Perle di Psicoanalisi 2014

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SIPARIO Perle di psicoanalisi - 2014

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Raccolta degli articoli pubblicati su Sipario dalla Dott.ssa Maria Rita Ferri

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SIPARIO

NOTE PSICOANALITICHE sulle radici inconsce del maltrattamento Dott.ssa Maria Rita FerriPsicoterapeuta ad orientamento psicoanalitico

Alle origini della vita, per il bambino il sensostesso della vita è dato dall’essere con l’og-getto materno, come sottolinea Bollas, ma

ancor prima è di essere uno con l’oggetto. La sepa-razione precoce da esso o percepirne una distanzaemotiva, è strappo disperante, perché il piccoloancora non ha costruito una mente per pensare ipensieri e dunque il mondo, e contenere il dolore.In età adulta il ripetersi dell’esperienza di perditadell’illusione di essere uno con un nuovo oggettod’amore rievoca, nella personalità narcisistica,l’antico trauma vissuto e non pensato.Rivivere memorie in cui il soggetto era in relazionecon un oggetto materno che lo abbandonò e morì,perchè non più desiderante e quindi vivo, è esseredavanti alla propria morte. Ciò determina una regressione alle origini dellavita psichica, a quando nel Sé l’Istinto di vita el’Istinto di morte erano ancora disgiunti. Si liberacosì, nella vita adulta, l’odio (Istinto di morte), peril nuovo oggetto d’amore che, allontanandosi, glidà nuovamente la morte psichica. L’odio così diviene trionfo dell’Io sull’Oggetto, odioche nega la dipendenza psichica da esso e divieneper il soggetto immaturo l’unica forma di noncadere in frantumi…

CINEMA e PSICHIATRIATI DO I MIEI OCCHI

L'AquilaAuditorium E. Sericchi Carispaq, via Pescara (Strinella88)mercoledì 13 novembre - ore 17,30

origine: Spagna 2003regia: Iciar Bollaininterpreti: L. Marull (Pilar), L. Tosar (Antonio), C. Pena(Ana), R. Sarda (Aurora), K. Manver (Rosa). sceneggia-ture: I. Bollain, A. Luca.tema: maltrattamento e violenza sulla donna.

Presenteranno il film la dott.ssa Ferri e la dott.ssa Dufrusine.

Sarà presente anche la giornalista Adriana Panitteri.

Perché una donna resta per dieci anni con unuomo fisicamente e psicologicamente violento?A Toledo la bella Pilar, spinta dalla paura, fugge

da casa e dal marito Antonio col figlio Juan, rifu-giandosi dalla sorella, ma qualche tempo dopo,ancora innamorata e fiduciosa nelle sue promesse diravvedimento, ritorna dal marito. Il secondo distaccosarà definitivo. Scritto con Alicia Luna, il 3° lungome-traggio dell'attrice madrilena Bollaín affronta il temadella violenza domestica sulle donne, riuscendo asubordinare i suoi espliciti intenti didattici alla com-plessità di un dolorante rapporto umano, a unammirevole scavo psicologico dei personaggi. 7premi Goya, gli Oscar spagnoli, e la Concha dePlata del Festival di San Sebastian ai due interpreti

principali: Marull, fragile e forte con uno splendoreche le viene dall'interno, e il sobrio, intenso Tosar cheanalizza, sfaccettandole, le contraddizioni del suodifficile personaggio.

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personale esperienza patrimonio condivisibile e culturadella comunità vivente.A tale scopo, l’Associazione si propone di realizzare unciclo di quattro seminari a orientamento psicoanaliticodal titolo “Al di là del trauma. Ricostruendo i legami”.Scopo dell’iniziativa è quello di favorire l’incontro tra ilpatrimonio culturale della città di L’Aquila e la cultura psi-coanalitica. I seminari si configurano come spazio diinformazione, formazione e discussione sulle tematicheconnesse all’elaborazione del trauma nell’infanzia, nel-l’adolescenza, nell’età adulta e nei soggetti e nella comu-nità che hanno vissuto il terremoto, nonché sulle risorseche ciascuno può attivare per far fronte all’esperienzatraumatica.

Il ciclo di seminari è stato reso possibile dall’interesse delCentro Danza MUD e di alcune ditte preposte alla rico-struzione della città: Opera Costruzioni srl, O & B, Garc,Modus Services e Savini Group. L’interessamento per iseminari di queste società di costruzione rende immedia-tamente visibile il legame fra la ricostruzione concreta deiluoghi e quella della psiche e della comunità dei cittadiniche vi abitano. È stato ottenuto il patrocinio del Comune di L’Aquila,della ASL 01 di Avezzano Sulmona L’Aquila e dell’Ordinedegli Psicologi della Regione Abruzzo.

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AL DI LÀ DEL TRAUMA.Ricostruendo i legami.Ciclo ddi sseminari aad oorientamento ppsicoanalitico

5 ottobre / 30 novembre 2013-10-08Palazzetto dei Nobili - L'Aquilainfo: 349.0517408 - 347.1303497

Il sisma del 2009 ha lasciato dietro di sé unascia di distruzione non solo materiale, maanche sociale ed interna ad ogni individuo. Albisogno di ricostruzione concreto della città,quindi, si affianca un non minore bisogno diprofonda ricostruzione individuale e gruppale.

L’Associazione ‘Chorós- Spazio Psiche L’Aquila’ è natacome modalità di risposta a un bisogno così profon-damente riparativo: non ha scopo di lucro e svolge

attività di utilità sociale promuovendo e sostenendo inizia-tive nell’area clinico-psicologica e psicoanalitica atte afavorire e tutelare il benessere psicologico della personanel ciclo di vita e della collettività, attraverso attività diricerca, informazione, formazione e intervento. In partico-lare, l’Associazione nasce dall’intento di sviluppare unpensiero, o meglio il pensiero psicoanalitico nel territorio,come chiave di lettura che disveli i significati più profondie inconsci della ricca vita interiore di ciascuno. Si pro-muove in tal modo un sentire e un pensare più sensibilee profondo che consente di comprendere (cum-prehen-dere) le dissonanze e le contraddizioni dell’esistere eorientare la vita nei giorni. Solo la riflessione e la narra-zione gli uni agli altri degli accadimenti rende la propria

Iquattro seminari si svolgeranno presso il Palazzettodei Nobili nei giorni del 5 e 19 ottobre e nei giorni 16e 30 novembre 2013; l’ingresso sarà libero e gratui-

to, aperto a studenti ed esperti del settore, ma soprat-tutto ai cittadini aquilani interessati.Ogni seminario prevede la partecipazione di uno o piùesperti in materia: alla descrizione teorica dei fenomeniconnessi al trauma, farà seguito la discussione di uncaso clinico, nonché la libera riflessione da parte del-l’uditorio.

5 OOTTOBRE: Quando mancano le parole. Generativita'e distruttivita' del trauma, a cura della Dott.ssa M. Fraire(Psicoanalista Didatta SPI) – Trame interrotte e fili sotter-ranei. Le dimensioni transgenerazionali del trauma, acura della Dott.ssa C. Matteini (Psicologa CandidataSPI)

19 OOTTOBRE: I volti del trauma in adolescenza. Il con-trollo anaffettivo, a cura del Prof. L.Cappelli (Psichiatra-Psicoanalista Didatta SPI) – Il Trauma della separazione,a cura della Dott.ssa V. Nanni (Psicologa-Psicoterapeuta)

16 NNOVEMBRE: Il trauma nell’infanzia, a cura dellaDott.ssa A. Costis (Psicoanalista SPI, Didatta dell’i-WIstituto Winnicott)

30 NNOVEMBRE: Legami psichici in strutture in crisi.Pensare il sisma: una lettura psicoanalitica, a cura dellaDott.ssa M. R. Ferri (Psicoterapeuta ad orientamentopsicoanalitico) – Il Servizio: una mente che non cade,ma raccoglie soggetti dispersi in un progetto di speran-za, a cura della Dott.ssa M. M. Dufrusine (Psicologa,Psicoterapeuta, Psicologo Dirigente C.S.M. Asl 1Avezzano-Sulmona-L’Aquila)

I QUATTRO SEMINARI

Quale la dinamica inconscia che sottende la violenza e quale i suoi significati più profondi?All’origine della vita l’Io del piccolo non puòpercepire la separazione dalla madre, prima diaver integrato dentro di sé le immagini delmondo, il proprio amore ed odio e sentirsiquindi vivo dentro un confine psichico che locontiene e lo ripara.

E’in tale confine che egli potrà sognare-pensare ilmondo, sentire che gli oggetti sono esterni al Sée creare legami d’amore con essi. Egli accedecosì ad una dimensione psichica di separatezzadall’oggetto, in cui lo può pensare, ricordare,

attenderne il ritorno e non temerne l’assenza. Se l’illusione è interrotta precocemente, dicevamo, o la psi-che della madre è abitata da un dolore che la sottrae dal-l’essere affettivamente uno con il piccolo, le cure maternenon potranno formare del tutto il mondo interiore del bam-bino e favorire in lui il buon impasto pulsionale, ovvero l’in-tegrazione dell’amore e dell’odio, l’Istinto di Vita e l’Istinto diMorte. Tali pulsioni saranno sempre debolmente legate traloro e con il ritorno nella vita adulta di un’esperienza cosìtraumatica perché così precoce (sentire l’oggetto amatoseparato da sé) che rievoca la fine della fusione e il senti-mento della madre assente o della madre morta, tali pulsio-ni, l’amore e l’odio, tornano a scindersi di nuovo. E’ così che l’odio non trova nella capacità di amare ciò chelo potrà lenire e mitigare, ma sciogliendosi del tutto dalle

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immagini amate impedirà al pensiero di contenerlo, abbat-tendosi sul mondo. L’illusione di ritrovamento dell’anticafusione si accende nell’incontro adulto d’amore. Chi, comeAntonio, dovette rinunciarvi troppo immaturamente, nonaccetterà di perderla ancora.Con Pilàr Antonio rivive l’antico trauma, il dissolversi del-l’oggetto prima che egli fosse maturo, il fading, (espressio-ne evocativa che “indica il momento in cui l’innamoratosente venir meno il desiderio nell’oggetto del suoamore…uno svuotamento, uno svanire…” R.Barthes,Frammenti di un discorso amoroso, in G.Civitarese), nelsentirne la crescita della soggettività, l’individuarsi di Pilàr,come separazione da sé e abbandono della fusione (“…èdiversa, diversa…” dice Antonio disperato parlando di lei alterapeuta).Il suo odio si scinde dalla capacità di amare e si abbatte cosìsull’oggetto amato che, poiché afferma di essere esterno,cioè afferma la propria individualità, è scomparso comeoggetto buono, perduto alle origini e ritrovato nella vitaadulta, oggetto buono che dà la vita (“senza te non possovivere” afferma più volte A. a Pilàr) ed è divenuto, agli occhidi Antonio, un oggetto crudele e cattivo, morto, perché nonpiù desiderante, e che dà la morte, come l’antica madre cheprecocemente svanì. L’odio è quindi una forma inconscia di negazione e annulla-mento magico della dipendenza dall’oggetto, e quindi dellasua perdita, attraverso il suo opposto: il disprezzo ed il trionfomaniacale e crudele su di esso. La necessità di negare la dipen-denza nasce dal bisogno di annullare il dolore che ne derivò. Come risposta alla morte psichica, l’odio diviene la difesaestrema dall’andare in frantumi, in seguito all’assenzadell’Altro percepito come oggetto-sé, ovvero come estensio-ne del soggetto. L’agito maltrattante rappresenta anche una disperata richie-sta di integrazione con l’oggetto, che esso torni ad essereparte di sé.Ma ad un livello più profondo tale agito è un tentativo magicoe fatale di ridare vita ad un oggetto morto, attraverso l’urto. In Antonio l’antico e rinnovato dolore psichico della separa-zione dalla madre, non pensabile poiché l’agire ha sostitui-to in lui il pensare, viene inferto sull’Altro come dolore fisico. Possiamo dire che egli ripete il trauma inconscio delle origi-ni capovolgendolo (non è più lui la vittima, ma l’Altro) eidentificandosi con la madre morta che dà la morte, comein Pshyco di A. Hitchcock. Il sentimento della rabbia, dell’odio, inoltre, ha la funzioneinconscia di dare compattezza alla soggettività lacunare, èun tentativo di riparare la discontinuità dell’Io, rivelata dallaperdita dell’oggetto-Sé adulto. Era l’oggetto, Pilàr, infatti,

COMMENTO PSICOANALITICODEL FILM PROIETTATO IL 13 NOVEMBRE ALL'AQUILA PRESSOL'AUDITORIUM E. SERICCHI - CARISPAQ, NELL'AMBITO DELLA RASSEGNACINEMA E PSICHIATRIA

Dott.ssa Maria Rita FerriPsicoterapeuta ad orientamento psicoanalitico

che prima di allontanarsi, ovvero diversificarsi da lui, riem-piva il vuoto psichico di Antonio, completava il suo Io, comevero oggetto Sé, donando a lui la propria soggettività.Senza di lei egli è pervaso dall’angoscia profonda che sot-tende l’agito maltrattante: il separarsi dall’oggetto d’amore,vissuto come essere lacerati e strappati dal corpo dellamadre. L’odio di Antonio vuole distruggere in Pilàr la cattiva madredelle origini, che gli dava la morte psichica, allontanandosiprecocemente da lui, egli vuole uccidere, colpendo lei, lapropria dipendenza dal “…corpo della madre, sentito comeciò cui si apparteneva prima di esistere” (G.Civitarese),come terra che precedeva l’Io e il simbolico, il linguaggio ela soggettività separata.L’oggetto assente (che tace, o si assenta mentalmente, o nonguarda o si diversifica, Pilar che trova lavoro, o si allontana,pensa di andare a Madrid) non è mai, nella mente paranoi-de, percepito come assente perché vorrebbe dire percepirlocome morto (ricordiamo il sentimento del dissolversi dell’og-getto o fading in R. Barthes). Esso viene percepito come cat-tivo, che dà dolore e tradisce. Nel pensarlo ostile e persecu-torio (“mi vuoi provocare” grida Antonio a Pilar) il protago-nista trova un modo per continuare a sentirlo vivo.E poiché non può pensarla, ma solo percepirla debolmentee sensorialmente, Pilàr non è mai del tutto sua, lui non lapossiede internamente. Perché possiamo affermare questo?Perché il pensare nasce dalla capacità di tollerare-percepireche l’oggetto è esterno a sé, perdere la fusione con esso eaccettare la separazione per generare, in sua assenza e asuo ricordo, un’immagine affettiva, un pensiero, che vivadentro la psiche. Tale immagine è l’oggetto-sentimento diA.Racabulto.Coltivando e avendo cura dell’immagine interna dell’ogget-to amato troviamo consolazione e contenimento al dolorequando esso è assente e tolleriamo l’attesa del ritorno.Antonio non può farlo perché non ha potuto sviluppare, nontollerando il pensiero della separazione, un’immagine inter-na di lei. Per questo non la possiede, perchè non può accet-tarne l’assenza.Nella scena in cui i suoi partners di terapia, inoltre, che rap-presentano simbolicamente la sua immagine speculareduplicata nello spazio, non riescono nel gioco dei ruoli, sievidenzia che tale difficoltà nasce dal fatto che per tutti lorol’oggetto non è interiorizzato, ma è vivo solo nella realtàesterna, quindi, non potendo percepirlo esternamente per-ché assente in quel momento, non riescono a trovarlo den-tro di sé per riprodurlo o ricrearlo.Per tali motivi, dunque, lei non è del tutto sua, e poichè nonvive internamente a lui, ma solo nella realtà percepibile, puòsempre perderla. Esiste solo all’esterno, e se la perde all’esterno è del tutto eper sempre. Poiché non può ritrovarla internamente o ricre-arla nel suo mondo interno la può solo controllare e non“perderla di vista”come ricorda J.B. Pontalis perché nel suomodo di essere al mondo, la perdita della percezione del-l’oggetto coincide con la sua perdita reale. Se lui, infatti, nonla vede o non sente la sua voce, quando Pilàr non rispondeal telefono o non conosce i suoi pensieri, quando Pilàr tace,è come se lei fosse svanita, morta o perduta per sempre.Perdere lei è per Antonio perdere il suo oggetto-Sé (Kohut) ela propria integrità psichica che si formava dall’illusoria inte-grazione fusionale con lei.Per questo è del tutto sincero quando, nelle scene finali, di

fronte alla scelta di Pilar di lasciarlo, lui grida: “senza di tenon vivo, se mi lasci mi ammazzo, se te ne vai mi suicido”.Solo alcuni cenni sul mondo inconscio di Pilar. Anche lei,anche se in forma molto più lieve, non ha potuto ultimare lo

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Aperto a Pranzo e Cena

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Viale Corrado IV, snc - 67100 L’Aquila

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slegamento psichico dalla madre. In Pilar, infatti, il ripeterela storia della madre rappresenta un modo inconscio diristabilire la continuità interrotta attraverso un’identificazioneprimitiva con lei: essere come l’oggetto, ripetere le sue dina-miche affettive di coppia, è un modo inconscio di essere conl’oggetto, con una madre che non si fa raggiungere.Il suo bisogno profondo di appartenenza le fa scambiare peramore la dipendenza di Antonio, che riflette, in parte, la sua.Ci troviamo, inoltre, di fronte a una “coazione a ripetere” trale generazioni, ovvero ad un ripetersi transgenerazionaledel trauma del maltrattamento. Pilàr si trova infatti, conAntonio, a rivivere il dramma della madre, inalterato, “ilperpetuo ritorno dell’uguale”(S.Freud, Il Perturbante,1919).Forse inoltre Pilàr può accettare di essere picchiata per ucci-dere, attraverso di lui e in se stessa, un antico oggetto mater-no morto perché assente emotivamente (come la madresembra essere ancora), interiorizzato e che la deprime.L’esistenza in lei di un oggetto materno morto, ovvero ladepressione stessa della madre che Pilàr ha fatto sua, è sug-gerita nel film dal paesaggio cimiteriale in cui sempre incontrala madre, una presenza della morte nell’ambiente esterno cheriflette l’esistenza psichica di una morte interiorizzata.Ma accettare l’agito maltrattante su se stessa è anche unatto d’amore inconscio verso la madre: assume su di sé,oggi la violenza subita nel passato dalla madre per salvar-la magicamente, prende su di sé la morte in sua vece, perridarle la vita.E poiché anche per lei “la madre arcaica è il prototipo diogni relazione intima successiva”, Pilàr dona, alla madreinconscia che ama in Antonio, i propri occhi, per poter esse-re vista una prima volta da lei e quindi esistere.

Ela città nasce sempre fra i campi, come forma di pen-siero della terra, o come un suo sogno. Si nutre diacque sotterranee e d’arte. E’ dunque il nostro carooggetto estetico, che sorge attorno ad un centro psi-

chico condiviso, e ci riflette intimamente. E’ il nostro purooggetto estetico, che chiede di essere pensato per vivere, edè fonte del nostro sentire più profondo (estetico, infatti, pro-viene etimologicamente dal greco aisthesis, sentimento edaisthetikos, sensibile, capace di sentire).La città non dimentica la terra: in alcuni dei suoi angoli le vieparlano ancora il linguaggio dei campi.E la nostra è una città che “si ascolta come un verso”, ci sus-surra P. Neruda.Mille città invisibili, inoltre, nei sogni di I. Calvino, vivono inun unico villaggio. Si svelano, a volte, solo a chi sa rianno-dare i ricordi inconsci.La città dunque è, nello spazio, un antico oggetto d’amoreritrovato e creato nelle forme d’arte.E pure nei nostri sogni più profondi ogni città proviene dalcielo, ha un suo doppio celeste da cui nasce. Si genera quin-di da una leggenda del cielo, il suo volto e le sue formeriflettono il volere dei venti e del sole.Nella rêverie (o pensiero sognante) di chi vi dimora il suo

destino è nel cielo. Per il soggetto che sogna essa è semprein contatto con il cielo, le sue forme sono rispecchiamento diun’architettura di stelle.Ogni città onirica, inoltre, narrano i sognatori di simboli, haal suo interno una forma quadrangolare, simbolo di stabili-tà, in opposizione alle forme rotonde, circolari, proprie delletende di chi è nomade. La stabilità dunque è la sostanza di ogni sogno di città…Lastabilità che culla e permette il sonno e il sostare, dove sifonda il pensiero e l’andare, già nell’etimologia rimanda aitemi dell’essere eretto, quindi saldo, stabile, in piedi ( dallaradice sscr. stha col senso originario di essere o renderfermo, saldo) e ai temi dalla risonanza affettiva dell’appog-gio e del sostegno che fortifica e rende saldi (dal lit. sthâ- va-ràs). Il senso di esistere, inoltre, di essere in vita, viene dal lega-me interno che inconsciamente tracciamo tra le rappresen-tazioni della realtà e le emozioni che essa ci suscita, ciò cipermette di essere sensibili al mondo. Noi, infatti, pensiamoraffigurandoci le cose del mondo e legandole ad un nostroaffetto: esse così significano per noi. E’ dall’intreccio poi diquesti legami interni che nel corso della vita si sviluppa unsentimento profondo di continuità di esistere nel paesaggioe di coerenza del Sé nel tempo.

