoglienza residenziale di minori appartenenti a famiglie in difficoltà, i Comuni, attraverso progettualità mirate, hanno privilegiato l’affido familiare, quale risposta più adeguata ai bisogni evolutivi di bambini e adolescenti che, per un periodo determinato necessario alla famiglia di origine per affrontare le proprie problematiche, devono essere tutelati mediante il collocamento in un idoneo ambiente familiare. La disponibilità della comunità locale aperta all’accoglienza e all’affidamento familiare consente di realizzare, da un lato, una tutela minorile quanto più possibile rispettosa dei diritti del minore e, dall’altro, permette di organizzare aiuti alla famiglia in difficoltà affinchè mobiliti le risorse per il rientro dei figli. Anche per quanto riguarda gli inserimenti in comunità di tipo familiare o comunità alloggio, si privilegia la permanenza dei minori nel territorio di provenienza, all’interno di una prospettiva di possibile rientro nel nucleo d’origine. A supporto della mamma e/o della gestante in difficoltà che, per molteplici motivi, è sola o vive un rapporto di coppia molto conflittuale, i Comuni sostengono l’onere di un suo temporaneo inserimento in struttura protetta per permetterle di recuperare autonomia e capacità genitoriale. In particolare il Comune di Verona ha realizzato una propria comunità alloggio, denominata Casa di Accoglienza per madri e/o gestanti in difficoltà, la cui gestione operativa è stata affidata a una cooperativa sociale. Nell’ottica della tutela minorile si evidenzia inoltre che il Comune di Verona, in qualità di Comune capofila, collabora attivamente con l’Ufficio del Pubblico Tutore dei minori della Regione Veneto nella realizzazione e nella gestione del "Progetto Tutori" volto a sensibilizzare e formare cittadini disponibili ad esercitare il ruolo di tutori volontari di minori nei casi previsti dalla legge, monitorando e sostenendo il percorso d’aiuto. Di fronte alla necessità di individuare il più precocemente possibile i segnali di disagio dei minori in situazione di difficoltà e attraverso il coinvolgimento di tutti i servizi interessati, il Piano di Zona precedente aveva individuato il Tavolo tematico sovradistrettuale Area Minori per la gestione di situazioni particolarmente complesse. L’impegno è stato quello di affrontare una metodologia di lavoro condivisa tra servizi sociali, socio-sanitari e del Terzo Settore. Tale metodologia si è consolidata in particolare in settori come il sistema dei servizi offerti dall’Azienda ULSS n. 20, attraverso il Dipartimento di Neuropsichiatria Infantile e Psicologia dell’Età Evolutiva. Il Piano di Zona 2003–2005 prevedeva un modello territoriale di assistenza neuropsichiatrica nell’infanzia e nell’adolescenza articolato in unità operative territoriali di neuropsichiatria infantile le cui aree di attività sono la diagnosi, la cura e la riabilitazione di patologie diagnosticabili senza particolari accertamenti strumentali. All’interno di quest’area sono stati individuati alcuni obiettivi: • individuare modalità adeguate per la presa in carico di minori extracomunitari e le loro

famiglie (facilitare l’accesso delle famiglie straniere attraverso l’informazione, favorire l’accesso ai servizi e la continuità di cura);

• promuovere la continuità della presa in carico del minore dalla dimissione dall’ospedale al territorio.

A fronte di questo, nuove attività hanno riguardato i minori immigrati e le loro famiglie che necessitano di azioni mirate per l’accesso ai servizi. Al fine di affrontare queste problematiche emergenti è stato necessario il lavoro progettuale integrato da parte dei servizi sociali, socio-sanitari e del Terzo Settore.

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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Nel Piano di Zona precedente l’Area Famiglia è stata considerata quale aspetto trasversale a tutte le altre Aree tematiche. In ogni Area sono state infatti previste azioni specifiche nei confronti della famiglia e più in generale nei confronti di chi si prende cura delle persone in difficoltà. In dettaglio per l’ambito dei Consultori Familiari il Piano aveva individuato cinque obiettivi: 1. il sostegno alla genitorialità nei momenti critici del ciclo della vita (gruppi genitoriali di

sostegno pre e post nascita); 2. il potenziamento dell’attività ambulatoriale per le immigrate clandestine; 3. l’aumento delle competenze sull’interculturalità e sull’utilizzo di mediatori culturali formati

in ambito socio-sanitario; 4. il potenziamento dell’attività di presa in carico di casi di abuso di minori, attraverso

l’attivazione presso il C.E.R.R.I.S. di un Centro diurno di diagnosi e cura per il maltrattamento e l’abuso;

5. la riorganizzazione del servizio adozioni. L’obiettivo prioritario dei servizi afferenti a quest’Area nel corso del Piano precedente è stato quello di omogeneizzare e ottimizzare tutti gli interventi sull’intero territorio dell’Azienda ULSS. Un’ulteriore obiettivo è stato il miglioramento dell’integrazione del servizio con le altre strutture sociali e sanitarie presenti sul territorio. E’ doveroso ricordare che nel corso del 2005 la Regione Veneto, per dare precise e puntuali indicazioni sull’identità dei Consultori Familiari, in un’ottica di programmazione territoriale indirizzata a evitare sovrapposizioni o carenze nell’offerta dei servizi, ha disposto, con l’atto di indirizzo approvato con DGR 11 febbraio 2005 n. 392, la ridefinizione del servizio Consultorio Familiare secondo le seguenti indicazioni: ampliamento dell’orario di funzionamento, gratuità, puntualizzazione delle finalità e delle funzioni, attenzione alle problematiche alla mediazione familiare, promozione della salute degli adolescenti, specializzazione delle equipes, al fine di garantire un intervento tempestivo, mirato e qualificato. Tali indicazioni prefigurano pertanto un nuovo assetto organizzativo e operativo del Consultorio all’interno del Distretto socio-sanitario e dell’unità organizzativa ed omogenea Infanzia Adolescenza Famiglia permettendo di intervenire in maniera integrata rispetto alle problematiche che attraversano il ciclo di vita della persona e della famiglia, garantendo un raccordo costante con i servizi del territorio. II.5.2 La base conoscitiva La descrizione degli interventi attivati per l’area Infanzia Minori Famiglia nel variegato territorio della Conferenza dei Sindaci risulta complessa in quanto i Comuni hanno sviluppato autonomamente politiche e progettualità proprie nelle materie riservate alla loro competenza. Di fatto ciò ha comportato lo sviluppo di una vasta gamma di progetti e servizi sia nel campo del sostegno alla famiglia, che della tutela dei minori in senso ampio. In linea generale sono state garantite pronte ed adeguate risposte a fronte dei bisogni rilevati, ma, d’altro canto, emerge da più territori l’auspicio di un maggiore investimento di risorse per favorire il soddisfacimento di nuovi bisogni e per garantire azioni omogenee su un’area più vasta dell’ambito comunale. La tendenza degli ultimi anni, pertanto, è stata rivolta alla sperimentazione della messa in rete delle progettualità e dei servizi. Inizialmente territori limitrofi tra loro, affini per sensibilità, hanno attivato collaborazioni per l’ideazione e la sperimentazione di progetti comuni.

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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Gli Enti Locali di maggiori dimensioni hanno inoltre implementato negli anni servizi che hanno permesso di maturare conoscenze, competenze e know how specifici e di buon livello tecnico, costituendo, di fatto, dei modelli innovativi per territori omogenei. Particolarmente significativo appare il ruolo del Comune di Verona che, anche supportato dalle indicazioni regionali, ha svolto per specifiche progettualità un ruolo di "capofila" dei Comuni della Conferenza dei Sindaci, con funzioni di coordinamento e di facilitazione (ad esempio il "Progetto Tutori", il "Progetto Adolescenti con disturbi di comportamento e con genitori disfunzionali" e il "Centro per l’affido e la solidarietà familiare"). La base conoscitiva relativa al 2005 acquisisce particolare rilevanza se si tiene conto delle progettualità poi avviate nell’anno 2006 e previste nella programmazione per il triennio successivo. Tabella di sintesi delle azioni realizzate

n. azioni unità

erogaz. numero utenti

risorse dedicate anno 2005

1 U01 Asilo Nido 38 1.576 12.958.099

2 U13 Comunità educativa diurna per minori e adolescenti

2 27 203.270

3 U14 Comunità educativa mamma bambino 3 87 808.102 4 U15 Comunità educativa per minori 1 1 5.038

5 U16 Comunità educativa pronta accoglienza CERRIS

2 64 441.859

6 U18 Comunità terapeutica residenziale protetta 4 6 110.694

7 U19 Consultori familiari e materno infantili pubblici

9 7.012 1.083.161

8 U19 Consultori familiari e materno infantili privati 5 - 69.545 TOTALE Unità Di Offerta 64 8.773 15.679.768

9 C01 Affido familiare 20 296 472.701 C2 Appartamento protetto 1 1 3.600

10 C04 Assistenza domiciliare 3 14 30.993 11 C05 Assistenza domiciliare integrata 15 249 464.121 12 C06 Assistenza educativa domiciliare/territoriale 20 367 562.803 13 C10 Centro di aggregazione 9 889 342.110 14 C13 Gruppi di auto aiuto 2 90 3.973 15 C29 Servizi semiresidenziali per l’infanzia 9 641 561.843 16 C30 Servizi semiresidenziali per minori e giovani 6 75 279.235 17 C33 Servizio adozioni 1 640 184.689

18 C35 Servizio di educazione/prevenzione/promozione al benessere

6 3.686 42.577

19 C37 Servizio di Neuropsichiatria infantile e psicologia dell’età evolutiva

1 3.534 3.172.463

20 C38 Servizio di sostegno socio-psico-educativo scolastico

4 161 10.106

21 C39 Trasporto 4 15 4.023 22 C40 Spazio adolescenti/Consultorio giovani 1 182 18.468 23 C42 Sevizio per la tutela dei minori 13 211 2.659.186 24 C45 servizio sociale professionale 19 3.354 842.582 25 C50 Servizio famiglie separate 3 354 184.689 26 C51 Servizio donna straniera 1 614 30.781 27 C102 Sostegno alla genitorialità 1 40 5.628 28 C103 Centro diurno minori 22 515 1.235.651 29 C105 Servizio integrazione del reddito 19 1.519 861.681 30 C110 Servizio alimenti prima infanzia 1 194 53.998

31 C112 Servizio di promozione della genitorialità sociale

2 225 81.250

TOTALE Insiemi Complessi di Prestazioni 183 17.866 12.109.151

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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n. azioni unità

erogaz. numero utenti

risorse dedicate anno 2005

32 P05 Centri di ascolto e consultazione per adolescenti

2 213 33.275

33 P06 Contrasto dei fattori di rischio Centro "Il Faro"

2 389 178.900

34 P07 Contrasto del disagio 4 397 47.381 35 P11 Cura e riabilitazione 2 153 229.315 36 P12 Diagnosi 1 107 17.900 37 P15 Favorire la genitorialità sociale 9 98 105.554 38 P27 Integrazione scolastica 1 20 - 39 P28 Integrazione sociale 1 100 3.895

40 P35 Progetto di prevenzione del suicidio in età adolescenziale

1 20 23.000

41 P50 Realizzazione di spazi e progetti educativi per la crescita consapevole dell’infanzia

7 698 151.832

42 P52 Supporto alla famiglia 2 56 4.340

43 P63 Progetto socio-educativo territoriale per adolescenti

1 17 22.569

44 P08 Contrasto isolamento sociale 1 10

45 P10 Creazione di relazioni inclusive tra territorio e Agenzie formative territoriali

1 50

46 P14 Favorire il trasporto (Vestenanova) 1 2 47 P16 Favorire la partecipazione 1 200 48 P17 Favorire la socializzazione 1 1

49 P25 Forme protette di lavoro per problematiche delle categorie non protette

1 1

50 P29 Laboratori, attività teatrali, ludico sportive con le Agenzie del territorio

1 140

51 P33 Prevenzione del disagio - prevenzione abbandono neonati

1 -

52 P46 Promozione della cultura della solidarietà 1 70 53 P47 Promozione della partecipazione 1 40 54 P55 Sviluppo della genitorialità 1 30

11.570

TOTALE Progetti 43 2.811 829.531 TOTALE per Area d’intervento 290 29.450 28.618.450

Dal raffronto tra le tabelle e le rappresentazioni grafiche che seguono emerge una leggera prevalenza di risorse assegnate alle unità di offerta rispetto a quelle destinate agli insiemi complessi di prestazioni, in gran parte dovuta ai costi del servizio di asilo nido. Alcune strutture sono state inserite inoltre negli ICP sia in quanto non previste dalla L.R. n. 22/2002 sia in quanto "parti" di progettualità più ampie. Sono inoltre da considerare i percorsi di sperimentazione attivati attraverso progetti e non ancora resi servizi, anche per incertezza rispetto alla continuità dei finanziamenti per le annualità successive. Inoltre è da tener presente che gli sforzi delle Amministrazioni riguardano prevalentemente il sostegno alla permanenza del minore nella propria famiglia e, ove ciò non sia possibile, vengono individuati collocamenti in ambienti di tipo familiare. Quindi le risorse sono prevalentemente orientate ad azioni riguardanti i sostegni diurni e gli affidi familiari. Voci importanti riguardano comunque le spese per le rette per le strutture Mamma Bambino e per il collocamento dei minori in Comunità di tipo familiare.

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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azioni unità di erogazione n.

utenti risorse

dedicate

TOTALE Unità Di Offerta 64 8.773 15.679.768

TOTALE Insieme Complesso di Prestazioni

183 17.866 12.109.151

TOTALE Progetti 43 2.811 829.531

TOTALE Complessivo 290 29.450 28.618.450

Unità di Erogazione

22%

63%

15%

T OT ALE UDO

T OT ALE ICP

T OT ALE PROGET T I

Asili Nido ed azioni realizzate in favore della Prima Infanzia Una specificità da rilevare, pur nella non completezza dei dati disponibili, è la tendenza ad attivare nel territorio risposte all’esigenza di strutture per la primissima infanzia. Accanto alle strutture classiche cominciano ad attivarsi molteplici e flessibili attività che le Amministrazioni Comunali sostengono valorizzando l’impegno del privato sociale con convenzioni o con forme di supporto più elastiche legate alle esigenze rilevate. Sembra che ulteriori sviluppi in questo campo debbano prevedere sempre più intense collaborazioni con il privato sociale per garantire risposte concrete ai bisogni reali. La tabella seguente è una mappatura, non esaustiva, delle attuali strutture per la prima infanzia presenti sul territorio della Conferenza dei Sindaci. L’analisi delle risorse è da completare in previsione della programmazione territoriale.

ASILI NIDO PUBBLICI, PRIVATI CONVENZIONATI E SERVIZI PER LA PRIMA INFANZIA

n. denominazione distretto n. utenti comune

1 La Piuma 1 20 Verona 2 Arcobaleno 3 72 Verona 3 Il Maggiociondolo 2 68 Verona 4 L'Albero Verde 1 64 Verona 5 La Coccinella 2 66 Verona 6 Del Sole 1 101 Verona 7 Garbini 1 10 Verona 8 Il Cucciolo 2 75 Verona 9 Pollicino 2 1 16 Verona

10 Pestrino 2 17 Verona 11 Il Paese della Fantasia 1 66 Verona 12 Girotondo 3 36 Verona 13 Pollicino 1 64 Verona

14 Porto S. Pancrazio 3 31 Verona

15 La Fiaba 1 64 Verona 16 Il Piccolo Principe 3 32 Verona

Risorse ripartite per azione

55%

42%

3%

TOTALE UDO

TOTALE ICP

TOTALE PROGETTI

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17 Bruco Felice 3 68 Verona 18 La Filastrocca 2 68 Verona 19 Il Quadrifoglio 1 68 Verona 20 L'Aquilone 1 3 68 Verona 21 Il Fiordaliso 2 34 Verona 22 Il Girasole 1 61 Verona 23 L'Aquilone 2 3 16 Verona 24 Lo Scarabocchio 1 35 Verona 25 Centro Infanzia Istituto Provolo 1 5 Verona 26 Centro Infanzia La Perla 1 26 Verona 27 Asilo Nido 3 41 S. Martino B.A 28 Asilo Nido 3 25 Cerro V.se 29 Nido Integrato Pollicino 2 22 Buttapietra 30 Asilo Nido Don Milani 2 22 Castel D’Azzano 31 Il Girotondo 4 21 Pressana 32 Lupetto dei Bimbi A. Sabin 2 45 S. G. Lupatoto 33 Gesù Bambino 2 20 S. G. Lupatoto 34 Nuvoletta Celeste 2 14 S. G. Lupatoto 35 Tartaruga 2 21 S. G. Lupatoto 36 Asilo Nido Comunale 4 52 S. Bonifacio 37 Asilo Nido 4 20 Tregnago 38 L’Arcobaleno 4 22 Arcole 39 Bulli e Pupe - Baby Parking L’Aquilone 4 80 S. Bonifacio 40 Nido Integrato la Scuola Infanzia Brena 4 10 Albaredo 41 Nido Integrato presso la Scuola Materna Bambino Gesù 4 8 Veronella 42 Nido Integrato Raggio di Sole 4 13 Badia Calavena 43 Nido Integrato 4 26 Soave

44 Babylandia" Baby Parking 4 - Soave

45 Il Castello Incantato 4 - Soave 46 Il Trenino dei Fiori 4 14 Lavagno 47 Asilo Nido Winnie the Pooh 1 - Verona 48 Le Formichine 1 - Verona 49 Scuola d’Infanzia San Giuseppe 4 44 Roveredo di Guà 50 Nido Cav. A. Caucchiolo 4 - San Bonifacio 51 OASI Nido Paolo Corsara 4 - San Bonifacio

52 Centro Diocesano Aiuto Vita nido I Coriandoli 1 - Verona

53 Nido Integrato Il Giardino della Pace 4 80 Cologna Veneta 54 Nido Integrato Carlo Steeb 4 148 Cologna Veneta 55 Scuola d’Infanzia S. Andrea 4 40 Cologna Veneta

Centri diurni presenti nel territorio Anche per quanto riguarda la rilevazione relativa ai Centri diurni del territorio, si individua in questo servizio una risposta importante ai bisogni dei minori e dei ragazzi, che costituisce al tempo stesso un supporto alla famiglia. Il servizio è comunque presente sotto varie forme, meno strutturate, su quasi tutto il territorio anche attraverso specifiche progettualità. L’esperienza acquisita negli anni potrebbe condurre a considerare anche i Centri diurni all’interno di una logica di servizi territoriali che integrino tutti i Servizi Educativi attivati in un territorio.

