periodico di comunicazione sociale - culturale...

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1 periodico di comunicazione sociale - culturale - istituzionale DISTRIBUZIONE GRATUITA Anno VIII - n. 1 gennaio - febbraio 2010 Anno IX - n. 4 - luglio-agosto 2011 periodico di comunicazione sociale - culturale - istituzionale DISTRIBUZIONE GRATUITA ph Luca Policastri

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Autorizz. Tribunale di RossanoReg. Periodici N. 02/03 - 25 marzo 2003

Sede: Via Machiavelli (Centro Eccellenza)Tel. 0983.885582 - CORIGLIANO SCALO (Cs)

www.mondiversi.it - [email protected]

Direttore Responsabile:CARMINE CALABRESE

Direttore Editoriale:LUISA SANGREGORIO

Redazione:RAFFAELLA AMATO,

STEFANIA BUONOFIGLIOENZO CUMINO,

CRISTIAN FIORENTINO,DEBORAH FURLANO, ANTONIO GIOIELLOMARCO LAUDONIA,

ILARIA MARINO,ISACCO NUNA, EMILIA PISANI,

GIOVANNI PISTOIA, LUCA POLICASTRI,

GAIA REALE,ADALGISA REDA,

MARIO REDA,FRANCESCO SOMMARIO,

GIULIA SPANO’, ENZO VITERITTI

Grafica: GIOVANNI ORLANDO

Stampa: TECNOSTAMPALargo Deledda - Tel. 0983.885307

Corigliano Scalo

OSLO, fiaccolata delle rose (da: Internazionale)

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E ora facciamo politica tuttidi Antonio Gioiello

Indagine sul gioco d’azzardo... a cura di Loredana Meringolo, Anna Sapia e Antonella Sapia

360 gradiLa fotografia in studiodi Luca Policastri

Il vero progresso ènella Green Economydi Carmen Emiliana Fusaro

Uomini e fatti a Corigliano nel periodo postunitarioIl territorio cambia voltodi Enzo Cumino

I tesori archeologici di Copia-Thurii...di Franco Liguori

G. Salerno e F. Sangregoriotalenti classe ‘97di Cristian Fiorentino

Corigliano promossa nella Serie A del Beach-Soccerdi Cristian Fiorentino

KRATOSdi Francesco Sommario

Una guida per Coriglianodi Franco Liguori

Appunti per una storia politica di Corigliano...La caduta del sindaco-maestrodi Enzo Viteritti

Ricorrenze da non dimenticare!di Enzo Cumino

L’esercito dei neetdi Luisa Sangregorio

Nuovo progetto sociale perMondiversi e Sinergiedi Luigia Rosito

La voce del centro di giustizia minoriledi Maria Cristina Pastore

l’oraLegaleIl diritto all’ascolto del minore nel processo di Raffaella Amato

Foto di copertina LUCA POLICASTRI“Francesco Palopoli”

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Corigliano in questo periodo appare una città smarrita, depressa, desolata.I fatti che l’hanno coinvolta negativamente sono stati ripetuti e gravi. In meno di un anno diver-se inchieste giudiziarie le hanno dato la ribalta nazionale per fatti di ‘ndrangheta e di violenza ed abuso di minori, con conseguenti arresti di numerose persone. Pochi mesi fa il Consiglio e l’Amministrazione Comunale sono stati sciolti per condizionamento mafioso.Sul piano politico, non rimane alcuna rappre-sentanza Istituzionale sufficientemente autore-vole da assumere su di sé la responsabilità di Riferimento per la città. I commissari, da poco

E ora facciamo politica tutti

Per la rinascita è necessario che ognuno senta il dovere di fare la propria parte

di Antonio Gioiello

insediatesi, appaiono al momento estranei alle dinamiche territoriali e lontani dall’impostare una gestione di lungo periodo, che invece assoluta-mente necessiterebbe. La speranza è che presa confidenza con i problemi del Comune si avviino a sostenere una Amministrazione Commissaria-le rigorosa ma anche intelligente nella ricerca di risoluzioni strutturali e non limitate all’ordinario. Per questo ci vuole serenità e sentire di appar-tenere a questa comunità. E’ un processo di conoscenza e di identificazione con la città che speriamo avvenga rapidamente. Prima che il ca-rico dei ritardi faccia scivolare Corigliano nelle retrovie dei comuni che contano sul piano regio-nale, con tutte le conseguenze negative sul pia-no sociale ed economico e dell’intercettazione di finanziamenti.In questo contesto, il ricorso avverso alla deci-sione di scioglimento, presentato dall’ex-ammini-strazione, non aiuta. Qualunque ne sarà l’esito, trascinerà Corigliano nella palude dei cavilli giu-ridici, lascerà nell’incertezza chi ha responsabi-

Ph Saverio Ardito

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E ora facciamo politica tuttilità amministrative e lo indebolirà ulteriormente. Nella cittadinanza farà aumentare il senso di incertezza e di precarietà, mentre i problemi si aggraveranno. Un altro danno. Come lo fu la pre-cedente esperienza del sindaco De Rosis, che si trascinò da un ricorso ad un altro. Quando, oramai, ora come allora, per ridare dignità ad un nuovo Sindaco e ad una nuova Amministrazione, non esiste altro mezzo che le nuove elezioni co-munali. E’ di ciò che si dovrebbe prendere atto. Elezioni che non arriveranno presto, ecco per-ché non conviene a nessuno minare la credibilità ed il lavoro dei Commissari.D’altra parte, non c’è altra rappresentanza poli-tica-istituzionale, adeguata e prestigiosa da ga-rantire a Corigliano una pur minima tutela. Non lo sono le espressioni parlamentari del territorio, scomparse nei banchi del Parlamento senza al-cuna influenza. Non lo sono i consiglieri regionali di zona, da Trebisacce a Rossano, che utilizzano di tanto in tanto Corigliano per qualche passerel-la, ma che si occupano solo delle loro cittadine. Non lo sono i consiglieri provinciali di cui si igno-ra quali siano i loro interessi (istituzionali).Né si possono vantare sul terreno politico espres-sioni di primo piano sia a livello provinciale che regionale. Inutile è la lunga lista di coriglianesi presenti nei vari livelli organizzativi dei diversi partiti. Prova ne è la mancanza di figure politiche di spicco e la loro assenza nelle amministrazioni provinciali e regionali. Motivi che già di per sé sarebbero sufficienti per una profonda riflessione sul fallimento della classe politica locale, consi-derato che sia da destra che da sinistra nel re-cente passato si sono occupati posti di rilievo.In questa situazione, per ridare vigore alla città, è necessario che tutti si sentano coinvolti in un percorso di rinascita. E’ fondamentale che ognu-no senta il dovere di contribuire per le proprie possibilità al risanamento della vita pubblica e si senta impegnato a dare il proprio apporto. E’ ne-cessaria una fase di impegno civico nuovo e di partecipazione alla vita politica. Viene da pensa-re ad uno slogan che è stato usato in Calabria, a Locri, per altri fatti drammatici, che riadattato alla nostra realtà potrebbe essere “Ed ora facciamo politica tutti”.

Ph Saverio Ardito

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Nell’ultimo decennio il fenomeno del gioco d’azzardo ha assunto notevoli dimensioni, coinvolgendo quote sempre più ampie della po-polazione. Studi recenti hanno dimostrato che il fascino del gioco d’azzardo con-quista, in particolar modo i giova-ni italiani: uno su due, minorenni compresi, scommette soldi e circa uno su dieci è a rischio patologico. Secondo alcune statistiche recenti, sono oltre mezzo milione i minori di 18 anni che tentano la fortuna per diventare milionari, per il desiderio del “brivido da gioco”, per mettere alla prova le proprie abilità, senza rendersi conto che la spirale del gioco induce il malcapitato a per-dere cospicue somme di denaro. Partendo da tali considerazioni l’Associazione Mondiversi Onlus, nell’ambito del progetto Sistema, (Sistema Integrato Servizi Territo-riali E Modulari Articolati). Progetto realizzato con il Comune di Cori-gliano e l’Asp, in attuazione della legge n. 45/99, al suo terzo anno, ha ritenuto fondamentale svolgere un’indagine conoscitiva sulla dif-fusione del gioco d’azzardo tra gli adolescenti di Corigliano Calabro. Per la ricerca è stato utilizzato il questionario dal titolo “Game over”, elaborato dagli operatori dell’Asso-ciazione Mondiversi, sul modello Sout Oaks Gambling Screen- for-ma per adolescenti, distribuito, nei mesi di dicembre 2010 e gennaio 2011.Il questionario è stato diviso in due parti.La prima parte prevedeva i dati anagrafici dei soggetti: età, ses-so, luogo di provenienza, istituto frequentato mentre la seconda ri-guardava il rapporto che il sogget-to ha col gioco e le scommesse, proponendo di verificare la presen-za di un rapporto problematico con questa attività. La ricerca è stata somministrata a un campione costituito da 406 stu-denti, di cui 210 maschi e 196 fem-mine frequentanti le scuole supe-

Indagine sul gioco d’azzardo nella popolazione giovanile di CoriglianoIl 30% degli intervistati risulta essere giocatore a rischio

a cura di Loredana Meringolo, Anna Sapia e Antonella Sapia

riori del Comune. Il 94,56% (384) dei ragazzi aveva un’età compresa tra i 15 e 19 anni. Gli alunni sono stati suddivisi per istituto frequentato (Geometra, Ip-sia, Istituto Tecnico Commerciale, Liceo scientifico e Classico); per ogni scuola superiore è stato preso in esame un solo corso, dal primo al quinto anno.Dai dati della ricerca è emerso, che i giovani che fanno scommes-se sono il 56,2% e che i maschi (41,7%) giocano in misura maggio-re rispetto alle femmine (14,5%). Il 42,4% dichiara di giocare 1-2 volte a settimana, il 9,8% dalle 3- alle 5 volte a settimana e il 3,9% dalle 6 e più volte a settimana.Nella seconda parte del questio-nario è stato chiesto ai ragazzi che cosa rappresenta per loro il gioco o fare scommesse. Per il 70,6% dei ragazzi, giocare e fare scommes-se rappresenta un diversivo, un passatempo che permette di so-cializzare e di divertirsi: mentre per il 29,4% il gioco è un’attività dalla quale ci si sente attratti, a proprio agio, e dalla quale non si riesce fa-cilmente a staccarsi. Alla domanda rivolta ai ragazzi “Perdi del tempo di studio per via del gioco?”, il 43% (98) dichiara di avere sottratto tempo allo studio per giocare. Il giocatore problema-tico tende ad investire sempre più tempo nell’attività di gioco a disca-pito di altre attività legate allo stu-dio o al lavoro.

Abbiamo, inoltre, domandato ai soggetti “Qual è la somma di de-naro più alta puntata in un giorno?” ed è stato evidenziato che per il 64,1% la quantità di denaro punta-ta va da 1 a 5 euro. Alcuni studi hanno, anche, eviden-ziato come molti giocatori proble-matici ritornano regolarmente a giocare per tentare di recuperare il denaro perso; questa modalità, conosciuta anche con il termine di “inseguimento”, può portare il soggetto a investire quantità di de-naro sempre maggiori per rifarsi delle perdite subite con il rischio di ritrovarsi a registrare perdite di denaro sempre maggiori. In base a ciò, abbiamo posto ai ragazzi la domanda “Quando giochi e perdi, ti capita di tornare per cercare di vincere la somma persa?”; è emer-so che una buona percentuale de-gli studenti il 53,4% (86) ritorna a giocare per rivincere i soldi persi.Dalla domanda “Ti capita di chie-dere dei soldi per giocare?” risul-ta che il 28% dei ragazzi (63) ha risposto positivamente. Il chiedere denaro in prestito ad amici, parenti, mettendosi a volte anche in situa-zioni pericolose è pratica, purtrop-po, abbastanza comune nei gioca-tori problematici ed è indicatore di forte coinvolgimento nel gioco. Infine abbiamo chiesto agli studen-ti se era capitato loro di vendere beni personali per disporre di de-naro per giocare; l’11% degli stu-denti (26) ha risposto di aver ven-duto dei beni personali o di altri per finanziare il gioco.Nell’elaborazione dei dati della no-stra ricerca abbiamo suddiviso i giocatori nei seguenti gruppi:- Astinenti dal gioco: non praticano

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il gioco e/o non fanno scommesse. - Giocatori Sociali: praticano il gioco e fanno scommesse, senza conseguenze particolarmente ne-gative per la loro vita sociale. - Giocatori a rischio di problema-ticità: praticano il gioco e fanno scommesse con difficoltà manife-ste che potrebbero essere predit-tive di problematicità. - Giocatori problematici: praticano il gioco e fanno scommesse con modalità che inducono a ritene-re che siano insorte: perdita del controllo, conseguenze negative per la loro vita sociale-relazionale-economica, allarme nei contesti familiari riferita a questa pratica, comportamenti illegali finalizzati a finanziare il gioco. In base a questa classificazione, nella nostra ricerca risulta che 178 soggetti (43,8%) non praticano il gioco né fanno scommesse, 105 (25,9%) rispondono ai criteri di gio-catore sociale, 87 soggetti (21,4%) s’inscrivono in una tipologia defini-ta col termine di giocatore a rischio di problematicità e altri 36 (8,9%) in quella di giocatore problematico. (Vedi Graf.2)In conclusione, l’indagine mostra come il fenomeno del gioco e delle

scommesse sia ampiamente diffu-so e sia un rischio altamente pre-sente nella realtà adolescenziale del territorio di Corigliano, eviden-ziando come tra la popolazione giovanile ci sia una forte attrazione verso il gioco. Gli indicatori della ricerca ci inducono, infatti, a rite-nere che le situazioni di estrema problematicità, interessano una quota esigua ma significativa degli studenti (30%) che hanno risposto al questionario. Con il nostro lavoro abbiamo cer-

cato di dare un contributo alla co-noscenza del fenomeno, con la speranza che operatori, educatori e amministratori del nostro territo-rio facciano scelte che vadano ver-so una “società della salute”.Riteniamo che una corretta e ade-guata informazione sui rischi e l’istituzione di centri d’ascolto per i giovani in difficoltà con il gioco, possa essere una strada che vale la pena percorrere, senza dram-matizzare il fenomeno, ma senza sottovalutarlo.