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Tale continuità trova forma in un dialogo che fluisce conl’ambiente esterno, che ci accoglie in un abbraccio immagi-nale e comprende il nostro discorso vivente. La vita psichica,dunque, si fonda sul ritmo con cui svolgiamo la nostra con-tinuità con l’ambiente, con il paesaggio in cui i nostri viaggisolitari ogni giorno hanno inizio. Profondamente lacerante,dunque, in un evento tale, è il rivelarsi della fine della cittàcome fine dell’abbraccio strutturale che rende saldi, ovverodell’inconsistenza della sua promessa di stabilità.Noi scoprimmo così la nostra impermanenza e ci percepim-mo come non-più-in-vita. Il trauma del sisma è il rivelamen-to (o il non poter più negare) dell’impermanenza di sé e diciò che sognavamo come eterno e saldo. E’ la caduta, cioè,della promessa inconscia di immortalità in cui ha avuto radi-ci la nostra infanzia.E’ dunque l’impermanenza che apre la via al soggetto adessere “cosa”. Cessa il sentimento di essere vivi perché illegame tra emozioni e pensiero, tra mondo e sentire cadde.La nostra mente, difensivamente, rinunciò al sentire e diven-ne “cosa” tra le “cose”, avvolta da un’indifferenza esistenzia-le, rispecchiamento dell’indifferenza della natura, di fronteal dolore che questa creò. Restò, in noi, unica, una percezione antica di natura crude-le e indifferente, che fiorisce mentre si muore. Madre di pie-tra e non di carne.Percepire la natura non-viva è il crollo dell’illusione animisti-ca di essere amati dal mondo, che ci abbandonò ad unadesertificazione del naturale, 21come silenzio inumano.Ma la violenza del sisma è altresì svelamento che la culla,l’abbraccio ( che la casa significa), non era che mattoniassemblati.L’impulso di morte, non più lenito da eros, diviene cielo cheacceca e caduta infinita, notte non più abitata, notte che nondialoga, silenzio che ci colloca in un infinito “prima” di ognievento.Le zone della città, prima del sisma, erano luoghi esterni cherimandavano in noi a zone e possibilità di elaborazione psi-chica. Il crollo del paesaggio si configura quindi comeimpensabile, perché fa cadere, in noi, ogni elaborabilità. In

Ciò di cui vi parlerò segue le linee guida di una nar-razione inconscia, vi propongo una riflessione cheraccoglie, in una trama sensibile, le associazioniinconsce che la nostra mente stupita può aver segui-to prima e dopo l’aprile. Ciò che nel nostro inconscio ha avuto vita o pausa.Vi invito, quindi, ad ascoltare con quella parte dellavostra mente che accoglie i sogni.

PENSARE IL SISMA: UNA LETTURA PSICOANALITICAIl sisma, nell’inconscio, viene sempre dalcielo, un cielo che è abisso, un cielo checade. E’ la notte che fu, prima della vita.

Dott.ssa Maria Rita FerriPsicoterapeuta Psicoanalitico

tal senso la perdita, in ogni terremoto, è perdita senzaoggetto, riconduce ad un tempo prima del tempo, che pre-cede l’oggetto ed il pensiero. Perdita pura. Perdita del limi-te, del confine e quindi dello spazio. Ciò si riflette nella fissi-tà dei movimenti, che avevamo quella notte e in quei giorni,senza più spazio per andare. Ciò nasce anche dalla perditadefinitiva dell’illusione che fa vivere, del genitore onnipoten-te che salva, sempre e ovunque.Rimangono ombre che vagano,(così divenimmo), oggettiextra-vaganti (come ricorda S. Resnik in altri ambiti): perdu-ta la viabilità è perduta la meta ed il tempo. Rimase un lento muoversi circolare, espressione di un’immo-bilità interna, lento movimento che non lascia impronte, soloesterno, che parlava di un’improvvisa assenza emotiva (e-mòtus) interna, espressione del non-essere del-tutto-esisten-ti, sotto un sole anch’esso immobile sulla città. Un’andaturaquasi ferma avevamo, intorno a un centro perduto ed illuso-riamente ricreato da ciò che restava del movimento, movi-mento senza significato perché non più teso ad unirci ad unameta, ma che si costituiva, quella notte, come ultima formadel rimanere in vita, frange di una vita che tutti ci compren-deva. Il sisma infrange il tempo e, poiché è la morte, non è conte-nibile in un pensiero vivente. Non pensabile, resta un even-to, che non si fa esperienza. Inter-rompe il sogno che tienein vita e la capacità di pensare le percezioni sensoriali edemozionali e trasformarle in esperienza. Ciò fa sì che il ter-remoto, in quanto insignificabile (come evento a cui nonpoter dare senso), non possa essere “pensato” se non scin-dendo il fatto concreto, legato a leggi fisiche, dall’angosciadel cadere in pezzi. Pertanto, l’esperienza del sisma nontrova una vera elaborabilità: una parte di essa rimarrà scis-sa, nella psiche, come luogo di accoglimento di altri antichi“terremoti” affettivi patiti o non vivibili nel soggetto.Non essendo pensabile, né internalizzabile, se non comezona vuota, di assenza di simbolizzazione, si configuracome buio psichico, cecità psichica, luogo di “slegamento”,dove la rappresentazione, sciogliendosi dall’affetto, puòperdere il senso e tradursi in mera percezione. In quantoarea “vuota”, zona di “slegamento”, nell’elaborazione dei“terremoti” emotivi rimossi e lì riuniti, si configura cionondi-meno come apertura psichica all’ignoto, disponibilità aduna nuova nascita.Non internalizzabile, dunque, il sisma è sempre un evento emai un’esperienza, e come evento è sempre un evento ester-no al soggetto. In quanto tale interrompe spazio e tempo,non può essere oggetto di rimozione, non lo possiamocoprire di oblio, è sempre presente e sempre in arrivo.Rimane un “al di là” che proviene dal remoto, sede del desti-no. Proviene dal remoto e ad esso riconduce.Può essere scisso, ma non rimosso. (Lo possiamo allontana-re, ma non dimenticare).Se la città è la madre, il suo crollo è la morte di lei. Nella suascomparsa, e al suo posto, danza notturna la morte adattendere il soggetto-bambino. Fasi primitive della mente sono attivate in difesa della psi-che, nell’ultimo crollo, in attesa di un tempo di elaborazio-ne, dove toccare il dolore è il primo sole della rinascita.Per una comprensione più profonda di ciò che avvenne,possiamo pensare che se l’Io di ognuno nasce dalle identi-ficazioni inconsce con i suoi primi oggetti, cioè con le primecose del mondo che giunge a conoscere il legame con leforme ed il senso di ciò che esiste al di fuori di sé forma ilsuo mondo interno e quando le cose del mondo si cancella-no, l’Io sente di cancellarsi insieme ad esse. Viene menoquella continuità con il paesaggio che faceva sì che il sog-getto divenisse ogni giorno se stesso.

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L’insieme delle angosce primitive rinasce intatto dal crollodel mondo esterno che le tratteneva e del legame con essoche le elaborava.Quando gli scenari del mondo si infrangono, il pensieronon ha più il suo oggetto.Viene meno l’esperienza di essere pensati dal mondo. Nonresta che uno sguardo che ci attraversa senza più raffigurar-ci.Si è smarrita nel crollo la preghiera di chi desiderò che noifossimo vivi.Ma la cura dei sogni dei luoghi amati fa nascere nel nostroIo una città interna in cui riposare, che diviene via via l’or-ma per un paesaggio che ritrova il suo antico volto.Un’esperienza impossibile da pensare-sognare, come ilsisma, diviene, infatti, perdita antica di senso. Lo si può ritro-vare solo tornando a sognare.E’ così che una città perduta diviene città sognante, in atte-sa che un senso più profondo ci torni a trovare.E’ una mente bambina, in noi, che si assopisce nel doloreche, se non abbandonato, può riposare ed attendere il cielo.Se il sisma slegò i gesti con cui ci cerchiamo, con cui ciscambiamo il nostro modo di essere vivi, dal loro motivoprofondo, dal sentimento che in noi li genera, il sisma stes-so sciolse il senso di ciò che appare, ciò che si mostra alnostro sguardo, dalla vera essenza delle cose. Forma esostanza furono scisse. E’ così, dunque, che esso slegò ilsignificante dal significato, la notte dal sogno. Con il sisma un’intera città divenne un ricordo. E l’interospazio bianco che si aprì al suo posto sembra il paesaggiooriginario che precedette l’inizio della vita.Esso ricondusse il nostro sentire all’esperienza inconscia diessere pur vivi senza l’esistere.Solo l’ambiente vivo, infatti, nutre i pensieri e il linguaggiointimo del soggetto. Quando esso svanisce, il pensiero stes-so sembra lasciare la mente da cui nacque, sembra seguirel’improvvisa notte del vivere senza inconscio, ovvero in unluogo che cessa di esistere.Perchè possiamo dire questo?Che vivemmo da allora senza l’inconscio? Perchè il paesag-gio è il nostro inconscio, è lo spazio dove i sogni prendonoforma, dove nascono le nostre fantasie più profonde. E’ frai suoni del villaggio umano, infatti, immerso nelle cose delmondo, che nasce il nostro sentire, dove l’Io si nutre.Quando la realtà esterna si cancella, dunque, si cancellaanche il Sé.Una linea sottile nella psiche, tuttavia, separa l’Io dal perde-re il sentimento di essere vivo e lo fa rispondere ad un sognodi nascere ancora.L’antica promessa inconscia fatta a se stessi di vivere eterna-mente, infatti, torna ad essere l’unico segno che ha permes-so al nostro Io di tornare a pensare, e protegge il desideriodi essere vivi.Nel tempo sono le fantasie inconsce, ritrovate nel desideriodi vita, che permettono di pensare parte dell’esperienza delcrollo, per essere, così, psichicamente salvi.

(Fine prima parte. La seconda parte sul prossimo numero di Sipario)

Seconda Parte(la Prima parte sul numero 452 di Sipario)

Quando crollò il paesaggio, infatti, venne meno in noi ciòche lo rispecchiava: il luogo psichico, inconscio, in cui ripor-re i buoni oggetti interni, in cui pensarli, si distrusse così ognilegame, ogni accordo vivente, ignorando la preghiera di chici amò.Il sisma ricorda che la follia giunge sempre dall’esterno,come disimpasto pulsionale e trionfo di ogni istinto di morte.E’ chiusura ad ogni fantasma di senso, riproduzione di unafine preannunciata internamente nei meriggi di altri tempi.Come trovare chi ruppe il ritmo regolare dei giorni cheuniva l’alba alle stelle e respirava con noi?Quello che è sempre stato in noi paesaggio di desiderio sicancellò nei luoghi del solo bisogno, dove pulsioni indistin-te negano al simbolo la sua antica esistenza. Nella fragilitàdi pareti disgiunte, infatti, l’Io, dimora dei simboli, si rispec-chia e può cadere, al giungere del sisma. Poiché il sismaslegò l’abbraccio interno con il paesaggio fino a non sentir-ci più parte di esso, la perdita di senso che ne derivò fu per-dita senza fine. Chi riunirà di nuovo le nostre rappresenta-zioni disperse?Perdita di senso che si avvolse alla nostra stessa vita fino, avolte, a non essere più da noi internamente amata. Oggettodi un processo di designificazione, la vita stessa perse il suosenso più profondo.Chi, dunque, riunirà le nostre rappresentazioni disperse? Il sisma ci ricondusse d’un tratto dove ha origine il mondo,senza più cieli che proteggano il senso. E se ogni casa, con G. Bachelard, è un sogno di capanna,dove si perse la nostra più antica madre che ci avvolgeva inogni angolo di vita? E se anche il grano da allora, da quell’aprile, fiorisce sottoil cielo di un altro secolo, con i fiumi di G. Bachelard, comeritrovare il nostro Sé smarrito?Quando il sisma interruppe il nostro senso di esistere, unpensiero bianco come neve fu il nostro rifugio.Inconsciamente rinunciammo così al sentire.Fu quando la nostra terra rinunciò al suo esistere, infatti, chesvanimmo con lei, e ci fu chi tornò a vivere nei luoghi incon-sci in cui nascono i sogni.E se è vero, come ricorda sempre G. Bachelard, che gliuccelli dei sogni non muoiono, fu così che il nostro viveresensibile ebbe riparo. E’ anche vero che un pensiero che non tollera il crollo è trop-po duro per non cadere.

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Perle di Psicanalisi

Il trauma esterno del sisma, infatti, risveglia e rivela in noiantiche ferite interiori. In ognuno di noi, per così dire, viveun sentimento di infanzia senza fine, di infanzia immobile,dove dorme, a volte, un trauma affettivo muto, conosciutocome sentimento dolente, ma non ancora pensato, come un“sogno non sognato”, diremmo con T. H. Ogden.Ne resta, a ricordo, solo una sua rappresentazione immo-

bile dove tace l’emozione. Ne ricordiamo il fatto, ma nonl’emozione o il dolore che esso ci diede. Trauma affettivotaciuto a se stessi. Realtà troppo dura per essere pensata dauna sola mente, quando l’Altro e i suoi doni si fecero assen-za.Se non può essere pensato, è un dolore che giace nel corpo,forse, dove trova rifugio, negli organi assopiti cui non dà piùtregua. Diviene dunque dolore d’organo,ritorno al somati-co. Ogni somatizzazione, infatti, è memoria carnale di undolore psichico un giorno vissuto, ma non ancora narrato.Ciò che nel passato fu trauma bianco, cioè impensabile per-ché inumano per una mente sensibile, unendosi e confon-dendosi al sisma, diviene oggi sentimento di allarme, chesegue l’ombra dell’Io e non dà pace. “Paura di un crollo”psichico che fu (con D.D. Winnicott) eche, non riconosciuto allora, diviene nelle immagini incon-sce, ora, imminente aprirsi della terra. Attesa di una fine ilcui sapore è già conosciuto.Il sisma è ferita carnale, e riproduce così quel trauma affet-tivo e personale, lo assorbe e lo proietta nell’universo, lorende ora, davvero irrappresentabile al soggetto, perchéseparato dalle sue origini e travolto da un mare sconvolto.Il dolore diviene cosa. Il doppio sisma, quello personale equello esterno, è notte che non si può sublimare e cioè ela-borare, far passare dalla realtà sensibile a quella rappre-sentabile, senza un’Altro che lo pensi e lo senta con noi.Quando dei due, l’antico trauma affettivo diverrà narrabile,attraverso l’esperienza che cura, anche il sentimento delsisma si scioglierà in pianto.Troverà un luogo psichico dovegenerare immagini e nutrire il giorno.Con il tempo nuove trame mentali più leggere nascerannoin una comunità che sogna. Dalla polvere che un giorno fu

Ciò di cui vi parlerò segue le linee guida di una nar-razione inconscia, vi propongo una riflessione cheraccoglie, in una trama sensibile, le associazioniinconsce che la nostra mente stupita può aver segui-to prima e dopo l’aprile. Ciò che nel nostro inconscio ha avuto vita o pausa.Vi invito, quindi, ad ascoltare con quella parte dellavostra mente che accoglie i sogni.

PENSARE IL SISMA: UNA LETTURA PSICOANALITICAIl sisma, nell’inconscio, viene sempre dalcielo, un cielo che è abisso, un cielo checade. E’ la notte che fu, prima della vita.

Dott.ssa Maria Rita FerriPsicoterapeuta Psicoanalitico

strada un nuovo pensiero raggiungerà civiltà perdute dovehanno origine i pensieri. Nella capacità di raccogliere uto-pie per farne un tessuto mentale si giunge a dar luogoall’esperienza di essere nuovamente vivi. Ed è così che tor-neremo a darci del tu.Quale il significato inconscio della città, ovvero del paesag-gio da noi perduto?I luoghi amati hanno l’essenza dei veri oggetti trasformativi,di cui parla, altrove,C. Bollas, poiché riuniscono le fram-mentazioni del Sé che li percorre.Il paesaggio è, dunque, promessa di trasformazione del Sé,ma anche ricordo inconscio dei primi rapporti con la terra incui il soggetto e il mondo, come il Sé e il primo oggettod’amore, “sentono di accrescersi e darsi forma a vicenda”,con C. Bollas.I luoghi amati rendono, infatti, immortale la mente che lipensa.Favoriscono un processo d’integrazione interna tra emozio-ni e rappresentazioni, ridando vita a quella parte di sé, dinoi, che vive nel viaggio.Il paesaggio, per il viaggiatore che lo abita, è come disegna-to dal destino. Ogni aspetto della città è, inoltre, eco del nostro mondointeriore che trova in essa respiro per vivere. La sua memo-ria, dunque, è ricordo di un nostro vivere antico, quando lamente non rappresentava ancora il mondo, ma lo conosce-va profondamente nei sensi, è atmosfera interna di essere-con-la-madre, fra cortili e corolle…Ogni sguardo sul villaggio umano è uno sguardo su sé, èuna forma di déjà vu, dove le immagini non muoiono, masi legano in nuovi giochi con gli oggetti della vita, dove siraccoglie il disegno antico scritto nell’ontogenesi. La realtàpsichica di ogni singola città è nei suoni, nella luce che in leiabita e nei gusci che raccolgono il suo Sé.L’estetica del villaggio umano è, dunque, un sogno architet-tonico di chi visse per donarci luoghi da amare e dove ilnostro Sé può riconoscersi e sostare.E’ trasmissione grafica di un senso, di un modo di essere viviin altri secoli, che dialoga con il nostro essere più profondo. Vivere con il paesaggio è un’esperienza onirica, poiché essoè il teatro in cui il Sé incontra inconsciamente l’antica madre,dona alle strutture dell’Io un senso profondo, lo riannodaall’esistere ancestrale.Ma è l’essere profondamente con il paesaggio, è l’incontrocon l’Altro, che offre continuità all’esistere, così come segui-re con lo sguardo, in rêveries solitarie, i passaggi di lucesulle mura.Sognare il paesaggio arricchisce di senso i giorni e ci pro-tegge dall’ignoto e dalle forze che dissolvono il legame tra ipensieri inconsci. Noi sappiamo bene che la costanza diogni legame con il mondo dà continuità al nostro sentire.Essendo se stesso, dunque, il paesaggio ci riunisce intima-mente.L’apertura al discorso inconscio dei luoghi più cari rivela nelnostro mondo interno nicchie di esistenza impensate, e tra-sforma ogni strada in itinerari di senso. Ed ogni strada è l’in-scrizione inconscia del tempo nello spazio, perché disegnaun percorso, ci congiunge ad una meta.Tracciare una strada, infatti, è davvero inserire il tempo nellospazio, tracciare un ponte percorribile su una distanza tradue punti prima indistinti, include una meta e dunque il desi-derio di congiungerci ad essa. La strada nasce dal sentimen-to del tempo, si genera da un desiderio, ed è dunque l’inci-sione, nella terra, di una nostra profonda emozione. E’ la strada, infatti, che ci rende possibile pensare il cielo.Ed è per questo che possiamo dire con C. Castaneda che “lestrade hanno un cuore.”

