Piameta Terra - aprile 2010

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08 anno 7° aprile 2010 Sped. in a. p. - 45% - Art. 2 comma 20/b legge 662/96 - Napoli la babele delle regioni IL PIANETA TERRA Ida Cappiello riflettori sulla terra Maurizio Carucci il caldo vesuvio Giampiero Castellotti la luce che inquina

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rivista su energia e ambiente

Transcript of Piameta Terra - aprile 2010

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08anno 7° aprile 2010

Sped. in a. p. - 45% - Art. 2 comma 20/b legge 662/96 - Napoli

la babeledelle regioni

IL PIANETATERRA

Ida Cappielloriflettori sulla terra

Maurizio Carucciil caldo vesuvio

Giampiero Castellottila luce che inquina

Page 2: Piameta Terra - aprile 2010

edito

riale

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sommario08IL PIANETA

TERRA

Mensile di informazione e culturadell’Ambiente, dell’Energiae delle Fonti Rinnovabili

Anno 7 - aprile 2010 - N° 8

Direttore responsabileCiro Vigorito

RedazioneGPS srlVia Luigi Fricchione, 2783100 Avellino - Tel 0825 784516e-mail: [email protected]

Progetto grafico e impaginazionegdmassociati.comStampa - Grafica Nappa - Aversa (CE)

Hanno collaborato a questo numero:Cecilia Bergamasco, Ida Cappiello, Maurizio Carucci, Giampiero Castellotti, Cosimo D’Ayala Valva, Silvia Perdichizzi, Gabriele Salari, Simone Togni, Ciro Vigorito.

EditoreGPS srlVia Luigi Fricchione, 2783100 Avellino - Tel 0825 784516e-mail: [email protected]

Registrazione n. 66 del 05/06/2003presso il Tribunale di Napoli

Garanzia di riservatezza.L’Editore garantisce la massima riservatezza dei datiforniti dagli abbonati e la possibilità di rettifica ocancellazione dei suddetti (legge n. 675/96)

prodotto stampato su carta FSC

anno 7° aprile 2010

la babele delle regioni 5di Simone Togni

modulazioni e regole 10di Cosimo d’Ayala Valva

smog su nord italia 15di Silvia Perdichizzi

101 soluzioni 19di Gabriele Salari

NEWSLETTER ANEV

- 1 MW: decide la conferenza unificata

- Si muove l’Autorità Garante della Concorrenza

- L’ANEV cresce

- Si all’iniziativa imprenditoriale

- Il tar boccia la giunta sarda

- L’eolico italiano a villa borghese targato ANEV

- Prossimi appuntamenti

riflettori sulla terra 32di Ida Cappiello

il caldo vesuvio 37di Maurizio Carucci

la pianta del deserto 41di Cecilia Bergamasco

la luce che inquina 46di Giampiero Castellotti

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foto

Mat

teo

Parr

ini

5la babele delle regioni

di Simone Togni

La riforma del Titolo V della Costituzione come noto ha creato

molte criticità al settore dell’energia in quanto ha reso la ma-

teria potestà legislativa concorrente tra Stato e Regioni, senza

che quest’ultime fossero preparate a ciò. Ancor più danno ha

però comportato la inadeguatezza degli Enti Regione che nei

loro amministratori, dirigenti e funzionari hanno fallito l’esame

di maturità una prima volta quando, inaspettatamente, si sono

trovati a gestire un potere che prima non avevano, ma che ave-

vano sempre anelato avere, e non sono riusciti

a programmare adeguate politiche energetiche.

La seconda bocciatura, quella più grave, è più

recente e sempre per una inadeguatezza dimostrata con una serie

di provvedimenti, specificamente sulle fonti energetiche rinnova-

bili, che erano palesemente illegittimi quando non anche incosti-

“La riforma del Titolo V della Costituzione come noto ha creato molte criticità al settore dell’energia in quanto ha reso la materia potestà legislativa concorrente

tra Stato e Regioni, senza che quest’ultime fossero preparate a ciò”

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tuzionali e così sono infatti stati dichiarati da recenti sentenze di

condanna.

La questione sembra di estremo interesse per i molti risvolti po-

litici oltre che amministrativi, interessati; infatti questa prima

esperienza di federalismo sui generis sembra aver completamen-

te fallito per l’incapacità e per la mancanza di cultura giuridico-

amministrativa degli amministratori locali, e per mancanza di

capacità del Governo centrale di indirizzare le politiche di svilup-

po delle Fonti Rinnovabili e di esercitare compiutamente la sua

prerogativa legislativa sulla materia.

Infatti una delle principali motivazioni di questo ritardo nella de-

finizione del quadro normativo, discende quasi completamente

dalla mancata emanazione dei provvedimenti attuativi nazionali

per lo svolgimento del procedimento autorizzativo semplificato

e della ripartizione dell’obiettivo nazionale sulle singole Regioni,

ritardo annoso e in parti eguali ascrivibile come

responsabilità al Governo centrale e alle Regioni.

Se infatti nei primi anni di ritardo si era più volte

giunti vicino alla emanazione del provvedimento

tanto atteso ma non

si è riusciti ad averlo,

è stata responsabili-

tà dei Ministeri com-

petenti che non riuscivano a trovare un accordo

su un testo unico da proporre alla Conferenza

Unificata. Poi la questione è passata alle Regioni

che hanno ritenuto, erroneamente, di poter avere maggior spazio

di manovra in assenza di criteri nazionali imponendo in tal modo

provvedimenti disomogenei sia per quanto riguarda la procedura

autorizzativa sia per gli aspetti paesaggistico-ambientali. Infine

“alcuni tra i cosiddetti “governatori” hanno pensato che fare il bene proprio lavoro com-portasse il tentativo indebito di emanare norme che consentissero di rivendersi presso gli elettori il tentativo di creare lavoro, occupazione e industria nella propria Regione senza

rispettare i principi costituzionali di ripartizione dei poteri previsti”

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negli ultimi mesi si è avuta un’accelerazione da parte delle Regio-

ni ad avere questo provvedimento in quanto vi sono state le prime

sentenze di illegittimità sulle linee guida e

sulle leggi regionali che regolamentavano

tali materie, dichiarate illegittime in quan-

to emanate in assenza della norma quadro

di cui dovevano essere complemento. A se-

guito di questi pronunciamenti sembra di

cogliere una accelerazione nella direzione

della volontà di convergere da parte delle

Regioni su

un testo

unico con-

diviso che

a l m e n o

salvaguar-

di le Regioni stesse consentendo

loro di esercitare la potestà le-

gislativa concorrente, seppur la situazione emergente dall’esito

del voto amministrativo sembra far presagire una modifica nella

composizione della Conferenza Unificata che dovrà approvare le

linee guida citate.

La dimostrazione data dal sistema nell’applicazione di questa pri-

ma esperienza di reale devoluzione da parte del Governo centrale

di competenze rilevanti nei confronti delle autonomie locali, sem-

bra aver evidenziato pertanto una seria e grave

impreparazione degli amministratori locali che,

di fatto, hanno concentrato i loro sforzi nella pro-

duzione di normative in larga parte inefficienti,

illegittime e inefficaci, spesso a causa della con-

fusione che gli stessi hanno dimostrato nell’in-

terpretazione data al ruolo di Presidente della

Regione. Infatti alcuni tra i cosiddetti “governa-

tori” hanno pensato che fare il bene proprio lavo-

ro comportasse il tentativo indebito di emanare

norme che consentissero di rivendersi presso gli

elettori il tentativo di creare lavoro, occupazione

e industria nella propria Regione senza rispettare

i principi costituzionali di ripartizione dei poteri

previsti. In esito a questo estemporaneo e im-

provvisato sentimento federalista si sono avute le

emanazioni di norme che strizzando l’occhio ad

un sentimento protezionista a livello regionale,

hanno avuto come risultato per le Regioni interessate, solo effetti

negativi. Infatti se con l’obiettivo di aumentare i ritorni economici

locali si sono inserite previsioni quali l’obbligo di aprire sedi nel

territorio regionale, di preferire aziende locali, di individuare crite-

ri di localizzazione o esclusione che cavalcavano esigenze territo-

riali a scapito di quelle generali, introdurre corrispettivi economici

per le Regioni che rilasciavano l’autorizzazione ecc, il risultato

“gran parte di queste prescri-zioni, oltre a ledere il principio

costituzionalmente garantito della libera attività imprendi-

toriale sul territorio nazionale, molto spesso non si sono

neppure trasformate in bene-fici reali per il territorio i cui

amministratori hanno deciso di applicarle”

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finale è stato di bloccare le realizzazioni, scoraggiare gli investi-

tori e non consentire la crescita di tutti quei benefici che invece si

sarebbero avuti sul territorio sem-

plicemente

applicando

per quanto

di compe-

tenza le nor-

me vigenti.

Inoltre gran

parte di

queste pre-

scrizioni, ol-

tre a ledere

il principio

costituzionalmente garantito della

libera attività imprenditoriale sul

territorio nazionale, molto spesso

non si sono neppure trasformate

in benefici reali per il territorio i cui

amministratori hanno deciso di

applicarle, con il risultato

finale addirittura

opposto che

ha vi-

sto gli

imprenditori seri e

bene intenzionati, obbligati a la-

sciare quelle zone, reputandole non adeguate e

poco corrispondenti alla necessità di avere certez-

ze sugli investimenti effettuati. In

conclusione

sembra che questa grande spinta verso l’autonomia regionale

che da qualche anno muove alcuni Governatori nella direzione

di una mal compresa idea di federalismo, stia generando come

ritorno di scelte normative “populiste” l’effetto opposto di ve-

dersi bacchettare dal Governo centrale per il tramite di ripetute

e costanti pronuncie di illegittimità degli atti normativi assunti, e

di raggiungere come risultato la mancata crescita nel territorio di

un settore che, se non oppresso, potrebbe invece contribuire sen-

sibilmente allo sviluppo occupazionale, industriale

ed economico delle Regioni più bisognose di risorse

quali sono quelle del centro sud.

“sembra che questa grande spinta verso l’autonomia regio-

nale che da qualche anno muove alcuni

Governatori nella direzione di una

mal compresa idea di federalismo, stia

generando come ritorno di scelte nor-mative “populiste” l’effetto opposto di vedersi bacchettare

dal Governo”

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associated with

CEDELT S.p.a. è un’Azienda certificata UNI EN ISO 9001:2000 operante da oltre 30 anni nel settore della progettazione, costruzione e manutenzione di impianti di distribuzione di energia elettrica in alta, media e bassa tensione e nella realizzazione di centrali elettriche da fonte eolica. L’esperienza maturata in questi anni di attività, rinnovandosi e allineandosi alle novità tecnologiche e di mercato, ha reso la CEDELT una delle aziende più accreditate in questo settore a livello nazionale.

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modulazioni e regole

di Cosimo d’Ayala Valva

Già si era parlato della Delibera 05/2010: “Condizioni per il di-

spacciamento dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnova-

bili non programmabili” descrivendo le quattro specifiche aree

su cui va ad intervenire, quali, le modalità per la remunerazione

della mancata produzione eolica, i servizi di rete che le unità di

produzione eolica devono fornire, le disposizioni in materia di

programmazione delle

unità di produzione

rilevanti alimentate da

fonti rinnovabili non pro-

grammabili e le disposizioni

a Terna al fine di migliorare il

servizio di dispacciamento in rela-

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zione alla produzione

da fonti rinnovabili non

programmabili.

Nell’ambito della remu-

nerazione della mancata

produzione eolica (MPE) è stato

recentemente pubblicato dal GSE

un documento di consultazione in ottemperanza alle disposizioni

dell’art. 11 di detta Delibera, destinato ad esplicitare le modalità

applicative di quanto previsto in merito al sistema di ricostruzio-

ne delle misure dell’energia modulata (e quindi producibile) dagli

impianti eolici che si trovano, loro malgrado, ad essere allacciati

sulle dorsali elettriche critiche.

In tale documento, sul quale viene richiesta l’opinione degli ope-

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ratori del settore, aldilà delle modalità operative di abilitazione

all’accesso al portale informatico, di richiesta di istanza e di sot-

toscrizione della convenzione, che si ritengono sostanzialmente

pacifiche, si sono rilevate alcune previsioni che andrebbero even-

tualmente riviste, pertanto segnalate al GSE, e qui nel seguito

descritte.

Una prima considerazione generale verte sulla ratio della norma

da cui il regolamento tecnico in oggetto, rivolta esclusivamente

alla buona ed efficiente gestione del sistema di ricostruzione del-

le misure, e dalla quale non discende la necessità, invece espressa

nel documento, di ottenere informazioni di dettaglio sui singoli

aerogeneratori, dettagli che spesso non possono, nemmeno vo-

lendo, essere rivelati ad altri se non alla ditta costruttrice della

macchina stessa, in quanto risultanti dall’esercizio della turbina

eolica nella varie fasi, ma soprattutto di scarso beneficio per il

sistema che il GSE si propone di sviluppare.

Sarebbe infatti più utile, semmai, fornire al GSE i valori standard

(dati di “targa” ) forniti dal costruttore delle macchine e riportati

nella scheda tecnica dell’aerogeneratore, che è standard per ogni

modello, facilitando così l’immissione di dati univoci e non

una mole di dati non confrontabili tra loro, che rendereb-

be il sistema estremamente complesso e probabilmente

inutile. Inutile in quanto il dato importante è quello che

aggrega tutto l’impianto nel suo complesso, ovvero l’uni-

tà di produzione (UP) intesa come punto di consegna di un intero

parco eolico, e non il singolo aerogeneratore. Infatti al fine della

ricostruzione della mancata produzione sarà utile avere eventual-

mente dati aggregati per UP da mettere in relazione con il dato

anemometrico corrispondente.