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Non ba-s t e r e b b e un intero v o l u m e per trattare ques t ’ a r -g o m e n t o da un pun-

to di vista tecnico. Le librerie spe-cializzate sono piene di manuali sull’allestimento di sale di posa, sull’attrezzatura, sulla disposizio-ne delle luci ecc. Non è questo il mio intento, e neanche ci sarebbe lo spazio in questa piccola rubrica.Non di meno cercherò di dare qual-che piccolo spunto, e in particolar modo cercherò di sottolineare ciò che a mio avviso è più importante tener presente nell’affrontare que-sto genere di fotografia. E’ ovvio che l’ideale sarebbe avere a di-sposizione un’ampia sala di posa dotata di fondali d’ogni genere, lampeggiatori elettronici, ombrelli, banks stativi e quant’altro può ser-vire, oltre che ad un vasto corredo di arredi ed oggetti per l’ambienta-zione, ma non è poi così importan-te come potrebbe sembrare. Se si ha un po’ di creatività e di occhio per la luce bastano un paio di lam-

“360 gradi”, piccola rubrica fotografica

di Luca Policastri

La fotografia in studiopade ed una parete. E già, l’occhio alla luce, in nessun’altra situazione come in questa si ha la possibilità di manipolar-la spostandola, aumen-tandola o diminuendola a piacimento, in una sola parola gestirla per “creare”! Cosa c’è di più accattivante per chi vuole esprimersi col lin-guaggio della luce?Spesso osservo che chi vuol cimentarsi in questo genere si perde nello studio dei mille schemi a tre, quattro o più luci, la butterfly, la luce a 90°, diffusa a 45° per non parlare di quelle di fondo ma, come dico di frequente, le regole bisogna conoscerle per trasgredirle e poi, nien-te più del tuo occhio può suggerirti cosa fare quando hai il soggetto di fronte e delle idee da sviluppare. Ecco, siamo arrivati al punto per me più importante: il soggetto. Che si tratti di un ritratto o di qualsiasi altro lavoro bisogna

tener presente che chi si ha di fronte è un essere umano, col proprio ca-rattere e le proprie emo-zioni. E’ importante ca-pire e conoscere quanto più è possibile chi si ha di fronte per poter re-alizzare un’immagine che esprima qualcosa e che racconti anche della personalità del sogget-to. Questa per me non è soltanto un’esigenza “opportunistica”, ma è anche un piacere, d’altra parte è anche di rapporti umani che ci nutriamo. Prendersi del tempo, dialogare, fare una pau-sa per un caffè per poi riprendere con più en-tusiasmo e nuove idee spostando le luci per creare altre atmosfere ed ancora, scherzare o

addirittura raccontare della propria vita, è molto di più che “rompere il ghiaccio”, come si dice! Si tratta di creare quel pizzico di intimità nella quale sia il soggetto che il fotogra-fo esprimono il massimo. D’altra parte un rapporto empatico è fon-damentale per lavorare bene come mi ha insegnato la mia professione di medico che in questo, non vi na-scondo, ha qualcosa di simile! Come esempio ho scelto due im-magini tratte da un lavoro sulla danza realizzate su sfondo com-pletamente nero e due fari al tung-steno (la luce continua spesso la preferisco ai lampeggiatori), uno proiettato da dietro per staccare il soggetto dal fondo e l’altro dall’alto a sinistra per dare ombre e crea-re profondità. In tutto ciò lo sfondo rimane fortemente sottoesposto, quasi scompare dando un effetto di sospensione surreale. Naturalmente è da sottolineare la bravura della ballerina, Alessia che tra l’altro è riuscita a muoversi ed a saltate in uno spazio davvero ri-stretto! Ma tutto questo, sarebbe stato possibile senza quell’affiata-mento di cui parlavo prima?

Nelle foto di danza Alessia Guagliardi

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La Green Economy è, oggi, una straordinaria oc-casione di sviluppo e di progresso.Ma, che cosa si intende per green economy?Si intende un’economia trasversale, che com-prende in se molti settori e crea sinergie con vari tipi d’impresa: dal settore edilizio a quel-lo automobilistico e ai trasporti in genere; dagli elettrodomestici alle fonti rinnovabili; dal turismo all’agricoltura di qualità, fino al riciclo dei rifiuti.La capacità di questa “Economia verde” è creare nuovi processi produttivi innovativi ed efficienti, oltre che nuova occupazione qualificata, tutto al fine di avviare ed esportare nuovi processi e pro-dotti eco- efficienti.Tutto questo a dimostrazione che, partendo da sane politiche ambientali, intese come adozio-ni di limiti in materia energetiche e climatiche, il nostro paese potrà essere investito da un sano slancio economico.Tutto ciò è possibile! Ma bisogna far sempre fede ai concetti di efficienza, efficacia ed economicità per riuscire a creare sviluppo industriale e tecno-logico, e sicuramente occupazionale.L’obiettivo che si ha di fronte pone l’Italia davanti una sfida. Una sfida che a parere di molti può aiutare l’Italia ad uscire dalla crisi, solo se sa-remo capaci di cogliere le caratteristiche di un sistema produttivo inteso come scommessa per il futuro.La Green economy è una straordinaria leva di rilancio.Il potere di rilancio è nelle mani delle piccole e medie imprese (Pmi). La Green Economy è una scommessa sull’inno-vazione che deve partire dalla conoscenza della storia del nostro territorio e dal rispetto che dob-biamo dare ad esso.L’obiettivo prefissato deve essere sostenuto da politiche ambientali efficaci, capaci di porre dei vincoli in materia energetica e climatica, e che

di Carmen Emiliana Fusaro

Il vero progresso è nella Green EconomyIl fotovoltaico è la sfida che le piccole e medie imprese della Sibaritide possono vincere

ridiano vitalità e versatilità all’intero sistema di imprese.La green economy dovrebbe costituire una via preferenziale per poter rilanciare su basi nuove e più solide in futuro le aree più deboli e impedire che alcuni territori, quali la Calabria, restino in-dietro. La Calabria ha tutte le carte in regola per riuscire nell’obiettivo. In generale, la green economy è un’opportunità da sfruttare, ma a maggior ragione in Italia per le condizioni climatiche favorevoli.Il nostro territorio è pieno di risorse ma se non è rafforzato dalla coesione sociale e dalla qualità dei comportamenti umani, la sfida diventa com-plessa..La Green economy ha un potere logistico adat-tabile a qualsiasi fonte rinnovabile. Gli incentivi vanno ad impattare sul costo dell’energia di fa-miglie e di imprese.Il Fotovoltaico è un’ottima sfida per il territorio della Sibaritide. Ma il nostro paese può trovare le soluzioni solo se c’è un connubio con le ammi-nistrazioni. Bisogna sempre puntare su un buon governo locale e riuscire ad essere protagonisti del nostro territorio e farci portavoce di politiche territoriali.L’opportunità è vantaggiosa: dare impulso all’economia e all’occupazione e creare meno inquinamento. Quindi tutto da guadagnare. Ma bisogna iniziare una “rivoluzione energetica”. Le piccole e medie imprese dovrebbero farsi porta-voce di queste sfide e rinsaldare un forte legame con il nostro territorio, istituendo un nuovo e for-te potere contrattuale, da cui partire per creare nuove professionalità e occupazioni e, di conse-guenza, qualificare le imprese già esistenti.

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1861/2011: uomini e fatti a Corigliano nel periodo postunitario

Il territorio cambia voltodi Enzo Cumino

Nei precedenti numeri della ri-vista, sono stati messi in rilievo i personag-gi coriglianesi che hanno dato

un contributo significativo alle idee ed ai fatti del Risorgimento italiano. Col presente articolo, privilegiando i dati anagrafici e le opere pubbli-che, si tenterà di evidenziare come la città di Corigliano, nel periodo postunitario, cambi volto.Intanto, è bene precisare che, con decreto n. 1140 del 22-1-1893, Corigliano viene denominata Co-rigliano Calabro. Pur in presenza del triste fenomeno del brigantag-gio (1861-1870), che insanguina le contrade del Mezzogiorno e non facilita le riforme del governo na-zionale, la città si dota di strutture finalizzate alle esigenze della po-polazione ed attuate nel pieno ri-spetto del paesaggio urbano e del territorio. L’azione politica degli amministra-tori dell’epoca, lungimirante e co-struttiva, porterà ad una significa-tiva crescita culturale, sociale ed economica di Corigliano, tanto che si può parlare di questo periodo come della “stagione delle grandi realizzazioni”.Corigliano, che nel 1860 conta una popolazione di 10624 abitanti, nel 1865 si dota di un’opera di gran-dissimo valore educativo-culturale: il Ginnasio-Convitto “Girolamo Ga-ropoli”, un’istituzione scolastica che si imporrà nei decenni suc-cessivi come faro di civiltà per le popolazioni calabresi, lucane e pu-gliesi, fino al 1936/37. In esso, na-scono la prima tipografia cittadina ed il primo giornale coriglianese (L’adolescenza).Nel periodo 1866-1869, in contra-

da S. Francesco (Querce di Mor-gia), nasce lo Scalo ferroviario, collegato al centro storico median-te la strada provinciale “Margheri-ta”. Con la nascita della stazione ferroviaria, si forma il primo nucleo abitato dello Scalo. La ferrovia avrà un ruolo fondamentale nelle attività socio- economiche della cit-tà: si pensi ai tanti vagoni carichi di pasta di liquirizia che raggiungono il Nord della Penisola, la Germa-

nia, la Russia, l’Inghilterra; si pensi ai tanti emigrati che raggiungono il porto di Napoli; si pensi, ancora, ai vagoni carichi di pomodoro che da Corigliano giungono, due giorni dopo, presso la fabbrica dei fratelli “Dragotta” in Bagheria (Palermo), per tutto il periodo che va dagli ini-zi del Novecento fino al 1929, anno in cui i Dragotta apriranno una fabbrica di trasformazione del po-modoro allo Scalo di Corigliano (è curioso notare come, oggi, demoli-ta tale fabbrica, sullo stesso suolo

Alla fine dell’Ottocento inizia la “stagione delle grandi realizzazioni”

