Periodico di informazione della Provincia Regionale di...

33
Periodico di informazione della Provincia Regionale di Ragusa Anno XXVI - N. 4 Luglio/Agosto 2011 La Provincia di Ragusa La Provincia di Ragusa Il Conte rampante

Transcript of Periodico di informazione della Provincia Regionale di...

Periodico di informazione della Provincia Regionale di RagusaAnno XXVI - N. 4 Luglio/Agosto 2011

La Provincia di Ragusa

La Provincia di Ragusa

Il Conte rampante

1La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011

Figli vincenti

Abbiamo cominciato con Luca Marin in copertina quando conqui-stò a Montreal, agosto 2005, la medaglia d’argento nella gara più dura in vasca: la 400 misti. Abbiamo proseguito con Francesco

Cafiso, il genio del sax, consacrato in tivvù anche da Piero Angela, nella popolare trasmissione scientifica “Superquark”, e sul palcoscenico inter-nazionale per avere suonato, insieme al suo mentore Wynton Marsalis, alla cerimonia di insediamento del presidente americano Barack Obama. Ora tocca a Giorgio Avola, campione europeo di fioretto maschile sia nell’individuale che nella competizione a squadre in Inghilterra a Shef-field. È l’ultimo dei ‘figli vincenti’ di una provincia che nonostante sia ‘tagliata’ fuori da tutto (non ha un chilometro di autostrada, aspetta di aprire un aeroporto completo da anni ma ancora non operativo, è ai margini dello sport nazionale) riesce a forgiare giovani forti e determi-nati che partendo dalla periferia del mondo raggiungono traguardi e vette impensabili. Così come lo è stato per Luca Marin (anche se

ultimamente fa più notizia per il gossip relativo ai suoi fidanzamenti) arrivato ai vertici mondiali del nuoto allenandosi duro e sempre in una piscina che ora cade a pezzi, Giorgio Avola ha cominciato in una adattata sala scherma al Castello dei Conti. Da qui il suo appellativo di ‘Conte’ di Modica.Giorgio Avola è uno di quei ragazzi di una semplicità disarmante che nello sport e nella musica recitano da protagonisti facendosi forte di rare virtù comuni: la tenacia, la predisposizione al sacrificio, l’umiltà. È arrivato sul tetto d’Europa seguendo i sacri insegnamenti del maestro Giorgio Scarso (presidente di una federazione scherma che raccoglie consensi a livello in-ternazionale) e del suo allenatore Eugenio Migliore e ora può concentrarsi su nuovi traguardi sempre più ambiti: i Mondiali di Catania ad Ottobre di quest’anno, le Olimpiadi il prossimo anno a Londra.Il futuro gioca per Giorgio Avola. Ha soltanto 22 anni e tutto un avvenire da-vanti. Vederlo ‘tirare’ significa osserva-re qualcosa che va oltre la scherma e coincide con la bellezza stessa. Qual-cosa di simile a uno slancio, quasi un brivido di consapevolezza, un’epifa-

nia che permette a chi è lì, di non riuscire più a percepire alcuna separazione tra sé e lo spettacolo cui sta assi-stendo, di confondersi pienamente con ciò che vede, tanto da sentirsi tutt’uno con quel movimento diseguale ma armonico. In questo le ‘tirate’di Giorgio Avola sono paragonabili alle suo-nate di Arturo Benedetti Michelangeli, ai visi di Raffaello, alla tromba di Luis Armstrong, a tutto ciò che smette di essere suono, materia, colore, e diventa qualcosa che appartiene a ogni elemento, e alla vita stessa. Siamo di fronte ad un talento puro. Un ragazzo d’oro, felice interprete di uno sport di grande tradizione nel nostro Paese, di una forte eticità. Perché qui non c’è solo agonismo, c’è certezza morale, ci sono sani valori e principi di ferro. Come è giusto che sia.

di Giovanni Molè

editoriale

Luca Marin

Francesco Cafiso

Giorgio Avola

PROVINCIA REGIONALE DI RAGUSA

La GiuntaPRESIDENTEGiovanni Franco AntociBeni ed attività Culturali, Università, Gemellaggi

ASSESSORI

Ivana CastelloCultura, Turismo, Formazione Professionale, Tempo Libero

Enzo MurianaSviluppo Economico e Sociale

Giovanni DigiacomoBilancio, Tasse e Tributi, Patrimonio e Autoparco,Programmazione negoziata e Politiche Comunitarie

Riccardo TerranovaPubblica Istruzione, Orientamento Universitario,Edilizia Scolastica e Patrimoniale

VICE PRESIDENTEGirolamo CarpentieriSport, Edilizia Sportiva, Politiche Giovanili

Salvatore MalliaTerritorio e Ambiente, Protezione Civile

Salvatore MinardiViabilità, Polizia Provinciale, Grandi Infrastrutture,Società Miste, Espropriazioni, Concessioni e Licenze

Piero MandaràPolitiche Sociali, Politiche per la Famiglia,Politiche Attive del Lavoro e Personale, Spettacolo

La Dirigenza

SEGRETARIO GENERALEDIRETTORE GENERALEDott. Salvatore PiazzaGestione delle Risorse Umane, Personale(ad interim)

VICE SEGRETARIO GENERALEDott. Raffaele Falconieri

DIRIGENTI

Dott. Chimico Gaetano AbelaEcologia

Dott. Salvatore BuonmestieriGeologia e Geognostica

Ing. Vincenzo CoralloPianificazione del Territorio.

Dott.ssa Giuseppina DistefanoTurismo, Cultura, Beni Culturali, Beni Unesco, Spettacolo, Politiche Sociali, Welfare locale, Politiche Attive del Lavoro

Dott. Raffaele FalconieriPolizia Provinciale, Patrimonio e Autoparco

Ing. Carmelo GiuntaValorizzazione e Tutela Ambientale

Dott.ssa Lucia Lo CastroServizi Economici e Gestione Bilancio

Ing. Salvatore MaucieriEdilizia Patrimoniale, Sportiva e Scolastica

Avv. Salvatore MezzasalmaSettore Legale

Dott. Giancarlo MigliorisiSviluppo Economico e Sociale, Programmazione Socio-Economica, Politiche Comunitarie, Euromediterranee e Cooperazione allo Sviluppo Tributi, Espropriazioni, Gare, Appalti e Contratti

Avv. Benedetto RossoPubblica Istruzione, Orientamento Scolastico e Formazione Professionale, Università, Politiche Giovanili, Sport e Tempo Libero

Ing. Carlo SinatraServizi Viabilità

Periodico di informazione della Provincia Regionale di RagusaAnno XXVI - N. 4Luglio/Agosto 2011

La Provincia di Ragusa Direttore: Giovanni Franco Antoci - Presidente Provincia Ragusa

Direttore Responsabile: Giovanni Molè

Redattore: Antonio Recca

Segretario di Redazione: Enrico Boncoraglio

FotografieGiovanni Antoci, Antonio e Massimo Assenza, Tony Barbagallo, Francesco e Stefano Blancato, Tiziana Blanco, Maurizio Cugnata, Sergio Di Martino, Raffaele Di Rosa, Giuseppe Leone, Valentina Mazza, Maurizio Melia, Giuseppe Moltisanti, Laura Moltisanti, Luigi Nifosì, Giovanni Noto, Lorenzo Salerno, Gino Taranto

Hanno collaboratoElio Alfieri, Maria Laura Andronaco, Giorgio Caruso, Daniela Citino, Giovanni Criscione, Laura Curella, Giovanni Diquattro, Michele Farinaccio, Silvia Girasa, Federico Guastella, Antonio La Monica, Elisa Mandarà, Carmela Minardo, Federica Molè, Pietro Monteforte, Giovanni Ottaviano, Carmelo Saccone

In copertina: Giorgio Avola

Progetto grafico: Ada Comunicazione

Impaginazione: Emanuele Cavarra www.kreativamente.it

Stampa: Arti Grafiche MORA SrlZona Industriale II Fase - Tel. 0932.667009 - 97100 Ragusa

Gli scritti esprimono l’opinione dell’autore.

Direzione e redazionePalazzo della Provincia - Viale del Fante - 97100 Ragusa - Tel. 0932.675322 - 0932.675888 - Fax 0932.624022Registrazione Tribunale di Ragusa n.4 del 24 Aprile 1986.Spedizione in abbonamento postale. Autorizzazione Postatarget Creative n. S2/231/2008Sito internet: www.provincia.ragusa.it - E-mail: [email protected] - [email protected]

sommario

EDITORIALE Figlivincentidi Giovanni Molè

ISTITUZIONI Provincesì,Provincenodi Giovanni Molè

Occhipinti:AbolireProvinceèsceltademagogica

CONSIGLIO Duecambiincorsadi Antonio Recca

TURISMO Tuttoruotaattornoall’aeroporto

Failla(FdS):Prontiavincerequestascommessadi Carmela Minardo

Barrera(MpA):Civuoleunmarchioprovinciale di Pietro Monteforte

UNIVERSITÀ Ragusa,sedediFacoltà.Epoi? di Antonio La Monica

RICERCA L’archiviodell’Azasisottolalentedi Laura Curella

AMBIENTE Bracconaggioefumarole,lottasenzaquartiere di Antonio Recca

Unmarchioperiprodottidelleriserve di Antonio Recca

EVENTI Tuttipazziperilcioccolatodi Carmelo Saccone

IMPIANTI Campi(esport)pertuttidi Michele Farinaccio

STORIA Fratellid’Italia…di Maria Laura Andronaco

“L’Italiaèfatta.ParoladiMazzini”di Giovanni Ottaviano

CADUTIDIGUERRA Il‘sacrificio’diGiorgioTidonadi Giovanni Diquattro

ANNIVERSARI La‘patria’diQuasimododi Elisa Mandarà

GliamoritormentatidelPoeta di Pietro Monteforte

Il‘Parco’diQuasimododi Giovanni Criscione

14568

101315161718202123242830

LIBRI Vittoria come metafora di Maria Laura Andronaco

Il viaggio catartico di Federico Guastella

ARTE La ‘casa’ di Bracchitta di Elisa Mandarà

Fotografo? Sì, ma disegno pure di Daniela Citino

Le stagioni della donna di Elisa Mandarà

TEATRO Kaukana, di tutto di più di Elisa Mandarà

CINEMA Il ‘nuovo’ Montalbano di Laura Curella

Lando Buzzanca torna a casa di Federica Molè

Kamarina accoglie il ‘corto’ d’autore di Elisa Mandarà

Il ‘montaggio’ di Alessia Scarso di Silvia Girasa

EVENTI Qua la mano di Elisa Mandarà

SCULTURA Sguardo di donna. Ma ad oriente di Pietro Monteforte

SCHERMA Il fioretto d’oro di Avola di Giovanni Molè

Il Conte di Modica di Giorgio Caruso

CALCIO Eccellenza, derby infinito di Elio Alfieri

IL BILANCIO

ALBUM Miniere di storia Foto: Giovanni Antoci - Testi: Marcella Burderi

32333436373840414243444647495052

�La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011 � La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011

fatto con serietà e intelligenza e che deve rifuggire dalle medesime superficialità e perniciose sempli-ficazioni praticate dai sostenito-ri operanti nel campo opposto. Ben venga quindi, un confronto serio e definitivo finalizzato alla realizzazione dell’accorpamento in un’unica entità amministrativa tra Province e Comuni insistenti nelle aree metropolitane, insieme all’auspicata unificazione delle piccole o piccolissime Province, alcune di poche decine di migliaia di abitanti, del tutto inadeguate al loro ruolo. Ma lo si deve fare, magari, partendo dalla proposta dell’Upi, prima scrivendo le rego-le e ricorrendo a criteri generali e uniformi”.Non c’è una difesa a priori del-l’istituzione Provincia ma si avver-te la necessità di una rivisitazione dell’intero sistema pubblico.“Appare necessario realizzare – aggiunge Antoci - quella inte-grazione delle politiche nazionali e territoriali divenuta indispensa-bile per dare più forza alle scelte, coordinare gli interventi e preve-nire inutili conflitti. Il costo della politica va senza dubbio conte-nuto, ma ciò non vuol dire che la soluzione stia nel cancellare una istituzione come la Provincia che ha una forte legittimazione popolare, la cui azione nasce e si sviluppa sul territorio e che, per-tanto, può essere valida fonte di confronto con le altre istituzio-ni, rendendo un buon servizio al nostro sistema democratico. Le Province oggi giorno chiedono sempre più a gran voce che venga avviato quanto prima il processo di riforma della pubblica ammini-strazione, perché è necessaria una definizione chiara dei ruoli e delle competenze di ciascun ente, ri-portando in capo ai Comuni e alle Province le funzioni amministra-tive. Questo processo può solo compiersi seguendo i dettami del-la nostra Costituzione, lavorando per la piena attuazione del Titolo V. L’articolazione della Repubblica in regioni e autonomie locali, in-fatti, non vuole essere alla base di un sistema istituzionale immobi-le, ma vuole essere motore com-plesso di un ordinamento che sia davvero democratico, magari per-seguendo un modello federalista, ma che soprattutto sia attento alle esigenze dei cittadini ed alle tante esigenze del territorio”.

La Provincia di Ragusa istituzioni

In modo ciclico ritorna la propo-sta di abolizione delle Province. Il tam-tam cominciò già tre anni

fa, poi il dibattito si arenò per una corale presa di posizione contra-ria, ma la forte crisi economica che ha scosso i Paesi Europei (ma anche l’America non è esente) e la decisione della Banca Centra-le Europea di ‘commissariare’ di fatto l’Italia imponendo manovre per rientrare dal pesante debito pubblico ha imposto al Governo italiano di varare provvedimenti urgenti senza alcuna concerta-zione. In pieno agosto il primo segnale: abolizione delle Province sotto i 300 mila abitanti. Provincia di Ragusa salva, potendo contare su almeno ventimila abitanti in più. Neanche il tempo di prendere atto di non rientrare nel provve-dimento deciso dal Governo che fa capolino la proposta radicale di cancellare tutte le Province e a tal proposito il Governo emana un disegno di legge costituzionale per modificare la Magna Carta. In questo processo va inserito il pro-getto, annunciato da tempo e ri-lanciato in occasione del Meeting di Rimini, del governatore siciliano Raffaele Lombardo di varare au-tonomamente l’abolizione delle Province, facendosi forte dello statuto speciale della Sicilia, isti-tuendo i liberi consorzi dei Comu-ni. Insomma, o di riffe o di raffa, Province out? Il ddl costituzionale sull’abolizione delle Province che ha tempi abbastanza lunghi po-trebbe essere preceduto da una legge dell’Assemblea Regionale Siciliana che di fatto anticipereb-be la riforma dell’ordinamento

delle autonomie locali. La verità è che in Italia, ma anche in Sicilia, il dibattito politico diventa sempre più superficiale e illogico e conta-gia progressivamente tutti coloro che vi partecipano. Se poi tira aria di antipolitica per operare ‘tagli’ alla spesa pubblica, l’abolizione delle Province appare la soluzione a portata di mano senza tenere conto del ruolo di questi Enti ma operando una semplificazione istituzionale che appare disar-mante per come viene concepita e attuata. Un dato che sottolinea il presidente della Provincia di Ra-gusa Franco Antoci anche nella sua qualità di vicepresidente na-zionale dell’Upi (Unione Province d’Italia).“La scelta tout court di abolizio-ne delle Province – argomenta Antoci - rischia di vulnerare un processo che invece ha bisogno

della chiara definizione di criteri e parametri razionali e oggettivi per una riforma che riguarda l’intero Paese e che, proprio per questo, non può essere gestita con bat-tute ad effetto, ma piuttosto con studi e analisi serie e condivise. La verità che tutti sanno (almeno gli addetti ai lavori certamente) è che dall’eliminazione delle Province non si avranno risparmi di alcun tipo, ma solo scollamenti istitu-zionali e disservizi amministrativi. Ma ciò nonostante la demagogia imperante abbia individuato il suo agnello sacrificale, la battaglia per fare emergere la verità è lunga e difficile ed è unicamente rivol-ta alla tutela reale degli interessi dei cittadini che saranno gli unici a pagare il prezzo dell’abolizione delle Province, semmai si doves-se arrivare a tale decisione, ma è certamente un percorso che va

di Giovanni Molè

Province sì, Province noIl presidente Franco Antoci, dopo le ultime iniziative legislative sia a Roma che a Palermo di segno opposto, rilancia il ruolo (insostituibile) delle Province ma auspica l’avvio del processo di riforma della pubblica amministrazione perché è necessaria una definizione chiara dei ruoli e delle competenze di ciascun Ente

Occhipinti:Abolire Province è scelta demagogica

La scelta di abolire le Province manifesta la volontà del Governo di inseguire le derive demagogiche indicate da ben determinati grup-

pi, che ingenera ulteriore confusione e conflitti istituzionali oltre ad un sensibile aumento della spesa pubblica. Questo nuovo sorprendente at-teggiamento del Governo nazionale, che è analogo a quello del Gover-no Lombardo in Sicilia, ha immediatamente determinato nella pubblica opinione la delegittimazione politica delle Province, quali istituzioni costitutive della Repubblica e della Regione siciliana, e dunque degli amministratori provinciali che sono stati eletti a suffragio universale, di-rettamente dal popolo. Di fatto, questo comporterebbe, a mio avviso, la lesione del diritto alla rappresentanza democratica dei territori. Infatti, non dobbiamo dimenticare che, mentre la gran parte di specifici porta-tori di interessi è organizzata a livello provinciale si farebbe venire meno l’istituzione democratica che dovrebbe rappresentarli. Di fatto verreb-be meno la proverbiale organizzazione dei poteri locali tra il Comune capoluogo e il territorio contiguo, che vede nella Provincia l’ente sovra comunale. Ma poi, possibile che non ci si è resi conto che stravolgendo in modo radicale l’organizzazione dei poteri amministrativi nel territo-rio, si arriva irrimediabilmente alla fine del cammino avviato con l’attua-zione dell’art. 119 della Costituzione in materia di federalismo fiscale? Non sarà indispensabile, dopo aver approvato la legge delega e i decreti attuativi, legge fortemente voluta dalla Lega, rimettere mano a tutta l’architettura del federalismo fiscale?Dobbiamo far capire ai cittadini che l’abolizione delle Province con l’inevitabile modifica costituzionale tuttavia, non risolverà i principali problemi che la riforma costituzionale del 2001 presentava. Infatti, in futuro potranno non esserci più le Province e la nostra Repubblica sarà costituita da Comuni, Città metropolitane e Regioni, ma le Città metro-politane non sono individuate chiaramente e non è ben definita la loro natura e il loro ordinamento. Confusione totale, con un ordinamento locale in parte affidato allo Stato (per Comuni e Città metropolitane) e in parte affidato alla Regione siciliana, con l’assenza delle Province, che da 150 anni hanno rappresentato l’ente di “area vasta” intorno al quale si organizzava il territorio.Ma quello che in effetti è stato sottaciuto, per le sue dirette conseguen-ze sull’aumento della spesa pubblica, è il fatto che le funzioni delle at-tuali Province saranno affidate alle Unioni di comuni secondo le scelte operate dalla Regione siciliana, scelte che in piena attuazione vedrà in Sicilia la creazione di enti di “area vasta” in un numero molto superiore rispetto a quello delle Province esistenti. Recentemente, nella nostra Re-gione, abbiamo già avuto una esperienza disastrosa similare, con l’aboli-zione delle Aziende Autonome Provinciali del Turismo. A distanza di sei anni dalla loro soppressione, le cui motivazioni per l’eliminazione erano di segno uguale a quelle addotte per la cancellazione delle Province, non solo non sono stati approvati i tanto decantati “distretti turistici” ma quando questi lo saranno, ci ritroveremo con oltre 20 enti similari, molti di più del 9 precedenti, con relativi presidenti, consigli d’ammini-strazione ed altro. Muovendo da queste ragioni esprimo il mio più totale dissenso per questa decisone, che non esito a definire demagogica, da semplice cittadino ancor prima che da uomo delle istituzioni pubbliche.

Il presidente del Consiglio Provinciale Giovanni Occhipinti interviene nel dibattito sull’abolizione delle Province e lancia l’allarme sulla delegittimazione politica dell’Istituzione e dei consiglieri eletti a suffragio universale e che comporta la lesione del diritto alla rappresentanza democratica dei territori

Alcuni presidenti delle provincie italiane in ricevimento al Quirinale

�La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011 � La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011

La Provincia di Ragusa consiglio

Due cambi in corsaIn prossimità della fine legislatura due nuovi ingressi in consiglio provinciale. Paolo Roccuzzo e Marco Di Martino sostituiscono i consiglieri Tumino e Mustile eletti nei civici consessi di Ragusa e Vittoria

di Antonio Recca

Prima della pausa estiva il con-siglio provinciale a maggio-

ranza ha approvato con 15 voti favorevoli e 5 contrari le variazioni al bilancio di previsione 2011 con applicazione di parte dell’avanzo di amministrazione non vincolato risultante dal conto consuntivo 2010. La manovra di un milione e 160 mila euro, a fronte di un avan-zo di un milione e800 mila euro, ha registrato una proposta della Giunta provinciale che impegna-va 750 mila euro per il Consorzio Universitario, 110 mila euro per il finanziamento dei debiti fuori bi-lancio e 300 mila euro per oneri fi-nanziari. All’esame del presidente del consiglio provinciale Giovanni Occhipinti sono stati presentati diversi emendamenti: 8 dell’op-posizione e uno della maggioran-za. Bocciati quelli dell’opposizione con uno schieramento compatto della maggioranza, invece è sta-

to approvato quello proposto dai gruppi consiliari del Pdl,Udc, Fli e Forza del Sud e illustrato in aula dal consigliere Salvatore Mandarà (Pdl). Il maxiemendamento della maggioranza ha riposizionato nei vari capitoli l’avanzo di ammini-strazione di un milione e 160 mila euro decidendo di assegnare 400 mila euro al Consorzio Universita-rio e distribuendo 760 mila euro per finanziare diverse attività, tra

le quali 117 mila euro per contri-buti straordinari per associazioni sportive, 118 mila e 500 euro per promozione spettacoli ed iniziati-ve artistiche, 48 mila per fornitura servizi assistenziali e 52.500 euro per assistenza ai non vedenti e ai non udenti, oltre ad altri interventi nei settori delle politiche giovanili, delle politiche comunitarie e dello sviluppo agricolo.

Varata la manovra di assestamento del bilancio

Cambia la mappa del consiglio provinciale. Ci sono stati due nuovi ingressi nel massi-mo consesso, a seguito delle elezioni amministrative nei comuni di Ragusa e Vittoria del 29 e 30 maggio scorsi. I due subentri sono stati determinati dalle dimissioni dei

consiglieri provinciali Alessandro Tumino (Pd) e Giuseppe Mustile (Sel), eletti, il primo nel comune di Ragusa e il secondo al comune di Vittoria. A sostituire Tumino il primo dei non eletti della lista dei Democratici di Sinistra Paolo Roccuzzo che dopo l’insediamento ha di-chiarato di aderire al gruppo consiliare del Movimento per l’Autonomia. Con questa scelta il gruppo consiliare del Partito Democratico si è ridotto a tre consiglieri, mentre, è cresciu-to quello del movimento autonomista. Il neo consigliere Marco Di Martino, primo dei non eletti della lista del Partito di Rifondazione Comunista ha confermato l’appartenenza al gruppo nel quale è stato eletto. Le dimissioni di Tumino e Mustile hanno provocato anche qualche variazione nella composizione delle commissioni consiliari. Il dato più significati-vo è dato dalla presidenza della Commissione Bilancio presieduta proprio da Tumino ed assegnata ad un consigliere della minoranza. La surroga di Tumino alla presidenza della seconda commissione non è ancora avvenuta.Ora la parola ai due nuovi consiglieri provinciali per conoscere programmi e indirizzi della loro azione politica in questo scorcio di legislatura.

