Periodico Dell’Istituto Per La Formazione Al Giornalismo

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il Ducato Periodico dell’Istituto per la formazione al giornalismo di Urbino Quindicinale - 29 gennaio 2010 - Anno 19 - Numero 1 Ducato on line: www.uniurb.it/giornalismo Distribuzione gratuita Poste Italiane Spa-Spedizione in a.p. - 70% - DCB Pesaro Il piano di sviluppo edilizio del- l’Università sarà pronto prima di marzo, ma il prorettore Stocchi è già al lavoro per trasformare l’at- tuale Rettorato nel “Palazzo del- l’Università”. Si comincia però da San Girola- mo dove saranno fatti tutti gli im- pianti. E già si sogna un recupe- ro completo dell’ex convento. a pagina 12 San Girolamo è il primo passo Università Per molti esercenti l'arrivo dei nuovi centri commerciali di por- ta S.Lucia ed ex Consorzio non solleverà le sorti dell'economia urbinate. Amministrazione co- munale e Confcommercio vedo- no invece nei due progetti una grande opportunità. Anzi, un passo necessario per arrestare il declino della città. a pagina 6 Record di incassi della storia del cinema (1 miliardo e 836 milio- ni), grande successo in tutta la penisola, Avatar, il kolossal ame- ricano realizzato da James Ca- meron, stenta a decollare a Ur- bino. Pochi, infatti, gli spettatori al cinema Ducale, privo delle tecnologie per la trasmissione della pellicola in 3d. alle pagine 10 e 11 Avatar va male: manca il 3d Cinema Patenti, 15 ritiri in una notte Boom lo scorso giovedì. Aumentate del 325% le denunce della Stradale Per guida in stato d’ebbrezza 130 casi nel 2009, solo 40 nel 2008 L’EDITORIALE C hissà se davvero ”l’uomo è ciò che mangia”, come il filo- sofo Feuerbach ha detto nel titolo di un suo libro nel 1862. La frase è inquietante. Evoca più i mostri di Bosch che le grandi tavo- late di un banchetto di nozze. Eppure è un buon richiamo all’es- senza delle cose. Intanto, se non mangia l’uomo non è. E’ questo un punto di partenza di tutti i discorsi che riportano il cibo al posto che gli compete nella vita quotidiana. Prima colazione, pranzo e cena. Tutti i giorni. Che cosa c’è di più ovvio e naturale? Mettendo da parte l’etica e la filoso- fia, non si deve per forza cadere nella gastronomia. In questo numero “Il Ducato” ha cercato i piatti di Urbino ricostruendoli tra passato e presente. Qui si mettono nel brodo i cappelletti e non i tortel- lini, le costarelle di maiale hanno una certa importanza, il formaggio di fossa è assai presente. Queste cose hanno un senso che va oltre il gusto? Quando Franco preparava a Carlo Bo il baccalà rispondeva solo a una richiesta nostalgica del Rettore per le sue origini veneziane? O il bacca- là non si porta dietro il fatto che ha salvato tutta l’Europa dalla fame dopo la peste del Seicento e la con- seguente carestia? Si andava a pescare il merluzzo nei mari del Nord, fino al largo di Terranova e si conservava il pesce essiccandolo sui legni delle vele. E’ per questo che lo stoccafisso piace ancora? Nei pranzi seri, passando dal pesce alla carne, c’è spesso una pausa con il sorbetto. Abbiamo indagato, con l’aiuto degli storici della vita comu- ne. Gli antichi romani, per rendere mangiabile il pesce salato che imbarcavano in gran quantità sulle loro navi stivavano anche molti barili di neve pressata raccolta nelle buche che ancora oggi si trovano sull’Appennino (le “nevère”). Alla ciurma potevano così servire, insie- me con il pesce, una cucchiaiata di neve-sorbetto, anche con il limone. Infine, quando la neve nei barili si scioglieva avevano un’acqua non contaminata che, peraltro, vende- vano. Non ci vuole una laurea per sedersi a tavola. Ma sapere non guasta. Aggiunge qualcosa al piacere del palato. “Il Ducato” andando alle radici dei cibi più cari alla città vuole dare un contributo di cono- scenza. Questo gioco passato-pre- sente passa dagli esperti, ma anche dalle nonne. E’ spendibile non solo nei ristoranti e fa parte integrante della città. Non riguarda, insomma, solo il mangiare. Alcune parole, infatti, e anche i nostri luoghi-sim- bolo hanno la stessa ricchezza: un segno di ieri che parla anche oggi. Il 5 gennaio c’è stato un fenomeno inconsueto, a Urbino e nel Montefeltro: la galaverna. Una parola che viene da lontano, con il freddo dentro, di quando non ci si scaldava facilmente. La galaverna è un rivestimento piuttosto consi- stente di ghiaccio cristallino in sca- gliette e aghi che si forma sugli albe- ri quando c’è nebbia e si va sotto zero. Bellissimo, soprattutto se esce il sole. Ma migliaia di rami, per il peso, si spezzano. Il giorno dopo, ai lati delle strade statali, era tutto un far legna con le motoseghe. Urbino, lo diciamo spesso, è una città ideale per costruire su una storia che è viva nelle strade e nei palazzi. Pensiamoci, anche quando mangiamo la crescia. [email protected] Il baccalà di Carlo Bo Quando il cibo si fa storia La movida dell’ultimo giovedì notte è stata fatale per la paten- te di 15 ragazzi. La Polizia stra- dale ha decurtato 190 punti nell’arco di poche ore. A Urbino la guida in stato di ebbrezza, si sta rivelando un vero problema sociale che ha ricadute dram- matiche sulla vita dei multati. Studenti o urbinati, tutti dovranno pagare una multa salata e affrontare un processo penale. Senza contare la sospensione della patente che li costringerà per diversi mesi a non poter guidare nessun vei- colo. I numeri del fenomeno sono in forte avanzamento: nel 2008 le denunce della Polstrada erano state 40, mentre l’anno scorso sono passate a 130. Un aumen- to del 325 per cento. L’inizio del nuovo anno, con 30 patenti già ritirate, non fa ben sperare. La legge è durissima e non dà scampo: si va dai 500 ai 6000 euro di multa, dai 3 mesi ai 2 anni sospensione della paten- te. Chi supera il tasso di 1,5 (grammi di alcol per litro di sangue) rischia addirittura l’ar- resto e un anno di pena. Il giu- dice e il Prefetto decidono sulla confisca del veicolo e sulla durata della sospensione di patente. a pagina 4 La tradizione culinaria di Urbino e delle Marche: cosa è rimasto, come gli antichi sapori vengono interpretati oggi dagli chef e nelle famiglie, con un occhio alla cucina del Rinascimento. I piatti più raffinati accanto a quelli popolari. Le ricette più famose, i dolci e le antiche spezie. (foto dal volume “Sapori e colori delle Marche” edito da Biblioteca culinaria). alle pagine 2 e 3 Ieri e oggi, tradizione a tavola Le aziende Prb e Imab Group di Fermignano stanno percorrendo una strada di successo contro la crisi: puntare sugli investimenti per la diversificazione del prodot- to e sull’innovazione tecnologica per la tutela ambientale. Si tratta di una strategia efficace, che an- che le altre imprese possono at- tuare, per superare le difficoltà. a pagina 7 Investimenti e ambiente contro la crisi Economia La città divisa: verso il rilancio o solo un flop? Centri commerciali

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il DucatoP e r i o d i c o d e l l ’ I s t i t u t o p e r l a f o r m a z i o n e a l g i o r n a l i s m o d i U r b i n o

Quindicinale - 29 gennaio 2010 - Anno 19 - Numero 1Ducato on line: www.uniurb.it/giornalismo

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Il piano di sviluppo edilizio del-l’Università sarà pronto prima dimarzo, ma il prorettore Stocchi ègià al lavoro per trasformare l’at-tuale Rettorato nel “Palazzo del-l’Università”. Si comincia però da San Girola-mo dove saranno fatti tutti gli im-pianti. E già si sogna un recupe-ro completo dell’ex convento.

a pagina 12

San Girolamoè il primo passo

Università

Per molti esercenti l'arrivo deinuovi centri commerciali di por-ta S.Lucia ed ex Consorzio nonsolleverà le sorti dell'economiaurbinate. Amministrazione co-munale e Confcommercio vedo-no invece nei due progetti unagrande opportunità. Anzi, unpasso necessario per arrestare ildeclino della città.

a pagina 6

Record di incassi della storia delcinema (1 miliardo e 836 milio-ni), grande successo in tutta lapenisola, Avatar, il kolossal ame-ricano realizzato da James Ca-meron, stenta a decollare a Ur-bino. Pochi, infatti, gli spettatorial cinema Ducale, privo delletecnologie per la trasmissionedella pellicola in 3d.

alle pagine 10 e 11

Avatar va male:manca il 3d

Cinema

Patenti, 15 ritiri in una notteBoom lo scorso giovedì. Aumentate del 325% le denunce della Stradale

Per guida in stato d’ebbrezza 130 casi nel 2009, solo 40 nel 2008

L’EDITORIALE

Chissà se davvero ”l’uomo èciò che mangia”, come il filo-sofo Feuerbach ha detto nel

titolo di un suo libro nel 1862. Lafrase è inquietante. Evoca più imostri di Bosch che le grandi tavo-late di un banchetto di nozze.Eppure è un buon richiamo all’es-senza delle cose. Intanto, se nonmangia l’uomo non è. E’ questo unpunto di partenza di tutti i discorsiche riportano il cibo al posto che glicompete nella vita quotidiana.Prima colazione, pranzo e cena.Tutti i giorni. Che cosa c’è di piùovvio e naturale?Mettendo da parte l’etica e la filoso-fia, non si deve per forza caderenella gastronomia. In questonumero “Il Ducato” ha cercato ipiatti di Urbino ricostruendoli trapassato e presente. Qui si mettononel brodo i cappelletti e non i tortel-lini, le costarelle di maiale hannouna certa importanza, il formaggiodi fossa è assai presente. Questecose hanno un senso che va oltre ilgusto?

Quando Franco preparava a CarloBo il baccalà rispondeva solo a unarichiesta nostalgica del Rettore perle sue origini veneziane? O il bacca-là non si porta dietro il fatto che hasalvato tutta l’Europa dalla famedopo la peste del Seicento e la con-seguente carestia? Si andava apescare il merluzzo nei mari delNord, fino al largo di Terranova e siconservava il pesce essiccandolosui legni delle vele. E’ per questoche lo stoccafisso piace ancora? Nei pranzi seri, passando dal pescealla carne, c’è spesso una pausa conil sorbetto. Abbiamo indagato, conl’aiuto degli storici della vita comu-ne. Gli antichi romani, per renderemangiabile il pesce salato cheimbarcavano in gran quantità sulle

loro navi stivavano anche moltibarili di neve pressata raccolta nellebuche che ancora oggi si trovanosull’Appennino (le “nevère”). Allaciurma potevano così servire, insie-me con il pesce, una cucchiaiata dineve-sorbetto, anche con il limone.Infine, quando la neve nei barili siscioglieva avevano un’acqua noncontaminata che, peraltro, vende-vano. Non ci vuole una laurea per sedersia tavola. Ma sapere non guasta.Aggiunge qualcosa al piacere delpalato. “Il Ducato” andando alleradici dei cibi più cari alla cittàvuole dare un contributo di cono-scenza. Questo gioco passato-pre-sente passa dagli esperti, ma anchedalle nonne. E’ spendibile non solo

nei ristoranti e fa parte integrantedella città. Non riguarda, insomma,solo il mangiare. Alcune parole,infatti, e anche i nostri luoghi-sim-bolo hanno la stessa ricchezza: unsegno di ieri che parla anche oggi. Il5 gennaio c’è stato un fenomenoinconsueto, a Urbino e nelMontefeltro: la galaverna. Unaparola che viene da lontano, con ilfreddo dentro, di quando non ci siscaldava facilmente. La galaverna èun rivestimento piuttosto consi-stente di ghiaccio cristallino in sca-gliette e aghi che si forma sugli albe-ri quando c’è nebbia e si va sottozero. Bellissimo, soprattutto se esceil sole. Ma migliaia di rami, per ilpeso, si spezzano. Il giorno dopo, ailati delle strade statali, era tutto unfar legna con le motoseghe. Urbino, lo diciamo spesso, è unacittà ideale per costruire su unastoria che è viva nelle strade e neipalazzi. Pensiamoci, anche quandomangiamo la crescia.

[email protected]

Il baccalà di Carlo BoQuando il cibo si fa storia

La movida dell’ultimo giovedìnotte è stata fatale per la paten-te di 15 ragazzi. La Polizia stra-dale ha decurtato 190 puntinell’arco di poche ore. A Urbinola guida in stato di ebbrezza, sista rivelando un vero problemasociale che ha ricadute dram-matiche sulla vita dei multati.

Studenti o urbinati, tuttidovranno pagare una multasalata e affrontare un processopenale. Senza contare lasospensione della patente cheli costringerà per diversi mesi anon poter guidare nessun vei-colo.

I numeri del fenomeno sono inforte avanzamento: nel 2008 ledenunce della Polstrada eranostate 40, mentre l’anno scorsosono passate a 130. Un aumen-to del 325 per cento. L’inizio delnuovo anno, con 30 patenti giàritirate, non fa ben sperare.

La legge è durissima e non dàscampo: si va dai 500 ai 6000euro di multa, dai 3 mesi ai 2anni sospensione della paten-te. Chi supera il tasso di 1,5(grammi di alcol per litro disangue) rischia addirittura l’ar-resto e un anno di pena. Il giu-dice e il Prefetto decidono sullaconfisca del veicolo e sulladurata della sospensione dipatente.

a pagina 4

La tradizione culinaria di Urbino e delle Marche: cosa è rimasto, come gli antichi sapori vengonointerpretati oggi dagli chef e nelle famiglie, con un occhio alla cucina del Rinascimento. I piatti piùraffinati accanto a quelli popolari. Le ricette più famose, i dolci e le antiche spezie. (foto dal volume“Sapori e colori delle Marche” edito da Biblioteca culinaria).

alle pagine 2 e 3

Ieri e oggi, tradizione a tavola

Le aziende Prb e Imab Group diFermignano stanno percorrendouna strada di successo contro lacrisi: puntare sugli investimentiper la diversificazione del prodot-to e sull’innovazione tecnologicaper la tutela ambientale. Si trattadi una strategia efficace, che an-che le altre imprese possono at-tuare, per superare le difficoltà.

a pagina 7

Investimentie ambiente contro la crisi

Economia

La città divisa:verso il rilancioo solo un flop?