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sia sorta una pizzeria denominata “Rosso Pomodoro”). Nel 1871, ini-zia il servizio postale ed il trasporto dei passeggeri da Corigliano allo Scalo e viceversa.Negli anni successivi, anche Schiavonea diviene un piccolo borgo di pescatori, provenienti da Acquappesa e Fiumefreddo. Ecco perché prioritario si presenta (1873) il problema di collegare lo Scalo con Schiavonea, attraverso una strada carrozzabile bella e di-ritta di m. 3510, lungo i cui margini vengono piantati ben 700 splendi-di platani (oggi, per la cronaca, ne restano in piedi solo 44!); i lavori di tale arteria vengono ultimati nel 1877.Tra il 1879 ed il 1887, viene costru-ita la strada che dai “cappuccini” porta in montagna, a Piana di Ca-ruso.Nel 1879, vengono iniziati anche i lavori della strada che dal ponte “Margherita” porta verso Acri. Pur-troppo, per vari problemi tecnici e per calamità naturali, essa ver-rà completata solo mezzo secolo dopo (1929).Nello stesso anno 1879, sul largo di S. Antonio, nasce la “Villa Mar-gherita”, un’area verde dalla carat-teristica forma a mezzaluna (oggi, deturpata da un orribile edificio adibito ad ufficio postale). Ai mar-gini della villa, nel lato sud, viene posto un bel gruppo marmoreo, volgarmente detto ‘a fiskìja.Nel 1880, l’acqua di Migliuri (Bo-sco dell’Acqua) viene portata in cit-tà. Ciò consente di autorizzare, per la prima volta, l’uso privato dell’ac-qua ai cittadini (11 famiglie) che ne fanno richiesta.Intanto, cresce la popolazione: nel 1881, vivono in Corigliano 13272 abitanti. Si costruisce prevalente-mente lungo Via dei Cinquecento (Orto del Duca), Via S. Francesco e Via Roma.Nasce, agli inizi degli anni Ottanta, il primo istituto bancario: la “Banca Tocci e Compagni”. Nel 1882, vie-ne inaugurato e benedetto il Cimi-tero cittadino. Nello stesso anno, nasce Il Popolano (1882-1930), periodico che sarà per un cinquan-tennio circa l’anima del dibattito

culturale, politico e sociale di Co-rigliano.Nel 1887, l’Amministrazione co-munale nomina la prima ostetrica condotta. Nello stesso anno, fa la sua apparizione in città il telefo-no. Nel 1889, per la prima volta, il Sindaco viene eletto dal Consiglio comunale.Nel 1891, la popolazione supera la soglia dei 14000 abitanti. Tra il 1891 ed il 1895, Corigliano si dota di illuminazione elettrica,. È una conquista notevole, ove si pensi che New-York nel 1882 è la pri-ma città al mondo a godere di un impianto di illuminazione elettrica e che Milano la seguirà due anni dopo (1884).Intanto, crescono le due frazioni più importanti del territorio comu-nale, per cui esse vengono dotate di scuola primaria mista: lo Scalo nel 1893 e Schiavonea nel 1906.Nel 1893, per soddisfare le esigen-ze dei popolani, il Comune impian-ta tre artistiche fontane pubbliche : in Piazza S. Francesco, in Via Piave o Cirrìa, nel rione Purtella (vicino al palazzo De Rosis). L’an-no dopo, viene ufficialmente inau-

gurato il teatro “Principe di Napoli”.Agli inizi del Novecento, la popo-lazione supera i 15000 abitanti. Il censimento del 1901 registra 15431 abitanti: è necessario preci-sare, però, che oltre 2000 persone, emigrate in America, sono lontane dalla città.Tra il 1903 ed il 1905, cominciano i lavori di sistemazione ed arginatu-ra dei torrenti Coriglianeto e Cino, opera che sarà ultimata solo nel 1920, ma che consentirà l’inizio della bonifica integrale del territo-rio (bonifica che, come si sa, verrà affrontata in maniera decisiva solo a partire dal 1929).Nel 1911, a Corigliano si registra una popolazione di oltre 16000 persone. Nascono, in questo anno, il Cinema, ubicato nei locali dell’ex-convento della Riforma e la Cassa Rurale, istituto bancario che avrà notevole importanza nel tessuto socio-economico della città, nel corso del Novecento.Delineati, a grandi linee, i primi 50 anni di storia locale dopo l’Uni-tà, nel prossimo numero verran-no trattati i successivi 5 decenni (1911-1961).

bilancio modiversi

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Sala romana del Museo di Sibari: corredo della Tomba del chirurgo (necropoli di S. Vito, Luzzi [CS], I sec. d.C.)Il Museo archeologico della Sibaritide si è arricchi-

to recentemente di una nuova preziosa sala espo-sitiva, che documenta in maniera puntuale, con una ricca messe di reperti, bene illustrati in chiari pannelli didattici, la terza fase della plurisecolare storia insediativa del sito di Sybaris- Thurii- Copia.La nuova sala, denominata opportunamente “Sala Romana”, è tutta dedicata al periodo dell’occupa-zione romana dell’area della Sibaritide, iniziato al-lorquando, nel 193 a.C., i Romani installarono nel

di Franco Liguori

I tesori archeologici di Copia-Thurii e del suo territorioIl Museo archeologico della Sibaritide si è arricchito recentemente di una nuova sala espositiva, dedicata alla città romana di Copia-Thurii e al suo territorio, inaugurata il 17 aprile 2011

territorio di Thurii, la città greca erede di Sybaris, una colonia militare di diritto latino, composta da tremila fanti e trecento cavalieri. Roma allora cam-biò il nome della città, chiamando la nuova colonia Copia, in conseguenza dell’abbondanza e della fertilità del luogo.Nell’89 a.C. la legge Plautia-Papiria fece di Copia un municipio di cittadini romani e la città cominciò

a coniare monete con la legenda “Copia”. La storia di Copia ( o “Co-pia-Thurii”, come veniva anche detta) si svilup-pò, con alterne vicende, fino al VI sec. d.C. Nel 597 d.C., a più di dieci secoli dalla fondazione di Sybaris (510 a.C.), la città di Copia-Thurii, dopo aver conosciuto un periodo di rinascita nei primi secoli dell’era cristiana con l’elevazio-ne a sede episcopale (la chiesa thurina die-de, in quel tempo, al Cristianesimo due papi: San Telesforo e San Dionisio), fu distrutta da Parco del Cavallo: il teatro di Copia-Thurii (I sec.d.C.)

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un’incursione longobarda. L’impoverimento del centro e l’avanzare della palude e della malaria ne decretarono l’abbandono definitivo.

I reperti della Sala Romana La Sala Romana documenta, con preziosi reperti d’ogni tipo, il lungo periodo storico sopra descritto, non solo per quanto attiene strettamente alla città di Copia, ma anche in relazione al vasto territorio sul quale essa esercitò la sua influenza, che com-prendeva tutta la Sibaritide e si spingeva fino a Cosenza e alle zone circostanti.Si tratta di reperti di grande importanza, frutto di campagne di scavo o di scoperte occasionali degli anni passati, mai finora esposti e conosciuti solo dagli “addetti ai lavori”. Provengono dal Parco del Cavallo i frammenti di una statua equestre in bronzo (le “zampe del cavallo”), scoperta da Um-berto Zanotti Bianco nel 1932, mentre scavava l’emiciclo-teatro di Copia-Thurii; dallo stesso sito provengono alcune grandi statue marmoree, tra cui una Aura nell’atto di toccare terra dopo il volo. Da un’abitazione della città romana di Copia pro-vengono alcuni bronzetti, eterogenei per sogget-to e per stile, che sono classificati come Larario del Parco del Cavallo. Si tratta, in sostanza, di un gruppo di statuette di bronzo di fattura molto sem-plice, che riproducono, per lo più, tipi molto diffu-si, forse raccolti e conservati da qualche abitante di Copia per essere tesaurizzati. Molto raffinata è quella che raffigura la dea Athena, elmata e co-perta dall’egida, vestita con chitone, mentre si ap-presta a scagliare la lancia (Athena Promachos) o l’altra che rappresenta Eracle che sorregge col braccio sinistro la clava e la pelle del leone, o l’al-tra ancora, che raffigura Apis, il toro sacro adorato

dagli Egizi come incarnazione del dio Ptah.Dal territorio attorno a Cosenza, più precisamente dalla necropoli di San Vito, nel comune di Luzzi, proviene un gruppo di reperti di straordinaria im-portanza storica, oltre che archeologica, classifi-cati come Tomba del chirurgo. Si tratta del corredo della tomba di un medico-chirurgo del I sec. d.C., sepolto insieme agli strumenti del suo “mestiere”, trovati in discreto stato di conservazione: una pin-za a ganascia, un bisturi con lama di ferro, una pinzetta, una sonda in bronzo a cucchiaino, una pinza da dentista, ed altri oggetti ancora.La Sala Romana del Museo di Sibari non manca di esporre altri “documenti” importanti della vita civile e politica di Copia-Thurii, come epigrafi e monete. L’epigrafe più importante è databile intorno al 25 d.C. e parla di un certo Tiberio Claudio Idomeneo, liberto imperiale al quale il senato di Copia deli-bera di concedere l’ammissione al Collegio degli Augustali, i cui membri erano addetti alla celebra-zione del culto della famiglia “Giulia” e di quella di Augusto, particolarmente praticato a Copia-Thurii, che ebbe tra i suoi colonizzatori il nonno dell’im-peratore Augusto; a Copia-Thurii, inoltre, era nato il padre di Augusto, tanto che lo stesso imperatore era detto da giovane Octavius Thurinus.La sezione relativa alla monetazione è anch’essa molto interessante e consente al visitatore di am-mirare le monete coniate da Copia-Thurii in epoca romana, esponendo gli esemplari provenienti dal “tesoretto” del Parco del Cavallo.Con l’inaugurazione di quest’ultima sala, si può dire che il Museo Archeologico della Sibaritide è diventato un vero e proprio “libro aperto” sulla più che millenaria storia delle tre città fiorite, nell’anti-chità, nella Piana del Crati: Sybaris, fondata dagli Achei nel 720 a.C. e distrutta dai Crotoniati nel 510 a.C.; Thurii, fondata da Pericle nel 444/43 a.C. e colonizzata dai Romani col nome di “Copia” nel 193 a.C.; Copia (o Copia-Thurii), divenuta mu-nicipio romano nell’89 a .C. e distrutta da un’incur-sione longobarda nel 597 d.C.

Sala romana del Museo di Sibari: Bronzetto raffiguran-te Apis, il toro sacro adorato dagli Egizi

Parco del Cavallo: pavimento a mosaico di una casa romana di Copia

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Calcio mercato giovanile in fer-mento in riva allo jonio. Anco-ra una volta è lo Sporting Club Corigliano che sforna talenti attraverso una scuola calcio qualificata. Fucina biancover-de che negli anni oltre a con-seguire numerosi titoli federali ha piazzato tanti juniores nelle società professioniste. In effet-ti, tra i tanti alcuni sono già in odore di prima squadra tra se-rie A e B, senza contare quelli

Guido Salerno e Francesco Sangregoriotalenti classe ‘97

di Cristian Fiorentino

finiti in lega pro e nei dilettanti. Negli ultimi giorni la lista dei ragazzi dello Sporting acqui-siti da club di professionisti si è allungata. Guido Salerno, infatti, è stato ingaggiato dalla Fiorentina mentre Francesco Sangregorio è stato acquisito dal Catania. Entrambi classe ’97, ruolo centrocampisti, sono cresciuti sin da piccoli nel viva-io coriglianese sotto la guida dei tecnici Le Pera, Viteritti,

Filocamo ed Esposito e nell’ul-tima stagione hanno disputato il campionato giovanissimi re-gionali. Nel prossimo anno faranno parte dei giovanissimi naziona-li con Fiorentina e Catania che non è la prima volta che pesca-no nello Sporting. Grande sod-disfazione tra lo staff tecnico e la dirigenza di patron Fino che hanno voluto esprime i migliori auguri e un grosso in bocca al lupo a Salerno e Sangregorio. Ambedue dovranno ripagare la fiducia di Catania e Fiorentina e soprattutto continuare a gio-care con la stessa grinta, pas-sione e serietà, emersa nello Sporting, per proseguire un ascesa dove anche la compo-nente fortuna avrà il suo peso specifico.

Centrocampisti dallo Sporting Club alla Serie A

Da sinistra Mister Guerino Esposito, Francesco Sangregorio e Guido Salerno e Patron Massimo Fino

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Lo show calcistico estivo ha fatto tappa a Schia-vonea di Corigliano nello scorso mese di luglio. Il beach-soccer nazionale ha offerto agli spettatori jonici una rassegna di squadre e campioni di alto gradimento. Al beach-stadium, creato nei pressi del lido Nettuno, la cornice di pubblico è stata allietata da quattro giorni di gare con eco media-tica nazionale tra cui Sky. Sulla spiaggia schia-voneota la divisione Lnd del beach- soccer ha proposto la tappa serie A, girone B, centro sud Italia e la finale di coppa Italia nazionale. Già nel corso della conferenza stampa, del primo giorno, al Gallery Cafè, si era capita la portata della ker-messe. Presenti il presidente Lnd regionale Sa-verio Mirarchi, il delegato nazionale del distretto beach-soccer Vincenzo Perri, il promoter della tappa e presidente dello Sporting Club Coriglia-no Massimo Fino, il presidente Lnd Rossano Bruno e i partner commerciali Giuseppe Pucci, Enzo Rinaldi e Franco De Pasquale. Conferen-za di buon presagio tra gradimenti collettivi dei promotori dove l’idea concorde è stata affran-care un centro umiliato attraverso lo sport che ben si associa con il turismo meglio se in salsa estiva. Esiti il rilancio di Corigliano e della Cala-bria e trampolino per finanze ed economia che permettono il lievitare delle cifre. Il collegio orga-nizzativo ha espresso gratitudine a tutti gli ope-ratori che hanno sposato la portata dell’evento; ad iniziare dai vari Rinaldi, De Pasquale e Pucci, per proseguire a Falsetta e ai fratelli Carella. Lo Sporting Club Corigliano, invece, si è attestato

