Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia...

89
STUDIO BIBLICO SULLA GENESI Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo Libro della Sacra Scrittura A cura di alcuni appartenenti alla Comunità Dio Vivente

Transcript of Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia...

Page 1: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

STUDIO BIBLICO

SULLA

GENESI

Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti)

sul primo Libro della Sacra Scrittura

A cura di alcuni appartenenti alla

Comunità Dio Vivente

Page 2: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

IL LIBRO DELLA GENESI

INTRODUZIONE

La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo, un’amicizia a cui Dio, anche quando l’uomo con il peccato originale l’ha tradita, non è mai venuto meno. Dio sceglie di rivelarsi, di manifestare il suo amore attraverso la “parola”, proprio perché questa è lo strumento principale con cui gli esseri umani, a differenza di tutti gli altri esseri creati, comunicano se stessi.

La parola di Dio è l’espressione di una potenza che continuamente crea. E’ significativo che le prime due parole con cui ha inizio la Bibbia siano proprio: “Dio disse” (Gen. 1,1). La parola di Dio “è stabile come il cielo”; “nel rivelarsi illumina”; essa “è dolce al mio palato”.

La parola di Dio è “parola di verità” (2 Sam. 7,28), che in Gesù Cristo, figlio unigenito di Dio, si è fatta “carne” ed è venuta ad abitare in mezzo a noi. Cristo rende presente e operante tutta intera la storia della salvezza iniziata dal Padre con la creazione del mondo, portata avanti con il messaggio profetico e sapienziale. Una storia della salvezza, che con la venuta di Cristo giunge al suo compimento. Gesù, quindi, è la Parola di Dio definitiva e irripetibile.

LA CREAZIONE

LA RIVELAZIONE

Il Vat. II al n.2 della “DEI VERBUM” chiarisce il significato di Rivelazione in questi termini: “Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelare Se stesso e manifestare il mistero della sua volontà, mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, nello Spirito Santo hanno accesso al Padre e sono resi partecipi dalla divina natura. Con questa Rivelazione, infatti, Dio invisibile nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici e s’intrattiene con loro, per invitarli e ammetterli alla comunione con Se

La profonda verità, poi, sia di Dio sia della salvezza degli uomini, per mezzo di questa Rivelazione risplende a noi in Cristo, il quale è insieme il mediatore e la pienezza di tutta intera la Rivelazione”.

Questa Rivelazione, non è avvenuta una volta e per sempre, ma Dio si comunica gradualmente all’uomo (c’è una particolare “pedagogia divina”), lo prepara per tappe a ricevere la Rivelazione soprannaturale che Egli fa di Se stesso e che culmina nella persona e nella missione del Verbo incarnato, Gesù Cristo.

Page 3: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

Dio ha rivelato tutto in Gesù Cristo, quindi non c’è da aspettarsi alcuna nuova rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa del Signore alla fine dei tempi; tuttavia anche se la Rivelazione è compiuta, non è però completamente esplicitata: toccherà alla fede cristiana coglierne gradualmente tutta la portata nel corso dei secoli. La Rivelazione divina contiene tre elementi intimamente connessi:

a) La Sacra Scrittura: è la Parola di Dio messa per iscritto sotto l’ispirazione dello Spirito Santo.

b) La Tradizione: viene dagli Apostoli e trasmette ciò che costoro hanno ricevuto dall’insegnamento e dall’esempio di Gesù e ciò che hanno appreso dallo Spirito Santo.

c) Il Magistero: ha il compito di interpretare autenticamente la Parola di Dio scritta o trasmessa.

Il Magistero però non è al di sopra della Parola di Dio, ma la serve, insegnando soltanto ciò che è stato trasmesso, e da questo unico deposito della fede attinge tutto ciò che propone di credere come rivelato da Dio.

L’ISPIRAZIONE

La “DEI VERBUM” al numero 11 spiega cos’è l’Ispirazione: “Le verità divinamente rivelate, che nei libri della Sacra Scrittura sono contenute ed espresse, furono scritte per ispirazione dello Spirito Santo. La Santa Madre Chiesa, per fede apostolica, ritiene sacri e canonici tutti interi i Libri sia dell’Antico Testamento che del Nuovo Testamento, con tutte le loro parti, perché scritti per ispirazione dello Spirito Santo, hanno Dio per autore e come tale sono stati consegnati alla Chiesa.

Per la composizione dei Libri Sacri, Dio scelse e si servì di uomini nel possesso delle loro facoltà e capacità, affinché, agendo Egli in essi e per loro mezzo, scrivessero, come veri autori tutte e soltanto quelle cose che Egli voleva fossero scritte.