“Rientro in Consiglio Provinciale dopo alcuni anni di assenza dal mondo della politica ed oggi più che mai, quest’ultima sta attraversando un mo-mento delicato. La situazione di una crisi che si sta manifestando più profonda e più vasta di quanto non ci si potesse aspettare, porta l’opinione pub-

blica, ritengo giustamente, a chiedere che i sacrifici di cui si parla, vengano fatti anche, se non principalmente dalla classe politica. Ritengo sia av-vertita una forte necessità dei cittadini a trovare strumenti di confronto e di conoscenza, che va oltre i confini dei parti-ti tradizionali, i quali probabil-mente non hanno saputo co-gliere questa necessità, oggi si avverte la volontà di vedere

- Il suo ingresso in consiglio avviene quasi alla scadenza della legislatura, quale crede possa essere il suo maggior contributo prima della fine del manda-to?Il mio impegno istituzionale arriva solo alla fine del mandato ed anche alla fine credo di un ciclo politico del centrodestra in provincia di Ragusa. Infatti il consuntivo dell’intero mandato è evidentemente di-sastroso, basta chie-dere ad un qualun-que cittadino cosa ha fatto per lui la pro-vincia in questi anni,

difesi i diritti come cittadini, come cittadini legati ad un territorio che non vuole sottratte le proprie risorse, come cittadini portatori di cultura di valori e di tradizioni. Chi sa cogliere queste esigenze e adoperarsi per la loro tutela e valorizzazione non solo dà un senso alla propria azione politica, ma fa un servizio nei confronti del proprio territorio e della propria gente.Sono fortemente critico con chi parla di interesse generale ma poi opera in direzione opposta, per esempio, oggi si discute tanto della situazione del-l’università a Ragusa, tutti impegnati con le parole a difendere gli studenti e le facoltà di giurispruden-za ed agraria, ma qualche giorno prima, per esem-pio in Consiglio Provinciale, si sono preoccupati di utilizzare i fondi destinati all’Università per finalità certamente meno nobili, ma che li vedono più inte-ressati, non mi pare che su questo alcun dirigente dei partiti di questa maggioranza si sia lamentato o sia intervenuto per dimostrare il proprio disappun-to. Certamente ciascuno si comporta come vuole e come meglio intende, saranno sempre i cittadini a valutare i comportamenti di ciascuno scegliendo i propri rappresentanti, tranne per il parlamento na-zionale per il quale vengono nominati dai segretari di partito, grazie ad una legge assurda. Credo che ciascuno di noi debba fare una profonda riflessione sul ruolo che compete a chi eletto, è chiamato ad occuparsi della cosa pubblica, una riflessione che porti a ripensare, anche al modo di fare politica facendo una scaletta delle priorità, mettendo al primo posto la dignità dei cittadini che si ha l’onore e l’onere di rappresentare”.

e non si otterrà nessuna risposta, questo rappresenta uno dei motivi che generano il sentire comune dell’ inutilità delle province. Quindi ritengo che noi consiglieri di sinistra dobbiamo iniziare a programmare il futuro, riportando al centro dell’ agenda politica le questioni della crisi di questo modello di svi-luppo, rilanciare una programmazione reale delle risorse, delle infrastrutture strategiche e soprattutto ridando voce alle questioni del lavoro.- Quali sono i settori che meritano mag-giore attenzione?Penso sia davanti agli occhi di tutto che la Provincia ha fallito proprio nei settori di sua competenza specifica, quindi infrastrutture, edilizia scolastica , viabilità ed ambiente. In questi settori si registrano totali vuoti di programmazione e non vi è una realizzazio-ne degna di nota.- Quali sono i capitoli di spesa che po-tenzierebbe e per quale scopo?Andrebbero potenziati, così come proposto con gli emendamenti in sede di variazioni di bilancio, tutti quei settori in cui la Pro-vincia ha una specifica competenza e poi soprattutto quei capitoli funzionali alla rea-lizzazione di nuovi servizi ai cittadini o che possono essere volano di nuove iniziative di lavoro. È paradossale che tutti i capitoli che riguardano proprio i servizi ai cittadini sono in deficit, mentre i capitoli delle feste e di tutto ciò che crea clientele non viene mai messo in discussione”.

Paolo Roccuzzo (Mpa): “Al primo posto

i diritti dei cittadini”

Marco Di Martino (Prc): “Ridare voce alle

questioni del lavoro”

�La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011 � La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011

La Provincia di Ragusa turismo

Tutto ruota attornoall’aeroportoLa mancata apertura dello scalo di Comiso blocca lo sviluppo del settore turistico che non può limitarsi a vivere di luce riflessa sull’onda dell’effetto Montalbano. Ecco analisi e proposte nel confronto tra i consiglieri Sebastiano Failla e Pietro Barrera

I mesi estivi riaprono il tema dello sviluppo turistico della provincia di Ragusa. L’aumento o il decremento delle presenze turistiche nel territorio è un altro motivo di discussio-ne che amplia il dibattito tra gli operatori del settore su presunti ritardi e colpe degli

amministratori pubblici nel mancato decollo di questo settore o su una visione ristretta di come pianificare interventi di marketing nel favorire l’attrazione turistica del territorio ibleo. Dibattito aperto, apertissimo. Ma quando si va al cuore del problema, ecco affiorare il gap infrastrutturale della provin-cia di Ragusa. Senza un chilometro di autostrada, l’aeroporto di Comiso pronto ma chiuso. Si può pensare ad una riconversione economica della provincia senza disporre delle infra-strutture? No, di sicuro. Così anche se lo sviluppo socio economico della nostra provincia sia proiettato nel settore turistico per via della profonda crisi del settore agricolo, c’è la massima attenzione da parte dei tour operator nazionali ed esteri circa l’avvio delle infra-strutture che supporteranno un crescente sviluppo turistico. L’apertura dell’aeroporto di Comiso appare fondamentale e strategica per incrementare le potenzialità turistiche del territorio che non può crogiolarsi solo sull’effetto della fiction televisiva del commissario Montalbano. Su quale stagione deve vivere il turismo in provin-cia di Ragusa e quali azioni deve attivare ne abbiamo parlato col vicepresidente del consi-glio provinciale Sebastiano Failla (Forza del Sud) e il capogruppo consiliare del Movimento per l’Autonomia, Pietro Barrera.

- Qual è lo stato di salute del territorio nella sfida con le altre realtà turisti-che e soprattutto quale forma di svi-luppo deve essere intrapresa ?“In esplicito, il turismo ibleo si presenta con varie opportunità sotto il profilo so-ciale, economico, culturale e politico. La provincia di Ragusa oggi ha una grande occasione. Recuperato il gap infrastrut-turale deve sapersi trovare pronta alle logiche di marketing commerciale su cui insiste la sfida. Compito della politica è non mollare la presa sulla valorizzazione e tutela del paesaggio, sull’immenso patri-

- Il turismo viene indi-viduato come il nuovo motore di sviluppo dell’economia iblea. Da dove bisogna par-tire per un decollo definitivo di questo settore?Se vogliamo che il nostro territorio sia valorizzato al massimo è necessario investire in primis in un marchio provinciale e di qualità. Per intercettare

monio culturale, sulla fruibilità dei luoghi, sull’accoglienza. Un plus che lo sviluppo di altri settori produttivi non consentirebbe”.- Crede che le presenze turistiche in provincia di Ragusa siano riconducibili alla promozione fatta?“Gli indicatori turistici ci dicono come c’è la chiara necessità di individuare un nuovo modello di promozione turistica e cultura-le che prescinda dalla partecipazione alle fiere di settore, inutili per una meta turisti-ca quale la Sicilia, immediatamente indivi-duabile e riconoscibile dai turisti di tutto il mondo, e punti invece sull’esaltazione del-la propria identità e del proprio patrimo-nio culturale, paesaggistico, turistico. La Provincia di Ragusa oggi offre questa op-portunità. La si colga, partendo dalla netta affermazione della propria identità e della propria specificità, vissuta senza complessi ed addirittura utilizzata come mezzo di at-trazione turistica e radicamento territoriale da un intero popolo”.- L’aeroporto davvero cambierà le sor-ti economiche di questa provincia?L’aeroporto è la vera novità della scom-messa turistica di questo territorio. Trovo una classe imprenditoriale turistica davve-ro preparata a vincerla questa scommessa. Vedo un settore turistico pronto ed inseri-to in un progetto organico di sviluppo, che ha già indicato un modello di sistema che passa attraverso la qualità del’offerta e dei servizi integrati. Infrastrutture, cura dei luoghi, servizi pubblici efficienti, non sono semplici corollari, ma l’essenza stessa del sistema d’attrazione turistica e come tali vanno curati. Apprezzo l’impegno diretto dei privati, come avvenuto di recente nei nascenti distretti, purché esso sia favorito dalla definizione di regole che dettino le linee guida e lascino ai territori ed alle loro sensibilità la capacità di trovare elementi di coesione e sviluppo comune”.

Carmela Minardo

il turista occorre una programmazione seria e preventiva di tutti gli eventi culturali, sagre, feste religiose, nonché percorsi enogastro-nomici per far conoscere, oltre alla nostre bellezze architettoniche e paesaggistiche, il nostro vino, le nostre cantine, i nostri pro-dotti, la nostra cucina. Non trascurerei il turismo balneare che sia legato alla nautica da diporto, in considerazione degli 80 chi-lometri di costa e di mare cristallino di cui dispone il comprensorio ibleo. Bisogna inter-cettare altresì il flusso delle navi passeggere attraverso le compagnie di navigazione na-zionali e internazionali, creando le strutture adeguate al porto di Pozzallo. - Pensa alla provincia come ad una porta del Mediterraneo?L’ho definita “Porta Barocca del Mediterra-neo” perché il turista quando arriva in un territorio vuole sentirsi parte attiva di quel luogo, partecipare alle attività locali, cono-scere, oltre che ai monumenti architettonici, alle chiese, alle spiagge, al paesaggio, alla gastronomia, ai prodotti tipici, la gente del luogo, le sue usanze, la sua cultura. La vacan-za è un modo per fuggire dalla realtà quoti-diana, dai suoi ritmi frenetici e dalla freddez-za delle relazioni che s’instaurano. Tutto ciò è realizzabile se c’è una forte coesione tra il pubblico e il privato. Le nuove esperienze avvertite dalla società di oggi danno molta importanza alle relazioni interpersonali, le-gate all’offerta turistica, che sono ricercate anche durante la vacanza. Ecco che le strut-ture ricettive non possono limitarsi a fornire semplicemente l’alloggio e, in taluni casi, la ristorazione ai propri clienti, ma debbono includere servizi complementari, attività che spaziano dalle visite guidate alle degustazio-ni di prodotti tipici, alle attività agricole o ar-tigianali del posto. E’ necessario attivare ad esempio lungimiranti azioni sinergiche tra il settore del turismo e quello artigianale.- Verso dove va il turismo ibleo?I risultati turistici ottenuti non sono sicura-mente positivi e la crescita turistica per il ri-lancio del territorio ibleo non c’è stata. Per cui è importante cambiare rotta e pensare a un turismo diverso, globale e totale per poter rilanciare la provincia di Ragusa. A co-minciare dalla Film Commission che dovreb-be avere un ruolo più incisivo e propositivo. Il territorio ibleo potrebbe trovare l’interesse di altri produttori cinematografici, al di là del-le fiction sul commissario Montalbano. Ci si augura che tutte le forze politiche, sindacali e sociali, nell’interesse della provincia comin-cino a collaborare nelle medesima direzione se tutti abbiamo a cuore lo sviluppo turistico del nostro territorio”.

Pietro Monteforte

Failla (FdS): Pronti a vincere

questa scommessa

Barrera (MpA): Ci vuole un marchio

provinciale

10La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011 11 La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011

Scuola dello Sport di Ragusa. Ore 9. Una viva-cità particolare si respira nell’aria. Sono tre-cento circa gli studenti provenienti da tutta

la Sicilia che vengono a Ragusa per scommettere una parte del loro futuro. Diciamolo pure, dopo oltre un anno di polemiche, non tutte edificanti, di litigi e di speranze, l’avventura universitaria di Ragusa riparte da qui. Con i test di ammissione per le aspiranti matricole del corso di Laurea in Mediazione Linguistica e Interculturale della Fa-coltà di Lingue con sede unica a Ragusa.Una vittoria o una sconfitta? Sarà il tempo a dir-lo. Lo stesso tempo che per oltre quindici anni è trascorso per edificare il castello universitario nella nostra provincia. Certo è che se oggi qual-cuno tornasse a Ragusa dopo nemmeno due de-cenni, stenterebbe a credere che la provincia più a sud d’Italia possa vantare una sede unica per la Facoltà di Lingue. Ma per chi, invece, qui a Ragu-sa è rimasto ed ha vissuto, il senso di un parziale fallimento può anche essere giustificato. Perché? Proviamo a fare un passo indietro e cerchiamo di capirlo. Era il gennaio del 1995 quando si costi-tuiva a Ragusa Ibla, nella sede di via Solarino il nuovo Consorzio Universitario della Provincia di Ragusa. Un consorzio importante che ha potuto vantare tra i suoi soci il Comune di Ragusa, il Co-mune di Modica, il Comune di Comiso, il Comu-ne di Vittoria, la Provincia Regionale di Ragusa e l’Associazione per la Libera Università degli Iblei e, per un breve periodo anche la Banca Agricola Popolare di Ragusa. Il Consorzio nasce con lo scopo immediato di assicurare la prosecuzione del corso di Laurea in Scienze Agrarie Tropicali e Subtropicali della Facoltà di Agraria dell’Univer-sità degli Studi di Catania, istituito con Decreto Rettorale del 29 gennaio 1993.

Erano gli anni floridi del “Piano di Sviluppo del-le Università” e Ragusa fu pronta a cogliere le opportunità che le si presentavano. Il Consor-zio Universitario della Provincia di Ragusa com-prende in questi anni l’importanza di estende-re la collaborazione con l’Università di Catania, attivando altre Facoltà, Corsi di laurea, Diplomi Universitari, Corsi di Specializzazione e di per-fezionamento e Master specialistici. La volontà dichiarata è quella di mantenere una viva atti-vità scientifica e un apprezzabile livello cultura-le e accademico in questa area e avendo come obiettivo generale quello di dare vita in provincia di Ragusa ad un polo universitario autonomo. Obiettivo, lo vedremo in seguito, non facile da

La Provincia di Ragusa università

Ragusa, sede di Facoltà.E poi?Il tramonto dell’ipotesi di costituire il quarto polo statale per il cinico dietrofront dell’Università Kore di Enna riduce il numero dei corsi di laurea a Ragusa che si consola, al momento, con la Facoltà di Lingue. Ma come si andrà a ricominciare?

di Antonio La Monica

Lo sfogo di Antoci:“Tutti con la ricetta pronta, ma i soldi?”

“C’è una strana fibrillazione sul tema dell’Università in

provincia di Ragusa. Sarà an-che per il momento elettorale che stiamo vivendo, ma quan-do partiti politici e movimen-ti si scagliano contro gli Enti (Provincia e comune di Ragusa) che sono i principali finanziato-ri del Consorzio Universitario, finiscono per creare confusio-ne anche tra gli studenti inge-nerando malcontento e non favorendo la buona immagine dell’Università iblea”. Franco Antoci interviene sulla questione Università ribaden-do le scelte fatte dalla Provincia per assicurare il prosieguo dei corsi universitari e la presenza stessa dell’Università. “Aver raggiunto in sede di transazione l’accordo col Se-nato Accademico affinché Ragusa diventasse sede della Facoltà di lingue credo che sia stato un grosso risultato e per perseguire questa linea ci sia-mo costituiti ad opponendum nel ricorso al Tar presentato dal preside della Facoltà di Catania. Non abbiamo molla-to un attimo per dare vita al quarto polo statale a rete con le province di Siracusa e Enna. Insomma, non ce ne siamo ri-masti con le mani in mano. Ma

l’Università è un patrimonio di tutti e l’onere non può caricar-selo solo la Provincia e il co-mune di Ragusa. Così quando il Pd si mette sul piedistallo ad emettere sentenze credo che avrebbe il dovere morale di convincere i sindaci di Modica e Vittoria ad aderire al consor-zio Universitario e l’assessore regionale Mario Centorrino ad erogare un congruo contributo all’Università. I corsi universitari di Agraria e Giurisprudenza possono esse-re mantenuti, a condizione che si trovino i relativi fondi. Que-sto argomento mi dà l’occa-sione per ribadire che finora il Consorzio si è sostanzialmente retto sulle finanze del Comune

Capoluogo e della Provincia e nessuno si è fatto avanti per contribuire alla vita della nostra Università. Si era proclamato a gran voce che l’ostacolo all’in-gresso di Enti e privati fosse lo statuto; ci abbiamo messo un anno per cambiarlo: risultato zero! Il territorio, la politica, l’impren-ditoria, i sindacati, le banche, i privati della nostra provincia che chiedono che l’Università resti, con tante facoltà, con tanti studenti, dove sono? Per-ché non si fanno avanti? Per-ché non dimostrano concre-tamente questa loro volontà? Istituzioni come la Camera di Commercio, che pure è socio della Sac, l’Asi, le associazio-ni di categoria specialmente quelle degli imprenditori, le Banche, a partire dalla Banca Agricola che già in passato ha dato un grosso contributo, non sono evidentemente inte-ressate. La Provincia di Ragusa e il Co-mune di Ragusa sono invece chiamati, e lo fanno volentieri, pur nella povertà dei loro bi-lanci, a sostenere un’Istituzio-ne che a parole tutti vogliono, ma nessuno sostiene, Questa è purtroppo l’amara situazione di oggi”

raggiungere. Seppur tra le polemiche, nasce il corso di laurea in Giurisprudenza che incontra un immenso favore tra gli studenti che trovano a pochi passi da casa un corso di tutto rispetto. Lo confermerà a metà del primo decennio del Duemila la presenza frequente del preside Luigi Arcidiacono e dell’allora presidente della Corte Costituzionale Alberto Capotosti. Un successo, però, che non basta a garantire uno sviluppo duraturo.

Dopo un decennio di risultati altalenanti, con soci non sempre pronti ad onorare i loro debiti nei confronti del Consorzio, la presenza dell’Uni-versità a Ragusa è fortemente a rischio. Snodo cruciale è l’incontro del giugno 2010. Al tavolo si trovano il magnifico Rettore dell’università di Catania Antonio Recca, i vertici dell’allora con-siglio di amministrazione del Consorzio Univer-sitario di Ragusa, i loro colleghi dell’ateneo sira-cusano ed i rappresentanti della Kore di Enna.

12La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011 13 La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011

ricerca

L’archivio dell’Azasisotto la lenteUn dottorato di ricerca per studiare gli archivi dell’azienda asfalti siciliani permetterà di favorire le ricerche sulla storia economica della Sicilia

di Laura Curella

Un prezioso tassello di storia ragusana sarà presto fruibile agli ap-

passionati e studiosi di storia con particolare riferimento alla presenza industriale nel territorio ibleo. Si sono infatti formalizzati gli atti propedeu-tici al trasferimento degli ar-chivi storici dell’Azasi (Azienda asfalti siciliani), uno dei tre enti economici che la Regione Sici-liana ha deciso di liquidare, alla Provincia Regionale di Ragusa. Il trasferimento degli archivi pone fine ad tortuoso e lungo percorso burocratico che ha vi-sto fronteggiare le ragioni della provincia di Ragusa contro gli interessi della Regione Sicilia e che ha come protagonista la storia di quella che fu, all’inizio degli anni ’60, una delle più importanti realtà industriali del ragusano. Con orgoglio il pre-sidente della Provincia Franco Antoci spiega: “Grazie ad un illuminato provvedimento legi-slativo regionale, unico nel suo genere, è stato possibile de-stinare i proventi della dismis-sione dell’Azasi direttamente alla nostra provincia, si tratta dei cosiddetti fondi ex Insicem. Ora anche i documenti storici di quella società passeranno alla Provincia di Ragusa”.

L’amministrazione sta valutan-do già alcune valide ipotesi di collocazione che renderanno presto l’archivio fruibile al pub-blico. L’opzione più probabile potrebbe essere la sistemazio-ne dell’archivio Azasi nei loca-li in via Rapisardi (Palazzo del Governo), insieme all’archivio storico provinciale e la biblio-teca.“Stiamo pensando di trasferire anche la sede dell’assessorato alla Cultura - aggiunge Anto-ci - creando di fatto un nuovo polo culturale al posto dell’Ato Idrico che sarà spostato all’Asi. L’archivio sarà a disposizione di tutti gli studiosi interessati alla storia dell’economia ragusa-

na e siciliana e di questo non possiamo che essere grati al commissario liquidatore Rosal-ba Alessi, che ci è sempre stata vicino aiutandoci nel difficile iter politico e burocratico rap-presentato dalla liquidazione dell’Azasi”.Un’azione dei fondi ex Insicem ha riguardato anche l’istituzio-ne di una borsa di studio fina-lizzata all’analisi dell’esperien-za industriale pubblica siciliana sul territorio ragusano. L’im-portante opportunità accade-mica è stata vinta dal dottor Luciano Equestre, laureatosi presso l’Università degli Studi di Roma Tre. Il tema della ricer-ca, nell’ambito del dottorato in

La Provincia di Ragusa

Occorre decidere quale futuro spetterà alle sedi decentrate che la riforma governativa ha messo in serio rischio. Quel che la convenzione prevede è molto chiaro. In caso di mancato sorgere del Quarto Polo statale, le sedi di Ragusa e Siracusa dovranno dire addio ai corsi di laurea decentrati. Come parziale ricompensa, potranno contare sul fatto di divenire sedi uniche della Facoltà di Lin-gue, per Ragusa e di Architettura per Siracusa. Certo è che l’accordo fu siglato nella speranza che era quasi certezza, della nascita del Quarto Polo. Ma i vertici della Kore, con un tempismo cinico e disarmante, ritirano la loro partecipazio-ne siglando di fatto la fine di un progetto che avrebbe portato cospicui finanziamenti statali alle accademie del sud est. Così la conclusione della vicenda Università a Ragusa pare essere quella che la convenzione prefigurava: addio ai corsi di Agraria e Giurisprudenza e nuova vita per la nuova sede unica per la Facoltà di Lingue. Un risultato che deve fare riflettere se è vero quel che più volte ha affermato Enzo Di Raimondo, attuale presidente del consiglio di amministra-zione del Consorzio: “Noi abbiamo finora svol-to il nostro dovere poiché ci era stato chiesto di salvaguardare i termini dell’accordo che prevede Ragusa come sede unica della Facoltà di lingue. Al contempo abbiamo tentato di non perdere i corsi di Agraria e Giurisprudenza ed abbiamo per questo avviato un’incessante interlocuzione con il Rettore Antonio Recca per garantire l’esau-rimento di questi corsi già attivati”. Corsi per i quali l’accordo del 2010 prevedeva la chiusura a partire da quest’anno. “Secondo Recca – prose-gue Di Raimondo – non è possibile avviare i corsi per ragioni non più economiche ma di tempo ed organizzative. Rispetto il Rettore che, finora, ha mostrato coerenza, forza e lealtà nei nostri con-fronti, ma non posso che valutare le sue obiezio-ni un po’ deboli. Ci sembrava e ci sembra giusto che sia garantito agli studenti ragusani ciò che è assicurato a quelli di Catania: ovvero la conclu-sione del corso di studi nella propria sede. Non è solo un fatto culturale, ma anche una vicenda con ricadute economiche e sociali rilevanti per cui è importante che intervenga la politica”. Uno sguardo al futuro impone ai vertici del Consorzio di ribadire un concetto chiaro. “A partire da su-bito – chiarisce Di Raimondo – c’è la necessità di invertire la rotta e creare uno sforzo comune tra le parti politiche e sociali per tutelare il bene uni-versità. Abbiamo le forze economiche per anda-re avanti anche senza gravare ulteriormente sulle casse dei nostri soci”. La parola “fine” sul futuro dell’università, insom-ma, non è ancora stata scritta. Si riparte dalla sede unica e, lo ribadiamo, non è poco. Studenti da tutta la Sicilia hanno già scelto Ragusa come sede d’eccellenza. Ne sono convinti anche i do-centi che hanno scelto di lavorare a Ragusa. Tra loro Massimo Sturiale, docente di lingua Inglese e Giuseppe Traina, docente di Letteratura italia-

na. “Oggi – ci spiegano – le grandi sedi sono in crisi. Sono le realtà più piccole, come Ragusa, a garantire una formazione qualificata ed atten-ta alle esigenze ed alle capacità degli studenti. Grazie all’impegno del Consorzio universitario oggi possiamo contare su laboratori linguistici d’avanguardia. Qui non si incorre nel rischio di tramutare l’Università in un esamificio”. Docenti all’avanguardia, didattica avanzatissima, struttu-re più che idonee. Cosa non va o potrebbe es-sere migliorato? “Senza dubbio – rispondono i professori – mancano le infrastrutture a servizio degli studenti. Si dovrebbe potenziare il servizio di trasporto pubblico urbano in maniera signi-ficativa. Dopo le 19,30 è di fatto impossibile per molti ragazzi muoversi e raggiungere altre parti della città. Mancano le strutture sportive. Per il resto Ragusa resta una città a misura di studente”. A stupire è, però, l’indifferenza con la quale le forze produttive del territorio vivano la presenza accademica. “Noi ci occupiamo di di-dattica e di ricerca – affermano Sturiale e Traina – gli imprenditori dovrebbero rivolgersi a noi per capitalizzare in modo costruttivo il nostro lavo-ro. Devono essere le associazioni di categoria, le singole ditte a comprendere l’importanza della nostra presenza. Purtroppo, non per noi, mol-ti stage vengono richiesti ed avviati a Siracusa, Catania ma non qui”. Anche il rischio di una for-mazione troppo lontana dal mondo del lavoro pare essere scongiurata. “Questa Facoltà – chia-riscono i docenti – punta alla mediazione lingui-stica e, dunque, trova una forte aderenza con il territorio. Nel corso degli anni, inoltre, puntiamo anche su una formazione specifica con corsi de-dicati a linguaggi specifici come quello commer-ciale. Non dimentichiamo che la Facoltà ha pun-tato molto sulla lingua Cinese e sul Giapponese. Due idiomi che sono molto richiesti dal mondo del lavoro”. Dunque Ragusa deve credere ancora all’Università? “Certamente – è la conclusione dei docenti – perché qui formiamo gente di valo-re che può farsi valere sia a Ragusa che nel resto del mondo”.