Centri commerciali

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il Ducato

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Mangiare, la tradizione innovataCasciotta e pan nociato giunti da Michelangelo a noi, ma con qualche modifica

Nuovi ingredienti, gusti moderni e tecniche aggiornate cambiano il sapore e le caratteristiche delle pietanze

CHIARA BATTAGLIA

Si dice che il celebreMichelangelo fossegoloso di casciottad’Urbino, tanto che sene faceva mandare in-genti scorte. “Et il ca-

scio lo goderete per amore no-stro” gli scriveva nel ‘500 Cor-nelia Colonnelli, che era solitainviargli le sue lettere accom-pagnate da caci e prosciutti. L’origine di molti dei prodottitipici che mangiamo tutt’oggirisale molto indietro nel tempoed è probabile che alcuni piattiimbandissero già le tavole diduchi e gente comune delMontefeltro. La casciotta, dice-vamo, era apprezzata già daMichelangelo. Il pan nociato,quella brioche dolce ricopertada una glassa a base di acqua ezucchero e condita con uvetta enoci, altro non è che un anticodolce contadi-no. Pare che ilpan nociato fos-se tra i doni por-tati al priore delconvento di SanFrancesco. “Unavolta un profes-sore universita-rio mi disse chenel convento disan Francescoqui a Urbino, eraconservato undocumento del‘400 che lo testi-moniava” ricorda Alberto Cri-nelli, della Degusteria Raffael-lo. Nel corso degli anni, tutta-via, il modo di preparare piattie prodotti è cambiato.Prendia-mo la casciotta per esempio,formaggio DOP dal 1996 pro-dotto con il 70% di latte ovino eil 30% di latte vaccino. “Inizial-mente - spiega ancora AlbertoCrinelli – veniva preparata conil latte crudo, che fermentavain modo naturale. Oggi invecesi utilizza il latte pastorizzatoperché si mantiene più a lungonei silos, ed è quindi più van-taggioso per le aziende cheproducono il formaggio”. Quel-lo che cambia sono ovviamen-te il sapore e le caratteristicheorganolettiche del prodotto. Con il trascorrere del tempo ipiatti tipici hanno dovutoadattarsi anche al cambiamen-to delle abitudini alimentari.“Ormai nessuno vuole piùmangiare lardo o fegatini”spiega un ristoratore del centrostorico. Così nei “vincisgrassi”,le tipiche lasagne marchigianea base di ragù di interiora dipollo, i fegatini e le rigaglie ven-gono tritati in modo che non sivedano. E alla ricetta tradizio-nale del “coniglio in porchetta”,preparato con lardo battuto einteriora del coniglio stesso(oltre che con finocchio selva-tico e aglio), verso la fine deglianni ’70 si è sostituita la versio-ne con la pancetta al posto dellardo. Chi prepara il coniglio inporchetta a casa, oggi, general-mente non utilizza neanchepiù la pancetta, ma lo condiscesoltanto con olio, aglio e finoc-chi. E il dolce urbinate per ec-cellenza? La risposta non è im-

mediata, ma la prima cosa cheviene in mente a chi ci pensaun po’su è il “bostrengo”. La suaorigine per la verità è contesafra bassa Romagna e alte Mar-che e ne esistono diverse va-rianti, dalla versione con lafrutta secca a quella con ilcioccolato. Facendo un saltoindietro nel tempo si può ipo-tizzare anche il perché di va-rianti tanto diverse: il bostren-go è un dolce povero della tra-dizione contadina e venivachiamato “pulisci credenza”perché si condiva con quelloche c’era in casa. “E’ un dolcetipico della tradizione familia-re del Montefeltro, veniva pre-parato per la merenda deibambini - spiega il proprieta-rio del ristorante La vecchiaUrbino - per cui ogni famigliaha tramandato la sua versionecon piccole differenze”. Da al-cuni anni i fichi secchi sono

stati sostituiti damandorle, nocie avellane. Allabase del dolce cisono sempre ri-so, pane raffer-mo, arancia e li-mone. Ma la me-moria di questodolce potrebbeportarci indie-tro ad un ricetta-rio del ‘500. “Ini-zialmente il bo-strengo nascecome una gal-

letta di crema aromatizzata -spiega l’esperta di gastrono-mia rinascimentale DanielaStoroni – il riso venne aggiun-to in un secondo momento”.Chissà che il retaggio di questodolce non risalga alla “TartaraRinascimentale”, a base di cre-ma condita con acqua di rose,pinoli e uva passa.

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Michelangeloamava

il formaggio,il priore

del conventoil dolce

contadinoA sinistra,coniglioin potacchio.Qui vicino,i vincisgrassi

Tra vecchi successi e nuove proposteI ristoratori oggi come cucinano? “Nel Rinascimento – racconta Mauro Lucarini, gestorede “La trattoria del Leone”– ancora non c’erano le patate né il mais, quindi probabilmen-te i passatelli, fatti con uova, formaggio, noce moscata e pane raffermo (oggi sostituitodalla farina), furono tra i primi tipi di pasta. Venivano cotti nel brodo, ed io li ripropongoanche asciutti con verdure, con il pesce o con i funghi e il tartufo”.Nella cucina tradizionale, in cui degli animali non si buttava via nulla, si faceva largo usodelle interiora: cotti alla brace oppure nel ragù, i fegatini di pollo, il rognone trifolato e ibudellini di agnello erano prelibatezze irrinunciabili. Ricette oggi improponibili, consideratii gusti della gente e l’illegalità della commercializzazione delle frattaglie. E allora, comerimediare? “Noi, per esempio - spiega Lucarini - il ragù lo facciamo con la carne di anatrae di manzo, aromatizzate con le bacche di ginepro. Ma molti piatti che venivano fatti conla cacciagione fresca, che oggi invece si può commercializzare solo congelata, non sipossono più fare”. Impastata con il burro, pecorino e caciotta stagionati, la particolarissi-ma pasta nel sacco, cotta nel brodo e condita con funghi e tartufo, è un altro primo piat-to di antiche origini, consumata nei giorni di festa e oggi quotidianamente riproposta daClaudio Amati, chef de “L’angolo divino”.Rispettosi e amanti della tradizione anche i ristoratori de la “Vecchia Urbino” dove, citiene a precisare Gabriele Monti, tutta la pasta è rigorosamente fatta a mano, il coniglioviene cotto nel latte come un tempo e i vini sono quelli locali. Oggi come allora una cucina che valorizza i prodotti del posto, più leggera che nel passa-to, ma sempre molto speziata. (b.d.m.)

I RISTORATORI

I nomiLE ORIGINI

La crescia sfogliata ha latipica forma della piadina,un disco rotondo dal colo-re dorato di pochi millime-tri di spessore, con l’ag-giunta però di uova e strut-to. Ancora oggi è una pie-tanza servita nei chioschicittadini e cucinata incasa. All’origine del nomec’è una legenda del XVsecolo, quando la cresciaera già diffusa. Secondo latradizione, sedotto dallabellezza di Urbino, un gior-no il sole arrivò a toccareuna delle torri di PalazzoDucale e vi rimase impi-gliato. Il disco infuocatodell’astro e le scintilled’oro che ne cadevano

Una proposta di menu tipico urbinate

Primo piattoTagliolini al tartufo

Secondi piattiBraciolone all’Urbinate

(lombo di vitello aperto e farcito con frittata,sale, pepe, prosciutto e mortadella)

Tacchino alla Gossutta(al forno in brodo di tacchina)

DessertBostrengo

(Noci, mandorle, avellane, panna, riso, pane raffermo,profumo d’arancia e limone, grand marnier, al forno

con l’aggiunta di crema pasticcera)

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PRIMO PIANO

Tornano le delizie delle cortiQuali dolci deliziavano le corti rinascimentali? Molto probabilmente morselletti, mostazzo-li, crostatine di marasca e tortelletti di marzapane.Seguendo le istruzioni di un ricettario del Cinquecento conservato nella biblioteca diUrbania, l’esperta di gastronomia rinascimentale Daniela Storoni ha riproposto sotto ilmarchio “Rinascimento a tavola” sei diversi tipi di dolcetti.La “brasatella” cioè il “braccialetto” di pane bianco preparato con latte, zucchero epanna si trovava probabilmente accanto al pane per accompagnare i cibi.Il mostazzolo alla milanese è una sorta di pan di spagna, che veniva spesso sbriciolatodentro le torte alla frutta per assorbire i liquidi della frutta stessa.A fine pasto si mangiavano invece i morselletti biscottati,a base di farina, uova e anicestellato e i mostazzoli semplici, preparati con zucchero, miele, mandorle, canditi di cedroe limone, e talvolta anche cannella.Per la torta di marzapane, originariamente senza uova, oltre alle mandorle veniva usatolo zafferano per dare all’impasto il colore giallo, che ricordava lo sfarzo dell’oro.Ad allietare il palato degli ospiti di corte, infine, anche le crostatine di sfogliata di mara-sca: una pasta sfoglia con zafferano, canditi, cannella e ciliegia selvatica.“Per riprodurre le ricette storiche della tradizione dolciaria - spiega Daniela Storoni - ven-gono utilizzati prodotti di alto livello, come le marasche di Cantiano e le mandorle diToritto o lo zafferano D.O.P. dell’Aquila. Tutto questo nel rispetto della cucina di eccellen-za che, secondo gli antichi ricettari consultati per la creazione dei prodotti, caratterizzavala tradizione rinascimentale”. (c.b.)

I DOLCI

ispirarono una giovane for-naia a realizzare unafocaccia sfogliata, che perla levitazione leggera e ildesiderio di volare alto fuappunto chiamata crescia.Anche il termine casciottaha un’origine curiosa. Aquanto pare non derivainfatti da un termine dia-lettale, bensì da un erroredi trascrizione compiuto daqualche impiegato minste-riale e probabilmente cau-sato dalla pronuncia che iltermine “caciotta” assumenella zona. In ogni caso,questa particolarità diffe-renzia la casciotta diUrbino dalla caciotta delMontefeltro. (c.b.)

“Quattrocento,vi raccontoquella cucina”

Lo chef

BRUNELLA DI MARTINO

Legumi, selvaggina e spezie.Gli abitanti del Montefeltrodel 1400 ne facevano largo

uso. Ma come li cucinavano?“I gusti di oggi sono molto diversida quelli di un tempo. In passato –racconta Alberto Melagrana, chefdel ristorante “Antico Furlo” – era-no molto gradite le carni dal sapo-re forte e le salse agrodolci. La le-pre, per esempio, veniva marinatacon le carote, il sedano e il vinorosso, e conservata per due nottiin frigorifero. Il vino usato per lamarinatura veniva poi utilizzato,al posto dell’attuale consueto bro-do, anche per la cottura: il che do-nava alla carne un gusto acre mol-to particolare. Le carni poi, così come le verduree i primi piatti, venivano spessocondite con il miele (lo zuccheronon c’era o se c’era era carissimo)unito al garum, una salsa ricavatadalla premitura delle sardine sot-to sale (l’odierna colatura di alici),conosciuta e molto utilizzata an-che dai romani. Tutti i miei clientiche hanno assaggiato questa sal-sa, che ho riproposto in alcune se-rate dal tema rinascimentale,hanno espresso il loro entusia-smo, ma hanno confessato chenon l’avrebbero mai utilizzataquotidianamente per condire i lo-ro pasti”. Le spezie, locali o prove-nienti dall’India, erano l’ingre-diente prezioso che arricchivaogni ricetta. “Tra le erbe marchi-giane - aggiunge Melagrana - eramolto diffuso il finocchietto selva-tico che, unito all’aglio e al rosma-rino, permetteva di cucinare lecarni in porchetta: per oca o coni-glio in porchetta noi del Montefel-tro intendiamo infatti il condi-mento, non il maiale come adAriccia”. Anche nelle minestre difarro o di orzo, che cuocevano sulfuoco per intere giornate , si face-va largo uso di spezie. “Le zuppe,con il loro brodo, erano un ottimomodo per mangiare anche il paneraffermo di parecchi giorni. Si ave-va anche l’usanza – spiega Giusep-pe Cristini, consulente enogastro-nomico e delegato dell’ Associa-zione Italiana Sommelier (A.I.S.)del Montefeltro - di conservarenoci, nocciole, fichi secchi e uveappassite, da consumarsi nellestagioni in cui non c’erano”. La cu-cina antica era anche molto piùgrassa di quella moderna: si man-giava una volta al giorno, non c’e-ra una grande varietà alimentare esi aveva bisogno di più calorie. “Ilprodotto più buono per il contadi-no – sottolinea Cristini - era quel-lo più calorico: non a caso vende-va o donava al proprio padrone ilprosciutto, mentre teneva per sé illardo, che si conservava più a lun-go. In famiglia poi si mangiava tut-ti da un unico piatto”.L’igiene in cucina lasciava molto adesiderare. “Si pensi agli uccelli –ricorda Melagrana – che, una vol-ta uccisi, venivano appesi per ilcollo e solo quando questo si stac-cava dal corpo venivano cotti. Ilcorpo umano era abituato e anchela digestione funzionava a dovere.Faccio il ristoratore da 35 anni eassicuro che in passato non c’era-no tutte le intolleranze di oggi.Una volta, per esempio, si bevevail latte intero munto direttamentedalla mucca: oggi nessuno lo dige-risce, e bere quello scremato, pri-vo di ogni sostanza, è come bereacqua fresca”.

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Dalla storia i piatti di oggiNei ricettari antichi le radici di quanto è cucinato attualmente

L’esperta di gastronomia rinascimentale: in passato usati gli stessi tipi di prodotti

Esiste un filo rossoche lega la cucina dioggi a quella dellaUrbino del duca diMontefeltro? Cre-dere che a corte si

mangiassero piatti preparaticon ricette identiche a quelleusate oggi è impensabile. Marintracciare neiricettari antichiil retaggio cultu-rale di piatti chemangiamo tut-t’oggi , quel losenz’altro è pos-sibile.I tipici passatel-li, per esempio,nel cui impastotalvolta si metto-no ancora limo-ne e noce mo-scata, si cono-scevano già nel‘500. Nel ricettario del cuocosegreto di Pio V, conservatonell’archivio storico di Urba-nia, si può leggere la ricetta del-le cosiddette “rose fritte”, chericordano le “rose di Carneva-le” di pasta fritta, zafferano,miele e zucchero di canna cheancora qualcuno prepara incasa. E’ difficile però stabilire

quali piatti fossero propri diuna corte e quali no. “Il con-cetto di cucina regionale comelo intendiamo ai nostri giorniai tempi dei duchi non esiste-va, c’era un continuo inter-scambio di ricette fra le variecorti” spiega Daniela Storoni,esperta di gastronomia rina-

scimentale.Di sicuro ci siserviva anche inpassato dei pro-dotti che cresce-vano nel territo-rio. In alcuni ri-storanti di Urbi-no viene offertoancora il vino divisciole, frutti ti-pici della zona.“Negli scavi delpalazzo ducale –d i c e D a n i e l aStoroni – sono

stati trovati molti noccioli diciliegie selvatiche”.Ma sulle tavole dei duchi nonmancavano di certo le spezieprovenienti dall’oriente. Lacucina rinascimentale era una“cucina d’artificio” , che dove-va evidenziare la potenza delpadrone. Venivano molto usa-ti anche salvia, rosmarino e fi-

nocchi selvatici, gli stessi aro-mi che per esempio ricorrononella preparazione di piatti co-me il tradizionale “tacchino al-la gossutta”.Si trattava di una cucina d’ec-cellenza, che per la prepara-zione dei piatti esigeva i pro-dotti considerati della qualitàmigliore. Un discorso di-verso va fatto in-vece per la cuci-na popolare. Haorigine popola-re, per esempio,il tradizionalepiatto di malta-gliati a base difarina di gran-turco.Da sempre lagente comuneha mangiato abase di verduredi campo, legumi e cereali,mentre la carne era perlopiùl’eccezione, “il piatto della do-menica”. A questa tradizione siispira la cucina proposta dal“Punto Macrobiotico” che sitrova a Urbino.“La nostra cucina si basa su le-gumi, miglio, orzo, broccoli,verza, erbe di campo perché -

spiega il cuoco Antonio Ridol-fi - ci siamo chiesti come vive-va la gente comune, al di là deipranzi della domenica”. “Man-giare così – spiega - aiuta a sta-re bene e consumare ogni gior-no piatti elaborati sarebbequalcosa di impensabile. E la famosa crescia? “La prati-

ca di sfogliare lapasta - spiegaDaniela Storoni– era diffusa acorte anche perpreparare le tor-te dolci”.R i s p e t t o a l l epiade diffuse neidintorni la cre-scia sfogliata èuna pasta piùricca, perché ol-tre ad acqua e fa-rina ci sono an-che uova e strut-

to. “Chissà che la pratica dellasfogliatura non sia poi tornataal popolo dando origine allacrescia sfogliata, tipica soltan-to del ducato di Urbino” ipo-tizza Daniela Storoni.“Non c’è nessun documentoche possa dimostrarlo, ma nonmi stupirei se fosse davverocosì”. (c.b.)