Poiché dunque tutto ciò che gli autori ispirati o agiografi asseriscono, è da ritenersi asserito dallo Spirito Santo, è da ritenersi anche, per conseguenza, che i Libri della Scrittura insegnano con certezza, fedelmente e senza errore, la verità che Dio, per la nostra salvezza volle fosse consegnato nelle Sacre Lettere. Pertanto “ogni Scrittura divinamente ispirata è anche utile per insegnare, per convincere, per correggere, per educare alla giustizia, affinché l’uomo di Dio sia perfetto, addestrato a ogni opera buona” (2 Tim. 3, 16-17).

Page 4: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

LA FORMAZIONE DELLA BIBBIA

Ogni tradizione religiosa vive in genere due forme intrecciate tra loro: una trasmissione orale, spontanea, vitale e di una successiva codificazione scritta.

Un popolo ai suoi inizi, proprio come un bambino, non comincia la sua storia scrivendo libri, prima vive, poi, fatta esperienza, scrive per ricordare e far ricordare alle nuove generazioni ciò che ha vissuto.

Anche il Popolo d’Israele, prima ha vissuto una Storia, poi ha cominciato a trasmettere il ricordo di padre in figlio (tradizione orale) e infine ha anche fissato tale storia in una memoria scritta.

E’ nata così la Bibbia; ma essa non è stata scritta tutta nello stesso periodo di tempo: il Libro più antico (forse quello del Profeta Amos) è del 750 a.C. l’ultimo del N.T. è l’Apocalisse di S. Giovanni, composta circa nell’anno 100 d.C.

La Bibbia non contiene solo narrazioni di eventi storici (Esodo, Atti degli Apostoli) ma anche raccolte di leggi sociali e morali (Levitico, Deuteronomio), esortazioni e invettive (Profeti), preghiere (Salmi), lettere (di Paolo e altri), descrizioni fantastiche (Daniele, Apocalisse), poemi e proverbi.

L’INTERPRETAZIONE

La “Dei verbum” al n. 12 ci indica la strada che dobbiamo percorrere per inoltrarci, senza sbagliare, nello studio della Bibbia.

Poiché Dio nella Sacra Scrittura ha parlato per mezzo di uomini e alla maniera umana, l’interprete della Sacra Scrittura, per capire bene ciò che Egli ha voluto comunicarci, deve ricercare con attenzione, che cosa gli agiografi in realtà abbiano inteso significare e a Dio è piaciuto manifestare con le loro parole.

Per ricavare l’intenzione degli agiografi si deve tener conto tra l’altro anche dei “generi letterari”. La verità infatti viene diversamente proposta ed espressa nei testi in varia maniera: storica, profetica, poetica o con altri modi di dire. E’ necessario dunque che l’interprete ricerchi il senso che l’agiografo intese esprimere ed espresse in determinate circostanze, secondo la condizione del suo tempo e della sua cultura, per mezzo dei generi letterari allora in uso.

Però dovendo la Sacra Scrittura essere letta e interpretata con l’aiuto dello stesso Spirito mediante il quale è stata scritta, per ricavare con esattezza il senso dei sacri testi, si deve badare con non minore diligenza al contenuto e alle unità di tutta la Scrittura, tenuto debito conto della viva Tradizione di tutta la Chiesa

Quanto, infatti, è stato qui detto sul modo di interpretare la Scrittura, è sottoposto in ultima istanza al giudizio della Chiesa, la quale adempie il divino mandato e ministero di conservare e interpretare la parola di Dio”.

Page 5: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

Da questa chiara esposizione del Concilio emerge una triplice traccia di approfondimento, che ci fa giungere proprio al cuore della Bibbia e cioè: “ i generi letterari”, “i sensi della Bibbia”, “la lingua”.

I GENERI LETTERARI

Sono modi attraverso cui si esprime una lingua. Nella Bibbia, infatti, vi sono molteplici forme letterarie; ciò dipende dalla diversità degli autori, dalla materia trattata, dal pubblico a cui si rivolge l’autore sacro, dal temperamento, dalla cultura, dalla mentalità degli agiografi.

Ecco come gli esegeti classificano i generi letterari presenti nell’Antico Testamento: POESIA POPOLARE: ne sono esempi: il cantico del lavoro (Num. 21, 17-18); il

cantico d’amore (Cantico dei Cantici); il cantico del custode (Isaia 21, 11-12); la satira (Isaia 23, 15-16); il cantico della vittoria (Esodo 15); la favola (Giudici 9); le benedizioni e le maledizioni (Gen. 49); i proverbi (1 Sam. 10, 12); gli enigmi (Giudici 14,14).