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Nelle piazze, colme di cielo, anche la luce ci è cara.Ogni fontana, poi, è rêverie di acque nascenti, ogni incon-tro con l’Altro un primo, antico incontro.E i parchi, i giardini di città, sono i luoghi che nascono dallanostalgia degli dei e attendono il loro ritorno, nei sogni diDuccio Demetrio. La città ha, nell’inconscio, l’essenza di un vero oggetto evo-cativo, ricordo di “una ricorrente esperienza di essere”, pen-sando con C. Bollas, nella quiete psichica di essere conl’Altro.Il paesaggio, inoltre, suggerisce il pensiero, favorisce con isuoi disegni una tessitura di legami nella mente che integrasensazioni ed emozioni in un ramage che trattiene il sensodel vivere.Evoca nel mondo interiore l’incontro con parti impensate,aree di sogno si intrecciano in mappe di sentieri che, dive-nuti pensabili, possono incontrare il mondo.La città antica è il luogo dei sogni della sosta e del riparo.Una città che riposa, infatti, addolcisce il dolore.La sua estetica notturna, altresì, sollecita in noi il desiderio diviaggi più profondi, di incontri inconsci con aree inesplora-te e sotterranee, celate al giorno. Una città sotterranea,ogni notte, ci guida al centro della terra.Ci sono parole, infatti, che prendono vita solo nella notte etornano ad attenderci in quegli antichi luoghi.Gli stati d’animo che dimorano nel nostro Sé notturno siarricchiscono in una città che da sempre nasce nelle stelle.Ed è solo per chi è intimo della notte, come R. Frost, che sirinviene, con stupore, l’oggetto amato la cui ombra vivesempre nell’archetipo della notte.Possiamo infine aggiungere che il villaggio umano è unapausa nel mondo naturale, luogo quindi di incontro tra con-scio e inconscio, è il simbolo di un legame profondo con laterra, dell’umano con il naturale.Il sisma, dunque, è follia cosmica di un inconscio che ha

perduto l’Io che lo conteneva.E se la natura è madre, è anche inconscio, generoso mondodi pulsioni che l’Io coltiva e discerne articolandole e trasfor-mandole in viali di pensiero. L’uomo è quindi, in questo dia-logo immaginale con la natura, rappresentante dell’Iocosciente che raccoglie, dà forma e senso agli oggetti incon-sci naturali, trasformandoli in architettura di sogno. E’ in questo senso che il paesaggio urbano è l’incontro ed illegame profondo fra Conscio e Inconscio, tra l’Io e la MadreArchetipo che rende salda la vita rendendo sensibile lamateria ( lat. Mater- madre).Ritroviamo nelle linee costruttive di ogni città vivente il primopaesaggio che scorgemmo alle origini sul volto della madree che ci donò la terra.Ed è per tutto questo che in noi sappiamo bene che una cittàche rinasce è una madre che torna.

La vita di Marnie, giovane donna che agiscefurti presso grandi ditte in cui si fa assumeredi volta in volta, mutando identità e interpre-tando il ruolo di impiegata modello, è guidatainconsciamente da un vissuto traumaticorimosso in cui da bambina aveva colpito, ucci-dendo, un marinaio che aggrediva la madre,durante uno degli incontri sessuali che que-st’ultima conduceva per sopravvivere.

L’evento si era svolto di notte, durante un tempora-le, dopo che l’uomo si era avvicinato anche allabambina e la madre era intervenuta per difender-la. Nella collisione l’uomo feriva la madre nellagamba.

L’Io di Marnie rimuove il trauma, così come la madre man-tiene il segreto su quanto avvenuto: si sviluppa, quindi, nellapsiche di Marnie una patologia nevrotica costituita da fobiedi oggetti e condizioni legati al trauma (il colore rosso comeil sangue, i temporali, il mondo maschile), l’inibizione affet-tiva e la coazione al furto. L’incontro con Mark e con il suoamore riconduce alla coscienza gradualmente l’evento trau-matico, giungendo alla catarsi finale, sciogliendo i sintomi erendendo Marnie libera di amareLa macchina da presa, come usuale nella poetica diHitchcock., anche in questo film è in realtà rivolta costante-mente verso il mondo interno, volta a cogliere ciò che dioscuro e segreto nel profondo agita l’animo di ognuno: pro-tagonista e spettatore.

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Nelle scene iniziali non compare mai il volto della donna,ma in primo piano sono oggetti: la borsa, la valigia, ogget-ti nella valigia. Ciò può significare che protagoniste sono leforze inconsce, senza volto, che guidano l’agire.La macchina da presa si sofferma sull’immagine della bor-setta, in primo piano all’inizio del film, che trova un suo dop-pio nella valigia. La borsetta rappresenta, alla luce di ciò chela storia rivela, la femminilità minacciata e mutilata cheviene riempita di buone cose, preziose e di valore, come ariparare il danneggiamento.Dopo l’agito del primo furto, Marnie torna nella casa nata-le, per portare nuovi doni alla madre, dove dopo un dram-matico e inquietante colloquio che sancisce l’impossibilità diincontro emotivo con lei, tenta il riposo. Nel sonno appaio-no frammenti dell’incubo ricorrente, che replica la scena deltrauma nelle notti di Marnie: alcuni colpi alla porta, l’imma-gine della madre che viene a svegliarla per farla alzare e ilterrore che pervade il suo cuore. Sentendola gridare, lamadre, nella realtà, giunge a svegliare Marnie. In questascena la figura della madre si staglia nell’oscurità, quasiemergesse dal sogno stesso, silhouette dell’inquietudine cheestende il pathos del sogno di Marnie in una realtà che nonconosce ancora il risveglio della coscienza; il profilo dellamadre non illuminato e quindi non visibile, pone in primopiano i toni della voce; la sonorità senza volto (anche inlei, vedremo nel film,agisce una profonda inibizione incon-scia), privata di colore affettivo, è immagine- ombra inquie-tante dell’assenza del materno che culla il risveglio. “…E’sempre quando tu arrivi alla porta che comincia a fare fred-do…” mormora nel sogno Marnie, aggiungendo “non mifar muovere, fa troppo freddo, non allontanarmi”: nellasemantica del film la richiesta di Marnie è un’antica richiestalegata al trauma che, rimosso, riemerge confusamente nelsogno. E’possibile peraltro individuare nelle sue parole ladolorosa percezione di una madre-ambiente fredda, che,attraverso l’interiorizzazione, fa sì che l’ambiente internodella psiche di Marnie sia divenuto freddo (e tale si rivele-rà nella “freddezza” con cui cambia personalità e agisce ifurti o nell’ impossibile incontro d’amore con Mark), per l’as-senza del calore di un buon oggetto materno interiorizzato. La madre giunge a Marnie ad un tempo nel sogno e nellarealtà: congiunzione d’ immagini che perpetuano il vissutotraumatico estendendolo dal sogno al reale. Secondo un’ot-tica psicoanalitica che non vede nel sogno unicamente unariedizione oscura ed enigmatica del trauma (come ci sugge-risce Hitchcock.), possiamo ipotizzare che in esso si esprimail desiderio più profondo in Marnie: che l’allontanamentoemotivo della madre si rovesci nell’immagine in cui giungea bussare al cuore o alla vita della figlia, per tornare adalloggiarvi e a diffondere calore. La stessa immagine inclu-de il Sé di Marnie che “bussa” alla porta della madre, senzaaltra risposta che il battere del vento sulla finestra che sireplica nel rumore dei passi della madre mentre si allonta-na.: immagini sonore del battito del suo cuore atterrito.Ancora, l’immagine della madre nel sogno può rappresen-tare una parte “antica” e inconscia del Sé di Marnie che”bussa” alla coscienza, la cui unica risposta possibile, primadel processo di elaborazione, è l’angoscia.Nella scena del dialogo tentato tra le due donne Marnie nonriesce a toccare il cuore della madre. Quest’ultima, infatti,sembra aver proiettato aspetti ostili e distruttivi di sé nellafiglia, esitandone un allontanamento fisico (ricordiamoquando Marnie si appoggia teneramente sulla sua gamba elei la allontana con un gemito di dolore o quando le impe-disce di raccogliere le noci e riparare così il gesto aggressi-vo) e ancor più psicologico, scindendo e proiettando i buonioggetti interni del proprio Sé e della buona immagine inte-

Ciò di cui vi parlerò segue le linee guida di una nar-razione inconscia, vi propongo una riflessione cheraccoglie, in una trama sensibile, le associazioniinconsce che la nostra mente stupita può aver segui-to prima e dopo l’aprile. Ciò che nel nostro inconscio ha avuto vita o pausa.Vi invito, quindi, ad ascoltare con quella parte dellavostra mente che accoglie i sogni.

MARNIEdi Alfred Hitchcock: un femminile divisoCommento Psicoanalitico del film

Dott.ssa Maria Rita FerriPsicoterapeuta psicoanalitico, docentedella Scuola di specializzazione in Psicoterapia ad orientamentoAnalitico Atanor, in Diagnosi clinica e Personalità

riorizzata della figlia su Jessie, la bambina figlia di una vici-na di casa di cui ora la madre ha cura. Jessierappresenta.inconsciamente ad un tempo, per la psichedella madre, la piccola Marnie e la buona immagine di sé,unite in un sogno di innocenza integra e originaria.L’identificazione della madre con la figlia è sottolineata piùvolte sia dal colore dei capelli di Jessie, che la madre amapettinare, che unisce il colore dei capelli di Marnie e dellamadre in gioventù, ma più ancora dall’inibizione affettivadella protagonista verso il mondo del non-materno, chereplica la distanza emotiva della madre, come se in Marnievivesse un oggetto senza vita, fantasma depressivo cheprende forma dalla fusione del dolore rimosso nella psichedelle due donne.L’interazione tra madre e figlia rimanda all’impossibilitàdisperante di un riconoscimento dell’Altro, da parte dellamadre che, “accecata” inconsciamente dal trauma, avvolgela figlia di uno sguardo che la esclude, sguardo opaco che,perduto in un passato inelaborabile, attraversa l’oggettosenza riconoscere. Marnie, in ogni avvicinamento, ha visto itratti dell’immagine materna irrigidirsi al punto da nonpotervi scoprire i propri tratti.La mancanza del riconoscimento materno, a mio avviso,agisce come secondo trauma che, amplificando l’effetto delprimo, esita una scissione nevrotica nella personalità diMarnie configurantesi nella fioritura di un “falso Sé” adulto,adeguato e compiacente, e un “vero Sé” segreto e celatoalla coscienza, legato al mondo infantile e al sentire emoti-vo. Anche in questo senso è possibile rinvenire una potente

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identificazione con la madre: così come la madre allontanaMarnie, in lei anche il Sé diurno, o falso Sé, respinge oltre laregione della coscienza il mondo delle emozioni, inespressee inesprimibili. I due mondi psichici trovano congiunzionenel furto, inscritto in una sintomatica catena di “coazioni aripetere”. Nella narrazione i due piani di vita interiore si rin-corrono e si congiungono, sfuggendo il Sé diurno dall’in-contro con il vero Sé, volto antico e inascoltato della perso-nalità, ma rimanendo attonito e sgomento dall’improvvisoirrompere di elementi inconsci (colore rosso dei gladioli,gocce di sangue sulla camicetta, il sogno ricorrente, il tem-porale, il colore rosso sulla camicia del fantino) e dall’im-possibilità di trovare una risposta che riunifichi i due mondi. Nelle parole materne l’evento traumatico trova una possibi-le forma di esprimibilità come “disgrazia”, antica ferita psi-chica che si somatizza nel dolore nella gamba della madree nel sintomo di Marnie (coazione al furto, fobia del colorerosso e della tempesta). L’asse sintomatico mantiene unaconnessione madre-figlia nel ricordo inconscio del traumache le ha divise.La coazione a ripetere il furto ha senz’altro il significatoinconscio, per Marnie, di riprendere con sé la “buonamadre” e i suoi doni, (con Winnicott), punendo il potente eterrifico mondo maschile, ma ha inoltre il significato ancorapiù pregnante di tentativo disperato di guarire la relazionecon la madre, riparandone l’immagine danneggiata di cuisi sente oscuramente colpevole, e la propria distruttività:“…io non sono come gli altri esseri umani, so quello chesono” dirà a Mark. Il sentimento di colpa inconscio spinge-rà inoltre Marnie a tentare, attraverso il reiterarsi del furto,una possibile espiazione attraverso l’intervento di un’autori-tà esterna. Nell’acting-out del furto,infatti, proietta fuori di sèil mondo interiore, assumendo lei stessa il ruolo distruttivo ecausando l’inevitabile intervento di un Super-io esterno.Nelle scene in cui progetta il furto, Marnie guarda incanta-ta il movimento dei cassetti che si aprono, contenenti il codi-ce per l’apertura della cassaforte: nei suoi occhi è l’incantodel desiderio di aprire l’impermeabilità della madre egoderne i suoi doni, sorretto dalla fantasia inconscia di una“madre-cassaforte”, ricca di buoni oggetti da cui lei è esclu-sa, l’unica “cassaforte” che non può aprire.L’incontro con Mark Rutland segna l’inizio della trasforma-zione. Egli, impersonando una funzione contenitiva interna,analitica e materna, si inserisce come “terzo” strutturantenella dicotomia “Io –mondo pulsionale”, “vero e falso Sé”,“madre-figlia”, che lacera l’animo di Marnie. Gustosa è lacitazione di Hitchcock, che situa nello studio di Mark ogget-ti di arte pre-colombiana, come nella stanza di analisi diS.Freud e, più avanti, nella disposizione spaziale di Mark,sulla sedia, e di Marnie, sul letto (nella scena del”gioco”delle libere associazioni) che richiama la configurazione delsetting analitico.

Fine prima parte.La seconda parte sul prossimo numero di Sipario)

La vita di Marnie, giovane donna che agi-sce furti presso grandi ditte in cui si faassumere di volta in volta, mutandoidentità e interpretando il ruolo di impie-gata modello, è guidata inconsciamenteda un vissuto traumatico rimosso in cuida bambina aveva colpito, uccidendo, unmarinaio che aggrediva la madre, duran-te uno degli incontri sessuali che que-st’ultima conduceva per sopravvivere.

SECONDA PARTE(la prima parte sul numero 454 di Sipario)

Mark, nella sua mente, accoglie Marnie e il suoenigma, accogliendone il dolore e lo spaventoin un abbraccio sia fisico (già nella scena deltemporale) che mentale. La tempesta che giun-ge nello studio di Mark e che produce in Marnie

un’angoscia senza nome è l’eco di un movimento tempesto-so e pulsionale interiore che fa vacillare le fragili difese dell’Ioe chiede di essere compreso. “Tempesta”, dal latino “tempe-stas”, proviene etimologicamente dalla parola “tempus”,ovvero tempo, che ha la radice “tem” dal significato di taglia-re. E’ il tempo interno di Marnie, bloccato al momento deltrauma, che ha tagliato via la speranza e il legame, che hatagliato in due, o scisso, la vita interiore e il dialogo tra le

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Perle di Psicoanalisi

parti di sé, che trovano in Mark l’area transizionale in cuicoesistere. Nella mente di Mark,infatti, in un atto di compren-sione (da com-prendere, ovvero prendere con sé), alloggia-no le due Marnie e trovano gradualmente integrazione. Ciòpermetterà alla psiche di Marnie di trovarla in sé. Elementipsichici grezzi, spuri in Marnie, acquistano senso nella mentedi Mark, vi trovano uno spazio di pensabilità, sono così sot-tratti all’agire e consegnati al pensiero affettivo, che integra eripara i tagli psichici.Mark, inoltre, accoglie i timori di Marnie, cogliendo l’essen-za più profonda della sua delicata femminilità e la vita deisuoi due volti interni :“… conosco un fiore color corallo con ipetali bordati : è formato da mille piccoli insetti che si difen-dono così, assumendo una forma diversa “ le racconta Markin momento di intimità affettiva nelle scene del viaggio dinozze, cogliendo la fragilità del vero Sé come piccolo insettoche trova riparo nel falso Sé dalla forma impeccabile. Le per-mette così un’ esperienza di riconoscimento del vero Sé, cheda questo momento in poi trova accesso graduale allacoscienza. Egli, come vero “Io ausiliario”, la sostiene conamore mentre le porge prove di realtà (ricordiamo la scenain automobile in cui fa cadere le difese fabulatrici con cuiMarnie tenta di percorrere il mondo proteggendo dal contat-to con l’esterno minaccioso parti autentiche del Sé), inoltre sipone come filtro o intermediario tra la psiche di Marnie e ilmondo: restituisce il denaro da lei sottratto e riparando i suoirituali aggressivi ripara l’immagine danneggiata, attraverso ilfurto, della “cassaforte” come buon seno materno: simboli-camente rende possibile il desiderio di Marnie, la ricongiun-ge con gli oggetti amati (le riconduce il cavallo, presenza

Ciò di cui vi parlerò segue le linee guida di una nar-razione inconscia, vi propongo una riflessione cheraccoglie, in una trama sensibile, le associazioniinconsce che la nostra mente stupita può aver segui-to prima e dopo l’aprile. Ciò che nel nostro inconscio ha avuto vita o pausa.Vi invito, quindi, ad ascoltare con quella parte dellavostra mente che accoglie i sogni.

MARNIEdi Alfred Hitchcock: un femminile divisoCommento Psicoanalitico del film

Dott.ssa Maria Rita FerriPsicoterapeuta psicoanalitico, docentedella Scuola di specializzazione in Psicoterapia ad orientamentoAnalitico Atanor, in Diagnosi clinica e Personalità

affettiva e vitale nel mondo di Marnie). Mark inoltre, nei dia-loghi, ripercorre con lei le fasi del processo difensivo dal trau-ma, collegando ed interpretando frammenti del sentire e delricordo. Tale percorso corrisponde e rappresenta il processointeriore di mentalizzazione del trauma.Nella scena del gioco delle libere associazioni la mente diMark si pone esplicitamente come contenitore psichico in cuigli elementi frammentati della psiche di Marnie possono tro-vare ordine e senso, conducendola a far contatto diurno coni fantasmi interiori compressi nel colore rosso associativa-mente evocato e a cercare rifugio nella realtà affettiva(“Aiutami” grida Marnie a Mark, cercando rifugio nelle suebraccia) fin lì vissuta come minacciosa e pericolosa: ora per-cepisce che il pericolo proviene dall’interno, diminuirà ilricorso a difese proiettive, l’immagine del femminile distrutti-vo diviene esterno al Sé (riconosce le insidie di Linda, cogna-ta di Mark che aspira al suo amore e per gelosia tenta di ven-dicarsi di Marnie, facendola incontrare pubblicamente conStrutt, prima vittima dei furti, perchè la riconosca) ed il suo Ione emergerà rafforzato: può affrontare una prima prova direaltà (incontro con Strutt). Nella scena in cui Mark e Marniecercano insieme una soluzione al disvelamento operato daStrutt è interessante notare come il movimento di lei nello

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spazio accompagni il corso dei pensieri di Mark, quasi adindicare che pensiero e azione, nella psiche di Marnie, trovi-no ora una possibilità di integrazione, senza più essere scis-si: lei si “muove” nel reale, non più “agita” dalle fantasieinconsce, seguendo un pensiero secondarizzato. L’immaginedella propria e altrui distruttività, percepita come riparabile,diviene meno minacciosa, oggetto di confronto.Sconvolta dall’incontro con Strutt, Marnie si allontana cor-

rendo sul suo cavallo che cade a terra ferito gravemente.Marnie, quasi in trance, cerca una pistola per ucciderlo, pernon vederlo soffrire. La drammatica scena dell’uccisione delcavallo si configura come replica della scena traumatica eassume inoltre significati psicologici fondamentali di espia-zione della colpa inconscia, attraverso il sacrificio e la perdi-ta del buon oggetto amato. Essa è inoltre disvelamento delsignificato dell’uccisione come atto d’amore (per il buonoggetto proiettato nell’immagine del cavallo, salvato daldolore e dall’agonia e verso la madre nell’episodio trauma-tico dell’infanzia),anticipazione del perdono. Marnie uccidenel cavallo simbolicamente le proprie pulsioni e quindi si pre-para a riconoscerle.Nella scena in cui, aprendo in segreto la cassaforte di Mark,tenta nuovamente la riattivazione della coazione al furto èresa evidente, dall’abile gioco dello zoom sui soldi e sullemani di Marnie, l’avvenuta interiorizzazione del conflitto. L’Iocombatte contro i propri impulsi, non più soggiogato da fan-tasie persecutorie, in una realtà non più persecutoria(“Prendi” dice Mark che la raggiunge alle spalle, indicando ildenaro: “è tuo”): rende impossibile l’attuarsi della coazione.Le scene finali del ritorno alla casa natale si aprono allacatarsi: Marnie narra con voce infantile l’episodio traumaticoche può ora accedere alla coscienza. Il racconto, che provie-ne da un tempo psichico lontano, riconduce al momento deltrauma, offre la parola all’indicibile, permettendone l’acces-so al tempo attuale, la narrabilità e quindi l’elaborazione.Passato e presente si ricongiungono, esitando altre possibiliintegrazioni. Si ricompone così la scissione traumatica nel Sédi Marnie, tra le due Marnie (la parte piccola e fragile puònarrare l’episodio), si ricongiunge inoltre nella sua psiche larappresentazione (narrazione) con il suo affetto (angoscia efluire libero delle emozioni). Nasce il tempo della trasforma-zione: Marnie è ricondotta al tempo della vita, in cui le ombredileguano, gli enigmi svaniscono nella comprensione delpathos e le relazioni infrante, la relazione con la madre e conil proprio mondo interno, fluiscono e si rivelano come“luogo” dello scambio più profondo e del riconoscimento.