università

Rosalba Alessi, Franco Antoci e Luciano Equestre

Casa Castillet, destinata ad alloggi per studenti universitari

14La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011 15 La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011

ambiente

Bracconaggio e fumarole,lotta senza quartiereLa Polizia Provinciale ha intensificato l’attività per prevenire e contrastare i due tristi fenomeni e dai risultati raggiunti con l’arresto di bracconieri e la denuncia di diversi produttori agricoli per inquinamento atmosferico i risultati sono incoraggianti

di Antonio Recca

Guerra aperta al bracconaggio e alle fuma-role. La Polizia Provinciale, su tutto il terri-torio ibleo, ha intensificato la sua attività al

fine di prevenire e contrastare due fenomeni che preoccupano notevolmente l’Amministrazione provinciale. Coordinata dal comandante Raffaele Falconieri, su input degli assessori alla Polizia Pro-vinciale Salvatore Minardi e al Territorio e Ambien-te Salvo Mallia l’azione di prevenzione ha dato i suoi frutti nell’area dei Pantani Longarini e Bruno in territorio di Ispica e al confine tra il territorio comunale di Acate e quello di Mazzarrone. La zona dei Pantani – spiega Raffaele Falconieri - è un autentico paradiso naturale dove è frequen-te godere della presenza di specie protette o in via d’estinzione come fenicotteri, folaghe, aironi, gabbiani, anatre ed altri uccelli acquatici (soprat-tutto anseriformi). Si pensi che la rete delle zone umide, i cosiddetti pantani, della Sicilia sud-orien-tale, in quanto interessata dalle principali rotte di migrazione dell’avifauna, rientra tra quelle aree in cui non è consentita la caccia. Grazie ai control-li dei nostri agenti, svolti anche di notte, è stato possibile portare all’identificazione di sette caccia-tori intenti a svolgere l’attività venatoria finalizzata all’abbattimento di uccelli acquatici ed in partico-lare di anatidi. Questi irresponsabili, per attirare gli uccelli, facevano pure uso di “stampi” ovvero di riproduzioni in materiale plastico di germani reali e altre specie volatili che galleggiando nelle acque dei pantani richiamavano al passaggio gli uccelli da abbattere. Invece, in territorio di Chiaramonte Gulfi gli agenti del Nucleo di Vigilanza Venato-ria hanno arrestato tre cacciatori della provincia di Catania che, nonostante la stagione venatoria fosse ancora chiusa, avevano abbattuto 91 coni-gli e rubato decine e decine di pesche. L’azione è proseguita in tutto il territorio ibleo e sul versante occidentale, in contrada Mazzarronello, proprio al confine tra il territorio comunale di Acate con Mazzarrone, gli uomini della Polizia Provinciale hanno sorpreso cinque cacciatori originari di Riesi che avevano da poco abbattuto 32 esemplari di conigli selvatici. Ma l’attività del corpo di polizia della Provincia non si limita a combattere solamente il bracconaggio

ma anche ad impedire il micidiale fenomeno del-le fumarole, messa irresponsabilmente in atto da agricoltori senza scrupoli che, oltre ad essere fat-tore inquinante ad altissimo rischio per la salute di tutti, non è sicuramente un biglietto da visita per turisti e vacanzieri in estate. “Per il fenomeno delle fumarole – aggiunge Fal-conieri - abbiamo costituito una “task force”. Chiaramente l’attività di controllo è stata rivolta in questo periodo di muta delle serre, al territo-rio provinciale vocato al settore agricolo, dove è abitudine abbastanza diffusa dei serricoltori in-cendiare i rifiuti plastici e vegetali all’interno delle proprie aziende. Così dopo i primi controlli, svolti anche dopo il tramonto, sono stati sorpresi nu-merosi produttori agricoli mentre bruciavano i rifiuti agricoli nel proprio fondo e denunciati in stato di libertà all’Autorità Giudiziaria per l’ipote-si di smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi tramite incenerimento senza la prevista autorizza-zione regionale, nonché per l’ipotesi di reato di immissione molesta di fumi in atmosfera. Poiché Il problema è culturale, i controlli saranno ulterior-mente intensificati nel periodo estivo e la lotta alle fumarole sarà senza quartiere e sono convinto che con un’attenta e puntuale vigilanza riusciremo a far cambiare registro ai produttori agricoli del ter-ritorio ibleo”.

Controlli venatori

Diritto Privato, verterà proprio sui documenti appartenenti al-l’archivio Azasi. “Sono sicura che da questa tesi di dottorato - conclude Rosalba Alessi - nascerà un nuovo filone di ricerche sulla storia economica della Sicilia e sul modello degli Enti pubblici

economici siciliani”. Il commis-sario liquidatore dell’Azasi ha sottolineato la ‘battaglia’ della Provincia di Ragusa per aver ottenuto totalmente i fondi della dismissione di un’azienda regionale. “È l’unico caso in cui i fondi ot-tenuti dalla liquidazione di un

ente pubblico economico sono rimasti nel territorio di compe-tenza invece di finire nelle pro-fonde casse della Regione e di questo bisogna darne atto agli amministratori locali, con in testa il presidente Antoci, che hanno ottenuto quest’impor-tante risultato”.

Borse di studio ai “centisti”

Venticinque borse di studio sono state assegnate ad altrettanti studenti iblei

che hanno conseguito la maturità nell’an-no 2010 col massimo dei voti e che sono risultati i più meritevoli in base ad una gra-duatoria formata dall’assessorato provin-ciale all’Istruzione.Gli assegni di studio sono stati consegnati dal presidente Franco Antoci e dall’asses-sore provinciale all’Istruzione Riccardo Ter-ranova che hanno riconfermato l’intenzio-ne di investire sempre sulla scuola anche in tempi di ristrettezze economiche.L’assessore Terranova durante la cerimo-nia di consegna delle borse di studio ha rilevato che un premio così significativo, è un segno tangibile di quanto sia sensibile l’Amministrazione provinciale nei confronti degli studenti e della formazione poiché i giovani rappresentano una risorsa per il nostro paese.“Nonostante le ristrettezze di bilancio, aver deliberato l’istituzione di queste borse di studio - sottolinea Terranova - è motivo di grande soddisfazione. È un piccolo ma meritato riconoscimento per l’ottimo per-corso scolastico pregresso degli studen-ti che hanno conseguito la Maturità ma anche un incoraggiamento a proseguire con rinnovato impegno nella loro futura carriera universitaria o nel mondo del la-voro. Questo assegno che premia il merito vuol rappresentare un incentivo che l’Am-ministrazione provinciale prospetta ai suoi giovani affinché siano i protagonisti di do-mani, pronti a rendere più civile e vivibile la nostra società e il nostro territorio.“Sono fermamente convinto che sia im-portante stimolare gli studenti a fare an-cora meglio – afferma il presidente Franco Antoci – perché la meritocrazia deve di-ventare l’unico metro di giudizio. Abbiamo

inteso dare un segnale di continuità nel premiare i nuovi ‘maturi’ che, sicuramente in controtendenza ai tempi che la nostra società sta vivendo, si sono impegnati nel-lo studio raggiungendo il diploma superio-re con merito e un’alta votazione”.I diplomati premiati sono stati Stefano De Nicola, Enrico Criscione, Marianna Rocca-ro, Anastasia Allibrio, Stefano Alia, Fede-rico Vindigni, Patrizia Distefano, Jessica De Pasquale, Vincenzo Occhipinti, Josefine Ca-varra, Francesca Schembari; Letizia Frasca, Paola Rapisarda, Fabrizio Scribano, Sandro Pucci, Veronica Lo Nigro, Luana Lucifora, Eugenia Candido, Paola Guastella, Laura Lorefice, Tatiana Cavallaro, Vito Zago, Na-stasia Ticli, Andrea Riggio e Giulia Culora.

Riccardo Terranova consegna una borsa di studio

La Provincia di Ragusa ricerca

16La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011 17 La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011

La Provincia di Ragusa ambiente

Le produzioni agroalimentari coltivate all’in-terno del perimetro delle Riserve naturali iblee gestiste dalla Provincia Regionale di

Ragusa avranno un marchio che rappresenta un valore aggiunto in un mercato sempre più glo-bale. Il marchio verrà rilasciato gratuitamente a tutte le aziende che rispetteranno i criteri previ-sti da uno specifico regolamento i cui prodotti potranno fregiarsi delle diciture “Prodotto nel-la Riserva Naturale Pino D’Aleppo” e “Prodotto nella Riserva Naturale Macchia Foresta del Fiume l’Irminio”. Il marchio sarà concesso a tutte quelle aziende, ricadenti all’interno dei confini ammi-nistrativi delle riserve (pre – riserva compresa), che producono o allevano con metodo biologico certificato. La concessione avrà durata annuale e saranno effettuati controlli periodici per verifica-re il puntuale rispetto delle disposizioni previste dal capitolato d’uso. Gli uffici provinciali delle Riserve, con a capo il direttore Maria Carolina Di Maio, assisteranno i produttori per chiarire ogni dubbio sui punti previsti dal regolamento avvian-do nel contempo una campagna informativa mediante l’utilizzo di materiale divulgativo. “Grazie alla presenza di un esperto di marketing territoriale – afferma l’assessore al Territorio e Ambiente Salvo Mallia – abbiamo già fornito le dovute delucidazioni agli imprenditori non solo per ottenere il rilascio del marchio, ma anche sulle opportunità che esso rappresenta per le produzioni locali. Riteniamo, infatti, che questi prodotti avrebbero un prezzo più alto nei mer-cati, oltre a valorizzare le produzioni di nicchia. Creare una rete di questo tipo consentirebbe altresì di recuperare le tradizioni, nell’ottica di quel marketing territoriale spesso sconosciuto a queste latitudini. Inoltre, favoriamo la valorizza-zione dei nostri siti naturali. Ritengo che gestire le riserve non vuol dire solo difendere questo splendido patrimonio ambientale dall’azione di vandali ma, anche, valorizzarlo attraverso tecni-

che di sviluppo sostenibile che abbiano ricadute economiche positive sul nostro territorio. L’obiet-tivo principale del Marchio è quello di incentivare l’agricoltura biologica e qualificare le produzioni agroalimentari impiantate nelle Riserve Natura-li con metodo biologico, col chiaro intento di sostenere, per quel che ci è possibile, le azien-de locali ed offrire un valore aggiunto alle loro produzioni. Come amministratori, consapevoli delle difficoltà che il comparto sta attraversan-do, siamo fermamente convinti che l’istituzione del Marchio, anche se può sembrare un piccolo gesto, rappresenterà per i produttori quel valo-re in più in grado di rafforzare la genuinità dei loro prodotti ad una loro maggiore visibilità e promozione dei nostri luoghi e delle nostre pro-duzioni. I produttori delle aziende di maggiore estensione hanno apprezzato molto la nascita di questo marchio ed auspichiamo, pertanto, che il percorso di interlocuzione avviato continui an-che in futuro in modo che le iniziative che questa Amministrazione porta avanti, possano essere in linea con le esigenze del territorio”.

Un marchio per i prodotti delle riserveL’obiettivo principale è quello di incentivare l’agricoltura biologica e qualificare le produzioni agroalimentari impiantate nelle Riserve Naturali col chiaro intento di sostenere le aziende locali ed offrire un valore aggiunto alle loro produzioni

di Antonio Recca

eventi

Tutti pazzi per il cioccolatoLa nuova edizione di Chocobarocco, in programma dal 28 ottobre all’1 novembre, apre le porte di Modica all’arte per valorizzare le bellezze architettoniche e promuovere il cioccolato secondo l’antica ricetta azteca

di Carmelo Saccone

Quando il cioccolato in-contra l’arte dà vita ad una miscela straordi-

nariamente vincente. E’ il caso di Chocobarocco. Una mani-festazione enogastronomica, un evento culturale e al tempo stesso un incontro con l’arte che alla bellezza architettonica e paesaggistica dove si erge come protagonista assoluto “Sua Maestà” il cioccolato modicano realizzato secondo l’antica ricet-ta azteca. Anche quest’anno si rinnova l’appuntamento col gu-sto. Chocobarocco Modica 2011 è in programma dal 28 ottobre all’1 novembre e prevede tante iniziative che si alterneranno nei 5 giorni di vera e propria festa, tra le piazze, gli androni dei pa-lazzi tardo barocco, le terrazze, scegliendo in genere i luoghi più caratteristici e suggestivi del cen-tro storico. Una manifestazione cresciuta sempre più negli anni, che registra presenze di visitatori provenienti da tutta Italia e an-che dall’estero, e che in questa edizione si presenta ancora più accattivante per il programma predisposto. Protagonista indi-scusso è il cioccolato, da gustare in tutte le sue svariate proposte ma anche da ammirare potendo assistere dal vivo alla lavorazio-ne diretta in apposite botteghe attrezzate. Grazie ad un mat-tarello in pietra, viene sciolta la massa di cacao a bassa tempe-ratura prima di essere sistemata, aggiunto lo zucchero e le spezie, nei classici contenitori di allumi-nio per l’operazione di battitura che precede quella di confezio-namento.“Chocobarocco è un’autenti-ca festa del cioccolato – spiega Enzo Scarso, vicesindaco di Mo-dica – necessariamente quindi si devono proporre attrazioni di

vario tipo pronte ad affascinare ed incantare i visitatori mediante la pianificazione di un accurato progetto volto ad esaltare e va-lorizzare ulteriormente le straor-dinarie bellezze architettoniche, tra giochi di luce, proiezioni, in-stallazioni d’arte, musicisti, acro-bati e performer che animeran-no Modica”. Si inizia con “Arte a Cielo Aperto”, che trasformerà Corso Umberto in una grande galleria d’arte, con la presenza di imponenti opere ispirate al tema del cioccolato, delle farfal-le, del barocco e della passione. Una grandiosa installazione ur-bana è pronta a stupire il pub-blico. Piazza Municipio ospiterà la riproduzione di una grande piramide azteca, dalla cui civiltà gli spagnoli appresero la ricetta del cioccolato giunta a Modica, sormontata da una clessidra dentro la quale non scorrerà sabbia ma cacao. Giochi di luce e proiezioni prenderanno il po-sto della consueta illuminazione pubblica. Infine una tra le inizia-tive più attese è “La casa delle farfalle”, che in realtà anticipa l’evento divenendone vettore promozionale fin dagli inizi di ottobre. Darà la possibilità di vi-vere all’interno del cortile di Pa-

lazzo di Città una suggestiva ed incantata esperienza, circondati dalla magia e dai colori di questi fatati lepidotteri. La magia con-tinuerà con gli straordinari artisti selezionati per la manifestazio-ne. Lungo tutto Corso Umberto, su terrazze e tetti, si esibiranno alcuni protagonisti del Cirque du Soleil e circensi delle più im-portanti accademie del mondo. Acrobati, percussionisti, flautisti, violinisti e attori pronti a strava-ganti esibizioni, lanci mozza-fiato, ritmi esplosivi. Una dolce opera dominerà Palazzo della Cultura. Il salone di rappresen-tanza ospiterà una grande Italia in miniatura interamente realiz-zata con cioccolato di Modica.Durante Chocobarocco verrà anche approfondito il legame tra il cioccolato ed il benessere psicofisico, con incontri dedicati agli effetti salutistici, proprietà terapeutiche e nutrizionali. Par-ticolarmente attesi i momen-ti culturali in programma che vedranno la presenza di illustri esperti, studiosi, ricercatori, nutrizionisti e giornalisti. Tra gli ospiti, Piero Angela, Barbara Bernardini, Naomi Fisher. Cho-cobarocco, di tutto di più. Non solo cioccolato.

18La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011 19 La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011

La Provincia di Ragusa

Sostegno all’attività sportiva e la realizza-zione di impianti di base a tappeto rap-presentano la ‘mission’ della Provincia di

Ragusa che, pur nelle ristrettezze di bilancio, intende perseguire un’azione di stimolo alla pratica sportiva in tutti i comuni iblei. Pas-saggio inevitabile, chiaramente, è quello di una presenza capillare sul territorio di impian-ti sportivi pubblici che non sempre, tuttavia, sono concepiti secondo norme di sostenibili-tà. Proprio partendo da questi presupposti, il vicepresidente della Provincia Girolamo Car-pentieri, che dal mese di febbraio è titolare della delega allo Sport, ha voluto recuperare il tempo perduto. E all’indomani dell’assegna-zione della delega, ha messo in moto i tecnici dell’assessorato per operare un censimento di tutti gli impianti sportivi presenti nel territorio per dare attuazione ad un progetto di grande slancio che prevede la realizzazione di campi di base in ogni comune ibleo. La Provincia, tramite la cessione gratuita ven-tennale prevista per statuto ‘acquisirà’ impianti sportivi che i rispettivi Comuni hanno indivi-duato e attivando una manutenzione straor-dinaria, li renderà fruibili al 100%. Il progetto vedrà la nascita di 12 impianti sportivi. Uno per ogni comune. Gli impianti che verranno realiz-zati a Ragusa, Scicli, Vittoria e Modica sono già provinciali, mentre tutti gli altri sono sta-ti trasferiti dagli enti comunali alla Provincia. “In effetti – dice Carpentieri – anche se non sono stato per tutta la legislatura il titolare del-l’assessorato allo Sport, ho sempre posto una particolare attenzione verso lo sport dilettan-tistico e i suoi praticanti, constatando l’insuf-ficienza di impianti sportivi in grado di assicu-rare ai cittadini la possibilità di svolgere le loro attività sportive. Ecco perché la Giunta provin-ciale, ha approvato la proposta di sottoporre a

tutti i comuni del territorio, un accordo per il recupero di aree in disuso, ma già previste nei piani regolatori quali zone destinate a struttu-re sportive e del tempo libero”. Sono stati già pianificati gli interventi A Ragusa è previsto il rifacimento della palestra dell’Itis di via Majo-rana, a Scicli quello della pista di atletica di Donnalucata, a Vittoria sarà invece il velodro-mo a essere completato, a Modica sarà rifatto il vecchio stadio “Vincenzo Barone”. Negli altri comuni sono previsti impianti di quartiere. Ad Acate sarà realizzato un campo in via Neghel-li, a Chiaramonte quello del Villaggio Gulfi, a Comiso quello di via Volta, a Giarratana quello della scuola media “Zanella”, ad Ispica quel-lo del complesso sportivo “Brancati”, a Mon-terosso l’edificio di via Mercato, a Pozzallo il campo sportivo di contrada Palamentano e a Santa Croce quello di via Psaumide.“Senza dubbio – argomenta Carpentieri – il nostro occhio di riguardo è indirizzato alla cre-scita dello sport dilettantistico, nei limiti delle

impianti

Campi (e sport) per tuttiL’assessore allo Sport Girolamo Carpentieri ha messo a punto un progetto per realizzare impianti sportivi di base in ogni comune della Provincia o completare opere in itinere. Ecco l’elenco aggiornato degli interventi che cambierà il volto dell’impiantistica sportiva provinciale

di Michele Farinaccio

Il dirigente Rosso, l’assessore Carpentieri ed il presidente Antoci

disponibilità di bilancio, attraverso il sostegno alle iniziative organizzate dalle varie associa-zioni per coinvolgere il maggior numero di sportivi”. Il progetto messo a punto dall’assessorato allo sport va nella direzione anche della valenza sociale. Per metterlo in atto prima di tutto ho predisposto sopralluoghi in tutti i comuni della Provincia di Ragusa, partendo da Pozzallo per proseguire in quelli della zona montana, per-ché avevo contezza che vi erano le condizioni per mettere in pratica subito questo progetto di un impianto di base per ogni Comune. Ve-rificata la fattibilità, ho pianificato ogni cosa in modo che prima della fine della legislatura il progetto possa vedere la luce e consentire alle varie comunità locali la fruibilità pubblica di questi impianti”.

I campi che verranno realizzati nei comuni iblei saranno polivalenti, ed

al loro interno sarà possibile pratica-re diversi tipi di sport. Dal calcio, al calcetto, al basket alla pallavolo, al tennis. “Quello che andiamo a rea-lizzare nella maggior parte di questi impianti – afferma l’assessore allo Sport Girolamo Carpentieri - sarà un impianto sportivo dalle dimensioni di metri 20 per metri 40, nel quale ver-rà posto un manto in erba sintetica, che verrà recintato a norma, e che verrà completato di attrezzature, accessori e linee di campo. Si tratta di impianti che, proprio per la loro stessa natura, saranno sicuramente utilizzabili per diversi tipi di attività sportive: calcetto, basket, tennis. Ma anche per varie attività ludiche per i giovani, proprio al fine di coinvolge-re il maggior numero di sportivi delle varie discipline”. L’obiettivo è anche quello di dotare i 12 centri della pro-vincia di strutture che hanno una valenza sociale molto importante di aggregazione, oltre che prettamente sportiva.

M.F.