PROSA UFFICIALE: ne fanno parte: il fatto (Deut. 5); il simbolo di fede (Deut. 26); le leggi e le prescrizioni in genere, l’istruzione o la Torà (Lev. 1-8); la guerra sacra (Deut. 20); la lettera (Esdra 4-6).

NARRAZIONI: a questo genere appartengono: il mito (Isaia 14); la fiaba (Num.22); la leggenda (Gen. 28, 10-22); annali e cronache di corte (Re); l’aneddoto, le memorie (Neemia); notizie autobiografiche (Ger. 20); storiografie (Samuele); narrazione fittizia (Tobia, Ester).

LETTERATURA PROFETICA: comprende la forma dell’oracolo (oracolo di salvezza, oracolo contro i popoli); la visione (Amos 7-8); il sogno (Ger. 23, 31-32), le unità escatologiche (Isaia 34-35); l’apocalisse (Daniele).

GENERI SAPIENZIALI: proverbi, sentenze, detti popolari. Il genere letterario non differisce solo da libro a libro, ma all’interno degli stessi libri

coesistono diversi generi: segno evidente che questi Libri sono stati scritti in un lungo periodo e da più autori o che sono raccolte di testi eterogenei. Solo due esempi:

Genesi 1-11 parla dell’origine del mondo e dell’umanità, del diluvio universale: il genere letterario è quello poetico-mitologico e poetico-liturgico; mentre Genesi 12- 50 che parla della storia dei Patriarchi (Abramo, Isacco, Giacobbe, Giuseppe), si avvale, tra l’altro della genealogia, della narrazione epica, della leggenda, del racconto popolare e aneddotico.

I Salmi presentano una gamma vastissima di espressioni: ci sono inni, suppliche, lamenti individuali e collettivi, preghiere di lode e di ringraziamento, salmi regali o celebrativi, salmi didattici a loro volta distinti in sapienziali, storici, liturgici, ecc...Ecco una breve scheda su ciascuno dei principali generi letterari, con l’indicazione di brani biblici da leggere come esempio.

Page 6: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

GENERE STORICO: all’origine dei “Libri storici” (come Samuele, Re, Neemia, Maccabei, Atti degli Apostoli), ci sono certamente degli avvenimenti di cui il popolo (o almeno qualche tribù) ha conservato memoria per via di tradizione orale. Il modo di riferire sull’avvenimento può limitarsi a una semplice evocazione dei fatti e della loro data, ma può ampliarsi nella “biografia” di tale o tal altro protagonista, o può perfino tentare di interpretare gli avvenimenti, caricandoli di un significato che supera la materialità dei fatti constatati. In genere, l’autore biblico non racconta dei fatti tanto per riportare la cronaca del tempo, ma piuttosto per trasmettere il significato umano, la “lezione” di tali fatti per il popolo. Gli storiografi della Bibbia, in ossequio anche alle consegne dei Profeti e Sacerdoti, selezionano tra gli eventi nazionali, quelli che meglio soddisfano i loro intenti cultuali e morali, senza preoccuparsi troppo di servirsi degli annali di corte. In pratica, la storia ha un senso, perché Dio attraverso il tempo e gli avvenimenti umani, persegue il suo progetto di alleanza col popolo eletto: questa è la convinzione di base degli storiografi biblici.

GENERE EPICO: l’Odissea in Grecia, l’Eneide a Roma, sono esempi a tutti noti, del genere letterario “epico”. A partire da un nucleo storico accertato o presupposto, si amplifica in modo enfatico, volutamente, una vicenda che trascende e trasfigura il reale, di modo che l’avvenimento o il personaggio-chiave (cioè l’eroe che impersona la stirpe, la razza, la nazione)si imprimono più vivamente nella memoria collettiva del popolo e lo stimolano a riconoscersi unito e concorde attorno ai “padri della patria”, nel rispetto delle proprie comuni origini, nell’accettazione di una vocazione o di un destino storico che coinvolge la collettività. Nella Bibbia (A.T.), sono narrate sotto questa forma letteraria le vicende dei Patriarchi (Gen. 19-50), di Mosè (Esodo), della conquista della terra promessa (Giosuè, Giudici). In particolare l’Esodo è chiaramente costruito sullo stile epico: Mosè salvato dal Nilo e poi alle prese col faraone, le piaghe d’Egitto, le Tavole della Legge sul Sinai, i prodigi e i simboli (fuoco, nube, manna), durante la lunga marcia nel deserto... Un’idea fondamentale sta alla base di tutta questa narrazione epica: Jahwé ha scelto Israele per farne il suo Popolo, ha stabilito un’alleanza con lui, l’ha salvato “con mano forte e braccio teso” gli ha dato una legge, gli ha promesso una terra, ed è ancora per intervento di Jahwé che Israele la potrà finalmente conquistare. GENERE PROFETICO: in tutto l’antico Oriente esistevano uomini che esercitavano l’arte divinatoria (la capacità, presunta o meno, di conoscere gli eventi futuri), ma i Profeti-scrittori di Israele svilupparono un genere letterario originale, anche rispetto agli altri libri biblici. Generalmente si pensa che il Profeta sia una persona che predice il futuro. In realtà, questa parola di origine greca indica nella letteratura ebraica: uno che parla in nome di Dio, che serve da porta-parola di Jahwé, che fa da intermediario tra Dio e il popolo. Isaia, Geremia, Ezechiele e i Profeti “minori” rappresentano questo genere letterario attraverso forme espressive diverse: brevi indirizzi al popolo di tono esortativo, per invitarlo alla conversione, per far riflettere sul passato d’Israele e ricondurlo sulla retta via, per purificare una religione in cui i doveri sociali abbiano la