Sul pprossimo nnumero ssarà aanalizzato iil ffilm “La pparola aamore eesiste” ddi MMimmo CCalopresti.

Il film inizia con una scena in cui Angela èripresa nel suo incerto cammino, espressio-ne dell’angoscia degli spazi e dell’attraver-samento. La strada è metafora della suaterra psichica, dove solo i rituali del cammi-no rendono possibile l’incedere, così neldisegno di strisce pedonali che lei non puòpercorrere liberamente è tracciato l’abissoin cui il suo Io può scivolare e perdersi.

PRIMA PARTE

La strada è proiezione di territori psichici non saldi,in cui l’Io traccia mappe di certezza attraverso laritualizzazione del cammino interno. Anche il suopensare, infatti, segue tracciati particolari che siestendono sull’incertezza dell’essere, in cui la

magia di alcune parole aprono abissi superabili solo coltacere: “ ... ci sono parole di cui ho paura, che non ho ildiritto di usare, come la parola ‘sicuramente’... ”, dirà allopsicoterapeuta, che le chiede quindi: “ ‘Come fa quandodeve esprimere quel concetto?’ ‘ Cerco di non farmelovenire in mente’ “L’abisso psichico, come vuoto interiore, da lei pronunciatocome mancanza sul piano dell’agire (“... Ho trent’anni enon faccio niente”, dice allo psicoterapeuta), è in realtàsentimento pervasivo, dell’essere niente, proiettato nelmondo: la scelta degli scenari disadorni e scarni, cosìcome il vuoto del dialogo minimale con le amiche e l’in-

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differenza che abita gli incontri, con la madre e lo psicote-rapeuta, parlano silenziosamente di un’assenza di essere,che si estende come ombra malinconica di un mondodisaffettivizzato, di non-nascita. Eloquente, in questosenso, è una delle scene iniziali, in cui dalla finestraAngela vede il tempo segnato su un orologio e controlla lasua esattezza attraverso il segnale telefonico per poi racco-gliersi, distesa sul letto.Il tempo non vissuto diviene cronologia del vuoto (“Hotrenta anni e non faccio niente”), tempo luttuoso in cuinulla può nascere, poiché il dolore psichico di Angela nonha ancora rappresentazione, ne’ ricordo. In lei non divie-ne attesa, poiché l’attendere implica una direzione, unrivolgersi della speranza verso le revêries dell’incontro, cuiha dovuto rinunciare. Delicato, a questo proposito, è l’ac-cenno, in una seduta con lo psicoterapeuta, ad un ricordodell’infanzia, unico momento del rimemorare: “ ... quan-do ero piccola, ero a casa che aspettavo un’amica e hodetto a mia nonna: ‘ sicuramente verrà a giocare con me’.Ero sicura che sarebbe arrivata e invece non è ... non èvenuta, poi. Pensai che ero stata punita perchè l’avevodato per scontato e anche perchè avevo usato quella paro-la troppo presuntuosa ...”E’ questo un tenero passaggio che permette lo sguardofugace al passato di Angela e apre al paesaggio di solitu-dini infantili, quando la sua anima ferita cercava di fartacere il dolore dell’assenza, trasformandolo in colpa.La parola “tempo”, inoltre, proviene dal latino tempus-oris, dal significato dividere, con radice tem, tagliare:Angela non può quindi assumere il tempo, poiché in essoè un’oscura minaccia di perdita innominabile, così come ilnumero due “... il due per me è solitudine, scissione ...”,dirà allo psicoterapeuta. La sua psiche, quindi, rifugge ilrespiro dello spazio e del tempo, si assottiglia nella costru-zione di una mitologia solitaria, dove numeri e colori resti-

Ciò di cui vi parlerò segue le linee guida di una nar-razione inconscia, vi propongo una riflessione cheraccoglie, in una trama sensibile, le associazioniinconsce che la nostra mente stupita può aver segui-to prima e dopo l’aprile. Ciò che nel nostro inconscio ha avuto vita o pausa.Vi invito, quindi, ad ascoltare con quella parte dellavostra mente che accoglie i sogni.

LA PAROLAAMORE ESISTEdi Mimmo CaloprestiNote psicoanalitiche del disturbo ossessivo - compulsivo.

Dott.ssa Maria Rita FerriPsicoterapeuta psicoanalitico, docentedella Scuola di specializzazione in Psicoterapia ad orientamentoAnalitico Atanor, in Diagnosi clinica e Personalità

tuiscano un senso all’esistere senza scelte (“[ senza di essi] ho paura di non esistere più”, confida allo psicoterapeu-ta). Angela, infatti, in questa prima parte del film, non puòancora scegliere o sciogliere il legame con il nulla, da cuiè catturata, poiché vivere il tempo e lo spazio rimanda avissuti di tagli e lacerazioni, dolori impronunciabili in unmondo che nega le appartenenze. Il conflitto interiore, pri-vato di rappresentabilità, ed esternalizzato in gesti magici,permea la psiche, che quindi rifugge il dividere, la scelta(da ex-eligere, scelgo-sciolgo dall’insieme),Il numero due, che rispecchia una dualità interna, conflit-tuale e lacerante, e ricerca l’unione, il congiungere cheoffre equilibrio: il numero tre è composto di un terzo ele-mento che offre stabilità, lega i primi due in un nodo amo-roso.

La ricerca d’amore, in Angela, nasce da uno slancio psi-chico, volto a rinvenire un fondamento dell’essere, esprimela speranza dell’Io a ricongiungersi al fluire libidico dimen-ticato ed interrotto nella relazione antica ed immobile conla madre. Ricordiamo la scena in cui Angela va dallamadre, mondo delle assenze, in ritardo: non può esserenel tempo poiché manca in lei uno spazio psichico in cui

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pensare il mondo, in cui comunicare. L’assenza di areepsichiche di elaborazione impedisce l’incontro: nel rappor-to con la madre, infatti, si profila la dimensione dell’inco-municabilità, dell’assoluta non corrispondenza tra deside-rio e realtà, si oggettivizza il niente affettivo che rendevuoto il tempo e la parola. La madre, infatti non l’accoglie,ne’ la respinge, in uno sguardo che assicura distanzesenza pronunciarle e rende immobili i gesti, nel divieto diogni dinamica affettiva.Quando Angela, nella secondaparte del film, le chiederà aiuto, la madre, incapace dioffrire riconoscimento e rifugio, affiderà ad altri la cura.L’aderire all’imperturbabilità materna fa del mondo inter-no di Angela un universo di desideri taciuti.Così anche nei dialoghi con le amiche o con lo psicote-rapeuta prende vita la poetica disperante degli incontrimancati: in assenza della dimensione dell’alterità, essi sirivelano come monologhi senza fine, ne’ inizio, specchiodel monologo interiore di una sofferenza che non di fadiscorso.Nei delicati toni di un acquerello, la tessitura del film si svi-luppa in sequenze brevi ed irrelate: esse parlano di unadifficoltà psichica a mettere in relazione le parti interne ead entrare in relazione con l’Altro. Manca uno spazio tran-sizionale, in Angela, un centro psichico strutturante checongiunga ed integri, cui l’Io è teso: “Jung è meno razio-nale, più mistico, è per questo che mi piace. Sapere chec’è qualcuno capace di mettere insieme tutto: i vivi, i morti,i sogni...” sussurra allo psicoterapeuta. Nella mancanzad’integrabilità diviene possibile solo la sovrapposizione diparole (nei dialoghi) e d’immagini, l’incontro tra parti èvissuto come implosivo: così nei simboli che abitano la psi-che di Angela ogni colore composto è perturbante e vienequindi difensivamente scisso nei suoi elementi originari: “Ilproblema è il rosa”, aggiunge, “perchè è un misto di rossoe di bianco e bianco è un buon colore e rosso è amore eovviamente anche malattia”.Il film è ricco di simbolismi, in consonanza all’operare psi-chico della protagonista.Interessante è la scena in cui Angela trova una chiavespezzata e, attraverso un’ansiosa ricerca, rinviene l’altrametà. “Una chiave rotta è un bruttissimo segno ... da qual-che parte deve esserci l’altra metà, bisogna assolutamen-te trovarla ...”, confida allo psicoterapeuta. Angela vedenella chiave spezzata una frattura interiore, un discorsoinfranto con una parte preziosa di sé, il mondo del sentirecon cui l’Io vuole inconsciamente congiungersi. Il simboli-smo dell’immagine della chiave parla di possibili aperturepsichiche ai misteri interiori, rimanda al processo di inizia-zione spirituale, verso il dimorare psichico.

La sseconda pparte ssul pprossimo nnumerodi SSipario, iin ddistribuzione dda vvenerdì 99 mmaggio

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Il film inizia con una scena in cui Angela èripresa nel suo incerto cammino, espressio-ne dell’angoscia degli spazi e dell’attraver-samento. La strada è metafora della suaterra psichica, dove solo i rituali del cammi-no rendono possibile l’incedere, così neldisegno di strisce pedonali che lei non puòpercorrere liberamente è tracciato l’abisso incui il suo Io può scivolare e perdersi.

SECONDA PARTE - La prima parte sul numero 456

Nel mondo delle leggende e della fiaba sono spessopresenti tre chiavi (d’argento, d’oro e di diamante)che, in successione, permettono l’accesso a tre stan-ze segrete, in analogia ai gradi di avvicinamento almistero. L’immagine della chiave rimanda simbolica-

mente all’enigma dell’anima da sciogliere, dei misteri da svela-re, alle imprese ardite: essa parla del rivelamento interiore, del-l’illuminazione psichica. Nel trovare e ricomporre la chiave siesprime l’intuizione inconscia, in Angela, dell’avvio di un proces-so interiore di individuazione, dello scioglimento del moltepliceenigma della sua anima.L’immagine della chiave rimanda, poi, alla simbologia dellaporta (ricordiamo come i protagonisti siano ripresi in molteinquadrature nell’atto di varcare la soglia, o nel chiudere portedietro di sé o ancora di fronte a porte inaccessibili). La porta, sulpiano simbolico, raffigura il passaggio tra due mondi, la vita e lamorte, il noto e l’ignoto, l’esortazione al viaggio rigeneranteverso un altrove psichico, verso l’espansione e reintegrazione

del Sé. I protagonisti, quindi, raffigurati su una soglia che nondiviene apertura, esprimono una revêrie del cammino, sogno diaperture inaccessibili: il loro continuo movimento è un sostarenell’impossibile accesso alla porta del Sé.All’immagine della porta si collega, inoltre, il simbolo della scala,così presente anch’esso nel racconto. Sul piano simbolico ogniscala parla del ricongiungimento tra cielo e terra, tra l’alto e ilbasso, della verticalità dell’esistere, slancio ascensionale del-l’anima. I personaggi del film, nel perenne innalzarsi su scale eascensori, esprimono un desiderio di elevazione dell’essere, uncapovolgimento della dinamica della caduta, della dialetticadell’abbattimento.

La psiche della protagonista è racchiusa in una segreta mitolo-gia in cui il bisogno di equilibrio è dato da una numerologia del-l’anima. E sarà un’intima costellazione matematica a guidarlaverso l’amore per Marco: lo amerà perchè lo ha incontrato ilventisette, “amore perfetto”, vicino alla sua abitazione segnatadal numero tre, ed era vestito di rosso. Ma l’Io che non cinge trale braccia il suo mondo interiore teme l’incontro, teme di smar-rirsi e cadere: Angela racconta infatti allo psicoterapeuta unsogno in cui incontra Marco e, nel momento dell’abbraccio, sisveglia nel panico.

L’inizio della trasformazione interiore ha luogo quando Angelascopre che sulla sua porta è stato posto il numero undici, neisuoi pensieri misteriosamente legato alla solitudine. L’undici èl’uno che si replica, che non diviene dualità, si rispecchia nelmonologo che impedisce il dialogo.Di fronte a quel piccolo numero l’anima di Angela si sporge sullasolitudine fin lì agita senza essere vissuta e sviluppa un’oscuraconsapevolezza del suo essere: “L’undici l’ha sempre avuto, soloche prima non c’era la targhetta” risponde la portinaia dello stabi-le alle sue proteste. Il numero le rivela l’insieme della sua condizio-ne psichica. Non potrà più varcare la porta perchè il suo Io ha fattocontatto con il dolore di un nomadismo interiore che nasce dall’as-senza di una dimora psichica. Ma sarà proprio nel momento in cuilei assume la sua solitudine a non essere psichicamente più sola.Nella coscienza rigenerata il vuoto si fa mancanza. La simbologia del numero undici rimanda, inoltre, a significati dirinnovamento nel ciclo vitale. Sopraggiungendo alla comple-tezza del dieci l’undici raffigura l’eccesso, il traboccamento, l’ini-ziativa individuale nel conflitto con l’armonia cosmica, il trasgre-dire ribelle alla legge.Nella psiche di Angela inizia così la ricerca del rifugio. Angela,infatti, dopo aver rinunciato alla non-casa e abbracciando il pro-prio dolore, rinuncia ai non-rapporti che racchiudono, in formeperfette, il nulla affettivo e il disconoscimento: torna dallo psico-terapeuta e dalla madre per difendere la sua verità, il dolore

Ciò di cui vi parlerò segue le linee guida di una narrazioneinconscia, vi propongo una riflessione che raccoglie, in unatrama sensibile, le associazioni inconsce che la nostramente stupita può aver seguito prima e dopo l’aprile. Ciò che nel nostro inconscio ha avuto vita o pausa.Vi invito, quindi, ad ascoltare con quella parte della vostramente che accoglie i sogni.

LA PAROLAAMORE ESISTEdi Mimmo Calopresti

Note psicoanalitiche del disturbo ossessivo - compulsivo.

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trova forza in una ricerca disperata di involucri affettivi che l’ac-colgano e l’Io scioglie, attraverso il rifiuto, il suo legame con ilnulla. Così, nel ricovero in clinica, è pronta all’incontro con l’alte-rità di Sara, nel cui sguardo si sente esistere. Sara, infatti, saràl’unica che dona speranza ai suoi sogni e realtà ai sentimenti;trasponendo il desiderio di Angela nel mondo del possibile lorenderà pronunciabile: “Ma perchè lei è così triste? ... invecesecondo me andrà bene, lo sposerà” le dirà sulla spiaggia e, sulfinale, salutandola: “... vedrà che tutto andrà bene con quelMarco: io non mi sbaglio mai”. Il pensiero beneaugurante di Saradiviene, silenziosamente, indicazione di destini felici, sostituiscepsichicamente, in Angela, la mitologia numerica con la parola-dell’altro. Nel ritrovato scambio affettivo con Sara, Angela pro-segue la sua lotta per la prima volta per sé e per un altro, con-tro un mondo abitato dalla paura di amare: “Ha visto in che statoè la signora Sara?” dirà al medico della clinica e, difendendo unaverità interiore divenuta pronunciabile “... non siete capaci diamare le persone così come sono ... è l’amore che guarisce”.Difendendo la vulnerabilità di Sara difende la propria fragilità esviluppa, sciogliendo inconsapevolmente un destino di dipen-denza, una pelle psichica che pone al riparo le sue parti più fra-gili e delicate. Nel contrasto senza timori con una realtà rifiutan-te, il Sé ritrovato prosegue il suo viaggio. Ora Angela potrà tor-nare verso casa perchè, accogliendo il dolore della solitudine,l’Io ha costruito la sua dimora psichica, dove il contenimentodella sofferenza diviene forza dell’anima.

Nella vita di Marco si sviluppa un processo psichico che riflette ladinamica trasformativa in Angela, come è sottolineato dalla musi-ca del violoncello che, estendendosi tra le scene in cui i due pro-tagonisti sono ritratti separatamente, riunisce i due mondi.Entrambi vivono inizialmente l’amore come momento dell’illu-sione, rapiti silenziosamente in un disegno amoroso donato daun destino benevolo, che si rivela ad Angela attraverso il con-certo delle coincidenze e a Marco dal sentirsi amato nel miste-ro delle piccole poesie senza volto.Dopo la disillusione nell’incontro mancato (ricordiamo la scenadell’incontro nel parco in cui lei, non riconosciuta da Marcocome l’autrice dei messaggi, si allontana affranta e la scena incui lui rimane smarrito di fronte allo svelamento del suo equivo-

co), la psiche di ognuno dei due esce dal suo universo passivo,rinunciando a nutrirsi di un oggetto idealizzato e salvifico. Attra-verso l’assunzione inconscia del dolore della mancanza, il rap-porto si apre al dono. Nella psiche di Marco nasce un discorsodi paternità in cui può donare nuovi sì alla figlia, restaurando conlei un mondo affettivo che accoglie la soggettività nascente econferma il legame. Angela ripara, nel rapporto con Sara, leimmagini delle appartenenze danneggiate.

In entrambi la trasformazione psichica ha permesso un muta-mento di senso nella scelta oggettuale: in un primo momentonel film è sottolineata una funzione difensiva dell’oggettod’amore fantasticato, volta a sostituire gli oggetti perduti, a cela-re e coprire il vuoto d’essere. Dopo aver riparato separatamen-te l’area del legame, Angela e Marco possono aprirsi all’incon-tro nel mondo reale. Nell’ultima scena la bella metafora: sospin-gono insieme l’automobile di lui, che non ha più benzina, fino aduna stazione di servizio, che compare d’improvviso: sostengonol’Io (simboleggiata dall’automobile) che rinviene nel reale larisposta ad un desiderio di rifornimento libidico, amoroso. Ilsogno d’amore trova forma nel mondo poiché la psiche dei pro-tagonisti può ora tessere l’incontro con l’Altro non più sull’as-senza, ma nella rêverie dell’appartenere.

Sul prossimo numero di Sipario, sarà analizzato il filmdi F. Truffaut “Adele H.”, Psicoanalisi della Melanconia.

Dott.ssa Maria Rita FerriPsicoterapeuta psicoanalitico, docentedella Scuola di specializzazione in Psicoterapia ad orientamento Anali-tico Atanor, in Diagnosi clinica e Personalità

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Nei disegni che fanno da sfondo alla pre-sentazione del film è presente un castellodiroccato: esso già ci parla di qualcosa digrande e prezioso che si è infranto erimanda a ciò che si profila nell’anima diAdele.La simbologia del castello rimanda ad uncosmo isolato e alle immagini della prote-zione attraverso l’irrigidimento delle strut-ture psichiche ed un innalzarsi dell’Iodalla terra. Esso rimanda inoltre adun’idea di pericolo, di attacco, cui l’unicarisposta è la chiusura.