I passatellierano noti

già nelCinquecento,

così comeil vino

di visciole

La gentecomune

mangiavalegumi

e cereali,la carne solodi domenica

La preparazionedei passatelli(a sinistra)e della cresciasfogliata(qui vicino)

Page 4: Periodico Dell’Istituto Per La Formazione Al Giornalismo

il Ducato

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Il record è dell’ultimo gio-vedì. Gli agenti hanno ri-tirato 15 patenti in unasola notte. La guida instato di ebbrezza è una“piaga sociale” per gli

uomini del distaccamento Pol-strada di Urbino, un “drammapersonale” per coloro che in-cappano nell’infrazione del-l’articolo 186 del codice dellastrada. “Non fatemi questo, non mi ro-vinate la vita”. Suppliche epianti cominciano al posto diblocco, quando i ragazzi si ren-dono conto di cosa riserva loroil futuro. Sono proprio gli agen-ti che stilano il verbale a spie-gare. “Quando realizzano, so-no distrutti”.Giovani, urbinati o studenti: incomune hanno tutti il bicchie-re di troppo che costerà loromesi di fatica, una multa sala-ta, una fedina penale sporca,un processo e il ritiro della pa-tente. Ai più alticci, quelli chehanno sfondato quota 1,5 all’e-tilometro (grammi per litro disangue), è toccato persino diperdere il proprio veicolo, con-fiscato e finito all’asta in po-chissimi giorni. “Se ne parla più spesso che inpassato – spiega sconsolato unagente - ma a quanto pare nonè mai abbastanza”. Il serviziodella Stradale nasce con inten-ti di prevenzione, ma inevita-bilmente sfocia nella repres-sione. I numeri della “piccola”città ducale fanno paura: nel2008 le denunce del distacca-mento urbinate erano state 40,mentre l’anno scorso sonoschizzate a 130. Un aumentodel 325%.L’inizio del nuovo anno, con 30patenti già ritirate, non fa bensperare. Se da una parte i datisembrano esser giustificatidall’aumento dei servizi di pre-venzione e pattugliamento,dall’altra è quasi incomprensi-bile l’ostinazione crescente deigiovani nel mettersi alla guidadopo aver bevuto. Le pattuglie,in fondo, si piazzano semprenello stesso posto. Tre “gazzel-

GIORGIO BERNARDINI

Agenti della Polstradadurante un controllo

le”, una per ogni punto d’ac-cesso alla città: di fronte all’exconsorzio, nei pressi dell’o-spedale e all’incrocio che con-duce ai collegi universitari. L’ultimo giovedì gli uomini indivisa hanno alzato la paletta136 volte: sono state control-late 166 persone in tutto, 98sottoposte all’esame dell’eti-lometro dopo essere risultatipositivi al pre-test del “pre-cursore alcolemico”.Oltre ai 15 ritiri, in quella stes-sa notte sono spariti 190 puntidalle patenti dei multati. Aipiù piccoli, che hanno il tesse-rino rosa da meno di 3 anni, ipunti sono stati decurtati inblocco e dovranno risostenereaddirittura l’esame di guida.La legge è durissima e non dàscampo: 500 euro di multa e lasospensione della patente per3 mesi sono il minimo che ci sipuò aspettare se l’etilometro

supera quota 0,5. Questo è ilcaso migliore, sfortunatamen-te il più raro.Tra coloro che infrangono l’ar-ticolo 186, infatti, sono pochiquelli che restano nella fasciaA, che va da 0,5 a0,8. Da questolimite sino a 1,5 si passa alla ca-tegoria B: sino 3200 euro dimulta e un anno di sospensio-ne della patente.Impressionanti le sanzioni perchi passa alla fascia C: ai tra-sgressori sopra 1,5 può esserecomminata una multa che ar-riva a 6000 euro, oltre alla so-spensione della patente per 2anni e la eventuale confiscadel mezzo, nel caso sia di pro-prietà di chi ha infranto la leg-ge.A decidere è sempre il giudice,che in udienza, a seconda del-la gravità dell’infrazione, asse-gna multe e pene più [email protected]

Patenti, un’escalation di ritiriUn bicchiere di troppo costa una multa salata, la fedina sporca e un processo

In un anno le denunce sono passate da 40 a 130, un aumento del 325 per cento. In una notte 15 “pizzicati”

Dopo il verbale, l’odisseaLivello 0,5 superato. L’odissea dei multati comincia subito dopo il ver-bale: non si può ripartire con il proprio mezzo. Naturalmente, anchechi si occuperà di riaccompagnarli a casa dovrà sottoporsi all’alcoltest. Tecnicamente la patente viene immediatamente ritirata: sarà laPrefettura, nei giorni a seguire, a decidere la durata della sospensio-ne. Il pagamento della salatissima multa è l’ultimo dei problemi. Ilprocesso incombe: nella maggior parte dei casi i ragazzi sono incensu-rati e patteggiano la pena ottenendo la sospensione condizionale. Ilgiudice decide: da 6 mesi a 1 anno.Per tutto il tempo della pena i multati dovranno stare ben attenti anon commettere altri reati, il rischio è quello di finire davvero in prigio-ne. I dati diffusi dal ministero dell’Interno a inizio anno descrivono ilfenomeno su scala nazionale: nel 2009, Stradale e Carabinieri hannocontestato quasi 3 milioni di infrazioni.Sono state ritirate ben 98.136patenti, 118.057 carte di circolazione e sequestrati 6.130 veicoli dicui 5.523 per guida in stato di ebbrezza. Alla tagliola dell’etilometrosono passati 335.359 conducenti (il 19% in più rispetto al 2008). Diquesti 29.245 sono risultati positivi al test. (g.b.)

LE CIFRE DEL FENOMENO

DOVE SI MISURA IL LIVELLO DI ALCOL

Nei pressidell’ospedale

All’incrociodei Collegi

Di fronteall’ex Consorzio

Page 5: Periodico Dell’Istituto Per La Formazione Al Giornalismo

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CITTÀ

Caos strade, presto i lavoriIl Comune deciso a porre fine all’emergenza lungo la via che porta al cimitero

L’assessore Crespini: “Il manto verrà rifatto e saranno creati il marciapiede e l’impianto di illuminazione”

ALBERTO ORSINI

Asfalto deformato,fondo sbriciolato epoi buche, buchedappertutto. Più chea una strada, quellac h e c o n d u c e a l

mausoleo dei Duchi assomigliaormai da troppi anni a un vero per-corso di guerra. Le nevicate e lamanutenzione, fin qui pratica-mente assente, non hanno certocontribuito a migliorare la situa-zione, e per gli urbinati ormai que-sta situazione cristallizzata è di-ventata quasi un’abitudine. D’al-tronde, nonostante la distanza dalcentro, quella è una strada noncerto poco trafficata, visto l’afflus-so copioso di persone al cimiterodi San Bernardino, specialmentenei giorni festivi. I disagi sono al-l’ordine del giorno, e non se ne puòpiù. Ma finalmente qualcosa è de-stinato a cambiare e l’estate po-trebbe riconsegnare una via nuo-va di zecca, come spiegato dall’as-sessore comunale alle Opere pub-bliche, Francesca Maria Crespini.“Il piano strade - annuncia - è incalendario e alla manutenzionevogliamo dare la massima impor-tanza durante tutta quest’ammi-nistrazione. Dalla Croce dei mis-sionari fino al mausoleo in tempibrevi la situazione cambierà radi-calmente. Tra aprile e maggio con-tiamo di appaltare lavori per 320mila euro, dei quali 200 mila versa-ti dalla Regione e il resto da noi”. Lemodifiche saranno strutturali.“Lungo la strada - aggiunge l’as-sessore - sarà rifatto il manto, inol-tre verrà realizzato il marciapiedeper permettere ai pedoni di cam-minare in sicurezza. Appena avre-mo comunicazione del decretoche eroga il finanziamento, ci saràsubito il bando”. Modifiche ancheper il tratto di strada oltre il cimite-ro, quello che porta ai monti delleCesane. “Quell’intervento - affer-ma la Crespini - rientra nelle ope-re comprese nel piano biennale eabbiamo già previsto un accanto-namento di 50 mila euro”.Lavori a pioggia anche nelle altrezone che subiscono l’emergenza-strade: “A Monte Polo - snocciolal’assessore - la strada è vicinale equindi non di nostra competenza,ma la Regione ne ha disposto il ri-sanamento con priorità massima.A Mazzaferro il cedimento dellastrada è stato causato dalla rottu-ra della fogna, non appena il tem-po lo permetterà partiranno i la-vori. Altri lavori per 15 mila euro cisaranno infine anche a Cavallino”.

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Monte Polo, Mazzaferro, Cavallino: proteste e richieste dei cittadini

SIMONE CELLI

Ètutto un lavoro di sterzo econtrosterzo. Passare trauna buca e l’altra per schi-

varle e non rovinare l’auto. Nep-pure una mano esperta comequella del professor Enrico Ca-tani, che sulle colline di MontePolo ci vive da anni, è riuscita adevitare il peggio. Trecento eurodi danni per colpa di quelle pic-cole grandi voragini. E’ il MontePietralata, tra Fermignano e Ca-navaccio. La parte peggiore sitrova tra il cimitero e la chiesaintitolata a San Pietro, ma cheper tutti è soltanto la “chiesa diMonte Polo”. Strade che sonopiù affollate di quel che si possapensare. Non solo residenti: inzona c’è un agriturismo piutto-sto frequentato, e i cacciatoripassano da quelle parti per an-dare a sparare ai cinghiali. Sem-bra che siano proprio loro, ledoppiette della domenica,quelli più arrabbiati.Da una vita gli abitanti provanoa ottenere interventi che nonsiano soltanto palliativi. “Non èuna battaglia, ma una richiestacivile”, tiene a precisare il prof.Catani, docente di inglese aScienze della formazione pri-maria nell’ateneo ducale. E’ luiche negli ultimi sei anni ha or-ganizzato ben due raccolte difirme. Cinquecento le adesioni,ma secondo il professore “nonci sono stati risultati di sorta”. Lasvolta potrebbe arrivare graziea un comitato, ora al lavoro su

un progetto di portata provin-ciale che includerebbe anche ilripristino di tutti i sentieri delPietralata. Ma certi probleminon sono confinati sulle colli-ne. Ci sono centri urbani abita-ti con l’asfalto danneggiato.Punti nevralgici, come la scuo-la elementare di Mazzaferro,dove i genitori lottano da tem-po per far sistemare la stradache porta all’istituto. Hannoanche spedito una lettera alsindaco Franco Corbucci,elencando tutti i limiti dellastruttura in termini di sicurez-za. La discesa che porta diretta-mente all’ingresso è piena dibuche. “E quando piove - dico-no le mamme - diventa tutto unpantano, non sappiamo dovefar scendere i nostri figli”. Il ter-reno è irregolare anche nellospiazzo dove i bambini gioca-no durante l’intervallo. Pocopiù in là uno strapiombo nonprotetto, al lato opposto unaparete di terra non molto altache ogni tanto frana.Difficoltà anche in località Ca-vallino. Da circa vent’anni i re-sidenti si battono per rimetterea nuovo via Ca’ Brunello, dovetransita anche lo scuolabusche accompagna a casa i bam-bini dopo le lezioni. La strada èstata depolverizzata l’annoscorso, ma per un tratto c’è an-cora soltanto ghiaia. Anche quiuna raccolta di firme. Anchequi l’attesa di un interventoconcreto.

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Urbino su Street ViewVedere Urbino con Google. Si tratta di Street View,una delle possibilità offerte dal motore di ricerca, epermette di vedere strade, vie e angoli di molte cittàdel mondo. Ora anche Urbino si è aggiunta alla lista.Si va su Google Maps. Si cerca una via di Urbino. Siclicca su Altro, a sinistra e, se si trova e si scegliel’opzione Street View, si vede l’immagine della stradarichiesta. Via Raffaello, piazza della Repubblica, viadelle Mura e via Matteotti. Sono solo alcune delle vieurbinati di cui è possibile vedere la foto dettagliatacon tanto di auto, pedoni, autobus, negozi e locali. Questo servizio di Google è nato nel 2007, arrivandoin Italia a ottobre dell’anno successivo. Cuneo è statala prima città ad apparire, precedendo Roma, Milano,Firenze e Como. Questo perché Street View era appro-dato in Europa a luglio, in occasione del Tour deFrance che, quell’anno, attraversava anche la città pie-montese. In poco più di anno, Street View è arrivata acoprire molte regioni italiane e non solo vie di città,ma anche strade, autostrade, coste e vallate. Fototanto dettagliate da rendere riconoscibili i volti dellepersone. Ecco perché, con l’arrivo di Street View, sononate anche le accuse a Google di violare la privacy deicittadini. Il 20 giugno dell’anno scorso, nel norddell’Olanda, due uomini sono stati immortalati mentrerapinavano un ragazzo. A Londra, l’occhio di Googleha ripreso un signore che usciva da un sexy-shop e ungiovane che, dietro a un angolo, risentiva della sbron-za presa. Il motore di ricerca, perciò, ha dovuto oscu-rare i volti delle persone e le targhe delle auto che siritrovano negli scatti. [email protected]

NOVITÀ ON LINE

A sinistra, le buchedella strada checonduce al cimiteroaggravate dalla neve.In basso, la stradadi Monte Polo e il fondodanneggiato vicino allascuola elementaredi Mazzaferro

Firme e attese per l’addio alle buche

Page 6: Periodico Dell’Istituto Per La Formazione Al Giornalismo

il Ducato

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Tonnellate di cemen-to per costruire scin-tillanti vetrine in fila,basteranno a ripor-tare la gente per lestrade di Urbino?