Iniziando a leggere il documento viene subito da riflettere sul fat-

to che se l’unità di produzione è già convenzionata con il GSE i

dati necessari all’applicazione “MPE” potrebbero essere caricati

in automatico dal sistema, e non forniti dai produttori, soprattutto

per quel che concerne i dati storici di misura della produzione che

il GSE già possiede in virtù dell’attività amministrativa che conse-

“Una prima considerazione generale verte sulla ratio della norma da cui il regolamento tecnico in oggetto, rivolta esclusivamente alla buo-

na ed efficiente gestione del sistema di ricostruzione delle misure, e dalla quale non discende la necessità, invece espressa nel documento,

di ottenere informazioni di dettaglio sui singoli aerogeneratori”

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gue alla attività di misura, ottimizzando in questo modo i processi

e disponendo allo stesso modo di dati già consolidati. Entrando

un po’ di più nel dettaglio del documento si deve evidenziare un

passaggio sul quale si auspica una mag-

giore chiarezza, ovvero quello che associa

una indispo-

nibilità in

automatico

agli aeroge-

neratori che,

“risultassero

non funzio-

nanti nelle

due ore immediatamente precedenti

il periodo di riferimento dell’ordine

di dispacciamento e/o nelle due ore

immediatamente successive ...” sulla

base di un monitoraggio del quale non si sa chi lo effettuerà, ma

soprattutto non è chiaro cosa si intenda per non funzionante.

È evidente che tecnicamente lo status di non funzionante è rife-

rito a qualcosa che versa in uno status di inoperatività dovuta ad

un qualche tipo di manutenzione e non allo status di stand-by

dell’aerogeneratore e per tale motivo si ritiene che occorra sem-

mai utilizzare i dati di indisponibilità comunicati dall’utente, preve-

dendo eventuali op-

portune verifiche da

parte del GSE onde

evitare comporta-

menti poco corretti.

Una considerazione

finale che prescinde

dal documento tec-

nico del GSE è rivolta

invece alla Delibera 5/2010 e quindi indirettamente al documen-

to analizzato e verte sulla terminologia adottata dalla Delibera

in oggetto soprattutto per quel che concerne gli attori primari

obbligati ai vari adempimenti previsti da tale regolamentazione,

infatti a volte si fa riferimento all’Utente del dispacciamento di

unità di produzione di energia elettrica da fonte eolica, altre vol-

te al produttore, altre volte al solo Utente del dispacciamento, e

così allo stesso modo per quel che concerne l’utilizzo dei termini

“Impianto” e/o di “Unità di produzione”, con il rischio di gene-

rare confusione nonostante le specifiche previste, pertanto si au-

spica una maggiore chiarezza in tal senso al fine di scongiurare

interpretazioni diverse da quelle previste dalla regolamentazione

dell’Autorità. La saga comunque continua, alla prossima!

“Una considerazione finale che prescinde dal documento tecnico del GSE è rivolta invece alla

Delibera 5/2010 e quindi indirettamente al docu-

mento analizzato e verte sulla terminologia adottata

dalla Delibera in oggetto soprattutto per quel che

concerne gli attori primari obbligati ai vari adem-pimenti previsti da tale

regolamentazione”

“a volte si fa riferimento all’Utente del dispacciamento di unità di produzione di energia elettrica da fonte eolica, altre volte al produttore, altre volte al solo Utente del dispacciamento, e così allo stesso modo per quel che concerne l’utilizzo dei termini “Impianto” e/o di “Unità di produzione”, con il rischio di generare confusione nonostante le specifiche previste”

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15smog su nord italia

di Silvia Perdichizzi

E’ questa la fotografia scattata dal rapporto di Legambiente

“Mal’Aria 2010”, che prende in considerazione le rilevazioni delle

centraline piazzate nei capoluoghi italiani. La legge prevede che

i limiti di guardia nei livelli delle polveri sottili (40 microgrammi

per metro cubo) non possano essere superati per più di 35 giorni

l’anno. Purtroppo, 57 capoluo-

ghi su 88 hanno già sforato

questa soglia. La maglia nera spetta a Napoli, con 156 supera-

menti, ma il primato non deve ingannare: il resto della classifica

“La maglia nera spetta a Napoli, con 156 superamenti, ma il primato non deve ingannare: il resto della classifica assegna, infatti, posizioni davvero poco invidiabili a tutte le città del Nord”

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assegna, infatti, posizioni davvero poco invidiabili a tutte le città

del Nord. Fuori norma le province della Lombardia e dell’Emilia-

Romagna, sei province su sette in Veneto e sei su otto in Piemon-

te. Nella top-ten, dietro a Napoli ci sono Torino, Ancona, Ravenna,

Mantova, Frosinone, Milano, Alessandria, Pavia e Brescia: quattro

capoluoghi lombardi e sei in totale nella Pianura Padana, che si

conferma la macro-area più “soffocata” del Paese. Sul banco de-

gli imputati come maggiori fonti di inquinamento a livello na-

zionale, secondo l’associazione del Cigno, il settore industriale e

quello relativo alla produzione di energia, responsabili del 26%

delle emissioni di Pm10. Non meno incisivi i trasporti, soprattutto

quello su strada, a cui si deve il 22% di rilascio di polveri sottili.

Se ci spostiamo nelle aree urbane, invece, la principale causa di

inquinamento rimane proprio il trasporto stradale: a Roma e Mi-

lano emette circa il 60% di Pm10 e a Napoli il 50%. Da non sot-

tovalutare, poi, il riscaldamento residenziale, che, secondo i dati

ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambien-

tale), contribuisce nella produzione di polveri sottili al 15,4%, di

monossido di carbonio al 16,7%, di anidride carbonica al 10,4%,

e, soprattutto, di idrocarburi policiclici aromatici,

che pesano nel computo delle emissioni totali

per il 38,7%. Ma, se le polveri sottili rendono ir-

respirabile l’aria delle città italiane, preoccupano

anche i dati relativi all’ozono, che nei mesi estivi

ha fatto registrare livelli re-

cord. Un dato su tutti: dal

primo gennaio 2010 è entrato in vigore il limite

per la protezione della salute umana di 120 micro-

grammi per metro cubo da non superare per più di

25 giorni in un anno. Ma oltre la metà delle città

monitorate nel 2009 non ri-

spettano già questo limite

(32 su 50). Ancora una vol-

ta trionfatrice la Pianura

Padana, con otto me-

tropoli tra le prime dieci

“se le polveri sottili rendono irrespirabile l’aria delle città italiane, preoccupano an-che i dati relativi all’ozono, che nei mesi estivi ha fatto registrare livelli record”

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per superamenti del valore di legge e, tra le Regioni, la maglia

nera va di nuovo alla Lombardia, dove su 10 città che monitorano

l’ozono, nove hanno sforato di molto i 120 microgrammi per me-

tro cubo. “Un’emergenza, quella dell’inquinamento – commenta

Legambiente - che è sanitaria prima ancora che ambientale”. Nel

2006, infatti, l’Organizzazione mondiale della sanità ha dimostra-

to che, riportando nelle città italiane i valori medi annui di polveri

sottili al di sotto della soglia stabilita dalla legge, si potrebbero

evitare oltre 2.000 morti

l’anno. “Non solo –

aggiunge Vittorio Cogliati Dezza, presidente dell’associazione del

Cigno – se la salute è la nostra priorità, non dobbiamo dimenti-

care che il non rispetto delle norme sui livelli

di inquinamento entro il 2011 esporrà il no-

stro Paese all’ennesima sanzione annunciata

da parte dell’Unione europea”. Eppure quasi

nessuna amministrazione prova a prendere

provvedimenti concreti e risolutivi. “Milano

– commenta il presidente di Legambiente -

aveva lanciato un importante segnale con

l’Ecopass, ma in mancanza della auspicata

estensione, i suoi risultati benefici sono ter-

minati. A Roma, una delle città con un tasso

di motorizzazione tra i più alti al mondo, 76

auto ogni 100 abitanti (cioè oltre il triplo di

New York e il doppio di Londra), i provvedi-

menti decisi dal Comune durante l’ultimo

anno e mezzo non hanno fatto altro che la-

sciare sempre più spazio al trasporto privato,

alimentando ulteriormente la nota congestio-

ne del traffico capitolino”. “Ultima proposta

davvero discutibile – dichiara Cogliati Dezza

- è l’idea di inaugurare il nuovo circuito per il Gran Premio di

Formula Uno in un’area quotidianamente intasata dal traffico in

entrata e uscita dalla capitale”. Come se non bastasse, poi, a li-

vello centrale i Governi che si sono succeduti dal 2001 ad oggi

– spiega Legambiente

- hanno finanziato per il

67% delle risorse della

Legge Obiettivo le infra-

strutture stradali, non

prevedendo alcun serio

intervento economico per

promuovere la mobilità

sostenibile. Ad oggi, l’uni-

ca politica messa in campo dal Governo è la rottamazione delle

vecchie auto, che scarica sui contribuenti - consumatori i costi di

un assai parziale abbattimento delle emissioni inquinanti.

Cosa fare, allora? “Il primo intervento, veloce ed economicamen-

te non impegnativo – dice Cogliati Dezza – consisterebbe nell’as-

sicurare al trasporto pubblico di superficie una maggiore fluidità,

estendendo il più possibile la rete di corsie preferenziali, con due

risultati immediati quasi a costo zero: la sottrazione di spazio

alle automobili e una reale concorrenzialità del bus rispetto alle

“Il primo intervento, veloce ed eco-nomicamente non impegnativo – dice Cogliati Dezza – consisterebbe nell’assicurare al trasporto pubblico di superficie una maggiore fluidità, estendendo il più possibile la rete di corsie preferenziali, con due risultati immediati quasi a costo zero: la sottrazione di spazio alle automobili e una reale concorrenzialità del bus rispetto alle vetture private”

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vetture private. Anche l’adozione di un pedaggio urbano per le

aree più congestionate potrebbe, se applicato su aree significati-

ve, ridimensionare gli ingorghi, regolare il traffico,

migliorare l’efficienza del trasporto pubblico, ridu-

cendo, allo stesso tempo le emissioni inquinanti.

Si tratta di superare le obiezioni politiche e di tro-

vare un prezzo di mercato equo per un bene assai scarso, lo spa-

zio urbano, che fino ad oggi è stato “offerto” gratuitamente agli

automobilisti”. Se, però, da un lato è bene tenere a mente i dati

allarmanti diffusi da Legambiente, dall’altro dobbiamo segnala-

re che quest’anno, per la prima volta, su proposta del sindaco

di Torino e presidente dell’Anci (Associazione nazionale comuni

italiani), Sergio Chiamparino,

e del primo cittadino di Mi-

lano, Letizia Moratti, i sindaci

del Nord si sono uniti in una

crociata anti-inquinamento

bipartisan, che però, e questa

è stata la debolezza dell’ini-

ziativa, non ha convinto tutte

le amministrazioni padane.

Inoltre, nel 2008 i produttori

di automobili hanno ridotto

complessivamente le emis-

sioni di anidride carbonica dei

modelli venduti sul mercato

europeo del 3,3%, portando

la media di settore a 153,5

grammi di anidride carboni-

ca per chilometro. Al primo

posto, pur essendo ancora

lontani dai limiti previsti dalla

normativa europea, della clas-

sifica dei produttori, secondo

il rapporto “Reducing CO2

Emissions from new cars: a

study of Major car manifactu-

rers” dell’associazione euro-

pea Transport&Environment,

c’è proprio il gruppo italiano

Fiat.

“dobbiamo segnalare che quest’anno, per la prima volta, su proposta del sin-daco di Torino e presidente dell’Anci (Associazione nazionale comuni italiani), Sergio Chiamparino, e del primo cittadino di Milano, Letizia Moratti, i sindaci del Nord si sono uniti in una crociata anti-inquinamento bipartisan”

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Da una Fondazione norvegese arrivano tante proposte, alcune molto concrete, altre più vi-sionarie per arrivare a un mondo a emissioni zero, una corsa che è già cominciata

di Gabriele Salari

Chi possiede una soluzione al problema del cambiamento clima-

tico?

La Fondazione Bellona, norvegese, ne ha individuate ben 101,

raccolte poi in otto macroaree, a partire dalle energie rinnovabili.

Non si tratta di un lavoro nuovo e sconvolgente che ci aprirà oriz-

zonti inesplorati, intendiamoci, ma di un tentativo di ricognizione

delle best practices, di quanto si sta realizzando nel mondo e dei

progetti che sono ancora in una fase embrionale ma sembrano

promettenti. Il primo passo per arrivare ad una società ad emis-

sioni zero è scegliere un vettore di energia pulito, negli edifici, nei

trasporti e nell’industria: l’idrogeno ad esempio o anche l’elet-

tricità e il calore (acqua calda, aria calda, vapore). Finché

tutta la produzione energetica non avverrà da fonti

rinnovabili, i vettori di energia saranno inevita-

bilmente prodotti da un misto di rinnovabili e

centrali a gas e carbone.

Modernizzare i vecchi impianti idroelettrici

poi è importante per migliorarne l’ef-

ficienza. In Norvegia il 99 per cento

dell’energia prodotta viene dall’idro-

elettrico mentre nel mondo un

sesto dell’energia vie-

ne prodotto così, ma

spesso si tratta

di vecchi impianti. Un

esempio è quello di

due centrali nelle Fi-

lippine, costruite negli

anni ‘60. Prima di essere

101 soluzionicambiamento climatico

“Il primo passo per arrivare ad una società ad emissioni zero è scegliere un vettore di energia pulito, negli edifici, nei trasporti e nell’industria:

l’idrogeno ad esempio o anche l’elettricità e il calore”

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rinnovate lavoravano solo il 40 per cento del tempo, ora il 90 per

cento.

Non solo, grazie a un impianto più moderno producono ora il 30

per cento in più. Un aspetto importante dei bacini idroelettrici è

poi che servono come riser-

ve di energia quando la ri-

chiesta aumenta, una sorta

di “batteria naturale” che

consente una flessibilità

maggiore rispetto ad altre fonti energetiche. Una nuova frontiera

è poi quella del mini-idroelettrico, ovvero impianti che forniscono

energia a circa 2.500 case.