CENTRI DIURNI PER MINORI

denominazione n. utenti risorse dedicate

Centro diurno C.A.M 15 15.014 Centro diurno Don Mazza 29 118.435 Centro diurno "Le Primule" 16 45.140

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Centro diurno "Villa Buri" 21 55.014 Centro diurno "L'ancora dei Piccoli" 10 20.800 Centro diurno "Le Fate" per preadolescenti e adolescenti 15 60.134 Centro diurno "Le Fate" per minori e scuola elementare 14 53.861 Centro diurno "Spazio Ragazzi" 12 71.867 Centro diurno di S. Bernardino 16 21.808 Centro diurno L'Arcobaleno 11 17.015 Centro diurno "Il Germoglio" 21 103.403 Centro diurno "Bonsai" 17 85.863 Centro diurno "Il Cantastorie" 14 85.863 Centro diurno "Il Girabussola" 17 85.863 Centro diurno "Il Panda" 15 85.863 Centro diurno "Occhio Ragazzi" 15 85.863 Centro diurno "Salice Ridente" 18 85.863 Centro diurno per minori di S. Bonifacio 51 48.620 Centro diurno di Albaredo d’Adige 10 11.327 Centro aperto di Tregnago 36 6.335 Centro estivo di Cologna Veneta 106 24.295 Centro diurno di S. Mauro di Saline 36 6.335 TOTALE 515 1.235.651 Strutture Mamma Bambino Un’altra risposta innovativa che è stata sviluppata negli ultimi anni riguarda lo sviluppo delle strutture per l’accoglienza delle madri con i loro figli. Si tratta di una logica di tutela dei minori mantenendo il legame con la madre e fornendo contemporaneamente aiuto alle mamme temporaneamente in difficoltà nello svolgimento del ruolo genitoriale.

STRUTTURE PER L’ACCOGLIENZA MAMMA BAMBINO

A.ULSS n. 20 fuori

A.ULSS n. 20 denominazione

n. utenti risorse

dedicate risorse

dedicate

"Casa di Accoglienza" - Verona 16 215.666

CERRIS – Accoglienza - Verona 50 CERRIS – Raggio di Sole - Verona 21

592.436

Associazione Carità S. Zeno ONLUS - Verona 1 2.715 Associazione di Carità Centro 2° Accoglienza - Verona 12 113.572 Ass. Fam. Canossiana Nuova Primavera Casa Bakhita - VR 9 34.852 Ass. Fam. Canossiana Nuova Primavera Casa Accoglienza - VR 11 82.938 Ass. Betania Mamma Bambino (Bosco di Zevio) 7 26.160

C.A.V. "Casa Gabriella" Casa di Accoglienza - Verona 7 23.630

C.A.V. Appartamenti di Accoglienza - Verona 1 2.000 C.A.V. Appartamenti - S. Giovanni Lupatoto 1 3.936 C.A.V. Struttura di Accoglienza semiprotetta - Verona 7 17.378 C.A.V. Struttura di Accoglienza - Verona 1 3.770 Comunità dei Giovani Programma Mamma Bambino - Verona 1 5.112 Comunità S. Francesco Onlus Programma Mamma Bambino Monselice

1 12.390

Congregazione Piccole Suore Sacra Famiglia - Cerea 3 13.800 Villa Renata S.C.S. "Casa Aurora" - Venezia 1 1.417 Op. riunite Buon Pastore- Appartamento protetto - Marghera 3 94.900 TOTALE 82 1.098.005 148.667

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Strutture per l’accoglienza dei minori Sembra infine di poter evidenziare dalla tabella seguente i vari tipi di strutture di cui si sono avvalsi i Comuni per l’accoglienza dei minori. Oltre alle considerazioni già espresse, riguardanti lo sforzo di individuare strutture sempre più simili all’ambiente familiare, si può notare che buona parte delle risorse dedicate riguardano strutture situate nel territorio della Conferenza dei Sindaci dell’Azienda ULSS n. 20 anche se rimane consistente la spesa relativa agli utenti collocati al di fuori del predetto ambito territoriale.

COMUNITÀ ALLOGGIO –GRUPPI FAMIGLIA-CASE FAMIGLIA-COMUNITÀ EDUCATIVE CON PRONTA ACCOGLIENZA

A.ULSS n. 20 fuori A. ULSS n. 20 denominazione n.

utenti risorse

dedicate n.

utenti risorse

dedicate

CERRIS (Nido e Alveare) - Verona 116 676.906

Piccole Suore della Sacra Famiglia C. il Faro - Cerea 2 26.790 Comunità Accoglienza G. Bertoldi 1 15.015 F.ne D. Pirani Cremona G. F. - Bassano d/Grappa 1 29.200 Casa Famiglia Sos - Vicenza 4 95.128 Casa Famiglia Zocca Occhipinti – Domegliara (VR) 1 21.900 Comunità alloggio "Sciarada" – Cornuda (TV) 1 37.701 Comunità alloggio Samuele Il Girasole – S. Pietro di Legnago 6 45.390 Comunità alloggio Pompeati - Venezia 1 23.756 Associazione Betania - Albaredo d'Adige 1 85 Comunità Alloggio Albatros - Roncaglia di Ponte S. Nicolò (PD) 1 47.317 Centro accoglienza Alice è nella casa - Verona 6 196.625 Comunità di Accoglienza il Ramo del Cedro - Minerbe 3 123.138 Gruppo Famiglia il Nido - Verona 5 110.941 Istituto Don Calabria San Benedetto - Verona 19 195.800 Casa Maria Galbusera C.P.S.D.P. - Buttapietra 5 74.132 Gruppo Famiglia Luigina Piccoli - Verona 11 95.705 Nostra Signora Di Lourdes - Verona 7 97.723 Casa Famiglia Don G. Calabria - Verona 4 36.182 Opere Riunite Buon Pastore F. Chiari - Venezia 1 30.933 Ass. Betania - Badia Calavena 3 24.605 Ass. Betania –Perzacco (VR) - 263 Ass. Betania Comunità alloggio - Bosco di Zevio 2 10.675 Centro A.BI. EMME L'Albero - Verona 11 270.999 Centro Don Milani - Mestre 1 1.842 Congregazione Poveri Servi - Negrar 3 17.150 Coop S. "L'ALBA" Comunità T. Carisma - Padova 1 5.892 Mov. per l'affido e l'adoz. Casa Famiglia - Bussolengo 2 32.850 Casa Famiglia Rondinella C.P.S.D.P. - Buttapietra 1 11.203 C.A.M. Onlus Comunità familiare per minori - Verona 6 67.202 Gruppo Famiglia Grandis Zaltron (Ass. Papa Giovanni XXIII) Valdagno (VI)

1 23.487

Comunità Papa Giovanni XXIII Casa del bambino - Veronella 1 225 C.P.S.D.P. Alto S. Nazzaro 1 - Verona 1 1.781 Comunità Papa Giovanni XXIII Evenu Shalom - Veronella 1 3.648 Ist. Don Calabria Casa Famiglia S. Agata - Verona 1 1.441 Movimento Gruppi famiglia onlus via Campofiore - Verona 1 14.782 TOTALE 198 1.876.112 34 592.300

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II.5.3 Le progettualità d’ambito Nella realtà dedicata all’Area Infanzia Minori Famiglia vanno segnalate alcune importanti progettualità d’ambito quali strumenti di attuazione a livello locale di provvedimenti regionali e precisamente: • la DGR 22 dicembre 2003 n. 4222 "Fondo Regionale di intervento per l’Infanzia e

l’Adolescenza"; • la DGR 11 febbraio 2005 n. 392 "Atto di indirizzo e di organizzazione dei Consultori

Familiari Pubblici della Regione Veneto Legge Regionale 25 marzo 1977 n. 28"; • la DGR 13 giugno 2006 n. 1855 "Fondo Regionale di intervento per l’Infanzia e

l’Adolescenza. Il Veneto a sostegno della famiglia e della genitorialità sociale". La deliberazione regionale 22 dicembre 2003 n. 4222, partendo dalle precedenti esperienze dei piani triennali relativi all’attuazione della citata legge n. 285/1997, ha previsto l’elaborazione da parte delle Conferenze dei Sindaci del Veneto del Piano biennale 2003-2004 per l’Infanzia e l’Adolescenza. Con proprio provvedimento n. 6 del 24 maggio 2004 la Conferenza dei Sindaci dei Comuni del territorio dell’Azienda ULSS n. 20 ha approvato il Piano Biennale 2003-2004. Successivamente, con DGR 13 dicembre 2005 n. 3832, la Regione Veneto ha stabilito i criteri per l’assegnazione dei relativi finanziamenti per un ulteriore anno di programmazione. La deliberazione regionale 11 febbraio 2005 n. 392, come accennato nel precedente paragrafo, ha previsto la ridefinizione del servizio Consultorio Familiare a circa trent’anni dalla sua istituzione. Nell’ottica di rivisitazione e di miglioramento della risposta ai nuovi bisogni della famiglia, sotto il profilo organizzativo il nuovo assetto si articola in tre macro aree: • famiglia e genitorialità (procreazione, neo genitorialità e genitorialità sia biologica che

sociale: adozioni e affidi, conflittualità di coppia, separazioni, mediazioni familiari); • adolescenza: educazione alla sessualità ed affettività, alla relazione tra i pari e tra i sessi,

alla relazione intergenerazionale, alla promozione dell’agio e alla prevenzione del disagio; • tutela minorile (riguardante quelle realtà nelle quali le Aziende ULSS hanno avuto delega

dai Comuni per tale competenza). La deliberazione regionale 13 giugno 2006 n. 1855 comprende tre distinte progettualità: 1. Marchio famiglia; 2. Sostegno alla genitorialità sociale: interventi per lo sviluppo dell’affidamento familiare; 3. Sostegno alla genitorialità sociale: il sostegno della famiglia adottiva e del minore

adottato. Per quanto riguarda il secondo punto, la Conferenza dei Sindaci dei Comuni del territorio dell’Azienda ULSS n. 20, con proprio provvedimento n. 7 del 12 settembre 2006 ha approvato l’adesione al programma regionale attraverso il progetto denominato "Centro per l’affido e la solidarietà sociale", predisposto dal Comune di Verona in quanto Comune capofila. È stato inoltre presentato in Regione il progetto attuativo locale per il sostegno alla famiglia adottiva che prevede la continuazione delle attività già previste nel progetto pilota regionale di cui alla DGR n. 2161 del 16 luglio 2004. Anche in questo caso il progetto è stato approvato dal Dirigente Regionale competente ed è stato attivato un tavolo di lavoro provinciale che vede coinvolte le Aziende ULSS n. 20, n. 21 e n. 22 quali Enti capofila e gli Enti autorizzati all’adozione internazionale.

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II.5.4 La programmazione strategica 2007-2009 La programmazione strategica per il triennio 2007-2009 si è sviluppata a partire dai due Tavoli tematici attivati a livello distrettuale (nel Distretto n. 2 e n. 4) e dal corrispondente tavolo sovradistrettuale di area. Di seguito sono rappresentati, in forma schematica per entrambi i Tavoli, le aree di interesse, le priorità di intervento e gli obiettivi strategici. Tavolo tematico Area Infanzia Minori Famiglia del Distretto n. 2

1 – FAMIGLIE IN DIFFICOLTÀ priorità obiettivi

Lettura adeguata dei bisogni Mappatura risorse del territorio Dati e linguaggi comuni

2 – FUNZIONE GENITORIALE priorità obiettivi

Modalità innovative rispetto a "formazione famiglia" • Educare la coppia (i giovani) alla genitorialità –

natalità • Educare ai diritti dei bambini

Pari opportunità rispetto a maternità – paternità

Promozione della solidarietà tra le famiglie • Sostenere le famiglie nel recupero insieme di uno

sguardo "positivo" sulla loro dimensione di vita Supporto alla famiglia in senso generale

3 – SPAZI DI AGGREGAZIONE priorità obiettivi

Prevenzione a forme di comportamento potenzialmente devianti

Attenzione alla valorizzazione ed allo sviluppo di competenze autonomia

• Attenzione allo sviluppo di competenze rispetto alle libertà individuali

Spazi e luoghi di aggregazione informali

4 – VIOLENZA E ABUSO SU MINORI priorità obiettivi

Sviluppo della rete dei servizi e utilizzo di strumenti specifici

• Utilizzo della UVMD Minori

Formazione degli operatori della rete e di altre Istituzioni pubbliche

5 – COLLABORAZIONE TRA PUBBLICO E PRIVATO priorità obiettivi

Sostegno e sviluppo della collaborazione tra privato sociale dello stesso settore e tra pubblico e privato

• Tutelare la qualità dei servizi • Promuovere maggior collaborazione tra ospedale e

territorio e tra cura e assistenza Sviluppo di ulteriori servizi in un’ottica di rete allargata alle progettualità a livello territoriale

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Tavolo tematico Area Infanzia Minori Famiglia del Distretto n. 4

1 – FAMIGLIA sostegno alla genitorialità - crisi della coppia genitoriale - separazioni

priorità obiettivi Sviluppo nel territorio protocollo tra servizi - tema separazioni

• Tavolo coordinamento tra Tribunale Civile e servizi coinvolti

Sviluppo asili nido prima infanzia e servizi innovativi • Mappatura servizi, identificazione bisogni, criteri di

accesso Promozione di forme di coinvolgimento attivo dei genitori

2 – TUTELA MINORI strutture di accoglienza e sviluppo dell’affido familiare

priorità obiettivi Sviluppo Centri diurni aggregativi, educativi e appoggi domiciliari

Ripresa del percorso sull’UVMD Minori • Presa in carico condivisa tra servizi • Definizione relativo protocollo tra Enti

Affido familiare • Sviluppo e sensibilizzazione servizio Sviluppo strutture di accoglienza • Mappatura realtà – sviluppo tipologie diverse Prosecuzione Progetto disturbi comportamento • Maggiore territorialità

3 – IMMIGRAZIONE (irregolari, minori non accompagnati ecc.) - integrazione e tutela

priorità obiettivi Linee guida rispetto alla presa in carico dei minori irregolari e non accompagnati

Razionalizzazione informazione rispetto ai mediatori culturali

4 – SCUOLA attività educativa per prevenzione disagio - gestione problema devianza giovanile

priorità obiettivi Costituzione Tavolo coordinamento con mondo della scuola, allargato ad altri servizi interessati

5 – RETE SERVIZI Tavoli di sistema e di coordinamento

priorità obiettivi Potenziamento servizio sociale professionale e servizi territoriali

• Nuove forme di organizzazione

Rafforzamento delle forme di coordinamento e compartecipazione tra pubblico e privato sociale

Promozione di modalità di coinvolgimento della famiglia

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Tavolo tematico Area Infanzia Minori Famiglia sovradistrettuale

1 priorità obiettivi

• Migliore condizione del clima familiare e delle relazioni con possibilità per i genitori di partecipare attivamente ed adeguatamente al processo di crescita ed alla vita dei figli

• Tutela e garanzia di uno spazio di crescita e di vita adeguata e contrasto all’inserimento in percorsi di devianza sociale

Favorire l’integrazione e l’inserimento sociale - educativo di bambini/e e adolescenti e delle loro famiglie

• Perseguimento di maggiore benessere e possibilità di partecipazione, aggregazione anche nei contesti territoriali di riferimento dei minori e delle loro famiglie, includendo anche i minori stranieri non accompagnati

2 priorità obiettivi

Implementare e diversificare all’interno del territorio dell’A.ULSS n. 20 le risposte socio-educative di accoglienza residenziale per bambini/e e adolescenti con difficoltà

• Diversificazione delle risposte di collocamento extra-familiare in relazione ai diversi bisogni ed esigenze di bambini/e ed adolescenti con difficoltà familiari e/o personali

• Permanenza di bambini/e ed adolescenti con difficoltà personali e/o familiari nel proprio territorio

3 priorità obiettivi

Presa in carico precoce ed adeguata di adolescenti con complesso disagio psicosociale, con problemi relazionali e comportamentali, con ridotta motivazione, e loro genitori, da parte del sistema dei servizi socio-sanitari e sociali, con integrazione e diversificazione delle risposte

• Miglioramento della qualità della vita degli adolescenti e delle loro famiglie

• Riduzione del rischio di evoluzione delle disarmonie evolutive complesse verso patologie psichiatriche e verso forme di devianza gravi e stabili

• Minore ricorso all’inserimento dell’adolescente in strutture residenziali ed al ricovero ospedaliero

• Sviluppo ulteriore di interventi innovativi rispetto a questi adolescenti, in particolare per promuovere la motivazione al cambiamento

4 priorità obiettivi

Valorizzare la genitorialità sociale, con particolare attenzione all’Affido familiare, anche di minori stranieri, e all’adozione Valorizzare ed implementare il processo di solidarietà già presente nella comunità locale nei confronti dei minori necessitanti di tutela giuridica

• Tutela dei minori appartenenti a famiglie multiproblematiche attraverso l’inserimento in ambiente extra-familiare rispondente ai loro bisogni evolutivi

• Aiuto alla famiglia d’origine per permettere il rientro dei figli

• Sostegno ed accompagnamento alla famiglia affidataria durante il percorso di affido

• Sensibilizzazione ed incremento delle famiglie affidatarie

• Sostegno alla famiglia adottiva • Sostegno ai bambini/e ed agli adolescenti attraverso

la solidarietà di cittadini disponibili alla tutela volontaria nei casi previsti dalla legge

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5

priorità obiettivi

Promuovere i diritti e le opportunità dell’infanzia e dell’adolescenza

• Implementazione e diversificazione degli spazi e degli strumenti relativi allo sviluppo della creatività, in particolare nelle agenzie educative e nel tempo libero