Secondo chi tira su e giù la saraci-nesca ogni giorno, i due futuricentri commerciali al parcheggiodi Santa Lucia e all’ex Consorzioagricolo, pronti per il 2011, noncambieranno la situazione di cri-si che sta vivendo la città. “Che ilcentro commerciale possa aiuta-re anche le attività del centro sto-rico, mi sembra un’equazionedifficile da far tornare”, spiegaMichele Gulini, presidente del-l’AssComm di Urbino. Ogni cen-tro commerciale che si rispetti habisogno di negozi con marchi dirichiamo, “ma le caratteristichedi Urbino non attireranno legrandi catene”. Semplice, è unaquestione di numeri. E qui il nu-mero dei residenti è basso. La soluzione potrebbe esserequella di far aprire nei nuovi cen-tri dei negozi che ci sono già. “Mail problema è che la maggior par-te dei commercianti devono giàpagare un affitto alto e farlo duevolte diventerebbe difficile. Io, sedovessi fare un investimento,non lo farei”, conclude Gulini. La pensano così anche i com-mercianti che mezza idea di tra-sferirsi, o di aprire un secondopunto vendita in futuro, ce la po-trebbero avere. “Da niente, a duecentri commerciali, mi sembraeccessivo”, ha spiegato LuciaAlessandroni del negozio BioMarket in via Bramante. L’idea ditrasferirsi? “Potrebbe esserci,magari nel centro di S.Lucia, maè solo un’idea…molto probabil-mente non lo farò anche perchèquesta sarà una zona transitata”.Anche l’utenza rimane un’inco-gnita: “Immagino la possibilità diaprire un altro punto vendita, macome facciamo a sapere se ci saràgente – dice Liliana Martinez ti-tolare di un negozio di artigiana-to artistico in via Bramante – epoi, l’esperienza del centro a Ca-navaccio non ha portato buonirisultati”. Per altri, i centri commerciali non

si dovevano proprio fare: “Non cipenso minimamente a spostar-mi di qui. Sarà la rovina per il cen-tro, Urbino ha perso la grande oc-casione di rimanere una cittàsenza centri commerciali”, la-menta Colombo Donato, del ne-gozio Ars Nova. E gli studenti? Lo-ro non si spostano molto dal cen-tro, in fondo fino ad ora hannosempre avuto tutto a portata dimano: università, casa, librerie.“Con gli studenti non voglio ri-schiare – conferma Michela Ca-nafoglia della libreria il Portico –è da nove anni che sono qui e nonvoglio andare via”. Per far fiorire ilcentro della città ducale, “ai ne-gozi servirebbero affitti più bassi,molti infatti sono rimasti sfitti, lo-cali più grandi e aumento dellaqualità”, spiega Catia Bertucciolidella Montefeltro libri.Secondo l’amministrazione co-

munale, invece, i nuovi centricommerciali faranno crescere ediversificare il commercio urbi-nate. “Abbiamo fatto questa ope-

Centri commerciali? No grazieI negozianti restano scettici sull’apertura delle strutture di S. Lucia e Consorzio

Gulini dell’AssComm: “Che siano un aiuto per gli esercenti, mi sembra un’equazione difficile da far tornare”

CLAUDIA BANCHELLI

razione per portare in città an-che chi non vive a Urbino – com-menta l’Assessore alle attivitàproduttive e ai lavori pubblici,

Maria Francesca Crespini - saràun vantaggio per l’economiadella città: creerà posti di lavoro,ad esempio per commessi, eporterà più clientela anche per inegozi che ci sono già.” Si usa di-re che quando la torta deve esse-re spartita tra più persone, la fet-ta diventa sempre più piccola.“Non sarà così perché cerchere-mo di dare i locali a generi com-merciali che non ci sono, comeun punto vendita per l’elettroni-ca”. Insieme ai centri commer-ciali, però, c’è anche la voglia didare vita alle attività del passatonel cosiddetto “centro commer-ciale naturale”. “L’obiettivo saràquello di aprire negozi di artigia-nato, per la lavorazione del ve-tro, della tessitura e del ricamo -conclude Crespini - in spazi sfit-ti o di proprietà del Comune”.

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Cecchini di Confcommercio al Ducato: “Cambiare è necessario”

“Chi ha paura sbaglia: sono una risorsa”

“Di solito succede che le associa-zioni di categoria siano contro icentri commerciali, ma qui è

successo l’inverso”. Egidio Cecchini, segre-tario di Confcommercio Urbino, spiega per-ché l’associazione ha sostenuto lo sviluppodei progetti di Porta S. Lucia ed Ex Consor-zio. Due iniziative che i commercianti urbi-nati devono guardare con favore?“Certo. Al Consorzio si è pensato a un in-sieme di esercizi commerciali con una su-perficie massima di 250 metri quadrati e di900 per Porta Santa Lucia. In questo modosi è evitato il potenziale ingresso di un’u-nica grande struttura capace di fagocitaretutto il resto togliendo ai commercianti ilruolo da protagonisti”.Eppure tra loro si avverte un certo scetti-cismo. Molti si domandano come si potràinvestire in nuove attività se a stento si ti-ra avanti…Con questa logica dovremmo far chiudereun’altra ventina di negozi. Invece è dimo-strato che quanto più c’è varietà, tanto più

c’è richiamo. Se a Urbino viene fuori unbel negozio di elettronica, non va a dan-neggiare nessuno, ma crea un indotto cheva a beneficio degli altri. Pensare di im-mobilizzare tutto “perché c’è già poco pernoi”, è una logica che porta inesorabil-mente indietro. Si tratta di una strategia dicortissimo respiro. Quali sono le carenze strutturali del com-mercio nella città ducale?La prima riguarda la mancanza di spazicommerciali con affitti ad un costo ragio-nevole. La seconda è la mancanza di loca-li adeguati a presentare un’offerta com-merciale variata su una superficie di me-die dimensioni, magari 100-150 metriquadri e non 20, 30, 40 come avviene nelcentro storico. Quindi il fitto dei locali nei due complessisarà più a buon mercato rispetto al centro?Io penso che gli affitti, oltre al fatto che glispazi si potranno anche acquistare, sarannoad un costo minore. E poi l’immissione dinuove aree, per effetto della concorrenza,causerà anche una diminuzione dei costi al-l’interno dello stesso centro storico. L’altra grande questione è quella dei par-

cheggi. Porta Santa Lucia riuscirà a dareuna svolta decisiva?Direi di sì: 390 posti, che in realtà sono ol-tre 500 di cui 160 destinati al centro com-merciale, sono un numero significativo.Senza parcheggi il centro storico rischia diessere una gabbia in cui è difficile sia en-trare che uscire. In quali settori si avvertono maggiori dif-ficoltà?Il campo elettronico e degli elettrodome-stici è completamente scoperto. Ma ci so-no tante altre realtà, come ad esempio igiocattoli, ugualmente assenti, al puntoche gli esercizi esistenti non riescono adessere attrattivi né per chi viene da fuoriné per i clienti urbinati. Ci sono al momento commercianti chehanno manifestato interesse verso i nuo-vi spazi?Sì ci sono, anche se al momento il non sa-pere con precisione i prezzi, rende le ma-nifestazioni d’interesse solo preliminari.Tra breve ci saranno le condizioni per ave-re una serie di certezze che permetteran-no agli esercenti di fare le loro scelte.

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Le dimensioni dei due progetti

mq la superficie commerciale complessiva8.000

mq l’area massima di un esercizio all’ex consorzio250

posti auto nel complesso di Porta S. Lucia540

mq l’area massima di un esercizio a Porta S. Lucia900

ERNESTO PAGANO

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ECONOMIA

Le imprese Prb e Imab Group di Fermi-gnano stanno resistendo alla crisi,scommettendo su investimenti e am-

biente. Potrebbe essere la strategia vincente,una strada percorribile anche dalle altreaziende della provincia, oppure si tratta dicasi isolati? Lo abbiamo chiesto a LorenzoFiorelli, vicepresidente della Confindustriadi Pesaro-Urbino. Trascorso l’anno forse più duro per gli im-prenditori, come vanno adesso le cose?Il 2009 è terminato, ma il ciclo economico hatempi più lunghi. Le nostre imprese hannosofferto molto, ma ci sono segnali di una ti-mida ripresa. Abbiamo fiducia.Il 2010 sarà l’anno decisivo per il rilancio?Le nostre aziende fanno parte del contestonazionale e internazionale. La ripresa, quin-di, non dipende solo dalla nostra capacità direazione. È vero che, prima della crisi, le Mar-che crescevano di più rispetto alle altre regio-ni, ma il mondo è globalizzato.Prb e Imab Group non hanno risentito dellacrisi, anche perché hanno puntato su inve-stimenti e tutela dell’ambiente. Si tratta dicasi isolati o è una nuova tendenza?Ci fa molto piacere che queste due aziende

abbiano saputo reagire con vigore alla crisi. Isegreti del loro successo sono: capacità di in-novazione, buona gestione, lungimiranza,solidità, concentrazione sul proprio core bu-siness, impiego di strutture produttive all’a-vanguardia. Anche la tutela dell’ambiente è importante:la green economy è la chiave del futuro. In-somma, l’innovazione tecnologica è fonda-mentale. Tutte le imprese dovrebbero pun-tarci. Che prospettive intravede per le impresedella provincia? Le crisi servono anche a fare ordine, a rivede-re i modelli organizzativi. È vero che ogniazienda ha la propria storia e molto dipendedallo stato di salute con cui si è entrati nellacrisi. Però, chi è in grado di ristrutturarsi ce lapuò fare. Del resto, la nostra provincia è sem-pre stata molto dinamica dal punto di vistaimprenditoriale, abbiamo, quindi, grandi po-tenzialità. Certo, le banche devono sostenerela liquidità e le istituzioni devono puntaresull’ampliamento delle infrastrutture, sullasemplificazione burocratica e sull’assegna-zione degli incentivi che derivano dai fondieuropei. (a.f.)

Prb e Imab: la crisi è sconfittaLe due aziende di Fermignano hanno puntato su investimenti e ambiente

Alessandro Maglioni: “L’imprenditore deve capire che la tutela del territorio è una questione di etica”

“L’innovazione ripaga”Lorenzo Fiorelli (Confindustria) è fiducioso

sogna fare il possibile per ga-rantire sempre la qualità e il ri-spetto del territorio. È anchevero che si tratta di investi-menti molto dispendiosi, chehanno dei ritorni lunghi neltempo, ma questa è una sceltapolitica dell’azienda, ancheperché è il mondo che va inquesta direzione, da Kyoto inpoi. È una questione di eticadell’imprenditorialità. Deveessere l’imprenditore a capire,da solo, che è fondamentale in-vestire sulle tecnologie miglio-ri per la protezione dell’am-biente. Perché salvaguardarel’ambiente significa salva-guardare la salute dei cittadinie di se stessi. In più, se opericorrettamente, i tuoi clienti tidanno molta più fiducia e nonli perdi. Ecco come abbiamomantenuto la nostra competi-

tività in un anno difficile comeil 2009. Se hai tutto a posto, seivincente sul mercato. E, alla fi-ne, i costi sostenuti vengono ri-pagati”. Il rispetto della nor-mativa di tutela ambientale, daparte della Prb, è attestato dal-la certificazione Emas, unostrumento della Comunità Eu-ropea al quale possono aderirevolontariamente aziende edenti, per fornire al pubblico leinformazioni sulla propria ge-stione ambientale. “Questacertificazione – sostiene laPaolini – è conforme a una pre-sa di posizione dell’imprendi-tore che vuole dimostrare latrasparenza del proprio opera-to”. Un imprenditore definito“con la 'i' maiuscola”, che “cre-de nell’azienda e investe in es-sa i guadagni”.Un’altra impresa di Fermigna-

no che sta puntando sugli in-vestimenti è la Imab Group,che opera nel settore dei mo-bili per la casa. Nata nel 1968come piccola azienda per lalavorazione del pannello, èoggi una delle più grandi nelsettore del legno. Come spiegail suo responsabile tecnicoMarco Magnanelli, le sue ri-cette contro la crisi, che l’haportata, nel 2009, a “una con-tenuta riduzione del fattura-to, dovuta alla selezione deiclienti per la concentrazionedel rischio”, sono: “piani di in-vestimento legati a prodotti amaggior valore aggiunto, cioèa una qualità più elevata; unsoftware in grado di recepirel’ordine e tradurlo in ordineproduttivo; un nuovo sistemadi lavorazione del pannello”.

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portati che abbiamo fatto èquello sul personale prepara-to”. Ma, dipendenti a parte,qual è la formula del successodi un’attività che è riuscita amantenere la sua solidità, sen-za ricorrere al ridimensiona-mento di organico, persino inun periodo di crisi? AlessandroMaglioni, che si definisce il“braccio destro della proprie-tà”, ce lo spiega in due parole:investimenti e rispetto del-l’ambiente. “Ultimamente laPrb ha deciso di ampliare la suaattività: tra qualche settimana– annuncia Maglioni – verràaperta una nuova linea di zin-catura a caldo. Sorgeranno, co-sì, due impianti, il primo desti-nato a una clientela di target al-to, nazionale, con commessepubbliche, quindi più impor-tanti, e il secondo rivolto a

clienti più picco-li e di zona. Conquesto la Prb di-venterà il sitoproduttivo piùgrande d’Italia eriuscirà a coprireil mercato a livel-lo totale. Abbia-mo, inoltre, in-tenzione di al-lungare la nostrafiliera produtti-va, con la realiz-zazione di un im-pianto di verni-

ciatura, in modo da offrire unservizio a 360 gradi”.La Paolini precisa che, all’in-terno del suo stabilimento, so-no sempre esistiti due impian-ti di zincatura a caldo per ma-teriali differenti, ma uno deidue è stato dismesso perchéobsoleto. “Il nuovo impianto –spiega – ci consentirà di otte-nere delle performance netta-mente superiori, sia a livellotecnologico, in modo tale daaccontentare tutti i nostriclienti, sia dal punto di vistaambientale”. Ecco, quindi, ilsecondo punto di forza dellaPrb. “È vero – argomenta Ma-glioni – che un settore come ilnostro, che lavora con prodottichimici e metalli, ha un impat-to ambientale notevole, ma bi-

Quello appena tra-scorso è statol’anno più duroper le aziendedella provincia.Eppure a Fermi-gnano c’è un’im-

presa che la crisi non ha scalfi-to. È la Prb di Paolini Luigi & Fi-gli Srl, che opera nel settoredella zincatura a caldo. Nel2009 ha registrato un calo delfatturato del 5%, quasi irrile-vante se confrontato a quellodelle altre aziende. Nata nel 1972 come piccolafabbrica a conduzione familia-re, la Prb è oggi leader a livellonazionale. A Fiorella Paolini,figlia del fondatore e azionistaassieme ai suoi due fratelli,sembra passata un’eternità daquando suo pa-dre, dopo avervissuto 13 anniin Svizzera, deci-se di investire ir i s p a r m i p e raprire un’impre-sa nella sua Fer-m i g n a n o. “InSvizzera – ricor-da la Paolini –mio padre lavo-rava in una zin-cheria: ecco per-ché, tornato inItalia, avviò pro-prio questo genere di attività.Quando abbiamo festeggiato isuoi 60 anni, sono venuti a tro-varlo i direttori della sua ex zin-cheria e hanno notato che l’a-zienda da lui fondata era piùgrande di quella dove aveva la-vorato in Svizzera!”. Da queiprimi anni, la Prb ne ha fatta distrada. Adesso può contare sucirca 1500 clienti all’anno, con40-50.000 tonnellate di acciaiolavorato e un fatturato di 12-15milioni di euro.L’azienda mantiene un carat-tere familiare nell’organizza-zione societaria, ma la gestio-ne è affidata anche a esternicompetenti in settori specifici.“L’organico – spiega la Paolini –è formato da 160 dipendenti:uno degli investimenti più im-

ANNALICE FURFARI

Operai allavoro per lagestione diuna delle fasidel processodi zincaturaa caldonell’impiantodella Prb diFermignano