Campiin erba sintetica

Lo stadio “Vincenzo Barone” di Modica

Il velodromo di Vittoria

20La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011 21 La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011

storia

“L’Italia è fatta. Parola di Mazzini”Il patriota genovese scrisse una lettera ai lavoratori iblei che gli avevano offerto la presidenza onoraria del sodalizio rilanciando nella missiva i suoi ideali liberali e permeati di intensa spiritualità

di Giovanni Ottaviano

storia

Sarà per reazione, perché l’hanno definito retorico, anacronistico, perfino incompren-sibile, che abbiamo imparato a cantare l’in-

no nazionale. Forse non ci affratella come do-vrebbe, ma ne siamo gelosi lo stesso. Retorico è sicuramente, anzi naturalmente, essendo nato in tempi di esaltazione lirico-patriottica e dalla pen-na animosa di un ventenne. Chi lo ha rivestito di note ha contribuito a farne quello che intende-va essere, un canto di battaglia, folto di termini militari come “elmo, vittoria, coorte”. La parte più fortunata, la prima, la conosciamo tutti, ma il seguito è quasi una scoperta anche per l’italia-no colto e appassionato di storia patria. Scorrerlo tutto significa trovarvi il nostro passato di popo-lo che ha “fatto” il Risorgimento per scrollarsi di dosso quel “servire e tacer” che tanto indignava Manzoni. “L’Italia s’è desta” è il grido di trion-fo di un ragazzo acceso d’entusiasmo, una sor-ta di rivalsa sulla “communis opinio” europea, che non si aspettava il risveglio del “popolo dei morti”.“Siam pronti alla morte /Italia chiamò”. Alla mor-te erano davvero pronti i “fratelli d’Italia” e tanti sono caduti, infatti, come lui, il giovane Mameli, e altri che non hanno consegnato i loro nomi ai libri di storia. Per diventare “popolo”, per non essere più “calpesti e derisi”. Lo eravamo “da secoli”, Mameli aveva ragione, e abbiamo fatto fatica a rialzarci. Il resto, che è venuto nel tempo, è una conseguenza di quei primi passi, di quella dignità ritrovata.“Uniamoci, amiamoci /l’unione e l’amore /rivela-no ai popoli/le vie del Signore”. Questo appello, di sapore religioso, risuonava nel 1847, a un anno dalla prima guerra d’Indipendenza, quando le due idee correlate di unità (“dall’Alpe a Sicilia”) e indipendenza (“Giuriamo far libero/il suolo natio”) erano già maturate nella coscienza degli Italiani più avveduti. “I bimbi d’Italia/si chiaman Balilla”. “Balilla” è denominazione che può non piacere per l’uso che se n’è fatto in un certo pe-riodo della storia italiana, ma è solo l’appellati-vo-simbolo di quel bambino, forse Giambattista Perasso, che nel 1746 a Genova diede il via a una rivolta popolare contro gli Austriaci. La storia dei popoli è storia di oppressori e di oppressi e c’è sempre da aspettarsi che ‘l’alterna onnipotenza

delle umane sorti’ trasformi gli oppressori in op-pressi e viceversa. È vero, può essere un rebus per i giovani di oggi quella carrellata di nomi e di eventi, Scipio, i Vespri, Legnano, Ferruccio, lo stesso Balilla, che fanno parte dei programmi scolastici e forse per questo scivolano più facil-mente dalla memoria. Ma quelli che si irritano per la pesantezza lessicale e sintattica dell’inno, e per la sua musicalità chiassosa, non sanno poi dare una spiegazione all’ondata di commozione che ci pervade ogni volta che l’ascoltiamo, quasi una vibrazione che ci mette in contatto con i pa-trioti che hanno voluto l’Italia.Mameli, che non ebbe la gioia di vedere realizza-to il suo sogno unitario, non poteva immaginare che il suo “canto degli Italiani” sarebbe diventa-to nel 1946, a un secolo dalla composizione, l’in-no nazionale dell’Italia repubblicana. Ora non c’è nessuno straniero a contenderci la libertà e sono caduti gli antichi rancori, ma non siamo ancora il popolo che Mameli sognava, perché “siam divisi” da residue spinte individualistiche e localistiche. Chissà che non debbano essere proprio queste travagliate celebrazioni dei centocinquanta anni a renderci veramente “fratelli d’Italia”!

Fratelli d’Italia...Il sogno unitario di Goffredo Mameli ‘cozza’ con le spinte individualistiche e localistiche che non aiutano a tenere unito il Paese. A meno che la celebrazione dei 150 anni dell’Unità d’Italia non faccia sorgere un nuovo spirito

di Maria Laura Andronaco

La Provincia di Ragusa

Goffredo Mameli

1. G. Poidomani,Periferia del Risorgimento ma non troppo, in La Provincia di Ragusa, anno XXV, n.5 sett-ott 2010 e anche G. Veninata,ll Risorgimento ragusano, in, Ragusa sottosopra, anno XI,N.2 e 3 marzo-aprile e maggio-giugno 2011

2. M. Di Stefano, Ottocento inquieto:gli anni di Mariannina Coffa a Ragusa, in,Archivio storico ibleo 11-2000 pp. 69-1023. op. cit. pp.74-76** La lettera è tratta dal libro “Scritti inediti e rari di Mariannina Coffa” a cura di M. Di Stefano, Noto 1996

La provincia di Ragusa ha dato il suo contributo al-l’Unità d’Italia. Nel processo

del Risorgimento è stata perife-ria, ma non troppo, come si è ricordato in occasione del 150° anniversario dell’unità d’Italia1.Se, per esempio, a Modica, esisteva un nucleo di comitati segreti intesi a sostenere la spe-dizione dei Mille e a tenere con-tatti con esuli riparati a Malta, a Ragusa non mancavano perso-naggi sensibili a questi fermenti. Mentre il mazziniano Francesco Giardina, a Modica, svolgeva un ruolo non indifferente nella rivendicazione dei valori del-l’unità e dell’indipendenza, a Ragusa si distingueva il liberale Luciano Nicastro che, come è risaputo, fece sventolare all’alba del 17 maggio 1860, in segno di solidarietà con l’impresa dei Mil-le, il tricolore dalla statua della Madonna posta sopra la porta centrale della cattedrale di S. Giovanni. Del resto la provin-cia aveva dato prova,negli anni antecedenti al 1860, di un dina-mismo non solo economico ma anche socio-culturale e, di con-seguenza, gli ideali risorgimen-tali trovarono in questo contesto terreno fertile.Proprio nel 1860, la poetessa Mariannina Coffa si trasferiva da Noto a Ragusa, dopo le nozze con un ragusano, e l’ambiente culturale della città, animato co-m’era da intellettuali quali il me-dico poeta Filippo Pennavaria, il dottor Raffaele Solarino e il no-taio Federico Ottaviano, si arric-chì degli entusiasmi risorgimen-tali e mazziniani della capinera

di Noto2. Erano anche gli anni, quelli, in cui agli ideali roman-tici cominciavano a frapporsi le idee positiviste, ma, come ebbe a scrivere Raffaele Solarino, la poesia non sarebbe mai tramon-tata, la poesia che avrebbe dato sostegno e conforto, negli ulti-mi anni della sua breve vita, alla poetessa netina3.In quel clima, una lettera di Maz-zini, datata 25 aprile 1866 (che pubblichiamo sotto)** giunse

all’Associazione dei figli del lavo-

Fratelli, non posso esprimervi con quanta emozione d’affetto riconoscente ioaccettol’onorechemifate. Ciascunadellevostreparolerispondeaunintimopensiero.Siamodop-piamente fratelli, nella coscienza del fine e in quella dei mezzi. L’Italia è per noi nonunterritorio,nonuncertonumerodiuominiparlantilastessafavella,nonunacertasommadiforzeproduttriciepiùpotentichealtrove,maunacoscienzacollettiva,unagrandeassociazioneapro’diunasantaideadiprogressoeamore,unamissioneapro’dell’umanità,unareligionecheebbeedavràlasuaparoladivinainRoma,chediedeindueepocheunitàalmondo,chelaridona,trasfor-mandosi, una terza volta, dicendo al mondo non più Dio e l’Individuo, ma Dio e Popolo,Dioel’umanità.Evoi,confermandoquestafede,nellevostrelineedel19marzo,proferitepiùpartediverochenonneproferiscetuttalapretesascienzamaterialistadeinostrigiorni. Quella scienza non può più sul terreno sociale conoscere che l’Indivi-duoel’interessedegliindividuioggiineguali,fornitidimezzipiùomenopotenti;senza un fine comune, senza un vincolo di sommissione di tutti a una stessa legge moraleequindiinevitabilmenteincozzotraloroeadoratoridelleforzemanteni-tricideifattiesistenti.Essanonpuòdireconvoi:Dio,padreditutti,tuttigliuomi-nifratelliperconseguenzaedeguali,servoedinfeliceperfattosocialenessuno.Vivete, lavoratori, concordi inquesta credenza, diffondetelaalle vostredonne,fatene educazione per i vostri figli, comunicatela ai poveri agricoltori, anche più sventurati dì voi perchè più abbandonati e più ignari. Io sento nel cuore che trionferete. Io penserò a voi scrivendo per tutti; pensate a me e fate ch’io sappia di tempointempodivoiedeivostriprogressi.

VostrofratelloGius.Mazzini

25aprile1866

Lettera ai lavoratori ragusani

Giuseppe Mazzini

22La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011 23 La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011

La Provincia di Ragusa caduti di guerra

Il ‘sacrificio’ di Giorgio TidonaGuardia di Pubblica Sicurezza originario di Ragusa venne fucilato dai partigiani jugoslavi sull’isola di Ugliano insieme agli altri poliziotti della questura di Zara.

I suoi fratelli Angelo e Giovanni non hanno mai avuto notizia della suascomparsa, solo da qualche anno è venuta fuori la tragica verità

di Giovanni Diquattro

Migliaia furono gli italiani trucidati dai partigiani jugoslavi alla fine della

seconda guerra mondiale: molti finirono nelle foibe; altri, come in Croazia (dove non ci sono foi-be), furono fucilati e gettati in mare. Fra questi merita di essere ricordata la figura del ragusano Giorgio Tidona (classe 1920) che proveniente da una famiglia di contadini, era un agente di Po-lizia che nei primi anni 40 pre-stava servizio presso la Questu-ra di Zara, nell’odierna Croazia, che dalla fine della Prima Guerra Mondiale era divenuta territorio italiano. Zara era capoluogo di provincia e, come tale, era sede di Prefettura e di Questura.Il giovane Giorgio Tidona si trovava bene a Zara; era molto benvoluto dai proprietari della casa che aveva preso in affitto e aveva una re-lazione sentimentale con una ragazza del luo-go. I problemi per lui, e per tanti altri italiani, cominciarono dopo la firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943. Tra la fine del 1943 e l’inizio del 1944, infatti, Zara venne incessantemente bombardata dagli Alleati che la distrussero quasi completamente. I vertici della Questura e buona parte degli agenti abbandonarono la città; solo una ventina di uomini vollero rimanere al loro posto, mettendosi a disposizione del Prefetto Vincenzo Serrentino. Tra questi, purtroppo, c’era anche Giorgio Tidona. I pochi poliziotti rimasti a presidiare Zara si occuparono degli sfollati e dei senzatetto, nonché di contrastare i saccheggi e gli atti di sciacallaggio conseguenti ai bombarda-menti. Nel corso del 1944 la sede della Prefettura e della Questura furono trasferiti dal centro alla periferia di Zara e ne difesero l’italianità contro i tedeschi e gli “ustascia” (i filonazisti croati). Ad-dirittura nel luglio del 1944, insieme ai partigiani jugoslavi, scacciarono gli ustascia da Zara. A se-guito di ciò i tedeschi, accusandoli di aver fornito armi ai partigiani, li arrestarono nell’agosto del 1944 ma furono liberati grazie all’intervento del prefetto Serrentino. Rimasero però senza armi, senza munizioni e senza automezzi.

I Carabinieri, dopo l’abbandono di Zara da parte dei tedeschi nel-l’ottobre del 1944, chiesero ai partigiani jugoslavi di entrare in città per aiutarli a garantire l’or-dine pubblico; questi però prese-ro prigionieri sia i Carabinieri che gli agenti di Polizia, nonché tutti i civili appartenenti all’amministra-zione dello Stato italiano. L’otto novembre del 1944 il gruppo dei prigionieri fu portato su una scogliera dell’isola di Ugliano, di fronte a Zara, per essere fucilato. L’agente Luigi Nigro fu l’unico a reagire, riuscendo a disarmare uno dei partigiani; venne ucciso ma, grazie al suo gesto ed alla confusione che ne seguì, alcu-ni poliziotti riuscirono a fuggire

gettandosi in mare, inseguiti dalle raffiche di mi-tra dei partigiani: solo l’agente Alessandro Berti-ni sopravvisse, nuotando disperatamente fino a mettersi in salvo. Grazie alla sua testimonianza è stato possibile ricostruire cosa realmente ac-cadde a Giorgio Tidona ed agli italiani che erano con lui. La testimonianza però non è mai arrivata a conoscenza dei fratelli di Giorgio Tidona, An-gelo e Giovanni, che per anni cercarono invano notizie sulla sua scomparsa: tra l’altro la salma non è mai stata ritrovata né, probabilmente, le autorità jugoslave si sono mai sognate di fare ricerche in tal senso. Solo da pochi anni, il re-soconto dei fatti avvenuti è stato pubblicato sul sito internet http://www.cadutipolizia.it/fonti/Zara/1944tidona.htm. Fatti che sono rimasti oscuri ai fratelli di Giorgio Tidona. Le uniche certezze erano le sue lettere e quelle spedite, dopo la sua morte, dal proprie-tario della casa dove abitava a Zara, tale Stipre-vic, nelle quali egli si dispiaceva di non essere in grado fornire alcuna notizia sul loro congiunto. In una di queste lettere, tra l’altro, venne riferito che la fidanzata di Giorgio Tidona, disperata per non avere sue notizie, decise di unirsi addirittura ai partigiani jugoslavi (gli stessi che lo avevano assassinato...) nella speranza di avere così l’op-portunità di trovare il suo Giorgio in qualche campo di prigionia.

Giorgio Tidona

ro di Ragusa che aveva offerto la presidenza onoraria del sodali-zio al grande genovese. Mazzini aveva pubblicato, nel 1860, “Dei doveri dell’uomo”, il libro in cui aveva sviluppato in maniera più organica le sue riflessioni, i cui tratti principali ritroviamo nel-la lettera ai lavoratori ragusani. Erano direttamente espressi e permeati, come di consueto, di intensa spiritualità i principi fon-damentali che avevano ispirato tutta la sua vita, contrapposti alle due correnti di pensiero che allora avanzavano sulla scena eu-ropea: il liberismo e il socialismo. Essi davano la visione suggestiva e quanto mai moderna di una nazione fondata sulla volontà popolare, protesa verso il pro-gresso, governata da una legge morale, la legge dell’amore e della fratellanza in una prospet-tiva di unione non solo europea ma universale. Ciò comportava, nello stesso tempo, che ciascu-no dovesse maturare l’obbligo morale di educarsi e istruirsi per far valere i propri diritti e con-tribuire, secondo questi princi-pi, allo sviluppo della società. Il pensiero mazziniano, destinato a suscitare interessi e studi (vedi, per rimanere dalle nostre parti, lo sciclitano Francesco Mormina Penna) non fu, come si sa, in tutto il periodo post-unitario e anche oltre, immune da critiche. Tra le quali ricordiamo quella di Gaetano Salvemini che, tra l’al-tro, criticava appunto in Mazzi-ni il misticismo, fonte, secondo lui, di autoritarismo e quindi di negazione della libertà laddove tendeva a conciliare associazio-ne e lotta di classe entrambe atte a formulare “la più sod-disfacente teoria del processo storico” costituito appunto “da questo scontrarsi e intrecciarsi di esigenze e di tendenze di-verse”4. Lo stesso indirizzo, del resto, seguito da Napoleone Co-lajanni, che, sulla scia di un maz-zinianesimo sensibile alla lotta di classe, tendeva ad attenuare le asprezze di quest’ultima, come cercò di fare ma invano duran-

te “gli avvenimenti di Sicilia...“ del 1893-94 suscitati dai fasci dei lavoratori5. Egli, difatti, per-seguì prevalentemente nella lotta politica, sia dai banchi del Parlamento che nei suoi scritti, l’obbiettivo dell’elevamento mo-rale e civile delle popolazioni del meridione, e in particolare della Sicilia, uno dei più validi presup-posti per la crescita di una nuova classe dirigente. Anche il nostro territorio diede il suo contribu-to, prima della violenta reazione crispina, al movimento dei fasci con uomini quali Giuseppe De Stefano Paternò e Giuseppe De Falco la cui azione, ispirata ad idealità socialiste, era anche at-traversata da sentimenti mazzi-niani6. La fiaccola mazziniana si riverberò ancora sul nostro ter-ritorio, in età giolittiana, quan-do, nella Sicilia sud-orientale, sorsero le organizzazioni popo-lari, espressione di una alleanza tra esponenti della borghesia professionale e rappresentanti delle classi popolari, intesa a far fronte alle gravi carenze sociali che travagliavano quelle realtà, guidate da una classe politica dedita principalmente alla tutela di interessi personali e di quelli della propria clientela.Le formazioni popolari diedero vita, nel 1910, nella nostra pro-vincia, ancora facente capo a Si-racusa, al “blocco democratico” che sarebbe confluito poi nel partito social-riformista7.L’amministrazione popolare di

Ragusa inferiore, guidata negli anni dal 1912 al 1920 dall’avvo-cato Giovanni Ottaviano, riuscì ad attuare, in gran parte, un programma di ampio respiro sociale, che si ispirava, come si rileva dallo statuto del suo par-tito, ad ideali mazziniani confor-memente ad un meridionalismo democraticamente avanzato, proprio del Colajanni di cui Ot-taviano era stato allievo presso l’università di Napoli e col quale era in corrispondenza. Tra gli ob-biettivi che essa perseguì, pre-minente fu quello, insieme alla tutela dell’igiene e della salute pubblica, di garantire educazio-ne e istruzione a larghi strati di popolazione8.Con l’avvento della Repubblica in cui si costituirono i partiti, l’eredità mazziniana venne rac-colta dal partito repubblicano, che riuscì a darsi, anche nella nostra provincia, una certa or-ganizzazione, col contributo di ferventi repubblicani, di fede mazziniana, quali l’avvocato Giovanni Ottaviano, i medici Filippo De Leva e Giovanni Car-tia. Per buona parte del restante secolo, si cercò di alimentare la fiaccola mazziniana. Essa co-munque, anche in conseguenza degli avvenimenti politici na-zionali che, all’inizio degli anni novanta dello scorso secolo, stravolsero l’assetto dei partiti e quindi del partito repubblicano, si sarebbe esaurita. Tuttavia la lezione dell’esule genovese, per la ricchezza di valori morali e ci-vili che contiene, sempre attuali, specie di questi tempi, oltre che per l’ampio respiro politico e la testimonianza umana, non può essere, nella sua essenzialità, di-menticata. Ci è sembrato perciò opportuno, nel segno del pas-sato risorgimentale che anche la provincia di Ragusa vanta e, atteso l’interesse che Mazzini suscitò anche dalle nostre parti, ricordare questa sua lettera ai lavoratori ragusani che, per l’al-to contenuto ideale, fa parte a buon diritto della tradizione de-mocratica del nostro territorio.

4. G. Salvemini, Mazzini, citato da G. Giarrizzo in “Salvemini e Mazzini” da “Mazzini nella cultura meridionale” Catania 1987, pp.89-90

5. N. Colajanni, cfr Gli avvenimenti di Sicilia e le loro cause, Palermo 18946. G. Miccichè, cfr I fasci dei lavoratori nella Sicilia sud-orientale, Ragusa,1981.7. G. Ottaviano, Fermenti democratici nelle due Raguse in età giolittiana, Catania, 1995, p. 1588. op. cit pp. 15-23, p.146 e p.208

storia

24La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011 25 La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011

“Da tempo ti devo parole d’amore”. Qua-le etichetta più propria a un evento cele-brativo del centodecimo compleanno di

Salvatore Quasimodo, costruito dalla sua città natale, protagonista il figlio del poeta? È un dichiarato “Omaggio alla Sicilia” il recital poe-tico con cui Alessandro Quasimodo ha festeg-giato a Modica la nascita dell’illustre genitore. Un tributo che origina idealmente dal poeta premio Nobel per la Letteratura, tramite voce e cuore del figlio Alessandro, attore e regista, in terra iblea a testimoniare la complessità del-le dinamiche di quell’amore, multiforme, com-battuto e assecondato al contempo, di Sal-vatore Quasimodo verso la sua patria. Già la localizzazione precisa del concetto di ‘patria’ quasimodiana è autonoma querelle. Nascita a Modica, 20 agosto 1901, dove il padre capostazione era giunto meno di un anno prima, e trasferimento dell’intera fami-glia a Roccalumera, dal nonno Vincenzo, nel settembre del 1902, in seguito all’inondazio-ne di Modica. Quale la ‘città’ del poeta, che giungerà a indicare mediaticamente Siracusa, quale luogo d’origine? Se impiegassimo la pa-gina dell’arte per decrittarne la connotazione, Quasimodo-poeta si fa testimone del dolore struggente provocato dallo sradicamento dal-la sua “terra impareggiabile”, mediante versi disseminati lungo tutto il suo corpus poetico: “Aspro è l’esilio”, recita amaramente in “Ven-to a Tìndari”, riecheggiando Dante. È l’esilio da una Sicilia da cui si è separato colpevolmente (“da cui male mi trassi”), e che sentiamo con-notata da un’intensissima carica affettiva: “Io non ho che te,/cuore della mia razza” (“Iso-la”). Tornando però ai luoghi dell’infanzia, il

poeta è preso ancora da “un’ansia d’altri cieli”. L’animo dilaniato tra ansia di cosmopolitismo e riemerso desiderio di ‘restare’ trova matura e nobilissima voce in “Lamento per il Sud”. Qui il dolore travalica la dimensione intima, per assumere risonanza più ampia nel pianto per una secolare condizione di sofferenza. Quasi-modo racconta di aver “dimenticato il mare, la grave conchiglia soffiata dai pastori siciliani,/le cantilene dei carri lungo le strade/dove il car-rubo trema nel fumo delle stoppie”; gli sfugge anche “il passo degli aironi e delle gru nell’aria dei verdi altipiani/per le terre e i fiumi della Lombardia”. Tuttavia non potrà non ribadire,

La ‘patria’di QuasimodoI 110 anni della nascita del premio Nobelper la letteratura celebrati a Modica dal figlio Alessandro con un evento celebrativo che è un dichiarato omaggio alla Sicilia

di Elisa Mandarà

La Provincia di Ragusa anniversari

Alessandro e Salvatore Quasimodo

con drammatica concisione, la propria appar-tenenza spirituale al Meridione: “Ma l’uomo grida dovunque la sorte d’una patria”.Ciò nondimeno una evoluzione, sia pure pre-valentemente tematica, nell’arco di un tren-tennio votato alla poesia, c’è stata, e nella sua poesia si muove lo spettacolo del trapasso da un volto a un altro della Sicilia. L’apertura civile e comunicativa del ‘secondo Quasimodo’ in-veste anche il rapporto che l’autore stabilisce con la sua terra. È difatti duplice la corda del-l’ispirazione che il poeta riceve dalla materia si-ciliana, complesso il sentimento che la anima. È come se coesistessero due Sicilie, tra loro lontanissime. La prima è quella intensamente evocata dallo spirito giovanile, a consolazione di un grigio presente, dicotomicamente op-posto alla favola dell’infanzia nell’isola, spazio arcano e perenne come le sue radici greche. Emerge benevola in una poesia che è per-ciò essenzialmente poesia del ricordo e della nostalgia, e che racchiude anche un accento esistenziale, se si considera che “isola è anche l’uomo, e la prima Sicilia quasimodiana è dun-que simbolo globale dell’uomo”, come osser-va Gilberto Finzi.Il neutralismo ideologico di Quasimodo, che accompagnava le prime raccolte, cede dinanzi alla sua rinnovata umanità, che irradia inevita-bilmente anche la percezione e l’espressione della sua terra. La ‘seconda’ Sicilia, amarissima nelle sue secolari infermità, viene dolentemen-te denunciata in tante poesie del dopoguerra. Il tono è ora modernamente epico, corale, ma sempre intrecciato al sentire lirico, connatu-rato alla poesia quasimodiana. Con “Giorno dopo giorno”, ecco la letteratura aggredire il

reale, ecco irrompere la Sicilia del sangue e del pianto. Stella polare per una generazione di poeti, “Lamento per il Sud”, il celebre canto che inaugura la raccolta, fonde ricordo privato e risentita protesta sociale per una terra che attende redenzione. Ma il mitologismo sicilia-no tenterà sempre, irresistibile canto di sirene, la fantasia quasimodiana. Nella sezione “Dalla Sicilia del falso e vero verde” esso conoscerà ancora grande felicità di immagini. Bisogna ricordare che “Il falso e vero verde” (1956), come pure “La terra impareggiabile” (1958), risalgono ad un momento della nostra storia in cui i grandi ideali della Resistenza sembra-no illanguidirsi in un clima di mortificante re-staurazione. Il poeta conferma, con convinta costanza tematica e umana solidarietà, la fede nelle proprie conquiste ideali, concedendo al Sud ancora un grido: “Chi piange? Chi frusta i cavalli nell’aria/rossa?/(…)Io no, la mia razza ha coltelli/che ardono e lune e ferite che bruciano (“Le morte chitarre”). È tratto poi da “La terra impareggiabile”, specchio della problematicità esistenziale di quegli anni, il messaggio “Al padre”, raggiunto, “nell’aquila dei novant’an-ni” da parole nuove, scritte dal figlio a dire un amore e un rispetto da sempre inespressi. La dimensione pacatamente colloquiale del verso restituisce credibile la figura paterna, ne rac-conta la vita, spesa nel proprio mestiere e nel più impegnativo ruolo di padre, dedito a ovat-tare la difficile infanzia dei figli, crudamente riportata dal poeta: “La tua pazienza/triste, delicata, ci rubò la paura,/fu lezione di giorni uniti alla morte/tradita, al vilipendio dei ladro-ni/presi fra i rottami e giustiziati al buio/dalla fucileria degli sbarchi, un conto/di numeri bas-

Con Alessandro nello studio di corso Garibaldi 1959. Alessandro col padre davanti al Conservatorio

26La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011

La Provincia di Ragusa

si che tornava esatto/con-centrico, un bilancio di vita futura”.Anche da questi versi balza, potentemente presente, la Sicilia, leit-motiv mai abban-donato, rovello di rimpianto (“Più nessuno mi porterà nel Sud”, in “Lamento per il Sud”): per Quasimodo fu solo superficialmente fisica la “rottura impetuosa” con il fulcro della sua spirituali-tà mediterranea, con la sua “terra impareggiabile”.