Corigliano promossa nella Serie A del Beach-Soccer di Cristian Fiorentino

come tangibile realtà sportiva anche in termini di predisposizione a mega eventi. Il pool del presi-dente Massimo Fino, già nota scuola calcio spe-cializzata e fucina di under di qualità, si è distinto con sagacia, impegno, partecipazione facendo rete. Quella sinergia che unisce e amalgama soggetti e forze nuove in un effetto vincente che fa crescere un sistema di un territorio intero. Pro-va ne sono i riscontri fattivi ammessi anche dagli enti federali per un evento dai tanti consensi ed esiti egregi. Sapiente il lavoro della Lnd guidati dall’incaricato Perri e il resto del team compo-sto dal responsabile Santino Lopresti, l’addetto segreteria Carlo Sciaccia, l’addetto stampa Enri-co Foglietti e i membri Filippo Mirichino e Danilo Campanella nonché lo speaker e radio cronista delle gare Fabio Stillo di Radio Kiss Kiss. Beach soccer giocato che, per la tappa del centro sud Italia di serie A, ha rilevato dodici risultati: Ca-tania- Belpassese 12-2, Terracina- Panarea Ca-tanzaro 6-1, Roma- Catania 3-2, dcr, Belpasse-se- P. Catanzaro 3-2, Bari- Lamezia T. 6-5 dcr, Terracina- Catanzaro 5-1, Lamezia T.- Catania 2- 4, Bari- Belpassese 4-3, Terracina- Roma 6-3,Catanzaro- Panarea Cz 4-2, Roma- Lamezia T. 10- 4 e Catanzaro- Bari 5-2. Classifica: 9 punti Terracina, Catania 8, 6 Catanzaro, Bari 5, Bel-passese e Roma 3, P. Catanzaro e Lamezia T. 0. Capo cannoniere della tappa: Fred del Catania con 7 reti. Tra le calabresi da segnalare il buon Catanzaro, la Panarea Catanzaro e Lamezia T. dei vari Caturano Occhiuzzi, Parrotta, Fanello,

A Schiavonea, per un evento unico, organi federali e tanto pubblico

Lo staff organizzativo con Coppa Italia 2011. Da sini-stra Perri, Rinaldi, Fino, De Pasquale e Pucci

Terracina Premiazione Coppa Italia 2011

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Staglianò, Viterbo e tanti altri. Nota di merito per il calabrese Corosiniti della Roma, che fa parte anche della nazionale azzurra e che insieme agli altri azzurri ci rappresenterà dall’1 all’ 11 settem-bre 2011 a Ravenna al Fifa Beach Soccer World Cup che per la prima volta attraccherà sulle spiagge italiane con 16 nazionali tra le più forti al mondo a contendersi il titolo planetario. Tra gli altri, il bomber barese Moscelli e tanti stranieri di valore come Fred, Buru, Stankovic, il nazio-nale Feudi, Bruno Xavier e Juninho, il portiere della nazionale azzurra Spada e della nazionale portoghese Salgueiro. Protagonisti questi ultimi della finale di coppa Italia di beach-soccer 2011. Rinviata per maltempo a Viareggio, è stata gio-cata a Schiavonea, con il trionfo del Terracinia che, alla fine di una gara sudata e in rimonta sul Catania, si è imposto per 5 a 2. Prova vigoro-sa e tutta brasiliana dettata dai numeri di Bruno Xavier e Juninho e dal portiere Spada. Minuto di raccoglimento per il soldato italiano caduto in Afganistan Gaetano Tuccillo, prima della finale, e inno nazionale cantato da tutti i presenti in coro. A margine, premiazioni per squadre e arbitri pre-senziate dallo staff, ad iniziare dal vice presiden-te Lnd nazionale Antonio Cosentino, dal membro del dipartimento nazionale beach Perri, dal pro-

moter della tappa Fino dello Sporting Club, dai partner Pucci, Rinaldi e De Pasquale e dal pre-sidente Aia di Rossano Luigi De Gaetano che ha onorato gli arbitri. Plauso a tutte le componenti partecipanti con un turismo sportivo capace di far spiccare fascini territoriali, e doti organizza-tive, e che possa essere solo l’inizio del decollo definitivo. Il delegato nazionale Perri è già pron-to, vista l’ottima riuscita, a indicare Schiavonea Corigliano Calabro come location fissa e annua-le per altri appuntamenti tra cui poule scudetto 2012, supercoppa e un torneo regionale.

Stankovic - Terracina 2011

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Quando si lascia il centro storico di Corigliano per proseguire verso Rossano, dopo un chilo-metro circa, si possono notare, su una collinetta, un gruppo di palazzine. Tutti sappiamo che sono case popolari, costruite negli anni Ottanta e poi successivamente assegnate alle famiglie aventi diritto, tramite una graduatoria; punto. Null’altro io so. Vi si accede tramite una rampa, ma non vi è po-sto alcun cartello segnaletico a indicare di quale quartiere o contrada trattasi. Quando passo in macchina presso quel bivio, alzo sempre un at-timo lo sguardo su quelle case che dalla collina si affacciano con le finestre verso il mare, poi tiro dritto. È da circa 20 anni che faccio così. Posso affermare con convinzione che io conosco tutte le frazioni, collinari o montane o della piana, di Corigliano; ma non sono mai andato su quella collina. La mia curiosità mi vorrebbe far salire per quella rampa per visitare quel quartiere; baste-rebbe una sterzata a destra e ingranare la prima, cento metri e si è giunti. Però non l’ho mai fatto. Forse ho paura!?. Se ho paura, ciò è alquanto irrazionale -Chi abita in quel quartiere? C’è qual-cuno che ne regolamenta l’ingresso? E poi l’in-gresso coincide con l’uscita, che tipo di spiega-zioni dovrei dare se qualcuno mi chiedesse cosa ci faccio lì?... e come scappare?-. Ma la cosa che più mi impedisce di risalire quella rampa è la mia convinzione che nessun altro, coriglianese o fo-restiero, lo abbia mai fatto; tranne forse qualche pubblico ufficiale o qualche manutentore. A volte incontro, sul tratto di strada che separa quel quartiere dal Centro Storico, alcune donne con dei bambini che vanno o vengono, silenziosi e con passo frettoloso, tenendosi in fila lungo il ciglio della vecchia Statale 106. Naturalmente,

MONDI DIVERSICase popolari sulla collina, la voce dei bimbi colora d’azzurro il ghetto

di Francesco Sommario

non c’è un marciapiede; del resto perché dovreb-be esserci? E non c’è nemmeno l’indicazione di una fermata di autobus; del resto perché do-vrebbe esserci? Si dice che nemmeno la statua di San Francesco venga portata a visitare quel quartiere di case popolari, per recarvi la sua be-nedizione, durante le festività del mese di Aprile.Oggi io sono lì come altre volte. Non so bene perché, ma fermo la macchina vicino a quel bivio senza insegne. Una lieve brezza del mare piega l’erba, ormai secca per il sole quasi estivo, e nel-l’aria c’è profumo di fieno. Sulla strada non c’è traffico, per cui si riesce a sentire anche qualche cinguettio di passeri. Oltre le case, sulla collina, si odono voci di bambini, immagino che giochino a rincorrersi o a nascondino. Allora mi viene da ridere, mi sento un po’ ridicolo ripensando alle sensazioni di paura che mi hanno sempre impe-dito di salire per quella rampa. Se in quel quar-tiere ci sono dei bambini che giocano perché si dovrebbe avere paura di visitarlo? Dall’alto di quella collina si domina con lo sguar-do tutta la valle, una distesa verde di uliveti e aranceti che, infine, si mescola all’orizzonte con l’azzurro del mare. Ormai ho deciso, parcheggio in uno spiazzo la macchina e con passo sicuro ri-salgo a piedi la rampa. E se qualcuno mi doman-derà cosa cerco e perché sono lì, risponderò: “Sono qui per il panorama, mi hanno detto che da quassù si vede l’azzurro del mare, un azzur-ro così bello e intenso che da nessun’altra parte può essere ammirato”.

Il Crati è il fiume più lungo del-la Calabria. Origina con il nome di Craticello dal Timpone Bruno a 1.742 metri di altitudine sulle pendici occidentali dell’Altopia-no della Sila, scende poi attra-verso i boschi, fra rapide, picco-le cascate e brevi percorsi lenti, in direzione Nord, bagnando la città di Cosenza dove aumenta notevolmente la sua portata per l’affluenza del fiume Busento. Da qui attraversa con ampio letto ciottoloso la pianura Valle del Crati, dove si arricchisce ancora per l’apporto di diversi

KRATOS

di Francesco Sommario

Il Crati - dal greco Kratos, che indicava la personificazione della potenza - è il fiume principale della Calabria ed uno dei più importanti del Sud Italia per volume d’acque alla foce, con una media annua di circa 26 metri cubi al secondo, per lunghezza del suo corso, 91 km, e superficie di bacino idrografico, 2.240 km²

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affluenti tra cui i fiumi Mucone e Arente, sulla sponda destra, e i torrenti Turbolo e Cucchiato, sulla sponda sinistra.Dopo circa trenta chilometri di lenta discesa, il fiume Crati giunge in prossimità di Tarsia, a 208 metri di altitudine, dove la sua corsa viene sbarrata dalla diga che forma il lago artificiale di Tarsia, Riserva Regionale e punto di approdo e nidificazio-ne di molte specie di uccelli mi-gratori. A valle del lago, il fiume Crati si dirige ad Est, verso la Piana di Sibari, dove riceve l’ul-timo affluente proveniente dalla catena montuosa del Pollino, il Coscile, prima di gettarsi nelle acque del mare Ionio. Alla sua foce, il Crati crea un ambien-te umido di tipo palustre, di estremo interesse ambientale,

in cui la flora tipica è costituita da tamerici e canne palustri e dove si concentra un’avifauna migratoria di notevole densità e varietà. Anche la foce del Cra-

ti è divenuta nel 1990 Riserva Regionale per il suo grande in-teresse naturalistico. A fronte di una discreta portata media di 26 metri cubi di acqua

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al secondo, il Crati è un fiume a carattere torrentizio alternando forti, a volte alluvionali, piene invernali a stati di siccitatà esti-ve, che lo svuotano totalmente. Il bacino del fiume, invece, è caratterizzato da un continuo dissesto geologico in cui sono coinvolti nei fenomeni franosi non solo le coperture sedimen-tarie sabbiose ed argillose, ma anche le rocce metamorfiche e i graniti, aumentando in modo considerevole la portata solida del fiume. Dal ponte di Terrano-va da Sibari fino alla sua foce, il Crati fa da confine al territo-rio coriglianese col suo letto. Parte delle sue acque, tramite il Consorzio di Bonifica, ven-

RISERVA FOCE DEL CRATIPrima di riversarsi nel golfo di Sibari, il Crati si allarga in una foce che è praticamente un piccolo delta, ma soprattutto un vero paradiso naturale, al confine tra l’acqua e la terra, di estremo interesse proprio perché si tratta di una zona di transizione dall’ambiente di acqua dolce a quello salmastro. La vegetazione è quella tipica delle zone umide: prevalen-temente tamerici, canne palustri e specie ripicole come salici e pioppi. Le zone circostanti sono ricoperte da macchia mediterranea ancora incontaminata e pura. Ma il vero miracolo naturalistico è rappresentato dalla fauna, con moltissi-me specie animali. Ma cerchiamo di darne un breve elenco partendo dalle specie acquatiche. Specie tipiche di questa zona sono: l’Anguilla, il Cefalo, l’Orata e la Spigola che effettuano la riproduzione in mare e con i piccoli nati che com-pletano la fase di crescita in acqua dolce. La famiglia dei Ciprinidi è rappresentata da specie quali: la Carpa, la Tinca, il Carassio, il Carassio dorato, il Cavedano, il Barbo, l’Alborella meridionale e la Rovella. Numerosi stagni costieri, pozze ed acquitrini ospitano diverse specie di anfibi tra cui: la Rana verde minore, il Rospo comune ed il più piccolo Rospo smeraldino (Bufo viridis). Abbastanza diffusa è anche la Raganella italiana che trova un ambiente ideale nei canneti. I Rettili sono rappresentati dalla Tartaruga palustre europea e dalla Biscia dal collare (Natrix), entrambe particolarmente legate all’acqua. Meno dipendenti dall’acqua sono i Sauri, tra cui: il Ramarro occidentale, la Luscengola (Chalcides), la Lucertola campestre, il Geco comune ed il Geco verrucoso (Hemidactylus turcicus). Per i Serpenti troviamo il Biac-co (Coluber viridiflavus carbonarius) ed il Cervone e la Vipera comune. Le differenti tipologie di habitat della Foce del Crati rappresentano, soprattutto, un importante punto di riferimento per diverse specie di uccelli sia nel periodo delle migrazioni, come punto di sosta e di approvigionamento trofico, sia come luogo di nidificazione e di svernamento. Tra i fitti canneti troviamo le specie nidificanti: la Gallinella d’acqua e il Porciglione. Specie facilmente avvistabili quasi tutto l’anno sono: l’Airone cenerino (Ardea cinerea) e la Garzetta, mentre l’Airone bianco maggiore è avvistabile durante i passi. A volte si possono avvistare anche la Sgarza ciuffetto, la Nitticora, il Tarabusino (Ixobrychus minutus) e il Tara-buso (Botaurus stellaris) la cui presenza nella Riserva è incerta. Tra gli Anatidi si possono segnalare il Germano reale, l’Alzavola, il Fischione e il Codone. Mentre durante le migrazioni sono avvistabili: la Cicogna bianca, la Cicogna nera, la Spatola ed il Mignattaio. I litorali sabbiosi, gli stagni retrodunali e le sponde del fiume ospitano diverse specie di limicoli, tra cui: il Chiurlo, il Gambecchio (Calidris minuta), il Beccaccino. Interessante la presenza del Voltapietre (Arenaria interpres), il cui nome deriva proprio dall’abitudine di girare le pietre con il becco alla ricerca di piccoli invertebrati di cui si nutre, nonché del Piovanello pancianera, del Piro piro piccolo, della Pittima reale, del Corriere piccolo e del Fratino (Charadrius alexandrinus). Abbastanza nutrita la presenza del Gabbiano comune, del Gabbiano reale, del Gabbiano corallino e dello Zafferano. Sono, inoltre, presenti la Sterna maggiore, il Beccapesci ed il Mignattino. Numeroso è il gruppo dei piccoli Passeriformi, che frequentano soprattutto il fitto sottobosco, tra cui: la Ballerina bianca, la Capinera il Saltimpalo, l’Usignolo di fiume, l’Occhiocotto, la Cinciarella, la Cinciallegra, il Codibugnolo, il Pendolino, il Fringuello, il Migliarino di palude. Sono da citare, infine, i rapaci diurni quali la Poiana ed il Gheppio (Falco tinnunculus), presenti tutto l’anno e nidificanti, nonché il Falco di palude migratore, presente anche come svernante. Tra i rapaci notturni ricordiamo la Civetta, anch’essa nidificante. Altre specie svernanti sono il Cormorano, il Tuffetto e lo Svasso Maggiore. La Foce del Crati offre, inoltre, rifugio a diverse specie di mammiferi, dalle più adattabili alle meno contattabili. Per quanto riguarda il primo gruppo abbiamo la Volpe, la Faina, la Donnola, il Riccio e la Talpa. Tra le specie più elusive ricordiamo: il Tasso e il Moscardino. Diverse anche le specie di micromammiferi che colonizzano la zona della foce tra cui l’Arvicola terrestre, l’Arvicola di Savi (Microtus savii), la Crocidura a ventre bianco, la Crocidura minore o odorosa, il Mustiolo, il Ratto nero o dei tetti, il Topo domestico e il Topo selvatico; sono tutte specie assai prolifiche e questo consente di compensare le perdite dovute alla forte predazione da parte di altri animali. Sono da ricordare, infine, il Pipistrello di Savi, il Pipistrello nano, nonché la Nutria (Miocastor coypus), che introdotta come animale da pelliccia dal Sud America, in libertà, ha trovato nelle nostre acque interne un habitat particolarmente favorevole.