FiorellaPaolini

annuncia l’apertura

di un nuovoimpianto

di zincatura

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La musica resta in si-lenzio, almeno perora. Con l’inizio delnuovo anno, il Cen-tro di aggregazionemusicale polivalen-

te di Urbino ha chiuso i batten-ti. La struttura, nata per favori-re l’incontro tra giovani, immi-grati e ragazzi diversamenteabili, si trova in via Neruda, lo-calità Varea, a pochi passi dalbocciodromo e dalla piscinacomunale Fratelli Cervi. Il Comune di Urbino ha acqui-stato l’edificio, una ex-casa co-lonica. L’ufficio tecnico ha pre-sentato un progetto di ristrut-turazione costato 405 mila eu-ro e portato avanti con il plausodella Regione Marche che hacontribuito alla realizzazionestanziandone 205 mila; l’am-ministrazione è intervenutamettendone a disposizione 200mila. La Fondazione Vodafoneha contribuito con 90 mila eu-ro, rendendo possibile l’acqui-sto di mobili e attrezzature diregistrazione. Poi nell’edificiosono state allestite due sale in-sonorizzate, una per le prove el’altra per la regia, con le appa-recchiature per poter registrare(una sala di ascolto con 35 postie tecnologia audio-video, unufficio, una sala di aggregazio-ne e due per le lezioni di musi-ca con strumentazione domo-tica, che permette di gestire laregolazione termica, l’accen-dimento e lo spegnimento del-la luce e il caricamento dellamusica in formato mp3). Gliamministratori hanno inaugu-rato il Centro a maggio 2009,ma le attività sono iniziate duemesi dopo. La “fase di speri-

Casa della musica,per ora è silenzio

In arrivo il nuovo bando per la gestione del centro

Scaduto il contratto stipulato con la cooperativa Cooss Marche

mentazione” è durata sei mesi:dal primo luglio, giorno uffi-ciale di apertura, al 31 dicem-bre, giorno di scadenza delcontratto stipulato con la co-operativa sociale Cooss Mar-che, che già gestiva tutti gli al-tri centri di aggregazione pre-senti in città. Il Comune, per accelerare itempi di apertura della Casadella Musica, ha affidato allacooperativa la gestione dellastruttura con lo stesso tipo dicontratto degli altri centri ag-gregativi. Incarico che hannoricoperto due giovani musici-sti urbinati: Michele Santoriel-lo e Luca Filipponi. Maria Cla-ra Muci, ex assessore alle Poli-tiche giovanili del Comune diUrbino, alla fine di gennaiodello scorso anno aveva dettoal Ducato: “Il Centro non è an-cora aperto, ma siamo giàsommersi dalle richieste deglistudenti. È il segno evidenteche la città di Urbino ne avevabisogno”. I responsabili delle politichegiovanili del Comune si aspet-tavano “una maggiore fre-quenza di gruppi musicali nel-l’utilizzo della sala prove”. Datempo i giovani urbinati chie-devano un posto dove potersuonare, ma in diversi, a causadi tempi troppo lunghi, hannolamentato difficoltà legate alletre modalità di pagamentopreviste per poter fruire dellasala prove o dello studio di re-gistrazione: bonifico, versa-mento in tesoreria o bollettinopostale. Il Comune ha stabilitodue diverse tariffe: 12 euro al-l’ora per usufruire della salaprove; 24 per lo studio di regi-strazione. Piero Fraternale, funzionario

GIOVANNI PASIMENI

“Non si può non continuare a chiederci comemai uno scrittore di quella forza e di quella novi-tà si sia lasciato trascinare da uno spirito piùche polemico, predicatore di morte e di rovine”,scriveva Carlo Bo a proposito di Louis FerdinandCéline (Courbevoie, 27 maggio 1894 – Meudon,1 luglio 1961). Lo spirito a cui Bo si riferiva è quello del razzi-smo. Da alcuni Céline è stato definito nazistaper la sua vicinanza a gruppi di destra collabora-zionisti, eppure lo scrittore era amico di AlbertCamus (filosofo che combattè il regime di Hitler). E pochi hanno descritto la ferocia della guerra, laspregiudicatezza del colonialismo, la miseriadella vita di un operaio in una fabbrica america-na della Ford e la sciatteria della periferia parigi-na, come lo ha fatto Céline. (c.z.)

LO SCRITTORE MALEDETTO

Fu accusatodi nazismoma era amicodi Camus

dei Servizi sociali del Comune,oltre ad assicurare che “a brevela Casa della Musica torneràoperativa”, sottolinea: “Di con-certo con il nuovo gestore, do-po la riapertura le tariffe po-trebbero essere riviste al ribas-so per facilitare l’accesso deigiovani e la promozione delCentro di aggregazione”. La fase sperimentale è servitaper prendere coscienza dellasituazione e apportare corre-zioni. “Il Centro polivalente –spiega Stefano Gambelli, del-l’ufficio politiche giovanili – hapotenzialità straordinarie: par-lando con quanti hanno utiliz-zato la struttura nei mesi scorsiabbiamo capito che è indi-spensabile gestirla meglio”. Se-condo Fraternale, per ottenereun risultato migliore occorreuna gestione che coinvolga dipiù il gestore: “È opportuno chegli operatori si occupino diret-tamente delle attività propostee che riscuotano di persona gliincassi derivanti dall’affittodella sala prove o dello studio diregistrazione”. Il bando per in-dividuare il nuovo gestore è infase di definizione: “Lo stiamoperfezionando in vista della ga-ra di appalto. Dovrebbe esserepubblicato sul sito del Comunea metà della prossima settima-na”. E, anche se non è ancoratutto definito, con ogni proba-bilità “al futuro gestore del Cen-tro di aggregazione il Comuneconcederà 10 mila euro annua-li, almeno per i primi due anni.Pensiamo a un contratto di du-rata biennale, con possibilità dipotenziale proroga per altridue anni”. Fraternale sottoli-nea la volontà del Comune:“Vogliamo riaprire entro la finedi febbraio, lasciando passareal massimo 15-20 giorni dallapubblicazione del bando pri-ma di decidere a chi assegnar-ne la gestione”. Bilancio per-mettendo. “Lo schema di bilan-cio – continua Fraternale – è giàstato approvato, ma per il via li-bera bisognerà aspettare l’ini-zio di febbraio, quando sapre-mo se sarà confermato”. Intanto, pochi giorni fa Miche-le Santoriello e altri sette giova-ni urbinati professionisti delsettore hanno costituito l’asso-ciazione “Pro-Sound”: il consi-glio direttivo – formato da ottopersone – è al lavoro per defini-re il programma da presentareal Comune per partecipare allagara. “La nostra associazione –spiega Santoriello – è interessa-ta a costituire a Urbino unascuola di musica ‘moderna’ cheruoti attorno al Centro di ag-gregazione. A differenza di altrerealtà limitrofe come Urbania,Fermignano e Pesaro, dotate discuole musicali moderne benavviate, oggi la nostra città ne èsprovvista”.

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Amante del thriller polizIe-sco ma lontano dalle modedel momento. È questo l’i-dentikit del lettore urbina-te che, nononostante ilsuccesso ottenuto nelle li-

brerie dalla trilogia “Millennium” delloscrittore svedese Stieg Larsson, sembraavere gusti letterari estranei ai circuiticommerciali e orientarsi verso letturepiù raffinate.Senza dubbio il fenomeno Milleniumha coinvolto anche gli urbinati. Nella classifica delle vendite 2009 dellalibreria “Il portico”, la più grande dellacittà, i romanzi di Larsson si collocanoal primo posto con 60 copie vendute perogni volume della trilogia. Le inchieste di Mikael Blomkvist, il gior-nalista protagonista della serie, hannoappassionato i lettori anche più delbest seller di Dan Brown, “Il simboloperduto”, la cui vendita si attesta sulle 40copie. Terzo in classifica la saga “Twi-light” di Stephenie Meyer, con 30 copiea titolo, seguito da “Il tempo che vorrei”di Fabio Volo che da novembre ha giàvenduto 36 copie. “Grazie ai best sellers come Millennium– spiegano Michela Canafoglia e Agosti-na Tontini, titolari della libreria - abbia-mo toccato il tetto massimo delle ven-dite e siamo uscite indenni dalla crisidel 2009”.Le librerie di Urbino parlano di cifre re-cord, ma ad uno sguardo più attento inumeri di vendita dei romanzi di Lars-son sembrano lontani da quelli che ci siaspettava di raggiungere con un roman-zo tradotto e pubblicato in oltre trentapaesi del mondo. Basti pensare che in Europa il blockbu-ster svedese ha venduto oltre 8 milionidi copie, di cui 2,7 milioni nella sola Sve-zia e 1,5 milioni in Francia.“Romanzi come Millennium nelle libre-rie di Milano vendono 60 copie in ungiorno solo – spiega Andrea Labo del-l’Ufficio commerciale della casa editri-ce Rizzoli – senza dubbio in un piccolocentro come Urbino 60 copie all’annosono una bella cifra. Tuttavia, conside-rando la natura commerciale del pro-dotto, ci si poteva aspettare di venderneanche il doppio. Probabilmente le lettu-re degli urbinati e degli studenti che vi-vono in città sono orientati verso gene-ri più sofisticati”.E in effetti allontanandosi di poco daivertici della classifica di vendita, com-paiono anche romanzi meno noti algrande pubblico. Alla Montefeltro libri di Via Veneto, do-ve il primo volume della trilogia di Lars-son, “Uomini che odiano le donne” hasfiorato le 50 copie vendute, sono statimolto richiesti anche il “Il bambino conil pigiama a righe”: il romanzo delloscrittore irlandese John Boyne, che nel2007 è stato nella classifica dei più ven-duti in Irlanda per 100 settimane, nel2009 ha venduto più di 40 copie. Tra i libri più letti dai clienti della Mon-tefeltro libri anche “La danza del gab-biano”di Andrea Camilleri con 50 copie,“Il peso della farfalla” di Erri de Luca e“Zia Mame” di Dennis Patrick, con 30copie vendute ciascuno. “La gente non legge solo i best sellers -ha dichiarato Katia Bertuccioli, titolaredella libreria - la più grande soddisfa-zione è stato vendere 25 copie de “La fa-miglia Aubrey” di Rebecca West. È un ro-manzo stupendo che ho consigliato inprima persona ai clienti. È meglio di Vir-ginia Woolf”.

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L’antimilitarista Céline a disegniUna graphic novel per “Viaggio al termine della notte”

“Ci sono i romanzi classici cheleggono tutti. Viaggio al ter-mine della notte no. È di nic-

chia”. Per Loredana, il capolavoro di LouisFerdinad Céline è da intenditori. Eppure lei e altri sei colleghi del corsodi editoria, media e giornalismo dell’u-niversità di Urbino si sono ispirati aquesto romanzo per abbozzare un pro-getto editoriale di graphic novel, unracconto per immagini dal titolo Viag-gi(o) al termine della notte, appunto. Doveva essere un lavoro per l’esame dieditoria con il professore Ilio Trafeli,ma ora vorrebbero provare a farne unlibro.Dei sette ragazzi che lo hanno realizza-to, solo uno lo aveva già letto. “O lo hai studiato o non lo conosci”,continua Loredana. E allora come sonoarrivati al titolo di Céline?“All’inizio la nostre scelte erano altre –dice Rosa, un’altra studentessa delgruppo - volevamo trasporre in imma-gini un romanzo. Pensavamo a ItaloCalvino, a come questo scrittore italia-

no ha parlato della guerra. Ma il profes-sore ci ha detto che sarebbe stato trop-po banale. Poi è venuto fuori il nome diCéline ed è stato subito accolto con fa-vore”. “Louis Ferdinad Céline è espressione diuna generazione che dovette confron-tarsi con la guerra – dice il professoreTrafeli – non ho mai letto un libro tantoantimilitarista quanto Viaggio al termi-ne della notte”.A facilitare la traduzione in graphic no-vel, è stata la natura della narrazione: ilViaggio è un romanzo visivo. Spiega Trafeli: “È un testo di vissutiemotivi. Tutti i personaggi della ban-lieu parigina che Bardamu incontranell’ultima parte del libro lo sono. Que-sti evocano immagini molto meglioche i vissuti intellettuali, per esempioquelli che si trovano nei libri di Calvi-no”.Il genere del graphic novel, fatto di im-magini, si adatta quindi alla narrazionedi Céline e potrebbero essere proprio leimmagini a riabilitare la figura di que-sto scrittore, accusato di nazismo e an-tisemitismo. “In realtà, Céline aveva la capacità divedere le cose in maniera comparativa,

quasi etnografica – dice Trafeli – oggi,con la fine dell’uomo tipografico e conl’avvento dell’uomo elettronico, cheragiona per numero di immagini, pos-siamo originare la significazione inmodo diverso. Se facciamo finta di nonvedere tutto questo, perderemo tutta lanostra cultura classica”.La copertina è già pronta ma molti deidisegni, realizzati da un ragazzo dell’I-stituto superiore per le industrie arti-stiche e da una studentessa dell’Acca-demia delle belle arti di Roma, sono an-cora schizzi. “Sarebbe necessario creare un labora-torio attrezzato sempre a disposizionedei ragazzi”, ammette il professore Tra-feri.Tramite il profilo di Facebook che han-no creato, gli studenti di editoria sonostati contattati da molti ammiratori diCéline, hanno ricevuto consigli e han-no creato una rete. Queste sono le po-tenzialità di cui parla Traferi. Ma quan-do pensa a pubblicare il graphic novel,il professore cerca editori: “Ho chiestoa quelli che conosco. Su rete, le imma-gini rischiano di non essere viste, di an-dare sperdute”.

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CHIARA ZAPPALÀ

EMILIANA PONTECORVO

In alto, l’immaginedi copertina della graphicnovel. Al centro e a sinistraalcuni dei disegni chesi trovano all’interno.Nella pagina a sinistra,in alto, la Casa della musica

Se i lettoriraffinati

non divoranoi best seller

Libri

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CULTURA

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GIULIA AGOSTINELLI

carte

llone

Cinema

BACIAMIANCORA

di GabrieleMuccinodal 29 gennaioCinemaDucale

Sala 1 fer. ore 20-22.30fest. ore 17-20-22.30

Il film è il seguito de“L’ultimo bacio” di diecianni fa: mostra l’evoluzionedella storia d’amore fraCarlo (Stefano Accorsi) e

Giulia (Vittoria Pucicni, cheha sostituito GiovannaMezzogiorno) tra delusioni,errori, successi e desideri.Intorno a loro, le vite deglialtri personaggi. Paolo (Claudio Santamaria),Adriano (Giorgio Pasotti) eAlberto (Marco Cocci) allafine del primo film eranopartiti per un viaggio: graziead esso nella nuovasequenza si dimostranopersone più mature. Marco (PierfrancescoSavino) è felicemente spo-sato con Veronica (DanielaPiazza). La colonna sonora del film

composta appositamenteda Jovanotti si è già rivelataun successo.

TRALE NUVOLE

di JasonReitmanfino al 4 feb-braioCinemaDucale

Sala 2 fer. ore 20.15-22.15fest. ore 16.15-18.15-20.15-22.15

Ryan Bingham (GeorgeClooney) è un “tagliatore di

teste”. Grazie alla sua granfaccia tosta e alle doti affa-bulatorie le aziende lo assu-mono per i licenziamentidel personale. Una vita frenetica che loporta continuamente a pre-parare la valigia e a saliresull’areo. Ryan non ha casané famiglia: praticamentetrascorre la sua vita inaereo. Ma la sua vita glipiace e aspira a essere ilsettimo passeggero almondo a superare i 10milioni di miglia. Ma il suosogno da record nascondeun enorme vuoto esisten-ziale, come capisce dalla

Sullo schermo in fondoalla grande sala scorro-no i titoli di coda. Si ac-cendono le luci: ci sonosolo tre persone, che siavviano verso l’uscita.