È a Modica il figlio Alessan-dro, a festeggiare i cento-dieci anni della nascita di

Salvatore Quasimodo. Lo fa con un recital che corre suadente lungo le infinite visitazioni della quasimodiana “terra impareg-giabile”. La Sicilia, cui Alessan-dro tributa “Parole d’amore”, “dovute”, e “da tempo”, rical-cando la scia nobile tracciata dal padre, ma intessendo pure itinerari propri. Ce li chiarisce lo stesso Alessandro Quasimodo, in una bella conversazione inta-volata sui piani letterari, ma che rende pure conto della com-plessità del rapporto tra Salva-tore Quasimodo e Modica, e delle ‘ricadute’ di tale intrigante relazione sul figlio Alessandro, oggi in generosa confessione.- Il ricordo di suo padre con un “Omaggio alla Sicilia”?“Perché la poesia di Salvatore Quasimodo è il filo condut-tore di un percorso dedicato alla Sicilia, giocato tra mito e letteratura, un viaggio ideale che ripercorre la storia di un legame inscindibile tra la “terra impareggiabile” quasimodiana e i suoi più rappresentativi nar-ratori del ‘900, da Verga a Pi-randello, da Vittorini a Brancati, da Sciascia a Bufalino”.

- La Sicilia come luogo della memoria, degli affetti...“Quasi in un’unica voce, gli au-tori siciliani parlano della loro Isola, con accorato rimpianto, con struggente amarezza, ra-dicato fatalismo e non rasse-gnata accettazione, ma sempre con appassionato amore. Luo-go dell’incanto, della luce e dei colori intensi, l’isola è anche il luogo dell’alienazione, o da cui si fugge, per poi struggersi nel-la impossibilità del ritorno. E c’è pure la nota ironica, nella “Ral-legrata” di Pirandello”.- Bufalino parlava di “Cento

Sicilie”…“Ho letto molto attentamente questo suo libro, attingendovi ampiamente. La pagina che ho scelto è una lettera-racconto alla madre, una sorta di inter-vista in cui Bufalino le chiede, tra l’altro, come ha conosciu-to il padre, com’è nato lui, se i genitori fossero davvero tanto poveri. Bellissima. Cose vere, poi trasformate dall’abilità del grande scrittore, con un lin-guaggio”...- ...immaginifico, barocco. Squisitamente bufaliniano.“Infatti. Adoro Bufalino”.

Alessandro col papà

anniversari

Sicilia, terra impareggiabileLA CONFESSIONE DI ALESSANDRO QUASIMODO

ALBUM

ACATECHIARAM

ON

TE GULFI

COM

ISOG

IARRATANA

ISPICA M

ODICA

MO

NTERO

SSO ALM

O

POZZALLO

RAG

USA SCICLI SAN

TA CROCE CAM

ERINA

VITTORIA

ACAT

ECH

IARA

MO

NTE

GUL

FICO

MIS

OG

IARR

ATAN

A IS

PICA

M

ODI

CA

MO

NTE

ROSS

O A

LMO

PO

ZZAL

LO

RAG

USA

SCIC

LI

SAN

TA C

ROCE

CAM

ERIN

A VI

TTO

RIA

LA PROVINCIA DI RAGUSAALBUM

Miniere di storia

La P

rovi

ncia

di R

agus

a •

Alb

um •

N. 4

Lug

lio /

Agos

to 2

011

IIIII

ALBUMLA PROVINCIA DI RAGUSA

ALBUM

I “pirriatura” e i “picialuori”, oggi sono due me-stieri scomparsi, ma sono stati protagonisti di un periodo storico in cui l’estrazione della pietra

era una florida attività per la provincia di Ragu-sa. Era l’inizio del secolo scorso quando, in alcuni angoli del territorio ibleo, l’uomo ha preso consa-pevolezza dell’opera faticosa dei lavoratori della “pietra pece”. Certamente ripercorrere la via dei picialuori vuol dire confrontarsi con una durissima condizione di vita e di lavoro.Una delle miniere più interessanti del territorio ibleo si trova a cozzo Streppenosa, alle porte di Modica. A mano a mano che la strada sterrata declina verso l’imbocco della miniera, nascosto da sterpi e rovi, ci si addentra in un tunnel alto una decina di metri. Il cuore della miniera è all’interno, tra fango e pie-tre abbandonate, lungo il sentiero, ci si addentra per circa mille metri nelle viscere scavate dall’uo-mo nella terra. Laddove il bitume trasuda copioso e dove l’acqua gocciola formando concrezioni prezio-se nelle fattezze e nelle sfumature ricche di colori ci

si confronta col “modello metropolitano” fatto di rumori e di caos. Di sicuro una miniera di grande interesse per le valenze di archeologia industriale insite nel sito minerario ed anche per alcuni aspetti geomorfolologici che l’area sotterranea ha iniziato ad acquisire con il passare degli anni.A qualche chilometro dalla miniera di Streppenosa, c’è la cava di Castelluccio: “la pirrera”. Qui i pirria-tura estraevano il calcare tenero, facilmente lavo-rabile e friabile: la “pietra franca”. Il loro lavoro era duro e l’attività estrattiva era di tipo culminale. Si iniziava dalla parte sommitale dell’area di cava e si proseguiva secondo ribassi seguendo gli “asciuni” cioè gli strati della roccia. L’inaspettato equilibrio tra le fredde geografie delle miniere incise dal duro lavoro dell’uomo con le morfologie naturali nate dai processi carsici attivati dalle acque hanno fatto delle miniere un luogo “storico”: Un peccato non valorizzarle e soprattutto tutelarle.

Marcella Burderi

La P

rovi

ncia

di R

agus

a •

Alb

um •

N. 4

Lug

lio /

Agos

to 2

011

Gli scarti della miniera di Cortolillo

Miniera di Cortolillo.Scarti di lavorazione (sopra)e un particolare di roccia (a fianco)

VIV

La P

rovi

ncia

di R

agus

a •

Alb

um •

N. 4

Lug

lio /

Agos

to 2

011

Gli ingressi e l’internodelle miniere di asfaltodi contrada Tabuna

In basso a sinistraparticolare di un carrello

VIIVI

La P

rovi

ncia

di R

agus

a •

Alb

um •

N. 4

Lug

lio /

Agos

to 2

011

Esterno ed interno delle miniere di Streppenosa

27 La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011

- In Salvatore Quasimodo la Sicilia è animata dal mitolo-gismo insulare, poi diventa engagée con “Lamento per il Sud”. Quale la Sicilia di Alessandro Quasimodo?“Il percorso della Sicilia è sem-pre più faticoso, più complicato. Secondo me ci vorrebbero degli altri Vespri, un altro Garibaldi. Si dovrebbe cominciare una ri-voluzione, ma sul serio”.- Si riferisce alla situazione sociopolitica, oltreché eco-nomica del Sud?“Parlo in generale. Il problema è diventato nazionale. Respi-riamo una realtà che dire delu-dente è poco”.- Quanto è importante la spettacolarizzazione della letteratura, ai fini della sua fruizione?“Secondo me è sbagliato spet-tacolarizzare qualcosa. Bisogna al contrario mettersi al servizio della poesia, con grande umil-tà. Cosa che manca a molti miei colleghi. È importante so-prattutto cercare di entrare nel-la fattispecie in ciò che il poeta voleva esprimere. Diventare in qualche modo lo scrittore, quasi che stesse com-ponendo in quel momento. Sennò diventa un falso, come quando l’attore si ascolta. Ci sono interpretazioni di gran-di attori, risalenti a tanti anni fa, che oggi sono inascoltabili. Pascoli letto da Gassman, per esempio”.- Un tantino enfatico?“Decisamente. Che senso ha questo trattamento della poe-sia”?- “Io non ho che te/cuore della mia razza”…“Io ho un rispetto enorme verso la poesia, che mi porta ad arrivare al cuore delle cose. Altrimenti diventa un esercizio vacuo”.- Per restare dentro il cuore delle cose, tornando a una nomenclatura bufaliniana,

cosa salverebbe del “conti-nente Sicilia”.“Salverei il patrimonio che in-negabilmente esiste qui. Ci vor-rebbe più amore da parte dei siciliani. E invece c’è lassismo, disinteresse. Non esiste un’edu-cazione al bello, eticamente parlando. Il recupero ambienta-le di certe città è stato di una lentezza incredibile. Sono stati abbattuti palazzi storici, sosti-tuiti da cose in cemento arma-to…- Della provincia di Ragusa che opinione ha?“Per dire la verità, io mi sono sentito ‘usato’ da Modica. Quando c’è stato da lavora-re, cercare i rapporti giusti per far passare il piano del Parco Letterario, mi si cercava conti-nuamente. Una volta ottenuto quanto ci si era prefissati, alla sezione del Parco Letterario di Modica (l’altra compete a Roc-calumera) non sono stato più interpellato”.- Che tipo di aiuto le è stato richiesto da Modica?“Praticamente di tutto. In fase iniziale, quando c’è stato da fare il progetto, per ottenere i fondi dalla Fondazione Nievo di Roma, allora son tornato utile. Quando poi è stato approvato il progetto e Modica ha avuto le sovvenzioni, questa s’è scordata di Alessandro Quasimodo. Tra l’altro, Modica non fa più nulla, tranne che sfruttare ‘Casa Qua-simodo’, che non ci sarebbe se io non avessi elargito delle do-nazioni: oggetti dello studio di mio padre, libri”.- E la mostra “Artisti intorno a Quasimodo” che sarà alle-stita stabilmente a Modica?“Modica dovrebbe ringrazia-re me, per questa collezione. C’era la provincia di Messina in competizione, che voleva acquisirla. Modica aveva fatto una prelazione sull’acquisizio-ne delle opere, che poi aveva lasciato scadere. Nottetempo

ho interessato una persona, che ha consentito alla Regione di comprare, scavalcando Mes-sina, per dare l’usufrutto della collezione a Modica. In dieci anni Modica però non è anco-ra riuscita a dare un’adeguata sistemazione a questi quadri. Una mostra curata dalla Basile, qualche tempo fa, e poi basta. Un ipotetico restauro del castel-lo, per accogliere la collezione. Ma questi lavori vanno avanti da secoli. Possibile che, con tut-ti i palazzi che ci sono a Modi-ca, in dieci anni in cui s’è avuto il privilegio di questa collezione, non le si sia trovata un’adegua-ta collocazione, una situazione consona per poterla esporre? (L’Amministrazione Comunale ha deciso di ospitarla nel Palaz-zo della Cultura ndr).- Che rapporto intercorre tra la memoria di suo padre e Modica?“Ogni cosa è stata difficile. Ci sono voluti ventotto anni per far cambiare la targa che era stata collocata sulla casa di Quasimodo, che era una cosa oscena, una pietra frastagliata con la dicitura scorretta “Pre-mio Nobel per la Poesia” (che non esiste), anziché “per la Letteratura”. Tanti anni per l’in-titolazione di una strada a Sal-vatore Quasimodo”. Già, non è stato un rapporto facile, ma ora qualcosa sta cambiando.

Elisa Mandarà

ALBUMLA PROVINCIA DI RAGUSA

ALBUM

Foto: Giovanni Antoci

Testi: Marcella Burderi

Inserto del periodico La Provincia di RagusaAnno XXVI - N. 4 Luglio / Agosto 2011

VIII

La P

rovi

ncia

di R

agus

a •

Alb

um •

N. 4

Lug

lio /

Agos

to 2

011

28La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011 29 La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011

“Piegato hai il capo e mi guardi;/ e la tua veste è bianca,/ e un seno affiora dalla trina/ sciolta sull’omero sinistro.”

Quattro versi della poesia “E la tua veste è bianca”, da “Ed è subito sera” di Salvatore Quasimodo, in cui la donna è ancora compa-gna del poeta, unico antidoto all’ineluttabilità di una vita, che rende ogni uomo “Solo sul cuor della terra/ trafitto da un raggio di sole”.Una vita burrascosa, ricca di successi letterari, ma anche di amori, di gioie e di dolori per le donne amate dal poeta.Bice Donetti, emiliana, è la sua prima donna, che conosce nel 1922, otto anni più anziana di lui (Quasimodo ha 25 anni e la Donetti 33) con la quale vive, a Roma, “more uxorio” ma spo-sa, poi, nel 1926. E’ una donna che rimane nell’ombra tutta la vita, come lo stesso figlio del Poeta, Alessandro, confessa. Quando nel 1931 il poeta lascia Firemze, va ad Imperia dove co-nosce Amelia Spezialetti, una donna già separata e di due anni più anzia-na di lui. Da questa relazione nasce, nel 1935, Orietta. È una relazione, però, che dura poco perché, nello stesso anno, intreccia una rela-zione burrascosa con la poetessa Sibilla Alera-mo, venticinque anni più anziana di lui. Ma an-che questo rapporto non dura molto e finisce ben presto. Troncato questo legame, l’anno successivo, nel 1936, incontra Maria Cumani,

sette anni più anziana di lui. Nel 1946, muore la Donetti e il poeta le dedica un “Epitaffio per Bice Donetti”, preso da momenti di scon-forto e di desolazione, scrive “Con gli occhi alla pioggia e agli elfi della notte,/ è là, nel campo quindici a Musocco,/ (è il cimitero alle porte di Milano, ndr) la donna emiliana da me amata/ nel tempo triste della giovinezza.” Poi l’invocazione e la preghiera, quasi a significare

un atto di perdono verso quella donna che non mai si lamentò del poeta, sia per le sue scap-patelle, sia per averla trascura-ta “O tu che passi, spinto da altri morti,/ davanti alla fossa undici sessanta,/ fermati un minuto a salutare/ quella che non si dolse mai dell’uomo/ che qui rimane, odiato, coi suoi versi,/ uno come tanti, ope-raio di sogni.” Dopo la morte della Donetti, conosce il suo “vero amore”, Maria Cumani, geniale autrice di coreografie e danzatrice dalla metà degli anni trenta. Interpretò sempre

solo composizioni di sua creazione. Tre anni dopo, infatti, il loro amore è coronato dalla nascita del figlio Alessandro. “Era un genio della poesia, ma era un uomo, quindi aveva le debolezze e anche del divino che è nell’uo-mo, perché ogni uomo ha dentro sé un dio che, a volte, riconosce e porta a vivere e, a volte, soffoca. Aveva dei contrasti enormi, un uomo che poteva essere affascinante e anche

Gli amori tormentati del PoetaDa Bice Donetti a Maria Cumani, da Sibilla Aleramo alla russa Varvara Alexandrovna, le donne di Quasimodo hanno rappresentato per il poeta una lunga stagione di gioie e dolori

di Pietro Monteforte

La Provincia di Ragusa anniversari

antipatico”, dichiara la Cumani in un’intervista. Ma l’amore tra la Cumani e Quasimodo è in-tenso e passionale, tant’è che nel 1948 i due si sposano. Nel novembre 1959, sebbene con un anno di ritardo rispetto alle aspettative del poeta, finalmente, giunge il premio Nobel, un riconoscimento giusto a un grande poeta, ca-poscuola dell’Ermetismo, un premio che onora non soltanto la città di Modica e la provincia di Ragusa, ma la Sicilia e l’Italia. Il Nobel, però, qualche mese dopo, è offusca-to dalla richiesta di separazione legale della Cumani. Il poeta rimane solo e avverte un senso di malinconia e di tristezza. Ma uno spirito libero come Quasi-modo, stravagante e refrattario a codici e regole convenzionali, non si abbatte, anzi continua a scrivere e a pubblicare poesie e scritti.Non tarda ad arrivare, però, un’altra donna e un’altra ap-passionante storia d’amore con Curzia Ferrari, giornalista, saggista, narratrice e poetessa, alla quale il poeta invia lunghe lettere frementi di passione, raccolte nel volume “Senza di te, la Morte”, come scrive un suo amico e poeta Giuseppe Liuccio. Le donne di Quasimodo riempiono quattro epistolari, di cui due editi a Sibilla Ale-ramo e lettere d’amore a Maria Cumani e due inediti: lettere d’amore ad Amelia Spezialetti e a Curzia Ferrari.L’ultima donna, in ordine cronologico, è la rus-

sa Varvàra Alexandrovna che assiste il poeta, colpito da infarto, nel 1958, nell’ospedale di Botkin, a Mosca, ma la prima d’un componi-mento della raccolta “Dare e avere”, ultima raccolta che esce nel 1966. Varvàra ha smarrito la sua sensualità femmi-nile, è l’infermiera che lo assiste. In quella ter-ra lontana, agli antipodi della sua Sicilia, mito d’infanzia e di vita, Quasimodo sente la morte accanto, per la prima volta, e lo confessa, con un andamento quasi prosastico, ottenuto me-diante la distensione del verso che sembra ri-durre il proprio ritmo a mimare l’infermità del-l’uomo, ancora una volta a una donna: “Non ho paura della morte/ come non ho avuto pau-ra della vita. Di fronte a questa confessione, la donna diviene Madre. La “mano notturna” di Varvàra passa e si posa sulla fronte del poeta con la pietà delle dita materne, che sapreb-bero cancellare la violenza della vita e lascia-re al suo posto la “lunga pace della morte”. L’imminenza del pericolo di morte conferma il poeta nella sua idea di “donna-refugium” , che ha il calore della terra e l’umana tenerezza di “una moltitudine di mani/ che cercano altre mani dell’uomo”, perché la morte dell’uomo è la sua solitudine “sul cuor della terra”.“…Sono malato:/ sono io che posso morire da un minuto all’altro;/ proprio io, Varvara Alexandrovna, che giri/ per le stanze del Botkin con le scarpette di feltro/ e gli occhi frettolosi,

infermiera della notte”, scrive il poeta, che continua “Scotta la tua mano notturna, Varvara/ Alexandrovna; sono le dita di mia madre/ che stringono per lasciare lunga pace/ sotto la violenza.” La donna è compa-gna del poeta, unico antidoto al’ineluttabilità d’una vita che rende ogni uomo “solo sul cuor della terra/ trafitto da un raggio di sole.”Tutte le donne di Quasimodo restano solo un ricordo, forse il ricordo più importante e più vero dell’esistenza, ma Varvàra fu, sicuramente, l’unica donna che, nelle sembianze della ma-

dre Clotilde, rasserenò il poeta, rendendogli quella pace e quella serenità che, nonostante cercasse, non riuscì a trovare durante la vita né nella letteratura, né negli amori e nelle “sue” donne.Salvatore Quasimodo muore il 14 giugno 1968, a seguito d’un’emorragia cerebrale, mentre presiede un premio di poesia ad Amalfi.

Sibilla AleramoCurzia Ferrari

Maria Cumani

30La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011 31 La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011

Il Parco letterario Salvatore Quasimodo rap-presenta un fiore all’occhiello nel sistema museale e dei siti turistici di Modica. Ma

sopratutto costituisce un esempio concreto di come l’ambiente, la storia e la cultura di un territorio possono trasformarsi in un’opportu-nità di sviluppo e d’impresa. Il 110° anniversa-rio dalla nascita del Premio Nobel offre l’oc-casione per fare il punto su una realtà che è additata a modello e che in molti ci invidiano. Vediamo perché. Alla guida della cooperativa Etnos, ente gestore del Parco, vi è da qualche anno Viviana Pitino, una laurea in lingue stra-niere, vari master sul turismo e una specializ-zazione in Beni Culturali alla Scuola Normale di Pisa. “Nel 1996 Etnos ha aperto al pubblico la Casa Natale di Salvatore Quasimodo” - rac-conta la presidente della cooperativa – ed è stata la prima pietra di quel polo museale de-dicato a Salvatore Quasimodo che stava sor-gendo a Modica grazie anche all’impegno del figlio del Nobel, Alessandro”.In quegli anni la Fondazione Ippolito Nievo di Roma, con il patrocinio della presidenza del Consiglio dei Ministri, lanciava l’idea innova-tiva dei Parchi Letterari. Si trattava di un gran-dioso progetto di valorizzazione della cultura, dell’identità dei luoghi e del patrimonio im-materiale legata alle pagine e alle suggestioni letterarie di scrittori per i quali l’Italia va fiera nel mondo. Tra i 17 Parchi letterari ammessi al finanziamento europeo vi fu anche quello dedicato a Quasimodo, con sedi a Modica e a Roccalumera (in provincia di Messina), paese d’origine della famiglia del Nobel. “Nel 1999 – ricorda Viviana Pitino - iniziamo a

lavorare alla costituzione del Parco letterario, che inaugurammo il 14 giugno 2000. Il Parco letterario non è un luogo fisico ma un centro immateriale che promuove iniziative di turismo culturale e sociale, visite ai musei, animazioni e spettacoli, viaggi ed escursioni letterarie lega-te, nel nostro caso, alla vita e all’opera di Sal-vatore Quasimodo. Idealmente il suo ‘cuore’ è la Casa Quasimodo”.In pochi anni, però, l’esperienza dei Parchi let-terari si rivelò negativa. Non a Modica, dove invece il Parco Letterario divenne una realtà importante. “L’esperienza dei Parchi – spiega la presidente della cooperativa Etnos – si è ri-velata in alcuni casi molto difficile, in altri disa-strosa. Nel nostro caso, disponendo di un’of-ferta integrata di musei, siti archeologici e siti monumentali siamo riusciti a fronteggiare le difficoltà economiche e a sviluppare un’inten-sa progettualità culturale che ha reso la nostra esperienza un caso “esemplare”, se non unico, nella gestione dei Parchi Letterari”.Nel 2009 Stanislao de Marsanich ha rilevato il marchio “Parchi letterari” e ne ha inglobato l’esperienza nel progetto del Paesaggio Cultu-rale Italiano, che mette in rete i luoghi dell’ispi-razione letteraria e le eccellenze del turismo culturale. “In un recente convegno sul Paesaggio Cul-turale a Palermo – afferma Viviana Pitino – de Marsanich ha affermato che il Parco letterario di Modica rappresenta un’esperienza da imita-re, proponendola come esempio agli altri”. Un successo, quello del Parco letterario Quasi-modo, che si basa su tre pilastri: cultura, pro-gettualità e professionalità.