• Diversificazione delle risposte diurne di sostegno e di affiancamento ai minori ed ai loro genitori in difficoltà, rafforzandone le funzioni genitoriali, per agevolare un percorso di crescita adeguato anche attraverso lo sviluppo dell’appoggio socio-educativo domiciliare e territoriale

• Riduzione di ricorso ad inserimenti extra-familiari

6 priorità obiettivi

Sostenere la genitorialità fin dal suo nascere, alla maternità e alla relazione genitori figli nei primi anni di vita del bambino

• Sostegno alla maternità, accoglienza mamma bambino

• Sviluppo servizi innovativi e reti

7 priorità obiettivi

Valutare il fabbisogno di servizi educativi a favore della prima infanzia e a sostegno delle famiglie

• Sviluppare piani di integrazione del fabbisogno laddove verificato

• Sostegno alla genitorialità ed alla qualità della vita dei minori in contesti educativi adeguati

• Sostegno al processo di socializzazione dei minori • Sostegno alla famiglia con genitori impegnati nel

lavoro sviluppando risposte flessibili nell’orario e alle esigenze delle fasce deboli

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CAPITOLO 6 – AREA GIOVANI II.6.1 Inquadramento generale e collegamento con il Piano di Zona 2003-2005 L’inserimento nel Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009 dell’Area Giovani rappresenta un aspetto di innovazione in quanto questa importante tematica non ha costituito nelle precedenti pianificazioni zonali un autonomo e specifico oggetto di indagine. I Piani di Zona del 1999 e per il triennio 2003-2005 infatti hanno ripartito le politiche giovanili complessivamente intese all’interno delle tradizionali Aree tematiche relative soprattutto ai minori, agli adolescenti e alle dipendenze. Pertanto sarebbe improprio affermare che non esiste alcuna continuità nelle politiche a favore dei giovani tra questa nuova pianificazione e le precedenti poiché sono molti i progetti dedicati a tale "categoria" sociale programmati e realizzati. Il Piano di Zona 2007-2009, ampliando le Aree tematiche, ha inteso innanzitutto mettere in rilievo il crescente interesse sviluppatosi negli ultimi anni per le politiche giovanili sia con la finalità di consolidare le politiche orientate al bisogno e al disagio sia di promuovere quelle innovative e ancora tutte da esplorare dell’agio e del protagonismo. E’ forte nel territorio l’esigenza di attivare azioni a favore del mondo giovanile nell’intento di valorizzarne le potenzialità e la partecipazione attiva alla vita sociale e contemporaneamente di sensibilizzare la comunità verso un atteggiamento positivo e propositivo nei confronti di questa particolare fascia di cittadini. L’emersione di una vera e propria politica "per i giovani o con i giovani" caratterizzata da un certo grado di autonomia e da una specifica peculiarità è infatti un fenomeno abbastanza recente che si inserisce in un contesto nazionale e regionale di estrema debolezza testimoniata dalla mancanza di una apposita legge quadro nazionale dedicata a questa particolare tipologia di politiche e dalle poche leggi regionali adottate in materia che, nella maggior parte dei casi, risultano "datate" e necessitano di un appropriato intervento legislativo di novellazione. Le politiche giovanili si sono infatti sviluppate a partire da una "molteplicità di politiche", diversificate per finalità, per settori di intervento e soggetti istituzionalmente competenti, che comprendono la salute, l’istruzione, la formazione professionale, il lavoro, i fenomeni di devianza, la casa, la cultura, l’informazione, il turismo. Ogni ambito è stato oggetto di specifici interventi in cui l’attenzione per la dimensione giovanile ha convissuto con aspetti di carattere più generale riguardanti l’intera popolazione. Basta solamente pensare allo stretto legame che sussiste, nell’ambito delle politiche di welfare e all’interno di questo e dei precedenti Piani di Zona, tra l’Area Giovani e, da un lato, l’Area Infanzia-Minori (la cui finalità primaria è la promozione dei diritti, la qualità della vita, la realizzazione individuale e la socializzazione) e dall’altro con l’Area Dipendenze (in termini di prevenzione, cura e recupero sociale). Le "politiche giovanili" tendono oggi a configurarsi quale insieme autonomo di interventi che ha come destinatari un particolare target di popolazione e si connota per assumere una dimensione nuova: non tanto o non solamente legata ad interventi di tutela o di assistenzialismo, di accesso o di erogazione di servizi, ad azioni di prevenzione o di recupero, quanto orientata verso politiche attive, di partecipazione, di socialità e di opportunità per i giovani. In questo senso, pur in un contesto in cui le politiche giovanili sono ancora legate ad una certa debolezza culturale e sociale e alla scarsità di risorse dedicate, si riscontra un graduale

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sviluppo di progettualità locali e di iniziative pilota con una valenza territoriale promosse da Comuni, Regione e Provincia. In linea generale, il rinnovato interesse per le politiche giovanili è testimoniato a livello comunale dalla tendenza ad individuare appositi Assessorati o a conferire specifiche deleghe, all’istituzione di Consigli comunali dei ragazzi e di Consulte delle Associazioni giovanili, alla valorizzazione dei Centri di aggregazione, ma soprattutto all’elaborazione di singoli progettualità più o meno ampie. In molti casi si tratta di progetti autonomi legati maggiormente agli aspetti tipici della vita giovanile (musica, sport, informatica, …) o sviluppati in relazione agli appositi bandi regionali annuali emanati in attuazione della L.R. 28 giugno 1988 n. 29 "Iniziative e coordinamento delle attività in favore dei giovani". Per quanto attiene alle iniziative regionali, oltre ai menzionati bandi di concorso ex L.R. n. 29/1988, va segnalato il "progetto Junior l’atelier delle giovani idee" per la valorizzazione della creatività e dello spirito d’iniziativa dei giovani e per il sostegno concreto allo sviluppo di progetti e idee promosse da giovani (costituiti in associazione o come gruppo informale) per i giovani e da realizzarsi nel contesto sociale e culturale di appartenenza. Particolarmente significativi sono anche gli interventi per favorire gli scambi socio-culturali. Infine dal 2001 è attivo l’Osservatorio regionale permanente sulla condizione giovanile che ha il compito primario di monitorare le dinamiche e di fornire informazioni riguardanti le politiche giovanili con significativi riferimenti alla situazione italiana ed europea. Sotto l’aspetto più relazionale, l’Osservatorio cura la realizzazione e lo sviluppo di un Forum dei giovani veneti. In questo ambito il ruolo della Provincia risulta invece maggiormente legato alle competenze istituzionali in materia di istruzione secondaria di secondo grado e soprattutto di formazione professionale e lavoro. II.6.2 La base conoscitiva La base conoscitiva di seguito rappresentata costituisce un primissimo tentativo di rilevazione, che risulta naturalmente parziale e oggetto di successiva futura implementazione sia perché quest’area di intervento non era stata mai sistematicamente analizzata in passato e difetta quindi di una base di dati storica e di appositi strumenti d’indagine, dall’altro per effetto della parzialità dei dati pervenuti da parte dei Comuni. Si ritiene tuttavia degno di interesse menzionare i servizi ed i progetti attivati da alcune Amministrazioni Comunali in favore dei giovani precisando che le azioni riportate, in alcuni casi particolarmente articolate come per le iniziative attuate dal Comune di Verona, riguardano generalmente gli interventi rivolti alla fascia giovanile fino ai 25-29 anni di età, mentre alcune progettualità si riferiscono specificatamente alla fascia adolescenziale ed altre attengono ai ragazzi maggiorenni. Innanzitutto alcune iniziative sono finalizzate all’attivazione di processi di prevenzione dell’uso di sostanze psicotrope con interventi che, partendo da un’attività di informazione e di stimolo ad un impiego positivo del proprio tempo libero, intendono incidere sul comportamento e sugli atteggiamenti nei confronti delle "sostanze ricreazionali". Altre attività sono orientate, invece, a facilitare l’integrazione nei gruppi formali ed informali e nella costruzione di un rapporto positivo tra giovani e Istituzioni. In particolare uno specifico ambito progettuale riguarda la creazione di un organo consultivo formato da giovani democraticamente eletti con la finalità di favorire la legittimazione da parte delle Amministrazioni pubbliche degli organismi giovanili attivi e operanti.

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Per quanto concerne l’attivazione di Centri di aggregazione l’obiettivo prioritario risulta quello di creare luoghi di incontro, sia fisici che relazionali, finalizzati allo sviluppo delle progettualità individuali e dell’identità sociale, oltre che del senso di appartenenza alla comunità. Infine viene riportato un impegno finalizzato alla formazione di figure professionali giovani in grado di lavorare con i minori. Pur non rientrando nell’ambito della rilevazione compiuta, appare opportuno segnalare due aspetti. Significativa, per la dimensione che ha assunto nell’intero territorio, è l’attivazione da parte di molte Amministrazioni locali degli Informagiovani, sportelli dedicati in via esclusiva ai giovani che hanno generalmente sede presso i Comuni. Gli Informagiovani sono infatti dei servizi che rendono disponibili informazioni sulle opportunità (di cui spesso si sa poco o nulla) offerte in ambito pubblico e privato, nazionale ed europeo, e sui vari argomenti d’interesse per i giovani. Infine molte iniziative, difficilmente mappabili, sono riconducibili a momenti di svago e di intrattenimento ed hanno una limitata durata temporale quali eventi, manifestazioni, festival, incontri. Tabella di sintesi delle azioni realizzate

n. azioni unità

erogaz. n. utenti

risorse dedicate anno 2005

1 C10 Centro di Aggregazione 1 52 27.040 2 C18 Progetto Giovani 2 1.698 15.822 3 P19 Favorire l’aggregazione 1 900 10.342 4 P21 Formazione operatori informali/figure educative 1 40 1.986 5 P44 Prevenzione uso sostanze psicotrope 2 520 5.783 TOTALE per Area d’intervento 7 3.210 60.973

II.6.3 La programmazione strategica 2007-2009 La programmazione strategica per il triennio 2007-2009 si è sviluppata a partire dall’unico Tavolo tematico attivato a livello distrettuale (nel Distretto n. 1) e dal corrispondente Tavolo sovradistrettuale di area. Di seguito sono rappresentati, in forma schematica per entrambi i Tavoli, le aree di interesse, le priorità di intervento e gli obiettivi strategici. Tavolo tematico Area Giovani del Distretto n. 1

1 – PARTECIPAZIONE ATTIVA come risorsa nella dimensione collettiva (socializzazione, condivisione di regole in spazi di

aggregazione territoriali e possibilità di attivare un organismo consultivo dei giovani a livello sovradistrettuale)

priorità obiettivi Favorire i ruoli di rappresentanza nella costruzione della comunità locale

Valorizzare i giovani come risorsa Azioni prioritarie: ascolto e accompagnamento Creare condizioni effettive di confronto e condivisione tra i giovani e con i giovani

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2 – SVILUPPO della CREATIVITÀ nel tempo libero in spazi di incontro ed espressione (anche di altre culture)

priorità obiettivi Favorire i vari linguaggi e le produzioni giovanili • Concentrarsi sui processi e non solo sui prodotti Incentivare la ricerca del sé creativo (potenzialità – abilità – capacità …)

Individuare spazi formali e informali dove esprimersi Fornire strumenti e supporti finalizzati alla semplificazione nell’accesso all’informazione

Sostenere politiche giovanili che agevolino la fruizione/partecipazione ad eventi, attività, iniziative …

3 – PREVENZIONE NELL’AGIO luoghi, spazi, momenti di ascolto per lo sviluppo di maggior consapevolezza e fiducia in sé stessi e

di confronto rispetto a stili di vita positivi priorità obiettivi

Consultazione con esperti per gli aspetti relativi alla sfera sessuale e riproduttiva ed alla crescita psicologica

Informazione e formazione rispetto all’uso di sostanze Privilegiare la funzione dell’ascolto a partire da spazi e momenti non solo strutturati/formalizzati/gestiti da "esperti"

4 – INSERIMENTO LAVORATIVO facilitazione e qualificazione promozione stage lavorativi, borse lavoro, percorsi di

accompagnamento e accesso attraverso la sensibilizzazione e sinergie con le associazioni di categoria ed il coinvolgimento di Enti locali (Comuni, Provincia, …)

priorità obiettivi Individuare forme di orientamento più efficaci Sviluppare percorsi formativi orientati all’acquisizione di abilità e competenze

5 – INTEGRAZIONE tra servizi pubblici e privato sociale che si rivolgono ai giovani priorità obiettivi

Dare impulso all’interculturalità ed alle peculiarità relative agli inserimenti sociali di "una seconda generazione" immigratoria

Mantenere una prospettiva condivisa sui fenomeni presenti nel territorio, in particolare nell’area del disagio

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Tavolo tematico Area Giovani sovradistrettuale

1 – PARTECIPAZIONE ATTIVA E/O MODALITÀ DI RAPPRESENTANZA GIOVANILE - GRADIMENTO DELLE VARIE PROPOSTE ATTIVATE PER RIPROPORLE E/O "ESPORTARLE"

priorità obiettivi Favorire ruoli di rappresentanza nella costruzione della comunità locale

• Riproporre esperienze di partecipazione già sperimentate (Consulta Giovanile della Scuola)

Far emergere le priorità direttamente dai giovani anche rispetto ai servizi ed alle attività già avviate

• Individuazione di sistemi di monitoraggio sul gradimento

2 – SVILUPPO SPAZI DI CREATIVITÀ priorità obiettivi

Bisogno formativo di sviluppare e completare una identità di sé

• Incentivare la ricerca del sé creativo (potenzialità abilità capacità)

• Implementare gli spazi dell’intelligenza emotiva

Bisogno di spazi, fisici e virtuali, dedicati • Centri di aggregazione • Attività in spazi di interesse condivisi

Bisogno di riunirsi in gruppo per progettare quale forma di sviluppo della creatività alternativa

• Incentivare le proposte di spazi di creatività diversa da quella "espositiva"

3 – PREVENZIONE NELL’AGIO priorità obiettivi

Bisogno di spazi di ascolto/accompagnamento anche per tematiche non socialmente "allarmanti" ma che necessitano di "primo contatto" e counseling

• Sviluppare le esperienze di vari punti di ascolto (quali ad es. "Porte Aperte")

• Consolidare e riproporre l’esperienza del Consultorio per adolescenti

Bisogno di luoghi d’ascolto non "etichettanti" per il ragazzo e la famiglia, gli insegnanti e gli educatori

• Sviluppare sempre più la rete dei servizi di ascolto (es. CIC), mentre i Servizi clinici si occupano di aspetti di promozione dell’agio e della salute

Implementare gli spazi della sfera della sessualità e della formazione di coppia

• Implementare attività informative preventive dei Consultori sulla sessualità e sulla formazione della coppia

4 – INSERIMENTO FORMATIVO/LAVORATIVO priorità obiettivi

Inserirsi nel mondo del lavoro, cambiare lavoro, migliorare la propria posizione

• Sollecitare l’attivazione di corsi professionali serali • Brevi percorsi professionali • Individuare forme di orientamento più efficaci

Vedersi facilitato in vari modi l’inserimento lavorativo • Facilitare i contatti con il mondo del profit • Ufficio della promozione lavoro • Ufficio arte e mestieri

Poter fruire di percorsi formativi orientati all’acquisizione di abilità e competenze

• Implementare tirocini di formazione lavoro con aziende selezionate alla concretezza degli inserimenti lavorativi successivi

Sperimentare già durante la scuola esperienze di orientamento lavorativo

• Tirocinio in cui sia garantito reale ruolo del tutor e promuovere esperienze di alternanza scuola/lavoro

5 – INTERCULTURA E CITTADINANZA EUROPEA priorità obiettivi

Esperienza molto richiesta dai ragazzi la partecipazione agli "sportelli" europei, vivo interesse alle esperienze di volontariato europeo che permettono di sperimentarsi e nel contempo cimentarsi in altre lingue

• Facilitare la fruizione di esperienze proposte

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CAPITOLO 7 – AREA IMMIGRAZIONE II.7.1 Inquadramento generale e collegamento con il Piano di Zona 2003-2005 In questi ultimi anni abbiamo assistito a modifiche strutturali della popolazione legate in particolare all’evoluzione del fenomeno dell’immigrazione che ha assunto un ruolo rilevante nel determinare le caratteristiche demografiche del nostro territorio. In considerazione di ciò la recente legislazione nazionale in materia ha stabilito alcune significative norme che regolano le dinamiche di accesso al sistema dei servizi. Anche la Regione Veneto, al fine di favorire l’inclusione sociale delle persone immigrate, con particolare riferimento agli interventi diretti ad affrontare i problemi legati alla condizione abitativa e all’accesso ai servizi, ha istituito un tavolo unico al quale partecipano rappresentanti degli Enti Locali, Comuni, Capoluoghi di Provincia e Provincia, Associazioni imprenditoriali, nonché delle Prefetture. In analogia con le indicazioni nazionali e regionali il Piano di Zona 2003-2005, attraverso la programmazione, ha messo in campo azioni per sviluppare e promuovere un’integrazione possibile e ragionevole basata sulla tutela dell’integrità della persona e volta a facilitare l’accesso a beni e servizi e più in generale a favorire condizioni di vita più decorose per gli immigrati. Creare questi presupposti ha permesso di ridurre, da un lato, il rischio di esclusione e di promuovere, dall’altro, il mantenimento della sicurezza e della stabilità sociale. Ad oggi le questioni aperte che riguardano questo fenomeno sono ancora molte e in costante aumento, come quella dell’accoglienza e dell’inevitabile presa in carico di bisogni e aspettative, che hanno aperto la strada a interventi e iniziative orientate a sviluppare forme di integrazione e di accettazione di altre realtà. In quest’ottica il Piano di Zona 2003-2005, in continuità e come sviluppo di quello precedente, ha previsto interventi diversificati e flessibili per promuovere percorsi di cittadinanza e processi di inclusione delle comunità straniere. Sul piano programmatorio si è investito in tipologie di offerta diversificate, con la promozione di una rete integrata di servizi individuali e collettivi. È risultata pertanto prioritaria l’individuazione di forme di raccordo stabili per la pianificazione degli interventi a livello territoriale, quali ad esempio: • favorire l’accesso ai servizi esistenti e facilitare il rapporto dei cittadini immigrati con il

contesto sociale di accoglienza; • favorire l’integrazione dei minori stranieri tramite lo sviluppo della mediazione linguistico-

culturale nelle scuole e la realizzazione di interventi mirati all’apprendimento dell’italiano; • sviluppare parimenti gli interventi di mediazione culturale e linguistica all’interno dei

servizi; • favorire la tutela della salute delle donne, in particolare in Area materno-infantile; • favorire azioni di sostegno e interventi a favore delle donne immigrate coinvolte nel

fenomeno della prostituzione; • sviluppare, nell’ambito del Programma Nazionale Asilo, forme di accoglienza adeguate a

favore di richiedenti asilo e rifugiati; • sviluppare iniziative culturali, sociali e ricreative per incontri tra etnie diverse e autoctoni; • favorire il coinvolgimento in modo permanente e strutturato della maggior parte delle

comunità straniere residenti nel territorio, per farle partecipi allo sviluppo delle politiche e

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delle iniziative che le riguardano direttamente e più in generale per portarle a partecipare attivamente alla vita pubblica.