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gono utilizzate per l’irrigazione dell’intera Piana di Sibari fino a Mirto Crosia.

RILIEVI E PUNTUALIZZAZIONICome da sempre accade per le risorse del nostro territorio, non mancano le problematiche inerenti alla salvaguardia, valo-rizzazione e promozione della enorme ricchezza e importan-za naturalistica del fiume Crati. Intanto le sue acque non ven-gono monitorate con l’assidu-ità dovuta (e trasparenza) per misurarne il suo stato di salute, che sicuramente è a rischio in quanto il suo corso attraversa grandi città come Cosenza e Rende ed è, quindi, soggetto ad eventuali scarichi abusivi di sostanze tossiche. Non sono stati tracciati, inoltre, percorsi naturalistici e punti di

osservazione nella Riserva del-la sua foce, né esiste un stra-da apposita per raggiungerla, partendo dalla SS 106; anzi, ci sono due strade sterrate che costeggiano le due sponde del fiume fino alla foce, che chiun-que può percorrere in libertà con la macchina, creando no-tevoli disturbi alla incontami-nazione della Riserva e alle specie animali che in essa risie-dono. Ma la cosa più negativa, a nostro parere, è che, sebbene Corigliano sia sede di una così importante riserva naturalistica, unica nel suo genere, a livel-lo nazionale e internazionale, nessuna associazione o ente pubblico o movimento politico o istituto scolastico manifesta un minimo di interesse per quanto essa rappresenti: una risorsa che, tra l’atro, può portare van-taggi economici in relazione ad

un turismo di qualità e non solo stagionale. La fruizione cor-retta della Riserva della Foce del Crati da parte delle scola-resche, poi, contribuirebbe in modo notevole alla formazione dei giovani, in riferimento alla conoscenza e al rispetto delle risorse naturali, rafforzando in loro quella coscienza ambien-tale indispensabile per pro-muovere processi e politiche di conservazione e tutela della biodiversità.

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Non è certo un buon momento quello che sta at-traversando la città di Corigliano, da un punto di vista politico e sociale. Forse anche per questo la pubblicazione di una guida illustrata che “rac-conta” le vicende artistiche e storiche della città a residenti e visitatori ha avuto tanto successo. I lettori hanno colto in pieno il significato dell’ini-ziativa, che non vuole certo esalta-re “bellezze artistiche” e “paesaggi” con un campanilismo fuori luogo in questo particolare contesto stori-co. Più semplicemente Viteritti ha voluto ribadire, come del resto fa da anni, che la città di Corigliano è anche “altro” rispetto alla brutale cronaca quotidiana che ci conse-gna una città smarrita e dolente. E questo “altro” è costituito da risor-se naturali, da un ricco patrimonio d’arte e dalla caparbia volontà di tanti giovani e anziani imprenditori di non arrendersi ad una deriva che non può che essere temporanea. Nel capitolo introduttivo, “I colori del territorio”, l’autore invita addirittura i lettori a “considerare le inserzioni pubblicitarie contenute nella guida come parte integrante del racconto sulla città e sul territorio. Compaiono imprese che, pur diverse per dimensioni e sto-ria, hanno investito con convinzione sulla terra e sui suoi prodotti, proiettandosi con impegno ver-so le sfide del mercato e lasciandosi alle spalle l’assistenzialismo pubblico che drogava il set-tore agricolo e spegneva ogni stimolo verso la competizione. Vi sono poi aziende manifatturiere esemplificative di un tessuto industriale che si sta sviluppando lottando contro le difficoltà ambien-tali e la mancanza di un contesto idoneo in cui fare “rete”. Accanto ad esse largo spazio è stato dato agli operatori nel settore del turismo, capaci di creare strutture in grado di reggere validamen-te il confronto con altre più evolute realtà, con camping, villaggi, lidi, ristoranti, alberghi, bar e

Una guida per CoriglianoEnzo Viteritti pubblica una guida illustrata per invitare turisti e residenti a scoprire(o riscoprire) la città e il suo territorio.

di Franco Liguori

caffè, agriturismi, bad end breakfast, agenzie di viaggi e trasporto gestiti con una professionalità impensabile se ci riportiamo con la mente solo ad alcuni decenni orsono.”La guida si apre con il castello di San Mauro, che “giace abbandonato” mentre potrebbe essere facilmente sottratto al degrado e trasformato in una formidabile risorsa economica e culturale. E poi si parla di un parco ambientale che non c’è, il cosiddetto “Parco del Coriglianeto”, evidente e visibile nella sua ricchezza paesaggistica, stori-ca, monumentale, ma anch’esso lasciato deperi-re mentre potrebbe rappresentare un’attrazione turistica di enorme valore.Seguono poi i capitoli dedicati alla Madonna Odi-gitria, alla visita del Denon, alla Madonna Nera di Schiavonea, al Quadrato Compagna, al Par-

co Comunale dello Scalo, alle chiese cittadine, al centro storico, al Garopoli visto come simbolo dell’Unità d’Italia, al teatro Valente, alla monta-gna coriglianese: tutti temi trattati con un tono discorsivo, senza troppi tecnicismi, ammettendo le negatività ma spingendo il visitatore a suppli-re con l’intelligenza e l’immaginazione alle tante lacune che pur esistono e frenano il decollo deci-sivo verso un turismo culturale di qualità.Concludiamo con un apprezzamento per l’ele-ganza editoriale del volume, che si presenta in un formato agevole per la consultazione ed è ricco di foto, stampe d’epoca, foto antiche che lo rendono sicuramente un dono gradito che i coriglianesi possono fare a se stessi o a quan-ti verranno in città per trascorrervi un periodo di vacanza.

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Le elezioni amministrative del 25 maggio 1952 a Corigliano avevano decretato la vittoria delle sinistre. Nella seduta del consiglio comunale del 9 giugno

successivo furono eletti il sindaco e la giunta: a presiedere la nuova amministra-zione fu designato Raffaele Amato, assessori risultarono Antonio Gianzi, Luigi Passerini, Giu-lio Spezzano, Antonio Valente, Antonio Festivo Candia e Antonio Bonofiglio. L’entusiasmo in cit-tà era grandissimo, il popolo di sinistra era per la prima volta al potere dopo gli anni del fasci-smo e la sindacatura di destra di Giovan Batti-sta Policastri. Cortei festosi, fiori, auguri, allegria avevano creato un clima di spasmodica attesa di cambiamento che finì per risultare fatale alla nuova giunta. Raffaele Amato, infatti, che non era un populista o un demagogo, voleva assolu-tamente evitare salti in avanti compiuti senza la necessaria “copertura” finanziaria e legislativa. Il disavanzo di bilancio ereditato (secondo lui) dal-la passata amministrazione e la brusca contra-zione del credito da parte della locale Cassa di Risparmio, imposero un avvio cauto alla nuova giunta comunale. “Non per questo l’attività della nostra ammini-strazione – scrisse in seguito - diminuì il suo ritmo, senza per altro acceleramenti di caratte-re demagogico che avrebbero potuto soddisfa-re giuste aspettative, ma che avrebbero creato giorni ancora più difficili per il comune. Si pensò quindi di tentare di creare per prima un regime di ordine, di disciplina, di economia in tutti i settori della vita cittadina, come in tutti i servizi munici-pali. Non poche furono le resistenze incontrate

Appunti per una storia politica di Corigliano dal 1943 ai giorni nostri /9

La caduta del sindaco-maestro

di Enzo Viteritti

Il rigore amministrativo e la moralità dei comportamenti imposti da Raffaele Amato alla giunta comunale portarono rapidamente alle sue dimissioni. Fu sindaco per soli sette mesi, ma la sua figura e il suo operato smentiscono i qualunquisti quando sostengono che i politici “sono tutti uguali”.

e che ancora si incontrano, in quanto ognuno è abituato a fare il proprio comodo: chi a danno del Comune, chi a danno di pubblici servizi, chi a danno della cittadinanza. Non mancano poi sa-botatori di ogni opera buona, speriamo che i cit-tadini onesti sappiano individuarli e punirli con il loro disprezzo”. (Avanti, Corigliano!, n. 1, 30 apri-le 1953. Anche gli altri brani che seguono sono ripresi dal periodico socialista).Per il nuovo sindaco il rispetto delle leggi e dei regolamenti era fondamentale. La concreta e mi-nuta azione quotidiana della nuova amministra-zione comunale doveva quindi svolgersi all’inse-gna della moralizzazione e dell’onestà. Favori-tismi o atti clientelari non potevano essere per-messi né tollerati. Il Comune doveva essere una casa di vetro. Raffaele Amato aveva all’epoca 67 anni e non poteva certo cambiare a quell’età un rigido costume morale che l’aveva accom-pagnato per tutta la vita. Una certa durezza di carattere rendeva infine ancora più complicati i rapporti con i compagni di giunta e di partito, che avrebbero desiderato una maggiore “flessibilità” nel comportamento del sindaco, in modo da non perdere subito quei consensi tanto faticosamen-te conquistati.La crisi esplose dopo pochi mesi, con le dimis-