“Il Parco Letterario di Modica – continua la presidente - presenta un’ampia offerta musea-le e culturale. Museale, perché gestisce la Casa natale di Salvatore Quasimodo, composta da camere arredate con mobili originali del primo Novecento con libri e altri oggetti personali provenienti dallo studio milanese dello scritto-re, e la Stanza della Poesia, un percorso multi-sensoriale attraverso la poesia quasimodiana. Culturale, perché promuove varie manifesta-zioni e iniziative come i “Viaggi Sentimentali” (dal 2000), percorsi guidati alla scoperta dei vicoli di Modica con letture sceniche e dram-matizzazioni, e la “Settimana Quasimodiana”, sette giorni di mostre, letture di poesie e visite notturne nei musei cittadini in concomitanza con l’anniversario della nascita del Nobel (20 agosto). Due eventi, questi, che si inseriscono tra le principali offerte culturali di Modica cui di recente si sono aggiunte le azioni teatrali “Tra vicoli e poesia”, un itinerario attraverso la poesia dei luoghi, e “Modica e i suoi scrittori” che estende il rapporto tra letteratura e terri-torio anche ad altri autori (Bufalino, Poidoma-ni, Campailla)”.L’offerta culturale si arricchisce di anno in anno di eventi, manifestazioni e progetti che metto-no in risalto la relazione fra turismo, crescita economica e valorizzazione e del patrimonio culturale.“In occasione della Giornata della Memoria, per esempio, la cooperativa Etnos ha coinvol-

to le scuole in un progetto denominato “Ce-nere d’Auschwitz”, un itinerario tematico che prende il nome da un verso quasimodiano e che si snoda attraverso le viuzze e i ronchi di Cartellone, il quartiere ebraico di Modica. Non solo. Quest’anno la Settimana Quasimodiana si è svolta in collaborazione con la prestigiosa ‘Scuola del viaggio’ che, durante l’ultima set-timana di luglio, ha scelto Modica come sede della Summer school dedicata alla scrittura di viaggio e al carnet. I lavori realizzati durante questo corso estivo (acquarelli e racconti) sono stati oggetto di una mostra allestita all’interno di casa Quasimodo”.“In questi anni – conclude Viviana Pitino – il nostro obiettivo è stato quello di far cresce-re il territorio dal punto di vista culturale e professionale. Basti pensare alle tante figure che si sono sviluppate nella nostra cooperati-va nell’ambito dei servizi turistici, dalle guide museali alle guide turistiche fino agli staff che si occupano di found raising, per non parlare delle relazioni che sono nate con altre realtà turistiche e del mutuo scambio di esperienze. Figure, queste, che non sempre sono state valorizzate come avrebbero dovuto ma che hanno lavorato per offrire servizi sempre più efficienti e qualificati”.Un piccolo miracolo d’imprenditoria, insom-ma, che dimostra come sia possibile coniugare la cultura e il territorio con l’impresa.

Il ‘Parco’ di QuasimodoModica divide con Roccalumera il parco letterario intestato al premio Nobel. Gestito dalla cooperativa Etnos è un polo museale di grande richiamo che si è trasformato in un’opportunità di sviluppo

di Giovanni Criscione

La Provincia di Ragusa anniversari

32La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011 33 La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011

“Fuga” è un lessema in cui sono contenute le motiva-zioni della narrativa di Sal-

vatore Fichera, medico psichia-tra nel Centro Salute Mentale di Ragusa. È in tale parola che, del resto, può cogliersi uno degli scopi più creativi della scrittura: scrivere è un modo straordinario di risolvere i rigidi schemi della razionalità nella possibilità di vi-vere altre vite sotto la spinta del-l’immaginazione. È chiaro che il desiderio può essere soltanto un sogno o un’aspirazione, ma non c’è dubbio che permette di orientare la mente verso nuovi punti di vista. Scrivere, dunque, come un modo di ri-essere at-traverso l’evasione dalla dura realtà. Di questo motivo, il no-stro scrittore è ben consapevole quando dice che la vita non è una, ma sono innumerevoli i suoi cicli esperenziali. Sembra que-sto il filo conduttore dei diversi suoi scritti che si mantengono distanti sia dal descrittivismo sia dall’estetismo d’una parola astratta come pure dal tempo favolistico della memoria per la preferenza accordata all’auten-ticità dei vissuti, orientati a far conoscere il frastagliato labirinto della psiche. A questa riflessione riporta il romanzo intitolato Io e lei (Bologna, Ismeca 2010) dalla scrittura decisamente fenome-nologica e intimistica, sentita come biografia del personag-gio alle prese con il dolore della malattia. La rappresentazione del vedersi vivere nel groviglio quotidiano e l’immersione totale nella propria condizione realiz-zano un interessante racconto in cui l’inventività, sostenuta da un complesso scavo psicologico, si fonde con i fatti del giorno dopo

giorno e rivela un “sentire” pul-sante. Non sarebbe, peraltro, giusto trascurare l’essenzialità e l’asciuttezza del linguaggio a cui lo scrittore tiene moltissimo: spigliato, fluido e abbastan-za comunicativo nell’alternasi di monologhi e dialoghi da cui prendono corpo fatti modulati nel sentimento pirandelliano del contrario. In tale prospettiva, Fi-chera, avvalendosi dell’uso del tempo presente, realizza prege-voli effetti, quale ad esempio il coinvolgimento diretto del letto-re nei luoghi dell’azione. Da qui l’assenza di precise indicazioni temporali nello svolgimento del-la vicenda, appunto perché l’au-tore, astraendosi dal passato, focalizza l’attenzione su stati o flussi di coscienza, dove il tempo è visto come una serie di proces-si associativi. Il filo conduttore è dato dalla discesa nella malattia, cioè in quella condizione di pre-carietà così lacerante da portare alla sfiducia totale, mentre un ri-ferimento specifico può andare al nesso tra la terapia ed il pe-riodo di attesa dei suoi effetti, momenti che Fichera descrive con tratti resi sicuri dall’uso di calzanti immagini. Dei tanti ingredienti di cui è ali-mentata la narrazione non si può non mettere in rilievo la funzio-ne catartica d’un rapporto sen-timentale tra il protagonista e Irene, personaggio di un’amma-liante femminilità che fa mette-re “in secondo piano” lo stato di incertezza, derivante dalla sa-lute malferma di entrambi. A vi-vacizzarlo è la realizzazione d’un viaggio, d’una breve vacanza a Venezia che ha il valore dell’as-sunzione di un’altra identità. Il viaggio, dunque, come voglia di

un contatto vitale e rigenerativo, come ricerca di freschi sorsi di vita ed evasione dalla soffocante malattia. Una tale scelta temati-ca non può non richiamare alla mente Diceria dell’untore di Ge-sualdo Bufalino: specificamen-te il brano in cui l’io narrante momentaneamente si allontana con Marta dal sanatorio, la Roc-ca, per concedersi momenti di distrazione sollecitati da un for-tissimo istinto di sopravvivenza. L’evasione dai ritmi abitudinari come possibilità di esprimersi nella carnalità dell’incontro, non-ché la rievocazione dei momenti più belli trascorsi insieme riap-pacifica con l’estrema caducità della vita e soddisfa, almeno in parte, quel desiderio di pienezza o felicità alla quale l’uomo aspira per naturale disposizione.

libri

Il viaggio catarticoNel romanzo “Io e lei” di Salvatore Fichera fa capolino un’inventività che sostenuta da un complesso scavo psicologico, si fonde con i fatti del giorno dopo giorno per rivelare un “sentire” pulsante

di Federico Guastella

libri

Da quando Vittoria ha compiuto quattrocento anni, i figli non smetto-

no di tributarle omaggi, ciascu-no nel modulo espressivo che gli è congeniale. Atti d’amore, segni di appartenenza, che fanno di Vittoria uno dei paesi più “raccontati” della provin-cia iblea. L’omaggio di Raffaele Drago ha un titolo, “Tenue luce in uno scorcio di mondo”, e una struttura narrativa frazionata in ventisei segmenti. A unificar-li provvede l’accorgimento, di ascendenza boccacciana, della “cornice”, la campagna vittoriese, e del “no-vellatore”, un contadino saggio, don Niluzzu, un comodo “alter ego”, al quale l’autore affida i suoi sentimenti e i suoi pensieri. Sul passato che, come avviene in ogni “amarcord”, è resti-tuito in una versione riveduta, se non abbelli-ta; sul presente che, quando esce vincente dal confronto con il passato, è perché le nuove co-modità e il diffuso benessere impongono un obiettivo riconoscimento. Anche da parte di chi, come Drago, passa attraverso momenti di inguaribile nostalgia. La vita “d’altri tempi” era sana, modesta nelle pretese e negli svaghi; la donna costumata, pudica, “femminile”. La so-cietà di oggi è esagerata nei suoni, nella scelta dei nomi, nei divertimenti, esagerata anche nelle manchevolezze: di giustizia, di cultura, di buona politica. Passato e presente si inseguo-no e si raggiungono in quasi tutti i racconti e l’uno getta luce sull’altro.In un testo narrativo, per sua natura polisemi-co, le sequenze propriamente narrative si al-ternano a quelle descrittive e riflessive. Drago ha un suo modo lento e diffuso, quasi anali-tico, di raccontare, come se ogni particolare fosse un importante segno di individuazione. Di spazi chiusi, che possono essere un’abita-zione, lo studio di un avvocato, un tribunale,

un circolo di cultura, e di spazi aperti, la campagna, il paesag-gio ibleo, nei suoi cromatismi, nelle percezioni che trasmette ai sensi, nel fascino delle sue atmosfere e dei suoi umori sta-gionali. E le pagine si sommano alle pagine, in un susseguirsi di considerazioni, emozioni, ricor-di propri o altrui, ora in linea retta, ora a incastro, tra fughe e ritorni che assecondano il di-panarsi del pensiero. Scorrono, da un racconto all’altro, traspo-sizioni letterarie di accadimen-ti reali, se dobbiamo credere

all’autore. Soprattutto personaggi, normali e strani, furbi e ingenui, cattivi e buoni, attori di un dramma, o di una commedia, che si ri-propone nel tempo con poche varianti, legate più a fattori esterni che all’indole incurabile degli uomini. Drago li fa muovere nello spazio piccolo e nello spazio grande, nella cronaca e nella storia, anzi nella cronaca che inevitabil-mente incontra la storia, li segue con sguardo attento e vigile, talvolta ironico.Il narratore-descrittore invade talvolta, nei momenti colti, che si alternano ai momenti dialettali, popolari, il territorio della “ratio” filosofica e riflette sui sentimenti, l’amicizia e l’amore, sulle fissazioni innocue, sulle fissazio-ni gravi, come il complesso di Edipo, sulle pos-sibili manipolazioni della verità, su aberrazioni storiche quali il nazismo e il fascismo; su come cambino, o fingano di cambiare, gli uomini ogni volta che cambia la direzione del vento politico.In questi casi lo “scorcio di mondo” in cui l’au-tore è fiero di essere nato e vissuto, e in cui si augura di finire i suoi giorni, diventa il mondo. Vittoria come metafora, si direbbe, restringen-do il campo di osservazione di Sciascia, che si allargava all’intera Sicilia.

Vittoria come metaforaL’omaggio di Raffaele Drago alla sua città con “Tenue luce in uno scorcio di mondo” è in quasi tutti i racconti un continuo inseguirsi e raggiungersi tra passato e presente e l’uno getta luce sull’altro

di Maria Laura Andronaco

La Provincia di Ragusa

34La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011 35 La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011

arte

La ‘casa’ di Bracchitta

di Elisa Mandarà

È in bilico. In equilibrio improbabile, prima che instabile. E chissà se cadrà, la casetta rossa che Sandro Bracchitta ha costrui-

to sulla tela. Il suo colore addita sangue, parla profondità. Un vertice poggia sul dorso ripido di una montagna che è la natura, o forse solo una pura forza, potente e prepotente, livida e senza luce, dunque controcanto ideale a un’abitazione senza finestre.Interprete sensibile del mondo, Sandro Brac-chitta ha chiuso la sua casa all’interscambio con l’esterno, facendo dei suoi poetici conte-nitori dei monoliti ermeticamente preclusi alla ricezione, oltre che al dialogo.Monadi. Un tema che attraversa struggente l’intera collezione che l’artista ha portato in esposizione a Scicli, presso la galleria Koiné di Bartolo Piccione. Una silloge nuova ma che continua le raffinate sperimentazioni da lui condotte lungo le ultime stagioni creative, nel segno primario di un gioco intensamente me-taforico, ove un sistema complesso di simboli rende conto di un étude de l’homme profondo e coeso. Contenitore di vita, la casa si colloca in rapporto progrediente, rispetto alla ciotola, cui l’artista aveva già assegnato le valenze po-lisemiche dell’accoglienza, dell’aspettare.“La vita mi ha creato uno strappo”, confessa Sandro Bracchitta; “la perdita di mia moglie è stata l’opera più forte, dentro di me”. La matri-ce fortissima lirica, che affonda radici dolorose nella personale parabola biografica dell’artista ragusano, fornisce un’ulteriore, intensa lettura a una cifra pittorica subito contrassegnata da eleganza compositiva, oltreché da una distan-za trasparente dal cosmo iconografico isolano. Eccentrico dalle scuole variegate iblee e dal-la figuratività squisitamente siciliana, Sandro

Bracchitta risponde alla scomparsa di Antonel-la, appagando l’urgenza espressiva, squarcian-do il silenzio creativo. “L’arte è vita”, spiega l’artista, avvalorando un connubio saldo tra esistenza e creazione artistica, ove il tratto rosso che delinea il confine della casa, topos espressivo, poetico, è segno, scarno ma incisi-vo, di riapertura.Corrono temi cari a Sandro Bracchitta, come l’abito candido femminile, inciso da lievi si-gnificativi solchi sanguigni, e quelle “Piccole mani”, in studi iconograficamente memori di Antonello da Messina, ma assolutamente

La Provincia di Ragusa

Il pittore ragusano, dopo lo ‘strappo’ che gli ha creato la vita con la perdita della moglie, nella sua ultima esposizione di Scicli avvalora un connubio saldo tra esistenza e creazione artistica nella scelta metaforica della casa

Sandro Bracchitta nel suo studio

originali nella polisemia densa dischiusa dalla caduta delle mani di donna. La stessa disce-sa verticale che coinvolge la piccola casa ros-sa di Bracchitta, sovrastata talora da un cielo bruno, o da un blu che si disgrega in chiazze grumose materiche. “Tutto scivola”, lacrime, forse, a bagnare salvificamente la favola talora insostenibile dell’uomo, o forse è il cielo che cade a pezzi sulla ‘casa’. Una volta che preci-pita, come le certezze dell’uomo, atomo infi-nitesimo se rapportato all’infinito, “all’Entità”, dice Sandro Bracchitta, che pare suggerire una chiave d’accesso mistica al suo mondo. La casa è l’uomo. In fiamme, fioccata di neve, centro decentrato, come denuncia “Il tuo silenzio”: l’impatto emozionale del rosso, in contrasto ossimorico col bianco icastico, panico dello sfondo. Inabile a una comunicazione vera col mondo, ripiega su se stesso il male di vivere connaturato alla natura umana, fragile pasca-liana canna al vento, ma, e qui torna Pascal, “pensante”.Consustanziata della levità del sogno eppure vibrante di una gamma autentica, fortissima, di cose umane, l’arte di Bracchitta non si lascia appesantire da nessun realismo del quotidiano. Come traluce dallo splendido polittoto che an-tologizza, nello spazio fisico di una parete, un campionario significativo di situazioni esisten-ziali e spirituali dell’uomo, le opere di Sandro Bracchitta sono visioni, mentali e filosofiche, oltreché liriche, fiabe avvolgenti di dolcezza, capaci di tradurre e sublimare in poesia pura anche il dato naturalistico, di calarlo in un uni-verso magico che guarda al metafisico. “Non penso all’aspetto teorico, ma ho esigenze as-solutamente sentimentali e poetiche”: non è l’equazione concettosa di una tesi, l’arte di Sandro Bracchitta, che privilegia l’immanenza

icastica dell’opera alla sua decrittazione, “in-terrogandosi a opera ultimata come una Pizia, assecondando uno shaker interiore”.Tono enigmatico ed echi naïf, col valore ag-giunto della perturbazione decadente, in com-posizioni che si prestano a una decodificazio-ne psicoanalitica, il segno pittorico equazione dell’inconscio, specie per quella inquietante as-senza di finestre, di aperture dell’io al mondo. Il dolore, che cuce nella costante drammatica le tappe suggestive di un percorso secondario, interno alla mostra, col regesto caleidoscopico dei modi dell’anima, viene risolto dall’artista in un preziosismo che tutto pervade e tutto fa rilucere di purezza cristallina, in composizio-ni sempre esteticamente fascinose, ricercate fin dalla selezione mobile delle tecniche e dei materiali impiegati, puntasecca, metallo, car-borundum, pastello, pittura e incisione, l’oro e il corallo, ove però l’intento decorativo e il dato narrativo perdono progressivamente im-portanza. È la misura dell’uomo il fulcro del discorso di Sandro Bracchitta, che, sposando la propria collezione agli spazi mossi della gal-leria Koiné, compone in essa due installazioni, poesia ultima. Dice ieratica della dialettica fi-nito-infinito la casa bianca incastonata dall’ar-tista in una nicchia blu, in equilibrio difficile, mimetico della relazione squilibrata dell’uma-no col divino, mentre esige la posizione della preghiera l’installazione della casetta rossa, evocativa di un silenzio capace di quietare le chimere al cuore.

L’opera “Equilibrium”

36La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011 37 La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011

arte

Le stagioni della donnaPinuccio Modica Bittordo disvela lungo la metafora della ‘scena’ teatrale nella mostra “È di scena la donna” un campione di ‘maschere’ femminili

di Elisa Mandarà

È un sipario che si alza, la mostra di Pinuccio Modica Bittordo, come attesta già

il titolo della personale, che ha dato l’avvio alla kermesse “Mu-seo d’estate”, organizzata da In-gegniCulturaModica. “È di scena la donna” ruota attorno al cam-po semantico del teatro, di una ribalta sulla quale l’artista tra-sporta un campione significativo di ‘maschere’ femminili. Modi e mondi della donna, disvelati da Pinuccio Modica Bittordo lungo la metafora ampia della ‘scena’, sulla quale spingere emozioni e stagioni della vita della donna. Venti opere di grafica, costitu-tive insomma di un’antologia di fasi e stati d’animo eloquenti del sentire dell’altra metà del cielo, che il nero della china, adottato quale registro assoluto, enfatiz-za nei contrasti coi bianchi della tela.“Sono consapevole di possede-re un linguaggio d’impostazione realistica”, dichiara l’artista, “che mi terrà sempre lontano dalle avanguardie artistiche”.

Poco importa, la catalogazione di Modica Bittordo nell’una o nell’altra scuola costituita, o il suo essere in linea con le esteti-che contemporanee, rispetto alla capacità, che l’artista modicano sicuramente possiede, di passa-re intatta la sfera emozionale dei soggetti ritratti. Sguardi che ag-grediscono frontalmente lo spet-tatore, ma coi modi intensi della dolcezza, più spesso della pas-sione, sguardi trasognati, diretti a regioni altre, languidamente, malinconicamente, sguardi di donne che si affacciano alla vita, col desiderio nuovo o col pudo-re di una disarmante timidezza. Sguardi di donne accarezzati da una rosa, allusiva della poeticità assoluta dell’indicibile, sguar-di persi nell’abbandono, o che l’esistenza ha costretto a restare vigili. E su questa collezione di sguardi, di mani che s’intreccia-no nel segno dell’amore, Pinuc-cio Modica Bittordo impiega con duttilità le tecniche varie della grafica, alternando la precisio-ne del profilo netto, a uno stile in cui i bordi e le linee paiono

sparire, per dar vita a soggetti vivi, nelle sfumature, nelle zone d’ombra, nei segni trattati come maglie minime costitutive di una catena unitaria. Altre volte rie-cheggia il pointillisme, in questi “ritratti dell’anima”, come già osservava Renato Civello nella pregevole pagina dedicata al-l’artista, che ha intrapreso il suo percorso da autodidatta, non tenendo presente un punto di riferimento unico, tra i grandi, ma affrontando la tipologia arti-stica della ritrattistica con gran-de sensibilità, con la morbidezza dovuta a un soggetto delicato e forte al contempo. Pertanto le sue figure risultano suggestive visitazioni, più che mere ripro-duzioni del vero, rispondenti alla carica intimista novecentesca, avviata dai filosofi del secolo precedente. Immagini che asse-condano l’impulso, primordiale nell’uomo, al ritratto, capace di fissare la fisicità della bellezza e insieme di arricchirla dei valori simbolici che facciano di un vol-to la testimonianza suggestiva di un passaggio.

arte

Sguardi che circondano, sorprendono, incu-riosiscono. Sguardi di ritratti pittorici, copie di grandi maestri, volti conosciuti e amati.

Sguardi scovati “con sorpresa” da Bartolomeo Piccione, gallerista sciclitano, novello “archeo-logo”, protagonista di un ritrovamento sorpren-dente, figlio del caso, dentro una cassapanca, anzi dentro la cassapanca dello studio di chi, fo-tografo, aveva anche accarezzato il sogno della pittura, mai confessato.“Ho ritrovato i disegni di Giustino Santospa-gnuolo in circostanza accidentali – rivela Barto-lo Piccione - salvandoli da una fine sicuramente poco nobile. Dopo averli fatti ripulire e sistema-re, li ho custoditi gelosamente per dieci anni e forse più ripromettendomi di organizzare prima o poi una mostra. Ho resistito sempre alle offerte di coloro che li hanno visti e volevano custodir-li. Ho potuto così mostrare ad amici, estimatori appassionati,tra cui i pittori del “Gruppo di Sci-cli”, i dodici “sguardi” dello storico e compianto fotografo “ufficiale” di Scicli, ultimo discendente di una generazione di professionisti dello scatto che, come annota Guglielmo Pitrolo, era talmen-

te innamorato del suo lavoro da aderirvi “con un’intrinseca sensibilità estetica e viscerale culto della memoria e della storia locale”.“Penseremo sempre a lui - aggiunge Pitrolo - quando ci ritroveremo a sfogliare i nostri album familiari”. Ora il caso, e soprattutto la dedizio-ne di Bartolomeo Piccione, hanno permesso di scoprire che l’occhio più famoso di Scicli aveva sfruttato a pieno i suoi studi di formazione pres-so una un liceo artistico.“In tanti anni di amicizia il nostro caro Giustino - rivela Piero Guccione - non ne aveva mai fatto cenno. Ora l’amico Bartolomeo Piccione ci sot-topone un piccolo campionario di disegni vera-mente belli e sapienti”.Sguardi dentro in cui “tuffarsi” e “consolarsi”. Un campionario sorprendente. “Ora riguardan-doli - dice il gallerista – insieme alla soddisfazione di essere riuscito a fare la mostra e per i recenti accadimenti della mia vita, tanti sguardi diventa-no quell’unico sguardo ridente, struggente, dol-ce, melanconico, rassicurante, che intimamente mi appartiene e mi manca. Ora mi auguro che l’Amministrazione Comunale intitoli una stanza del Municipio alla memoria di Giustino Santo-spagnuolo, luogo in cui, sarei felice, di lasciare i suoi disegni”.