Rispetto a questo fenomeno in costante crescita risultano infine significative le molteplici sperimentazioni di interventi innovativi attivati a vari livelli per il miglioramento dell’integrazione sociale di questi nuovi cittadini nel loro contesto di vita. II.7.2 La base conoscitiva Dall’analisi dei dati raccolti relativi all’Area Immigrazione si evidenzia l’impegno delle Amministrazioni Comunali più attente nell’affrontare il mutamento sociale legato all’incremento del fenomeno migratorio e allo sviluppo della realtà produttiva veneta. L’afflusso di manodopera straniera nel territorio della provincia di Verona ha determinato la crescita della domanda, da parte delle persone immigrate prive di adeguata abitazione, di servizi mensa e di accoglienza notturna e temporanea. La gestione di un’articolata rete di servizi essenziali, per favorire l’accoglienza e l’integrazione della popolazione immigrata, è stata realizzata in co-progettazione tra i servizi dei Comuni, il privato sociale e le associazioni di volontariato. Tabella di sintesi delle azioni realizzate La tabella sottostante evidenzia le unità di erogazione, il corrispondente numero di utenti ed il costo complessivo dell’azione per ogni insieme complesso di prestazioni o progetto rilevati nell’Area Immigrazione. Sono stati censiti i servizi residenziali e di sostegno attivati dall’Ente pubblico per contrastare l’emarginazione ed il disagio che accompagna il fenomeno dell’immigrazione. Un’azione complessiva di informazione, anche relativa alle iniziative in favore della popolazione immigrata messe in atto dall’associazionismo e dal privato sociale, viene svolta laddove è presente il Servizio Sociale Professionale. Le Amministrazioni Comunali effettuano inoltre gli interventi di competenza per la tutela della maternità e dei minori in difficoltà, a rischio di abbandono o privi di parenti o adulti legalmente responsabili. Nel Comune capoluogo è stata data particolare attenzione ai minori stranieri non accompagnati o sottoposti a sfruttamento per accattonaggio o per economie illegali (Progetto Azimut). L’Ente Locale provvede ad integrare il reddito con contributi temporanei per consentire ai nuovi cittadini immigrati, provvisti di regolare permesso di soggiorno, di far fronte alle esigenze primarie. L’azione di sostegno e di integrazione è stata potenziata nel Comune di Verona con un servizio specifico di mediazione linguistico-culturale, per facilitare la comunicazione e la comprensione culturale reciproca fra cittadini stranieri ed operatori dei servizi sociali e favorire la comunicazione e l’integrazione dei minori nelle scuole e con le famiglie. Sono state attivate progettualità rivolte ai cittadini stranieri che abbiano compiuto il quindicesimo anno di età ed in possesso del regolare permesso di soggiorno, al fine di favorire l’apprendimento della lingua italiana che rappresenta la condizione di base per attivare percorsi di integrazione culturale.

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Sempre nel Comune capoluogo è stata avviata una collaborazione tra l’ambulatorio "Centro Salute Immigrati", gestito da medici volontari, e l’Azienda ULSS n. 20 con la finalità di garantire interventi di assistenza sanitaria agli stranieri temporaneamente presenti in Italia. Inoltre il Comune di Verona ha previsto un progetto, attivato nel 2004 e finanziato dall’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani), finalizzato alla realizzazione di un sistema di accoglienza che prevede l’attivazione di uno sportello rifugiati per fornire informazioni legali sulla normativa italiana ed europea in materia di asilo, garantendo orientamento e supporto psicologico e sociale.

n. azioni unità

erogaz. numeroutenti

risorse dedicate anno 2005

1 C20 Servizi pronta accoglienza immigrati 2 8.759 6.000 2 C25 Servizi residenziali accoglienza immigrati 1 153 314.107 3 C45 Servizio sociale professionale 13 1.105 204.435 4 C105 Servizio integrazione reddito 5 194 129.137 5 C113 Servizio mediazione linguistica 1 200 40.000 6 P08 Contrasto isolamento sociale 2 40 - 7 P03 Aiuto disbrigo pratiche 2 546 28.668 TOTALE per Area d’intervento 26 10.997 722.347

Le tabelle e le rappresentazioni grafiche seguenti evidenziano le percentuali relative alla distribuzione delle risorse destinate alle diverse tipologie di azione ed alla relativa suddivisione dell’utenza.

Distribuzione risorse

44%

52%

4%

Struttute

Servizi

Progetti

Distribuzione utenti

81%

14%5%

Struttute

Servizi

Progetti

Risulta infine significativo considerare le strutture attivate dal Comune di Verona, in collaborazione con il privato sociale e le associazioni di volontariato, per consentire l’accoglienza notturna e temporanea degli immigrati stranieri e delle donne straniere per la tutela della maternità.

azioni % risorse dedicate

Servizi di accoglienza 44% 320.107

Servizi 52% 373.572

Progetti 4% 28.668

TOTALE 100% 722.347

azioni % numero utenti

Servizi di accoglienza 81% 8.912

Servizi 14% 1.499

Progetti 5% 586

TOTALE 100% 10.997

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strutture di accoglienza residenziale numero utenti

risorse dedicate

C25 CPA Corte Molon Coop. Comunità dei Giovani-VR 34 44.911 C25 CPA via Monti Lessini Coop. Casa degli immigrati-VR 8 14.225 C25 CPA viale Sicilia Coop. Casa degli immigrati-VR 8 15.491 C25 CPA via Maddalena Coop. Comunità dei Giovani-VR 11 13.534 C25 CPA via Manassero Coop. Casa per gli immigrati-VR 12 15.268 C25 CPA viale della Repubblica Coop. Casa per gli immigrati-VR 10 12.714 C25 CPA via Erice Casa della Carità San Vicenzo-VR 15 25.046 C25 Centro Collettivo via del Pontiere Coop. Comunita dei Giovani-VR 19 76.951 C25 Centro Collettivo via da Monte Coop. Comunità dei Giovani 10 87.351 C25 Appartamento per accoglienza via Palazzina-Vr 13 4.308 C25 Appartamento per l’accoglienza via Tunisi 13 4.308 TOTALE 153 314.107

II.7.3 La programmazione strategica 2007-2009 La programmazione strategica per il triennio 2007-2009 si è sviluppata a partire dall’unico Tavolo tematico attivato a livello sovradistrettuale. Di seguito sono rappresentati, in forma schematica, le aree di interesse, le priorità di intervento e gli obiettivi strategici. Tavolo tematico Area Immigrazione sovradistrettuale

1– INTEGRAZIONE priorità obiettivi

Creare spazi di partecipazione condivisa ed innovativa • Promozione e coinvolgimento dell’associazionismo e

delle comunità migranti nella vita sociale e civile del territorio di appartenenza

Scuola: facilitazione dell’inserimento scolastico dei minori stranieri

• Proseguire progettualità dei mediatori culturali all’interno della scuola e sviluppo di relazioni scolastiche e associazionismo

Sostegno degli adolescenti stranieri • Orientamento e supporto scolastico dell’adolescente

straniero in particolare di seconda generazione

2- LAVORO priorità obiettivi

Contrasto a modalità irregolari di cooptazione delle badanti

• Valutare l’ipotesi di istituzione di un fondo comune per il sostegno economico della figura della "collaboratrice familiare" regolarizzata

Formazione mirata alle persone straniere per favorire l’autodeterminazione e la crescita dell’individuo nell’ambiente lavorativo

• Favorire progetti di alfabetizzazione compatibili con orari di lavoro

• Sostenere percorsi di formazione mirata alle esigenze dei vari settori di impresa

Ampliamento collaborazioni con Cooperative di tipo B • Creazione di percorsi di inserimento lavorativo per

fasce deboli nell’area immigrazione

3– FORMAZIONE priorità obiettivi

Facilitare l’accesso dei migranti alle istituzioni, ai servizi sociali, alle strutture sanitarie

• Favorire la corretta interpretazione e soddisfazione dei bisogni e l’esercizio dei propri diritti

Necessità di percorsi di formazione continua per operatori di settore

• Costruzione di un linguaggio comune condiviso nell’ambito dell’area di lavoro

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4- COORDINAMENTO priorità obiettivi

Sportelli informativi: necessità di razionalizzare l’offerta dei servizi e la qualità delle informazioni

• Omogeneizzazione dell’offerta di informazioni, assistenza ed orientamento non solo agli immigrati, ma anche ai soggetti pubblici e privati della città

• Mappatura e attività di coordinamento degli enti locali sulle attività del territorio tramite azioni di sistema sulla rete dei servizi

5- ACCOGLIENZA priorità obiettivi

Tutela e accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati presenti sul territorio

• Sostenere gli interventi posti in essere nell’Ambito del Programma Nazionale Asilo

Tutela dell’immigrato per favorire la piena integrazione e all’uso autonomo di risorse private sul territorio o prevenire la marginalità

• Rinforzo e messa in rete di strutture per la prima accoglienza degli immigrati (singolo, famiglia, tutela della maternità)

Mediazione abitativa

• Facilitare l’accesso da parte degli immigrati a situazioni abitative adeguate

• Accompagnamento per favorire la cura adeguata degli spazi e la mediazione degli eventuali conflitti

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CAPITOLO 8 - AREA DIPENDENZE II.8.1 Inquadramento generale e collegamento con il Piano di Zona 2003-2005 La dipendenza da sostanze è un fenomeno in continuo cambiamento che, negli ultimi anni, ha assunto forme diverse, alcune delle quali spesso percepite come "normalizzate" all’interno del sistema sociale. La sottovalutazione dei rischi collegati all’uso di sostanze e parallelamente l’incremento cospicuo dell’uso delle stesse, soprattutto da parte delle giovani generazioni, ha portato a sviluppare dei modelli culturali che riducono le potenzialità preventive e l’attuazione di comportamenti di protezione da parte delle singole persone. Queste situazioni portano all’instaurarsi di vere e proprie forme di dipendenza con una serie di gravi conseguenze fisiche, psichiche e sociali. Il fenomeno assume confini sempre meno definiti, basti pensare al notevole incremento dell’uso di alcolici tra le fasce giovanili e all’abbassamento dell’età di primo utilizzo di droghe. La programmazione d’ambito è intervenuta pertanto definendo ancora meglio non solo il modello organizzativo ma anche quello culturale-valoriale che si vorrebbe porre alla base degli interventi contro le tossicodipendenze. La pluralità delle azioni proposte in quest’Area riflette sicuramente la realtà del nostro territorio, tant’è che il Piano di Zona 2003-2005, al quale si rimanda per gli opportuni approfondimenti, si è proposto di perseguire e consolidare un sistema di interventi differenziati e trasversali in grado di coinvolgere il maggior numero di servizi attivi in ambito locale, da quelli pubblici a quelli del privato sociale e del volontariato, individuando i seguenti obiettivi generali di Area: • l’integrazione a più livelli; • la centralità della persona e della famiglia; • la promozione della domiciliarità e dell’inclusione sociale. Senza voler entrare nel dettaglio delle specifiche progettualità previste, i principali ambiti di intervento individuati nel Piano di Zona 2003–2005 sono stati: • la prevenzione primaria dell’uso di sostanze e comportamenti a rischio; • la prevenzione secondaria e il contatto precoce con persone che utilizzano sostanze

psicoattive; • la prevenzione e il contenimento delle patologie legate all’uso di droghe; • la riduzione del danno e l’intervento a bassa soglia; • l’accoglienza, la valutazione e il trattamento dei tossicodipendenti; • gli interventi di pronta accoglienza; • il reinserimento lavorativo. Per quanto concerne la relativa pianificazione settoriale, il Piano Triennale di Intervento Lotta alla Droga 2003-2005 con i suoi 34 progetti aveva riguardato cinque aree: la prevenzione primaria, la cura, la prevenzione secondaria, la riabilitazione, l’organizzazione/innovazione. Nell’articolazione delle tematiche sopra citate si è distinto l’ambito della promozione della salute da quello più propriamente definito di contrasto della diffusione e dell’abuso di sostanze e di promozione del recupero dalle dipendenze. La programmazione si è caratterizzata per l’attenzione posta alla persona portatrice del bisogno, attraverso la messa a punto di una diffusa e diversificata offerta di servizi di cura e trattamento.

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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Significativi sono stati gli interventi di prevenzione dell’uso di sostanze e del comportamento a rischio nei luoghi del tempo libero diurno e notturno e quelli relativi alle problematiche legate all’alcool e alla sicurezza stradale, che sono stati realizzati su tutto il territorio veronese e hanno visto il coinvolgimento di un gran numero di giovani. Gli interventi hanno avuto luogo presso le scuole del territorio e fuori dal contesto scolastico anche attraverso animatori di strada. Negli anni si è ulteriormente rafforzato il già buon livello di collaborazione tra servizi pubblici e privato sociale, che ha innescato un interessante processo di ricognizione dei bisogni e dell’offerta portando a evidenziare le necessità sopra esposte. Rimane comunque prioritaria la necessità di un maggior coordinamento tecnico-scientifico ed operativo tra tutte le compagini interessate e coinvolte nella lotta alla droga supportando le attività di coordinamento del Dipartimento delle Dipendenze, creando collaborazioni stabili con il volontariato ed il privato sociale accreditato, incrementando la sinergia tra le strutture socio-sanitarie e le Amministrazioni. II.8.2 La base conoscitiva I dati raccolti nell’Area Dipendenze sono prevalentemente riferiti ai servizi specialistici del Dipartimento delle Dipendenze dell’Azienda ULSS n. 20. Il lavoro analitico di raccolta di informazioni presso le sedi dei Servizi sociali comunali ha però permesso anche la rilevazione di alcuni interventi territoriali di base. La tabella di seguito riportata è la sintesi degli interventi complessivi dell’Area, nella quale vengono evidenziate la tipologia delle strutture presenti sul territorio, i servizi erogati e le varie progettualità attivate. Tabella di sintesi delle azioni realizzate

n. azioni unità

erogaz. numero utenti

risorse dedicate anno 2005

1 U10 Comunità alloggio per malati di AIDS 2 53 362.863 2 U27 Servizi di pronta accoglienza 5 2.851 4.350.000

3 U28 Servizi residenziali di base per terapia riabilitativa alle dipendenze

3 151 1.630.800

4 U30 Servizi residenziali spec. terapia riabilitativa. madri tossicodipendenti con figli

3 108 1.101.200

5 U31 Servizi residenziali spec. terapia riabilitativa a tossicodipendenti minori

1 10 180.000

6 U34 Servizio territoriale alle dipendenze 1 28 69.400 TOTALE Unità Di Offerta 15 3.201 7.694.263

7 C04 Assistenza domiciliare 1 28 71.300 8 C13 Gruppo auto aiuto 4 1.235 9 C45 Servizio sociale professionale 8 97 10.711

10 C47 Servizio specialistico per AIDS 1 1.600 4.100.000 11 C105 Servizio di integrazione del reddito 3 3 2.550

TOTALE Insiemi Complessi di Prestazioni 17 2.963 4.184.561 12 P24 Inserimento lavorativo 2 - 54.000 13 P32 Prevenzione alcolismo 4 - 35.180 14 P34 Prevenzione del doping 1 - 38.000 15 P36 Prevenzione delle ricadute 3 - 50.500 16 P39 Prevenzione e disassuefazione fumo 1 - 24.500

17 P42 Prevenzione primaria uso di sostanze psicoat. mondo lavoro

1 - 8.000

18 P43 Prevenzione secondaria patologie correlate, razionalizzazione e innovazione cure

9 - 213.000

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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n. azioni unità

erogaz. numero utenti

risorse dedicate anno 2005

19 P44 Prevenzione uso sostanze psicotrope 8 - 132.001 20 P45 Promozione degli stili di vita sani 1 - 6.500 21 P48 Promozione della salute 1 - 7.164 22 P51 Riorganizzazione dei dipartimenti per le dipendenze 3 - 99.500 23 P52 Supporto alla famiglia 2 - 46.500 24 P56 Sviluppo della rete 1 - 4.000

TOTALE Progetti 37 - 718.845 TOTALE per Area d’intervento 69 6.164 12.597.669

I servizi erogati dai Comuni si inseriscono nella cornice delle prestazioni territoriali di base, dove emerge l’erogazione di prestazioni economiche e la presa in carico per situazioni di emergenza per l’accoglienza e la tutela della persona in situazione di disagio. La prevalenza delle azioni di Area sono prettamente di competenza del Dipartimento e fanno riferimento ai Servizi Specialistici in merito alla prevenzione, cura e riabilitazione di persone con dipendenza da sostanze. Nelle tabelle e rappresentazioni grafiche seguenti viene evidenziata la distribuzione delle risorse dedicate e le unità di erogazione attivate sul territorio. Dalla prima tabella emerge che più della metà delle risorse dedicate viene assorbita dalle unità di offerta. Nelle azioni dedicate alla progettualità, in relazione anche alle unità di erogazione, emerge che le risorse dedicate sono proporzionalmente rilevanti; da un’analisi più approfondita emerge che le progettualità di Area sono inserite in un contesto organizzativo strutturato diversificato.