Adele, infatti, trova riparo dal pericolo di precipitare nel-l’ombra malinconica in un’idea ascensionale amorosache diviene sempre più slegata dal reale e che si ergee la rinchiude, proteggendola. Il castello inoltre evoca unimmaginario amoroso e d’avventura, slancio onirico in

cui vive Adele per tutta la prima parte del film: “Quella cosa incre-dibile da farsi per una donna, di camminare sul mare, passare dalvecchio al nuovo mondo per raggiungere il proprio amato, quellacosa, io la farò”dice Adele a se stessa. Nelle ultime immagini ilcastello onirico si è spezzato: l’infrangersi della sua capacità diproteggerla e di donare realtà al desiderio. La caduta malinconi-ca, prima rinchiusa nelle notti d’angoscia, ora dirompe nel giorno,e Adele, creatura della poetica dell’annientamento, perdendo ilsuo desiderio, perde se stessa.Lo spezzarsi dell’anima di A., allontanandosi dalla realtà, si riflet-

te nel racconto che sembra spezzarsi anch’esso in due parti nelbrusco passaggio di luminosità: nella prima parte la penombra èprotagonista delle scene, penombra della coscienza, nellaseconda si diffonde una luce nera, senz’anima.

La prima parte del racconto, infatti, si descrive nella dialettica delchiaro-scuro, specchio della dialettica interna alla psiche di Adele.Le lampade sono punti luminosi in un’eterna notte psichica, chenon diffondono luce, non interrompono cioè il buio della depres-sione malinconica. Ma l’ombra dà volume, indica l’Io che trovaconsistenza attraverso un sogno d’amore. Il viso che si illumina suun corpo al buio simboleggia la psiche di Adele che ancora sioppone con la sua narrazione fabulatoria a un dolore che la puòsommergere come le acque in cui lotta ogni notte.Adele si muove in una dinamica stringente tra l’ossessione inter-na del pensiero d’amore e l’oggetto ideale esterno, Pince. Taledinamica diurna è movimento vorticoso che di notte prende laforma di vertigine d’acqua, caduta malinconica che cattura educcide. Sussurra G. Bachelard: “Per alcune anime l’acqua è lamateria della disperazione”.L’acqua, cosmo della notte che travolge Adele, è anche simbolodi un desiderio di riunificazione con l’oggetto primario, in cui l’Ioregressivamente si inabissa. Il suo Io è peraltro simbolicamenterappresentato dallo specchio in cui appare il volto di Adele chenon guarda se stessa: coscienza che non rispecchia, che nonriflette, perduta nell’Altro idealizzato, Pince.Quasi impossessata dal suo ritratto allo specchio, che replica l’im-magine del ritratto della sorella, Adele è anche Leopoldine.L’eopoldine, peraltro, rappresenta il suo doppio ideale in cuiimmergersi per ottenerne la luminosità e divenire oggetto d’amo-re, immagine lunare che sorge dalle acque oniriche e a cui Adeledona la vita, la propria identità, per poter nascere amata e nonmorire più di dolore: lei infatti ha i suoi gioielli. I gioielli sono teso-ro delle acque, simbolo dell’immortalità.La morte di Léopoldine , cadendo nell’acqua, diviene la morte diAdele, che ogni notte si rinnova. Per i sognatori di acque marine, ifondali sono sempre vivi, abitati da velieri e tesori dove si muoveun mondo marino che vive in penombra. Il punto in cui l’acquadà la morte è dunque sempre acqua di lago, capovolgimentodi un cielo morto, cielo liquido in cui il sole è negato. Come Leopoldine morì nelle acque, così Adele può morire ognigiorno, cadendo nella melanconia che la segue e che diviene vor-tice nei sogni. E’ il delirio diurno che non la fa cadere nelle acquemelanconiche: ad ogni rifiuto di Pince segue infatti l’intensificarsidella tabulazione amorosa, come un elevamento immaginario dellapsiche dalla terra che contrasti la caduta melanconica dell’anima.Nella scena in cui strappa un bacio a Pince, sullo sfondo delletombe, sono presenti diverse simbologie: sono infatti presentinell’immagine del cimitero la malinconia che avvolge l’Io , comeluogo psichico degli oggetti morti e perduti ed il bacio rappre-senta la non elaborazione del lutto, ma la sua negazione deliran-te. La scena inoltre rimanda al significato di un antico amoremorto che lei vuol far tornare in vita con un bacio non donato.Attraverso il bacio Adele nega la morte dell’oggetto primario,vuole non morire assieme a lui.

Ciò di cui vi parlerò segue le linee guida di una narrazioneinconscia, vi propongo una riflessione che raccoglie, in unatrama sensibile, le associazioni inconsce che la nostramente stupita può aver seguito prima e dopo l’aprile. Ciò che nel nostro inconscio ha avuto vita o pausa.Vi invito, quindi, ad ascoltare con quella parte della vostramente che accoglie i sogni.

ADELE Hdi François Truffaut

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La fabulazione ormai delirante trova un argine, una riva nel diario,che le offre forma di realtà. L’ anima di Adele è sospesa nello scri-vere, la sua angoscia di annientamento trova contenimento nelfoglio. Attraverso lo scrivere Adele riannoda i legami spezzati tradesiderio e realtà che rispecchiano il legame perduto con l’Altro,ma attraverso lo stesso scrivere spezza il legame con la realtàche sostituisce con un immaginario onirico. Adele scrive una neo-realtà che si pone al posto di quella dolente. Dà vita ai suoi ogget-ti interni, tenta di comporre follia e realtà.Il pensiero vorticoso trova dunque riparo nello scrivere copioso ediviene movimento nel mondo. La protagonista, infatti, è ritratta inun incessante danza circolare come un vortice, contenuta, nellaprima parte del film, da alcuni punti di riferimento: l’ufficio posta-le, la libreria-biblioteca, la famiglia che l’accoglie e il suo giaciglio,e l’oggetto amato. Adele quindi si muove quasi in un cerchio, chesi avvolge intorno ad un punto luminoso (l’oggetto amato e idea-le), sospinta dalla speranza di congiunzione tra realtà e desiderio,fino alla caduta dei sogni e allo schianto psichico.Nelle ultime scene il movimento, nelle strade- labirinto delle Bar-bados, non ha più cornice e non è più, quindi, contenuto, è movi-mento senza orbita, senza meta, diviene un extra-vagare, e lei unoggetto extravagante, rapita da un universo parallelo che ha cat-turato il suo Io.Movimento senza origine ne’ meta, negazione della sosta, dell’im-mobilità dell’anima, gettata nell’oceano melanconico dal rigettodella realtà. Adele si identifica infine con l’oggetto, come è evi-dente nello scambio di ruoli finale, in cui P.la cerca e lei, rapita inun’assenza di sogni,non può vederlo,né sostare . Il movimento del corpo è espressione drammatizzata della menteerrante di Adele, che diviene così creatura della poetica dell’an-nientamento.L’amore non ricambiato, nel soggetto melanconico, produce lapercezione dell’onnipotenza dell’oggetto amato e rifiutante e, dicontro, l’inconsistenza dell’immagine di sé, come sempre piùchiaro nelle scene finali del film.Ma la perdita dell’illusione di essere amata, o di un’intenzione

desiderante nell’Altro, fa sentire alla protagonista, inconsciamen-te, l’Altro come non più in vita. Anche per questo Adele non lo

riconosce più, quando lo incontra nel suo errare, mentre insegueorizzonti di un altro tempo: la perdita dell’amore dell’Altro fa sen-tire di essere non più vivi e di essere in presenza di un-altro morto.Ciò ha origine nel modo in cui l’Io percepisce sin dall’inizio la vita. Infatti, alle origini, il bambino sente di esistere solo “…se è fattooggetto di affetto da parte dell’Altro”(L. Russo). Il desiderio affettivo della madre fa sentire al piccolo di essereaccanto ad un oggetto vivo e vivificante, esso infatti accende il desi-derio del bambino e la sensazione di essere vivo nel mondo, ed illegarsi alle cose del mondo con un proprio universo desiderante. L’impossibilità per la madre di mantenere o costituire il propriodesiderio per il bambino, perché la sua mente è attraversata, adesempio, da lutti fin lì non elaborati o non elaborabili, fa percepireal bambino la presenza di “una madre morta” (A. Green).Inconsciamente ciò corrisponde ad una improvvisa scomparsadella madre, lasciando il bambino con un desiderio-domanda(J.Lacan) che perde il suo senso perchè non la può più poggiaresu alcuno, poichè a nessuno egli appartenne.E poiché per la sua immaturità, il piccolo Io non potè né identifi-care e rappresentare psichicamente tale perdita d’essere, nellavita adulta torna a vivere, nel rifiuto d’amore, la prima perdita del-l’oggetto e di sé, e lo sprofondare nel cielo melanconico si profi-la come un suo disperato modo di dare la propria vita all’ogget-to.L’Io si scioglie nella morte dell’oggetto.La psicoanalisi della fase dello specchio fa risalire, nell’approfondi-mento M. C. Lambotte, le condizioni che possono generare lo statomelanconico, nell’impossibilità nello sguardo della madre, di riflet-tere l’immagine del bambino, come se i suoi occhi fossero rapiti,dall’interno, da un orizzonte infinitamente perduto, da un doloreantico e muto: lutto bianco, non elaborato e quindi lacunare.Se è vero che il bambino vede negli occhi della madre se stesso, conD.D. Winnicott, in questo caso egli, per essere, non può che rincorre-re, per tutta la vita, uno sguardo che non si compì, un desiderio che,appena accennato e che aveva in lui pur acceso il sentimento diessere vivo, improvvisamente scomparve in un lontano altrove. La perdita d’amore, in età adulta, inserisce il soggetto melanconi-co “…in un processo di lutto primario: quello della perdita preco-cissima dello sguardo materno che fonda il soggetto nell’esisteree tesse il legame.” ( M.C. Lambotte). C’è un primo lutto, dunque, rivissuto interamente da Adele, nellaperdita senza fine dell’illusione di riunirsi alla madre arcaica e alsuo sguardo, attraverso Pince. L’oggetto dell’amore adulto, nel melanconico, rappresenta incon-sciamente un aspetto ideale di sé mai raggiunto, tutto ciò chemanca al suo essere, un ideale di perfezione che avrebbe potutorapire lo sguardo della madre e permettere il riconoscimento che,solo, permette di essere vivi. Perdere Pince, il suo amore, vuol dire per Adele, dunque, perderela possibilità di congiungersi all’ “oggetto perfetto” ed essere, graziead esso, inscritto nello sguardo della Madre e quindi essere viva. La possibile elaborazione di tale perdita, (non suggerita nel film,ma sempre possibile), potrebbe rendere vero, anche per Adele,ciò che P. Neruda afferma essere:“…l’amore estinto non è la morte, ma un’amara forma di nascere…”

Sul prossimo numero di Sipario, sarà analizzato il film di“Paris, Texas”, di Wim Wenders, Rêverie della Melanconia

Dott.ssa Maria Rita FerriPsicoterapeuta psicoanalitico, docentedella Scuola di specializzazione in Psicoterapia ad orientamento Anali-tico Atanor, in Diagnosi clinica e Personalità

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Cosa impedisce alle soggettività che si amano l’in-contro e la condivisione dell’essere?Cosa fa della nostra vita un deserto infinito e ne fa per-dere il senso?Quando i sogni di un universo passato catturano l’ani-ma e la sottraggono alla vita reale?Come si può giungere ai margini di se stessi?La perdita del contatto interiore produce il sentimentodi una caduta di senso nel mondo. La ricerca all’ester-no di qualcosa di vivo è, dunque, la ricerca dellanostra stessa vita, perduta nella rinuncia emotiva,quando il dolore del vivere divenne così profondo dafar vacillare l’Io e spingerlo ad una fuga infinita da sé.L’angoscia del separarsi e di perdere l’oggettod’amore può divenire così forte, a volte, da recidereogni possibile appartenenza. Ma la spinta a uscire dasè e ad intrecciare legami d’amore può generare,altresì, l’angoscia di perdersi nell’Altro, configurando,così, il legame come fusione che soffoca l’Io: lo spin-ge a inseguire un sogno di esistere respingendo ogniseduzione d’amore. E’ questa la dimensione cheimpedisce, nel rapporto d’amore, il cammino e lasosta. L’unico viaggio che appare possibile divieneallora la ricerca di un’illusione solitaria, perduta in unpassato senza tempo.Il dolore di una solitudine che non si placa con la vici-nanza di alcuno, se elaborato, può indicare la rotturadel cerchio di un impossibile dialogo (con sé e l’Altro)che non fa che replicare se stesso, nel falso movi-mento tra appartenenza e fuga. Sarà, infatti, solo lapersonale nascita psicologica a permettere l’avvio diun discorso emotivo interrotto, per tornare ad amare.

Dott.ssa Maria Rita Ferri

Il film, uscito nel 1989 e girato negli Stati Uniti nell’anno prece-dente, narra la storia di un dramma familiare, in cui il delirio digelosia del protagonista irrompe infrangendo i legami. Travis, ilprotagonista maschile, è un uomo il cui mondo interiore è abi-tato da una profonda depressione dove la soggettività è smar-

rita. All’inizio del film lo vediamo errare senza meta lungo i binari diuna ferrovia, sperduta nel deserto. L’uomo ha un andatura instabi-le e reca in mano un recipiente probabilmente vuoto, lo porta inu-tilmente alle labbra, lo scuote, e cerca di dissetarsi presso una pic-cola fontana che non ha più acqua. Raggiunto un punto di ristoro,sviene. E’ quindi soccorso da un medico, che gli trova in tasca unfoglio con il numero di telefono del fratello Walter. Questi giungedalla California, nel tentativo di ricondurre il fratello, scomparso daanni, ad una vita normale nella propria famiglia. Via via lo spettato-re viene a conoscenza di una storia dai toni cupi, che aveva datoorigine allo smarrimento e al vagare senza meta del protagonista.Travis il cui animo viveva profonde angosce inelaborate di separa-zione in un rapporto coniugale idealizzato ed era stato travolto daldelirio già dopo la nascita del figlio, dopo un litigio con la bellissimamoglie (che, in un agito folle, egli aveva legato per non perderla),aveva dato fuoco alla roulotte nella quale i due vivevano con ilbambino nato dalla loro unione. Da quel momento era fuggito nelnulla, non avendo più alcuna notizia della propria famiglia. Travisaveva vagato per anni da solo, alla ricerca delle proprie radici. Alfratello racconta di essere alla ricerca del luogo in cui i genitori loavevano concepito, un luogo sperduto nel deserto del Texas chesi chiama come la capitale della Francia: Paris, Texas. Il nome delluogo aveva avuto un ruolo importante nel delirio che anche ilpadre di Travis aveva vissuto: le due Parigi si erano confuse nellasua mente, esitando un’idea delirante che investiva la madre diTravis (da lui idealizzata), trasformandola allucinatoriamente in unadonna elegante e “chic”, conosciuta in Francia. Tale idea deliranteaveva quindi determinato e sancito un’incolmabile distanza fra igenitori di Travis.Accolto nella famiglia del fratello, dopo aver visto un filmino che loritraeva nei momenti di armonia con la moglie e il figlio (il piccoloHunter), Travis tenta di ricostruire un rapporto con il figlio, adottatodalla famiglia del fratello e che stenta a riconoscere in lui il padreche lo aveva abbandonato. Man mano cresce il legame tra padre efiglio. Dapprima il regista sottolinea la difficoltà di Hunter, che fingedi non riconoscere il padre all’uscita di scuola. Poi, gradualmente, ilbambino si lascia nuovamente affascinare dal padre. Decidono cosìdi andare alla ricerca della madre del bambino. Hunter deve quindidi nascosto lasciare la famiglia dello zio che lo aveva adottato, men-tre Travis scopre che Jane, la bellissima moglie ambivalentementeamata, si reca ogni mese in una banca di Houston ad effettuare unversamento a beneficio del figlio, che ormai non vede più da tempo.Jane, a sua volta, dopo l’abbandono del marito, ha tentato di cancel-lare il passato matrimoniale e la tragica esperienza della notte del-l’incendio. Lavora adesso in una sorta di peep-show, un luogo cupo

Ciò di cui vi parlerò segue le linee guida di una narrazioneinconscia, vi propongo una riflessione che raccoglie, in unatrama sensibile, le associazioni inconsce che la nostramente stupita può aver seguito prima e dopo l’aprile. Ciò che nel nostro inconscio ha avuto vita o pausa.Vi invito, quindi, ad ascoltare con quella parte della vostramente che accoglie i sogni.

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SIPARIO PERLE DI PSICOANALISI

SIPARIO

dove giovani donne consolano gli uomini soli attraverso una parete-specchio dalla quale possono essere viste senza vedere i loro inter-locutori. Travis scopre la nuova vita di Jane e, senza mai rivelarsidirettamente, ha con lei degli incontri. Attraverso lo specchio, giun-ge a parlare di nuovo con lei e a rimemorare il passato. Decide diricondurre il piccolo Hunter tra le braccia della madre, quindi ripren-de il suo viaggio con un enigmatico sorriso.