Avatar, il kolossal americano fir-mato da James Cameron, è in car-tellone da tre settimane anche alcinema Ducale di Urbino, ma quiil film è proiettato in 2D e dellaressa che ha preso d’assalto lemultisale non c’è neanche l’om-bra. “Ci telefonano in molti, chiedo-no se c’è posto, se abbiamo gli oc-chialini e se trasmettiamo in 3D.Chissà se poi effettivamentequalcuno di questi viene al cine-ma da noi” racconta la signoraCostantina, che gestisce il Duca-le fondato nel 1950 dalla famigliadi suo marito Paolo Tomassini.Senza occhialini, però, Avatar vo-gliono vederlo in pochi. Solo nel-l’ultimo week end in Italia l’in-casso di Avatar è stato quasi di 9milioni di euro, numeri che lohanno fatto schizzare in vetta al-la classifica dei boxoffice. I 25 mi-lioni di euro guadagnati da que-sto kolossal nelle sale della peni-sola si sono tradotti, su scalamondiale, in un altro record: l’in-casso più alto nella storia del ci-nema, pari finora a 1 miliardo e836 milioni. Cifre da capogiro chehanno rubato il podio del film piùvisto, Titanic, altra saga che van-ta sempre la regia di Cameron.“Domenica 17 gennaio – spiegala signora Costantina mentrestampa il resoconto dei bigliettivenduti nel fine settimana – in sa-la c’erano centonovantotto per-sone. E’ stato il giorno in cui sia-mo andati meglio. Si può dire chein due sabati e in due domenichec’erano le presenze che avrem-mo dovuto fare in un solo gior-

no….è avvilente!” Il proiettore del Ducale trasmettela pellicola in 2D, è “un’ottimamacchina”, ci tiene a precisare lasignora Costantina. “Per tra-smettere film in 3D come Avatar– afferma la signora Tomassini-avrei dovuto comprare un nuovoproiettore digitale spendendo trai 110 e i 120 mila euro, quanto ilcosto di un appartamento! Perquesto film eravamo anche dis-posti a prendere in affitto unanuova macchina, ma poi c’è sta-to un problema con la spedizioneed è saltato tutto. Penso che sareiriuscita a fermare chi va a vede-re il film nei multiplex sulla costaperché saremmo stati gli unicidell’entroterra a proiettare in 3D.Purtroppo le cose sono andate in

maniera diversa ed è inutile pian-gere sul latte versato”. Forse, sa-rebbe stato più conveniente sce-gliere di non proiettare Avatarcon la pellicola in 2D. Se domani,però, il futuro dei film sarà vera-mente il 3D, per i proprietari diquesto cinema a conduzione fa-miliare significherà dover affron-tare nuove spese. “Abbiamo unasala che magari dovrebbe essererimodernata, però, abbiamo unapotenzialità enorme che sarem-mo anche disposti a sviluppare sesolo avessimo la garanzia di unpubblico. E’ pur vero, però, che oci adeguiamo o dobbiamo chiu-dere. Bisogna fare questo sforzoestremo, è chiaro che non si puòrimanere indietro”.

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Senza occhialiniAvatar non sfonda

Al Cinema Ducale il film viene proiettato in 2D

I gestori: “Se il futuro è il 3D o ci adeguiamo o dovremo chiudere”

Un mondo nuovoIl film, scritto, diretto e prodotto da JamesCameron, è ambientato nel 2154, sul satellitedi un gigantesco pianeta gassoso.Pandora è un mondo primordiale, ricoperto daforeste pluviali, con alberi alti fino a trecentometri e abitato da creature di tutti i tipi, tra cuidegli umanoidi chiamati Na’vi. L'aria non èrespirabile dagli umani, così gli scienziati hannosviluppato geneticamente una sorta di ibrido,appunto l’"Avatar". Jake Sully, un marine para-plegico in congedo, viene inserito nel program-ma Avatar e trasferito su questo mondo. Lìdovrà infiltrarsi tra i nativi comandando adistanza l’ibrido. Nel pieno della guerra tra inva-sori e indigeni per il controllo di un preziosominerale, la sua lealtà verrà messa a duraprova.

LA TRAMA DEL FILM

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SPETTACOLI

relazione con due donne.Una (Vera Fermiga) è unaviaggiatrice come lui che lospinge in un amore fatto dialbergi, appuntamenti volanti,suggerimenti per cavarsela inuna vita per aria come la loro.L’altra donna (Anna Kendrick)è una giovane rampante cheha inventato un metodo perlicenziare i lavoratori senzaincontrarli: basta un collega-mento in videoconferenza. Un sistema infame perfinoper Ryan, che porta la ragazzain giro con sé per insegnarle ilmestiere.Alla fine, però, sarà lui adimparare la lezione...

CINEMA NUOVA LUCE

NON PERVENUTO

Mostre

INSTALLAZIONEDI SANTE ARDUINIIngresso Teatro Sanzio,Fino al 30 gennaio

Scrive la storica dell’arteSilvia Cuppini nella schedacritica che accompagna l’in-

stallazione: “Nei ‘Totem’ quipresenti, Arduini sembra lavo-rare sulla potenzialità spazia-le dei suoi segni, sul loro pie-garsi docili alle ragioni dell’ar-redo. Il racconto si sviluppa inverticale , i pannelli si inse-guono nel montaggio: formemodulari che possono ripro-dursi incessantemente comeinfinito dalla linea d’orizzon-te”.

MOSTRA DI PITTURAPER ILTERREMOTOA L’AQUILA Collegio Raffaello,

Piazza della RepubblicaFino al 30 gennaioore 10/12.3015.30/17.30

L’esposizione di pittura diAscenzio Bianchi, in arte“Scenzin”, è una mostra all’in-segna della solidarietà.La rassegna, patrocinatadalla Provincia di Pesaro eUrbino e dal Comune diUrbino, vuole essere un gesto

in favore della popolazionedell’Aquila colpita dal terre-moto dell’aprile del 2009.L’autore è originario della pro-vincia dell’Aquila.Perché questa mostra? Dopoil sisma in terra d’Abruzzo“Scenzin” è andato nel suoterritorio di origine e ha ripro-dotto immagini della devasta-zione dopo le scosse del ter-ribile terremoto. Con il suoinconfondibile stile ha coltoalcuni scorci aquilani. Loscopo dell’esposizione è quel-lo di sensibilizzare le personeal fine di contribuire alla rina-scita dell’Aquila come centroculturale.

Voglia di cinema,eppur si muove

In cantiere tante nuove iniziative

re la nascita di una sala per il ci-nema d’essai sfruttando gli spa-zi della Casa della Musica, rima-sta inutilizzata per anni. Si trat-terebbe di un nuovo punto di ri-ferimento stabile nel quale pro-porre un cinema d’avanguar-dia , meno commercialerispetto a quello che offre oggiUrbino. Per ora i progetti sono informa embrionale, ma ci sono, edal Comune arrivano segnaliche lasciano ben sperare. Se-

condo MariaClara Muci, as-sessore alle po-litiche sociali,il progetto del-la sala “è unabella cosa, ilgruppo è di ra-gazzi bravi edel resto il ci-nema restaqualcosa di at-tuale da valo-rizzare”. Ancheil cinema Nuo-va Luce nasce-va come spaziod’essai, ma ifondi eranopochi. La strut-tura privata

non è riuscita a far fronte alletante spese e si è dovuta ade-guare a una programmazionemeno originale. “Invece una sa-la come la intendiamo noi – diceGiovanna Errede – potrebbefunzionare, tramite l’aiuto dellacittà e la ricerca degli sponsor”. L’avvocato Angelo Brincivalli,che dirige il settore cultura e tu-rismo del Comune, confermal’intenzione di dare visibilità al-le idee che circolano: “I ragazzihanno slancio, voglia e intra-prendenza, è positivo creare sti-moli alla discussione e curareuna delle arti del nostro tempo”.Però lascia intendere che primabisognerà fare i conti con il bi-lancio di previsione del 2010 cheil Consiglio approverà a fine feb-braio. L’assessore alla culturaLucia Pretelli è cauta: “Certe ini-ziative ci piacciono molto. Manon abbiamo ancora certezzeriguardo alle risorse che avremoa disposizione, e con piccole ci-fre non si possono fare grandicose”.

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La classica proiezionein sala, pop corn eCocacola, titoli dicoda e tutti a casa?Cosa vecchia. A Ur-bino si respira il desi-

derio di nuove iniziative, la vo-glia di esaltare il rapporto frachi il film lo guarda e chi lo fa.Che si tratti di dibattiti e incon-tri con il regista, di rassegne dicinema indipendente, dellacreazione di una sala d’essai odi un labora-torio cinema-tografico all’u-niversità, l’im-portante è chein città qual-cosa si stiasmuovendo.“Bisogna sti-molare losguardo attivodel pubblico eraccontare iluoghi in mo-do non con-venzionale”.Andrea Laqui-dara è una vec-chia cono-scenza del Du-cato, lo abbia-mo presentato nel primo nu-mero del 2009: un giovane regi-sta romano che vive a Urbinoda più di dieci anni e che ha rea-lizzato “Il bluff”, un lungome-traggio ambientato in preva-lenza a Urbino, dove tuttavianon è ancora stato proiettato.L’associazione La Ginestra, na-ta solo 8 mesi fa, si sta dando dafare perché l’opera di Laquida-ra possa rientrare in un proget-to più ampio della sempliceproiezione singola. Magari unarassegna, che coinvolga giova-ni registi e fornisca una chiaveper raccontare il territorio. Giovanna Errede, presidentedell’associazione, sforna ideeche riportano in primo pianol’interesse della comunità ver-so il cinema. “L’idea sbagliata èche qui i giovani non partecipi-no attivamente alle iniziative.E’ esattamente il contrario, adire il vero: si fa troppo poco e lagente si lamenta. Sono gli stu-denti i primi a dare suggeri-menti, a fare nuove proposte”.Una delle novità potrebbe esse-

Nella foto centrale la battaglia tragli umanoidi Na’vi del pianetaPandora e gli invasori umani. Nelle due foto piccole un dettaglio dei due protagonisti, la ragazza Na’vi Neytiri e Jake Sully.

MANUELA BALDI

Andrea Laquidara al lavoro

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San Girolamo, al via i lavoriIl prorettore Stocchi assicura che il piano edilizio sarà pronto prima di marzo

Si faranno tutti gli impianti al piano terra e al primo. Ma il sogno è il recupero completo dell’intera area

“Bi s o g n aottimiz-zare glispazi perm i g l i o -r a re l a

funzionalità”. Sono le lineeguida che il professor VilbertoStocchi ha adottato per stu-diare il nuovo piano di svilup-po dell’università. Come pro-rettore vicario con delega allerelazioni esterne e allo svilup-po, è lui che si sta occupandodel patrimonio edilizio uni-versitario, del suo recupero edella sua rivalutazione. Gli interventi riguarderannomolte delle attuali sedi didat-tiche: la realizzazione dellanuova facoltà di Scienze mo-torie con relativa valorizza-zione dell’area del Petriccio eil recupero di alcuni soffitti diparticolare interesse storico eartistico a pa-lazzo Albani, se-de degli Istitutidi Filosofia, Ar-cheologia e sto-ria dell’Arte. Ilpiano di svilup-po completo sa-rà pronto primadel la f ine dimarzo, assicurai l p r o f e s s o rSt o c c h i , m aqualche idea c’ègià. Molto ruota in-torno al recupero dell’ex con-vento di San Girolamo e allemodifiche a palazzo Bonaven-tura, sede dell’attuale Retto-rato. Il progetto è quello di tra-sformare quest’ultimo nel“Palazzo dell’Università”. Quioggi al terzo piano c’è un di-partimento di chimica biolo-gica e al piano terra una bi-blioteca. Domani dovrebberotrovare spazio gli uffici ammi-nistrativi, il servizio finanze ele segreterie degli studenti.L’idea è quindi quella di con-centrare tutte le sedi ammini-strative in un’unica zona. Spo-stare il dipartimento, grandecirca mille metri quadri, e labiblioteca infatti significa tro-vare altri spazi idonei. E così ildiscorso si sposta su San Giro-lamo, l’ex convento proprioalle spalle del Magistero. Quistanno arrivando gli operaiper iniziare i lavori che riguar-deranno l’impiantistica: le

centrali termica e idrica, il si-stema di riscaldamento, quel-lo antincendio e l’impiantoelettrico. Attualmente l’exconvento ospita un laborato-rio di restauro che occupa laparte della chiesa. Quando i la-vori si sposteranno in questaspazio, il laboratorio traslo-cherà nella zona dove le opera-zioni di restauro saranno giàstate completate. Il ‘piccolo passo’ che si sta percompiere riguarderà circa2.150 metri quadri tra primopiano e piano terra e costerà1.674.000 euro. La ditta Aggi diMelfi che ha vinto la gara d’ap-palto, infatti, ha garantito unribasso del 38% sulla base d’a-sta di 2.700.000 euro, frutto delfinanziamento della Regione,della Provincia e dell’Univer-sità. I lavori dureranno 2 anni,ma già si pensa al dopo. Il pro-fessor Stocchi non si sbilancia,però immagina un piano di re-cupero completo dell’intera

struttura. Lo studio di ar-chitetti Feligiot-ti e Ferri, che sioccuperà dellaprima parte deilavori, ha stima-to che la ristrut-turazione com-pleta costereb-be altri 3 milionidi euro circa.Una spesa checonsentirebbeall’Università didisporre di 5.500

metri quadri lordi in più, cioèlo spazio calpestabile e quellooccupato dai muri. Spazio che,assicura il professor Stocchi,sarà destinato agli studenti. La struttura, ex convento ep-poi carcere, offre “un ottimosistema di comunicazione siain verticale che in orizzontale,molte scale per salire e scende-re, e molti punti d’ingresso -spiega l’architetto Sergio Feli-giotti – e potrebbe essere idea-le per unire il sistema delle bi-blioteche”, che oggi a Urbinosono invece sparse. Il progettodegli architetti urbinati preve-de inoltre il recupero di tutto ilgiardino fuori dall’ex conven-to per ottenere uno spazio sot-tostante molto grande e fun-zionale.Un’idea di centralizzazioneche si sposa con le linee guidadel professor Stocchi. Nullaperò è ancora deciso e per ora iprogetti rimangono disegnati

sulla carta. Mancano le risorseper un’operazione così com-plessa e costosa. E saranno ne-cessari studi tecnici approfon-diti per capire quale possa es-sere la destinazione d’uso mi-gliore per San Girolamo. Il prorettore per il futuro pen-sa ad un bando di gara: “Moltiarchitetti – dice Stocchi - vor-rebbero firmare un progettonella nostra città. E come Uni-versità sarebbe bello confron-tare idee diverse e scegliere lapiù intelligente”. Certo l’architetto Feligiotti,

insieme al collega di studioSergio Ferri, non nascondeche sarebbe contento di esserecoinvolto nel progetto di recu-pero completo, ma dà la prio-rità alla città. “Siamo urbinati eci piacerebbe che San Girola-mo fosse ristrutturato a pre-scindere dal nostro coinvolgi-mento come studio. Sarebbeimportante per far conoscereuna zona di Urbino che oggi èspesso deserta e, più in gene-rale, per rivitalizzare una cittàche langue sempre di più”.