Page 7: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

precedenza sul culto ritual;: brevi invettive indirizzate a una città, a una nazione, a una generazione, dal tono diretto e minaccioso, per provocare una benefica reazione di ravvedimento più che per condannare; interpretazioni moralistiche di eventi naturali o politici, prima preannunciati e poi “spiegati” come elementi provvidenziali del Dio d’Israele. GENERE POETICO: sono presenti nella Bibbia tutti i generi poetici in uso tra i popoli dell’antico vicino Oriente, e sono presenti lungo tutto l’arco degli oltre dieci secoli di letteratura biblica, che va dalle stupende Odi di Giudici del cap. 5, o del Salmo 29, fino alla finissima lirica del Cantico dei Cantici, fino a raggiungere quegli scritti di “letteratura minore” che sono i Vangeli, nati in piena epoca imperiale romana. La poesia biblica si distingue stilisticamente dalla prosa per la scelta di forme verbali ricercate, per la ricorrenza studiata di certe locuzioni, ma soprattutto per il parallelismo, costituito da versi che si ripetono completando o variando la stessa idea. Ad esempio: “ mi avvolgono flutti mortali/ mi inondano torrenti rovinosi/ mi stringono le funi degli inferi/ mi incombono i lacci di morte” (Salmo 18, 5-6) E’ poesia là dove si creano simboli (Giona), là dove si presentano voce e lacrime a un popolo disfatto (Lamentazioni di Geremia), là dove si loda Dio nelle sue creature e si contemplano le creature specchio del Creatore (Salmi), là dove il profeta scongiura una generazione a voltare le spalle agli idoli o quando piange con gli esiliati, sognando con struggente nostalgia il ritorno alla propria terra (Profeti e Salmi). GENERE APOCALITTICO: dal suo significato etimologico, che è “rivelazione“, la parola “apocalisse” è diventata oggi, abusivamente, sinonimo di disastro, di catastrofe, di fine del mondo. Le apocalissi della letteratura ebraica (ad esempio Daniele) e l’Apocalisse del N.T. contengono anche descrizioni di fenomeni terrificanti, ma la loro interpretazione è tutt’altro che intimidatoria o spettacolare. E’ una letteratura tipica del tempo di miseria e di persecuzione. Il suo messaggio è questo: per quanto triste possa essere la condizione attuale del singolo o del Popolo, Dio prepara un futuro in cui la giustizia trionferà.

I SENSI DELLA BIBBIA

Secondo un’antica Tradizione (ripresa dal Catechismo della Chiesa Cattolica), si possono distinguere due sensi della Sacra Scrittura: il senso letterale e quello spirituale; quest’ultimo è suddiviso in : senso morale, anagogico e allegorico.

Il senso letterale: è “ciò che gli autori sacri hanno realmente inteso significare” (Dei Verbum n. 12), E’ quello significato dalle parole della Scrittura e trovato attraverso l’esegesi che segue le regole della retta interpretazione (cioè i generi letterari). Il senso letterale si divide a sua volta in:

Page 8: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

Senso letterale proprio: si verifica quando le parole vengono utilizzate dall’agiografo nel loro significato proprio; per esempio: “Gesù si diresse verso il Mare di Galilea” (Mt. 15, 29).

Senso letterale traslato: si ha quando le parole vengono intese dallo scrittore in senso figurato, per esempio: “Poiché mi rallegri, Signore, con le tue meraviglie, esulto per l’opera delle tue mani” (Salmo 92, 5); dove è evidente che la parola “mani” non indica la parte terminale del braccio, ma la potenza misericordiosa di Dio.