Anche la rete di distribuzione dell’energia è inefficiente e ogni

anno buttiamo nel mondo, in questo modo, l’equivalente

dell’energia prodotta da 500 centrali a carbone.

C’è molto da migliorare, magari con il riscaldamento di interi

quartieri da parte di mini centrali a biomasse come avviene con

successo nei Paesi scandinavi.

Il paradosso da scardinare è che ogni anno vengono genera-

ti 19.000 terawatt l’ora di elettricità nel mondo, ma ne usiamo

solo 15.660: insomma, prima

di costruire nuove centrali,

cerchiamo di usare meglio

quelle che abbiamo!

Le aziende che si occupano

della trasmissione di ener-

gia, visto che sono state un

po’ ovunque smembrate

rispetto a quelle che la pro-

ducono, dovrebbero essere

incentivate a migliorare l’ef-

ficienza delle reti e diminuire

gli sprechi.

Girano le pale

L’energia eolica è una del-

le fonti energetiche più

promettenti e le economie

emergenti ci stanno già su-

perando su questa strada.

Un esempio è la Cina, che negli ultimi 5 anni ha raddoppiato ogni

anno la produzione e sta ora superando gli Stati Uniti per nuove

installazioni. Secondo gli esperti non è che l’inizio e se il Paese

del dragone si impegnasse su questa strada avrebbe abbastanza

energia dal vento per soddisfare i suoi bisogni fino al 2030.

Secondo il Global Wind Energy Council, dall’eolico può arrivare il

16,5 per cento dell’energia per il 2020 e fino al 34 per cento per

il 2050.

La tecnologia ci aiuta molto a ridurre i costi, e questo si sta ve-

rificando ora per le celle fotovoltaiche, il cui costo è diminuito di

circa il 10 per cento l’anno negli ultimi 10 anni.

Stiamo arrivando addirittura a dei pannelli solari sottili come una

pellicola di rame, indio, selenio e gallio che può essere integrata

negli edifici. Come una tenda che tiriamo giù per proteggerci dal

sole e che, in quel modo, diventa in grado di produrre energia.

Tra non molto, chissà - gli esperti della Fondazione Bellona si

spingono a dire – potremo applicare le celle fotovoltaiche del fu-

turo alla nostra casa con una pennellata!

Molto dipenderà anche dagli incentivi che verranno dati alle fonti

rinnovabili fino a che non ne avrà più bisogno: un processo che

con il fotovoltaico si sta già realizzando.

Importante è per gli investitori sapere con certezza quali sono

le condizioni, mentre per esempio in Italia, si attende ancora di

conoscere nel dettaglio come verrà rivisto, al ribasso, il “Conto

Energia” nel 2011. In Germania, invece, sia chi realizza impianti

eolici che pannelli solari per le case sa esattamente quanto gli

“C’è molto da migliorare, ma-gari con il riscaldamento di interi

quartieri da parte di mini centrali a biomasse come avviene con succes-

so nei Paesi scandinavi”

Page 21: Piameta Terra - aprile 2010

21

verrà remunerata l’energia generata.

Arnold Schwarzenegger, governatore della California, sta ora se-

guendo l’esempio tedesco.

D’altronde, se la Germania è arrivata a produrre la metà dell’ener-

gia dal sole al mondo (pur avendo un irraggiamento ben inferiore

al nostro) questo è dovuto alla decisa

politica di sostegno governativo del

passato.

Con l’energia solare si possono

alimentare, a emissioni zero, auto

elettriche o ibride in circolazione. Le

colonnine per la ricarica delle vettu-

re hanno già fatto la loro comparsa

qua e là, ma quando l’auto elettrica

si diffonderà i nuovi edifici dovranno

prevederle.

Non parliamo di un futuro lontano

anche perché la tecnologia avanza e

già oggi sono in commercio auto ibride con un’au-

tonomia di 60 chilometri ad elettricità oppure auto

elettriche sportive che raggiungono i 130 chilometri orari.

Una delle sfide più affascinanti di cui parla il rapporto della Bello-

na è poi quella di trasformare il

deserto in un posto ospitale, ricco di vita. Come? Il “Sahara Forest

Project”, per ora è in fase di test in Oman e a Tenerife , copiando

la natura, promette di creare delle serre dove con l’energia solare

si porta l’acqua salata ad evaporare ottenendo così acqua dolce

per irrigare ed una temperatura interna di 15 gradi più fresca

rispetto a quella esterna.

Perché il Colosseo sta in piedi da 2000 anni?

Nel rapporto sulle 101 soluzioni compare una foto a tutta pagina

del Colosseo. “Perchè sta in piedi da 2000 anni?” si chiedono i

norvegesi. Grazie all’impiego di una sostanza naturale, la pozzo-

lana, al posto del cemento.

Dovremmo copiare di più la natura nella scelta dei materiali. Il ke-

vlar, ad esempio, è il materiale più resistente prodotto dall’uomo

ed è necessario portare a 750 gradi il petrolio e l’acido solforico,

con le conseguenti emissioni di gas serra: i ragni, invece, sono

capaci di produrre un materiale più resistente e poi interamente

Page 22: Piameta Terra - aprile 2010

22

biodegradabile!

Se questo è il mondo del futuro bisogna iniziare a liberarci dai

combustibili fossili, che sono ancora la principale fonte energeti-

ca, a causa dei sussidi di cui godono.

Margaret Tatcher abolì il sostegno alle miniere già a metà degli

anni Ottanta, mentre Obama sta facendo fatica

oggi a far accettare ai Paesi del G20 che bisogna

togliere questi incentivi.

Il mondo spende circa 300 miliardi di dollari l’an-

no sovvenzionando il petrolio.

Secondo l’Agenzia internazionale per l’energia

basterebbe eliminarli entro il 2020 per ridurre le

emissioni del 10 per cento entro il 2050.

La Fondazione Bellona lancia la sfida dell’efficien-

za energetica, a partire ad esempio dall’industria

dell’alluminio: le fabbriche più efficienti impiega-

no appena un terzo dell’energia usata da quelle

più obsolete che oltretutto viene solitamente da

centrali a carbone o a gas.

Riciclare alluminio è un’altra pratica da incenti-

vare, si usa così solo un ventesimo dell’energia

necessaria invece che se si parte dalla materia

prima, la bauxite.

Dove l’efficienza energetica sta facendo passi da

giganti, grazie alle normativa, è negli elettrodome-

stici. Ma si può fare ancora di più, se in tutta Eu-

r o p a

passassimo a frigoriferi di categoria A o A+, si risparmierebbe più

energia di quella consumata dall’intera Danimarca.

La rivoluzione nell’illuminazione, invece, non è l’introduzione

delle lampade efficienti, ma di quelle a led.

Queste durano dalle 50.000 alle 100.000

ore e usano l’80 per cento di energia in meno rispetto a quelle ad

incandescenza. Entro il 2020 dovrebbero costituire il 90 per cento

del mercato, mandando definitivamente in pensione

quelle tradizionali. Un futuro luminoso ci aspetta.

Per approfondire i 101 punti, l’intero rapporto è su

www.101-solutions.org

“Se questo è il mondo del futuro bisogna iniziare a liberarci dai combustibili fossili, che sono ancora la principale fonte energetica, a causa dei sussidi di cui godono”

Page 23: Piameta Terra - aprile 2010

La sentenza 119/210 della corte co-stituzionale del 26.3.2010 ribadi-sce che deve essere la conferenza unificata a dover fissare linee gui-da, l’anev ancora una volta e con maggior certezza alla luce di questo pronunciamento, auspica che l’au-torizzazione unica semplificata e le linee guida nazionali possano veder la luce quanto prima nel rispetto dei principi costituzionali previsti come da tempo richiesto.La Corte Costituzionale eviden-zia con la Sentenza 119/2010 del 26.3.2010 che le procedure autoriz-zative per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili sono di competen-za della conferenza unificata e non possono le Regioni normare autono-mamente in mancanza di una norma di carattere nazionale. Alla luce di questa sentenza l’ANEV auspica un rapido percorso di emanazione da parte della conferenza unificata del-le procedure autorizzative semplifi-cate ai sensi dell’art. 12 del d. lgs. 387/03. L’ANEV auspica inoltre che le linee guida nazionali che i Mini-steri competenti invieranno per l’ap-provazione in conferenza unificata, rispondano a criteri di correttezza e rispetto delle competenze sancite dalle leggi e dalla Carta Costituzio-nale. La corsa delle Regioni, ultima

la Sardegna, ad approvare linee gui-da e procedure contrarie a principi costituzionalmente garantiti, deter-minano infatti inevitabilmente l’in-tervento della giustizia che non può che decretarne l’illegittimità. I ritar-di, le inefficienze e i costi di queste norme figlie dell’ignoranza norma-tiva, si ripercuote inevitabilmente sulla collettività che dovrà pagare per le scelte improvvide da anni de-nunciate dall’ANEV. Auguriamo che la soluzione trovata e per la quale si ringrazia il nostro associato Prof. Angelo Todaro che ce la ha propo-sta, consenta una maggior presenza in sede ed un miglior apporto de-gli Associati finalizzato a sostenere la crescita dell’ANEV in linea con quella dei propri Associati.

Di seguito una nota sulla sentenza.La Corte Costituzionale con la sen-tenza del 26 marzo 2010, n. 119 ha dichiarato l’illegittimità costituzio-nale dei commi 1 e 2 dell’art. 3 della Legge Regionale Puglia n. 31/2008 (L.R. n. 31/2008), che consentivano l’autorizzazione mediante DIA degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili fino alla potenza di 1 MWe, compresi gli impianti eolici realizzati dagli enti locali o quelli fi-nalizzati all’autoconsumo. Con det-

to art. 3, la Regione aveva derogato alle previsioni dell’art. 12 del D. Lgs. n. 387/2003 e della tabella A allega-ta al decreto, che per ogni tipologia di impianto hanno fissato le soglie di potenza per le quali è possibi-le ricorrere al procedimento della denuncia di inizio attività in luogo di quello di autorizzazione unica. Come previsto, la Corte ha ricon-dotto ai principi fondamentali della materia della produzione di ener-gia elettrica, le norme del D. Lgs. n. 387/2003 che riservano al Ministero dello Sviluppo Economico, di con-certo con il Ministero dell’Ambiente e d’intesa con la Conferenza unifi-cata Stato Regioni, città e autono-mie locali, la fissazione di maggiori soglie di capacità di generazione per le quali è possibile ricorrere alla DIA per l’autorizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili. Sulla base di tale moti-vazione, la Corte ha dichiarato l’ille-gittimità costituzionale dei commi 1 e 2, dell’art. 3 della Legge Regionale Puglia n. 31/2008. Si tratta, peral-tro, di una sentenza “pilota” che anticipa l’orientamento della Corte Costituzionale rispetto ad analoghe norme regionali rimesse al suo esa-me (ad esempio, la legge n. 1/2008 della Regione Puglia).

1 MW: decide la conferenza unificata

Dichiarato incostituzionale il dettato della legge regionale puglese che aveva innalzato a 1MW la possibilita’ di

autorizzare gli impianti con semplice D.I.A.

energia pulitaNewsletter di ANEV associazione nazionale energia del vento

Sped. in abb. post. - art 2 comma 20/B, Legge 662/96 - Roma Anno 8 - Aprile 2010 - n° 8

Page 24: Piameta Terra - aprile 2010

IMPORTANTE COMUNICAZIO-NE DELL’AUTORITA’ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO AL GOVERNO, PARLA-MENTO, REGIONI E CONFERENZA UNIFICATA AFFINCHE’ APPROVI-NO QUANTO PRIMA IL PROCEDI-MENTO AUTORIZZATIVO UNICO SEMPLIFICATO PER GLI IMPIANTI ALIMENTATI DA FONTI RINNOVA-BILI. QUESTA NECESSITA’ DERIVA DALL’ANALISI CHE L’AGCOM HA SVOLTO E GRAZIE ALLA QUALE HA RAVVISATO UNA DIFFOR-MITA’ PROCEDURALE TRA LE REGIONI, CHE L’ANEV DENUN-CIA DA TEMPO, CHE RISCHIA DI RENDERE DISTORSIVE DELLA CONCORRENZA LIBERA SU BASE TERRITORIALE. L’ANEV AUSPICA CHE TALE SEGNALAZIONE VEN-GA RECEPITA E CHE VALGA DA STIMOLO PER I RESPONSABILI DI QUESTO PROVVEDIMENTO, ATTE-SO DA OLTRE SETTE ANNI, E LA CUI ASSENZA RISCHIA DI CON-DANNARE L’ITALIA A NON RAG-GIUNGERE EFFICACEMENTE GLI OBIETTIVI ASSUNTI IN TEMA DI SVILUPPO E PRODUZIONE ELET-TRICA DA FONTI RINNOVABILI DI ENERGIA. L’ANEV PLAUDE ALLE SEGNALAZIONI DELL’AUTORI-TA CHE IN LARGHISSIMA PARTE CONDIVIDE ESSENDO IN LARGA PARTE COINCIDENTI CON QUELLE A SUO TEMPO DALL’ASSOCIAZIO-NE STESSA INVIATE SULLA BOZ-ZA IN OGGETTODI SEGUITO IL TESTO DELL’AUTO-RITA’ GARANTE DELLA CONCOR-

RENZA E DEL MERCATOL’Autorità Garante della Concor-renza e del Mercato, nell’esercizio dei poteri di segnalazione e con-sultivi di cui agli articoli 21 e 22 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, intende formulare alcune osserva-zioni in merito alla disciplina in

materia di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, con particolare riferimento al proce-dimento per l’autorizzazione alla costruzione ed esercizio dei rela-tivi impianti. In via preliminare si pone in evidenza che fin dal 2003 (art. 12, comma 10 del decreto le-

linee guida rinnovabili

Si muove l’Autorità Garante della Concorrenza

L’ANEV cresceA partire dal 1 aprile 2010 il dr. Luciano Pirazzi, dopo un trentennio di attività nel settore eolico presso l’ENEA, ha iniziato un rapporto di collaborazione scientifica con l’ANEV. Tale rapporto che vede il dr. Pirazzi quale referente scientifico dell’ANEV, vede la sua attività ricomprendere una serie di azioni in campo nazionale e interna-zionale con lo scopo di dare un ulteriore supporto alla diffusione dell’eolico per il tramite dell’Associazione Nazionale Energia del Vento. Inoltre l’attività si concretizzerà attraverso il supporto ad una corretta informazione degli aspetti che caratterizzano la fonte eolica in generale e, in particolare, di tutti quelli inerenti la tecno-logia, il mercato, le prospettive future e le ricadute economiche e sociali. La formazione, che da qualche anno vede l’ANEV protago-nista nell’organizzazione di corsi di base e specialistici, con un cor-po docente di grande esperienza operativa nel settore, si avvarrà da subito anche della professionalità ed esperienza del dr. Luciano Pi-razzi che, nel corso delle attività svolte precedentemente, ha curato con molta attenzione questa tematica ritenendola di fondamentale importanza per lo sviluppo e la diffusione del buon eolico. Infatti, solo formando una nuova serie di figure professionali, specifiche per i molteplici aspetti tecnologici e applicativi del settore, si potrà avere un ruolo attivo nelle modalità di realizzazione di un eolico sempre più in sintonia con l’ambiente e in grado di conseguire gli obiettivi preposti. L’ANEV grazie a questa nuova importante figura professionale, aumenta la propria competenza e amplia il supporto ai propri associati che, anche nel 2010, sono cresciuti in numero ed in rappresentatività. Un benvenuto al dr. Luciano Pirazzi dagli organi Associativi e dalle aziende aderenti, nello spirito comune di una continua crescita dell’associazione di categoria del settore eolico nazionale.