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sioni dei tre assessori comunisti e si trascinò fino al febbraio del 1953 quando Raffaele Amato, che non aveva alcuna in-tenzione di farsi logorare in uno stillicidio di pole-miche quotidiane, spesso create ad arte da amici e nemici, decise di veri-ficare, in modo pubblico e trasparente, se dispo-neva ancora della fiducia della maggioranza.Sul Cor Bonum, il perio-dico locale di G. B. Po-licastri che ovviamente aveva tutto l’interesse ad alimentare la divaricazione tra i comunisti ed il sindaco, si poteva leggere:“I sentimenti dei comunisti e particolarmente del gruppo consiliare verso il sindaco socialista non sono mai stati un mistero per alcuno: aspre criti-che, denigrazione implacabile e continua, maldi-cenza ed espressioni sanguinose ed oltraggiose sono state la collaborazione e la solidarietà che essi hanno dato al Sindaco ed ai cugini socialisti, solidarietà e collaborazione culminate nel loro completo allontanamento dalla Giunta, che han-no abbandonato fin dal settembre decorso, sbat-tendo la porta ed ostentando la loro disapprova-zione ed il loro disprezzo, col disertare perfino il banco riservato all’amministrazione e andando a sedere, durante le sedute consiliari, ai banchi del consiglio, in prossimità di quelli della mino-ranza. Ed è stata tanto aspra e tanto pertinace la loro opposizione ad ogni atto amministrativo del loro sindaco, da costringere costui a chiedere al Consiglio di pronunziarne la decadenza quali assessori”. (Cor Bonum, n. 7/1953).Il Consiglio comunale fu convocato per il 28 feb-braio 1953. L’ordine del giorno era nutrito ma il primo punto, “Decadenza degli assessori assenti senza giustificato motivo Sigg. Spezzano, Pas-serini e Candia”, era quello che rendeva dram-matica la seduta. Il sindaco si dimostrò inflessibile nel suo intento di fare chiarezza, pretendendo di leggere un’am-pia relazione riassuntiva di quanto fatto in quei primi mesi di governo cittadino, nell’intento di di-mostrare l’infondatezza delle accuse che gli ve-nivano rivolte. Il primo dei problemi analizzato fu quello del-la questione finanziaria. Il sindaco denunciò di avere ereditato un disavanzo notevole, aggra-vato dall’azione ostruzionistica della Cassa di Risparmio, che aveva stabilito di non anticipare più fondi oltre un certo limite. Nonostante tutte le economie attuate per far “quadrare” il bilancio,

sottoposto al severo controllo della Giunta Pro-vinciale Amministrativa ostile all’amministrazione “rossa” di Corigliano, fu necessario aumentare per i cittadini benestanti la tassa di famiglia, che all’epoca costituiva uno dei maggiori capitoli di entrata per le casse comunali. Si scatenò così un putiferio, ben alimentato dal centrodestra, che nella precedente amministra-zione aveva sempre preferito operare puntando sul taglio delle spese. L’ex sindaco Policastri, come si ricorderà, non voleva “mettere le mani in tasca” ai coriglianesi, convinto che l’economia cittadina potesse svilupparsi bene se lasciata li-bera di crescere senza troppi lacci e condiziona-menti.Su questo punto Raffaele Amato fu particolar-mente sarcastico, e le sue parole potrebbero essere pronunciate ancora oggi da un sindaco non demagogo: “Quella della tassa di famiglia - afferma - è una storia che in verità meritereb-be di essere illustrata con un apposito volume a tipo di romanzo, in quanto si potrebbe parlare di impiegati infedeli, di amministratori operanti a danno dell’ente amministrato, di milionari che si travestono da poveri, di ricchi commercianti che stanno sempre per fallire e non falliscono mai, di gente infine che dice sempre di essere oberata di debiti presso le Banche mentre comprano uliveti, masserie e costruiscono case. E le persone che vogliono sfuggire al pagamento sono poi quel-le che più sbraitano contro una amministrazione quando manca l’acqua, quando salta una pietra del selciato, quando non v’è energia elettrica e perfino quando piove, perché c’è fango sulle strade, e, quando fa il bel tempo, perché dalle strade si solleva la polvere. E già, questo perché essi sono proprio quelli che tengono ad avere tutti gli agi della vita ai quali dovrebbero essere poi i poveri a dover provvedere; così avveniva ai tempi di Roma: da una parte i patrizi a godere,

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dall’altra parte la plebe a lavorare e soffrire!”Altra questione controversa era quella dell’assi-stenza ai poveri, che consisteva soprattutto nel rimborso delle spese farmaceutiche.Su questo punto, che era quello sul quale più forte era stata la polemica pubblica, il sindaco si accese di indignazione. Come si poteva pensare che un sindaco socialista negasse le medicine ai poveri? Ecco il racconto di Amato su quella che riteneva una vera e propria “montatura”.“Eravamo da tempo a conoscenza che alcuni facevano commercio di medicine prelevate con la libretta dei poveri e per questo il nostro pri-mo pensiero fu quello di cercare di moralizzare questo importante ramo di pubblica assistenza. Naturalmente per questo ci trovammo, fin dai pri-mi giorni, in lotta con vecchi e nuovi sfruttatori della beneficenza pubblica. Senza dire che molti venivano mandati soltanto per dar fastidio, men-tre altri per poter sbraitare poi sulle pubbliche strade contro la nostra amministrazione. Imma-ginate che il 14 giugno, dopo appena tre giorni dal mio insediamento, ci fu chi venne a dirmi che in paese vi era un forte malcontento perché dal Comune venivano rilasciate poche ricette per i poveri; fu così che si divulgò la voce che si fece poi propagare da Rossano a Cosenza e cioè che la nostra amministrazione negava l’assistenza ai poveri. Noi affrontammo il diluvio di denigrazione e calunnia e tirammo innanzi per la nostra stra-da. Oggi possiamo fare il riassunto della nostra attività in questo settore, riassunto possibile in virtù dell’impianto di un registro di controllo da me voluto.”A questo punto il sindaco presentò con minuzio-sa precisione il rendiconto delle somme spese non solo per le medicine ai poveri ma anche per i ricoveri ospedalieri a Corigliano e fuori, raffron-tandole con le spese sostenute nel 1949 e dimo-strando di avere speso più lui in sette mesi che la precedente amministrazione in un anno. “Ci sarebbe quindi da dover dire che tirchi e sen-za cuore furono gli amministratori del 1949, men-tre noi saremmo gli sperperatori del pubblico da-naro! Ecco dove arriva la faziosità e la cattiveria degli uomini. Ma andiamo avanti perché la vita Coriglianese, l’ho detto altra volta, è gioconda assai. La nostra rigidità si è avuta allorchè avem-mo la sensazione dell’esistenza del mercimonio, della mistificazione, che noi abbiamo il dovere di combattere e debellare così come si combattono tutte le malattie contagiose. Pensate, e non dico altro per non tediarvi, che siamo riusciti a sco-prire, naturalmente al lume delle ricette trascritte sul registro di controllo, che una donna era sgra-vata due volte in un mese!”Anche sull’urbanistica Amato riteneva di essere in regola con gli impegni assunti.“I piani regolatori preparati dall’arch. Mazziotti per

lo Scalo e per la Schiavonea daranno fra qual-che anno alle nostre due frazioni degli aspetti ve-ramente sorprendenti: l’uno diventerà un centro industriale di primo ordine, l’altro una spiaggia di incomparabile bellezza ed utilità. Per tali due fra-zioni, che saranno veramente i due problemi di Corigliano, bisognerà fidare molto sull’aiuto della Cassa del Mezzogiorno che ha già dato assicu-razioni di interessamento in merito ed alla quale abbiamo fatto già pervenire due progetti regalati al Comune dal valoroso architetto Mazziotti: uno per un edificio scolastico e l’altro per la Casa Maternità ed Infanzia alla Schiavonea. Al be-nemerito concittadino Mazziotti desidererei che giungesse, per il dono fatto, un ringraziamento del Consiglio, così come gli ho già fatto giungere quello mio personale. La costruzione dell’edifi-cio scolastico, così come previsto dal progetto Mazziotti darà modo al Comune di poter utilizza-re l’edificio donato dai Compagna, per l’alloggio degli insegnanti, per gli uffici comunali e per altro di utilità pubblica, come per esempio un albergo.Abbiamo anche sollecitato ed ottenuto un can-tiere scuola per la costruzione di due cosidette Case Minime che sorgeranno attigue a quella già esistente alla Cavallerizza e i cui lavori avranno inizio fra giorni. Sarà un lavoro di cento giorni per venti operai. E lì che troverà così degna sede, come avevo sognato 30 anni fa, una biblioteca comunale, un circolo di cultura e forse anche una scuola di disegno applicato, se non addirittura una scuola d’arte.”Parlò poi dei lavori pubblici, degli interventi nelle scuole, dell’eterno problema dell’acquedotto del Fallistro, che finalmente cominciava a portare acqua in città.Terminata la relazione invitò i consiglieri ad in-tervenire, dichiarando di essere pronto a chiarire ogni altro aspetto del suo operato. Ma nessuno chiese la parola. In un’aula gremita di pubblico, improvvisamente calò un silenzio pesante. Tutti si resero conto che il momento era grave. Il do-cumento letto da Raffaele Amato fu messo allora ai voti, con l’avvertenza che la non approvazione avrebbe significato sfiducia al sindaco. I consi-glieri presenti erano 25, di cui votanti 24, perché il sindaco si astenne. I voti contro il primo cittadi-no furono 14, provenienti dall’opposizione e dai comunisti. I voti a favore solo 7, quelli dei sociali-sti. I tre democristiani, che sette mesi prima ave-vano votato la fiducia al sindaco, si astennero. Raffaele Amato prese atto del voto, raccolse con calma le sue carte e annunciò le sue dimissioni. La seduta si sciolse.Finì così la prima esperienza amministrativa “unitaria” tra socialisti e comunisti. Allora sembrò una crisi superabile, ma il solco che divise le sini-stre cittadine non fu mai più colmato nei decenni successivi.

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10 novembre 1811: alluvione del territorio A volte le calamità naturali si sca-tenano senza alcun preavviso. Non così succede due secoli fa, il 10 novembre 1811. In Corigliano, al mattino, l’aria è serena, ma i cit-

tadini avvertono nell’atmosfera un caldo insolito. Verso le ore 15,00, si scatenano furiose raffiche di Ponente: i popolani dei Vasci (i quartieri bassi della città) abbandonano le loro case, temendo che possa verificarsi da un momento all’altro un terremoto. La loro prudenza è frutto di saggezza. Poco dopo, cado-no dai tetti delle case tegole, tavole, camini, travi. Il vento sradica alberi secolari. Tutto ciò dura per oltre un’ora e mezzo. Verso le 17,00, è già notte. Al vento, si sostituiscono tuoni e lampi, che divengono protagonisti della scena. Tre bovari e decine di buoi vengono uccisi dai fulmini, in campagna. Molti alberi di quercia prendono fuoco. Due donne, tornando a casa dalla fontana di Piazza del Popolo, vengono colte da un lampo: una muore sul colpo, l’altra viene paralizzata nella parte destra del corpo, perde l’uso della parola e, pochi giorni dopo, muore.Verso le ore18,00, comincia a cadere una pioggia dirotta, incessante, scrosciante. Durante la notte, la pioggia diviene torrenziale. Le case, poste a piano terra, vengono allagate. La gente, per lo spavento, in-voca il Santo Patrono, S. Francesco di Paola, brucia rami di palma benedetta, accende candele benedette il 2 febbraio, nel giorno della Candelora. Verso le 7,00 del mattino dell’11 novembre, finalmen-te, il diluvio cessa. Il torrente Coriglianeto, privo di ar-gini, straripa ovunque lungo il suo corso: sommerge i mulini, inonda i giardini posti lungo le sue sponde, abbatte fabbriche, case rurali, la diruta chiesetta di S. Marco, allaga tutta la contrada “Pendino”; il terreno del Pendino viene rialzato di circa tre metri, rispetto al primitivo livello. La furia delle acque entra nella fra-zione Schiavonea e danneggia il fabbricato della Vec-chia Taverna. Il torrente Lecco sommerge la chiesetta della Jacina e i fabbricati ad essa adiacenti.I danni dell’alluvione sono incalcolabili. Solo 100 anni dopo, nel primo ventennio del Novecento, lo Stato e l’Am-ministrazione Comunale provvederanno alla sistema-zione e all’arginatura del Coriglianeto e del Cino.

10 novembre 1811: alluvione del territorio 19 gennaio 1911: muore Francesco Pometti

19 gennaio 1911: muore Francesco PomettiNato a Corigliano l’8-1-1862, F. Pometti è da conside-rare storico illustre nel panorama culturale dell’Italia di fine Ottocento. All’età di 10 anni perde il padre ed un parente lo accoglie come apprendista barbiere nella sua bottega. Lasciata la Scuola, il piccolo Francesco coltiva il suo amore smisurato per lo studio, anche durante le ore notturne. Nel 1884, a 22 anni, consegue la patente di grado infe-riore a Cosenza: in pratica, la 5^ elementare. Nel 1886, a giugno, consegue la patente di grado superiore (3^ media) e, ad ottobre, la licenza ginnasiale. Nel 1887, a 25 anni, consegue la maturità classica, sempre da privatista, e si iscrive alla Facoltà di Lettere dell’Univer-sità di Napoli. Intanto, per mantenersi agli studi, lavora come istitutore presso il convitto “G. Garibaldi” di Ca-strovillari ed il collegio “C. Colombo” di Napoli.Durante gli anni universitari, il Pometti comincia a col-laborare ad alcune riviste, a giornali, e inizia la carrie-ra di insegnante. Scrive i suoi primi saggi e pubblica i suoi primi libri. Nel 1893, a 31 anni, consegue la Lau-rea in Lettere Classiche, presso l’Università di Roma.Nel decennio che va dal 1893 al 1903, anno della li-bera docenza all’Università, il Pometti scrive opere di grande importanza, che mettono in risalto le sue qua-lità di studioso e le sue capacità di interprete genuino dei sentimenti umani e degli avvenimenti che hanno segnato i destini dei popoli.Attingendo ai fondi segreti vaticani, il Pometti scrive opere storiche di grande respiro, che lo impongono all’attenzione dei maggiori critici dell’epoca.Trala-sciando numerose opere di grandissimo spessore, vale la pena soffermarsi almeno sull’importanza che la produzione del Pometti riveste nel campo della sto-ria della Marina Italiana. Il suo contributo in tal senso è notevole. Nel 1898, il Pometti pubblica Per la storia della marina italiana, opera in cui si evidenzia la scru-polosità della ricerca, la paziente e continua elabora-zione delle fonti, per lo più inedite, la maturità critica raggiunta dallo studioso.Dal 1899, collabora periodicamente alla Rivista Ma-rittima, organo della Marina Militare, con articoli es-senziali riguardanti i problemi della Marineria italiana.Nel maggio 1903, ottiene la libera docenza in Storia Moderna, presso l’Università di Palermo.Nel 1911, a soli 49 anni, “come l’usignolo colto dal cacciatore quando canta al sole ed alla vita le più bel-le canzoni”, Francesco Pometti chiude la sua breve, ma intensa, vita terrena.