A volte il senso traslato riguarda una sola parola, in questo caso abbiamo la “metafora”, altre volte un intero discorso, come nel caso della “ parabola”.

Il senso spirituale: rivela il significato soggettivo per la fede del credente; è ciò che Dio ha voluto dire attraverso l’agiografo. Il senso spirituale è contenuto nel senso letterale, ma lo supera, poiché si ricollega con il disegno salvifico di Dio, autore primario della Bibbia, e può essere studiato solo alla luce di una rivelazione ulteriore.

L’esistenza del senso spirituale ci induce, perciò, a riconoscere nelle Bibbia una profonda unità, determinata dal fatto che tutta la Rivelazione ha come centro la figura di Cristo, attraverso il quale si orienta tutto l’insegnamento biblico.

Il senso morale: gli avvenimenti narrati nella Scrittura possono condurci ad agire rettamente “Sono stati scritti per ammonimento nostro” (1 Cor. 10,11).

Il senso anagogico: permette di leggere gli eventi narrati, come segni anticipatori di avvenimenti futuri, che ci conducono (in greco “anagoghè”) verso la nostra Patria. Così la Chiesa sulla terra è segno della Gerusalemme celeste.

Il senso allegorico: possiamo giungere ad una comprensione più profonda degli avvenimenti se riconosciamo il loro significato in Cristo; così la traversata del Mar Rosso è un segno della vittoria di Cristo,come avviene anche nel Battesimo.

In conclusione occorre ricordare che l’interpretazione della Bibbia è un compito

inesauribile, perché essendo Parola di Dio che interpella l’uomo, manifesta il Suo mistero che è appunto inesauribile, e chiede all’uomo la comprensione del suo valore e la sua attualizzazione nella vita personale e comunitaria. Ciò significa che alle passate interpretazioni si aggiungerà sempre lo sforzo di calare il messaggio biblico nelle situazioni nuove della vita umana.

LA LINGUA

La Bibbia non è stata scritta in una sola lingua, ma in tre lingue differenti, che

servirono agli autori ispirati per scrivere i testi originali della Sacra Scrittura: l’ebraico, l’aramaico e il greco; e alla fine del IV sec. d.C. in latino, da S. Girolamo.

L’ebraico: è una lingua semitica (dal nome di Sem, figlio di Noè). Era parlato dagli Israeliti fino a qualche secolo dopo l’esilio babilonese (IV sec. a.C,); poi fu usato solo nelle preghiere e nelle composizioni letterarie. Risuscitato e adattato alle esigenze della civiltà moderna, è ora usato correttamente nello Stato d’Israele.

L’aramaico: (da Aram: la regione che poi si chiamò Siria), divenne comunemente la lingua parlata dai giudei di Palestina al tempo di Gesù. Alcune parole “ebraiche” riportate

Page 9: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

dai Vangeli sono in realtà “aramaiche”: “Messia”, “Pascha”, “Golgota”, “Talitha Kum”, ecc...

Il greco: fu diffuso in Oriente dalle conquiste di Alessandro Magno (dal 333 al 323 a.C.) e divenne la lingua delle persone colte.

La prima traduzione in greco dell’Antico Testamento è chiamata la “Bibbia dei Settanta”; il suo nome è legato a una leggenda secondo la quale il Re d’Egitto Tolomeo Filadelfo (285-247 a.C.) desiderando arricchire la celebre biblioteca di Alessandria con un esemplare della legge mosaica, radunò nella città “Settanta” dotti ebrei provenienti da Gerusalemme, i quali tradussero in altrettanti giorni (“Settanta”) tutto l’Antico Testamento. Il Nuovo Testamento fu scritto interamente in greco. Sappiamo però, che la prima redazione del Vangelo di Matteo, fu in ebraico (o aramaico); ma a noi è arrivata solo la redazione in greco.

Il latino: nel tempo cristiano, ci furono diverse traduzioni latine della Bibbia, compreso il Nuovo Testamento. La più famosa è quella di S. Girolamo (347-420), alla fine del IV sec. d. C. Essa fu dichiarata autentica, cioè autorevole sul piano dottrinale, dal Concilio di Trento (1563). Per il suo carattere divulgativo tra il popolo, questa traduzione è detta “Volgata”, cioè “divulgata”.