Il film si apre après coup, la narrazione ha inizio dopo l’accadimen-to, così come l’errare del protagonista nasce da una rottura di con-tinuità. Egli emerge dal nulla, dal nulla interiore, che proiettivamen-te lo circonda, di chi vive l’enigma biografico nel cuore.Anche lo spettatore dovrà attendere la seconda parte del film perricostruire una continuità narrativa (attraverso il racconto che Travisrimemora alla moglie e a se stesso) che colma il disorientamentocognitivo per aprirsi allo stupore.E’ interessante notare la struttura circolare del film in cui le sceneiniziali dell’errare solitario si rispecchiano nella scena finale in cui,nuovamente solo, Travis riprende il suo viaggio-errante.Il “cerchio” narrativo indica l’immutabilità della condizione del Sè diTravis, nel movimento del tempo e nel cambiamento degli impor-tanti accadimenti da lui provocati, ma che restano “esterni” al suoSé. Senza inizio ne’ fine, il cerchio sintattico vuole quasi sottolinea-re, nella psiche del protagonista., un limite magico invalicabile frasé e il mondo, fra la percezione e il vissuto. Travis attraversa glieventi senza che tocchino profondamente la sua soggettività, perdivenire esperienza e rompere il cerchio in cui il suo Sé distante èracchiuso. Nella scena finale la circolarità del passato si infrangeper far nascere, come esito di livelli di consapevolezza raggiunti edi parziale elaborazione, una direzionalità interiore, un orientamen-to lineare che ha lo slancio della freccia nel cosmo.Le immagini iniziali del deserto rappresentano la proiezione nellospazio del silenzio interno di Travis, del caos psichico, la negazionespazializzata del grido interiore, evocano il deserto in cui erra l’Iodel protagonista, ma allo stesso tempo descrivono il suo mondonon più abitato dal desiderio e dalla speranza. La parola “deserto”proviene da “desertus” e da “deserere”, abbandonare. È l’abbando-no emotivo, infatti, che rende vuoto lo scenario interiore di Travis.,imprigionato in un assenza di mondo. Il deserto, inoltre, così pre-

sente nel paesaggio del film, simbolicamente rappresenta l’indiffe-renziazione iniziale dell’essere, l’origine e l’alba di ogni vita, o ladifensiva estensione sterile del Sé, sotto cui vive la realtà. Nell’eso-terismo ismaelita il deserto rappresenta infatti la terra che si per-corre inconsapevolmente senza percepire la presenza del divinoche la abita, celata dalle apparenze. Ciò rimanda al congelamentoemotivo del Sè irrigidito di Travis., come difesa dall’angoscia difrantumazione, che mantiene al suo interno una speranza di nuovanascita (egli parla del desiderio di raggiungere e costruire lì doveera stato concepito. “Fu lì che io cominciai a essere... è il mio puntodi partenza”Egli non ha più acqua con sè, e la piccola fontana è asciugata. L’im-magine ci parla del suo rapporto con il mondo. La sua “sete” piùprofonda di madre, di vita, di purificazione e di rigenerazione (tema-tiche principali a cui rimandano i significati simbolici dell’acqua) nontrova un “oggetto” esterno che la plachi. La sete infatti indica il desi-derio profondo di riacquisire il buon oggetto materno primigenio,simboleggiato nell’acqua, che torni a dare vita e fertilità ad un uni-verso interiore desertificato. Inoltre è noto come l’acqua rappre-senti l’inizio dell’opus, come esprime il detto alchemico...non effet-tuare alcuna operazione prima che tutto sia ridotto ad acqua... “Lo sai che hai attraversato la frontiera?” sussura il medico che losoccorre e che rappresenta un “alter ego” di Travis, l’immagine psi-chica del Salvatore, identificabile nell’amplificazione di Esculapio,figlio di Apollo. Egli parla per lui: Travis ha infatti varcato il limiteinteriore all’interno del quale si sviluppa l’esperienza del sentirsivivi, egli ora abita ai margini del Sé. “Chi è?” chiede il medico, espri-mendo così l’enigma inquietante che agita l’anima del protagonistache non sa chi è, ma non sa se è; “...è molto facile, da queste parti,smarrire il cammino o se stessi” continua a commentare il medicoesprimendo, inconsapevolmente, ciò che è avvenuto della vitainteriore di Travis.Chiamato dal medico, giunge il fratello,Walter, a occuparsi di Tra-vis, reincontrandolo dopo anni di lungo silenzio.L’immagine di Walter può rappresentare il “doppio”psichico di

Travis, immagine psichica del Frater, dal pensiero che affondaprofonde radici nel principio di realtà, con le caratteristiche perso-nologiche di equilibrio tra emozioni e razionalità. Egli rappresentail suo “doppio” anche nel rapporto con il figlio di Travis., di cui èdivenuto il padre. In una visione complessiva i due fratelli posso-no simbolicamente rappresentare due parti interne, maschili, delSé di Travis, che non si incontrano, sconosciute l’una all’altra.,come fa notare il non riconoscimento iniziale di Travis verso il fra-tello e la non conoscenza assoluta di questi di quanto sia accadu-to. L’assenza di colonna sonora nelle sequenze in cui Travis, sfug-gendo al fratello, riprende il suo errare, indica il vuoto emotivo(derivante etimologicamente dal part. lat. “e-motus”, ovvero movi-mento interiore) nel suo cuore, sostituito da un movimento senzatregua all’esterno. Walter rappresenta anche la realtà da cui Tra-vis si ritrae e pone distanze (con il silenzio, con il salire sul sedileposteriore della macchina,con tutto il non verbale). Quando Wal-ter esprime il suo dolore per il silenzio del fratello, questi, cometoccato emotivamente, torna a parlare e rivela cripticamente,mormorando “Paris”, i suoi sogni.

La seconda parte sul prossimo numero di Sipario, in distribuzione venerdì 1 agosto.

Dott.ssa Maria Rita FerriPsicoterapeuta psicoanalitico, docentedella Scuola di specializzazione in Psicoterapia ad orientamento Anali-tico Atanor, in Diagnosi clinica e Personalità

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Cosa impedisce alle soggettività che si amano l’in-contro e la condivisione dell’essere?Cosa fa della nostra vita un deserto infinito e ne fa per-dere il senso?Quando i sogni di un universo passato catturano l’ani-ma e la sottraggono alla vita reale?Come si può giungere ai margini di se stessi?La perdita del contatto interiore produce il sentimentodi una caduta di senso nel mondo. La ricerca all’ester-no di qualcosa di vivo è, dunque, la ricerca dellanostra stessa vita, perduta nella rinuncia emotiva,quando il dolore del vivere divenne così profondo dafar vacillare l’Io e spingerlo ad una fuga infinita da sé.L’angoscia del separarsi e di perdere l’oggettod’amore può divenire così forte, a volte, da recidereogni possibile appartenenza. Ma la spinta a uscire dasè e ad intrecciare legami d’amore può generare,altresì, l’angoscia di perdersi nell’Altro, configurando,così, il legame come fusione che soffoca l’Io: lo spin-ge a inseguire un sogno di esistere respingendo ogniseduzione d’amore. E’ questa la dimensione cheimpedisce, nel rapporto d’amore, il cammino e lasosta. L’unico viaggio che appare possibile divieneallora la ricerca di un’illusione solitaria, perduta in unpassato senza tempo.Il dolore di una solitudine che non si placa con la vici-nanza di alcuno, se elaborato, può indicare la rotturadel cerchio di un impossibile dialogo (con sé e l’Altro)che non fa che replicare se stesso, nel falso movi-mento tra appartenenza e fuga. Sarà, infatti, solo lapersonale nascita psicologica a permettere l’avvio diun discorso emotivo interrotto, per tornare ad amare.

Dott.ssa Maria Rita Ferri

Quando il dolore è senza nome, come nello sguardo diTravis, i piccoli oggetti che accompagnano, muti, il quo-tidiano esistere, divengono sicurezze irrinunciabili: deli-cata è la scena in cui Walter, vero Frater dell’Io, quindi Ioausiliaro che guida dolcemente verso la prova di realtà

filtrandone gli aspetti più duri, gli consegna il sacchetto delle sue“piccole cose” lasciate nella clinica, borsa delle immagini perdute,immagini assenti da cui nasce il deserto interiore, o ancora il calo-re con cui cerca di convincere la custode delle macchine a noleg-gio a trovare l’automobile (che rappresenta l’insieme della coscien-za) precedentemente usata, in cui Travis possa tornare a viaggiare.Nella casa di Walter è interessante notare, tra le altre, la scena in cuiTravis raccoglie le scarpe di tutti e le lucida, tenendole accanto a sè,mentre guarda, sognante, volare gli aerei. Tra i diversi significati sim-bolici della scarpa, ricordiamo che essa evoca l’idea del viaggio, maancora il poter prendere contatto con la realtà: Travis desidera incon-sciamente avere delle “buone scarpe” che poggino sul reale, sorreg-gano l’Io e non lo facciano vacillare nel cammino. La scarpa inoltreindica simbolicamente un’identificazione con la persona (ricordiamola fiaba di Cenerentola): Travis, quindi, aspira ad avere un buon con-tatto con la famiglia che lo accoglie, ma non potendo aprire il suo Séall’Altro-i, si prende cura dell’insieme delle scarpe che li rappresenta.La famiglia, che rappresenta la famiglia psichica, nell’amplificazionearchetipica conduce alla divinità tutelare del focolare domestico,Estia, che gli studiosi archetipici identificano nella centratura psichi-ca: non può esservi ricostruzione psichica in assenza dell’interventodi Estia che riconcentra la psiche. Ricordiamo inoltre che nella linguacinese la parola “scarpa” è pronunciata come l’espressione “intesareciproca”: é un desiderio di accordo col mondo che inizia a nascerein Travis, e si rivela come desiderio di buone identificazioni nellarichiesta che rivolge a Walter di scambiarsi gli stivali. Travis si propo-ne quindi di affrontare tragitti ancora più difficoltosi, tanto che propo-ne al fratello lo scambio degli stivali. L’immagine dello stivale ha in séuna valenza magica di attraversamento e superamento: si apre perTravis, nel desiderio di identificazione, la possibilità dell’”oltre”, rap-presentata dall’immagine dello stivale.Nel suo sguardo rapito verso gli aerei è possibile intuire un sognodi leggerezza dell’essere, un desiderio di ritrovamento di un buoninvolucro psichico che lo contenga e lo sollevi per poter errare nel-l’aria e torni a dare respiro alla fantasia e buone scarpe per percor-rere il mondo.Toccante la scena del filmino proiettato in casa, che raccogliescene di serena intimità. Suggerisce un universo di scambio affet-tivo, dove l’assenza di parola offre leggerezza alle immagini, che sirivela nel passaggio del cappello di paglia (leggero anch’esso) diTravis al bambino e alla moglie, quasi fosse un piccolo, magico ritoche unisce i pensieri, sancisce il legame. Il “volo” affettivo si com-pleta nel lieve volteggiare di Jane, divenendo danza nei piccolipassi che Travis e il piccolo Hunter improvvisano. L’immagine delcappello è quella del grande mediatore cielo-terra, che trattiene il

Ciò di cui vi parlerò segue le linee guida di una narrazioneinconscia, vi propongo una riflessione che raccoglie, in unatrama sensibile, le associazioni inconsce che la nostramente stupita può aver seguito prima e dopo l’aprile. Ciò che nel nostro inconscio ha avuto vita o pausa.Vi invito, quindi, ad ascoltare con quella parte della vostramente che accoglie i sogni.

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Rêverie delle congiunzioni

Seconda parte

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Puer nella terra e gli impedisce di disgregarsi nel volo verso la sola-rità. Il mondo emotivo sembra sciogliersi in Travis ed il desiderio dicontatto con Hunter lo sospinge a vivere ancora, a riunirsi con quel-l’immagine di sé, che dal filmato forse è giunta al suo cuore, perpoter essere padre ancora. Il Puer, prigioniero di un ineffabile pas-sato infantile, non riesce a far vivere dall’interno un sogno di pater-nità: nella ricerca di un vestito per “sentirsi padre” cercherà, sui foglidi un giornale e con una piccola aiutante, l’immagine esteriore incui collocare il desiderio, che il piccolo Hunter accoglierà. E’ lui,infatti, l’unico della sua famiglia, a mantenere in sé un sogno intat-to di felicità degli affetti (“Non ti ho mai sentito morto” confida alpadre “ho sempre sentito che c’eri ancora, da qualche parte, inqualche modo, e per la mamma lo stesso”). Travis sente di esserevivo nella mente del bambino, che con il suo amore ha mantenutointegra la sua immagine, senza fratture: può forse calmare la suasete. Deliziosa la scena in cui l’avvicinamento fra padre e figlio,quando tornano insieme dalla scuola di Hunter, inizia con il gioco diimitazione a distanza dei passi, in cui ognuno cammina per l’altro,immagine evocatrice della scena dell’antico gioco infantile conser-vata nel filmino. Tale immagine rimanda alla coniunctio figlio-padre, in cui il bambino interiore torna a nascere.Il ristabilirsi del legame con il figlio esita in Travis nuove direzioni.L’andatura di Travis, d’altronde, parla per lui: molto diverso dall’er-rare catturato in un sogno, nelle scene iniziali, è il suo passo men-tre si dirige verso Walter per comunicargli che andrà in cerca diJane, e sicure le sue parole: “Io la ritrovo... lo sento”. L’immaginesolitaria di un folle che grida al mondo la sua fine, che Travis incon-tra, rappresenta una parte di sé interna, una sua posizione esisten-ziale antecedente, quando errava nel deserto, prima di ogni incon-tro, immagine del suo grido lanciato nel vuoto generato dall’assen-za dell’Altro e di sé.L’avere un progetto offre ora una decisione interiore molto forte,come se il suo mondo interno avesse trovato una nuova compat-tezza. Tale cambiamento interiore verrà da lui espresso inconsape-volmente nelle parole che rivolge a Walter sull’impalcatura deipannelli pubblicitari dove Walter lavora: ”Viste da quassù le cosenon sembrano le stesse...sembrano meglio da quassù.”. E’ il suomondo interno che prende forma intorno a un progetto di ripara-zione, intorno allo svilupparsi di un punto di vista psichico che si“solleva” dagli oggetti interni, li può osservare e ordinare.La narrazione ora diviene più altamente drammatica in quantodisvela la storia degli affetti di Travis, dove immagini del passato sifondono inconsciamente con il presente. Lo spettatore riunisce leparti del passato di Travis attraverso le sue parole nel colloquio conla moglie e le confidenze che rivela al piccolo Hunter sulla propriafamiglia di origine. Travis non riesce ad avere un atteggiamento protettivo, propria-mente paterno verso il figlio (lo induce a telefonare ai genitori che lohanno accolto per annunciare la sua partenza e a farsi carico dellaloro angoscia, ecc.), sembra considerare il bambino come un’esten-sione del proprio Sé, per una possibile mancata identificazione conil proprio padre (“Cerco il padre” diceva nelle scene in cui tentava direcuperare una dimensione paterna attraverso l’imitazione di unmodello esterno). Porta nel cuore l’angoscia del pensiero ossessivo,delirante, paterno di avere una “moglie chic”e la convinzione,anch’essa delirante, dell’identità delle due Paris (del Texas e euro-pea): “... mia madre era una donna semplice, buona..” dice al piccoloTravis-Hunter “..ma mio padre aveva quell’idea in testa, quasi unafissazone. Non la vedeva com’era, ma come voleva...la vedevacome una donna molto chic...l’aveva incontrata a Parigi. Più lui ci cre-deva, più lei ..”qui Travis vive un’intensa, dolorosa emozione “oddio!...moriva dall’imbarazzo...era così timida...” Si può quindi ipotizzareuna trasmissione transgenerazionale di contenuti psichici non ela-borati dalla psiche paterna nella psiche di Travis e che questi possaidentificarsi con il padre unicamente attraverso il delirio e attraversoil proprio nome, identico a quello del padre. L’ossessione delirantedel padre diverrà quindi in lui il devastante delirio di gelosia versoJane, delirio che irrompe nella sua mente, determinando una frattu-ra incolmabile nella relazione d’amore, già fragile per la parziale dif-ferenziazione dei due Sé. Anche la rottura del rapporto d’amore con

Jane replica l’abisso di incomunicabilità tra le soggettività maternae paterna nella vita di Travis. Il dolore, patito ma non sofferto (elabo-rato), per l’impossibile incontro fra i suoi genitori e la dolente perce-zione del dolore della madre per essere non riconosciuta nella suaidentità, viene rivissuto nella coppia: così come il padre, anche luinon riconoscerà l’amore della moglie e la sua fedeltà, sarà probabil-mente proprio la riedizione del vissuto traumatico infantile a scon-volgere il suo animo e la proiezione del passato nel presente a tra-scinarlo in un universo confuso.La grande angoscia nella separazione da Jane (lasciò il lavoro pernon separarsi mai più da lei) rivela, nella psiche di Travis, il rinveni-mento in lei di un antico oggetto d’amore, materno, con cui rivive-re una fantasia di fusione originaria, il sogno di un’appartenenzache avvolge e riscalda il cuore di chi non ha ancora se stesso. Inse-guendo il sogno di un’appartenenza totale, che non accogliedistanze, il Sé di Travis, non ben definito, si è come sperduto nel-l’oggetto amato. Per ritrovare se stesso, costruì distanze attraversoil conflitto e il delirio. La nascita del figlio rivelò inconsciamente, allosguardo incredulo di Travis, la fragilità della fantasia di fusione.L’impossibilità ad accogliere la realtà di un terzo, che rompeva ladualità idealizzata, con Jane, esitò il vissuto di tradimento, chedivenne convinzione profonda. Il delirio rappresentava per Travisforse l’unico modo di porre ordine al caos interiore, alla inconcilia-bilità tra desiderio e realtà, ma sancì una separazione irreparabileda Jane, e il suo errare, lontano da sé. Manca, nel Sé di Travis, una “pelle” psichica, che filtri, “disintossichi”lo scambio con il mondo, e contenga l’identità, proteggendola. L’Iocercherà, quindi, all’esterno “oggetti-filtro” che lo distanzino dall’Al-tro, per permettere la comunicazione e lo scambio. Le scene in cuiparla con Jane, attraverso il vetro unidirezionale e girando le spal-le, sono altamente significative in questo senso, così come l’imma-gine in cui può comunicare ad Hunter i sentimenti più profondi soloattraverso una registrazione. La chiusura emotiva e il silenzio (ricor-diamo le lunghe scene iniziali) hanno valore di distanziamento eproteggono anch’essi, quindi, il fragile Sé di Travis dal contatto conla realtà, divenuta così dolorosa da non poter essere trattenutanella psiche, nel pensiero come nel sentire. La realtà fuggitaall’esterno diviene vuoto o deserto interiore, ma lui sa che in queldeserto potrà di nuovo reincontrare la vita. Egli oscuramente per-cepisce, infatti, che la sua nascita psichica può avvenire solo in unricongiungimento, nel profondo, di parti scisse internamente: egliricostruirà il suo Sé a partire dal ritrovamento di una congiunzioneoriginaria, nel punto del Texas in cui i suoi genitori si amarono, uniti:“...E’ il mio punto di partenza...” diceva a Walter, indicando la suaterra nel deserto. E’ verso tale punto che, forse, si dirigerà alla finedel film, dopo aver ricongiunto il figlio alla madre e quindi proietti-vamente se stesso alla propria madre psichica. Avendo riparatouna frattura affettiva, può riprendere il cammino che sembra nonessere più un errare, ma assume la direzione di un viaggio interio-re nella complessità della ricchezza del Sé. Dall’immagine tragica di chi erra nel deserto come esito delle con-giunzioni infrante, Travis è ora il poeta delle ricongiunzioni sognate:Parigi e il Texas.

Sul prossimo numero di Sipario, in distribuzione davenerdì 5 settembre, l’analisi del film “Il Principe dellemaree”: la rêverie dell’oggetto perduto.

Dott.ssa Maria Rita FerriPsicoterapeuta psicoanalitico, docentedella Scuola di specializzazione in Psicoterapia ad orientamento Analitico Atanor, in Diagnosi clinica e Personalità

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Il film, girato da Barbra Streisand, esce sugli schermi degli StatiUniti nel 1991 ed è ispirato ad un romanzo di Pat Conroy, autore tral’altro della sceneggiatura. Il soggetto sviluppa la storia di Tom Wingo, allenatore di football,caduto in uno stato di leggera depressione, di cui non è consape-vole, dalla morte del fratello Luck, avvenuta durante uno scontrocon la polizia, nel tentativo disperato da parte di Luck di non con-cedere la sua casa natale (venduta dai genitori) ai nuovi proprieta-ri. Da quel momento la vita matrimoniale di Tom subisce una pro-fonda crisi, in quanto la non elaborazione della perdita mantiene illutto nel suo cuore, impedendogli di mantenere i suoi investimentid’amore nelle relazioni affettive. Viene improvvisamente chiamato a New York, per un tentativo disuicidio messo in atto dalla sorella Savannah. Tom tenterà di aiu-tarla, collaborando con la psichiatra che l’ha in cura, aprendosi adascoltare il suo mondo interiore, le emozioni dimenticate, lememorie e l’oblio.Il rapporto con la psichiatra (Susan) ben presto assume il valore diuna relazione terapeutica a cui Tom, oltre a collaborare per lasorella, si affida. Nasce tra i due, gradualmente, inoltre, un avvicina-mento emotivo profondo: Tom si prenderà cura del figlio di lei, Ber-nard, e del rapporto tra loro, conoscerà anche la sua fragilità eprenderà ad amarla.Nel suo processo psicoterapeutico, Tom elaborerà i lutti e i vuotidella sua vita, a partire dall’infanzia in cui la violenza paterna e lacrudeltà di una madre con manifesti disturbi narcisistici della per-sonalità avevano profondamente turbato l’equilibrio psichico deitre fratelli, spingendoli a stringere fra loro un intenso legame affet-tivo in cui vivere una possibile appartenenza. In una scena particolarmente toccante, durante una seduta, Tomrimemora un grave evento traumatico, avvenuto nell’ infanzia,oggetto di una profonda rimozione, in cui lui, la madre e Savannahfurono vittime di violenza da parte di due sonosciuti, uccisi in quel-la stessa scena dalla madre e dal fratello. La madre chiese quindiai figli un patto di segretezza in cui celare l’episodio.Tom da allora lo affidò all’oblio, e nella fragile psiche di Savannahla scena infranse ogni rifugio, dando luogo a numerosi tentativi diespulsione psichica del trauma attraverso il suicidio e forse esitò inLuck un congelamento del tempo vissuto, fino a condurlo a mori-

Il film è inscritto nella cornice del narrare, in cui la voce del pro-tagonista accoglie lo spettatore nel suo mondo interiore. Il tonodella voce fuori campo ha il colore di un’affettività ritrovata che“filtra” le emozioni più dure e gli aspetti più crudi del vivere, offreuna tessitura emozionale in cui vivono ricordi lontani e immagi-

ni presenti. E’ la narrazione di una nascita psicologica, in cui Tom ricompone ilsuo tragico vivere in un racconto rivolto a se stesso. E’ importante notare che la forma narrativa dialogica rimanda allapresenza psicologica di un Altro o altro-sè (rappresentato dallospettatore). Essa rivela come la struttura di personalità di Tom non abbia inrealtà realizzato una chiusura verso il mondo, ma che abbia, anchenella forte inibizione nel contatto emotivo con sé e con le personepiù care (la moglie e le figlie), mantenuto all’interno un’aperturaverso un Altro possibile, sospesa in un’attesa interiore di un incon-tro che lo riconduca a se stesso e al mondo. Tale speranza psichica si rinviene, peraltro, negli slanci affettiviverso le figlie e nella straordinaria capacità d’introspezione, ovverodi dialogo con l’Altro interiore.Le immagini iniziali di una natura dolce e fiorita, dei giochi infantili inun paesaggio ridente e fatato esprimono l’idealizzazione originariadel mondo familiare (ricordiamo le scene in cui la madre stringe asé i bambini sedendo sul molo, guardando il tramonto, o quando ilpadre guida la sua barca nelle acque tranquille, con lo sguardoassorto nel mare: “...ero figlio di una donna bellissima...lei riusciva atrasformare le passeggiate intorno all’isola in un viaggio di meravi-gliose scoperte...ed ero anche figlio di un pescatore di gamberi cheera innamorato della linea delle barche...”). Il vero volto del “familiare” si disvela improvvisamente come luogodel trauma e delle appartenenze impossibili, attraversato dalle pul-sioni ostili e violente paterne, che lo travolgono, e dal narcisismo

Ciò di cui vi parlerò segue le linee guida di una narrazioneinconscia, vi propongo una riflessione che raccoglie, in unatrama sensibile, le associazioni inconsce che la nostramente stupita può aver seguito prima e dopo l’aprile. Ciò che nel nostro inconscio ha avuto vita o pausa.Vi invito, quindi, ad ascoltare con quella parte della vostramente che accoglie i sogni.