Risorse ripartite per azione

61%

33%

6%

T OT ALE UDO

T OT ALE ICP

T OT ALE PROGET T I

azioni % risorse dedicate

TOTALE Unità Di Offerta 61% 7.694.263

TOTALE Insiemi Complessi di Prestazioni 33% 4.184.561

TOTALE Progetti 6% 718.845

Totale Complessivo 100% 12.597.669

azioni % unità di erogazione

TOTALE Unità Di Offerta 22% 15

TOTALE Insiemi Complessi di Prestazioni 25% 17

TOTALE Progetti 53% 37

Totale Complessivo 100% 69

Unità di erogazione

22%

25%53%

TOTALE UDO

TOTALE ICP

TOTALE PROGETTI

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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Nelle tabelle e nella rappresentazione grafica viene differenziata l’unità di offerta in tipologia di strutture, specificando gli enti erogatori del servizio, il numero degli utenti raggiunti sul territorio e le risorse per ciascuno dedicate.

Risorse: distribuzione per strutture

58%

15%

5%

22%

Centri Diurni

Comunità Terapeutiche

Comunità Alloggio

Pronte Accoglienze

La tabella sottostante indica la ripartizione degli utenti per singoli interventi.

ripartizione utenti per azione n. utenti

U10 Comunità alloggio per malati di AIDS 53

U27 Servizi di pronta accoglienza 2.851

U28 Servizi residenziali di base per la terapia riabilitativa alle dipendenze 151

U30 Servizi residenziali spec. terapia riabilitativa. madri tossicodipendenti con figli 108

U31 Servizi residenziali spec. terapia riabilitativa minori tossicodipendenti 10

U34 Servizio territoriale alle dipendenze 28

Centri Diurni n. utenti risorse dedicate

Centro Poliv. Pacinotti 28 69.400 SER. D.1 564 1.050.000 SER. D.2 624 1.750.000 SER. D.3 654 1.000.000 Servizio di alcologia 535 150.000 O. T. D. Carcere 474 400.000 TOTALE 2.879 4.419.400

Comunità Terapeutiche n. utenti risorse dedicate

CEIS VERONA 40 434.000 C.T. La GENOVESA 44 475.200 C.T. EXODUS 24 192.000 TOTALE 108 1.101.200

Comunità Alloggio n. utenti risorse dedicate

Coop. Soc. Azalea Com. All. Aids 24 154.807 Coop. S. l Cireneo Com. All. Aids 29 208.056 TOTALE 54 362.863

Pronta Accoglienza posti risorse dedicate

P.A. CEIS 50 540.000 P.A. Comunità dei Giovani 53 572.400 P.A. La Genovesa 48 518.400 TOTALE 151 1.630.800

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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C04 Assistenza domiciliare 28

C13 Gruppo auto aiuto 1.235

C45 Servizio sociale di base 97

C47 Servizio specialistico per AIDS 1.600

C105 Servizio di integrazione del reddito 3

TOTALE 6.164

II.8.3 La pianificazione settoriale Nell’ambito dei numerosi interventi di prevenzione, cura e riabilitazione realizzati nell’Area delle Dipendenze vanno menzionate le progettualità finanziate attraverso il Fondo regionale di intervento per la lotta alla droga derivante dalla ripartizione del corrispondente Fondo nazionale di cui all’art.127 del D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 "Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza" confluito a partire dal 2003 in maniera indistinta nel Fondo per le politiche sociali. Sulla base delle risorse finanziarie trasferite alla Regione Veneto, sono stati elaborati due Piani triennali di intervento: il primo è stato avviato con la DGR 3 agosto 1999 n. 2896 e si riferiva al triennio 2000-2002 mentre il secondo, relativo al periodo 2003-2005, è stato promosso con la DGR 9 agosto 2002 n. 2265 e successivamente prorogato al 30 giugno 2006 per effetto dell’adozione della DGR 18 ottobre 2005 n. 3105. Con la recente DGR 28 febbraio 2006 n. 456 è stato individuato un nuovo modello di gestione integrata per questa terza "edizione" del Piano da realizzarsi per il triennio 2006-2008 che si è basata su un’elaborazione collegiale tra Azienda ULSS e Comuni associati rappresentati dall’Esecutivo. In attuazione delle disposizioni regionali, la Conferenza dei Sindaci (con deliberazione n. 2 del 20 giugno 2006) e l’Azienda ULSS n. 20 (con deliberazione del Direttore Generale n. 277 del 28 giugno 2006) hanno approvato il Piano triennale d’intervento per la lotta alla droga 2006-2008, parte integrante e sostanziale del Piano di Zona con particolare riferimento all’integrazione tra questa pianificazione settoriale e le aree Infanzia-adolescenza (con i

Ripartizione utenti per azione

53

2.851

151 108 10 28 28

1.235

97

1.600

30

500

1000

1500

2000

2500

3000

U10

U27

U28

U30

U31

U34

C04

C13

C45

C47

C10

5

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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progetti di cui alla legge 28 agosto 1997 n. 285) e Giovani (con le iniziative legate alla L.R. 28 giugno 1988 n. 29). Il Piano approvato si compone di singoli progetti elaborati su base territoriale distrettuale e si articola in specifiche aree quali: la prevenzione selettiva per gruppi a rischio (mediante la realizzazione di interventi rivolti prevalentemente a comportamenti giovanili legati all’uso e all’abuso di "nuove droghe", prima fra tutte la cocaina, con azioni mirate negli ambienti sociali e nei momenti di maggior rischio); il trattamento di cocainomani e di soggetti dipendenti da altre sostanze sintetiche (attraverso la sperimentazione di nuovi progetti terapeutico-riabilitativi individualizzati anche in ambienti "informali"); il reinserimento lavorativo di tossicodipendenti e/o alcoldipendenti (grazie all’assegnazione di borse lavoro in accordo con i S.I.L. e con il coinvolgimento delle realtà imprenditoriali e sindacali). Di seguito viene proposto il quadro sintetico delle progettualità elaborate in ambito locale che costituiscono gli impegni programmatici assunti per il triennio 2006-2008 in conformità alla ripartizione dei relativi finanziamenti annuali da parte della Regione.

PIANO TRIENNALE DI INTERVENTO LOTTA ALLA DROGA 2006-2008

finanziamento assegnato a valere sui fondi regionali n ente titolo progetto ambito

1 anno 2 anno 3 anno totale triennio

PREVENZIONE SELETTIVA (GRUPPI A RISCHIO)

1 Comune di Verona

All’Ultimo minuto dss 1 65.000,00 65.000,00 65.000,00 195.000,00

2 Fondazione Exodus

Dream on: campagna di prevenzione delle droghe

dss 1 2 3 4

16.754,93 16.754,93 16.754,93 50.264,79

3 Associazione Medio Adige

Prevenzione selettiva gruppi a rischio cocaina ed ectasy un

accesso ad internet per i giovani

dss 1 2 3 4

9.574,25 9.574,25 9.574,25 28.722,74

4 Associazione Medio Adige

Scuola competente: interventi di prevenzione selettiva in ambito

scolastico

dss 1 2 3 4

8.776,39 8.776,39 8.776,39 26.329,18

5 Associazione Medio Adige

Centro salute benessere per la famiglia per un futuro libero dalle

droghe

dss 1 2 3 4

11.967,81 11.967,81 11.967,81 35.903,42

6 Associazione Medio Adige

Sperimentazione programmi di prevenzione secondaria dell’uso di stupefacenti in soggetti segnalati da Prefetture UTG a norma art. 75 – 121 L. 309/90 e succ. modifiche

dss 1 2 3 4 4.069,05 4.069,05 4.069,05 12.207,16

7 Associazione Medio Adige

Prevenzione nelle coppie dei tossicodipendenti: abuso di sostanze e malattie infettive

dss 1 2 3 4

8.648,74 8.648,74 8.648,74 25.946,21

8 Associazione Medio Adige

Realizzazione di modelli di intervento rivolti ai comportamenti giovanili emergenti con particolare riguardo alla cocaina e alle droghe

ricreazionali (club drugs)

dss 1 2 3 4

9.813,60 9.813,60 9.813,60 29.440,81

9 Associazione Medio Adige

No alcol se party: promozione tra i giovani di uno stile di divertimento

libero da sostanze psicoattive legali e illegali con particolare

attenzione alla guida responsabile

dss 1 2 3

12.119,40 12.119,40 12.119,40 36.358,20

10 Associazione Medio Adige

Prevenzione selettiva primaria e secondaria dal poliabuso di sostanze legali e illegali con particolare riferimento alle

condizioni di salute

dss 1 2 3 4

12.191,21 12.191,21 12.191,21 36.573,62

11 Associazione Medio Adige

Prevenzione nei figli dei tossicodipendenti: abuso di sostanze e malattie infettive

dss 1 2 3 4

6.795,80 6.795,80 6.795,80 20.387,40

12 Associazione Medio Adige

Prevenzione selettiva dei disturbi correlati all’uso di sostanze

dss 1 2 3 4

9.574,25 9.574,25 9.574,25 28.722,74

13 Associazione Medio Adige

Strada facendo. La scuola promuove benessere (elementari

e medie)

dss 4

4.228,63 4.228,63 4.228,63 12.685,88

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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14 Soc. Coop. Soc. Comunità dei Giovani

Effetto alter ego dss

1 2 3 4 17.918,44 17.918,44 17.918,44 53.755,33

15 Associazione Medio Adige

Sfuma … chi fuma. How to say no dss 1 2 3 4

4.467,98 4.467,98 4.467,98 13.403,95

16 Associazione Il Corallo

Arca dss 1 2 3 4

15.672,08 15.672,08 15.672,08 47.016,25

17 Associazione A.G.A.R.A.S.

Caccia alla vita-prevenzione dell’abuso di alcol cocaina e

droghe di sintesi nei contesti di aggregazione informale della

popolazione giovanile

dss 1 2 3 4

17.990,81 17.990,81 17.990,81 53.972,42

18

Ass. Volontariato Lega Italiana per la lotta contro i tumori

Benessere per ben-essere: interventi di prevenzione dalla scuola elementare alla scuola

superiore

dss 1 2 3

1.077,10 1.077,10 1.077,10 3.231,31

TOTALE 236.640,47 236.640,47 236.640,47 709.921,41

TRATTAMENTO COCAINOMANI E ALTRE DIPENDENZE DA SOSTANZE SINTETICHE

19 Fondazione Exodus

Centro di trattamento intensivo per la dipendenza da cocaina e

psicostimolanti

dss 1 2 3 4 91.543,80 91.543,80 91.543,80 274.631,41

20 Associazione Medio Adige

Trattamento cocainomani e dipendenze in carcere

dss 1 2 3 4

10.533,33 10.533,33 10.533,33 31.600,00

21 Associazione Medio Adige

Intervento integrato per la gestione della comorbilità

psichiatrica e dei disturbi psichici correlati alla cocaina e altre

sostanze d’abuso

dss 1 2 3 4 8.800,00 8.800,00 8.800,00 26.400,00

22 Associazione Medio Adige

Dipendenze e rapporto madre e bambino

dss 1 2 3 4

27.080,00 27.080,00 27.080,00 81.240,00

23 Ass. Vol. SELF-HELP S. Giacomo

A.M.A. La Vita dss 1 2 3 4

26.213,33 26.213,33 26.213,33 78.640,00

TOTALE 164.170,47 164.170,47 164.170,47 492.511,41

REINSERIMENTO SOCIO LAVORATIVO DI TOSSICODIPENDENTI ED ALCOLDIPENDENTI

24 Associazione Medio Adige

Reinserimento socio lavorativo di tossicodipendenti ed

alcoldipendenti

dss 1 2 3 4

32.400,00 32.400,00 32.400,00 97.200,00

25 Associazione Medio Adige

Making man project. Percorsi di riabilitazione sociale e lavorativa

dss 1 2 3 4

8.100,00 8.100,00 8.100,00 24.300,00

26 Fondazione Exodus

Reinserimento socio lavorativo di tossicodipendenti e/o

alcoldipendenti detenuti

dss 1 2 3 4

15.249,06 15.249,06 15.249,06 45.747,18

27 Coop. Soc. Self Laboratorio protetto e interventi

territoriali integrati di inserimento socio lavorativo

dss con priorità 4, 1 2

3

28.404,00 28.404,00 28.404,00 85.212,00

27 Coop. Soc. CE.I.S.

Job 3 dss 1 2 3 4

21.276,00 21.276,00 21.276,00 63.828,00

TOTALE 105.429,06 105.429,06 105.429,06 316.287,18

TOTALE GENERALE 506.240,00 506.240,00 506.240,00 1.518.720,00

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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II.8.4 La programmazione strategica 2007-2009 La programmazione strategica per il triennio 2007-2009 si è sviluppata a partire dall’unico Tavolo tematico attivato a livello sovradistrettuale. Di seguito sono rappresentati, in forma schematica, le aree di interesse, le priorità di intervento e gli obiettivi strategici. Tavolo tematico Area Dipendenze sovradistrettuale

1 – PREVENZIONE priorità obiettivi

Necessità di contrastare il preoccupante aumento della tolleranza sociale verso l’uso di droghe ed alcol vissuti erroneamente come "normali comportamenti" Bisogno di aumentare il basso livello di conoscenze dei giovani dei danni alcoldroga correlati e la percezione del rischio Necessità di individuazione mediante diagnosi precoce di chi fa uso di sostanze (soprattutto se minorenni) e le situazioni di particolare vulnerabilità Bisogno di contrastare la diminuzione dell’età di inizio dell’uso di sostanze psicoattive Necessità di rispondere al disorientamento e difficoltà educative dei genitori di fronte a situazioni di uso di sostanze nei figli con rischio di dipendenza futura Bisogno di ridurre il forte ritardo con cui le persone con un problema di dipendenza, arrivano ai Centri di Cura (da sette a nove anni)

• Prevenzione Universale Attivare una campagna informativa permanente e capillare rivolta a comunità sociale, famiglie, scuola, associazionismo sportivo e ricreativo, adolescenti e gruppi dei pari, mirante a fornire informazioni sul danno derivante dall’uso di sostanze e promuovere stili di vita sani. Il messaggio chiave da trasmettere è che usare sostanze è un comportamento totalmente da evitare in quanto un disvalore, pericoloso e nocivo per la salute. Lo stile di vita sano da portare come modello è "non usare mai alcun tipo di sostanza" • Prevenzione Selettiva Interventi di informazione e prevenzione verso gruppi a rischio e a persone che presentano condizioni di vulnerabilità per un possibile sviluppo di una condizione di dipendenza. Comporta l’identificazione precoce di situazioni di vulnerabilità in età preadolescenziale quale per esempio l’ADHD. Ha come destinatari, più che le persone con il problema diretto, i genitori ed gli insegnanti a contatto con loro, con l’obiettivo di fornire supporto a famiglie e scuola, attraverso azioni specifiche tendenti alla corretta gestione delle problematiche di disturbi comportamentali ed antisociali correlati • Prevenzione Indicata Interventi in fase precoce rivolti in particolare a soggetti minori con sospetto d’uso di sostanze con l’obiettivo di pervenire ad una diagnosi il più precoce possibile. Un problema particolare è quello degli interventi in fase precoce attuati nei confronti di soggetti minori, con sospetto d’uso di sostanze. La finalità è di pervenire ad una diagnosi il più precoce possibile. Soprattutto i genitori con figli minorenni quindi devono essere messi nelle condizioni ottimali per poter comprendere tempestivamente l’eventuale uso di sostanze da parte dei figli. Gli strumenti di intervento che devono essere promossi sono il counselling con drugs testing offerti ai genitori in un contesto che presti molta attenzione all’aspetto educativo, al supporto psicologico e alla volontarietà del test

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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2 – RIABILITAZIONE E RECUPERO SOCIALE PERSONE MULTIPROBLEMATICHE priorità obiettivi

Necessità di attivare più precocemente percorsi di riabilitazione e reinserimento sociale, già durante la fase terapeutica Bisogno di orientare la riabilitazione anche verso l’acquisizione di abilità sociorelazionali e la corretta gestione delle attività ricreative Necessità di incrementare le attività di inserimento lavorativo con particolare attenzione agli aspetti relazionali e formativi professionali Bisogno di assicurare un domicilio dignitoso

• Iniziare la riabilitazione e reinserimento già in fase terapeutica e non attendere la completa interruzione dell’uso di sostanze

• Attivare già durante la fase terapeutica la formazione professionale, training socio-lavorativi, training socio-relazionali

• Prevedere l’attivazione di una rete sociale solidale e permanente attuata attraverso la creazione di accordi formali di collaborazione fra Aziende Pubbliche, Private e Associazioni di Privato Sociale

• Fare in modo che le Aziende e gli Enti Pubblici si rendano disponibili, mediante l’acquisizione di atti formali, ad accogliere nelle proprie strutture soggetti in riabilitazione per attuare percorsi formativi ed educativi programmati e gestiti dalle strutture terapeutiche competenti

• Prevedere azioni e programmi specifici per la riabilitazione e il reinserimento di persone multiproblematiche

• Ricerca di metodi innovativi per sostenere l’inserimento di persone multiproblematiche attraverso percorsi individualizzati

3 – MINORI priorità obiettivi

E’ necessario spostare sempre di più la fascia di primo intervento educativo/preventivo verso l’età compresa tra i 8-14 anni con interventi calibrati e modulati più in ambito educativo per l’acquisizione di comportamenti di salute e di stili di vita sani Bisogno di aumentare l’attenzione verso i casi di violenza e sfruttamento sessuale droga correlati in minori

• Attivare centri per il supporto specifici per genitori, con orientamento educativo e psicologico

• Supportare gli adulti con situazioni problematiche in minori (insegnanti, educatori, genitori) nel mondo della scuola e dello sport

• Valorizzare in questo particolare settore gli interventi e i gruppi di auto aiuto

• Attivare nuove forme di collaborazione tra Istituzioni per la tutela dei minori

4 - GIOVANI priorità obiettivi

Necessità di prevenire incidenti stradali correlati all’uso di sostanze psicotrope Bisogno di aumentare le possibilità di contatto tra operatori di prevenzione e giovani

• Instaurare collaborazioni con le scuole guida e Istituti scolastici per sostenere percorsi di educazione e di prevenzione all’uso di sostanze

• Attivare studi di settore sui determinanti gli incidenti in collaborazione con Prefettura e Forze dell’Ordine

• Attivare interventi con operatori di prevenzione ed unità mobili presso i luoghi di aggregazione (discoteche, piazze, ecc.)