ROTOLI, PAPIRI E CODICI

I libri antichi avevano forma di rotoli. Si scriveva a colonne su larghe pagine, fatte di cuoio sottile; queste pagine si cucivano l’una di seguito all’altra e si arrotolavano attorno a un bastone. Così sono i “rotoli” del I sec. a. C. e d. C. scoperti negli anni 1947-1950 a Qùmran (le grotte presso il Mar Morto); così sono i “rotoli” del Pentateuco usati nelle Sinagoghe.

Invece del cuoio si usava anche il “papiro”, che gli Egiziani preparavano dal fusto della pianta paludosa detta appunto “papiro”. I Libri del Nuovo testamento furono scritti in origine probabilmente su papiro.

Papiri del N.T. che risalgono fino ai secoli II e III d. C. furono trovati in Egitto, dove il clima secco li ha preservati dalla distruzione.

Ma le Chiese cristiane preferiscono una nuova forma di libro e cioè il “codice”, formato, come i libri moderni, da tanti fogli legati da una sola parte.

Il materiale scrittorio, già perfezionato nel sec. II a. C. fu la “pergamena” (da Pergamo, città dell’Asia Minore), cioè la pelle di animali ridotta a fogli sottili e solidissimi.

ATTENDIBILITA’ DEL TESTO BIBLICO

Chi prende in mano oggi il testo dell’Antico Testamento ha il diritto di chiedersi: su quali fonti si basa questo testo? Sono ancora disponibili i manoscritti originali degli autori: di Mosè, di Davide, di Isaia?

In realtà di nessun libro, sia dell’Antico che del Nuovo Testamento, possediamo il manoscritto originale. Questo fatto a prima vista indurrebbe a dubitare della credibilità del testo biblico: a quel tempo quando ormai consumato dall’uso, esso non era più utilizzabile per la lettura liturgica, veniva sostituito da una copia accuratamente eseguita e più volte controllata col testo precedente; l’originale, ormai inutile, veniva bruciato o murato.

Page 10: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

Di secolo in secolo si eseguirono perciò sempre nuove copie, ma esse venivano preparate con la precisione, addirittura proverbiale, del popolo ebraico, una precisione che scaturiva non da esigenze di scrupolosità scientifica, ma dalla venerazione per la Parola di Dio.

Una così meticolosa accuratezza è per noi un’ottima garanzia che il testo originale non è stato alterato.

Il confronto critico fra tutti i manoscritti biblici ci offre la certezza che la Bibbia che abbiamo oggi corrisponde a quella originale.

Giuseppe Schillizzi

Page 11: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

PENTATEUCO E IL CANONE BIBLICO

Il nome “Pentateuco” designa l’insieme dei primi cinque libri della

Bibbia: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio. Il

termine, di origine greca, è composto da pente che significa

“cinque”, e teuchos che indicava inizialmente l’“astuccio”, cioè il

contenitore cilindrico che custodiva un rotolo e passò poi a

indicare il contenuto dell’astuccio, cioè il rotolo. Pentateuco

significa dunque “libro dei cinque rotoli”.

Nella tradizione ebraica ogni libro viene indicato con le sue parole

iniziali; così il primo libro si chiama Bereshìt, che significa “In

principio”. Nella tradizione cristiana greco-latina, invece, i nomi

dei libri si riferiscono al loro contenuto. Così, ad esempio, Genesi

è il nome del primo libro della Bibbia, in quanto narra le origini

dell’umanità e del popolo d’Israele.

Nella tradizione ebraica il Pentateuco costituisce la Torah, cioè la

Legge (letteralmente Torah significa però “insegnamento”,

“istruzione”) e rappresenta il cuore della Bibbia ebraica e della

rivelazione di Dio al suo popolo.

La composizione del Pentateuco

Per molti secoli la tradizione ebraica, seguita da quella cristiana,

ha attribuito il Pentateuco alla paternità di Mosè. Nel Talmud si

ammette solo che non appartengano a Mosè gli ultimi otto

versetti, ossia il racconto della sua morte (Dt 34,5-12), che viene

attribuito a Giosuè. Questo giudizio unanime iniziò a incrinarsi in

ambiente ebraico con Ibn Ezra (XII sec.), il quale notò nel testo

anacronismi e incongruenze che deponevano a sfavore

Page 12: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

dell’attribuzione mosaica, e venne poi a crollare del tutto,

progressivamente, nei secoli XVI-XVIII, con l’esegesi moderna.