Page 25: Piameta Terra - aprile 2010

gislativo 29 dicembre 2003, n. 387, così come modificato dall’articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244), il legislatore nazionale ave-va previsto l’adozione di specifiche Linee Guida, da approvare in sede di Conferenza Unificata, su pro-posta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Mi-nistro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Mini-stro per i beni e le attività cultura-li, volte a definire i principi per lo svolgimento del procedimento per il rilascio dell’autorizzazione unica e per il corretto inserimento degli impianti nel paesaggio, con speci-fico riguardo agli impianti eolici. Nell’attesa dell’approvazione della regolamentazione a livello nazio-nale, le Regioni hanno legiferato in modo autonomo, adottando leg-gi e atti di indirizzo (tra cui Linee Guida e Piani energetici regionali) privi di un comune denominatore che hanno dato origine a contesti normativi di riferimento significa-tivamente difformi, con particolare riguardo alle condizioni richieste per operare nel settore. Ciò si è tradotto nell’introduzione di osta-coli diretti e indiretti nell’accesso al mercato, nonché di ingiustifi-cate distorsioni della concorrenza tra operatori localizzati in diverse aree del territorio nazionale. Re-centemente i Ministeri compe-tenti hanno sottoposto una bozza di Linee Guida ad un processo di consultazione pubblica dei sogget-ti economici interessati, nonché al confronto tecnico con le Regioni e gli enti locali. Al fine di promuo-vere un’evoluzione concorrenziale del settore, indispensabile peraltro al raggiungimento degli obiettivi assegnati all’Italia in sede comu-nitaria per la sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili1, l’Autorità auspica una tempestiva approva-

zione di tale documento in sede di Conferenza Unificata, anche alla luce di quanto previsto dalla legge finanziaria del 2008, che ha espres-samente posto in capo alle Regioni un obbligo di adeguamento delle rispettive discipline “entro novan-ta giorni dalla data di entrata in vigore delle linee guida. In caso di mancato adeguamento entro il predetto termine, si applicano le linee guida nazionali” (art. 2, com-ma 158, della legge n. 244/07). NOTA 1 Com’è noto, la diret-tiva sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili (direttiva 2009/28/CE del Parla-mento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009) individua obiettivi nazionali vincolanti per la quota di energia prodotta da fonti rinnova-bili sul consumo finale di energia, pari per l’Italia al 17%.Al riguardo, la previsione di un ter-mine per l’adeguamento delle di-scipline regionali, congiuntamente all’applicazione delle Linee Guida nazionali in caso di inerzia delle stesse Regioni, acquisiscono una particolare valenza nel contesto di riferimento, in quanto dovreb-bero consentire di superare molte delle criticità presenti a livello di normative regionali. In particolare, dall’analisi delle leggi e degli atti di indirizzo emanati dalle Regio-ni sono emersi i seguenti aspetti problematici e criticità che hanno ostacolato sino ad ora un pieno sviluppo della produzione di ener-gia da fonti rinnovabili:a) la dispersione dei centri deci-sionali a motivo della ripartizione delle competenze autorizzatorie per il rilascio dell’autorizzazione unica tra Regioni, Province e Comuni;b) l’incertezza nei tempi del proce-dimento autorizzatorio (moratorie previste da diverse leggi regiona-li);

c) restrizioni dirette nell’acces-so al mercato ovvero limitazioni quantitative all’installazione degli impianti (contingentamento della potenza massima autorizzabile e/o fissazione di un numero massimo di impianti autorizzabili, vincoli territoriali o paesaggistici, quali prescrizioni localizzative degli im-pianti o distanze minime di diversa entità da alcune aree o tra gli stessi impianti);d) limitazioni indirette nell’accesso al mercato, quali richieste, diffor-mi da regione a regione, di ulte-riori requisiti/documentazione non previsti dalla normativa primaria di riferimento (requisiti soggettivi e/o attinenti all’organizzazione del proponente, imposizione di misure volte a favorire l’economia loca-le);e) imposizione di oneri economi-ci (oneri di istruttoria, fideiussioni per il ripristino dei luoghi, misure di compensazione) ingiustificati o comunque eccessivi per il propo-nente;f) subordinazione dell’autorizza-zione unica ad atti o pareri ag-giuntivi non previsti dalla norma-tiva primaria;g) nelle situazioni di domande concorrenti, adozione di criteri di preferenza discriminatori nella scelta dei progetti (spesso a favore dei progetti che vedevano la parte-cipazione di soggetti pubblici o del comune interessato).Quanto al contenuto della bozza di Linee Guida nazionali l’Auto-rità esprime una valutazione po-sitiva, ritenendo nel complesso la loro formulazione coerente con l’obiettivo di rimuovere le restri-zioni nell’accesso alla produzione di energia elettrica da fonte rinno-vabile e le difformità esistenti tra le varie situazioni locali nei pro-cessi di autorizzazione all’esercizio

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di tale attività. La bozza di Linee Guida consente di rispondere alle evidenziate restrizioni nell’acces-so al mercato e distorsioni della concorrenza rilevate nelle diverse normative regionali, prevedendo tra l’altro:a) il divieto di indire procedure pubblicistiche di natura conces-soria, essendo l’attività di produ-zione dell’energia elettrica “attività economica non riservata agli enti pubblici e non soggetta a regime di privativa”;b) il divieto per le amministra-zioni regionali e locali di imporre limitazioni e divieti in atti di tipo programmatorio o pianificatorio per l’installazione degli impianti da fonti rinnovabili, salva la pos-sibilità per le sole Regioni di in-dividuare aree non idonee secondo specifici criteri oggettivi dettati al riguardo, connessi alle caratteristi-che intrinseche del territorio (esi-genze di tutela dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio arti-stico-culturale) e tenendo in ogni caso conto della quota minima di produzione di energia da fonti rin-novabili loro assegnata (obiettivi di burden sharing). Ciò dovrebbe evitare l’introduzione di vincoli quantitativi e contingentamenti nel numero degli impianti e/o nel-la potenza massima autorizzabile;c) con specifico riferimento agli impianti eolici, la definizione di distanze minime da unità abita-tive, centri abitati, strade provin-ciali o nazionali, giustificate dal necessario rispetto di esigenze di sicurezza e/o di tutela paesaggi-stica-ambientale, e univocamente determinate per tutto il territorio nazionale;d) una serie di disposizioni volte a garantire una maggiore semplifi-cazione amministrativa e certezza/celerità nei tempi del procedimento

autorizzatorio (tra cui il divieto di subordinare la ricevibilità, la pro-cedibilità dell’istanza o la conclu-sione del procedimento alla pre-sentazione di previe convenzioni ovvero atti di assenso o gradimen-to da parte dei Comuni interessati dal progetto);e) la trasparenza delle condizioni di accesso al mercato, attraverso idonea pubblicizzazione sui siti web delle Regioni di informazioni quali: la documentazione da alle-gare all’istanza; la planimetria del-le aree dichiarate inidonee all’in-stallazione di specifiche tipologie di impianto decreti di autorizza-zione unica rilasciati;f) criteri oggettivi nel trattamen-to delle domande concorrenti (ri-levanza dell’ordine cronologico di presentazione delle istanze). Stante l’innegabile contributo che le Linee Guida nazionali potran-no fornire all’affermazione di un contesto normativo idoneo a in-centivare lo sviluppo della produ-zione di energia elettrica da fonte rinnovabile e, dunque, di assetti di mercato maggiormente concorren-ziali nel settore della generazione da fonte rinnovabile, residuano nel documento alcune previsioni ec-cessivamente generiche nella loro formulazione, suscettibili di essere utilmente precisate. Ci si riferi-sce, in particolare, alle previsioni riguardanti l’imposizione dei se-guenti oneri economici per il pro-ponente, quale condizione per il rilascio dell’autorizzazione unica: I) oneri istruttori per lo svolgimen-to del procedimento unico; II) cau-zione a garanzia dell’esecuzione delle opere di messa in pristino dei luoghi interessati, successivamente alla cessazione dell’attività; III) misure di compensazione a fa-vore dei Comuni interessati.Con riferimento all’eventuale im-

posizione di oneri istruttori, la bozza di Linee Guida richiede alle Regioni che la loro determinazione avvenga in base alle spese istrut-torie, alla luce di “principi di ra-gionevolezza, proporzionalità e non discriminazione della fonte utilizzata” (paragrafo 9.1), senza tuttavia meglio precisarne né l’en-tità, né le modalità di calcolo. Al riguardo, l’analisi delle discipline vigenti a livello regionale ha posto in evidenza l’ammontare eccessivo o comunque non giustificato degli oneri istruttori richiesti da alcune Regioni rispetto al valore comples-sivo dell’investimento2. Sarebbe pertanto auspicabile che le Linee Guida contenessero un’indicazio-ne circa il loro importo massimo, definito non in forma fissa ma in percentuale rispetto alla produzio-ne annua stimata o alla potenza installata. NOTA 2 A titolo meramente esem-plificativo, la legge della Regione Molise 21 maggio 2008, n. 15, poi sostituita dalla legge regionale 7 agosto 2009, n. 22, prevedeva all’art. 4 che il proponente, all’at-to della richiesta di attivazione del procedimento, versasse a titolo di oneri di istruttoria una somma fis-sa pari a 20.000 euro più 500 euro per ogni Mw di potenza nominale da fonte eolica e 5 euro per ogni Kw di potenza nominale da fonte fotovoltaica e da altre fonti rin-novabili e fornisse idonea fideius-sione. La nuova legge fa comun-que salva la disposizione per le domande presentate ai sensi della pregressa disciplina. Il paragrafo 4.2, lettera “o”, dell’allegato sub 1 della legge della Regione Calabria 29 dicembre 2008, n. 42, prevede che il proponente corrisponda one-ri per il monitoraggio e per l’accer-tamento della regolare esecuzione delle opere. Un importo in forma

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fissa potrebbe infatti risultare pari a 50 centesimi per ogni Kw eoli-co di potenza elettrica autorizzata (1,5 euro per le altre tipologie) e oneri istruttori pari a 100 euro per ogni Mw per il quale si richiede l’autorizzazione, con un minimo di 300 euro. L’art. 5.10 dell’Allegato A alla Delibera della Giunta della re-gione Lazio 18 luglio 2008, n. 517, “Linee guida per lo svolgimento del procedimento unico, relativo alla installazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile, di cui al de-creto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 ed alla legge regionale 23 novembre 2006, n. 18” prevede la corresponsione alla provincia di costi istruttori, dalla stessa defi-niti. Apprezzabile, invece, la legge della regione Emilia-Romagna 23 dicembre 2004, n. 26, che all’art. 16, comma 2, lettera e), che preve-de oneri istruttori a carico del pro-ponente rapportati al valore degli interventi, in misura comunque non superiore allo 0,02% del valo-re dell’investimento, penalizzante per gli impianti di piccole dimen-sioni. In ogni caso, nella concreta quantificazione degli oneri istrut-tori, sarebbe opportuno che, oltre ad essere espressamente orientati ai costi effettivamente sopportati dall’amministrazione competente, fosse espressamente prevista una loro conoscibilità ex ante da par-te del proponente, così da rendere trasparenti e non discriminatorie le condizioni di accesso al mercato e incentivare forme di concorrenza tra le diverse possibili localizza-zioni. Quanto alla richiesta di una cauzione a garanzia della esecu-zione degli interventi di dismissio-ne degli impianti, la bozza di Linee Guida precisa opportunamente che nella concreta quantificazione di tale cauzione, le Regioni o le Pro-

vince delegate debbano fare riferi-mento a parametri oggettivi riferiti agli effettivi costi delle operazioni di rimessa in pristino o delle mi-sure di reinserimento e recupero ambientale del sito interessato (pa-ragrafo 13, lettera j). Al riguardo, nella concreta valutazione delle opere di ripristino (operazione si-curamente di non immediata defi-nizione) potrebbe essere opportuno prevedere l’intervento di soggetti terzi indipendenti, debitamente qualificati, al fine di assicurare che la quantificazione della cauzione risulti effettivamente oggettiva e

orientata ai costi delle operazioni necessarie al ripristino, così come richiesto dalle stesse Linee Guida. Ciò al fine di evitare, anche sot-to questo profilo, distorsioni nelle condizioni di accesso al mercato tra le diverse realtà locali. In re-lazione all’imposizione di misure compensative3, se da un lato, nella bozza di Linee Guida vengono op-portunamente individuati i princi-pi generali che le Regioni dovran-no seguire nella definizione degli indirizzi per la concreta indivi-duazione delle stesse misure (pre-cisando che le “eventuali” misure