Fotografo? Sì, ma disegno pureDodici disegni del fotografo sciclitano Giustino Santospagnuolo, custoditi dal figlio Adriano e scoperti dal gallerista Bartolo Piccione, rivelano una produzione di alto valore artistico che il tempo ha reso ancora più affascinante

di Daniela Citino

La Provincia di Ragusa

38La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011 39 La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011

teatro

Tra le rassegne estive in costa iblea, palma d’oro allo splendido cartellone dei Teatri di Pietra di Sicilia, sposato, anche quest’anno,

dal Parco Archeologico di Kaukana. Eventi di tea-tro, danza, musica, suggestivamente oscillanti tra tradizione e contemporaneità dei linguaggi. Se la classicità greca resta il nucleo estetico primario del tabellone, quest’anno il Parco di Kaucana ha offerto delle accattivanti incursioni in ere diver-se della tradizione letteraria e drammaturgica. L’inaugurazione affidata a Federico De Rober-to, con “Il rosario”, uno spettacolo coraggioso, che instaura un dialogo audace tra tradizione e contemporaneità, tra letteratura e reale. Po-chi gli elementi accessori della scenografia, per rendere conto della vita disadorna di donne che non hanno saputo recidere i lacci oppressivi di un ordinamento sociale che è inesorabile carce-re. Magistralmente interpretate da Nenè Barini, Germana Mastropasqua e Alessandra Roca, le tre sorelle Sommatino sono lì, in quella casa che le ha viste nascere e che ora, cinquantenni, le mantiene segregate, a consumare i giorni senza i profumi dell’esistenza, che le lascia trascolorare senza avere conosciuto l’amore. Sono bloccate sull’uscio del giardino, per De Roberto, al limitare simbolico tra esterno e interno.Pur nella primaria ricerca della comicità pura, è trasparente l’attualizzazione di uno dei capo-lavori mondiali dell’arte, il “Decameron”, nel riuscitissimo adattamento teatrale di Augusto Zucchi, impegnato anche nella regia. La pié-ce veicola idealmente la fuga delle generazioni nuove da una Firenze che è il mondo. Il presen-te, con l’aura ammorbata dai giochi delle poli-tiche torbide, dei plutocrati, che muovono la civiltà verso le solite presunte magnifiche sorti progressive. Sette fanciulle e tre ragazzi si riti-rano in una sorta di eden, ove, tra una fiaba e l’altra, si ‘salvano’, sottraendo a fine certa pure le energie pulite, alternative della società. Prota-gonista un’inedita Debora Caprioglio, fascinosa presenza scenica come Fiammetta ma anche in qualità di personificazione icastica della morte,

che incombe anche a terzo millennio avviato sulle coscienze, sulla cultura. Sul palco singolare di Kaukana prende vita la poesia caleidoscopica e l’umanità infinitamente sfaccettata affrescata da Boccaccio. In un registro anzitutto malizioso, che tocca pure il grottesco, sfilano così vicende e personaggi, simboli vivi di vizi e virtù, di fat-ti e sentimenti, dominati dall’amore e dall’odio, dall’avventura, dalla meditazione etica, implicita a ogni sequenza rappresentata. Da un senso del tragico che tutto pervade, da un dramma incombente che solo la danza bianca delle fan-ciulle alleggerisce, disperde. E su tutto, lo sguar-do dell’auctor, la sua ironia e il suo distacco, ma anche la sua partecipazione alla vicenda povera dei mortali, ai quali ancora oggi Boccaccio parla, additando una via laica alla ‘salvezza’ nell’intelli-genza e nella passione.L’invocazione a Febo apre la suadente visitazione che Apollonio Rodio compie del mito degli Ar-

Kaukana, di tutto di piùIl cartellone dei ‘Teatri di Pietra’ ha regalato eventi oscillanti tra tradizione e contemporaneità dei linguaggi. Dal Decameron con la fascinosa presenza di Deborah Caprioglio al mito degli Argonauti e al ‘doppio’ Anfitrione di Plauto

di Elisa Mandarà

La Provincia di Ragusa

gonauti. Uno dei viaggi più avventurosi e celebri che la classicità greca ha tramandato al patrimo-nio culturale mondiale, che nel Parco di Kaukana trova spazio ‘naturale’ e dimora suggestiva, nella pregnante lettura di Virginio Gazzolo. “Argo-nauti” è una potente riedizione delle narrazioni epiche connesse al viaggio dei mitici cinquanta eroi achei, che, guidati da Giasone, solcheranno ampi mari, a bordo della nave Argo, fino a giun-gere alle regioni ostili della Colchide, in un’im-presa volta alla conquista del vello d’oro che è la chiave del potere. Lo argomentano le disser-tazioni lucide, incalzanti, assolutamente coinvol-genti, che Gazzolo pronuncia in una affascinante lectio ex cathedra lunga una serata.Un gioco gustoso dei doppi, l’Anfitrione di Plau-to, una commedia degli equivoci, che, lungo cinque spassosissimi atti e un prologo, incatena il pubblico al teatro, da secoli, dalla prima rap-presentazione di cui si ha notizia, datata 206 a. C. E questa divertita pièce diventa teatro mar-cato terzo millennio, nello spettacolo “L’altro Anfitrione”, diretto dalla regia di Paolo Graziosi ed Elisabetta Arosio e sostanziato della riduzio-ne e della traduzione firmata da Rino Marino. La confusione intenzionale ingenerata da Plauto comincia nello spettacolo di Graziosi fin dall’inci-pit, quando Mercurio (sulla scena Rino Marino), si aggira tra gli spettatori, gettando le premesse, nel prologo, della catena esilarante di equivoci, per il pubblico subito chiari. È infatti trasparen-te l’inganno ordito da quel solito dongiovanni che è Giove, “grande trasformista”, trasmutato in Anfitrione per passare la notte con Alcmena-Elisabetta Arosio, maschera dell’onestà coniuga-le, virtù di moglie per antonomasia, che giace con Giove solo perché lo ritiene il proprio sposo. Complice Mercurio, il quale assume le sembianze di Sosia, il servo, che ha sempre un ruolo centra-le in Plauto, e in particolare nel suo ‘metateatro’, in quanto personaggio doppio, rappresentante il poeta come creatore di inganni. In questa si-tuazione drammaturgica, il malinteso centrale discende dalle divinità, calatesi con simpatica

nonchalance in sembianze umane. Su questo aspetto polisemico indugia lo spettacolo di Gra-ziosi, Arosio, Marino, ponendo enfasi speciale allo sguardo divertito del dio sulle cose umane, alla beffa del dio all’uomo.Sfondo elegante le note blues dei Baciamolema-ni, il palco incantato di Kaucana risuona della letterarietà barocca, sprigionata da una raffinata prosa lirica firmata Vincenzo Consolo. È Danilo Schininà, che interpreta intensamente un passo desunto dal “Retablo” di Consolo, traboccan-te di immagini sontuose, a rendere le malie di un’attrazione fatale per i volti diversi e comple-mentari, ipersimbolici di Rosalia. Una scelta che sa subito di Sicilia, ma di una Sicilia alta dell’arte, che orienta quasi le ‘aspettative’ del pubblico verso un itinerario condotto lungo lo spazio im-maginifico isolano. Ma, a calare la poesia nella prosa, ecco improvvisa la forza icastica di Mar-cello Perracchio, che ingaggia con Danilo Schi-ninà una sfida. Si ritrovano a tavola i due attori, a misurarsi, a suon di battute, poesie e canzoni, in un’avvincente tenzone. Esilarante dal primo all’ultimo minuto, lo spettacolo attraversa sì la Sicilia, ma ibridando registri e repertori. Ed è una autentica esplosione, di riso, di buon umo-re, quella scatenata da Marcello Perracchio, che confessa di divertirsi molto, soprattutto per quel contrasto generazionale che esiste tra Marcello e Danilo, già un assolo autonomo di comicità: “la finzione teatrale della sfida poggia sullo scontro tra vecchi e giovani”, sostiene Perracchio, “che vivono però bene solo se si integrano”. E in que-sto caso è stato davvero produttivo l’apporto a un veterano del cinema e del teatro, come Per-racchio, da parte del giovane Schininà, che porta allo spettacolo non solo la regia, orientata verso lo stile fresco della semi-improvvisazione, e la selezione efficace dei testi, ma anche dei brani originali, di propria composizione, come “Sau-sizza e sinapu”, da cui trae il titolo lo spettacolo: drammatizzazione di una ricetta, colorita della vis comica di Danilo, che assomiglia il mix di que-sti due alimenti, reciprocamente distanti eppure sublimi insieme, all’altrettanto inaspettato ma splendido accostamento Perracchio-Schininà.

Deborah Caprioglio nella messa in scena del Decamerone

Rino Marino protagonista de “L’altro anfitrione”

Danilo Schininà e Marcello Perracchio

40La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011 41 La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011

cinema La Provincia

di Ragusa

Il ‘nuovo’ MontalbanoForte del successo televisivo della fiction del popolare commissario, la Palomar sceglie ancora la provincia di Ragusa per una nuova serie sul giovane Montalbano. Nuovo il cast e nei panni del famoso poliziotto c’è Michele Riondino

di Laura Curella

Che il territorio ibleo, fatto di scorci immu-tati e paesaggi urbani caratteristici, sia stato uno dei punti di forza del grande

successo della fiction Il commissario Montal-bano ormai è assodato. Adesso però i nostri luoghi, sapientemente scelti dallo scenografo Luciano Ricceri e celebrati dal regista Alberto Sironi, s’impongono come trait d’union per una nuova avventura della Palomar di Carlo degli Esposti: “Il giovane Montalbano”, prequel del-l’amatissima serie. La nuova fiction, anch’essa una co-produzione Rai, ricostruisce la storia del commissario Salvo Montalbano, dalla gioventù sino al trasferimento a Vigata. Il rapporto fra il giovane e il padre, il suo primo amore e l’incon-tro con Livia, la storica fidanzata. Ben ventiquat-tro settimane di lavorazione per sei puntate da 100 minuti ciascuna. Tocca al regista Gianluca Maria Tavarelli cimentarsi con un territorio vo-cato al cinema, ripreso dai più grandi registi del cinema italiano del dopoguerra.Rispetto alla fortunata e classica fiction del com-missario Montalbano, la nuova produzione Pa-lomar ha rinnovato per intero il cast, ad iniziare ovviamente dal ruolo del protagonista. Ad inter-pretare Salvo Montalbano è il pugliese Michele Riondino, giovane promessa del cinema italiano, già distintosi con la partecipazione al cast de “I dieci inverni” e “Il passato è una terra straniera”. L’attore pugliese è il “nuovo” Montalbano, con vent’anni di meno. Il confronto con Luca Zinga-retti non lo spaventa, il suo è un ruolo del tutto diverso, più fresco, più giovane. Riondino è un Salvo Montalbano alle prime armi, che tentenna nelle sue prime indagini e mostra insicurezza nel destreggiarsi con malavitosi e delinquenti di ogni tipo. Ma il carattere è sempre quello imposto da Camilleri, sia che si tratti della fiction di Alberto Sironi, che di quella di Gian Maria Tavarelli.Novità anche tra il parterre degli attori ragusani

con il modicano Andrea Tidona, a cui è stato affidato l’importante ruolo del padre dell’or-mai famoso ispettore Fazio, e la partecipazioni di moltissime comparse e figurazioni speciali. Le riprese per i sei episodi “La prima indagine di Montalbano”, “Capodanno”, “Ritorno alle origini”, “Ferito a morte”, “Il terzo segreto” e “Sette lunedì” verranno realizzate oltre che nei luoghi che gli spettatori hanno conosciuto ed amato nelle precedenti serie del commissario Montalbano (Ragusa, Santa Croce Camerina, Punta Secca, Modica) anche in altre località del-la provincia come Chiaramonte Gulfi, Comiso, Vittoria ed Acate, finora meno interessate dalla fiction televisiva. Sarà per la provincia di Ragusa la conferma di una una terra “naturaliter cine-matografica” come amava definirla Gesualdo Bufalino.

L’attore che interpreta il giovane Montalbano

cinema

Lando Buzzanca torna a casaL’attore palermitano protagonista di un docu-film sulla sua esperienza artistica avviata a Ragusa e Ispica con ‘Divorzio all’Italiana’ e proseguita con ‘I Vicerè?

di Federica Molè

Prende il nome dal-la conosciuta opera pirandelliana “Uno,

nessuno e centomila”, ma il protagonista assoluto è uno solo: Lando Buzzanca. È il film - documentario che l’Istituto Luce realizzerà sul-l’attore palermitano riper-correndo i luoghi siciliani dove si è ‘materializzata’ la sua carriera cinematografi-ca. Due tappe fondamen-tali in provincia di Ragusa: Ispica e Ragusa. In questi luoghi Lando Buzzanca ha girato “Divorzio all’Italiana” di Pietro Germi e il film storico “I Vicerè” di Roberto Faenza nel ruolo del principe del casato Uzeda, il Gatto-pardo ‘cattivo’ per intenderci. Una prova che ha cancellato il Buzzanca ‘Merlo maschio’, ste-reotipo che per anni non l’ha abbandonato.Adesso Lando Buzzanca, grazie alla produzio-ne della Blue film e alla regia di Claudio Bon-dì, ha la possibilità di ripercorrere i luoghi che sono stati i set cinematografici dei suoi film. “Mi mette un po’ in imbarazzo che si giri un documentario su di me - dice Lando Buzzanca - sono un po’ pudico e ho l’impressione che i 55 minuti previsti per il documentario mi crei-no un po’ d’ansia e timidezza”. Un percorso sulla vita professionale dell’attore palermitano ricostruita passo dopo passo at-traverso i luoghi dei suoi film ma anche sulle sue suggestioni.“Sono i luoghi - aggiunge Buzzanca - che mi hanno permesso di crescere sul piano artistico, che mi hanno fatto diventare un personaggio, piuttosto che un attore famoso. I personaggi non lasciano le tracce come invece gli attori che si esprimono in maniera completa, ma forse nel mio caso non è così. Sono felice che si stia girando un documentario su di me, ma sembra quasi che io stia lasciando un testa-mento, io sono ancora pieno di vita”. Lando Buzzanca ha ancora lucidi i ricordi di quando girava i suoi film in Sicilia. La sua è una

sicilianità di mare aperto, vive a Roma da anni ormai ma “come si girano i film in Sicilia, non si girano da nes-suna altra parte”. Buzzanca snocciola aneddoti e ‘colpi di testa’ che finiscono per accrescere la curiosità sul docu-film “Uno, nessuno e centomila”, un’autobiogra-fia tutta siciliana. “Ricordo che mentre gira-vamo ‘Divorzio all’italiana’ a Ragusa, io che a quei tempi avevo 24 anni conobbi due cugine della stessa età, cir-

ca 18 anni. Ero nel bel mezzo della mia giovi-nezza e le donne mi piacevano. Andai con una delle due. L’altra s’ingelosì e mi telefonò mi-nacciandomi di raccontare tutto. Mi raggiunse sul set continuando a minacciarmi, alla fine andai pure con lei, in fondo era quello che vo-leva.... Adesso mi sembra una cosa squallida, ma a 24 anni era un atto di goliardia”. Le donne sono sempre state una costante nella vita privata e professionale di Buzzan-ca, tanto che fu capace d’inventarsi un film di sana pianta intitolandolo “La schiava”. Prota-gonista non era una sola donna, ma le donne, vittime di stereotipi sociali. Donne dedite alla casa, alla cura del marito e dei figli, veri e pro-pri angeli del focolare se non vere e proprie “schiave”. Il titolo rappresentava un attacco all’imperante maschilismo di brancatiana me-moria. “Un atteggiamento immaturo - dice Buzzanca - perchè in realtà le donne si sono emancipate, mentre gli uomini sono rimasti ancorati alla gonna della mamma”. Per questo motivo Buzzanca si fece trascinare a bordo di un calesse da una ragazza bellissi-ma, appunto, una schiava che a piedi nudi in viale della Libertà a Palermo lo portava in giro mentre la telecamera era nascosta all’interno di quella carrozzina.Ma quello era il primo Buzzanca. Ora è tutta un’altra storia e il docu-film su di lui lo confer-merà ampiamente.

Lando Buzzanca

42La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011 43 La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011

cinema

È l’anno della maturità per il Videolab Film Festival. Da tredici anni il festival del ‘cor-to’ d’autore non perde un ‘colpo’ e il suc-

cesso è particolarmente significativo, se solo ci si fermi un istante sul rapporto tra macroci-nema, quello che spinge il lungometraggio sui canali fortunati delle promozioni mediatiche, commerciali, e quella partitura speciale del film, spesso a firma di esordienti, la cui misura non supera normalmente i trenta minuti, seb-bene l’accreditato festival di Clermont-Ferrand indichi quaranta come limite massimo e la nor-mativa italiana ne fissi i termini ai settantacin-que. Prosa contro poesia. Fondatore e diret-tore artistico del festival, Andrea Di Falco, che confeziona anche quest’anno un evento intel-ligente e di sicuro gusto, complesso quanto

suggestivo. Distribuito in due serate, il “Con-corso Nazionale dei Corti del Cinema d’Arte di Kamarina” è approdato finalmente in quel Parco di Athena, cui mirava già ab origine, fin dalla prima denominazione: “Kamarina Film Festival”. “Una vocazione, un luogo, un’idea”, commenta Di Falco.Sotto la fresca conduzione narrativa dell’attri-ce Deborah Lentini, si susseguono le sequenze dei corti in concorso, tredici selezionati, tra i centottanta pervenuti alla Filmoteca Labo-ratorio 451, organizzatrice del festival. Non solo. Le due serate sono pretesto e splendido palcoscenico a incursioni nel cinema corto e lungo. I riflettori sono principalmente per lei, Lucia Sardo, madrina brillante del festival e presidente della giuria di questa tredicesima

edizione del VideoLab. “Prima del film con Ver-done, mi chiamavano solo per ruoli dramma-tici. Piange bene, dice-vano di me”: scherza sul palco con Andrea Di Falco, Lucia Sardo, ironizzando sul proprio percorso, che l’ha vista mille volte intensa ma-schera drammatica, col valore aggiunto di quel contrassegno di marca siciliana, arrecante la forza di matrici quali la grecità tragica e il regi-stro sontuoso barocco. Premio alla carriera per Lucia Sardo, cui viene pure dedicata una bella retrospettiva, “Il me-stiere dell’attrice”, pro-va della professionalità

Kamarina accoglieil ‘corto’ d’autoreLa tredicesima edizione del ‘Videolab film festival’ approda nel magico sito archeologico con l’attrice siciliana Lucia Sardo, brillante madrina, che regala stille di saggezza e bravura

di Elisa Mandarà

La Provincia di Ragusa

eclettica della Sardo, affiancata nella giuria da Massimiliano Coppola, critico cinematogra-fico, Emanuele Nicosia, attore, e da Manuel Giliberti, regista e presidente onorario, che ha regalato al pubblico due anteprima: l’estratto del documentario “Bastava una notte, Siciliani di Tunisi” e il trailer di “Un milione di giorni”, nelle sale in autunno, carosello caleidoscopico di donne, che ha coinvolto pure la quindicen-ne ragusana Giulia Gulino.

La Giuria invece ha decretato vincitore il ‘cor-to’ di due fratelli napoletani. È “108.1 Fm Ra-dio”. Un automobilista, un autostoppista, un programma radiofonico: un viaggio notturno che diviene penetrante metafora della violen-za dei mass media. Autori Angelo e Giuseppe Capasso, registi, dopo un diploma in Sceno-grafia all’Accademia di Belle Arti di Napoli. Il loro primo successo risale al 2007, col corto “L’Occhio”, mentre “Terribile Truth”, il loro se-condo film breve, partecipa alla XII edizione del VideoLab Film Festival 2010. Due le men-zioni speciali a “Un quarto alle sei”, di Giovan-ni Mazzitelli, per la fotografia di Antonio Gul-lo e per l’interpretazione di Mario Di Fonzo, mentre premio alla migliore sceneggiatura va a “Prima o poi vedrai”, di Emiliano Cribari, che getta luce impietosa e amara sulla dipendenza dal gioco d’azzardo.“L’edizione della maturità”, dice del VideoLab 2011 il suo direttore, “che consacra il festival quale punto di riferimento del cinema breve italiano”. Sarà quel gusto raffinato del fram-mento a conquistarci al corto. Un distillato di emozioni, una visitazione delle tipologie cine-matografiche, delle quali il cinema breve pro-pone l’eleganza della variazione stilizzata.

Il ‘montaggio’ di Alessia ScarsoAl Trani Film Festival, il corto-

metraggio della giovane mo-dicana Alessia Scarso, prodotto da ‘Arà’, ha ricevuto la menzione speciale per il “miglior montaggio” con la motivazione “Ottimo esor-dio alla regia. Rilevante consapevo-lezza e padronanza delle tecniche di editing. Elevata professionalità in tutti i reparti produttivi”. Un riconoscimento che rende or-gogliosa la regista modicana per il ‘suo’ corto “Disinstallare un amo-re” che racconta la fine di una storia d’amore ai tempi di internet. “Chi ha interrotto una relazione di questi tempi ne sa qualcosa – com-menta Alessia Scarso – ci si colle-ga alla rete e si viene inondati da tracce digitali dell’ex, si va sui social network e si viene a conoscenza dei suoi spostamenti, appunta-menti… Ecco, noi abbiamo pen-sato di raccontare questo nuovo aspetto della vita sociale e digitale. Coralla Ciccolini, la sceneggiatrice, ha buttato giù la storia. Roberta Trovato, la produttrice, me l’ha sottoposta, ed io ho deciso che

era la storia giusta per cimentar-mi nella regia”. Non è stato facile arrivare al prodotto finale come il ‘simpatico’ braccio di ferro con la sceneggiatrice che mi ha divertito e impegnato oltremodo. Abbiamo lottato così tanto per definire que-sta storia, l’una contro l’altra, che alla fine la produttrice ci ha sugge-rito di girare alcune scene con una doppia opzione, il punto di vista

della regia e il punto di vista del-la sceneggiatura: al montaggio si sarebbe trovata una soluzione. Io sentivo di avere il coltello dalla par-te del manico, dato che avrei mon-tato il corto, e ho girato con sere-nità. Ma poi, inaspettatamente, è accaduto che la storia del corto ha scelto una terza strada… Capita. Un finale tutto nuovo.

Silvia Girasa

Lucia Sardo e Andrea Di Falco

Deborah Lentini, Manuel Giliberti e Andrea Di Falco

44La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011 45 La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011

eventiLa Provincia

di Ragusa

È la domenica più calda dell’estate 2011, recita-no i bollettini meteoro-

logici. Soffia lo scirocco sul pomeriggio di Scicli. Sono le 17 e trenta, e lo scorcio ma-gnifico barocco della chiesa di San Bartolomeo comincia a popolarsi. La performance “The Encounter” ha richiama-to cinquecento persone, come riferisce l’organizzazione del-l’evento, la galleria modicana Laveronica Arte Contempora-nea di Corrado Gugliotta. E, a giudicare dalla folla, anche chi ha poca familiarità coi numeri stima cinquecento una cifra in-feriore agli intervenuti. Protagonista è Adrian Paci, artista albanese, classe 1969, da vent’anni naturalizzato mi-lanese, come denuncia una padronanza piena dell’italiano, delle sfumature capaci di ren-dere le regioni impalpabili del reale. Forte di esperienze pro-fessionali che lo hanno portato a esporre le sue collezioni fo-tografiche in tutto il mondo, Adrian Paci orchestra a Scicli una performance decisamente scenografica. Fino alle 19 sul sa-grato c’è solo una sedia impa-gliata. Quindi l’artista esce dal numero sette della viuzza che costeggia la chiesa, e prende il posto della sedia solitaria. Un cordone di persone, disposto in fila per uno, lo raggiunge, e

condivide con l’artista il gesto della stretta di mano. Segno di pace, di integrazione, di socia-lità per antonomasia. La stretta di mano che ci dichiara amici, che prelude o conclude affet-ti, contratti di compravendita,

presso molte culture. La stretta di mano come augurio, in una celebrazione festosa, o anche consolatoria. Come sintesi sim-bolica di unione, momentanea o eterna. A un campionario in-finito di metafore ha guardato

Qua la manoL’artista albanese Adrian Paci, protagonista di una perfomance nel sagrato della chiesa di San Bartolomeo di Scicli, condivide con centinaiadi cittadini il gesto della stretta di mano. Segno di pace, di integrazione e di socialità

di Elisa Mandarà

Adrian Paci, che ha mobilita-to un consistente, variegato, gruppo umano, complice quel-l’atmosfera indicibile di Scicli al tramonto, delle prime luci gialle della sera sul precipizio della roccia, sulla pietra addo-mesticata dall’arte.Un gesto millenario, ripetuto ossessivamente, per ricordarne le valenze di rituale, deconte-stualizzato dallo specifico delle accezioni particolari. “Non vo-levo dare un senso unico alla performance”, spiega Adrian Paci, “ma amo scoprire realtà che sono cariche di significati”. Lo è sicuramente il connubio della piazza del Sud, in molti centri ancora luogo intatto di aggregazione, con l’atto della mano dentro l’altra. Ed è per-fetto, per l’elaborazione della potenzialità di questo gesto millenario, quel sagrato di San Bartolomeo, dove i bambini corrono ancora in bici, dove giocano a pallone, senza solu-zione di continuità, comunque,

con lo splendore della facciata. “Cercavo un luogo in cui fosse protagonista la piazza vissu-ta”, continua Adrian Paci, che non ha avuto dubbi sulla scelta della Sicilia, “terra di attraver-samento”. Se gli chiediamo di collocare tipologicamente questa for-ma d’arte, che lega i linguag-gi contemporanei della per-formance ad una gestualità antica quanto l’uomo, Adrian Paci fa presente che “uno dei meriti dell’arte contemporanea è la rivalutazione del corpo come strumento del gesto”. Le suggestioni più intense le col-tiviamo comunque oggi, sedi-mentate quali sensazioni d’un tramonto diverso d’estate, riguardando l’opera fotogra-fica regalata da Adrian Paci a tutti i partecipanti: il sagrato di San Bartolomeo, quasi mono-cromo, la sedia solitaria, i tetti delle casette, le finestre chiuse e silenziose, in uno sguardo fresco, assolutamente lirico.