5 - STRANIERI priorità obiettivi

Necessità di adeguare l’accoglienza e la presa in carico Bisogno di attivare percorsi di reinserimento legale in quanto la maggior parte delle persone straniere in contatto con i servizi per problemi di droga o alcol sono inserite nella rete criminale dello spaccio e dello sfruttamento prostituzione

• Adeguare i percorsi di accoglienza specifici per persone straniere con problemi di dipendenza. Utilizzo e sviluppo di strumenti di mediazione culturale per sostenere la presa in carico e la valutazione di percorsi di sostengo adeguati

• Attivare percorsi di reinserimento al fine di sottrarre le persone straniere quanto più possibile dalle attività di spaccio e di sfruttamento della prostituzione

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CAPITOLO 9 – AREA POVERTÀ E EMARGINAZIONE II.9.1 Inquadramento generale e collegamento con il Piano di Zona 2003-2005 Nella popolazione del territorio della Conferenza dei Sindaci dei Comuni dell’Azienda ULSS n. 20, seppur in diverse proporzioni, si rilevano fenomeni di disagio sociale, di marginalità, di povertà relativa e assoluta, connesse ai meccanismi interni della nostra civiltà e alle dinamiche della globalizzazione. La parola povertà indica anche uno stato di deprivazione culturale e una mancanza di strumenti che rendono problematico l’inserimento della persona nel tessuto sociale ed economico del territorio in cui vive. Il Piano di Zona 2003-2005 nella consapevolezza di non poter fin da subito avviare attività pianificatorie di ampio respiro che potessero coinvolgere tutti i Distretti del territorio, si è concentrato su tematiche afferenti in particolare le persone senza fissa dimora e in stato di marginalità estrema presenti nel territorio cittadino, con particolare attenzione all’accoglienza delle persone in stato di grave marginalità, anche immigrate. Le azioni e le esperienze messe in atto, oltre a costituire una prima risposta rispetto alle problematiche sociali così dette "emergenti", hanno permesso di evidenziare l’estensione dei fenomeni e di misurare l’efficacia degli interventi posti in essere. Le progettualità previste a partire dal Piano di Zona 2003-2005 hanno in particolare riguardato: • l’assistenza economica ed l’accoglienza temporanea; • le iniziative dirette all’acquisizione della disponibilità immediata di prodotti alimentari e

beni di primo consumo; • i progetti individualizzati finalizzati all’inclusione sociale, all’affiancamento educativo e

all’accompagnamento ai servizi sociali e sanitari; • le borse lavoro socializzanti; • la realizzazione ed il potenziamento di strutture di supporto familiare. Gli interventi preventivi e di recupero diretti a limitare lo sviluppo di condizioni di emarginazione, sono stati contestualmente realizzati con azioni sinergiche tra le Istituzioni e tutte le forze sociali attive sul territorio. In questo ambito si inseriscono le progettualità sviluppate in questi ultimi anni dal Comune di Verona che dal 2001 ha attivato un primo progetto "Interventi urgenti per situazioni di povertà estrema" e successivamente il "Progetto Giona: percorsi di inclusione sociale per contrastare la grave marginalità" finanziato dalla Regione Veneto in base alla legge n. 328/2000. Tra i principali obiettivi di queste progettualità sono stati previsti, in una prima fase, il monitoraggio del fenomeno e l’orientamento delle politiche di intervento, favorendo un raccordo tra i soggetti partecipanti attraverso azioni complementari sinergiche e promuovendo nuove progettualità a partire dalla ricognizione dell’esistente e dall’analisi dei bisogni.

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II.9.2 La base conoscitiva Nel corso dell’ultimo decennio i Comuni del territorio, e il Comune capoluogo in misura maggiore, hanno dovuto fronteggiare il fenomeno relativo all’aumento delle richieste di sostegno da parte di una crescente fascia debole di popolazione "a rischio di esclusione". Ricorrono sempre più ai Servizi comunali coloro che risultano espulsi dal mercato del lavoro dopo i cinquant’anni e molte donne sole con figli a carico. Parimenti nell’ambito del territorio veronese risulta in crescita il numero di persone che si trovano in una condizione di povertà e marginalità estrema. Per fronteggiare le nuove povertà gli interventi messi in atto dagli Enti Locali sono prevalentemente svolti dal Servizio Sociale Professionale e prevedono il sostegno economico temporaneo e l’avvio di progettualità mirate a favorire l’inserimento lavorativo di coloro che non risultano seguiti dai Servizi Specialistici, ma si trovano in condizione di svantaggio sociale, disagio o disadattamento. Con lo scopo di ridurre il fenomeno dell’emarginazione sociale e nel contempo di promuovere il reinserimento delle persone senza fissa dimora, il Comune di Verona ha attivato, in collaborazione con il privato sociale ed il volontariato, servizi specifici a bassa soglia per persone senza tetto. E’ stato potenziato il servizio di mensa per prevenire le situazioni di grave disagio socio-sanitario dovute ad alimentazione inadeguata ed è stato riorganizzato il servizio di accoglienza notturna temporanea, per un totale nel 2005 di 100 posti letto complessivi (attualmente sono 149 posti) presso strutture pubbliche o del privato sociale. Tali servizi sono rivolti ai cittadini italiani e stranieri che vivono una situazione economica disagiata, privi di un’adeguata collocazione abitativa. Il progetto di ristrutturazione dell’Asilo Notturno ha previsto la sperimentazione di interventi educativi di affiancamento, orientamento ed accompagnamento ai servizi socio-sanitari degli ospiti della struttura. L’avvio di un percorso di recupero rivolto al singolo si sviluppa con una collaborazione tra Ente Locale, privato sociale e associazioni di volontariato e prevede l’inserimento presso strutture di prima accoglienza, nonché il successivo passaggio a servizi specifici ed a contesti di seconda accoglienza. Gli interventi previsti nell’ambito del citato "Progetto Giona" sono articolati in diverse azioni: accoglienza presso strutture di tipo comunitario ed appartamenti, percorsi di inclusione sociale (accompagnamento ai servizi, progetti individualizzati, borse lavoro) e accoglienza presso il Centro diurno rivolto ai senza tetto. Da diversi anni è stato pure realizzato un progetto denominato "Interventi umanitari nei confronti dell’emergenza freddo" che ha previsto azioni diversificate per affrontare sul piano umanitario il problema delle persone che vivono all’aperto od in condizione di grave degrado. Oltre all’apertura di ulteriori posti letto per uomini, previsti per i mesi invernali, è stato aperto un dormitorio femminile in un appartamento che ha consentito l’accoglienza di donne immigrate e di donne senza fissa dimora veronesi in stato di grave disagio sociale.

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Tabella di sintesi delle azioni realizzate

n. azioni unità

erogaz. numero utenti

risorse dedicate anno 2005

1 C17 Servizio di mensa 1 330 61.345

2 C24 Servizi residenziali per accoglienza SFD, poveri e emarginati

1 22 79.377

3 C45 Servizio cociale professionale 10 853 122.671 4 C105 Servizio integrazione al reddito 7 91 110.812 TOTALE Insiemi Complessi di Prestazioni 19 1.296 374.205

5 P17 Favorire la socializzazione 1 200 2.500 6 P25 Inserimento lavorativo in apprendistato 2 7 7 P29 Laboratori 1 7

20.990

8 P64 Interventi per contrastare la grave marginalità 1 336 52.714 TOTALE Progetti 5 550 76.204 TOTALE per Area d’intervento 24 1.846 450.409

II.9.3 La programmazione strategica 2007-2009 La programmazione strategica per il triennio 2007-2009 si è sviluppata a partire dall’unico Tavolo tematico attivato a livello sovradistrettuale. Di seguito sono rappresentati, in forma schematica, le aree di interesse, le priorità di intervento e gli obiettivi strategici. Tavolo tematico Area Povertà e Emarginazione sovradistrettuale

1– PROMOZIONE DI PERCORSI DI INCLUSIONE SOCIALE priorità obiettivi

Superamento dell’assistenzialismo

• Strumenti diversificati per favorire l’occupazione • Creare progetti di borse lavoro e commesse per

lavori utili da parte delle Amministrazioni pubbliche con il supporto del Terzo Settore

• Utilizzare le agenzie esistenti

Centralità delle progettualità individuali • Sviluppare la funzione di accompagnamento • Sostenere e premiare le esperienze concrete di self

help da parte dei portatori di bisogni

Attenzione alle nuove forme di "povertà progressiva"

• Prevedere sostegni alle situazioni di rischio di perdita dell’alloggio anche attraverso accompagnamento e mediazione

• Sostegni alle persone che vivono sole e a quelle dimesse dal carcere e dalle comunità terapeutiche

• Persone con difficoltà anche lievi di tipo psichico non in carico ai servizi

2- TUTELA DELLE PERSONE IN STATO DI GRAVE MARGINALITÀ E DI POVERTÀ ESTREMA priorità obiettivi

Bisogno di luoghi idonei a proseguire le cure dopo l’ospedalizzazione per persone che non hanno casa o non l’hanno idonea

• Tutelare le situazioni sanitarie più fragili anche con interventi idonei di prima accoglienza

• Creare integrazione tra gli Enti per un canale privilegiato tra sanitario, socio-sanitario e sociale

Bisogno di strutturare anche interventi di 2° accoglienza per la prosecuzione delle progettualità individuali

• Implementare l’esistente per le progettualità di seconda accoglienza

Sviluppare l’informazione sui servizi forniti • Creare occasioni di accesso alle informazioni

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3– INTERVENTI A FAVORE DELLE FASCE PIÙ MARGINALI priorità obiettivi

Differenziazione degli interventi per le progettualità riguardanti persone in grave stato di marginalità, garantendo maggiore flessibilità

• Prevedere soglie diverse per l’accesso alla seconda accoglienza

4- SUPERARE L’APPROCCIO EMERGENZIALE AL FENOMENO DELLE POVERTÀ ESTREME priorità obiettivi

Strutturare gli interventi programmati in un contesto di riordino e razionalizzazione complessivo

• Progetto che complessivamente preveda e gestisca le tipologie e le fasi dell’emergenza garantendo disponibilità di risposta senza eccessivo impiego di risorse

5- INTEGRAZIONE TRA PUBBLICO E PRIVATO E TRA SOCIALE E SANITARIO CON CUI CONIUGARE LA PROGETTUALITÀ INDIVIDUALE

priorità obiettivi

Far fronte all’aumentare delle emergenze con le risorse disponibili cercando di agire prevalentemente sulla qualità e coordinamento tra le realtà evitando sovrapposizioni

• Costituire ed implementare reti solidali tra pubblico, privato e interessati, per "mettere insieme", valorizzandole, le risorse al fine di creare progettualità di qualità

• Creazione di un sistema di segretariato sociale per l’utilizzo più razionale delle risorse

Bisogno di formazione e supervisione • Corsi di formazione ad hoc rivolti unitariamente ad

operatori pubblici e privati, sociali e sanitari • Autoformazione

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CAPITOLO 10 – AREA SALUTE MENTALE II.10.1 Inquadramento generale e collegamento con il Piano di Zona 2003-2005 L’Area della Salute Mentale rappresenta un ambito complesso che si articola in una pluralità di servizi, interventi e strutture (distrettuali, specialistiche e ospedaliere) e che, all’interno del territorio dell’Azienda ULSS n. 20, ha notevoli implicazioni gestionali in quanto interessa i trentase Comuni della Conferenza, l’Azienda ULSS n. 20, l’Azienda Ospedaliera di Verona, l’Università, l’ospedalità privata accreditata e il privato sociale convenzionato. Il Piano di Zona precedente aveva pertanto individuato quale obiettivo prioritario la necessità di integrare in un unico progetto assistenziale le molteplici variabili sanitarie e sociali a copertura delle fasi intensiva, estensiva e di lungoassistenza. Le azioni intraprese sono state rivolte al coordinamento, all’integrazione e allo sviluppo delle risorse operanti e alla loro messa in rete, anche attraverso l’attuazione di modelli innovativi gestionali e la valorizzazione del contributo dei soggetti non istituzionali e del privato sociale (in particolare associazioni dei familiari e volontariato) nell’organizzazione dei servizi afferenti a quest’Area. In quest’ottica le linee di orientamento espresse nel Piano di Zona 2003-2005, al quale si rimanda per gli approfondimenti di merito, hanno riguardato i seguenti ambiti: l’integrazione, la gestione, le professionalità, la centralità della persona e della famiglia, la promozione della domiciliarità e dell’inclusione sociale. In particolare sono state individuate azioni volte alla definizione di percorsi riabilitativi e di accesso facilitato alla fruizione dei servizi, alla promozione di approcci multiprofessionali e multidisciplinari, nonché alla realizzazione di una nuova articolazione territoriale degli interventi, garantendo contestualmente il coordinamento tra le équipes territoriali e i Distretti socio-sanitari. I Comuni inoltre avevano rilevato la necessità, data la complessità delle problematiche in esame, di incentivare forme sinergiche di intervento tra gli operatori dei servizi specialistici e gli operatori sociali. L’intento è stato pertanto quello di ricercare percorsi integrativi tra sanitario e sociale nell’ottica di una visione "globale" delle possibili risposte ai bisogni. Per favorire la permanenza del paziente presso il proprio domicilio, la programmazione integrata ha previsto la presenza dei Centri diurni che svolgono attività socio-educative e del Servizio di Integrazione Lavorativa che realizza i propri interventi in collaborazione con le cooperative sociali e le associazioni di volontariato. È presente inoltre sul territorio un sistema di strutture residenziali differenziate in relazione ai bisogni delle persone per le quali si è verificata l’impossibilità di permanere presso la propria abitazione. Tali strutture sono articolate in funzione del diverso bisogno di tutela delle persone e per la promozione della loro autonomia. Sono stati inoltre attivati gruppi di auto mutuo aiuto e alcuni interventi domiciliari. La programmazione di Area ha previsto la presa in carico del paziente tramite i Centri di Salute Mentale, "strutture sanitarie ambulatoriali" che operano sul territorio, avvalendosi della rete dei servizi e delle attività predisposte dal Dipartimento di Salute Mentale (DSM) e che rappresentano il punto di riferimento e di partenza dell’attività terapeutico-riabilitativa.

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Il Piano 2003-2005 metteva inoltre in evidenza la necessità di definire forme procedurali specifiche sugli interventi che si collocano "a cavallo" tra le competenze sanitarie e quelle sociali. Per dare reale efficacia agli interventi in favore delle persone con disagio psichico e seguire la persona nell’evoluzione dei suoi bisogni è stato necessario porre particolare attenzione alla collaborazione ed alla modalità di messa in rete delle risorse e delle responsabilità per garantire: • progettazioni congiunte e interventi che integrino gli apporti sociali, quelli sanitari e quelli

dell’Area socio-sanitaria; • modalità di integrazione con le altre politiche sociali in particolare quelle del lavoro e della

formazione; • sviluppo delle collaborazioni con il privato sociale; • maggior coinvolgimento della famiglia; • attenzione alla formazione e all’aggiornamento degli operatori per una migliore qualità dei

servizi e delle cure prestate. Nel territorio dell’Azienda ULSS n. 20 è stato infine istituito il Dipartimento Interaziendale di Psichiatria, con l’obiettivo di realizzare l’integrazione tra le diverse strutture ospedaliere e tra queste e le strutture territoriali/distrettuali, per migliorare il livello di organizzazione delle attività e ottimizzare l’utilizzo delle risorse esistenti. II.10.2 La base conoscitiva L’Area Salute Mentale è costituita per la maggior parte da azioni messe in campo dai servizi specialistici dell’Azienda ULSS n. 20 e dall’Azienda Ospedaliera, alle quali si aggiungono alcune specifiche azioni attivate dagli Enti Locali. La quasi totalità delle azioni realizzate vede la stretta collaborazione con le realtà del privato sociale del territorio. La seguente tabella riassume le azioni messe in campo nell’ambito della salute mentale sul territorio della Conferenza dei Sindaci, articolando tali azioni in unità di offerta (comprendenti Centri diurni e di salute mentale, Comunità alloggio e terapeutiche), insiemi complessi di prestazioni (costituiti da strutture diurne, residenziali, semiresidenziali e servizi) e progetti. Tabella di sintesi delle azioni realizzate

n. azioni unità

erogaz. numeroutenti

risorse dedicate anno 2005

1 U05 Centro diurno 5 304 1.400.017 2 U11 Comunità alloggio per malati psichiatrici 6 51 600.969 3 U18 Comunità terapeutiche riabilitative protette 6 73 1.518.216 4 U20 Centro di salute mentale (1) 4 256 - TOTALE Unità Di Offerta 21 684 3.519.202

5 C02 Appartamento protetto 7 14 16.614 6 C06 Assistenza educativa domiciliare/territoriale 4 170 648.325 7 C13 Gruppi di auto aiuto 1 180 130.869 8 C26 Servizi residenziali per la salute mentale 27 109 2.543.246 9 C28 Servizi semiresidenziali per la salute mentale 10 33 224.369

10 C39 Servizio di trasporto 1 4 1.085 11 C44 Servizio psichiatrico di diagnosi e cura (2) 4 1.042 3.210.882 12 C105 Servizio di integrazione del reddito 3 3 1.190

TOTALE Insiemi Complessi di Prestazioni 57 1.555 6.776.580

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n. azioni unità

erogaz. numeroutenti

risorse dedicate anno 2005

13 P24 Inserimento lavorativo 1 22 70.000

14 P29 Laboratori, attività teatrali e ludico sportive in collaborazione tra le diverse agenzie educative del territorio (1)

1 11 -

15 P45 Promozione degli stili di vita sani 2 - 70.000 16 P52 Supporto alla famiglia 1 30 4.500

17 P56 Sviluppo della rete 3 35 132.373

TOTALE Progetti 8 98 276.873

TOTALE per Area d’intervento 86 2.337 10.572.655

1 Il costo è ricompreso nelle risorse dedicate del Centro diurno UO5 2 Il costo complessivo è riferito a 3 unità di erogazione su 4 Le tabelle e le rappresentazioni grafiche seguenti evidenziano la distribuzione delle risorse e delle unità di erogazione tra le tipologie di azioni.