di Enzo Cumino

Ricorrenze da non dimenticare!CORIGLIANO: date che aiutano a riflettere su avvenimenti

e personaggi della storia locale

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Al Sud aumentano i giovani disoccupati e le fa-miglie che s’impoveriscono, il tasso di disoccu-pazione è più del doppio di quella del Centro-Nord e, più in generale, la maggior parte della popolazione in età da lavoro non ha alcuna occupazione (in Calabria è occupato il 42%, in Lombardia il 65%). Questo emerge dal Rappor-to sull’economia del Mezzogiorno 2011, che la Svimez pubblica annualmente dal 1974, e che contiene tante altre notizie interessanti, sebbene quasi tutte spiacevoli.Recentemente, infatti, l’Associazione per lo Svi-luppo del Mezzogiorno, ha reso note alcune anti-cipazioni del rapporto intitolato quest’anno “Nord e Sud: insieme nella crisi, divergenti nella ripre-sa”. Non ci sono molte sorprese, le cose in generale vanno male così come sentiamo tutti i giorni, e forse di più di quello che percepiamo quotidiana-mente nella vita sociale e lavorativa. Perlomeno qui in Calabria, dove l’occupazione e il lavoro non sono andati mai bene!Comunque, per noi meridionali, i numeri della Svimez sono davvero impietosi. Nel Sud due giovani su tre non lavorano e molti di loro (an-

L’esercito dei neetAl Sud due giovani su tre non hanno lavoro e alcuni, oramai, rinunciano a cercarlo

di Luisa Sangregorio

che laureati) si sono rassegnati a non cercare più un’occupazione. Per quest’ultima categoria, contemporanea e globale ma non per questo meno triste è stato coniato un acronimo: “Neet - not in education, employment or training”, vale a dire giovani che non ricevono più un’istruzione e non hanno un impiego o altre attività assimilabili, né li sta più cercando. Un drammatico spreco di talenti. Nel Mezzogiorno - secondo i dati della Svimez - il tasso di occupazione giovanile (15-34 anni) nel 2010 è stato del 31,7%, segnando un divario abissale con il Nord del Paese, dove invece i coetanei occupati sono più del doppio. “La questione generazionale italiana - segnala la Svimez - diventa quindi emergenza e allarme sociale nel Mezzogiorno.” Ma chi sono questi ragazzi? A fornire la risposta è, amara ironia, il ministero del Lavoro. I Neet sono circa due milioni: più della metà, il 56,5%, è costituito da donne che vivono al Sud e hanno un livello di istruzione medio basso, licenza me-dia o al più diploma superiore. La maggior parte ha anche smesso di cercare un impiego: ogni cento ragazze, 72 si sono rassegnate a rimane-re disoccupate e a non entrare nel mercato del lavoro. Anche in questo caso i dati peggiori si re-gistrano al Sud, con picchi che superano l’80% in Campania. Emmanuele Massagli, vice presidente di Adapt, l’associazione per gli studi sul diritto del lavoro fondata da Marco Biagi, sostiene che: “Il siste-

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ma degli ammortizzatori sociali italiani è struttu-rato per la tutela di chi è già occupato; invece che aiutare i giovani, si è pensato fosse meglio sostenere i padri di famiglia. Bene, adesso però è tempo di tornare ad occuparsi dei ragazzi, fa-vorire il loro ingresso nel mercato del lavoro, cre-are dei percorsi virtuosi che tendano a scardina-re il concetto che l’istruzione tecnica è di Serie B rispetto a quella intellettuale di Serie A. Per fare ciò, uno strumento fondamentale è il contratto di apprendistato in tutte le sue forme, che aiuta sia i giovani sia le aziende, che in questo momento hanno bisogno di forza lavoro da impiegare per uscire dalla crisi». Insomma, troppi laureati e po-chi lavoratori specializzati: quello che cercano le aziende oggi. I più recenti studi dimostrano che un diplomato tecnico impiega meno tempo di un laureato a trovare un impiego, e che nel medio periodo anche le retribuzioni sono più alte! Ma torniamo al rapporto della Svimez, che ver-rà ufficialmente presentato il prossimo 27 set-tembre, dove vengono tratteggiati anche i dati della “ripresa”. In effetti, passando all’analisi del Pil, nel 2010 il Mezzogiorno ha segnato rispetto all’anno precedente un avanzamento, che seb-bene molto modesto segnala l’uscita dalla reces-sione (+0,2%, ben lontano dal +1,7% del Centro-Nord). Purtroppo, però, se si considerano i valori assoluti, il divario Nord-Sud risulta sconcertante!Nel 2010 il Pil pro capite è stato di 29.869 euro nel Centro-Nord, e di 17.466 al Sud. La regione più ricca è stata la Lombardia, con 32.222euro, pari a circa il doppio della Calabria con 16.657euro. L’Abruzzo è la regione meridionale con il Pil pro capite più elevato (21.574 euro), seguono Molise (19.804), Sardegna (19.552), Basilicata (18.021 euro), Sicilia (17.488), Calabria e Puglia (16.932).Dunque cosa succede nelle famiglie del Sud? Sono in ristrettezze e la loro spesa è diminuita dello 0,1; mentre al Nord è aumentata dello 0,5%. Nel 2010 l’incremento della spesa nel Nord è tre volte quella del Sud, in particolare, i consumi di vestiario e calzature sono aumentati al Sud dello 0,7% contro un 3,9% del Centro-Nord; giù anche la spesa per beni alimentari, mentre al Centro-Nord è in crescita. I numeri parlano chiaro e raccontano del lento impoverimento delle famiglie. Ovviamente stia-mo parlando delle famiglie “normali”; perché se, invece, calcolassimo il Pil della casta dirigen-te, politica e imprenditoriale, la storia sarebbe tutt’altra. Un esempio per tutti: un assessore re-gionale in Calabria, una delle più povere d’Italia, guadagna 2mila euro in più che in Lombardia, la regione più ricca. A questi personaggi dovremmo

aggiungere, poi, le famiglie della ‘ndrangheta, la più potente e ricca associazione mafiosa del mondo, che deruba, violenta ed emargina la Ca-labria, soprattutto, ma, ormai, tante altre regioni italiane. Certo i magistrati vogliono esagerare quando affermano che “se i fondi comunitari de-stinati alla Calabria fossero arrivati ai calabresi oggi la nostra regione sarebbe un piccolo Lie-chtenstein”, ma il confronto non fa certo ridere, essendo il Pil pro capite del Liechtenstein di ben 141.100 euro!Dunque, da una parte un esercito sempre più numeroso di Neet, che non studia, non lavora (anzi un lavoro non lo cerca più), non guadagna, e sopravvive attingendo alle riserve dei genito-ri; dall’altra la cosiddetta casta, che di fronte alla crisi rifiuta di partecipare alla sua soluzione, sia pure con il simbolico gesto, quale la diminuzione dei propri stipendi o privilegi.Ora, questo esercito a spasso, i “Neet”, termi-ne che per assonanza richiama internet il mez-zo che più usano per comunicare e informarsi; ebbene questi giovani, potrebbero ben presto decidere di rimanere a spasso, marciare, prote-stare e arroventare le piazze, senza arrendersi nemmeno di fronte alle cannonate per costringe-re il sistema a cambiare (così sta succedendo in Nord-Africa, e nella penisola araba ma anche in Grecia e in Spagna). Oppure l’esercito dei Neet potrebbe, guardando al Belgio che non ha governo da un anno ma oc-cupazione e Pil in crescita, pensare che i politici siano inutili e che la politica la fanno le persone di buona volontà che giorno dopo giorno agiscono con responsabilità e, quindi, vera soddisfazione. Ma non per forza bisogna ricorrere a fosche fan-tasie per immaginare l’epilogo di questa crisi so-ciale prima che economica. Un segnale di speranza sono sicuramente i pic-coli cambiamenti che le persone “normali” sono riuscite a imporre, per esempio, con la vittoria dei recenti referendum o con i risultati, per alcuni versi inimmaginabili, delle ultime elezioni ammi-nistrative. Perché in fondo, in fondo, gli italiani la loro bat-taglia contro le dittature l’hanno già vinta nel ’48 e hanno scritto una Costituzione nella quale, tra l’altro si legge “Sono elettori tutti i cittadini, uomi-ni e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.” (Art. 48). Questo rimane un patrimonio civico inalienabile di tutti gli italiani, anche dei Neet, anche dei Ca-labresi, che hanno il potere di esercitare la loro libertà e decidere di farsi guidare, finalmente, dai migliori.

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“Un tuffo nel passato remoto della Calabria in compagnia di un ragazzo che porta il nome di un uccello: Alcione. Un viaggio dalla famosa città della Magna Grecia: Sibari, verso le colline e poi le montagne di nord ovest dove sono ubicati i vil-laggi poco conosciuti di popolazioni indigene. Al-cione seguirà i corsi d’acqua della piana perché sicuro che gli indicheranno, in ogni momento, la strada del ritorno. Con questa rassicurante cer-tezza Alcione si incamminerà in un percorso di conoscenza della diversità, delle differenze e del male e affronterà, sul suo cammino, tante prove di coraggio con le quali misurerà la sua forza, la sua abilità, la sua astuzia. Alla fine la strada non sarà più quella tracciata dal destino o indicata dagli altri , ma somiglierà ad un disegno abboz-zato dalla sua mano, dove trovano posto i suoi progetti, i suoi desideri, i suoi sogni”.

Il nuovo librodi Pino Marascodedicato ai ragazzi

“Le avventure di Alcione il sibarita” (Con CD-ROM) di Pino marasco; 2011, Kadmo EditorePrezzo di listino: € 10,00. Il libro può essere richiesto tramite mail al se-guente indirizzo: [email protected]

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Nuovo progetto sociale perMondiversi e SinergiePresentato il Work – experience a favore di soggetti in misura penale pregressa o attuale

di Luigia RositoLo scorso 12 luglio, l’Associazione Mondiversi onlus e la Cooperativa Sociale Sinergie hanno organizzato, presso il Centro di Eccellenza di Corigliano, la conferenza stampa per la presen-tazione del progetto Work – experience a favore di soggetti in misura penale pregressa o attuale. All’incontro erano presenti la Dott.ssa Tina De Rosis (in rappresentanza del Comune di Cori-gliano Cal.), la Dott.ssa Maria Cristina Pastore (del Centro di Giustizia minorile), Antonio Gioiello (dell’Associazione Mondiversi), Mario Giovanni Amica e Angela Lento (della Cooperativa Socia-le Sinergie); sono, inoltre, intervenuti Vincenzo Casciaro (Cgil), Franco Lazzarano (Confeser-centi) e per le ditte ospitanti i tirocinanti Filiberto Belmonte (Cartosistem) e Cosimo Elia (El.Co.F).Le work-experience sono finanziate dal Fondo Sociale Europeo e sono finalizzate all’inseri-mento lavorativo dei soggetti sottoposti a misura penale attuale o pregressa, attraverso la realiz-zazione di azioni di work-experience a carattere regionale che mirano a rafforzare la cultura delle pari opportunità nonché a prevenire e combat-tere ogni forma di discriminazione nei posti di lavoro.Il lavoro, principale mezzo di risocializzazione,

oltre che fonte di sostegno lecito, rappresenta un forte punto di partenza per un detenuto o ex-detenuto e risulta essere il primo fattore di spinta per l’inclusione sociale delle persone con queste problematiche.Per la realizzazione delle azioni di work-expe-rience, che hanno la durata di dodici mesi, non rinnovabili, sono stati istituiti i tirocini formativi nei luoghi di lavoro.Il tirocinio nei luoghi di lavoro, infatti, è uno stru-mento che permette di realizzare un percorso formativo/ educativo all’interno di realtà produtti-ve e che favorisce l’autonomia e l’apprendimento di specifiche mansioni lavorative. I tirocini sono volti a sperimentare l’esistenza dei prerequisiti basilari all’assunzione del ruolo di “la-voratore”: rispetto degli orari, capacità di recarsi regolarmente al lavoro, conoscenza dei ruoli nei luoghi di lavoro, rispetto delle regole imposte dal contesto lavorativo, capacità relazionali. I tirocini istituiti prevedono l’inserimento del soggetto sul-la base delle sue specificità e si articolerà in: 6 ore di attività lavorativa giornaliera per 5 giorni a settimana.Il progetto finanziato alla Associazione Mondiver-si onlus è destinato a 10 minori, mentre il proget-to finanziato alla Cooperativa sociale Sinergie è destinato a 12 adulti. Entrambi i progetti sono già attivi e i soggetti a cui sono stati assegnati i posti disponibili hanno già iniziato il tirocinio formativo presso aziende e ditte del territorio e per il quale riceveranno un incentivo di € 600,00 mensili.