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FRANCESCO CIARAFFO

Eletto il presidente del Consiglio degli studenti

“Quattro obiettivi essenziali”

Il Consiglio degli studenti dell’Università di Ur-bino (l’organo collegiale di rappresentanza de-gli studenti con poteri consultivi) ha un nuovo

presidente: è Stefano Paternò, eletto il 20 gennaiocon 22 voti su 40.L’elezione si era resa necessaria dopo le dimissio-ni, a ridosso di Natale, di Riccardo Capone.Oltre a doversi mettere d’accordo su un nuovo pre-sidente, nel frattempo, occorreva decidere chiavrebbe pronunciato il tradizionale discorso all’i-naugurazione dell’anno accademico. Un vuotonormativo, infatti, non permetteva di capire chidovesse essere. Alla finel’onore era toccato al vice-presidente Leonello Peru-gini, anche se i consiglieriappartenenti all’associa-zione Fuorikorso avevanoprotestato, non ritenendoil capogruppo di AzioneUniversitaria (vedi tabel-la) espressione di unamaggioranza condivisa.Nella stessa occasione c’e-ra stato il breve discorsofuoriprogramma del col-lettivo dell’aula autogesti-ta C1, che aveva criticato lariforma Gelmini e la ri-strutturazione del sistema del Welfare. “Abbiamoapprofittato del momento di visibilità per avere unimpatto sui media e tentare di sbloccare l’agendapolitica” dice Rafael Campagnolo, portavoce delcollettivo.Molti consiglieri sono schierati politicamente.“Ma le politiche universitarie sono diverse daquelle governative”, dice Perugini. E infatti tutte lecoalizioni condividono un programma comune,che il nuovo presidente riassume in quattro punti:tutela dei diritti alla mobilità dei disabili, promo-

zione della cittadinanza studentesca e delle com-missioni paritetiche, ristrutturazione dei collegi.“Abbiamo già migliorato la convenzione con l’A-driabus per il trasporto dei disabili: Università edErsu hanno destinato circa 8 mila euro in più ri-spetto al passato” dice Paternò. “I collegi vannosalvaguardati: abbiamo presentato (insieme aUniversità Riformista) un reportage fotograficoche segnalava alcune zone pericolanti, che sonostate isolate”. Le commissioni paritetiche, già pre-senti nelle Facoltà di Farmacia e Lingue, permet-terebbero una partecipazione più diretta degli stu-denti nell’organizzazione della didattica. “La ri-chiesta di istituire un consigliere aggiunto in Co-mune, in rappresentanza degli studenti, era il fio-

re all’occhiello delle For-miche”. Peccato che lacoalizione che aveva otte-nuto nell’aprile scorso lamaggioranza dei rappre-sentanti si sia dissolta quasisubito, con l’uscita di Fuori-korso, l’ingresso di Insiemeper Economiae il cambio delnome (Università è Futuro).Nonostante queste vicen-de, finora in Consiglio si ètrovato un equilibrio fon-damentale, che speriamocontinui con il nuovo pre-sidente”, dice Daniele DeGabriele, di Confederazio-

ne degli Studenti. Dello stesso parere SalvatoreSammartino e Raffaele Moresco di Università Ri-formista: “Il Consiglio ha lavorato quasi sempre al-l’unanimità”. “Capone godeva del nostro appog-gio”, dice Alberto Sofia, capogruppo di Fuorikorso,“e con lui abbiamo assegnato i Fondi per le attivitàsocio-culturali (finanziando i progetti di 12 asso-ciazioni) e il bando per le 150 ore”, che sono le uni-che due materie su cui l’approvazione del Consi-glio è vincolante.

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MATTEO FINCO

Nelle fotosopra:a sinistra,com’è oral’esterno diSan Girolamo;a destra, unprogetto direcupero studiato dagliarchitettiFeligiotti e Ferri

Ottimizzaregli spazi:

un obiettivoè unire ufficie segreterienel palazzo

del Rettorato

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UNIVERSITÀ

Ecco il “Ducato” americanoStudenti stranieri trascorrono l’estate a Urbino e fanno i giornalisti in città

Ma non c’è solo chi arriva. Per chi vuole volare oltre oceano tante destinazioni, dall’Alaska a Washington

SILVIA SACCOMANNO

Un volo lungo set-te ore, carta epenna alla manoper indagareuna città antica ericca di fascino.

The Institute for Education inInternational Media (“iei Me-dia”), con alcune universitàamericane, organizza una se-conda spedizione giornalisticanella città ducale.L’anno scorso, nel mese di lu-glio, 25 ragazzi americani si so-no aggirati per Urbino appun-tando prezzi, qualità del cibo edel vino, colori, immagini e sen-sazioni sui propri taccuini.Hanno esplorato la città, man-giato la tipica crescia ducale efermato persone per strapparloro un’intervista o una foto. Poihanno messo il loro giornalinoin rete (www.inurbino.net) edistribuito copie cartecee. Unaè finita anche tra le mani di Du-stin Hoffman, venuto per girarelo spot della Regione.Quest’anno il progetto riparte esul sito www.ieimedia.com so-no già disponibili i dettagli: co-sti, modalità di partecipazione eabilità da apprendere tra cuiscattare foto e lavorarle al com-puter, fare riprese digitali, saperdisegnare pagine web, lavorarein gruppo e imparare un po’ lanostra lingua. Gli studenti, in-fatti, sono accompagnati dai lo-ro docenti che seguono il pro-getto con il supporto di laurean-di italiani nel ruolo di assistentio traduttori. L’iniziativa di “ieiMedia” è nuova, ma da già datempo Urbino accoglie studen-ti americani nel Montefeltro, si-stemandoli nelle strutture del-l’Università e mettendo a dispo-sizione la mensa con prezzi age-volati. Con il programma Isep,ad esempio, ogni anno la cittàospita per sei mesi alcuni ragaz-zi e ne invia altrettanti all’estero.Per chi decide di volare oltreoceano, la scelta è tra circa 140università distribuite in Alaska,Arizona, California e poi, in or-dine alfabetico, altre 40 destina-zioni fino ad arrivare a Missou-

ri, Montana, Washington. Pro-prio nel Montana è stato GiulioVolpin, un ragazzo di 21 anni,studente di chimica e tecnolo-gia farmaceutica, partito adagosto e tornato a dicembre.Fresco fresco d’America, Giulioracconta che “l’organizzazioneè fantastica. Prima di partire tiinviano il programma e quandoarrivi ti vengono a prendere al-l’aeroporto. Non serve un granlivello di inglese perché si impa-ra facilmente sul posto. C’è vittoe alloggio pagato. Di tasca mia,in sei mesi, ho tirato fuori più omeno1.300 euro tra volo, visto,libri e altre cose. Abbiamo fattobarbecue a casa dei prof e guar-dato le partite di football insie-me”. Un’esperienza fantastica,letta con gli occhi di Giulio, cheperò in pochi colgono. “Que-st’anno c’erano 6 borse di studioIsep e sono arrivate solo 4 do-

mande”, spiega Fabrizio Maci,direttore dell’Ufficio relazioniinternazionali. “E’ un peccatoperché è un’opportunità incre-dibile di conoscenza e di con-fronto. Senza considerare l’of-ferta varia e le agevolazioni fi-nanziarie di cui si può disporre”.Martedì 2 febbraio è il termineultimo per afferrare al volo unadelle 16 borse messe a disposi-zione dall’Ersu: 1 soggiorno per6 mesi nel New Jersey, 12 postiper un periodo estivo o 2 sog-giorni semestrali a New York e 1posto per un anno sempre nellaGrande Mela.E questo per chi parte. Tra chi ar-riva ci saranno, come tutti glianni, gli studenti di musica del-l’Art Connects Internationaldella Florida. Teatri già prenota-ti, quest’estate, per i loro con-certi in giro per le Marche.

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L’orizzonte dell’Ateneo di Urbino è rivolto a Est, oltre l’Adria-tico: il consiglio d’amministrazione dell’Università ha ap-provato cento borse di studio per studenti provenienti da

Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Montenegro e Serbia. Sitratta di un incentivo all’internazionalizzazione, uno dei punti delprogramma del Magnifico Rettore Stefano Pivato. Ma è anche unconsolidamento: infatti, circa la meta degli iscritti stranieri all’U-niversità ducale proviene dai paesi balcanici.La decisione è stata presa all’unanimità dal consiglio di ammini-strazione del 20 novembre scorso: le cento borse verranno asse-gnate tra il 2010 e il 2014, venticinque per ogni anno accademico.Gli studenti dei paesi balcanici saranno esentati dal pagamentodelle tasse universitarie. Le borse riguarderanno solo lauree ma-gistrali, ovvero il biennio specialistico, per i corsi di “Comunica-zione interculturale d’impresa” (Facoltà di Lingue e letteraturestraniere), “Geologia applicata al territorio” (Scienze e Tecnolo-gie) e “Tecniche di Conservazione e restauro dei Beni culturali”(Lettere). Il bando con i requisiti richiesti ai candidati è ancora inpreparazione. Ma si sa già che l’iniziativa verrà resa pubblica ilprossimo 15 aprile, in coincidenza con la presentazione di un ma-ster internazionale in restauro artistico, preparato con la collabo-razione del ministro albanese per i Rapporti con l’Unione Euro-pea Melinda Bregu. Che ha, guarda caso, conseguito il dottoratoin Sociologia qualche anno fa proprio a Urbino. “Risale a un decennio fa la nascita dell’iniziativa Adriatico-Ioni-ca, che ha intensificato i rapporti culturali ed economici tra Italiae paesi balcanici – spiega il responsabile dell’internazionalizza-zione dell’Università Giuseppe Giliberti – quest’anno la presi-denza di turno spetterà ad Ancona, e il progetto delle borse di stu-dio è inserito in questo quadro che ci apre al Mediterraneo, e inquesto Urbino è già due passi avanti a tutti gli altri atenei marchi-giani e italiani”. Giliberti si riferisce al progetto dell’European Me-diterranean University avviato dalla Carlo Bo insieme alle uni-versità di Haifa (Israele), Maribor (Slovenia) e Susse (Tunisia) e acui l’anno scorso hanno aderito altri 130 atenei.L’Università di Urbino ha già una marcata identità balcanica: nel-l’anno accademico 2009/2010, su 903 iscritti stranieri ben 429provengono da quell’area e la stragrande maggioranza di loro(332) è originaria della Grecia; seguono gli studenti albanesi (80)e i croati (7); all’appello mancano solo gli studenti Macedoni, pre-senti comunque negli scorsi anni accademici. Ma i dati comples-sivi mostrano come dal 2007 il numero degli iscritti balcanici siarimasto sostanzialmente stabile a fronte di una crescita di stu-denti stranieri di 137 unità. Con nuove borse si può fare di meglio.

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Un futuro che guarda a Est

Borse di studio per giovani balcanici

LORENZO ALLEGRINI

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il Ducato

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Prendi la racchetta e aspettaGiocare a tennis a Urbino è un’impresa. Tutta colpa della scarsità di strutture

Funzionano solo i campi gestiti da Atp. Quelli dei collegi invece hanno il manto a pezzi da più di dieci anni

Per fare una partita ditennis a Urbino ci vuo-le la pazienza di unmissionario. Scarsitàdi strutture, terreni digioco caduti in disuso

e campi perenne-mente occupaticostringono losportivo di turno atirare fino a orariincivili per impu-gnare la racchettae iniziare il match.Lo stato dell’arte èquesto: di fronteall’aumento delladomanda di ten-nis registrato negliultimi anni, Urbi-no è impreparata asoddisfare le esi-genze di sportivi e appassionati. Questa situazione un po’ sgan-gherata è destinata a durare al-meno fino alla fine del 2010,quando (forse) dovrebbero esse-re costruite nuove aree da gioco.Se vogliamo raccontarla tutta,qualche campo Urbino ce l’ha. Cene sono due in sintetico in zonaVarea, vicino alla piscina comu-nale e uno in terra rossa in via del-

l’Annunziata. Queste strutturesono gestite dall’AssociazioneTennis Piansevero (Atp), che invia dell’Annunziata ha sede so-ciale e spogliatoi. Poi ce ne sonoaltri due che fanno parte dei Col-legi della Vela. In totale quindifanno 5 campi da tennis. Potreb-

bero sembraresufficienti peruna città delle di-mensioni di Ur-bino. E invece no.I terreni di giocogestiti dai collegihanno un mantodisastroso per-ché non sonousati da più di undecennio. In cittàc’è solo un circolotennis a cui rivol-gersi, Atp, che daqualche tempo

non riesce più a far fronte alla mo-le di prenotazioni. Ancora: i duecampi in sintetico distano più diun chilometro da spogliatoi e se-de dell’Atp: questo vuol dire che,fatte salve le prenotazioni telefo-niche, uno deve riservare il cam-po e cambiarsi in un posto e gio-care in un altro. Una vera scoccia-tura specie d’inverno.L’unica alternativa è prendere la

macchina e andare fino a Fermi-gnano, che da meno di un anno siè dotata di un’eccellente struttu-ra con due campi da gioco, risto-rante e maxischermo per guarda-re le partite. Ma anche qui stessamusica, bisogna prenotare conlargoanticipo perché spesso è du-ra trovare libero. Agli amanti di questa disciplinanon resta attendere il progettomesso a punto da Comune di Ur-bino e Atp. “Abbiamo preso un im-pegno con Atp - ha detto MariaClara Muci, assessore al Bilancio -per realizzare altri due campi dagioco entro la fine dell’anno. Lespese saranno divise in parti chedobbiamo ancora definire. Ci so-no tantissimi iscritti e le struttureattuali sono insufficienti per farligiocare tutti”. Se le previsioni dovessero essererispettate, il campo in terra rossa invia dell’Annunziata sarà abban-donato e Atp farà armi e bagagliper trasferirsi in zona Varea. “L’ac-cordo - ha spiegato Giuseppe Stul-zini, segretario di Atp - prevede chele strutture diventino quattro, duein terra rossa e due in sintetico. Du-rante l’inverno tre saranno coper-te con i palloni, mentre d’estate neterremo al chiuso solo una perquando piove”. Una vera manna

per gli appassionati di questosport. “Da noi il tennis ha sempreavuto un ottimo seguito”, prose-gue Stulzini. “Nell’inverno 2005avevamo 122 iscritti, oggi sonoquasi 200. Nel 2009 abbiamo regi-strato un incremento del 30% diore giocate. Nei giorni infrasetti-manali dalle 12 fi-no alle 23 non sitrova un buco libe-ro. Rimane qual-cosa solo la matti-na quando la gen-te lavora, oppure ilsabato sera o la do-menica”. In un paese dovenon c’è un cam-pione neanche apagarlo dai tempidi Panatta, fa stra-no tutta questa vo-glia di tennis. “E’uno sport che in Italia piace perchélo puoi giocare sempre, a qualsiasietà. Urbino è piena di studenti esportivi che ci chiamano per gio-care ma puntualmente non ri-usciamo ad accontentarli tutti”.Stulzini chiama in causa l’univer-sità. “Il Cus dovrebbe pensare aisuoi studenti e darci una mano.Lascino perdere l’idea di rimette-re in sesto i campi dei collegi per-

ché tanto non sarà mai possibile:vuoi perché quella è una zonabattutissima dal vento e i pallonidi copertura non tengono, vuoiperché è pieno di vincoli paesag-gistici”. Stuzzicato sull’argomen-to Gaetano Partipilo, presidentedel Cus, risponde: “Stulzini ha ra-

gione quando di-ce che il tennis aUrbino va soste-nuto. Però dimen-tica che le struttu-re Atp non fannoparte dell’univer-sità e quindi nonpossiamo girareloro fondi pubbli-ci. Partipilo ha spie-gato perché con-tinuare a puntaresui campi dei col-legi. “Il comitato

dello sport universitario ha ap-provato un progetto di massimaper ristrutturare quei terreni digioco. Probabilmente verrannosolo rifatti manti e spogliatoi,mentre i campi resteranno all’a-ria aperta, per poterli usare nei tremesi estivi”. E gli altri nove mesi?“Per il momento mancano i soldiper fare di più”.