Risorse ripartite per azione

33%

64%

3%

TOTALE UDO

TOTALE ICP

TOTALE PROGETTI

Unità di Erogazione

24%

67%

9%

TOTALE UDO

TOTALE ICP

Totale Progetti

azioni % risorse

dedicate

TOTALE Unità Di Offerta 33% 3.519.202

TOTALE Insiemi Complessi di Prestazioni 64% 6.776.580

TOTALE Progetti 3% 276.873

Totale complessivo 100% 10.572.655

azioni % unità di erogazione

TOTALE Unità Di Offerta 24% 21

TOTALE Insiemi Complessi di Prestazioni 67% 57

TOTALE Progetti 9% 8

Totale complessivo 100% 86

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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Nella tabella che segue sono indicate le Strutture Residenziali per la Salute Mentale (C26). Dall’articolazione proposta emerge la distribuzione di utenti e risorse tra strutture ubicate nel territorio della Conferenza dei Sindaci e strutture fuori ambito. Si rileva come la maggior parte degli utenti siano ospitati in strutture fuori dell’ambito dell’ Azienda ULSS n. 20 anche se ubicate in territori limitrofi.

n. utenti risorse dedicate n. azioni A.ULSS

n. 20 fuori

A.ULSS n. 20 A.ULSS n. 20

fuori A.ULSS n. 20

1 Associazione Solidarietà - Vigasio 1 38.491 2 C.di R. "M. Zanetti" - Oppeano 1 16.968 3 C.di R. "D. Cardo" – Cologna Veneta 1 14.409 4 "Centro Attività" - Valeggio 1 28.470 5 "Gran Can" "Le Salette" Pedemonte - Fumane 22 699.997 6 Coop. Soc. "Don Rigetti" – Verona 1 23.527 7 Coop. G.A.V. - Negrar / Castagnè 29 792.149 8 Fond. "Don Mozzati d'Aprili" – Monteforte

d’Alp. 2 49.348

9 Fond. "Pia Op. Ciccarelli" – S. Giov. Lupatoto 3 59.976 10 Istituto Assistenza Anziani - Verona 1 13.714 11 Ist. "Costante Gris" - Mogliano Veneto (TV) 1 21.948 12 Ist. "Cremonesini" - Pontevico (BS) 1 38.039 13 Ist. Don Calabria "Casa Perez" 26 315.827 14 Ist. "Casa di Nazaret" - Domegliara 1 23.155 15 "Camiliani" Prov Lombardo-Veneta - Verona 3 44.982 16 Istituto "F. Gresner" - Verona 1 15.184 17 O.A.S.I. - San Bonifacio 2 36.441 18 Comunità "La Genovesa" - Verona 1 12.147 19 Interactiv Club House - Torino 1 65.101 20 Associazione "Stefano Casati" - Milano 2 33.404 21 Comunità "Papa Giovanni XXIII"- Verona 1 21.511 22 Comunità "La Redancia" 1 53.144 23 Comunità Terap. "Airone" 1 37.960 24 Comunità "L'Alveare" 1 45.050 25 Fondazione "L'Ancora" - Verona 1 5.614 26 Coop. Sociale "Il Gabbiano" 2 9.235 27 Ist. Don Calabria Casa S. Benedetto - Verona 1 9.235

Totale 18 91 306.088 2.218.938

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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II.10.3 La programmazione strategica 2007-2009 La programmazione strategica per il triennio 2007-2009 si è sviluppata a partire dall’unico Tavolo tematico attivato a livello sovradistrettuale. Di seguito sono rappresentati, in forma schematica, le aree di interesse, le priorità di intervento e gli obiettivi strategici. Tavolo tematico Area Salute Mentale sovradistrettuale

1– SENSIBILIZZAZIONE Creazione di una diversa cultura nei confronti della malattia mentale

priorità obiettivi

Allargamento a tutti i cittadini della conoscenza dei problemi legati alla salute mentale per la riduzione dei pregiudizi ad essa legati

• Favorire iniziative culturali finalizzate alla riduzione dello stigma attraverso corrette distinzioni tra "malattia" mentale ed esigenze di vita sociale del paziente affetto da patologia

Sensibilizzazione di tipo preventivo rivolta al riconoscimento precoce negli adolescenti di difficoltà o "disabilità" che potrebbero evolversi, se non affrontate, in patologie, rafforzando le figure genitoriali nel far fronte ai problemi

• Promuovere incontri e percorsi di consulenza e sostegno con i genitori per aiutare a riconoscere alcuni elementi "predittivi" da affrontare precocemente

Attivare percorsi di condivisione sociale della malattia mentale con l’apporto del volontariato in un’ottica di sussidiarietà

• Attivare percorsi per sensibilizzare e per avviare collaborazioni e disponibilità per l’affido familiare e per l’ospitalità presso Associazioni

2- CENTRALITÀ DELLA PERSONA CON BISOGNO CON LE SUE RETI SOCIALI E FAMILIARI

priorità obiettivi Esigenza di sostenere e valorizzare la persona con malattia mentale con la sua rete familiare e sociale

• Valorizzazione delle risorse umane disponibili e dell’apporto di volontariato

Iniziative e programmi di inclusione della persona con malattia mentale nella vita sociale come cittadino

• Partecipazione diretta, ove possibile, delle stesse persone con malattia ai vari percorsi di cittadinanza

Valorizzazione del contributo volontario di aiuto ad altri della persona con malattia mentale

• Implementare le esperienze di convivenza tra malati valorizzando gli aspetti del mutuo aiuto

3– IMPLEMENTAZIONE DEGLI INTERVENTI SUL TERRITORIO priorità obiettivi

Lavoro di rete per inserimento lavorativo delle persone con malattia mentale

• Creazione di figure specializzate nel campo della mediazione sociale, ad es. per accompagnamento

• Patto tra pubblico e privato per mettere insieme le risorse per borse lavoro o commesse a Cooperative di tipo B volte a creare occasioni di lavoro

Sostegni alle famiglie per la prevenzione di aggravamenti delle situazioni di convivenza problematiche Esigenza di formazione di esperti di "mediazione sociale" per il sostegno alle famiglie in difficoltà

• Favorire la attivazione di figure professionali esperte in mediazione per assistenza alle famiglie in difficoltà

• Utilizzo dell’intervento domiciliare già in atto per la mediazione cui preparare gli operatori con formazione specifica nelle Cooperative

4- QUALIFICAZIONE PROFESSIONALE CON PARTICOLARE ATTENZIONE ALL’AMBITO DEL

"SOCIALE" FINALIZZATA ALLA PREVENZIONE DELLA CRONICIZZAZIONE priorità obiettivi

Esigenza di nuove figure professionali con compiti educativi e riabilitativi finalizzati al reinserimento sociale affrontando le problematiche connesse (economiche, di riconoscimento delle figure professionali, ecc.)

• Prevedere negli organici dei servizi e delle comunità convenzionate figure professionali specificatamente formate agli aspetti educativi, riabilitativi e di reinserimento sociale

• Richiedere adeguate "codifiche" regionali delle professionalità e quindi adeguati programmi di formazione

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• Specializzare nello specifico campo gli Operatori Socio Sanitari coinvolgendo la Regione nella programmazione e articolazione dei relativi corsi di formazione

• Concordare con le cooperative l’impiego di figure sociali

Esigenza di elaborare un linguaggio specifico sociale sulle problematiche della salute mentale

5- AREA "GRIGIA" priorità obiettivi

Problematiche degli adulti che non riconoscono la propria condizione e che quindi non si fanno seguire dai servizi specialistici, restando impropriamente in carico ai servizi territoriali Problematiche relative alle persone malate mentali ultrasessantacinquenni

• Completare l’integrazione funzionale tra i servizi sanitari e sociali e tra i servizi della psichiatria e le altre Aree

• Definire ulteriori protocolli d’intesa tra servizi (sanitari, socio-sanitari e sociali) e tra il livello specialistico e il livello territoriale relativamente alla presa in carico ed alla eventuale gestione congiunta di anziani e disabili, sulla scorta di quanto già avvenuto per altre Aree

Genitori con problemi psichiatrici, che si legano all’esigenza di tutela dei figli minori

• Allargamento del Protocollo già previsto per i casi di separazione difficile

Esigenza di coordinamento a livello territoriale per progettualità di rete

• Protocolli di rete per i singoli Distretti

Esigenza di prevenzione e di strutture di accoglienza per i problemi dei giovani e degli adolescenti in difficoltà, organizzate in modo diverso dalle strutture che accolgono le situazioni di "cronicità"

• Rafforzare ed ampliare l’applicazione del Protocollo di collaborazione riguardante la fase di "passaggio" dalla minore alla maggiore età tra N.P.I.P.E.E. e Psichiatria

• Attivare/riattivare i contatti col territorio del Centro diurno nell’ambito del progetto di Villa S. Giuliana e pubblicizzare l’iniziativa anche nella sua valenza di riabilitazione acquisendo conoscenza anche di altre realtà operanti nel Veneto

• Creazione di ambienti sicuri accoglienti e familiari per giovani ed adolescenti

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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CAPITOLO 11 – AREA NOMADISMO II.11.1 Inquadramento generale e collegamento con il Piano di Zona 2003-2005 Il nomadismo è una realtà certamente molto complessa e dalle mille sfaccettature e riguarda, non da ultimo, il tema della multiculturalità. Il precedente Piano di Zona non prevedeva una specifica Area di intervento in questo settore, anche se nel corso degli anni si è assistito a una sempre crescente presenza sul territorio della Conferenza dei Sindaci dei Comuni dell’Azienda ULSS n. 20 e in particolare in quello afferente la realtà cittadina, di comunità sia di nomadi che di stanziali per le quali si è reso necessario predisporre in via prioritaria sia strutture di accoglienza che campi attrezzati per la sosta. Nell’ultimo periodo il Comune capoluogo ha attivato uno specifico progetto che ha preso avvio nel 2002 per fronteggiare con modalità emergenziali la presenza sul territorio cittadino di una comunità di Rom rumeni. Il progetto è poi proseguito mettendo in atto azioni mirate all’integrazione. Dopo la fase di prima accoglienza il progetto, gestito in collaborazione con il privato sociale, ha previsto percorsi di scolarizzazione e di integrazione sociale e lavorativa per le famiglie accolte. A fronte dell’assenza di normative nazionali specifiche relative al fenomeno del nomadismo nel suo complesso, la progettualità del Comune di Verona rappresenta un punto di partenza significativo per le modalità integrate di accoglienza, che hanno visto coesistere l’aspetto del sostegno sociale e quello del controllo di comportamenti inaccettabili, quali l’accattonaggio dei minori. II.11.2 La base conoscitiva Nel territorio della Conferenza dei Sindaci dell’Azienda ULSS n. 20 sono presenti alcuni "Campi nomadi" di etnie diverse. Le varie Amministrazioni intervengono a sostegno con eventuali proprie progettualità attivate storicamente. Nel Comune di Verona esistono tre Campi autorizzati: uno per gli "Esercenti spettacoli viaggianti", uno per Sinti e Rom veronesi o comunque residenti da tempo nel territorio, uno costituito più recentemente, a partire da una situazione di grave emergenza socio-sanitaria, per accogliere nuclei familiari Rom di origine rumena. Nei primi due campi eventuali sostegni sono concessi sulla base di progetti individuali sui singoli nuclei familiari. Le caratteristiche socio culturali e le modalità di insediamento nel territorio dei Rom rumeni hanno invece reso necessaria l’attivazione di una specifica progettualità finalizzata all’ integrazione scolastica dei minori e di inserimento sociale e lavorativo degli adulti. La seguente tabella indica le risorse dedicate nel 2005 alla progettualità specifica.

n. azioni unità

erogaz. numero utenti

risorse dedicate anno 2005

1 C104 Servizi per l’accoglienza di Nomadi 1 209 248.994 TOTALE Area d’intervento 1 209 248.994

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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II.11.3 La programmazione strategica 2007-2009 La programmazione strategica per il triennio 2007-2009 si è sviluppata a partire dall’unico Tavolo tematico attivato a livello sovradistrettuale. Di seguito sono rappresentati, in forma schematica, le aree di interesse, le priorità di intervento e gli obiettivi strategici. Tavolo tematico Area Nomadismo sovradistrettuale

1– INTERVENTI DI EMERGENZA priorità obiettivi

Favorire la strutturazione di interventi tesi al soddisfacimento dei bisogni primari delle persone

• Miglioramento degli standard qualitativi

2- PERCORSI DI INCLUSIONE/INTERAZIONE IN UN’OTTICA DI RETE (INTERVENTI "STRUTTURALI")

priorità obiettivi

Progettualità che tengano conto della cultura

• Progetti di presa in carico territoriale anche con le associazioni del territorio e con gli interessati

• Partendo dal progetto di vita del nucleo individuare la strutturazione degli interventi

Sostenere percorsi di scolarizzazione per i minori

• Sia nella scuola che in attività integranti sul territorio (es. doposcuola organizzati nei quartieri)

• Attività in collaborazione con le madri per valorizzare il loro compito educativo

Alfabetizzazione per gli adulti

• Studio delle possibilità di accesso alle iniziative già attivate dell’Ufficio scolastico provinciale

• Studio di eventuali progetti di alfabetizzazione specifici

Sostenere percorsi di lavoro per gli adulti

• Valorizzare le strutture già esistenti per gli inserimenti lavorativi

• Creare progetti di borse lavoro e commesse per lavori utili da parte delle Amministrazioni con il supporto gestionale del Terzo Settore

• Prevedere anche l’accompagnamento nel passaggio tra il lavoro nella Cooperativa e l’inserimento lavorativo successivo

Sostenere il ruolo della donna • Sviluppare progettualità specifiche sia per il lavoro

(anche autogestito) sia per la tutela della salute e per l’educazione

Consulenza legale

• Sviluppare le possibilità di fornire consulenza e accompagnamento legale anche attraverso la disponibilità di associazioni e di singoli avvocati, sensibili al problema

3– DIALOGO CULTURALE priorità obiettivi

Conoscenza delle culture attraverso il dialogo • Iniziative culturali per la conoscenza delle culture

anche attraverso l’intervento di figure di mediazione (figure ponte) riconosciute dagli interessati

Formazione di figure di mediazione con competenze di tipo sociale

• Per facilitare l’acquisizione di competenze specifiche negli operatori che lavoreranno negli Enti e nelle Cooperative, prevedere corsi appositi nei luoghi di formazione scolastica, finalizzati al lavoro di mediazione

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Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009

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4- CASA E /O AMBIENTE DI VITA priorità obiettivi

Desiderio di stanzialità per una parte della popolazione • Individuare percorsi progettuali sulla base di

"contrattualità" specifiche con le famiglie che lo desiderino

5- INTERVENTI FACILITANTI IL SANITARIO priorità obiettivi

Bisogno di luoghi idonei a proseguire le cure dopo l’ospedalizzazione per persone che non hanno casa o non l’hanno idonea

• Progetti di pronta accoglienza e di accoglienza temporanea legata alle esigenze di prosecuzione di interventi sanitari a domicilio

Tutelare le varie categorie fragili ad esempio i prematuri e i disabili

• Percorsi di educazione alla salute con modalità adeguate al tipo di cultura ed alla "mobilità" delle famiglie

Effettuare interventi di prevenzione e di educazione alla salute

• Prevedere interventi diretti dei Distretti socio-sanitari

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CAPITOLO 12 – AREA PROSTITUZIONE II.12.1 Inquadramento generale e collegamento con il Piano di Zona 2003-2005 Così come avvenuto in gran parte del contesto nazionale nel nostro territorio il fenomeno della prostituzione è notevolmente mutato negli ultimi vent’anni. Accanto ad una sporadica presenza di donne italiane è cresciuta la presenza di donne straniere in prevalenza nigeriane e provenienti dall’Est europeo, in massima parte sfruttate da organizzazioni criminali. Dal monitoraggio effettuato con le Unità di Strada afferenti al progetto "Sirio: verso strade nuove" avviato nel 2000 dal Comune di Verona, si stima che esercitino la prostituzione di strada più di 300 persone migranti nell’arco di un anno con una presenza media per sera che varia dalle 90 alle 130 unità. Le iniziative, affrontate nell’Area Marginalità con il precedente Piano di Zona, sono state dirette in particolare a giovani donne vittime della tratta. Il Piano aveva individuato l’obiettivo di ampliare e consolidare i progetti inerenti i percorsi di protezione sociale per le donne che intendono sfuggire al circuito della prostituzione con specifico riguardo al già citato progetto "Sirio". Il progetto, realizzato attraverso una strategia di collaborazione e collegamento con numerosi soggetti istituzionali e non (Azienda ULSS n. 20, Forze dell’Ordine, Enti e Organizzazioni del privato sociale e del volontariato), prevede interventi di: • contrasto al racket della prostituzione straniera; • inserimento delle persone che si sottraggono allo sfruttamento in progetti personalizzati di

inclusione sociale; • sensibilizzazione della comunità locale, con particolare attenzione agli studenti delle

Scuole superiori, sul fenomeno dello sfruttamento sessuale e sulle problematiche sanitarie connesse alla prostituzione, in particolare per quanto riguarda le malattie sessualmente trasmissibili;

• tutela della salute delle persone che si prostituiscono e della collettività. Il progetto ha beneficiato di finanziamenti del Dipartimento Pari Opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e dell’Assessorato alle Politiche Sociali della Regione Veneto. II.12.2 La base conoscitiva Sostanzialmente il contrasto al fenomeno della prostituzione è stato affrontato negli ultimi anni dal Comune di Verona in collaborazione con l’Azienda ULSS n. 20 ed alcune realtà del privato sociale attraverso il "Progetto Sirio". Tale progetto affronta il problema contemporaneamente sotto molteplici aspetti: la tutela delle vittime di sfruttamento prevista per legge; la prevenzione sanitaria anche con i clienti della prostituzione; la sensibilizzazione delle vittime stesse attraverso "unità di strada"; i percorsi di reinserimento sociale e lavorativo. Affronta inoltre gli aspetti relativi alla mediazione delle conflittualità con i residenti nelle zone cittadine interessate dal fenomeno della prostituzione di strada, la sensibilizzazione nelle scuole superiori e la formazione ad hoc degli operatori coinvolti nelle azioni.