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Nei giorni scorsi è stato presentato alla Regione Calabria, da parte dell’Associazione Mondiver-si onlus, il progetto finalizzato alla creazione o potenziamento di “Centri di Ascolto” per donne vittime di violenza di genere.La violenza racchiude una grave e pervasiva in-vasione del sé, che annienta il senso di sicurezza e la fiducia in se stessi e negli altri. Impotenza, passività, senso di debolezza, isolamento, con-fusione, incapacità di prendere decisioni sono al-cune delle conseguenze più frequenti. Violenze gravi e soprattutto ripetute, creano nella donna un sentimento di ansia intensa e di paura gene-ralizzata. Nella letteratura di riferimento si iden-tificano almeno 5 tipologie di violenza di genere: fisica (maltrattamenti); sessuale (molestie, stupri, sfruttamento); economica (negazione dell’acces-so alle risorse economiche della famiglia, anche se prodotte dalla donna); psicologica (violazione del sé); stalking (comportamento persecutorio). Per gli studiosi dei fenomeni criminali, le violen-ze e gli omicidi in famiglia non sono certo delle novità. Le violenze subite nei luoghi più intimi e dalle persone più care, sono denunciate poco, anzi pochissimo e un terzo non sono mai state raccontate. Sono 6milioni734mila, pari al 31,9% le donne tra i 16 ed i 70 anni che hanno subito almeno una violenza fisica o sessuale nel cor-so della vita: 18,8% le vittime di violenze fisiche, 23,7% le vittime di violenze sessuali, 4,8% le vit-time di stupri o tentativi di stupri.

L’obiettivo del progetto denominato “Essere Don-na” riguarda la creazione di un Centro di Ascolto per donne italiane o straniere, sole o con figli, vittime di violenza di genere ossia vittime di vio-lenza sessuale, fisica, psicologica, economica o di maltrattamenti, stalking, molestie e ricatti a sfondo sessuale. E’ finalizzato alla prevenzione delle situazioni di abuso sessuale a danno del-le donne e dei minori; alla presa in carico delle donne che hanno subito violenza di genere; al-l’accompagnamento delle donne verso possibili vie di uscita dalla situazione di violenza e a con-solidare e potenziare il raccordo in rete fra i vari soggetti mediante conoscenze e consapevolez-ze condivise.All’interno del centro sono previsti:A) Servizio di accoglienza. E’ un servizio che

risponde alle esigenze di privacy e alle ne-cessità di prima accoglienza, dov’è possibile svolgere, con professionisti esperti nelle tec-niche di relazione d’aiuto e nella metodologia specifica dei Centri di Ascolto Antiviolenza, colloqui individuali di sostegno volti ad ela-borare insieme, nella totale libertà di scelta della donna, il trauma subito. Le attività che vi verranno svolte sono di tipo: Psicologico, Sociale e Legale.

B) Servizio telefonico (numero verde) dove la-voreranno, H24, operatrici appositamente formate che garantiscono ascolto e anonima-to per rispondere direttamente alle chiamate

“Sono un funzionario dell’area pedagogica che lavora presso l’Ufficio di Servizio Sociale Minori di Catanzaro, sezione staccata di Cosenza; sono stata delegata dal superiore ufficio Centro Giu-stizia Minorile che è l’Ente firmatario dell’accor-do operativo con le organizzazioni vincitrici del bando.L’Ufficio di Servizio Sociale Minori è un servizio della giustizia minorile che esplica essenzial-mente la propria attività al di fuori del carcere, assume in carico i minori sottoposti a provvedi-menti giudiziari. L’utenza è costituita da ragazzi di età compresa tra i 14 e i 18 anni, fino al 21esi-mo anno.Questi minori hanno esperienze di vita attraver-sate da continui insuccessi, da mancanze di op-portunità sociali, da fallimenti scolastici. Nella stragrande maggioranza dei casi sono ra-gazzi cresciuti in fretta, che ostentano forza e sicurezza, mostrano scarsa autostima e proget-tualità futura: sono spesso diffidenti e sospettosi, sovente intelligenti e desiderosi di investimenti affettivi, non pochi fra loro sperimentano rela-zioni familiari poco accoglienti, con genitori poco presenti e poco adeguati.L’obiettivo principale del nostro lavoro è quello di sciogliere i nodi problematici della vita del minore e trovare soluzioni, attraverso la costruzione di programmi di intervento e progetti educativi, mo-bilitando risorse interne ed esterne. Gli interventi di inserimento lavorativo rientrano nello specifico in quelle che sono le risorse esterne. Il progetto delle work-experience prevede attività tese alla sperimentazione di percorsi di inseri-mento lavorativo volti ai minori esposti al rischio di coinvolgimento in attività criminali ed in parti-colare minori in misura penale pregressa o at-tuale.L’obiettivo prioritario delle work-experience è quello di operare nel segno del rafforzamento di un lavoro di rete tra i diversi attori sociali, nello specifico il Centro Giustizia Minorile, l’Ussm, uffi-cio per le Esecuzioni penali esterne, la Regione Calabria, l’Ente Territoriale e soprattutto il Privato Sociale. Per Corigliano questa non è certamen-te un’esperienza nuova. In passato abbiamo già praticato la strada del lavoro concertativo tra Co-mune, Impresa e Privato Sociale, attraverso altri progetti sociali, che hanno avuto risultati più che

LA VOCEDEL CENTRODI GIUSTIZIAMINORILE

di Maria Cristina Pastore

soddisfacenti, come quello del “Bollino Solidale” consegnato a tutte le aziende disponibili a contri-buire al processo di crescita ed inclusione socio-lavorativa di soggetti portatori di disagio.La prima fase delle work-experiences che fino ad oggi è stata realizzata dall’Ussm in piena collaborazione con i referenti della cooperativa e dell’associazione cui è stata affidata la gestio-ne del progetto, ha riguardato l’individuazione dei possibili fruitori delle borse lavoro, tenendo conto della loro posizione giuridica (messi alla prova, in esecuzione di pena, piede libero ed anche fuoriusciti dal circuito penale). Nel caso di Corigliano la scelta dei minori è stata opera-ta tenendo conto principalmente delle esigenze e delle caratteristiche di cui è portatore ciascun ragazzo, rappresentandole ai tutor di Sinergie e di Mondiversi, che successivamente hanno provveduto a raccordarle con le opportunità of-ferte dal territorio, sulle quali è possibile costruire il reinserimento sociale e lavorativo degli utenti della giustizia minorile. Il lavoro raramente si tra-duce per i nostri minori in una possibilità di qua-lificazione professionale, quasi mai è occasione di contatto con il territorio, ma mai è condizione effettiva di reinserimento sociale. Questo dato è, inoltre, aggravato dallo scarso interesse econo-mico da parte delle imprese a svolgere attività produttive a favore di minori a rischio o sottoposti a provvedimenti di natura penale, a fronte della mancanza di incentivi efficaci e dell’inesistente cultura dell’inserimento lavorativo.È necessario quindi un lavoro di squadra e di collaborazione tra l’Ente Pubblico, il Privato so-ciale e il territorio, rappresentato dalle aziende che ospiteranno i nostri minori. A questi ultimi sarà dato tutto il sostegno necessario soprat-tutto nelle fasi di accoglienza dei ragazzi che potrebbero presentare elementi di “difficoltà”. E sarà dato tutto il sostegno necessario anche ai fruitori delle borse lavoro, che magari sono alla loro prima esperienza lavorativa legale, aiutan-doli a superare le frustrazioni che spesso hanno vissuto venendo a contatto con un mondo del la-voro caratterizzato da scarse opportunità, scar-sa remunerazione e privo di qualsiasi garanzia per cui hanno preferito scelte alternative illegali o malavitose, che sono apparse loro più “facili” ed “affascinanti”.

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Il diritto dei minori è ancora un diritto giovane o di fron-tiera rispetto al diritto degli adulti. Ciò perché proprio gli adulti avevano ignorato o sottovalutato la peculia-rità del soggetto minore:

quest’ultimo veniva preso in considerazione soltanto in quanto omologo all’adulto, oggetto di disciplina e di tutela, se non di angherie e soprusi, portatore di reddito o forza lavoro.A partire dal XX secolo, però, si è sviluppato un movimento di opinione che, partendo dalla con-sapevolezza della specificità del soggetto mino-re rispetto al soggetto adulto e dei diritti spettanti al minore in quanto tale, è riuscito a strappare importantissime conquiste, sia a livello di norma-tive internazionali che di legislazioni nazionali.Con la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti

di Raffaella Amato

Il diritto all’ascolto del minore nel processo Non solo oggetto di tutela ma portatore autonomo di diritti

del fanciullo, conosciuta anche come Convenzio-ne di New York (approvata dall’Assemblea Gene-rale dell’ONU nel 1989) e la Convenzione Euro-pea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli (adottata a Strasburgo nel 1996, ratificata in Italia con la legge n. 77/2003) si è cercato di dare la massima attuazione al diritto del minore all’ascolto, all’es-sere protagonista attivo in tutti i processi che lo coinvolgono.In particolare, la norma di cui all’art. 3 della Con-venzione di Strasburgo prevede un vero e pro-prio “ascolto informato”. Viene statuito espres-samente che, nelle procedure che lo riguardano davanti alle autorità giudiziarie, al fanciullo che abbia sufficiente capacità di comprensione sono garantiti una serie di diritti, dei quali egli stesso può richiedere il riconoscimento: a) ricevere tut-te le informazioni pertinenti; b) essere consultato ed esprimere la propria opinione; c) essere infor-mato sulle possibili conseguenze dell’attuazione dei suoi desideri e sulle possibili conseguenze di ogni decisione.A fronte di questa normativa internazionale, così esplicita e, nel contempo, così avanzata nel di-ritto all’ascolto, il sistema giuridico italiano risulta invece piuttosto indietro avendo applicato tale principio con maggiore incisività solo nel settore penale, molto meno in quello civile.Nel processo penale minorile, difatti, si è eviden-ziata la necessità di procedere all’ascolto del mi-

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nore rispettando una serie di parametri. Ad esem-pio quello della minima offensività dell’audizione, con il rispetto dei tempi del bambino e della sua situazione emotiva, delle sue esigenze temporali (audizioni non troppo lunghe) e fisiche (ascolto accompagnato da generi di conforto soprattutto affettivo con l’uso di giocattoli, matite per dise-gnare ecc.). Altro parametro che viene seguito è l’utilizzo di particolari modalità di ascolto con la predisposizione di audizioni protette che sottrag-gano il minore alla dialettica processuale e con l’intervento di esperti, nelle situazioni più com-plesse, e comunque sempre con l’utilizzo di una terminologia adeguata ed un atteggiamento di di-sponibilità all’ascolto ed alla comprensione. Nel settore penale inoltre si mostra attenzione anche verso il comportamento non verbale del minore: anche il silenzio, a volte, è una risposta, e, nei casi di violenza, le reazioni emotive possono dire molto più di tante parole. L’audizione del mino-re in ambito penale viene non solo verbalizzata ma anche videoregistrata in modo tale da essere esaminata nel suo complesso e non solo nel suo contenuto verbale. Inoltre, sia nei processi in cui il minore è parte offesa sia in quelli in cui è im-putato viene resa una spiegazione dettagliata di quanto sta accadendo all’interno del processo, adoperando una terminologia adeguata all’età.Questi principi in tema di ascolto del minore non

sono invece puntualmente codificati in ambito ci-vile ma lasciati alla sensibilità del giudice o degli avvocati od alla creazione di prassi.Nell’ambito del diritto civile, la normazione, ri-spetto a questo argomento, appare frammenta-ria, non improntata ad un unico criterio informa-tore e piuttosto incoerente: il codice civile, infatti, prevede genericamente che il minore venga sen-tito dal giudice, ma non detta regole univoche; a seconda dell’età i ragazzi possono avere voce in capitolo, ma comunque non in tutti i tipi di proce-dimento in cui sono coinvolti.Così, più in particolare: nella scelta del tutore il giudice deve sentire il giovane che ha compiuto i sedici anni (art. 348 c.c.); nel caso di contrasti tra i genitori il giudice deve sentire il figlio solo se maggiore di quattordici anni (art. 316 c.c.); solo nei provvedimenti che riguardino la sua educa-zione può essere interpellato il bambino che ab-bia compiuto 10 anni.In conclusione può dirsi che da parte dei giuristi e degli operatori della giustizia sussista una no-tevole insoddisfazione per le limitazioni con cui il principio dell’ascolto viene applicato nel nostro ordinamento.Di qui la tendenza che si è fatta strada di rifarsi direttamente alla Convenzione di Strasburgo per sentire riaffermato il principio del protagonismo del bambino ed il suo diritto ad essere ascoltato.

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