IL PRINCIPEDELLE MAREE:SOGNO DI UNA NASCITAdi BARBRA STREISAND

PERLE DI PSICOANALISI

La rêverie dell’oggetto perduto.

Prima parte

re difendendo la casa natale dai nuovi proprietari, così come sem-pre aveva difeso la madre e i fratelli dalla violenza del padre e,quella sera, degli sconosciuti. L’elaborazione del trauma libera l’anima di Tom, ormai legata daun sentimento profondo a Susan, la donna che lo ha restituito allavita emotiva. La conoscenza, inoltre, dell’infanzia di Savannah,attraverso i ricordi di Tom (che rappresenta “la sua memoria”), ren-dono più efficaci le cure e possibile la sua guarigione. Tom, ritrova-to il mondo emotivo, è pronto al ritorno, pur nel lacerante distaccoda Susan.Il soggetto si struttura intorno al racconto che il protagonista fadegli eventi, la sua voce fuori campo commenta e dà calore ad ogni scena. L’inizio del ricordo èsu di un’isola dove il paesaggio solare fa da sfondo alle immaginidell’infanzia…

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infantile di una madre inconsapevolmente crudele e ‘caotica’:“...non so quando i miei genitori hanno cominciato la loro guerra, soche gli unici prigionieri che fecero furono i loro figli...”.La psiche della madre, in particolare, esprime un quadro di “caos

organizzato”, come possibile difesa da abissi di disintegrazione del-l’Io, su cui si struttura uno stile relazionale che rivela la non integra-zione psichica, attraverso la congiunzione di affettività e lontanaza,rompendo ogni possibile costruzione di senso nel Sè dei figli, pro-iettati così in una dolorosa confusione psichica. Il mondo interiore della madre, infatti, è abitato da un caos psichi-co originario, legato alla mancata introiezione dell’interdetto strut-turante e al persistere di un nucleo luttuoso inelaborato; è assentela dimensione della rêverie: in un impossibile sogno di filiazione,catturerà i suoi figli nel sogno senza nome che la tiene prigioniera. Il suo sguardo avvolge i figli escludendoli e non esitando, quindi, ilriconoscimento della soggettività. In esso è inconsapevolmente espresso il desiderio di ricevere daloro un riconoscimento psichico che la inscriva nella vita.I processi d’identificazione con la madre, dunque, diverranno pos-sibili solo in una dinamica capovolta degli scambi affettivi.Anche nella psiche del padre è assente la nascita psicologica.Il suo agire maltrattante esprime una scarsa aderenza dell’Io al

reale, una sua intima discontinuità, ed uno slancio disperato ad evi-tare il contatto con nuclei depressivi, capovolgendo l’angoscia inrabbia. Le violente esplosioni, inoltre, rappresentano un tentativo di espel-lere all’esterno dei nuclei di sofferenza non elaborata, alla ricercadi possibili contenitori psichici in cui riporla, perchè sia contenuta emodulata.Per nessuno dei due, però, lo spazio di coppia rappresenta unoggetto di contenimento della sofferenza, un luogo di elaborazio-ne dei vissuti, ma diviene l’area dove l’agito conflittuale restituisceillusoriamente all’Io un sentimento di identità: nella contrapposizio-ne replicantesi senza trasformazioni nascono fugaci confini del Sédi ognuno. Il conflitto, quindi, si estende nella psiche dei figli, dando vita a dina-miche depressive interiori. In particolare nel mondo interno diSavannah trova alloggio il nucleo psichico luttuoso, non elaboratonella psiche dei genitori, che si estende nel suo Sé. Interessante è notare il contrasto tra le immagini che descrivono laviolenza distruttiva che abita la vita familiare e lo sfondo naturalesul quale si svolgono: la bellezza intatta dei paesaggi in un’isola disole. Il significato simbolico dell’immagine dell’isola rimanda, inoltre, allerêveries del rifugio: la letteratura del sogno ha al suo centro il temadell’isola misteriosa, dove si avventura l’anima che esplora. Il paesaggio solare dell’isola e della casa sul mare, nel film, rappre-senterà proiettivamente l’immagine idealizzata del buon oggetto-

famiglia, in particolare per Luck, che lotterà fino a perdere la vitaper non rinunciare a sentirlo suo, separandosene nell’avvenutopassaggio di possesso.Delicata e toccante è l’immagine del piccolo, magico rito di negazio-ne della sofferenza intollerabile dove i tre piccoli fratelli , per sottrar-si alla distruttività parentale, si uniscono in un tuffo regressivo nelmare: “...trovavamo un mondo silenzioso e consolante, dove non esi-steva il dolore. Formavamo una catena di sangue, carne ed acqua...”.Stabilivano così, inconsapevolmente, un legame profondo che li

univa in un unicuum acqueo materno, dove si ripristinava l’apparte-nenza infranta dall’agito familiare incontrollabile e violento. Sarà proprio il tenero e profondo legame con i fratelli che manter-rà viva in Tom la speranza di rinvenire un’emozione perduta e che,dalla morte di Luck, non abita più le sue relazioni adulte (“...puòdarsi che avessi il cuore gelato...” dice Tom a Susan, analizzandoscherzosamente il sogno della tempesta di neve.La morte del fratello, infatti, aveva attivato, nella psiche di Tom, le

immagini luttuose di un’orfanilità psichica denegata: egli, perdendoil fratello, aveva davvero perduto la sua famiglia. Luck rappresen-ta, infatti, per Tom, un oggetto idealizzato che sconfigge le pulsio-ni distruttive, incarna un’immagine del Pater che pone ordine nelmaschile aggressivo e crudele e protegge il familiare.La morte diLuck risveglia i lutti rimossi.)Tali sentimenti intatti, di un’appartenenza profonda nel legame coni fratelli, avvolgono il Sé di Tom e lo preservano dalla morte psichi-ca (che colpisce Savannah) o fisica (in Luck), rivivono nel legamecon le figlie, con Susan e con Bernard, e infine con se stesso. Tom cattura in sé l’ostilità paterna e l’indifferenza materna, misce-landole in uno stile sarcastico, barriera difensiva che, in particolaredopo la morte del fratello, lo preserva dal dolore nelle relazioniattraverso il distanziamento emotivo e dal contatto con il suomondo interno, costringendolo in una solitudine e inibizione affet-tiva che lo pone al riparo da una possibile caduta in depressioniprofonde. L’incontro con Susan avvia i processi elaborativi e del ricordo: inquesto viaggio interiore egli sperimenta un’iniziale e profonda con-sapevolezza di non-vita psichica, di come il suo difensivo ritrarsi dalsentire abbia reso impossibile ogni incontro con l’Altro, se non in uncontatto fugace fra superfici, in cui l’assenza di profondità emotivesottrae consistenza al suo essere :“...non so cosa mi tenga così lon-tano... hai ragione a sentirti così, come altro potresti reagire con unmezzo uomo...” mormora tra sé in un dialogo interiore con l’imagodella moglie e rispondendo ai sentimenti delusivi di lei.E’ questo il tema principale del film: la scomparsa delle emozioni,imprigionate in un passato inelaborato, distanzia il femminile psichi-co dal Sé, impedendo la nascita del maschile che orienta e offre dire-zioni; il silenzio del maschile, infatti, sospende la psiche di Tom trapensiero ed emozioni, tra solitudine e appartenenze impossibili. Il Sé, così, ne risulta mutilato e come sospeso, in una fuga circola-re che replica se stessa in ogni possibile incontro.L’inconciliabilità interiore tra emozioni e pensiero riproduce nella

psiche di Tom l’impossibile congiunzione fra le immagini maternae paterna e tra figli e genitori nell’infanzia.

La seconda parte sul ul prossimo numero di Sipario, indistribuzione da venerdì 3 ottobre.

Dott.ssa Maria Rita FerriPsicoterapeuta psicoanalitico, docentedella Scuola di specializzazione in Psicoterapia ad orientamento Analitico Atanor, in Diagnosi clinica e Personalità

PERLE DI PSICOANALISI

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SIPARIO PERLE DI PSICOANALISI

Il film, girato da Barbra Streisand, esce sugli schermi degli StatiUniti nel 1991 ed è ispirato ad un romanzo di Pat Conroy, autore tral’altro della sceneggiatura. Il soggetto sviluppa la storia di Tom Wingo, allenatore di football,caduto in uno stato di leggera depressione, di cui non è consape-vole, dalla morte del fratello Luck, avvenuta durante uno scontrocon la polizia, nel tentativo disperato da parte di Luck di non con-cedere la sua casa natale (venduta dai genitori) ai nuovi proprieta-ri. Da quel momento la vita matrimoniale di Tom subisce una pro-fonda crisi, in quanto la non elaborazione della perdita mantiene illutto nel suo cuore, impedendogli di mantenere i suoi investimentid’amore nelle relazioni affettive. Viene improvvisamente chiamato a New York, per un tentativo disuicidio messo in atto dalla sorella Savannah. Tom tenterà di aiu-tarla, collaborando con la psichiatra che l’ha in cura, aprendosi adascoltare il suo mondo interiore, le emozioni dimenticate, lememorie e l’oblio.Il rapporto con la psichiatra (Susan) ben presto assume il valore diuna relazione terapeutica a cui Tom, oltre a collaborare per lasorella, si affida. Nasce tra i due, gradualmente, inoltre, un avvicina-mento emotivo profondo: Tom si prenderà cura del figlio di lei, Ber-nard, e del rapporto tra loro, conoscerà anche la sua fragilità eprenderà ad amarla.Nel suo processo psicoterapeutico, Tom elaborerà i lutti e i vuotidella sua vita, a partire dall’infanzia in cui la violenza paterna e lacrudeltà di una madre con manifesti disturbi narcisistici della per-sonalità avevano profondamente turbato l’equilibrio psichico deitre fratelli, spingendoli a stringere fra loro un intenso legame affet-tivo in cui vivere una possibile appartenenza. In una scena particolarmente toccante, durante una seduta, Tomrimemora un grave evento traumatico, avvenuto nell’ infanzia,oggetto di una profonda rimozione, in cui lui, la madre e Savannahfurono vittime di violenza da parte di due sonosciuti, uccisi in quel-la stessa scena dalla madre e dal fratello. La madre chiese quindiai figli un patto di segretezza in cui celare l’episodio.Tom da allora lo affidò all’oblio, e nella fragile psiche di Savannahla scena infranse ogni rifugio, dando luogo a numerosi tentativi diespulsione psichica del trauma attraverso il suicidio e forse esitò inLuck un congelamento del tempo vissuto, fino a condurlo a mori-

Il tema del femminile è peraltro presente già nel titolo del film:le “maree”, infatti, rimandano alle congiunzioni lunari del mare,simboli del femminile universale. Il mare, simbolo dell’origine diogni vita, rappresenta l’elemento femminile che avvolge e rige-nera, dell’inconscio che cela tesori e misteri preziosi, il “mater-

no” oceanico ancestrale, luogo della nascita del Sé. La luna é per eccellenza il femminile notturno che percorre i cieli,astro dell’apparire periodico, simbolo di trasformazione e del rinno-vamento. Quando la vita dolente del protagonista trova rifugio nelle Mareedell’anima, che restituiscono un calore dimenticato ma mai perdu-to, il Sé ritrovato torna a sognare L’oggetto originario e indimenti-cabile, la Cosa di J. Lacan. Il rinvenimento delle emozioni (il femminile interno, rappresentatoda Susan di cui Savannah rappresenta il “doppio” psichico),infatti,dà nuova vita al maschile psichico di Tom, ne lenisce attra-verso l’integrazione gli aspetti distruttivi (conglomerati nell’immagi-ne interiore del padre e dei violenti predatori del trauma segreto),lo renderà libero e lo riavvicinerà alla vita e alle donne: “...per laprima volta ho sentito di poter dare io qualcosa alle donne dellamia vita: ... lo meritavano...” dirà Tom nelle ultime scene.La capacità di amare (rêverie dei fratelli amati, immagine del “buonoggetto” familiare) di Tom si esprime, inizialmente, attraverso l’in-contro con Susan, in un sogno di paternità che esita riparazioni del-l’anima: in Bernard egli rinviene forse l’immagine del fratello Luck edi sé. Evocando un buon oggetto interiore, si prende cura di lui, attraver-so l’uso della palla da baseball (come vero oggetto transizionale)

Ciò di cui vi parlerò segue le linee guida di una narrazioneinconscia, vi propongo una riflessione che raccoglie, in unatrama sensibile, le associazioni inconsce che la nostramente stupita può aver seguito prima e dopo l’aprile. Ciò che nel nostro inconscio ha avuto vita o pausa.Vi invito, quindi, ad ascoltare con quella parte della vostramente che accoglie i sogni.

IL PRINCIPEDELLE MAREE:SOGNO DI UNA NASCITAdi BARBRA STREISAND

PERLE DI PSICOANALISI

La rêverie dell’oggetto perduto.

Prima parte

re difendendo la casa natale dai nuovi proprietari, così come sem-pre aveva difeso la madre e i fratelli dalla violenza del padre e,quella sera, degli sconosciuti. L’elaborazione del trauma libera l’anima di Tom, ormai legata daun sentimento profondo a Susan, la donna che lo ha restituito allavita emotiva. La conoscenza, inoltre, dell’infanzia di Savannah,attraverso i ricordi di Tom (che rappresenta “la sua memoria”), ren-dono più efficaci le cure e possibile la sua guarigione. Tom, ritrova-to il mondo emotivo, è pronto al ritorno, pur nel lacerante distaccoda Susan.Il soggetto si struttura intorno al racconto che il protagonista fadegli eventi, la sua voce fuori campo commenta e dà calore ad ogni scena. L’inizio del ricordo èsu di un’isola dove il paesaggio solare fa da sfondo alle immaginidell’infanzia…

Dott.ssa Maria Rita Ferri

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SIPARIO PERLE DI PSICOANALISI

sviluppa una relazione strutturante il Sé di Bernard., dona vita aduna funzione paterna fantasmatica e ripara così, dentro sè, l’imma-gine distruttiva del paterno.La riparazione del rapporto di Bernard con la madre, restaura nellapsiche di Tom anche l’immagine interna della relazione danneg-giata con la propria madre.Attraverso l’affidarsi a Susan egli quindi scopre una parte di sé

“affidabile”, contenitiva ed elaborativa che rende possibile per-mettere ad altri di affidarsi a lui , come Bernard, Savannah e la stes-sa Susan, di riporre nella sua psiche parti ferite e danneggiate per-chè possano essere riparate e tornare integre attraverso l’elabora-zione emotiva di cui il Sé di Tom diviene sempre più capace.Susan, infatti, gli affida il figlio Bernard, che rivela una sofferenzaraccolta in chiusure aggressive verso la madre e il mondo, feritodalla ostilità e lontananza del padre (violinista di successo, il cuiavvolgente narcisismo esclude ogni legame). L’Io di Bernard tenta un’ideale e illusoria ricongiunzione psichicacon il padre attraverso l’introiezione e l’agito della aggressivitàpaterna verso la madre.Tale ostilità, inoltre, assume il significato di difesa distanziante, pro-pria dell’adolescenza, dalle seduzioni regressive del materno.Il padre pone fine al rapporto di Bernard con Tom, chiedendo alfiglio di riprendere lo studio del violino in collegio. Tom nel suo rapporto con il ragazzo, lo ha ricondotto dolcementealle buone identificazioni con il paterno. Il passaggio viene sottoli-neato nel cammino intrapreso insieme per giungere al treno che lisepara. Interessante, a questo proposito, è notare, nella scena in cui sisepara da Bernard e gli chiede di suonare il violino, l’intensità del-l’ultimo incontro, che si sostanzia del suonare struggente delragazzo e dell’ascolto appassionato di Tom. In questo incontro finale, con il suo ascolto, egli traspone nel violi-no il calore di una relazione padre-figlio vissuta fin lì assieme, ren-dendo così il violino stesso l’area transizionale in cui tale rapportopuò vivere ancora. L’affettività di Tom trasforma magicamente il violino da oggetto dinegazione emotiva per Bernard, che lo aveva abbandonato neltentativo di negare il proprio slancio affettivo verso il genitore, aimmagine amabile del padre, di cui il violino è rappresentazioneplastica. Egli potrà così tornare ad identificarsi con il padre, a cui Tom lo hapsichicamente riconciliato. Tale passaggio esiterà, inoltre, nel mondo interno di Tom, la ricon-giunzione dell’Io con il padre psichico, che si manifesterà anche inun avvicinamento sul piano somatico con il padre reale, come èpossibile notare nella scena in cui Tom conduce le figlie dal nonnoe trascorre una giornata con lui, accettando le sue distanze ed isilenzi invalicabili.