Regole per le RegioniSì all’iniziativa imprenditoriale

Ancora una Sentenza che chiarisce l’ambito di esercizio della pote-stà legislativa concorrente delle Regioni in tema di energia. La Corte Costituzionale ha infatti dichiarato illegittimo ed incostituzionale quando la Regione Calabria aveva ipotizzato introducendo la so-spensione dei procedimenti, la volontà di privilegiare iniziative che avessero ripercussioni economiche territoriali, innalzare la soglia della possibilità di autorizzare con semplice D.I.A. a 500 kw l’eoli-co, nonchè obbligare le aziende ad avere sede nel territorio, limiti nelle potenze autorizzabili per fonte rinnovabile nonchè l’idea di autorizzare impianti eolici con almeno 1.800 ore equivalenti. An-cora una sentenza che chiarisce quanto l’ANEV ripete da anni in merito alla necessità di avere una procedura autorizzativa sempli-ficata, uguale per tutti, linee guida omogenee e evidenzia ancora una volta l’inadeguatezza di alcune amministrazioni regionali che ritengono di svolgere una funzione nell’interesse del territorio e fi-niscono per danneggiarlo. La Regione Sardegna dovrebbe trarre una lezione dalle sentenze che sempre più evidenziano quanto l’ANEV ripete da sempre e cioè che l’iniziativa imprenditoriale in Italia è libera e ogni limitazione posta è in contrasto con la Costituzione. La Corte ha dichiarato anche l’illegittimità costituzionale dei commi 1 e 2, dell’art. 2 della L.R. n. 31/2008 che vietavano la costruzione degli impianti fotovoltaici in aree con particolari caratteristiche di pregio ambientale, paesaggistico o naturale. La Corte ha ribadito il proprio orientamento che spetta esclusivamente alla Conferen-za Unificata la fissazione delle linee guida per lo svolgimento del procedimento di autorizzazione unica, comprese quelle finalizzate al corretto inserimento degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili.Si ringrazia lo studio Grimaldi e Associati che ha redatto la nota.

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di compensazione di carattere am-bientale e territoriale dovranno es-sere definite in sede di conferenza di servizi, non risultare in misure meramente patrimoniali o econo-miche, conformandosi sul punto a quanto affermato dalla giurispru-denza4, nonché essere destinate a interventi di efficienza energetica e di diffusione impianti a fonti rinnovabili), dall’altro, non viene previsto alcun valore in termini di tetto massimo (paragrafo 14.15 e allegato 2).

NOTA 3 Sulla tematica delle misure di compensazione, l’Autorità è già intervenuta con una segnalazione ai sensi dell’art. 21 della legge n. 287/90, cfr. AS484 - Schema di convenzione regolante la conces-sione per la realizzazione, l’eserci-zio, la manutenzione e la gestione di impianto industriale per la pro-duzione di energia elettrica da fon-te eolica nel comune di Avetrana, del 30 ottobre 2008, in Bollettino 41/2008.

NOTA 4 Cfr. Parere del Consiglio di Stato, Sez. III, 14 ottobre 2008, n. 2849. Al riguardo, il Consiglio di Stato ha affermato che la sen-tenza della Corte Costituzionale n. 383/2005 “va intesa nel senso che possono essere imposte mi-sure compensative di carattere ambientale e territoriale, ma non meramente patrimoniali e sempre che ricorrano tutti gli altri pre-supposti indicati nel citato art. 1, co. 4, lett. f). Tanto si desume anche dalla successiva Corte cost. 248/2006 ...”. In particolare, secon-do il Consiglio di Stato, “le misure compensative devono essere con-crete e realistiche, cioè determinate tenendo conto delle specifiche ca-ratteristiche del parco eolico e del suo specifico impatto ambientale e

territoriale. Infatti, secondo il ci-tato art. 1, co. 4, lett. f) le misure compensative sono solo “eventua-li”, e correlate alla circostanza che esigenze connesse agli indirizzi strategici richiedano concentrazio-ni territoriali di attività, impianti e infrastrutture ad elevato impat-to territoriale. Dunque, non dà luogo a misura compensativa, in modo automatico, la semplice cir-costanza che venga realizzato un impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili, a prescindere da ogni considerazione sulle sue caratteristiche e dimensioni e dal suo impatto sull’ambiente. E co-munque tali misure compensative sono di competenza dello Stato o della regione, in sede di conferen-za di servizi, e non possono uni-lateralmente essere stabilite da un singolo comune”. Da ultimo nella sentenza 24 marzo 2010, n. 124, la Corte Costituzionale, dopo aver ricordato che “la legge statale vie-ta tassativamente l’imposizione di corrispettivo (le cosiddette misure di compensazione patrimoniale) quale condizione per il rilascio dei suddetti titoli abilitativi, tenuto conto che la costruzione e l’eser-cizio di impianti per l’energia eo-lica sono libere attività d’impresa soggette alla sola autorizzazione amministrativa della Regione, se-condo l’art. 12, comma 6, del d.lgs. n. 387 del 2003.L’assenza di indicazioni circa l’im-porto massimo richiedibile a ti-tolo di misura di compensazione potrebbe incentivare fenomeni di (indebito) sovvenzionamento de-gli enti locali e, dunque, tradursi in restrizioni dell’accesso al mer-cato e in discriminazioni tra ope-ratori presenti in diversi contesti geografici, vanificando l’obiettivo della realizzazione di un effettivo contesto di pari opportunità nelle

Su ricorso dell’AnevIl tar boccia la giunta sarda

Ancora una decisione del TAR che annulla una delibera di Giunta contraria all’Eolico. La costante giurisprudenza con-tinua a dare ragione all’ANEV e alle aziende associate che si prodigano per far sì che le regole vengano rispettate e i diritti degli imprenditori del settore non siano calpestati. Questa ulteriore pronuncia raf-forza ancor più la volontà di agire avverso ogni azione non conforme da parte dei governi regionali che in spregio delle leggi ritengono senza giusto fondamento di poter calpesta-re il diritto e la libera iniziati-va. L’azione dell’ANEV a tutela del settore ancora una volta riporta sul piano della legali-tà lo sviluppo delle rinnovabili e mette in guardia gli ammi-nistratori locali a rispettare le regole. Il TAR Sardegna con la sentenza n. 673 del 9 apri-le 2010, in accoglimento del ricorso proposto da Asja Am-biente Italia S.p.A. per il trami-te dello Studio Legale Grimaldi e Associati e con l’intervento ad adiuvandum di ANEV, ha disposto l’annullamento della Delibera di Giunta Regionale n. 3/17 del 2009, nella parte in cui modifica lo Studio per l’individuazione delle aree in cui ubicare gli impianti eolici nella Regione Sardegna vie-tando la realizzazione degli impianti eolici nella aree limi-trofe a quelle P.I.P. Il TAR ha anche annullato l’atto di riget-to dell’istanza di VIA presen-tata da ASJA per un impianto eolico destinato ad essere uti-lizzato in tali aree.

Page 29: Piameta Terra - aprile 2010

modalità di accesso al settore.Sono, al contrario, ammessi gli ac-cordi che contemplino misure di compensazione e riequilibrio am-bientale, nel senso che il pregiudi-zio subito dall’ambiente per l’im-patto del nuovo impianto, oggetto di autorizzazione, viene compen-sato dall’impegno ad una riduzione delle emissioni inquinanti da parte dell’operatore economico propo-nente”, ha espressamente afferma-to che “l’art. 1, comma 4, lettera f), della legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il ri-assetto delle disposizioni vigenti in materia di energia), dopo aver po-sto il principio della localizzazione delle infrastrutture energetiche in rapporto ad un adeguato equilibrio territoriale, ammette concentrazio-ni territoriali di attività, impianti e infrastrutture ad elevato impatto territoriale, prevedendo in tal caso misure di compensazione e di rie-

quilibrio ambientale (anche relati-vamente ad impianti alimentati da fonti rinnovabili, dopo la sentenza n. 383 del 2005). Le disposizioni censurate si pongono in contrasto con tali principi, in quanto preve-dono oneri e condizioni a carico del richiedente l’autorizzazione che si concretizzano in vantaggi economici per la Regione e per gli altri enti locali e, quindi, si confi-gurano quali compensazioni di ca-rattere economico espressamente vietate dal legislatore statale (sen-tenza n. 282 del 2009). La disci-plina impugnata, infatti, prescinde dall’esistenza di concentrazioni di attività, impianti e infrastruttu-re ad elevato impatto territoriale, presupposto quest’ultimo previ-sto dall’art. 1 sopra indicato che legittima la previsione di misure di compensazione finalizzate al riequilibrio ambientale in deroga al principio fondamentale fissato dall’art. 12, comma 6, del d.lgs. n.

387 del 2003”. Da ultimo, l’Auto-rità esprime l’auspicio che i prin-cipi individuati nelle Linee Guida nazionali siano efficacemente e tempestivamente recepiti a livel-lo regionale, con modalità idonee a tradursi in un corretto utilizzo degli ampi spazi di discrezionalità riconosciuti alle amministrazioni regionali, chiamate a svolgere un ruolo di primo piano nell’assicurare il rispetto degli obiettivi assegnati a livello comunitario, tenendo con-to dei principi di ragionevolezza, proporzionalità e non discrimina-zione. In tale prospettiva, i margi-ni di discrezionalità interpretativa dovrebbero essere applicati dalle Regioni in maniera coerente con gli obiettivi di liberalizzazione e di semplificazione amministrativa perseguiti dalla politica nazionale e comunitaria di promozione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.IL PRESIDENTE Antonio Catricalà

Il comune di Roma ha concesso an-che per il 2010 la prestigiosa corni-ce di Villa Borghese, Parco dei Daini per la giornata mondiale del vento 2010. L’evento 2010 vedrà dal 16.5 al 20.6 visitabile il più suggestivo parco tecnologico eolico e susse-guirsi convegni, manifestazioni, at-tività ludiche e formative, iniziative culturali, laboratori, esposizioni ar-tistiche oltre alla possibilità di ve-dere, toccare e giocare con l’eolico.VI ASPETTIAMO PER SCOPRIRE

L’INFINITA FORZA DEL VENTO E PER RESPIRARE UNA BOCCATA D’ARIA PULITAGiornata Mondiale del Vento 2010, la più esclusiva manifestazione sull’eolico in Italia che ha già go-duto dell’adesione del Presidente della Repubblica, e dei Patrocini del Ministero dello Sviluppo Economi-co, dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e del Comu-ne di Roma, ha ottenuto l’autoriz-zazione per il suggestivo ed unico

spazio di Villa Borghese, Parco dei Daini, ufficializzandolo come sede dell’evento che si terrà dal 20 di maggio al 20 di giugno. L’iniziativa di respiro mondiale, vedrà realizza-to uno spazio convegnistico esposi-tivo - Pala Energia ANEV - con in-stallazione di un parco tecnologico sull’eolico, con modelli, navicelle, parti meccaniche e tecnologiche vi-sitabili liberamente, si potrà entra-re dentro la cabine di una turbina eolica e verificare come funziona

Per la giornata mondiale del vento 2010:

L’eolico italiano a villa borghese targato ANEV

Page 30: Piameta Terra - aprile 2010

un anemometro o toccare una pala, visitare la parte espositiva, seguire le proiezioni didattiche o i molte-plici eventi formativi e convegni-stici. Inoltre saranno realizzati per i bambini spazi gioco permanenti, con la mostra interattiva eolica per i piccoli, laboratori nei fine setti-mana, esibizioni degli sport legati al vento. Centrali poi le offerte le-gate a eventi formativi e moltissime altre iniziative culturali, artistiche e

ludiche oltre ad una rilevante espo-sizione dei principali operatori del settore nella prestigiosa e sugge-stiva cornice del Parco dei Daini. Il programma completo e il percorso tecnologico definitivo sarà detta-gliatamente elencato sui siti http://www.anev.org/ e http://www.glo-balwindday.org/. Si segnala che l’ANEV organizza tali iniziative a supporto della diffusione di una corretta cultura eolica e per la ri-

uscita al meglio dell’iniziativa ha coinvolto i principali operatori ed esperti per spiegare questa tecnolo-gia, e che tutte le attività previste sono libere per quanto riguarda la partecipazione, gratuite e inoltre saranno sempre disponibili tecnici ed esperti per soddisfare le doman-de più comuni sul funzionamento di questa tecnologia pulita per la produzione di energia elettrica pu-lita.