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I campi di gioco in zona piscina comunale. Il sintetico al chiuso... E quello all’aperto durante una giornata di neve

Stulzini: “Il Cus

dovrebbeaiutarci e nonristrutturare

i suoi impianti”

Partipilo: “I nostri sono

fondi pubblici, vogliamolavorare

per i collegi”

LUCA FABBRI

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SPORT

Dall’inferno al centrocampo A marzo Flavio Falzetti tornerà a giocare con l’Urbino dopo 11 anni di malattia

Per un linfoma diagnosticato dopo un malore nel gennaio ‘99 e due ricadute, 43 cicli di chemioterapia

FEDERICO DELL’AQUILA

Quella partita delgennaio 1999 lar icorderà pertutta la vita. Erail decimo minu-to del secondo tempo di Riccio-

ne-Monturanese quando, al-zando il braccio per chiedereall'arbitro la sospensione delgioco, si accasciò a terra per unforte dolore alla schiena."Chissà che cos'è?", pensò inquel momento Flavio Falzetti,all'epoca mediano della Mon-turanese. La partita finì 0-0, un mezzopasso falso da riscattare subi-to. A cominciare dalla partitasuccessiva: "Chissà se potrògiocarla?" fu il pensiero suc-cessivo. Purtroppo non era unsemplice infortunio, ma moltodi più: un maledetto linfomache lo costrinse a lasciare ilcalcio giocato a soli 27 anni.Forse, col senno di poi, nonavrebbe mai voluto saperlo.Oggi, dopo 11 anni di sofferen-za, il male sembra definitiva-mente debellato. E lui, Fulvio,non ci ha pensato due volte, èpiù che sicuro, sui campi dacalcio vuole tornare, anche sesolo per un ultimo saluto. Per-ché a 38 anni e dopo tutti i pro-blemi di salute che ha avuto èdifficile ricominciare. Con i suoi tendini fortementecolpiti da un farmaco speri-mentale peraltro risultato poiinefficace, con le sue cartilagi-

ni indebolite dalle infinite efortissime terapie. Però lui,Flavio, vuole riuscirci, e si stapreparando duramente perquella che lui stesso definisce"la partita più dura di questi 11anni, la sfida più complicatache abbia mai affrontato". Insomma, la malattia è già allespalle, anche se in realtà è fini-ta da poco, o per lo meno le suecomplicanze. Solo la scorsaestate Flavio era praticamenteparalizzato, aveva mani e pie-di completamente ustionatidalle terapie. Ma a settembreera già in piedi. Ne ha dimostrata di forza d'a-nimo e di volontà Flavio in tut-ti questi anni. Altri avrebberomollato molto prima. Si, per-ché dopo i primi due anni dicure, tutto sembrava tornatoalla normalità, tanto che nel2001 riuscì a giocare di nuovo,ancora nella Monturanese, e ailivelli di prima (serie D). Solouna partita però, condita pe-raltro da un gol, contro il Rena-to Curi. Ma si trattava di un'il-lusione. La malattia torna e lotiene lontano dai campi sta-volta per tre anni. Dal 2004 al2006 viene ingaggiato dall'El-pidiense, in Promozione.Nonostante il doppio salto in-dietro di categoria collezionasolo 15 presenze in due anni.Troppo poche per un giocato-re della sua classe che avevasempre militato nel primo gra-dino del calcio dilettantistico,al confine con quello profes-sionistico. Chiaro che qualco-sa non andava: la malattia era

tornata.Trentaquattro anni suonati(non pochi per un calciatore),un linfoma diagnosticato a 27e due ricadute che l'hanno te-nuto lontano dai campi permoltissimo tempo. La sua car-riera era praticamente finita lì,in quella serie e in quella squa-dra che non gli apparteneva-no, pensavano tutti, lui com-preso. E invece no, per niente.Ancora una volta dimostra lasua forza d'animo. Il 28 gennaio dello scorso an-no presenta il libro che rac-conta la sua vita, "Il calcio ol-tre il 90°", a Civitavecchia, in-sieme al commissario tecnicodell'Italia Marcello Lippi. Se-guono diverse presentazionidel volume, tra cui una, nelleMarche, dove conosce l'asses-sore regionale ai Lavori Pub-blici, l'urbinate Gianluca Car-rabs. Insieme a lui e a MauroAndreani, ex presidente del-l'Urbino Calcio e vecchio ami-co di Flavio, nasce l'idea di tor-nare in campo. Un'idea che si tramuterà inrealtà fra poche settimane,quando, a marzo, cercherà diaiutare proprio l'Urbino(squadra, peraltro, nella qualeaveva già militato), a conser-vare l'attuale categoria, l'Ec-cellenza. Nel suo libro Flavio racconta lasua drammatica esperienzafatta di 43 cicli di chemio e di-versi di radioterapia. Nato co-me un opuscolo distribuitonei day-hospital oncologicinelle Marche, in Umbria ma

anche a Roma e Milano, è statoampliato, con la collaborazio-ne del giornalista FrancescoCaremani, fino a diventare unlibro, che vuole essere allostesso tempo da esempio eguida per le persone affette dalmale che ha tormentato Flavioper undici lunghissimi anni.Per diffondere il suo messag-gio Flavio ha dato vita, insiemeall'ematologo Nando Scarpel-li, a una fondazione che portail suo nome, evoluzione del-l'associazione "Gianni e Vale-

rio" da lui creata in memoria didue compagni di terapia chenon ce l'hanno fatta. Sulla sua storia, presto, verràgirato anche un film, ambien-tato anche a Urbino. Ma di Fla-vio si continuerà a parlare, ol-tre che per il film, anche per lesue prestazioni in campo. E achi gli chiede se spera e pensadi vincere ancora qualcosa luirisponde: "Sono 11 anni chevinco la coppa del mondo…quella della vita".

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La presentazione prima del big-match contro Pavia del 14 febbraio prossimo

Pallavoliste per Haiti: calendarioda sexypompiere

Due mesi fa la maggiorparte degli italianiavrebbe confuso Haiti

con Tahiti. Oggi dopo il terre-moto si moltiplicano ovunquele manifestazioni di solidarietàe nemmeno Urbino si tira indie-tro. Le pallavoliste della squa-dra di A1 Chateaux d'Ax, com-plice il turno di riposo nel pe-nultimo week-end di gennaio,hanno mollato calzoncini e gi-nocchiere per (s)vestirsi da vigi-li del fuoco sexy e realizzare unaserie di scatti che finiranno inun calendario. I proventi an-dranno ai disgraziati di Haiticolpiti dal sisma. Ogni mese sa-rà composto da una foto grandee tre-quattro più piccole. Il Du-cato è riuscito a ottenere in an-teprima qualche scatto esclusi-vo del backstage. (l.f.)

Flavio Falzetti quando giocava con la Monturanese

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il Ducato

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MASS MEDIA

ASSOCIAZIONE PER LA FORMAZIONE AL GIORNALISMO, fondata da Carlo Bo. Presidente: STEFANO PIVATO, Rettore dell'Università di Urbino "Carlo Bo". Vice:GIANNETTO SABBATINI ROSSETTI, Presidente dell'Ordine dei Giornalisti delle Marche. Consiglieri: per l'Università: BRUNO BRUSCIOTTI, LELLA MAZZOLI, GIU-SEPPE PAIONI; per l'Ordine: STEFANO FABRIZI, DARIO GATTAFONI, CLAUDIO SARGENTI; per la Regione Marche: SIMONE SOCIONOVO, LEONARDO FRATERNALE;per la Fnsi: GIOVANNI GIACOMINI, GIANCARLO TARTAGLIA. ISTITUTO PER LA FORMAZIONE AL GIORNALISMO: Direttore: LELLA MAZZOLI, Direttore emerito: ENRI-CO MASCILLI MIGLIORINI. SCUOLA DI GIORNALISMO: Direttore: RAFFAELE FIENGO

IL DUCATO Periodico dell'Ifg di Urbino Via della Stazione, 61029 - Urbino - 0722350581 - fax 0722328336 www.uniurb.it/giornalismo; e-mail: [email protected] Direttore responsabile: RAFFAELE FIENGO Stampa: Arti Grafiche Editoriali Srl - Urbino - 0722328733 Registrazione TribunaleUrbino n. 154 del 31 gennaio 1991

nato, invece, in redazione si creaun vuoto e basta”. Al Messaggerosono 48 gli esuberi con più di 56anni. Quando, alla fine del 2010, itagli saranno compiuti, l’organi-co della redazione romana saràridotto di un terzo. Secondo Mo-rabito, “non c’era bisogno di tuttiquesti prepensionamenti. Il pas-sivo del Gruppo Caltagirone è in-feriore a quello del freepress Leg-go. Quest’ultimo, però, non hamandato a casa nessuno dal mo-mento che ha una redazione gio-vane. Il nostro editore invece neha approfittato per liberarsi deipiù anziani che hanno gli stipen-di più costosi”.In periodo di crisi dell’editoria,l’abbassamento dell’età medienei giornali, ad avviso di Giovan-ni Bocci Artieri, direttore diScienze delle comunicazioni aUrbino, può essere un’opportu-nità: “Basta guardare al caso del-la Stampa, dove una direzionegiovane ha consentito al giorna-le di proiettarsi più seriamentesul multimediale e su temi comel’ambiente e l’estero, trascuratidagli altri. Tuttavia, deve essercidavvero uno scarto generaziona-le. Se a prendere il posto dei cin-quantenni sono dei quarantennifrustrati da anni di attesa, cambiapoco”. Nei giornali però si temeche lo “svecchiamento” compor-ti un danno alla qualità del pro-dotto finale. Innanzitutto perchéil numero dei lavoratori diminui-sce, ma non si riducono i livelli diproduzione: il numero di pagine,infatti, rimane invariato, anchese a riempirle c’è meno gente. “Epoi si disperde un grosso patri-monio di esperienza e di memo-ria storica, costringendo, in alcu-ni casi, a ripartire da una tabularasa”, dice Paola D’Amico, che faparte del comitato di redazionedel Corriere della Sera. Nel quoti-diano di via Solferino, l’editoreproponeva 90 prepensionamen-ti, il Cdr è riuscito ad ottenerne47. “Abbiamo preferito – diceD’amico – rinunciare ad una se-rie di benefit e ridurre gli sprechi.Il problema non era solo salvare ilposto a dei colleghi ma evitarel’impoverimento della redazio-ne, sul piano dell’organico, masoprattutto della qualità”. CarloMalinconico presidente della Fe-derazione degli editori non negache questo rischio si possa corre-re: “Bisogna evitare lo svuota-mento di queste professionalitàe fare in modo che ci si limiti aduna riduzione quantitativa. Miauguro che i quarantenni abbia-no fatto un adeguato training. Lacrisi c’è, è impossibile negarlo.Ma bisogna trovare il modo perfar quadrare i conti. Per non pe-nalizzare la qualità bisgna favori-re nelle redazioni il passaggio diconoscenze ed esperienze dauna generazione all’altra”.

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Se si prepensiona la qualitàNel 2010 oltre 700 giornalisti con più di 56 anni dovranno lasciare le redazioni

Gli editori: “Eviteremo lo svuotamento”. ll Cdr del Corriere della Sera: “A rischio la professionalità nei giornali”

GIORGIO MOTTOLA

SELEZIONATO LO SPECIALE SULL’IMMIGRAZIONE

Il prepensionamento è peggio dellarottamazione. Si lascia uno spazio

vuoto nelle redazioni e basta

Vito Faenza è unodei circa 700 gior-nalisti italiani chenei prossimi mesiverranno “rotta-mati”, con l’ondata

di prepensionamenti. Ha ses-santuno anni e da quasi quaran-ta fa questo mestiere. Lavora alCorriere del Mezzogiorno, il dor-so campano del Corriere dellaSera, dopo una vita passata all’U-nità. Vito Faenza è uno di queigiornalisti che sa le cose primache accadano. A svegliarlo all’al-ba è spesso la telefonata del capodella Squadra mobile che gli an-nuncia le operazioni effettuatedurante la notte. Per i colleghi inredazione è meglio di Wikipedia:di ogni avvenimento conosce iprecedenti, sa subito dirti con chiparlare e dove cercare; è comeun’emeroteca portatile. Uno de-gli autori dei testi che Roberto Sa-viano recita su Raitre, durante glispeciali di Fazio, si rivolge quasisempre a Vito Faenza per le rico-struzioni storiche sulla camorracasertana. E guai a pensarlo co-me un Matusalemme tecnofobi-co aggrappato alla macchina dascrivere. Al Corriere del Mezzo-giorno, infatti, Faenza si occupada un paio di anni del sito web e,da solo, cura la pagina Facebookdel giornale. Ma da settembre, ilsuo giornale ha deciso di fare ameno di lui. Per il biennio 2009-2010, secon-do al Federazione nazionale del-la stampa italiana, sono previstioltre 1000 prepensionamenti.Già a novembre erano coinvoltioltre 600 giornalisti: nel conto,però, vengono considerate an-che le casse integrazioni e i con-tratti di solidarietà. Nel 2010 do-vrebbero esserci altri 700 pre-pensionamenti. I giornali sisvuoteranno dei redattori conpiù di 56 anni. L’età media delleredazioni si abbasserà vertigino-samente, ma si perderanno im-portanti professionalità, comequella di Vito Faenza per l’ap-punto. E il ricambio generazio-nale, che dovrebbe conseguirne,non va assolutamente dato perscontato. Il prepensionamento èinfatti un ammortizzatore socia-le, una misura emergenziale cheviene adottata dalle testate, cheabbiano dichiarato lo stato di cri-si. Ha due immediate implicazio-ni: il blocco delle assunzioni perdue anni e, di conseguenza, la ri-duzione dell’organico.“Il pre-pensionamento – spiega FabioMorabito, membro del Cdr delMessaggero e presidente di Asso-stampa romana - è molto peggiodi una rottamazione. Un’auto-mobile viene rottamata perchése ne acquista un’altra. Quandoun giornalista viene prepensio-

Ifg in onda su Radio TreNon solo difficoltà di integrazione, ma anche amore, soddisfazione nel lavoro e conviven-za religiosa. L’inferno dei profughi nel porto di Ancona e la felicità di un operaio albaneseche nelle Marche è riuscito a diventare imprenditore. Sono solo alcune delle storie, rac-contate dallo speciale radiofonico“Il nuovo volto dell’Italia. Immigrati nelle Marche”, rea-lizzato dalla Scuola di Giornalismo di Urbino. Andrà in onda su Radio Tre il 30 gennaioalle ore 19. Lo speciale ha partecipato al concorso Rai “Il cantiere” ed è stato seleziona-to tra i lavori presentati dalle Scuole di Giornalismo di tutta Italia sullo stesso tema.

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