Agli inizi del XIX sec. l’idea di Mosè autore del Pentateuco era

ormai definitivamente tramontata fra gli studiosi. In effetti, una

lettura attenta mostra che il Pentateuco non può essere frutto di

un solo autore e che, anzi, è un’opera composita. Nelle parti

narrative si trovano doppioni (racconti in duplice, e in qualche

caso, anche triplice versione, ad esempio due racconti della

creazione: Gen 1,1-2,4a e 2,4b-25; due racconti dell’alleanza con

Abramo: Gen 15 e 17), contraddizioni (il diluvio durò quaranta

giorni e quaranta notti, secondo Gen 7,4.12, oppure un anno

intero, come emerge da Gen 7,6.11; 8,13), differenze di stile e di

vocabolario (la diversità dei nomi divini – YHWH o Elohìm – è

soltanto la più evidente), discontinuità narrative e interruzioni di

discorso (ad esempio, fra Es 19,25 e Es 20,1). Nella seconda metà

del secolo XIX le diverse ipotesi, che si andavano formulando già

da molto tempo, si coagularono nella cosiddetta “teoria

documentaria” o “teoria wellhauseniana” (da Julius Wellhausen,

1844-1918). Secondo questa teoria, il Pentateuco sarebbe il

risultato della compilazione e della fusione di documenti sorti in

periodi e ambienti diversi. Una parte del materiale contenuto in

questi documenti sarebbe circolato dapprima sotto forma di

tradizioni orali.

. Oggi gli studiosi sono tutti concordi nel ritenere che la

fisionomia attuale del Pentateuco sia costituita da quattro

redazioni principali dette Tradizioni:

Page 13: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

• Tradizione Sacerdotale

• Tradizione Deuteronomista

• Tradizione Jahvista

• Tradizione Elohista

La Tradizione Sacerdotale

La Tradizione Sacerdotale è la più facilmente identificabile e fa da filo conduttore del libro. Si estende dal racconto della Creazione nello schema dei 7 giorni (Gn 1,1-2,4a) fino alla morte di Mosé narrata nel Deuteronomio (34,7-9). La Tradizione Sacerdotale ha uno stile caratteristico particolare: usa ripetizioni, numeri precisi, genealogie e tutto ciò che fa pensare al culto o a dei cerimoniali liturgici come i sacrifici, i santuari, il clero rappresentato da Aronne ed i suoi figli. Da queste caratteristiche deriva, appunto, il nome "Tradizione Sacerdotale" che viene codificata con la lettera "P" (dal tedesco Pristercodex = codice sacerdotale).

La Tradizione Deuteronomista

La Tradizione Deuteronomista viene codificata con la lettera "D".

La si riconosce per il suo genere letterario fatto di avvertimenti,

minacce, promesse, richiami all’obbedienza, precisazioni

legislative. Il tutto è poi ricondotto al comandamento centrale

dell’amore di Dio (Dt 6,5) e all’osservanza della sua legge,

sorgente di gioia e di vita per coloro che la mettono in pratica.

La Tradizione Jahvista

La Tradizione Jahvista è così denominata perché nomina Dio con

il nome personale di JHWH (tetragramma sacro) ed è indicata con

Page 14: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

la lettera "J". Questa tradizione racconta la storia delle origini,

dalla Creazione fino alla morte di Mosé, e sottolinea il rifiuto

dell’uomo di fronte alla Parola di Dio (Gn 3), la violenza annidata

nel cuore dell’uomo (Gn 4), la pazienza e la benevolenza di Dio

mediata dalla persona di Noè e dai suoi discendenti (Gn 6-8). La

Tradizione Jahvista ha uno stile pittoresco e narra delle storie: i

figli di Noé (Gn 9,18-27); la torre di Babele (Gn 11), e parla di Dio

in modo antropomorfico (= umano) (Gn 3,8; 7,16; 18,2).

La Tradizione Elohista

La Tradizione Elohista è codificata con la lettera "E" ed è così

chiamata perché si riferisce al nome personale di Dio identificato

con Elohim fino a quando viene rivelato il nome di JHWH (Esodo

3). Questa tradizione la si trova spesso intrecciata alla tradizione

Jahvista tanto che a volte, in certi brani, non si puó separare. Pare

che sia proprio a questo strato che si ricolleghi la più antica

raccolta legislativa del Pentateuco, nominato anche Codice

dell’alleanza (Esodo 20,23; 33). Le narrazioni di questa tradizione

hanno la caratteristica di sottolineare maggiormente la distanza

tra Dio e l’uomo. Dio è visto come colui che incute paura, timore;

nelle narrazioni intervengono gli angeli per non attribuire a Dio

una figura troppo umana.

Queste varie tradizioni ebraiche hanno ritoccato con sfumature

diverse il Pentateuco, senza nulla togliere al nucleo principale

dell’unicità di Dio. Per tutti i cristiani il Pentateuco rimane una

sorgente di vita; essi vedono attuate nel Cristo tutte le promesse

fatte ad Abramo.