46La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011 47 La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011

sculturadi Pietro Monteforte

La Provincia di Ragusa

“La scultura ha un grande vantaggio rispetto alla pit-tura, perché può essere

guardata da ogni parte, destan-do stupore, sorpresa e interesse a ogni cambiamento del punto di osservazione ed evocando suggestioni sempre diverse in re-lazione allo scorcio e allo spazio circostante”.E’ quanto afferma il famoso scul-tore Henry Moore e, s’è vero l’as-sioma, l’opera scultorea di Orazio Barbagallo risponde e corrispon-de a questi canoni. “Sguardo ad oriente”, la scultura monolitica, il cui imponente corpo risultante è una donna, è posta sulla scali-nata del Palazzo della Provincia. Seppure immobile, l’autorevolez-za scultorea dà la sensazione che voglia accogliere, in quel palazzo delle Istituzioni, i cittadini iblei nella grande “casa provinciale”. L’opera, donata all’Ente provincia dal maestro Orazio Barbagallo, enfatizza le asperità del materia-le; le incisioni, le scheggiature e le strozzature a vista sottolinea-no non solo l’eleganza, ma anche l’austero e amorevole portamen-to del corpo femminile che volge lo “Sguardo ad oriente”. Il rispet-to della correttezza anatomica offre allo scultore stesso l’oppor-tunità di sottolineare il ritmo e la potenza d’una celata e socchiusa gestualità nella volontà d’espri-mere una suggestione che esalta e, al tempo stesso, commuove.Al modello classico lo scultore sostituisce la cifra espressioni-

sta, mentre l’accento cade sulle squadrature corporee e sull’auto-noma vitalità dei volumi. L’artista ricorre, infatti, a una ricercata ingenuità del linguaggio sculto-reo, pensando al recupero del-l’arcaico come ritorno a una co-scienza d’intatta semplicità. E, in tale ricerca, la materia assume un proprio potere evocativo, men-tre la forma, scolpita nel blocco di pietra col metodo del taglio diretto, corrisponde, per la sua qualità grezza e possente, alle forme scolpite dalla natura nelle rocce modellate dal vento e dal mare. Le squadrature dei volumi

delle spalle e degli avambracci, nonché di tutto il corpo, permet-te alla luce di posarsi e di fissarsi sulle superfici. Il tema della figu-ra a busto intero è trasfigurato, dunque, in un’icona di solida compostezza e intensità e nelle quali il gusto della dissonanza è giocata con grande raffinatezza nei contrasti formali e con moti-vi che rimandano, sicuramente, al ricordo della frammentazione cubista nella subordinazione del linguaggio, alla logica strutturale e al ritmo compositivo.La scultura del maestro Barba-gallo, benché possa sembrare, a prima vista, un blocco scultoreo astratto, risulta composta, inve-ce, da elementi organici che l’ar-tista stesso, in un rapporto spa-ziale tra taglio acuto e squadrato delle forme, intende come parte integrante dell’idea compositi-va. Il Maestro, sia pure in modo personale e molto originale, rac-coglie esempi dall’avanguardia cubista nelle figure ridotte a ma-nichini geometrizzati, ma sempre nella purezza dei volumi.“Sguardo ad oriente”, che rac-chiude tutto il pensiero filosofico dell’Oriente, è una scultura pre-gna di significati e ricca d’una sensibilità particolare sia per il suo aspetto simbolico, sia per il suo aspetto spirituale. Verso lì, appunto, ad oriente, uno “sguar-do” dove c’è il mistero, ma dove c’è il sole, una scultura che sarà augurale, sicuramente, per tutti i cittadini della provincia iblea.

Sguardo di donna.Ma ad orienteUna scultura di Orazio Barbagallo è stata collocata sulla scalinata del Palazzo della Provincia. L’opera sottolinea l’austero e amorevole portamento del corpo femminile e impreziosisce la ‘casa’ provinciale

scherma

Il fioretto d’oro di AvolaEn plein dello schermidore modicano che ai campionati Europei di Sheffield ha vinto la medaglia d’oro nel fioretto sia individuale che a squadre

di Giovanni Molè

Il suo è un fioretto d’oro. Il si-gillo arriva da Sheffield. Gior-gio Avola, il ‘conte di Modica’

conferma tutto il suo valore conquistando la medaglia d’oro agli ultimi Europei di scherma proponendosi come “l’uomo nuovo” della scherma italiana e provando a seguire le orme felici di Michele Maffei o Aldo Mon-tano che hanno fatto la storia di questa disciplina in Italia nel settore maschile. Chi conosce bene Giorgio Avola non si sor-prende più di tanto: era solo una questione di tempo. Lui è consapevole di essere uno dei migliori fiorettisti al mondo, ma ci voleva la consacrazione in una grande manifestazione per ave-re la conferma. Conferma ch’è arrivata puntuale, al termine di una stagione esaltante che suo-na beneaugurante per i prossimi mondiali che si terranno a Cata-nia ad ottobre.Il fiorettista di Modica agli Euro-pei di Sheffield ha fatto il ‘pie-no’. Prima il titolo individuale battendo in finale l’altro azzurro Andrea Cassarà, poi la medaglia d’oro con la fortissima squa-dra azzurra insieme ai compa-gni Baldini, lo stesso Cassarà e Aspromonte. Avola nonostante la giovane età può vantare un palmares ricchissimo, al quale ha aggiunto il ‘tassello’ individuale con il trionfo continentale in In-ghilterra.La conquista dell’oro individua-le resta un’impresa unica, leg-gendaria per come è maturata. Il suo cammino sin dalla fase a gironi è stato superlativo. È riu-scito a vincere tutti gli assalti, ha superato nel tabellone dei

32 il padrone di casa Halsted per 15-9. Nel turno successivo ha avuto la meglio per 15-9 sul greco Nakis, mentre ai quarti ha invece dovuto tirare fuori grin-ta e carattere per imporsi sul tedesco Bachmann, sconfitto 10-9 al minuto supplementare. In semifinale la vittoria sul russo Cheremisinov per 15-8 è stato il preludio alla grande presta-zione contro Andrea Cassarà, di cinque anni più grande e dal curriculum più prestigioso. Una finale tiratissima, vinta sul filo di lana per una ‘scollatura’ (15-14 il

risultato finale) che resterà inde-lebile nella sua memoria. “È stata una gioia infinita – sono state le sue prime parole – per-ché contro Cassarà non mettevo più di dieci stoccate nemmeno in allenamento”. Una vittoria straordinaria che lo laurea cam-pione europeo e che gli fa dire con un pizzico di egoismo: “Me la meritavo proprio soprattutto per i tanti sacrifici che ho fatto. Ho puntato tutto sugli Europei, ho tralasciato anche l’università quest’anno. Ai miei amici avevo confessato prima degli Europei

Giorgio Avola esibisce i suoi trofei

48La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011 49 La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011

La Provincia di Ragusa

Lo chiamano “il Conte di Modica”. Sarà perché è la punta di diamante del-

la straordinaria realtà sportiva della Conad Scherma Modica che proprio nelle sale del Ca-stello dei Conti, nel 1984 mosse i primi passi, o sarà per un at-teggiamento solo apparente-mente altero e sontuoso. O, più semplicemente, perché Giorgio Avola sta riportando alla città della Contea ed a tutta la terra iblea, quel lustro troppo spesso appannato.Giorgio Avola, 22 anni appena compiuti, è riuscito a fare una scelta ‘forte’ che nessuno prima di lui aveva avuto il coraggio di fare: puntare tutto sulla scher-ma. Una scommessa che lo ha portato a vincere, non solo i Mondiali Giovani a Belfast nel 2009, ma anche il titolo indivi-duale agli Europei Under 23 a Danzica 2010, l’argento ai Cam-pionati Italiani Assoluti 2011 e, soprattutto, a laurearsi Campio-ne Europeo agli Assoluti di Shef-field lo scorso 14 luglio, com-pletando l’en plein con il titolo europeo a squadre tre giorni dopo, che arriva dopo l’oro con-quistato nella prova a squadre lo scorso anno a Lipsia. La vitto-ria di Avola, giunta in finale per 15-14 contro Andrea Cassarà, ‘numero due’ al Mondo, è giun-ta inattesa ma non a sorpresa. Che il 14 luglio sarebbe stato una giornata di grazia lo si era intuito sin dai primi assalti, dove ha messo a segno stoccate con eleganza, superiorità e quel piz-zico di ‘follia’ concessa ad uno schermidore di appena 22 anni ed al suo secondo europeo.Il suo palmares fa invidia ai mo-stri sacri della scherma mondiale. Quei “mostri” che dalla piccola Modica si sono sempre guardati con ammirazione e che, oggi, in-vece, guardano a Giorgio Avola ed alla realtà modicana con at-tenzione ed un pizzico di “timo-re reverenziale”.Il “Conte di Modica” è infatti l’avamposto di una realtà scher-

mistica che ha sempre seminato tanto e raccolto molto in ambito giovanile, fermata nel salto tra gli Assoluti dalla distanza geo-grafica e dalla scelta tra studio e sport. Ma Modica è stata ed è, una fucina di campioni, non solo in pedana. Merito di Gior-gio Scarso, maestro, fondato-re della Scherma Modica ed oggi non solo presidente della Federazione Italiana Scherma ma anche il ‘numero due’ del-la Federazione Internazionale e

vero “motore propulsore” della scherma mondiale. Merito dei maestri di oggi, Eugenio Miglio-re e Giancarlo Puglisi, e di tutto un ambiente sano e familiare che funge da humus ai risultati di oggi ed a quelli che potranno ancora giungere.La piccola Modica si candida ad essere “regnum in regno” an-che nel panorama della scherma italiana. E Giorgio Avola sa già di esserne il suo “Conte”.

<<voglio vedere dove arrivo>>, ora so dove posso arrivare”.La medaglia d’oro non fa dimen-ticare a Giorgio Avola, i suoi ini-zi, gli uomini che lo hanno aiuta-to in questa grande impresa. Sa che da solo non si va da nessuna parte e così i primi pensieri del ‘Conte’ sono subito per la Scher-ma Modica, la sua prima socie-tà; per il maestro Giorgio Scar-so, il suo mentore; per Eugenio Migliore, il suo maestro. “Senza di loro, Sheffield sarebbe stata inarrivabile”.Grande umiltà ma consapevo-lezza dei propri mezzi, Giorgio Avola sa che è solo all’inizio. Sheffield l’ha consacrato, ora bi-sogna fare di tutto per mantene-re la leadership, intanto, il com-missario tecnico della Nazionale Stefano Cerioni lo promuove a pieni voti: “Giorgio ha fatto una grande cosa. Il suo successo vale tantissimo perché finora non aveva vinto gare importanti tra gli Assoluti ed iniziare con una medaglia d’oro agli Europei è un ottimo viatico”.Sull’onda dell’oro individuale, Giorgio Avola ha concesso il bis insieme agli altri moschettieri azzurri nella prova a squadra battendo la Francia con un net-to 45 a 28. Il fioretto maschile in Europa ha conosciuto il suo nuovo ‘padrone’. Prosit Giorgio Avola Campione Europeo

Carpentieri:“Avola è orgoglio per lo sport ibleo”

È con grande orgoglio che faccio i miei complimenti e dell’intera amministrazione provinciale allo schermidore modicano Giorgio

Avola che ha vinto due medaglie d’oro nel fioretto maschile agli Eu-ropei di scherma di Sheffield”. Così l’assessore provinciale allo Sport Girolamo Carpentieri si esprime per la doppia vittoria del fiorettista di Modica, protagonista assoluto sia nell’individuale che nella gara a squadre.“Giorgio Avola ha vinto titoli sportivi di grande prestigio e dal valore incommensurabile – aggiunge Carpentieri – e i suoi successi rilancia-no in campo internazionale l’immagine bella e vincente della terra iblea. Avola ora è uno dei nostri migliori ambasciatori.

scherma

Il Conte di Modica

di Giorgio Caruso

50La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011 51 La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011

Quattro squadre nel campionato di Ec-cellenza di calcio in provincia di Ragusa non s’erano mai viste prima, anche se

negli anni settanta Comiso, Modica, Ragusa e Vittoria (in ordine rigorosamente alfabetico e non d’importanza o spessore tecnico) furono protagoniste per qualche stagione nel campio-nato di Promozione. Quest’anno invece saranno insieme in un girone che “rischia” di alimentare parecchio interesse e curiosità dopo un periodo di vacche magre.Parola d’ordine per tutte (anche se la squadra della Contea, dopo la retrocessione, ha davanti un futuro pieno d’incognite), ritrovare il blasone perduto e riportare il pubblico degli sportivi a riempire gli stadi della provincia di Ragusa, se-mideserti nelle ultime poco appariscenti stagio-ni agonistiche.Eppure ci furono stagioni e periodi storici dove le quattro società iblee vissero momenti di grande slancio e collezionarono significativi successi.Il Vittoria ad esempio, alla fine degli anni settan-ta raggiunse per la prima volta la promozione in serie C con Antonio Colomban in panchina e a orchestrare il gioco c’era un ‘certo’ Pietro Lo Monaco, ora plenipotenziario amministrato-re delegato del Catania, passato come tecnico anche da Ragusa prima di collocarsi dietro una scrivania. Anche il Ragusa conobbe la stagione felice con la promozione in serie C ai tempi di Cacciavillani e nondimeno anche il Modica di Gigi Bodi riuscì nell’impresa di arrivare alla terza serie seppure per una sola stagione. Impresa poi replicata qualche anno fa da Rigoli in panchina e sotto la illuminata presidenza di Aurnia. Fece ancora meglio il Vittoria agli inizi del terzo mil-lennio quando conquistò una storica promozio-ne in C1 per poi cominciare una rovinosa caduta verso gli inferi delle categorie dilettantistiche. In questo contesto anche il Comiso riuscì ad avere

la sua stagione felice in serie D e a sfiorare la terza serie con Carducci in panchina.Erano altri tempi con gli spogliatoi costruiti in modo dozzinale, nelle docce c’era sempre la muffa e il frigobar era un optional non richie-sto.Anche il tifo era diverso: più passionale, più san-guigno e con numerosi supporter pronti a segui-re la propria squadra in trasferta anche a costo di tornare ogni tanto... mazziati. Emblematico il caso di Cosenza, con gli ultrà locali a massacrare di botte alcuni tifosi vittoriesi. Oggi invece il tifo non ha il marchio dell’aggressività e della violen-za (per fortuna) nonostante qualche anno fa il Questore ha disposto che i derby tra Vittoria e Ragusa fossero giocati a porte chiuse. Ma come si presentano oggi le quattro formazioni iblee al cospetto del campionato di Eccellenza?

Il Ragusa della stagione 76.77 allenato da Chico Cacciavillani

Una formazione del Vittoria calcio degli anni ‘60

calcio La Provincia

di Ragusa

Eccellenza, derby infinitoUn campionato nel campionato quest’anno nel massimo torneo dilettantistico siciliano. Comiso, Modica, Ragusa e Vittoria si sfidano in un derby lungo una stagione

di Elio Alfieri

Il Ragusa punta sull’esperienza e sulla collau-data intesa tecnico-direttore sportivo. Pino Ri-goli e Cesare Sorbo hanno vinto già assieme a Modica e vorrebbero ripetersi ma sono consa-pevoli del fatto che il passato è passato. Are-na, Bonaffini, Pellegrino e Saraniti sono alcune pedine su cui punta con fiducia la collaudata coppia per agganciare una serie D che il Ragu-sa ha fallito nelle ultime stagioni.Il Vittoria invece per vincere si è rivolto ad un ragusano doc che proprio lo scorso anno era sulla panchina degli azzurri e ch’è stato eso-nerato dopo la sconfitta nel derby con la sua nuova squadra. Lucenti non pensa alla rivincita ma in cuor suo ci spera.“Nessuna rivincita – dice Lucenti – perché non devo dimostrare nulla a nessuno ma mi ha in-trigato il progetto del Vittoria e sono qui sod-disfatto della scelta fatta e contento di poter dare una mano”.E con gente del calibro di Filicetti, Pisano, Ca-labrese e Scarnato il progetto potrebbe rive-larsi molto ambizioso perché alle spalle della società c’è l’ombra di Peppe Mascara, l’attac-cante del Napoli ed ex capitano del Catania che avrebbe deciso di intestarsi questa scom-messa.Cosi come dovrà lottare e tanto il Comiso fre-sco ripescato in Eccellenza. Dovrà lottare per mantenere una categoria a lungo insegui-ta, come tiene a spiegare il tecnico “fatto in casa” Peppe Borgese: “Siamo consapevoli di non poter competere alla pari con formazioni di spessore come Ragusa e Vittoria ma vedre-mo di onorare al meglio il campionato e sare-mo competitivi per quelli che sono gli obiettivi societari”.Infine il Modica, uscito con difficoltà da una crisi societaria profonda. Il disimpegno del presidente Radenza e il coinvolgimento del-

l’amministrazione comunale ha permesso di evitare la cancellazione della società. Lo stesso sindaco Antonello Buscema ha pagato la tas-sa d’iscrizione al campionato di Eccellenza e la squadra fatta di giovani di belle speranze e di qualche esperto è affidata ai tecnici indi-geni Bellio e Sammito. La presenza di uomini esperti come il portiere Nicola Polessi o giova-ni affermati da Sella a Raciti sono elementi che fanno ben sperare per raggiungere la salvezza come spera il neo presidente Gianni Iacono, ‘investito’ sorprendentemente di questa cari-ca. “L’obiettivo – dice il massimo responsabile rossoblù – è di mantenere la categoria e se la classe imprenditoriale modicana e la tifoseria faranno la propria parte, allora seppure con qualche patema d’animo potremo farcela”.Intanto, non resta che vivere i derby di que-sta lunga stagione. E qualcuno sogna pure in grande.

Una formazione del Modica, stagione 59.60, il primo in piedia sinistra è l’immarcescibile massaggiatore Pietro Scollo

52La Provincia di Ragusa • N. 4 Luglio/Agosto 2011

La Provincia di Ragusa il bilancio

PROVINCIA REGIONALE DI RAGUSA

Il Consiglio

PRESIDENTEGiovanni Occhipinti

VICE PRESIDENTESebastiano Failla

GRUPPI CONSILIARIPDLSalvatore Criscione, Silvio Galizia, Giovanni Mallia, Salvatore Mandarà, Salvatore Moltisanti, Marco Nanì, Ignazio Nicosia, Giovanni Occhipinti, Vincenzo Pitino

Forza del SudSebastiano Failla (1), Giuseppe Colandonio (5)

FLIEnzo Pelligra (2)

Unione Democratici di CentroEttore Di Paola (3), Bartolo Ficili

Partito DemocraticoAngela Barone, Fabio Nicosia, Venera Padua

Movimento per l’AutonomiaPietro Barrera (4), Rosario Burgio, Paolo Roccuzzo (6)

Legalità e Ambiente Italia dei ValoriGiovanni Iacono

PRCMarco Di Martino (7)

Gruppo mistoIgnazio Abbate, Franco Poidomani, Raffaele Schembari

1. Ha sostituito il dimissionario Giovanni Venticinque il 28/07/20072. Ha sostituito il dimissionario Giuseppe Alfano il 28/07/20073. Ha sostituito il dimissionario Giovanni Di Giacomo il 04/03/20084. Ha sostituito il dimissionario Riccardo Minardo il 06/05/20085. Ha sostituito il dimissionario Salvatore Minardi il 24/07/20086. Ha sostituito il dimissionario Alessandro Tumino il 29/06/20117. Ha sostituito il dimissionario Giuseppe Mustile il 29/06/2011

Le Commissioni1A COMMISSIONEPersonale, Affari Generali-Istituzionali, Regolamenti degli Organi dell’Ente, Istruzione e Formazione Professionale, Rapporti con l’U.E.PRESIDENTE Ignazio NicosiaVICE PRESIDENTE Ettore Di PaolaAngela Barone, Pietro Barrera, Sebastiano Failla, Giovanni Mallia,Paolo RoccuzzoSEGRETARIO Salvatore Massari

2A COMMISSIONEBilancio, Patrimonio ed Economato, Programmazione,Servizi di Solidarietà SocialePRESIDENTE:VICE PRESIDENTE Silvio GaliziaAngela Barone, Giuseppe Colandonio, Ettore Di Paola, Bartolo Ficili, Salvatore Mandarà, Franco PoidomaniSEGRETARIO Margherita Scapellato

3A COMMISSIONEViabilità di competenza provinciale, Lavori Pubblici, TrasportiPRESIDENTE Raffaele SchembariVICE PRESIDENTE Marco NanìIgnazio Abbate, Rosario Burgio, Marco Di Martino, Fabio Nicosia, Ignazio NicosiaSEGRETARIO Giuseppe Mirabella

4A COMMISSIONEPubblica Istruzione, Università, Edilizia Scolastica, Sport, Turismo, Beni Culturali, SpettacoliPRESIDENTE Vincenzo PitinoVICE PRESIDENTE Salvatore MoltisantiSalvatore Criscione, Giovanni Iacono,Fabio Nicosia, Venera Padua, Enzo PelligraSEGRETARIO Nunzio Strada

5A COMMISSIONEAgricoltura, Industria, Commercio, Artigianato, Sviluppo Economico e Bandi ComunitariPRESIDENTE Salvatore MandaràVICE PRESIDENTE Giuseppe ColandonioIgnazio Abbate, Rosario Burgio,Salvatore Criscione, Sebastiano Failla,Salvatore MoltisantiSEGRETARIO Marzia Incardona

6A COMMISSIONETerritorio, Ambiente, Ecologia, Caccia e Pesca, Pianificazione Territoriale, Igiene e SanitàPRESIDENTE Marco NanìVICE PRESIDENTE Venera PaduaMarco Di Martino, Bartolo Ficili, Giovanni Iacono, Giovanni Occhipinti, Vincenzo Pitino SEGRETARIO Margherita Scapellato

7A COMMISSIONEPolitiche Energetiche, Porti, Aeroporti, Autostrade, Famiglie e Pari Opportunità, Politiche Attive del Lavoro, Politiche Giovanili e Sicurezza, Polizia ProvincialePRESIDENTE Enzo PelligraVICE PRESIDENTE Silvio GaliziaPietro Barrera, Giovanni Mallia,Franco Poidomani, Paolo Roccuzzo, Raffaele Schembari, SEGRETARIO Daniela Tardonato

Provincia Regionaledi Ragusa

Viale del Fante - 97100 RagusaNumero Verde: 800-012899www.provincia.ragusa.it

In caso di mancato recapito inviare al CPO di Ragusaper la restituzione al mittente previo pagamento resi