Prossimi appuntamentiVarsavia (Polonia), 20 – 23 aprile 2010 European Wind Energy Conference & Exhibition 2010•

Adelaide (Australia), 1 – 31 maggio 2010 Clean Energy Council Conference And Exhibition 2010•

Roma, 24 – 27 maggio 2010 I Corso di Formazione ANEV “Eolico di base: tecnica, normativa, ambiente ed •

esperienza sul campo” – Giornata Mondiale del Vento – Villa Borghese – Parco dei Daini

Houston (USA), 23 – 26 maggio 2010 WINDPOWER 2010 Conference & Exhibition•

Fortezza da Basso (FI), 28 -30 maggio 2010 – Terra Futura mostra convegno internazionale•

Liverpool, (Regno Unito), 29 – 30 giugno 2010 BWEA Offshore Wind 2010 - Conference and Exhibition•

Istanbul (Turkey), 15-17 June 2010 9th World Wind Energy Conference & Exhibition WWEC2010 •

Rio de janeiro (Brasile), 6 – 9 giugno 2010 IAEE’S Rio 2010 International Conference•

Alice Springs, Northern Territory (Australia), 4 – 7 agosto 2010 ATRAA 2010 Conference & Exhibition•

Rio de Janeiro (Brasile), 30 agosto – 1 settembre 2010 Windpower Brazil 2010 conference and exhibition•

Roma, 6 – 9 settembre 2010 II Corso di Formazione ANEV “Eolico di base: tecnica, normativa, ambiente ed •

esperienza sul campo” – Eolica Expo 2010

Roma, 7 – 9 settembre 2010 Eolica Expo Mediterranenan•

Palais des congrès de Montréal, Montreal, Quebec 1 – 3 novembre 2010 CanWEA 2010 - 26th Annual •

Conference and Exhibition

Glasgow (Regno Unito), 2 – 4 novembre 2010 BWEA Health and Safety 2010 - Conference and Exhibition•

Rimini, 3 – 4 novembre 2010 III Corso di Formazione ANEV Specialistico “Mineolico”•

Rimini, 5 – 6 novembre 2010 IV Corso di Formazione ANEV Spacialistico “CV e Trading”•

Page 31: Piameta Terra - aprile 2010
Page 32: Piameta Terra - aprile 2010

di Ida Cappiello

Dopo le profondità del pianeta e la vastità del firmamento, nel

2010 è toccato all’immenso mosaico della vita il ruolo di protago-

nista della campagna di sensibilizzazione ambientale promossa

ogni anno dalle Nazioni Unite. E’ dedicato infatti alla biodiversità

l’insieme di eventi che si succederanno per tutto l’anno nel mon-

do, con l’obiettivo di mettere sotto i riflettori un patrimonio della

Terra gravemente minacciato dall’attività umana.

riflettori sulla terra

Page 33: Piameta Terra - aprile 2010

33

La minaccia è più grave di quanto percepisca l’opinione pubblica.

Negli ultimi 100 anni abbiamo perso il 35% delle mangrovie, il

40% delle foreste, il 50% delle zone umide. 54 Paesi sono privi del

tutto di foreste, o ne hanno perso il 90%. Il tasso attuale di estin-

zione delle specie sulla Terra è circa mille volte il tasso naturale

tipico della storia del pianeta fino agli ultimi 100 anni.

Andando avanti così rischiamo di emulare i protagonisti del ko-

lossal Avatar, costretti a emigrare sull’incontaminato pianeta Pan-

Page 34: Piameta Terra - aprile 2010

34

dora dalla scomparsa di ogni forma di vegetazione terrestre!

Le occasioni di dibattito su questo tema sono frequenti a livello

internazionale, anche perché l’Onu celebra ogni anno la Giornata

della biodiversità il 22 maggio, a ricordo della firma della Con-

venzione di Nai-

robi, firmata nel

1992. Gli eventi

di quest’anno,

tuttavia, mettono in evidenza un aspetto più nascosto della biodi-

versità: il ruolo che svolge nella lotta alla povertà e nello sviluppo

economico. Nel 2002, a dieci anni dalla Convenzione di Nairobi,

i Paesi membri fissarono proprio al 2010 la riduzione significati-

va della perdita

di biodiversi-

tà, come parte

della strategia

di sviluppo glo-

bale.

Perché le specie

viventi si stan-

no estinguendo

a un ritmo così

rapido? A cau-

sa della distru-

zione degli ha-

bitat, dovuta a

tre fenomeni di

origine antropi-

ca: l’agricoltura

intensiva, l’ur-

banizzazione, l’

inquinamento.

Un discorso a

parte riguarda

il cambiamento

climatico, che

influisce pesantemente sulla diversità biologica ed è correlato a

tutte e tre le cause precedenti – anche se può verificarsi indipen-

dentemente da esse. E’ stato calcolato che un aumento di un gra-

do e mezzo farebbe estinguere il 30% delle specie attualmente

esistenti.

L’agricoltura è forse la causa principale di attacco alla biodiversi-

tà. Più di un terzo della superficie terrestre è diventata agricola;

se aggiungiamo i pascoli per il bestiame, arriviamo al 60%. E in

futuro il fabbisogno di cereali salirà, soprat-

tutto di mangimi per animali, visto che il

consumo di carne nel mondo è in continuo

aumento. L’allevamento, infine, “mangia” le

foreste, tagliate indiscriminatamente per far

posto ai pascoli.

Veniamo al tema del 2010: il ruolo della bio-

diversità nello sviluppo economico. Fino a

un passato recente, e ancora oggi nei paesi

più poveri, l’approccio umano è stato basato

sull’accettazione del cosiddetto “trade-off”

tra natura e sviluppo: la povertà si combatte

con l’industrializzazione o l’agricoltura ad

alta produttività, dunque necessariamente

ridimensionando il peso della natura nel-

la vita umana. In buona sostanza, sfamarsi è più importante di

tutelare l’ambiente. Eppure, negli ultimi anni gli sconvolgimenti

“L’abbondanza di uccelli limita la diffusione di insetti portatori di malattie, la pluralità di

vertebrati limita invece la diffusione dei topi, anch’essi veicoli di infezioni”

Il caso di Haiti: un circolo vizioso tra degrado ambientale e sottosviluppo

L’abbiamo sentito dire tante volte nei giorni della tragedia: Haiti è il Paese più povero dell’emisfero occidentale. Due terzi della popolazione vive con meno di un dollaro al giorno, ma ancor peggio, due terzi del reddito nazionale provengono da aiuti.Una volta l’intera isola era ricoperta di foreste. Oggi ne rimane il 3% e la conseguente erosione del suolo ha fatto crollare del 40% la terra fertile. Le piogge si sono quasi dimezzate, ma quando arri-vano, basta un niente per generare disastri.Le foreste purificavano anche l’acqua. Oggi, il 90% dei bambini soffre di infezioni intestinali causate dall’ acqua impura che bevono.L’estrema povertà, in assenza di sostegni, minac-cia le foreste di un’ulteriore riduzione. L’unica via d’uscita è promuovere lo sviluppo insieme, anzi attraverso, il recupero dell’ecosistema.

Page 35: Piameta Terra - aprile 2010

35

causati agli ecosistemi da uno sviluppo incontrollato hanno fre-

nato lo sviluppo, peggiorando soprattutto la condizione dei più

poveri.

La ricerca scientifica recente sta confermando legami sempre più

stretti tra il benessere umano e la biodiversità, una vera fonte di

“beni e servizi” essenziali alla vita.

Un primo ambito è la salute. La maggior parte dei farmaci, anche

di sintesi, deriva da elementi naturali: questo vale per 10 dei 25

farmaci più venduti negli USA. Circa la metà dei farmaci antitu-

morali utilizza principi attivi ottenuti da piante, delle quali molte

sono a rischio estinzione.

L’abbondanza di uccelli limita la

diffusione di insetti portatori di

malattie, la pluralità di vertebra-

ti limita invece la diffusione dei

topi, anch’essi veicoli di infezio-

ni.

L’agricoltura e l’alimentazione

sono un altro ambito fonda-

mentale. E’ l’esistenza di tante

varietà biologiche a permettere

l’adattamento delle colture alle

condizioni climatiche e la scelta di specie resistenti alle malattie.

Ancora, è la varietà che garantisce nell’alimentazione la presenza

di micronutrienti, come lo iodio, la vitamina A, il ferro. Lo stesso

discorso vale per le ricchezze del mare: la fauna ittica è l’unico

cibo proteico per quasi un miliardo di persone. Anche questa ri-

sorsa è a rischio per via del cosiddetto “overfishing”, la pesca

massiccia e indiscriminata, spesso generata da sussidi pubblici.

La povertà espone maggiormente ai danni causati dall’impoveri-

mento del patrimonio biologico terrestre. Paradossalmente, anche

nelle società ricche, sono i più poveri a soffrire delle cosiddette

“malattie del progresso” come quelle cardiovascolari, perché

sono appiattiti su modelli alimentari basati su cereali raffinati,

zuccheri e grassi, e hanno abbandonato l’alimentazione tradi-

zionale magari meno calorica, ma più variata.

Come rimediare? L’agricoltura biologica, o comunque non in-

tensiva, rappresenta un ottimo esempio di tutela della biodi-

versità, con benefici anche economici per le popolazioni più

povere.

Prendiamo il caso del caffé coltivato all’ombra. Questa tecni-

ca consiste nel piantare gli arbusti di caffè insieme a piante

tropicali native, che fanno ombra, ospitano uccelli e pipistrelli

nemici degli insetti, forniscono frutti commestibili e migliorano

le prestazioni del suolo riducendo la necessità di concimi e in-

setticidi. Il caffè “ombroso” comincia a spuntare sul mercato

a prezzi premianti, migliorando i redditi degli agricoltori: un

bell’esempio di circolo virtuoso tra ambiente ed economia.

In generale, quello che serve è una svolta nelle politiche eco-

nomiche dei governi, che devono considerare d’ora in poi la

biodiversità un vero e proprio “servizio”. Ad esempio, togliendo

dal valore delle produzioni agricole intensive il “costo” della bio-

diversità persa, e dall’altro lato, compensando in denaro gli agri-

coltori che tutelano l’ambiente, incentivando così comportamenti

virtuosi. Il modello della carbon tax europea potrebbe forse dare

delle linee guida, permettendo di estendere alla biodiversità il

principio di “chi inquina paga”.

Page 36: Piameta Terra - aprile 2010
Page 37: Piameta Terra - aprile 2010

37il caldo vesuviodi Maurizio Carucci

Con la geotermia si producono in Italia cinque miliardi di chi-

lowattora l’anno, sufficienti ai bisogni di elettricità di oltre un

milione e mezzo di famiglie, corrispondenti a circa sei milioni di

persone. Una risorsa che rappresenta il 10% delle fonti rinnova-

bili italiane. Di recente si sta sviluppando anche un settore della

bioarchitettura specializzato nella mini-geotermia. Si tratta di

piccoli impianti condominiali in grado di sfruttare il calore

nel sottosuolo per opere di riscaldamento/rinfrescamento

degli appartamenti. Gli impianti geotermici sono accorgi-

menti tecnici dell’ecoedilizia per trasformare le abitazioni

in luoghi caldi in inverno e freschi d’estate senza ricorrere

ai tradizionali impianti di riscaldamento o di climatizza-

zione.

Con un decreto legislativo sono state semplificate le rego-

le per ottenere le autorizzazioni nel campo delle energie

rinnovabili e in particolare per lo sfruttamento della geotermia.

Si punta soprattutto ai giacimenti presenti in Lombardia, Vene-

to, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Campania, Calabria e Sicilia.

La geotermia rappresenta una fonte rinnovabile seconda in Italia

solo all’energia idroelettrica, ha un grande potenziale

di sviluppo e consentirà di raggiungere più facilmente

l’obiettivo del 25% di energia prodotta da fonti pu-

lite. Proprio il Vesuvio e l’area flegrea potrebbero offrire nuove

opportunità di sfruttamento dal punto di vista geotermico. Con

il Progetto Cfddp (Campi Flegrei deep drilling project) - al quale

“Gli impianti geotermici sono accorgimenti tecnici dell’ecoedilizia per trasformare le abitazioni in luoghi caldi in inverno e freschi d’estate senza

ricorrere ai tradizionali impianti di riscaldamento o di climatizzazione”

Page 38: Piameta Terra - aprile 2010

38

aderiscono il Consorzio internazionale per le perforazioni crostali

profonde (Icdp, International continental drilling program), istituti

di ricerca di una decina di Paesi, il Cnr, alcune Università italiane,

la Regione Campania – sono previste trivellazioni nell’ex zona

industriale di Bagnoli. Il progetto comporterà un investimento

valutato tra i 12 e i 15 milioni di dollari solo per le operazioni di

perforazione, ma le sue ricadute si prevedono di enorme impatto

per la vulcanologia e per lo studio del sistema geotermale non

soltanto flegreo. Dopo la realizzazione di un pozzo-pilota, che

raggiungerà una profondità di 500 metri, a partire da febbraio

2011 le sonde lavoreranno con una pendenza di circa 25 gradi

rispetto alla verticale, percorreranno almeno 1.500 metri fino a

raggiungere il centro della caldera flegrea sotto il mare di Poz-

zuoli e toccheranno una profondità massima di 4mila metri, nel

cuore di una struttura geologica instabile, dove le temperature

sono comprese tra i 500 e i 600 gradi centigradi.