Nella parte centrale del film è la rivelazione angosciante del trau-ma subito: la rottura del segreto libera Tom dalla dipendenza osti-le dalla madre e dal passato, offre rappresentazione all’immemo-rabile. L’abbraccio di Susan rende pronunciabile il dolore, che si sciogliein pianto. Le lagrime di Tom, segno di un’integrazione interiore incui il suo Sé può tenere tra le braccia la sofferenza raggiunta, espri-mono quindi l’avverarsi di un contatto profondo. Nel mondo dei simboli le lagrime, infatti, evocano le immagini pre-ziose della perla e dell’ambra. La perla è simbolo del legame che unisce mare e cielo, della scien-za del cuore, della vita, forza rigeneratrice. E’ l’essenza ineffabile del Sé, traccia dei cieli: una leggenda persia-na narra, infatti, la nascita della perla da una goccia di pioggiacaduta dal cielo che una conchiglia raccolse, giungendo in super-ficie del mare: la perla ha origini celesti. L’ambra rappresenta il legame psichico tra l’anima individuale el’universo. Apollo pianse lacrime di ambra quando, cacciato dal-l’Olimpo, giunse presso gli Iperborei. Esse esprimevano la nostalgiadel paradiso e il sottile legame che lo univa ad esso.Attraverso il legame ritrovato con sé, la psiche di Tom rompe ladimensione necessitante del destino, in cui era inscritto il suo vive-re, raggiungendo il mondo del possibile, la scelta. La libertà interiore emerge così nell’elaborazione di un passato chesommerge il presente ( sottolineato dall’accorgimento tecnico delfilm in cui le scene del passato sfumano nel presente senza confi-ni ), giungendo al ricordo che disegna distanze e ripone nel cuore,dove ciò che è stato diviene memoria ( come ci suggerisce il signi-ficato etimologico di memoria: “riporre nel cuore”, da “ricordo”,“cor-cordis” ).L’acquisizione di tale livello di individuazione chiude la catena

difensiva dei “no” che imprigionavano Tom nelle relazioni iniziali, incui l’idealizzazione nostalgica impediva ogni contatto con glioggetti reali e gli permette ora di tornare all’incontro con i genitorireali, riconoscerli affettivamente (avendoli riparati internamente),senza più temere di perdersi in loro. Savannah è dolce presenza, silenziosa e lunare del femminile inte-riore.Vero alter ego, è protagonista nell’ombra, da lei ha inizio la spinta alcambiamento di Tom.Il suo gesto autolesivo ha il valore, nella psiche dei fratelli (il cui

mondo interno è profondamente congiunto: “ ...Ho scritto un nuovolibro di poesie...l’ho dedicato a Tom Wingo, la mia memoria...” sus-surrerà Savannah a Tom), del desiderio di uccidere il passato e icattivi oggetti interiori, per tornare a vivere. Tom raccoglie inconsciamente tale messaggio e attraverso il lungoviaggio elaborativo si ricongiunge a lei, nei ricordi e nel rimemora-re l’impensabile, scende di nuovo con lei nel mare interiore, comenelle scene infantili, per raccoglierla e riportarla alla vita.Salvando Savannah, Tom salva se stesso.

Sul prossimo numero di Sipario, Poetica della psicosi:“Come in uno specchio”, di I. Bergman.

Dott.ssa Maria Rita FerriPsicoterapeuta psicoanalitico, docentedella Scuola di specializzazione in Psicoterapia ad orientamento Analitico Atanor, in Diagnosi clinica e Personalità

PERLE DI PSICOANALISI

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PERLE DI PSICOANALISI

Mercoledì 29 Ottobre 2014 – ore 18.00Presentazione:

Dott. Vittorio Sconci, Direttore Dipartimento di Salute MentaleDott. Carlo Di Stanislao, Presidente Istituto Cinematografico

IL BOOM di Vittorio De Sica (Italia, 1963)Al termine della proiezione incontro con Sergio Rubini, attore, regista e sceneggiatore

Giovedì 06 Novembre 2014 – ore 18.00WILDE di Brian Gilbert (UK, 1997)

Interventi: Dott. Alessandro Rossi, Dott. Lorenzo Annecchini

Mercoledì 12 Novembre 2014 – ore 18.00L’UOMO IN PIÙ di Paolo Sorrentino (Italia, 2001)

Interventi: Giornalista Rai Tg1 Adriana Pannitteri, Dott.ssa Enrica Strippoli

Giovedì 20 Novembre 2014 – ore 18.00TRE PASSI NEL DELIRIO di Vadim, Malle, Fellini (Francia, Italia 1968)

Al termine della proiezione incontro con Gida Salvino, scrittrice Federico Pontiggia, critico cinematografico

Mercoledì 26 Novembre 2014 – ore 18.00LA PRIMA COSA BELLA di Paolo Virzì (Italia, 2010)

Interventi: Dott.ssa Maria Rita Ferri, Dott. Paolo Stratta

Sabato 29 Novembre 2014 - ore 10.00IL RITRATTO DI DORIAN GRAY di Albert Lewin (Usa, 1945)

Interventi: Dott. Vittorio Sconci

Giovedì 4 Dicembre 2014 – ore 18.00LA MORTE TI FA BELLA di Robert Zemeckis (Usa, 1992)

Interventi: Dott.ssa Maddalena Dufrusine, Dott. Stefano de Cataldo

Sabato 06 Dicembre 2014 - ore 10.00 REALITY di Matteo Garrone (Italia, 2011)

Interventi: Dott. Roberto L. Bonanni

Mercoledì 10 Dicembre 2014 – ore 18.00IL MIO MIGLIOR NEMICO di Carlo Verdone (Italia, 2006)

Conclusioni: Dott.ssa Mirella Del Principe, Dott. Vittorio Sconci, Dott. Carlo Di Stanislao

PARLIAMO DI

Mercoledì 19 Novembre – Biblioteca Provinciale “S. Tommasi” - ore 17.00Reading di letteratura – Alexis o il trattato della lotta vana di Marguerite Yourcenar – Edizione Feltrinelli

Interventi: Dr.ssa Tiziana Pasetti, Dott. Vittorio Sconci

Sabato 29 Novembre – Libreria Colacchi – Centro Comm.le Amiternum - ore 17.00Bel Ami di Guy De Maupassant – Edizione Mondadori - Interventi: Dr.ssa Tiziana Pasetti, Dott. Vittorio Sconci

Sabato 6 Dicembre – Libreria Mondadori – Centro Comm.le Meridiana – ore 17.00Stoner di John Edward Williams - Fazi Editore - Interventi: Dr.ssa Tiziana Pasetti, Dott. Vittorio Sconci

Ente MoraleISTITUTO CINEMATOGRAFICO DELL’AQUILA«La Lanterna Magica»fondato da Gabriele Lucci

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SIPARIO PERLE DI PSICOANALISI

Sul prossimo numero di Sipario, il commento psicoa-nalitico del film “La prima cosa bella”, di Paolo Virzì, acura della Dott.ssa Maria Ferri

Dott.ssa Maria Rita FerriPsicoterapeuta psicoanalitico, docentedella Scuola di specializzazione in Psicoterapia ad orientamento Analitico Atanor, in Diagnosi clinica e Personalità

PERLE DI PSICOANALISI

NOTE SULL’IDEALIZZAZIONE

Quando la realtà deluse l’Io nascente, strappandolo allamadre, il soggetto colmò il distacco attraverso la creazionedi un’illusione che lo facesse pensare nuovamente a lei riu-

nito. Ogni successiva illusione, che nutre la psiche, è figlia dellaprima, originaria illusione del bambino, come ci ricorda D.D. Winni-cott, ed è quella di aver creato lui stesso la madre, e quindi divivere in un tempo che lui, creatore di entrambi, può capovolgereper tornare ad essere-uno-con-lei.L’idealizzazione di bellezza di sé risponde a questo profondo eantico desiderio, ed è la risposta ad un sentimento depressivo dibase, attraverso l’illusione di vivere in un tempo perenne e rever-sibile, che permette di ritrovare l’unione inaugurale e quindi origi-naria con la madre, negando le lesioni del tempo e colmando lediscontinuità dell’Io per la mancanza d’oggetto.L’idealizzazione di sé come oggetto estetico, quindi, nasce sem-pre da un’illusione dell’ Io di eternità e quindi di sconfitta dellamorte. E’ il ritorno di una perfezione inaugurale.

Estate 1971, elezione di miss Pancaldi, evento clou della stagio-ne estiva livornese, celebrato nel suo stabilimento balneare piùnoto. L'elezione di Anna come "mamma più bella" sembra esse-re il fatto che scatena scompiglio nella storia della famigliaMichelucci, dando il via ad una serie di eventi tragicomici chearrivano fino ai giorni nostri.Bruno Michelucci, professore di lettere di mezz'età in un istitutoalberghiero di Milano, è un uomo infelice e fondamentalmenteinsoddisfatto della sua vita. Quando la sorella più giovane Vale-ria lo chiama a Livorno, al capezzale della madre Anna, giuntaallo stadio terminale di una lunga lotta contro il cancro, l'uomo,riluttante, si dispone a riallacciare una relazione che aveva tron-cato molti anni prima, durante l'adolescenza, quando fuorviatodalle maldicenze dei suoi compagni di liceo, si era convinto chela madre fosse una donna di facili costumi.L'occasione di questo tardivo riavvicinamento diventa propiziaper ripercorrere tutta l'esistenza della sua famiglia, da quellanotte ai "Bagni Pancaldi", in cui venne piantato il seme di unadistruttiva forma di gelosia del padre, passando attraverso ilfallimento del matrimonio dei suoi genitori, le fughe, i litigi, lavita disordinata, ma anche ricca di affettività e di momenti diallegria, gli espedienti, gli incontri fortunati, le amicizie, le perdi-te e i lutti, fino alla definitiva separazione da una madre maicompletamente compresa, seppur profondamente e segreta-mente amata.Poco alla volta, Bruno diventa consapevole di segreti che nonaveva mai voluto comprendere. Gli ultimi giorni di vita dellamadre Anna, costretta a cedere la sua prorompente ed estro-sa vitalità di fronte all'avanzare inesorabile del male, sono l'oc-casione per riannodare rapporti sciolti troppo bruscamente,per rileggere, dal punto di vista di un uomo ormai maturo, fattie comportamenti di persone che hanno affollato la sua infan-zia e la giovinezza, per arrivare a concedere infine a tutti quan-ti, primo tra tutti a se stesso, una nuova occasione e un nuovoinizio, prima che sia troppo tardi e che la separazione diventidefinitiva.

LA PRIMA COSA BELLAdi Paolo Virzì (Italia, 2010)

Mercoledì 26 Novembre 2014 – ore 18.00Auditorium “E. Sericchi”

Interventi: Dott.ssa Maria Rita FerriNote psicoanalitiche sull’immagine ideale di se e illusione di bellezza dell’io

Dott. Paolo stratta

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SIPARIO PERLE DI PSICOANALISI

Quando la realtà deluse l’Io nascente, strappando-lo alla madre, il soggetto colmò il distacco attraver-so la creazione di un’illusione che lo facesse pen-sare nuovamente a lei riunito.Ogni successiva illusione, che nutre la psiche, èfiglia della prima, originaria illusione del bambino,come ci ricorda D.D. Winnicott, ed è quella di avercreato lui stesso la madre, e quindi di vivere in untempo che lui, creatore di entrambi, può capovol-gere per tornare ad essere-uno-con-lei.L’idealizzazione di bellezza di sé risponde a questoprofondo e antico desiderio, ed è la risposta ad unsentimento depressivo di base, attraverso l’illusio-ne di vivere in un tempo perenne e reversibile, chepermette di ritrovare l’unione inaugurale e quindioriginaria con la madre, negando le lesioni deltempo e colmando le discontinuità dell’Io per lamancanza d’oggetto.L’idealizzazione di sé come oggetto estetico, quin-di, nasce sempre da un’illusione dell’ Io di eternitàe quindi di sconfitta della morte. E’ il ritorno di unaperfezione inaugurale, delle origini.

Dott.ssa Maria Rita Ferri

Siamo di fronte ad un film dotato di una narrazione cre-puscolare, che parla del dolore del vivere celato a sestessi.Ciò che lega le varie parti del film, infatti, è undiffuso sentimento struggente e malinconico, propriodi Virzì, che rimanda allo Spleen di Baudelaire, ovvero

all’oscuro sentimento, che abita l’Io, della caducità delle cosedel mondo.E ancora più precisamente alla nostalgia di qualcosa che erapure sul punto di compiersi, ma che mai avvenne: l’incontrocon una “prima cosa bella” perduta prima di raggiungerla. E’l’amore per “…la rosa che non colsi…” di G. Gozzano, prima-cosa-bella che non muore perché vive in un’attesa inconsciae senza fine del soggetto.Nella sottile psicologia dei personaggi vive la poetica dellaprovincia, che riproduce la realtà nel registro del “raccontabi-le”, fa della vita un aneddoto, dove il soggetto vive, nell’ombradell’Altro e di ciò che è detto dal coro. La storia ha, infatti, a tratti, il sapore decadente del piccolomondo, le piccole cose, dunque, di G. Gozzano. E’ in esso, delicatamente declinato il tema dell’Ideale di sé, epiù precisamente dell’Ideale di bellezza. Esploreremo il signi-ficato e l’origine più profonda, nella psiche, di tale immagine.L’illusione inconscia di possedere intimamente un oggettoestetico, un oggetto bello che ferma il tempo, di farne parteo, ancor di più, esserne l’immagine, nacque quando, agli occhidell’Io, nella nascita e nella sua crescita, svanì la madre delle origini, nel separarsi

da lei. L’identificazione con il buon oggetto, che è quindianche originariamente bellissimo, è tornare ad essere-con-lamadre o, ancor di più, ad essere uno-con-lei.L’immagine idealizzata di sé nasce dunque per dar vita a ciòche il piccolo Io pensò morto o perduto, cioè la madre, nonsapendo che non fu essa a morire, ma la vita che giunse aconoscerlo.L’oggetto materno, infatti, e più propriamente la Cosa, (l’og-getto mitico delle origini, con J. Lacan) per sua stessa sostan-za è vivo, il piccolo Io ne smarrì l’ombra, ma esso mai si slegònel tempo dal soggetto, e dalle sue origini continua a vivereintimamente ad esso unito.Ma poiché lo pensò perduto, fu così che l’Io idealizzò sé. L’il-lusione idealizzante di sé, infatti, giunse a consolare il sogget-to della perdita, a giocare (il-ludo) con lui.

Ciò di cui vi parlerò segue le linee guida di una narrazioneinconscia, vi propongo una riflessione che raccoglie, in unatrama sensibile, le associazioni inconsce che la nostramente stupita può aver seguito prima e dopo l’aprile. Ciò che nel nostro inconscio ha avuto vita o pausa.Vi invito, quindi, ad ascoltare con quella parte della vostramente che accoglie i sogni.

LA PRIMA COSA BELLAdi Paolo Virzì

PERLE DI PSICOANALISI

Note sull’idealizzazione

Commento del film

Note psicoanalitichesull’idealizzazione

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SIPARIO PERLE DI PSICOANALISI

Illudersi di essere egli stesso l’oggetto evocativo e ideale èdunque per l’Io un modo per continuare ad amare ed esserein vita e, con il proprio amore, tener vivo l’oggetto materno nelproprio mondo interno. Ma, nel protrarsi dell’assenza di questo nel mondo reale,ovvero se non giunge un oggetto a conoscere il dolore dell’Io,e ad amarlo, l’ Ideale di sé diviene l’unico rifugio, un richiamoa svanire nell’immagine idealizzata.Mi soffermerò principalmente ad analizzare i tratti della per-sonalità di Anna, un Femminile fragile, sottile, in cui una leg-gerezza di fanciulla si estende e configura il suo Sé minuto.Danza nel mondo, ma non incede, abbiamo la sensazione

precisa, infatti, nel vederla esprimersi, che il suo Io viva nellepause dell’esistenza, nella sua ombra, ma non nell’esistenzapiena.La vita appare ad Anna come un insieme di eventi che si rin-

corrono, come agiti inevitabili, che non giungono mai allasostanza di scelte, proprie o di altri.E’ un vivere, il suo, che non può nutrirsi di un profondo spes-sore soggettivo, il suo, ne è anzi quasi travolta, senza quasipoter coglierne il senso, privata di quella parete psichica cheassicura distanze e permette di pensare il mondo e quindifarne esperienza, con Bion. Non potendo pensare il mondo,Anna ne è travolta.Il regista dipinge ciò nel candore esistenziale in Anna, fa di leil’imago dell’innocenza primaria.E potremmo chiederci perché, nonostante il non felice desti-no, la psiche di Anna non mostri di essere attraversata dall’an-goscia.E’ perché noi sappiamo, con Kierkegaard, che l’angoscianasce sempre dall’interruzione dell’innocenza primaria, dallostrappo dell’unità con la natura, con cui lei vive una dolcecontinuità.Dalla rottura del narcisismo innocente, in cui Anna trova rifu-gio, dal mondo delle discontinuità, dell’Altro e del possibile,da tale rottura, solo da lì, per Kierkegard, nasce l’angoscia. La sua parola è un dolce canto di eventi, rispecchia e rendebello il reale, su cui il suo Io si appoggia, non potendo distan-ziarsi da esso e coglierne un significato tutto soggettivo.Ciò può far pensare ad assenze significative nelle esperienzeaffettive primarie, tali da non poter essere state interiorizzatefino a formare un ponte mentale che le permettesse di legar-si alla realtà con un pensiero complesso, e comprenderla:Anna può solo appoggiarsi ad essa.Il suo è, dunque, un equilibrio anaclitico, ovvero d’appoggio. Inciò è la fragilità e la sottigliezza di spessore in un pensierocandido.Noi sappiamo che la fragilità di spessore, nel pensiero, riman-

da sempre a una sofferenza precoce nelle radici della psiche.Ed è un taglio delle origini, ma anche una ricerca di uno spa-

zio psichico in cui porre radici, che la induce inconsciamenteal suo perenne errare fra strade che non conducono e caseche non accolgono. Possiamo inoltre cogliere nel movimento continuo che lavede impegnata, l’espressione esternalizzata della ricercainteriore di un oggetto perduto, con cui ricongiungersi persentirsi viva.La mancanza o insufficienza di radici psichiche è propria di unIo che, per difettualità ambientali, non ha potuto impiantarsi esostare saldamente nelle braccia materne, braccia che Annacrede di trovare in ogni promessa d’amore.Se il primo amore, la Madre delle origini, anziché accogliere,recide radici, l’Io non può evolvere. L’Io di Anna, infatti, pertutto lo scorrere del film, e della sua vita, non giunge ad evol-vere davvero, accedendo al cambiamento come arricchi-mento di esperienza e sostanza psichica, ma rimane a pensar-si come una prima ed unica “cosa bella”, ovvero aderendoall’Ideale di Sé. Vorrei, ora approfondire brevemente questo concetto. L’Ideale di sé contiene sempre anche l’ombra di un Altro, ilprimo oggetto d’amore che l’Io conobbe e che perdettenascendo, lo cinge e si riunisce ad esso, ne nega dunque laperdita che avvenne, è sempre promessa di un ritorno dimadre.Figlio del trauma, di una prima separazione, l’Ideale di sé, èsempre sbilanciamento verso l’oggetto, poiché nacque in suavece, nacque per celarne l’assenza. Se per l’infans, che, dunque ancora non giunge alla parola e

quindi al pensiero, la separazione dalla madre, nella nascitapsicologica, non trovò consolazione nel ritrovare un legamed’amore con lei, simbolico ed infinito, il piccolo Io, facendo diSé il solo oggetto del primo d’amore, tenterà così di cancel-lare il dolore della perdita d’oggetto, amando sé, al suo postoe ponendo del tutto la bellezza dell’oggetto al proprio inter-no, su di sé.Sostituirà sé all’oggetto, amerà sé al posto dell’oggetto: cosìnasce un più acceso Narciso, nella psiche, che rinuncia all’og-getto, e, dunque, al proprio confine con il mondo, poiché nonconobbe l’abbraccio che forma appartenenze e confini. Rinunciò, così, al Significante, che sempre nasce, con J. Lacan,dal sentimento di una “mancanza ad essere” tutto, dalla per-cezione di un limite e di un oggetto al di là.E’ da un lutto impossibile a farsi, infatti, con C. Racamier (“IlGenio delle Origini”), e l’assenza di un confine da porsi, che ilsoggetto giunge a una scelta narcisistica nel suo modo diessere in esistenza. Egli, infatti, investe nel sogno di bellezza(che rappresenta il Sé unito all’oggetto, e quindi un legameritrovato, nell’immagine, ma non nel mondo) ogni invito adessere.Nel separarsi immaturamente, in qualche possibile e precocetrauma delle origini, e perdendo il suo oggetto materno, il pic-colo Io può morire. Dovrà ricomporsi in un sogno di intattabellezza.

La seconda parte sul prossimo numero di Sipario, in distribuzione dal 9 gennaio 2015

Dott.ssa Maria Rita FerriPsicoterapeuta psicoanalitico, docente

della Scuola di specializzazione in Psicoterapia ad orientamento

Analitico Atanor, in Diagnosi clinica e Personalità

PERLE DI PSICOANALISI