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Sono attivi attualmente due appartamenti protetti attigui, a gestione convenzionata, che accolgono donne in percorsi di protezione sociale. Il progetto ricomprende infine il collocamento presso strutture private per la fase della "fuga dalla strada" e della prima accoglienza.

n. azioni numero utenti

risorse dedicate anno 2005

1 C24 Servizi Residenziali per accoglienza di SFD, poveri, emarginati (riferito alle vittime della tratta)

8 70.746

2 P49 Protezione sociale 670 109.623 TOTALE Area d’intervento 678 180.369

II.12.3 La programmazione strategica 2007-2009 La programmazione strategica per il triennio 2007-2009 si è sviluppata a partire dall’unico tavolo tematico attivato a livello sovradistrettuale. Di seguito sono rappresentati, in forma schematica, le aree di interesse, le priorità di intervento e gli obiettivi strategici. Tavolo tematico Area Prostituzione sovradistrettuale

1– TRASFORMARE IL "PROGETTO SIRIO" IN SERVIZIO AMPLIARE LA RETE. AMPLIARE LA COLLABORAZIONE CON I COMUNI DELL’AZIENDA ULSS N.20 INTERESSATI

AL FENOMENO priorità obiettivi

Base di finanziamento certa per progettualità a media scadenza e personale esclusivamente dedicato

• Richiesta di individuare fonti di finanziamento più costanti

• Individuazione attraverso la rete col Terzo Settore di ulteriori risorse umane e di mezzi da impiegare

Sviluppare ulteriormente la rete con i Comuni

• Il Comune di Verona si propone per catalizzare le risorse di territori più vasti interessati e coordinare le attività

• Trasformare il patrimonio di informazioni ed il know how acquisito in risorse per tutto il territorio dell’Azienda ULSS n. 20 interessato

2- RAFFORZARE LA CAPACITÀ DI INDIVIDUARE I CASI DI PRESUNTO SFRUTTAMENTO SESSUALE E TRATTA ANCHE DA PARTE DI SOGGETTI DELLA "RETE ALLARGATA" ORA

COINVOLTI NEL FENOMENO DA OTTICHE DIVERSE (GIURIDICO LEGALI E SANITARIE) priorità obiettivi

Rafforzare la rete per ampliare la possibilità di aiuto • Maggior coinvolgimento degli operatori coinvolti con

funzioni di sicurezza, per l’attenzione agli aspetti di tutela delle potenziali vittime

Accompagnamento legale

• Sviluppare le possibilità di fornire consulenza e accompagnamento legale anche attraverso la disponibilità di associazioni e di singoli avvocati, sensibili al problema

Ulteriore sensibilizzazione dell’area sanitaria non direttamente coinvolta nel progetto

• Maggior coinvolgimento delle Aziende Ospedaliere che entrano in contatto col problema per l’individuazione delle situazioni di abusi e maltrattamenti possibilmente riconducibili allo sfruttamento sessuale. Prima informazione

Interventi mirati alla prostituzione "indoor" • Attivare ed implementare studi sul fenomeno

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3- CONOSCENZA DA PARTE DEI SOGGETTI IMPLICATI NELLA RETE (SIA RETE DI AIUTO CHE “RETE ALLARGATA” DI CUI AL PUNTO 2) DELLE DIVERSE IMPLICAZIONI DEL

FENOMENO, A SECONDA DELLE DIVERSE TIPOLOGIE priorità obiettivi

Aumentare le capacità di penetrare in modo mirato nelle vecchie e nuove dinamiche specifiche dello sfruttamento e della tratta, considerando vincoli etnici e culturali

• Individuare, studiare e descrivere i fenomeni rispetto ai diversi target (definiti ad esempio dalla nazionalità e/o dal grado di consapevolezza delle vittime e/o dal livello di violenza e coercizione)

4- MEDIAZIONE DEI CONFLITTI DETERMINATI DALLA PRESENZA PROSTITUZIONALE SUL

TERRITORIO E SENSIBILIZZAZIONE DELLA COMUNITÀ LOCALE priorità obiettivi

Costruire percorsi per creare maggior conoscenza corretta dei fenomeni, finalizzata a contrastare conflitti di convivenza attorno all’uso del territorio

• Proseguire ed implementare incontri con le istituzioni più interessate e presenti nei quartieri

Sensibilizzare le persone al superamento della percezione del fenomeno puramente emotiva e/o genericamente ghettizzante

• Proseguire ed implementare gli interventi nelle scuole e nelle altre realtà educative formative

• Rafforzare iniziative private di formazione per i giovani sui diritti umani della persona in riferimento al fenomeno della tratta

Attivarsi sull’impatto del fenomeno su varie categorie fragili individuate

• Considerare ed attivare iniziative sull’impatto del fenomeno su alcune fasce di giovani problematici e/o fragili

Interventi generali di "alleggerimento" della situazioni • Interventi, ad esempio, di pulizia quotidiana di

alcune aree territoriali 5- TUTELA DELLA SALUTE DELLE PERSONE CHE SI PROSTITUISCONO ESTESO ANCHE AI

"CLIENTI" priorità obiettivi

Ulteriore sensibilizzazione dell’area sanitaria non direttamente coinvolta nel progetto sulle problematiche generali di tutela della salute sia delle singole persone che della situazione generale

• Maggior coinvolgimento delle Aziende Ospedaliere che entrano in contatto con il problema

• Lavoro coi Distretti socio sanitari anche per particolari progettualità

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PARTE TERZA CAPITOLO 1 – RISULTATI E PROSPETTIVE III.1.1 Le trasversalità tematiche La prima fase del Piano di Zona 2007-2009, che si conclude con l’elaborazione e l’approvazione da parte della Conferenza dei Sindaci del presente documento, ha messo in luce alcuni aspetti di carattere generale emersi dal lavoro compiuto a livello distrettuale e sovradistrettuale. Evitando di entrare in modo approfondito nel merito di quanto prodotto dai relativi tavoli tecnici, appare tuttavia opportuno segnalare le principali trasversalità, in modo tale che vadano inserite nell’agenda dei loro lavori e, una volta elaborate, divengano oggetto di decisione politica. Di seguito sono elencati schematicamente i temi più significativi che possono essere identificati come priorità di intervento. Gli inserimenti lavorativi ed il ruolo della cooperazione sociale All’interno dei percorsi di inserimento o reinserimento nel mondo del lavoro, pressoché tutti i Tavoli tematici hanno evidenziato l’importanza e la particolarità del ruolo che può svolgere la cooperazione sociale. Sembra evidente, pertanto, che occorra affrontare in modo organico tale tema avviando un’azione complessiva di carattere sistematico che, anzitutto, riconosca il giusto ruolo "sociale" alle cooperative, in particolare a quelle di tipo b così come definite dalla legge n. 381/1991. Nello specifico, rispetto agli affidamenti dei contratti di importo complessivo sopra soglia comunitaria è possibile operare nell’ottica della valorizzazione delle clausole sociali così come previsto dal Codice degli Appalti, ovvero sostenere una forte valutazione dei progetti di inserimento lavorativo. Per quelli sotto soglia comunitaria, invece, è possibile derogare alla normativa in materia di contratti della pubblica amministrazione stabilendo che le cooperative sociali di tipo b elaborino congiuntamente progetti di rete negli specifici Tavoli tematici in un’ottica sinergica tramite l’accordo non competitivo tra tutti i partecipanti interessati. Più in generale, l’obiettivo è di giungere progressivamente all’interno del Piano di Zona alla costruzione di un sistema condiviso nel quale, tramite forme di accreditamento delle cooperative sociali e delle altre organizzazioni interessate, si arrivi alla co-progettazione ed alla realizzazione attraverso strumenti alternativi all’appalto di servizi. E’ evidente, peraltro, che tale sistema richiede un impegno ed una disponibilità altrettanto forte e precisa da parte dello stesso mondo della cooperazione sociale, sia a entrare in una logica di carattere valutativo, sia a collocare definitivamente il proprio specifico ruolo all’interno del più ampio percorso di carattere formativo e lavorativo che può compiere ogni persona, a partire dalle capacità, abilità e risorse che possiede e dai bisogni, dai limiti e dalle difficoltà che esprime.

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L’identificazione della cosiddetta "area grigia" L’evoluzione sociale ed economica sta producendo la formazione di nuovi fenomeni che spingono un numero crescente di persone in aree di bisogno non più identificabili con le attuali classificazioni delle politiche sociali e socio sanitarie. Come rilevato dai Tavoli tecnici, tale Area si colloca in modo trasversale rispetto ai diversi temi affrontati dal Piano di Zona, risultando più prossima ad alcuni che ad altri, ma complessivamente non trovando uno spazio sufficientemente adeguato dove analizzarla, valutarla e proporre progettualità ed interventi specifici. Proprio per questi contorni indefiniti e per la difficoltà di coglierne appieno i suoi contenuti, è definità come "area grigia" che, data la sua continua espansione in termini quantitativi e qualitativi, necessita, pertanto, di un intervento di carattere trasversale. La prevenzione A partire dall’assunto condiviso che agire in termini preventivi in contesti di agio e sicuramente più efficace che intervenire dopo l’emersione di forme di disagio, i tavoli distrettuali e sovradistrettuali hanno contraddistinto con significati ed accentuazioni diversi il termine prevenzione. Appare opportuno, pertanto, affrontare come trasversalità a tutte le Aree tematiche non tanto l’idea generica di prevenzione, peraltro sostanzialmente condivisa, bensì la definizione di un concetto complessivo di prevenzione all’interno del quale trovino giusta collocazione gli specifici interventi da mettere in campo propri di ciascuna Area. Significa, cioè, aprire un confronto su più fronti a partire dagli aspetti culturali e sociali dell’azione preventiva, sul ruolo passivo o da protagonisti dei destinatari, sull’efficacia delle metodologie adottate, sulla valutazione degli interventi realizzati, sulle risorse a disposizione e sugli eventuali investimenti da proporre. I fenomeni migratori L’attuale sistema di welfare locale è in fase di trasformazione anche per l’aumentata presenza di persone di nazionalità diverse che iniziano ad accedere ai servizi sociali e socio-sanitari. Se in una prima fase gli ambiti interessati erano quasi esclusivamente quelli legati alla prima accoglienza, ora la richiesta si sta progressivamente spostando anche nelle altre Aree, come rilevato dai Tavoli tecnici del Piano di Zona, di pari passo con il radicamento e l’inserimento delle persone immigrate nel locale tessuto sociale. Si tratta, dunque, di avviare un ragionamento trasversale sull’incidenza dei fenomeni migratori sul welfare locale, allo scopo di saper rispondere a bisogni e a necessità nuove perché portate da persone provenienti da mondi diversi e culture differenti.

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III.1.2 Le criticità A partire dagli incontri dei Tavoli tematici svolti a livello distrettuale e sovradistrettuale, oltre che dalle riunioni dei Comitati dei Sindaci di Distretto, è possibili identificare alcune punti di criticità che appare opportuno vadano affrontati nell’ambito dei lavori del Piano di Zona. Tali criticità, descritte sinteticamente di seguito, riguardano il sistema nel suo insieme e, proprio per questo, potrebbero trovare giusta collocazione nel Tavolo sovradistrettuale dedicato appositamente alle azioni di sistema che nella prima fase del Piano non è stato attivato. L’organizzazione territoriale dei servizi Più volte negli incontri dei Tavoli tecnici e politici sono emerse difficoltà nella definizione e realizzazione delle politiche sociali e socio sanitarie dovute all’assetto organizzativo complessivo del welfare locale. Evitando in questa sede di affrontare nel merito i singoli aspetti, si ritiene tuttavia utile elencare i principali nodi critici: a) il disegno dei quattro Distretti socio-sanitari che, essendo l’unità minima della

pianificazione zonale, da un lato, presentano una sostanziale disomogeneità rispetto alla conformazione del territorio ed alla relativa presenza di servizi e, dall’altro, sono influenzati dalla presenza del Comune capoluogo in tre di essi;

b) l’organizzazione del Comune di Verona, in particolare nel rapporto tra le Circoscrizioni, che hanno titolarità nei Comitati di Distretti pur essendo prive di specifica competenza in materia sociale, i Servizi Sociali centrali e i Servizi Sociali decentrati nei Centri Sociali Territoriali;

c) l’organizzazione dell’Azienda ULSS, a livello centrale costituita da specifici Dipartimenti non sempre corrispondenti con l’organizzazione territoriale dei Distretti socio-sanitari.

Altre criticità significative Sostanzialmente tre sono gli ulteriori aspetti critici emersi complessivamente dagli incontri dei tavoli. Il primo riguarda le dieci Aree tematiche identificate dalla Regione Veneto e recepite dalla Conferenza dei Sindaci: un primo gruppo è stato individuato sulla base della centralità della persona (anziani, disabili, giovani, ….), un altro viceversa a partire dai fenomeni sociali (immigrazione, prostituzione, povertà ed emarginazione, …); in alcune, inoltre, quale ad esempio l’Area Infanzia Minori Famiglia, i temi da affrontare sono così vasti che andrebbero presi solo singolarmente; rispetto ad altre, infine, i confini reciproci sono assolutamente labili. Si tratta di disequilibri e disomogeneità rispetto ai quali appare necessario richiedere uno sforzo di ridefinizione complessiva, da attuare anche attraverso la possibile costituzione di specifici sottotavoli. Il secondo riguarda la sostenibilità dell’intera organizzazione avviata con il Piano di Zona in particolare, ma non esclusivamente, per il personale tecnico delle Istituzioni pubbliche e, soprattutto, dei Comuni di medio-piccole dimensioni. Tale criticità si salda con la necessità di adeguamento di carattere anzitutto quantitativo, ma anche qualitativo nel senso della presenza omogenea e diffusa sul territorio di professionalità e competenze specifiche, del Servizio Sociale Professionale e del Segretariato Sociale nel suo complesso, da attuarsi attraverso possibili forme innovative di gestione e condivisione.

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La terza criticità, infine, si riscontra nella necessità di orientarsi sempre più verso il perseguimento dell’effettiva integrazione a livello territoriale tra le politiche sociali, socio-sanitarie e sanitarie. E’ un percorso che, a fianco del Piano di Zona, deve vedere in campo anche i Programmi delle Attività Territoriali, la cui predisposizione in ogni ambito distrettuale diventa elemento inderogabile. III.1.3 Le prospettive La chiusura della prima fase del Piano di Zona 2007-2009, oltre che con la costruzione e l’approvazione del presente documento, sarà effettiva nel momento in cui verrà effettuata una approfondita valutazione sul nuovo sistema organizzativo, sulle modalità di partecipazione, sugli aspetti legati alla metodologia adottata. E’ un compito che la Conferenza dei Sindaci dovrà svolgere già a partire dal prossimo mese di maggio 2007, con il supporto dal punto di vista tecnico dall’Ufficio di Piano e l’opportuno coinvolgimento degli altri attori della pianificazione zonale. Obiettivo di tale attività valutativa, oltre all’eventuale riapertura delle modalità di partecipazione attraverso le apposite forme sancite nel "Manuale del Piano di Zona", è l’avvio a pieno regime del Piano di Zona, con il consolidamento ed il rilancio di tutti i Tavoli tematici già attivati nella prima fase e l’avvio a livello distrettuale dei nuovi Tavoli di Area previsti dai Comitati dei Sindaci di Distretto o che si valuterà opportuno attivare nel breve periodo. A tale riguardo appare necessario che vengano approfonditi alcuni aspetti di carattere generale, quali il coinvolgimento delle altre Istituzioni pubbliche (a partire, ma non solo, dall’Amministrazione Provinciale per le materie di sue competenza) e dei diversi soggetti della comunità locale (ad esempio del mondo imprenditoriale, economico-finanziario, educativo-formativo, ecc.). Accanto ad essi, inoltre, vanno precisati alcuni elementi più specifici rispetto alle modalità di coordinamento dei tavoli, alle forme ed alle caratteristiche della partecipazione, al significato della rappresentanza. Infine, a completamento della struttura organizzativa, alla Conferenza dei Sindaci è richiesto lo sforzo di valutare i tempi ed i modi più opportuni per l’avvio del Tavolo di sistema aperto a tutti i soggetti della comunità locale il quale, come previsto dal "Manuale", svolge le funzioni di indirizzo tecnico sulle linee politiche e strategiche, di verifica generale del Piano di Zona, di implementazione del Sistema delle Regole e di monitoraggio delle singole Aree tematiche.

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Approvato dalla Conferenza dei Sindaci dei Comuni del Territorio dell’Azienda ULSS n. 20 con deliberazione n. 4 del 19 aprile 2007

Ufficio del Piano di Zona c/o Comune di Verona – Servizi Sociali

vicolo S. Domenico 13/b Tel. 045-8077363 - Fax 045-8009095 e-mail: [email protected]

CONFERENZA DEI SINDACI DEI COMUNI DI ALBAREDO D’ADIGE – ARCOLE - BADIA CALAVENA – BELFIORE - BOSCOCHIESANUOVA –

BUTTAPIETRA – CALDIERO – CASTEL D’AZZANO – CAZZANO DI TRAMIGNA – CERRO VERONESE – COLOGNA VENETA – COLOGNOLA AI COLLI – ERBEZZO – GREZZANA – ILLASI – LAVAGNO – MEZZANE DI SOTTO – MONTECCHIA DI CROSARA – MONTEFORTE D’ALPONE –

PRESSANA – RONCÀ – ROVERÈ - ROVEREDO DI GUÀ – S. BONIFACIO – S. GIOVANNI ILARIONE – S. MAURO DI SALINE – S. GIOVANNI LUPATOTO – S. MARTINO BUON ALBERGO –

SELVA DI PROGNO – SOAVE – TREGNAGO – VELO VERONESE – VERONA – VERONELLA – VESTENANOVA - ZIMELLA