“Sarà un esperimento unico al mondo - sottolineano alla Sezione

di Napoli dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia – per

le difficoltà connesse alla trivellazione in presenza di altissime

temperature. Soltanto in Islanda, infatti, si stanno pianificando

operazioni in condizioni termiche similari”. Sarà soprattutto un

progetto a guida italiana, coordinato dal professor Giuseppe De

Natale, con la collaborazione della dottoressa Claudia Troise, en-

trambi dell’Osservatorio vesuviano dell’Ingv. Grazie all’installa-

zione nel pozzo di 4mila metri di sistemi in fibre ottiche per il mo-

nitoraggio continuo della temperatura e della deformazione delle

rocce, oltre ad apparati di prelievo di acqua e gas per l’analisi delle

variazioni geochimiche dei

fluidi, la comunità

scientifica interna-

zionale ritiene di

poter individuare la

profondità alla quale è lo-

calizzato il magma ( si ipo-

tizza a circa 7,5 chilometri

sono il livello del mare) e

di ottenere informazioni di

enorme importanza vulca-

nologica non solo per

la caldera flegrea, ma

anche per compren-

dere il funzionamen-

to delle altre aree

affini nel mondo, fare

luce sul fenomeno

del bradisismo, in-

dividuare gli eventi

premonitori di una eruzione, studiare le ragioni per le quali le

rocce in certe circostanze cedono plasticamente senza romper-

si. Inoltre il progetto potrà offrire maggiori indicazioni su come

sfruttare i giacimenti “geotermici” italiani. Non solo la zona di

Larderello e del Monte Amiata, in Toscana, con il suo vapore na-

turale che sale dal profondo grazie a un fortunato contatto con

“Il progetto comporterà un investimento valutato tra i 12 e i 15 milioni di dollari solo per le operazioni di perforazione, ma le sue ricadute si prevedono di enorme impatto per la vulcanologia e per lo studio del

sistema geotermale non soltanto flegreo”

Page 39: Piameta Terra - aprile 2010

39

strati caldi. Ma anche il cratere di Latera-Bolsena e le enormi fonti

di calore sotto il fondo del Tirreno: dal semicerchio delle Eolie

ai grandi vulcani sottomarini del Palinuro e del Marsili a tutta

l’area marina davanti alla costa toscana. In pratica: l’Italia come

secondo potenziale geotermico europeo

dopo l’Islanda. In realtà, per essere, pre-

cisi bisognerebbe parlare di tre geotermie.

Quella a bassa entalpia (calore diretto o

pompe di calore diffuse) e le geotermie

ad alta entalpia (per generare elettricità):

l’idro-termale (quella di Larderello). E infine

la geotermia avanzata puntata a sfruttare il calore, più o meno

profondo, presente non solo in Italia e in Islanda, ma anche in

larghe aree del Mediterraneo (Canale di Sicilia, Grecia, Turchia),

in Africa (Rift Valley), Asia (Ring of fire), Americhe. La geotermia

a bassa entalpia è ormai in pieno sviluppo in tutta Europa. Una

tubazione affondata per qualche decina di metri e collegata a una

pompa di calore permette di trasferire caldo in inverno e freddo

in estate. Una sorta di moltiplicatore del condizionamento di una

casa. E ben lo sanno le decine di migliaia di condomini parigini o

di villette svizzere, austriache e trentine che da qualche anno le

hanno adottate. In alcuni casi (Svizzera) con una car-

bon tax che disincentiva il riscaldamento via fossili per

privilegiare i pannelli radianti connessi alla pompa di

calore. Città come Ferrara si servono di pozzi a bassa entalpia

e a Milano l’Aem (Azienda elettrica municipale) ha in corso un

programma di teleriscaldamento combinato che sfrutta la falda

idrica sotto la metropoli con grandi pompe di calore. «La bassa

entalpia può essere adottata un po’ ovunque – osserva Gennaro

De Michele, responsabile della Ricerca e sviluppo di Enel – e può

offrire un valido contributo sul lato del riscaldamento degli edifi-

ci». La geotermia idrotermale naturale, sfruttata a Larderello da

oltre un secolo (con circa 800 megawatt di potenza istallata), è

oggetto di un piano di potenziamento: «Contiamo di aggiungere

nuove turbine – dice De Michele – capaci di sfruttare anche il

vapore di risulta dagli impianti primari».

Molto più fortunati i proprietari di ville dei Campi Flegrei. A loro

basta chiamare un normale trivellatore, far scavare un pozzo di

una sessantina di metri, mettere dentro una tubatura a U e il

gioco è fatto: acqua calda e persino saune in casa. L’obiettivo del

progetto Cfddp sarà proprio quello di aprire prospettive di natu-

ra pratica, dare preziose informazioni sulla possibilità di sfrutta-

mento geotermico dell’area, sicuramente una delle più “calde”

del mondo. I fluidi a temperatura supercritica (500-600 gradi

centigradi) delle maggiori profondità potrebbero fornire energia

termica con rendimenti di gran lunga superiori a quelli ricavabili

delle attuali metodologie di sfruttamento della geotermia, con-

sentendo - a parità di flusso - potenze di un ordine di grandezza

superiore.

“dal semicerchio delle Eolie ai grandi vulcani sottomarini del Palinuro e del Marsili a tutta l’area marina davanti alla costa toscana. In pratica: l’Italia

come secondo potenziale geotermico europeo dopo l’Islanda”

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Page 40: Piameta Terra - aprile 2010

Immettere energia pulita in rete?

Naturalmente.

ABB sta contribuendo alla costruzione del più grande parco eolico off-shore al mondo. Si prevede che, grazie alla nostra tecnologia di trasmissione eco-compatibile, questo impianto da 400 megawatt possa ridurre l’emissione nell’atmosfera di 1,5 milioni di tonnellate di CO2 all’anno e migliorare l’affi dabilità della rete elettrica. Questo è solo uno dei modi in cui noi, in qualità di maggior fornitore di prodotti elettrici e servizi per l’industria eolica, possiamo utilizzare le fonti rinnovabili per contribuire a combattere i cambiamenti climatici. www.abb.it/betterworld

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Page 41: Piameta Terra - aprile 2010

41la pianta del desertoBioenergie, jatropha opportunità o rischio ambientale?

di Cecilia Bergamasco

La domanda di energia del Pianeta continua a crescere, nono-

stante la crisi economica e finanziaria che ha coinvolto tutti i

continenti da Nord a Sud e da Est a Ovest . Anche la domanda

di cibo continua la sua ascesa, dato il progressivo aumento del

numero di abitanti che popolano la Terra. Poi c’è il problema del

cambiamento climatico, delle emergenze ambientali. Riuscire a

conciliare tutte le esigenze di sviluppo e di tutela dell’ambiente

e delle popolazioni sembra quasi impossibile. Dato per assodato

che la ricetta magica non è ancora stata trovata, se mai si troverà,

le strade da percorrere sono diverse, parallele e non alternative. A

partire da un cambio del modello di vita dei paesi industrializzati,

all’uso delle fonti rinnovabili e di combustibili alternati-

vi, quali i biocombustibili. Ma come

conciliare l’uso dei biocom-

bustibili con la tutela dei

terreni agricoli, delle popo-

lazioni indigene e la pro-

duzione di cibo? In questo

ambito entra in gioco la jatropha,

s c i en t i f i ca -

men- te conosciu-

ta come J a t r o p h a

curcas.

Originaria dell’America Centrale ma comu-

ne oggi in Africa e in India, la jatropha è una

pianta selvatica capace di crescere anche in

zone semi-aride, dove altre colture tradizionali

perirebbero. Sebbene infatti il suo habitat ideale

sia rappresentato da zone caratterizzate da tem-

perature costanti tra i 20 ed i 30 gradi, la jatro-

“Riuscire a conciliare tutte le esigenze di sviluppo e di tutela dell’ambiente e delle popola-zioni sembra quasi impossibile. Dato per assodato che la ricetta magica non è ancora stata trovata, se mai si troverà, le strade da percorrere sono diverse, parallele e non alternative”

Page 42: Piameta Terra - aprile 2010

42

pha dimostra grandissima adattabilità ad ambienti ostili, il che la

rende particolarmente adatta ad essere coltivata in zone semi-

desertiche dell’America Centrale, dell’Africa e dell’India.

Le più recenti

discussioni con-

nesse ai biocar-

buranti tradizio-

nali, che hanno

messo al centro

dell’attenzione

la competizione tra fini alternativi di una risorsa scarsa quali

sono i terreni coltivabili e il conseguente aumento nei prezzi delle

derrate alimentari, hanno spinto la comunità scientifica a trovare

biocarburanti in grado di superare tali criticità.

Un’opzione particolarmente promettente è rappresentata dal bio-

diesel ottenibile dalla jatropha. Le rese della jatropha sembrano

essere molto promettenti,

soprattutto rispetto ad altri

feedstock da biodiesel. In

base ai dati pubblicati dal

WorldWatch Institute 2006,

Biofuel for Trasportation,

solo l’olio di palma ha una

resa maggiore della jatro-

pha mentre altri vegetali,

quali la colza, il girasole e la

soia mostrano risultati deci-

samente più scarsi.

Inoltre, la jatropha aiuta a prevenire la de-

sertificazione, e questo spiega come molti

esperti considerino questa pianta come

una soluzione efficace per specifici conte-

“Le più recenti discussioni connesse ai biocarburanti tradizionali, che hanno messo al centro dell’attenzione la competizione tra

fini alternativi di una risorsa scarsa quali sono i terreni coltivabili e il conseguente aumento

nei prezzi delle derrate alimentari, hanno spinto la comunità scientifica a trovare bio-

carburanti in grado di superare tali criticità”

JATROPHA on line

Jatrophabook.com è un sito di so-cial networking messo online da Agroils per permettere a tutti coloro che lavorano con la jatropha in giro per il mondo di entrare in contat-to, scambiarsi esperienze. Dopo sei mesi dal lancio, oltre mille persone di 87 Paesi diversi, hanno registrato sulla piattaforma elettronica 230 progetti di coltivazione in corso.Jatrophabiodiesel.org del Centre for Jatropha Promotion&Biofuels (India). Centro di ricerca e sviluppo di tecnologie e progetti di coltiva-zione di jatropha e produzione di biodiesel.Jatropha.org, The Jatropha website. Il portale di riferimento per avere informazioni su tutto quello che riguarda la jatropha.Jatropha-alliance.org dell’asso-ciazione Jatropha Alliance che raggruppa i produttori di tutto il mondo di biodiesel a partire dalla jatropha e i centri di ricerca.

Page 43: Piameta Terra - aprile 2010

43

sti geografici, anche per il grande potenziale che essa offre dal

punto di vista delle opportunità di lavoro per le comunità rurali

autoctone.

Bisogna comunque sottolineare che anche lo sfruttamento di

questa pianta a fini

energetici non è esente

da critiche. Associazio-

ni dei paesi in cui sono

presenti vaste coltiva-

zioni di jatropha hanno

spesso espresso la loro

contrarietà a pratiche

di monoculture intensi-

ve perché responsabili

di disequilibri sociali e

agricoli, la richiesta di

un’elevata domanda di acqua e ingente utilizzo di sostanze chimi-

che come fertilizzanti e diserbanti. Il continente africano è un’area

dal grandissimo potenziale per la col-

tivazione futura di jatropha, ma ad

oggi è in India che si sono raggiunti i risultati migliori. L’India ha

incluso la Jatropha nel programma per l’indipendenza energetica

entro il 2012:

nello Stato del

Chhattisgarh

ne saranno

piantate 160

milioni di

esemplari.Un

progetto di-

mostrativo su

400,000 ettari

è stato avvia-

to, e si preve-

de che l’area

dedicata verrà

gradualmente

incrementata

grazie ad una

pa r tne r sh ip

tra Governo

ed attori priva-

ti. Il Madascar

ha stipulato

accordi con

società italiane

per coltivare

100.000 ettari

di terreno a ja-

tropha, con un

investimento di

5 milioni di euro,

che dovrebbe

fornire 300.000

tonnellate/anno

di olio vegetale.

In Europa, nono-

“L’Unione Europea sta comunque puntando sulla jatropha come fonte di biocombustibili, e lo sta facendo in modo diretto, attraverso investimenti in Paesi tropicali e subtropicali”

JATROPHA CURCAS

La Jatropha curcas è un arbusto perenne e veleno-so originario dei Caraibi e fu traghettata in tutto il mondo dai marinai portoghesi che la utilizzavano per costruire recinzioni a protezioni di orti e giardi-ni. Solo in un recente passato sono state scoperte le sue proprietà energetiche. Può sopravvivere nel-le zone aride senza acqua e particolari cure e attec-chisce come la gramigna, quindi non competitiva con le derrate alimentari. I suoi semi contengono il 30-35 per cento di un olio non commestibile ma che trattato può essere usato come biodiesel. La jatropha non è edibile vista la sua tossicità, e non viene attaccata dagli animali in cerca di cibo. Tale caratteristica rappresenta un vantaggio di mo-desta entità nel contesto Europeo, mentre assume particolare importanza in Africa o in India, dove gli animali rappresentano una minaccia costante e ri-levante per numerose piante.

Page 44: Piameta Terra - aprile 2010

44

stante il clima sia un po’ troppo rigido, vi sono alcune piantagioni

sperimentali in Grecia, Spagna ed Italia, ma i primi risultati paio-

no poco incoraggianti, probabilmente in virtù degli inverni ecces-

sivamente rigidi. L’Unione Europea sta comunque puntando sulla

jatropha come fonte di biocombustibili, e lo sta facendo in modo

diretto, attraverso investimenti in Paesi tropicali e subtropicali.

L’aspettativa è quella che la jatropha possa fornire un contributo

rilevante alla causa dei biocarburanti, una volta superate alcune

difficoltà iniziali dovute alla fase sperimentale che tuttora carat-

terizza l’industria. Ad avvantaggiarsene potrebbero essere le Na-

zioni delle aree

di col-

t i v a -

z ione,

spesso situate

in zone depres-

se quali l’Africa o l’America centrale, ma anche i Paesi Europei

tramite partnerships strategiche e progetti di investimento in Pa-

esi Terzi.

“L’aspettativa è quella che la jatropha possa fornire un contributo rile-vante alla causa dei biocarburanti, una volta superate alcune difficoltà

iniziali dovute alla fase sperimentale che tuttora caratterizza l’industria”

I vantaggi dell’olio di JATROPHA CURCAS

1 L’olio di jatropha ha una bassa viscosità ed è un eccellente combustibile: è inferiore solo all’olio di palma che però richiede molta acqua.2 Impiegato come combustibile ha un impatto praticamente carbon neutral poiché non aggiunge carbonio in atmosfera. La coltivazione di jatropha richiede poca acqua, combatte la desertificazione e l’erosione del suolo. Non è edibile e quindi, se usato per produrre biofuel, non compete con le ma-terie prime alimentari.3 Mediamente, le coltivazioni di jatropha rendono 1,5 tonnellate di olio per ettaro. Sul mercato, l’olio raffinato vale fra i 350 e i 550 euro alla tonnellata. L’Unione europea prevede incentivi per la coltiva-zione in aree degradate.4 La jatropha prospera nella fascia tropicale del mondo, dove si concentra la povertà, e il terreno disponibile non manca. Così può servire a creare lavoro e ricchezza. Ma anche a portare l’elettricità laddove oggi non esiste.5 Entro il 2020, in Europa il 20% dei carburanti dovranno essere biocarburanti. Secondo le stime vi sarà una domanda complessiva di biocombustibi-li pari a 16 milioni di tonnellate di biodiesel, di 2 milioni di tonnellate di biocarburanti per la genera-zione elettrica e altri 28 per il settore dell’aviazio-ne.

Page 45: Piameta Terra - aprile 2010
Page 46: Piameta Terra - aprile 2010

inquinamento luminoso

la luce che inquina

di Giampiero Castellotti

La notte “normale” dura venti secondi. Poi lascia il posto a venti

secondi di “gnac”. E’ la genialità di Italo Calvino a creare, nel

suo “Marcovaldo”, lo “gnac”. E’ la parte della scritta pubblici-

taria “Spaak-cognac”: nei venti secondi di accensione cancella

le stelle nel cielo e fa rizzare il pelo ai gatti in amore. “In mezzo

a questa tempesta di passioni – scrive Calvino nel 1963 - Marco-

valdo cercava d’insegnare ai figlioli la posizione dei corpi celesti”.

Si domandano giustamente i piccoli: se la stella polare segna il

nord, cosa segna quella “c” nel cielo? “Ma non

c’entra con le stelle, è l’ultima lettera della pa-

rola Cognac…”.

Lo scrittore ligure-cubano, quasi cinquant’anni

fa, denunciò un fenomeno di cui solo negli ultimi anni si parla

diffusamente: l’inquinamento luminoso. Tema di non poco conto:

secondo studi americani, almeno un terzo dell’energia elettrica

“Lo scrittore Italo Calvino, quasi cinquant’anni fa, denunciò un fenomeno di cui solo negli ultimi anni si parla diffusamente: l’inquinamento luminoso. Tema di

non poco conto: secondo studi americani, almeno un terzo dell’energia elettri-ca impiegata per l’illuminazione esterna viene usata in modo errato”

Page 47: Piameta Terra - aprile 2010

47

impiegata per l’illuminazione esterna viene usata in modo errato

per difetti di progettazione, di realizzazione o di gestione degli

impianti. La luce artificiale inadeguata, in genere sproporziona-

ta o non conforme, equivale sia

allo sperpero di risorse econo-

miche (200 milioni di euro l’an-

no soltanto in Italia) sia a gravi ricadute ambientali, risultando

stravolto il rapporto tra esseri viventi e ambiente. Molteplici, nel

dettaglio, le conseguenze. A causa della percezione distorta dello

spazio, alcuni animali perdono l’orientamento. Altri, soprattutto

specie notturne, per l’eccesso di luce nelle grandi città rischiano

l’estinzione. Non va meglio alle piante: la fotosintesi clorofilliana

è distorta. Non mancano effetti nocivi sulla salute umana: l’illu-

minazione incide sulla produzione di melatonina, collegata allo

sviluppo dei tumori; inoltre ha riflessi psichici, collegati ai disturbi

del sonno, mentre diversi studi attestano un’incidenza nella mio-

pia dei bambini.

“La luce artificiale inadeguata, in genere sproporzionata o non conforme, equivale sia allo sperpero di risorse economiche (200 milioni di euro l’anno soltanto in Italia) sia a gravi rica-dute ambientali, risultando stravolto il rapporto tra esseri viventi e ambiente”

Page 48: Piameta Terra - aprile 2010

48

Tra le conseguenze sociali, l’attenzione si sofferma sulla sicurezza

stradale e sui danni alla componente paesaggistica, con impli-

cazioni culturali e turistiche. Sul fronte economico, si registra la

necessità di inviare satelliti per uso scientifico nello spazio al fine

di oltrepassare la fascia d’inquinamento visivo.

Alcuni, infine, richiamano le ricadute spirituali e culturali: il cie-

lo stellato è da sempre fonte di ispirazione. Cioè, se gli antichi

vedevano a 360 gradi, noi abbiamo

visuali sempre più ridotte. E la mag-

gior parte

degli studen-

ti conosce le

costellazioni

solo attra-

verso libri e

computer.

Significativo ciò che è successo a

Los Angeles durante un black-out

elettrico totale: la “novità” del cielo

stellato, che molti non avevano mai

visto in città, ha fatto pensare ad

effetti speciali hollywoodiani. Così

i centralini delle forze dell’ordine

sono stati subissati da cittadini che

chiedevano spiegazioni su quello

“strano” spettacolo in cielo.

Insomma, l’inquinamento luminoso

non è una faccenda per soli astro-

nomi. Investe tutti. Anche se il pri-

mo importante studio sulla materia

ha la firma proprio di tre scienziati

della Specola Vaticana, Bertiau, De

Graeve e Treanor: nell’estate del

1971 hanno disegnato la mappa

italiana dell’inquinamento lumino-

so grazie ad uno speciale fotometro.

In sostanza, hanno trovato un mo-

dello per determinare la brillanza

del cielo. Da allora, nel nostro Pa-

ese, l’illuminazione ogni dieci anni

raddoppia, le città registrano conti-

nui peggioramenti e l’unica buona

notizia è che Sardegna e Basilicata conservano le aree buie più

estese. Ma chissà ancora per quanto.

L’attenzione al problema è quindi relativamente recente, conse-

guente allo sviluppo dei consumi e delle nuove tecnologie. Ne-

gli Stati Uniti, fortemente investiti dall’inquinamento

luminoso (un cittadino americano consuma in media

quattro volte in più dell’energia di un italiano), le

prime pubblicazioni circostanziate risalgono alla fine

degli anni settanta. Ma gli studi, oltre a mettere sotto

accusa l’illuminazione pubblica, hanno interessato anche aspetti

meno prevedibili. E’ il caso delle lampare nei mari, spesso in azio-

“Sul fronte econo-mico, si registra la necessità di inviare

satelliti per uso scien-tifico nello spazio al

fine di oltrepassare la fascia d’inquinamen-

to visivo”

Page 49: Piameta Terra - aprile 2010

49

ne a migliaia. O degli incendi di gas dei pozzi petroliferi. O ancora

degli immensi roghi di foreste per conquistare nuove terre alle

coltivazioni. Fenomeni puntualmente registrati dai satelliti come

fonti di inquinamento visivo. Contro tale degenerazione, la sensi-

bilità collettiva ha registrato tappe significative. Già nei primi anni

ottanta, le organizzazioni astronomiche internazionali hanno lan-

ciato l’allarme, seguite dalle associazioni ambientaliste. Nel 1989

l’Unione astrofili italiani ha fondato la Commissione nazionale

inquinamento luminoso. Negli anni novanta sono

apparsi i primi volumi: Pierantonio Cinzano, Carlo

Rossi, l’Istituto di scienza e tecnologia dell’inqui-

namento luminoso di Venezia e la Società

astronomica italiana hanno promosso diverse pubblica-

zioni sull’argomento, mentre, nel 2001, l’Istituto di

scienza e tecnologia dell’inquinamento lumino-

so ha firmato il “Rapporto su stato del cielo

notturno e inquinamento luminoso in Ita-

lia”, raccolta di dati scientifici basati su

misure da satellite e da terra. Nel

2009 l’avvocato cassazionista

Mario Di Sora, da sempre

appassionato di astro-

nomia (nel 1981 ha fondato l’Associazione astronomica frusina-

te), ha pubblicato con Gremese “L’inquinamento luminoso”, oltre

200 pagine con prefazione di Margherita Hack.

Oggi gli incontri per approfondire la materia sono

continui. Nelle scorse settimane, nel giro di meno

di un mese, ha avuto luogo una manifestazione

sulla “Buiometria partecipativa” a Roccastrada, in

Toscana; il workshop “Nuova luce per la città” pres-

so il Comune di Monselice, in Veneto; una giornata

sull’inquinamento luminoso a Como, promossa da

Arpa Lombardia. Inoltre, presso il rifugio Bazena

Passo Crocedomini (Brescia), è stata installata la

prima stazione di monitoraggio della brillanza del

cielo. Fornisce una stima attendibile di come stia

evolvendo la situazione dell’inquinamento lumino-

so in un raggio di 200 chilometri.

La crescente sensibilizzazione pubblica al problema

ha determinato anche una crescente produzione

normativa. Spiega Francesco Carlucci del Gruppo

astrofili pescaresi: “Si va dal Codice della strada,

il cui articolo 23, ad esempio, vieta la collocazione

di insegne luminose o rifrangenti che possono in-

generare confusione con la segnaletica stradale, o

comunque arrecare disturbo, norma fondamentale

per l’emissione di ordinanze di spegnimento di fari fissi o roteanti

orientati verso l’alto, all’articolo 884 del Codice civile, che vieta

immissioni non tollerabili: in base a questo articolo l’osservatorio

astronomico di Asiago è riuscito a far spegnere il faro roteante di

una discoteca che ne disturbava l’attività. Poi c’è la legge nazio-

nale 9 gennaio 1991 sul piano energetico nazionale che obbliga,

nella realizzazione di impianti, all’ottimizzazione dei consumi”.

Tuttavia, nonostante le numerose proposte, manca una legge

nazionale in materia. Per cui risultano basilari le leggi regionali,

per quanto spesso male applicate. La prima è quella del Veneto,

promulgata nel 1997 (adeguata nel 2009), cui ha fatto seguito

la Valle d’Aosta nel 1998. A seguire quelle di Piemonte, Lombar-

dia, Toscana e Lazio, tutte del 2000. Poi Marche (2002), Emilia-

Romagna (2003), Umbria, Abruzzo e Puglia (2005), Friuli-Venezia

Giulia (2007). L’ultima, nel 2010, quella del Molise. Da registrare

il coinvolgimento diretto della società civile nell’elaborazione dei

“nonostante le numerose proposte, manca una legge nazionale in materia. Per cui risultano basilari le leggi regionali, per quanto spesso male applicate. La prima è quella del Veneto, promulgata nel 1997 (adeguata nel 2009), cui ha fatto seguito la Valle d’Aosta nel 1998”

Page 50: Piameta Terra - aprile 2010

50

provvedimenti normativi: se in Piemonte la legge è frutto dell’ap-

porto delle associazioni ambientaliste, in Toscana del coordina-

mento delle associazioni astrofile e nel Lazio dell’International

Dark Sky Italia, in altre regioni – dalla Lombardia al Molise – è

fondamentale il contributo dell’associazione Cielobuio, oggi pri-

mario punto di riferimen-

to nella lotta all’inquina-

mento luminoso. Nata nel

1997 proprio per suppor-

tare l’approvazione della

legge regionale della Lombardia, ha visto assegnare il proprio

nome dall’International Astronomical Union - quale riconosci-

mento per l’impegno nella salvaguardia del cielo notturno - al

pianetino 13777, scoperto nel 1998. Le leggi regionali, sempre

più affiancate da regolamenti comunali, mirano ad ottimizzare

l’illuminazione. Evitando, ad esempio, che la luce si disperda fuori

della zona che dovrebbe illuminare (prevenendo, in sostanza, la

“sovrailluminazione”); limitando la dispersione luminosa verso

l’alto (le sorgenti illuminanti devono diffondere i raggi luminosi

in maniera soffusa, cioè “a raso” dall’alto verso il basso); subordi-

nando l’illuminazione agli orari, ai riduttori di flusso e a tecniche

di telecontrollo; favorendo l’utilizzo di apparecchiature schermate

e lampade ad alta efficienza, ad esempio al sodio; creando figure

professionali specializzate, abilitate alla realizzazione dei progetti

e all’adozione, da parte dei Comuni, di piani dell’illuminazione.

Un ruolo importante per l’illuminotecnica sostenibile è svolto

dalle organizzazioni di produttori di apparecchi di illuminazio-

ne (l’Assil, ad esempio, ha sottoscritto nel 2006 un importante

protocollo) e dai fornitori di energia elettrica, nel solco tracciato

proprio da norme sempre più rigide. Chi sbaglia, insomma, rischia

grosso. Ne sa qualcosa un architetto di una cittadina friulana,

direttore dei lavori dell’area adiacente ad un’ex scuola. Nel rea-

lizzare l’impianto di illuminazione, non ha tenuto conto della leg-

ge regionale 15 del 2007 per il contenimento dell’inquinamento

luminoso. Risultato: multa da 2.500 euro. Ora, probabilmente, lo

troveremo in qualche convegno per approfondire la materia.

“Le leggi regionali, sempre più affiancate da regolamenti comunali, mirano ad ottimizzare l’illuminazio-

ne. Evitando, ad esempio, che la luce si disperda fuori della zona che

dovrebbe illuminare”

Page 51: Piameta Terra - aprile 2010

L’Europa possiede una fonte di energia che potrebbe consentirgli di pro-

durre una quantità di energia elettrica sette volte superiore ai suoi consumi:

l’Energia del Vento.

Le aziende Europee sono leaders mondiali nella produzione di energia eolica,

creando così ogni anno migliaia di posti di lavoro.

L’Energia del Vento, riduce la dipendenza e i costi dell’importazione di com-

bustibili fossili, rende stabile il prezzo dell’energia e l’emissione di Co2.

Nel corso dei prossimi 12 anni, l’Europa deve costruire un nuovo potenziale

energetico, pari alla metà del totale attuale.

Dobbiamo sfruttare questa opportunità per costruire un moderno sistema di

produzione energetica che si adegui alle sfi de del XXI secolo

Regala all’Europa una boccata d’aria pulita aderendo alla campagna “adot-

ta una turbina eolica sul sito www.ewea.org/freshair

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Page 52: Piameta Terra - aprile 2010