Page 15: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

l canone biblico è, in ambito ebraico-cristiano, l'elenco dei

testi contenuti nella Bibbia, riconosciuti come ispirati da

Dio e dunque sacri, normativi per una determinata

comunità di credenti in materia di fede e morale.

IL CANONE DELLA BIBBIA

Per la chiesa cattolica il canone biblico si può dire

definitivamente stabilito in maniera dogmatica al Concilio

di Trento l’8 aprile 1546, con il decreto De canonicis

Scripturis; tale decreto fu in realtà solamente la ripetizione

dell’elenco dei libri canonici contenuto nel Decretum pro

Iacobitis del precedente Concilio di Firenze (4 febbraio

1441). Tuttavia, le prime decisioni conciliari sul canone

biblico che ci sono pervenute risalgono agli antichi concili

africani di Ippona (393) e Cartagine (397 e 419), cui prese

parte Agostino, i quali riportano un canone identico a

quello tridentino. Gli atti del concilio di Ippona sono

perduti, ma abbiamo il suo sommario che venne letto ed

approvato a Cartagine (397):

Page 16: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

“Oltre alle Scritture canoniche nulla dev’essere letto sotto il

nome di divine Scritture. E le scritture canoniche sono:

Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio; Giosuè,

Giudici, Ruth, i quattro dei Re, i due dei Paralipomeni,

Giobbe, Salterio di David, cinque libri di Salomone

[Proverbi, Ecclesiaste, Cantico dei Cantici, Sapienza,

Ecclesiastico], i dodici Profeti [i minori: Osea, Gioele, Amos,

Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo,

Zaccaria, Malachia], Isaia, Geremia, Daniele, Ezechiele,

Tobia, Giuditta, Ester, i due di Esdra [Neemia ed Esdra], i

due dei Maccabei. Del Nuovo Testamento quattro libri di

Evangeli, un libro di Atti degli Apostoli, tredici lettere di

Paolo apostolo, una del medesimo agli Ebrei, due di Pietro,

tre di Giovanni, una di Giacomo, una di Giuda, l’Apocalisse

di Giovanni”

Di conseguenza per la Chiesa Cattolica il canone, ovvero

l’elenco dei libri che fanno parte delle Sacre Scritture della

Bibbia, è espresso chiaramente dal Concilio di Trento,

secondo quanto fissato dal Concilio di Firenze e, prima, da

alcuni concili africani del IV secolo.

Nella definizione tridentina furono riconosciute canoniche

anche parti da alcuni allora contestate, come la finale

lunga del Vangelo di Marco (Mc 16,9-20) e l’episodio

dell’adultera (Gv 7,53-8,11), che invece i Protestanti o

Page 17: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

omettono o inseriscono tra parentesi. In generale però il

NT si presenta oggi sostanzialmente identico nelle Bibbie

protestanti e in quelle cattoliche.

La tradizione cristiana successiva, almeno a partire da un

certo momento, ha sentito il complesso dei libri canonici

del NT come un tutto unitario. E questo vale anche per noi,

sebbene resti valida l’esigenza di tener conto del contesto

culturale e dei rapporti possibili con la produzione

contemporanea.

Complessa e molto studiata è la questione della fissazione

del canone del NT, ossia del processo con cui si è stabilito

che certi libri dovevano essere considerati «normativi» per

i cristiani, dovevano quindi far parte della Sacra Scrittura,

al pari dell’AT. Al tempo di Paolo e degli autori del NT, ma

ancora oltre, con «Scrittura» si intendeva solo l’AT.

Nel periodo in cui gli scritti del NT furono composti (tra

seconda metà del I sec. e inizio del II sec.), e

successivamente, fiorì una vasta produzione di scritti

apocrifi e di quegli scritti di ispirazione biblica, che

denominiamo «Padri apostolici». Possiamo constatare che

nei primi secoli della Chiesa la valutazione sulla canonicità

e non canonicità è oscillante per quanto riguarda scritti

appartenenti a tutti questi ambiti, per cui alcuni scritti oggi

entrati nel canone non erano universalmente accettati,

Page 18: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

mentre talora scritti oggi esclusi (apocrifi o Padri apostolici)

venivano considerati come Sacra Scrittura.

Franco Billeci

Page 19: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

LA CREAZIONE IN GENESI

Nel libro della Genesi troviamo due racconti della creazione. Il primo attribuito alla

fonte Sacerdotale. Il secondo racconto della creazione è attribuito alla fonte

jahvista.

FONTE SACERDOTALE

ll primo racconto attribuito alla fonte sacerdotale è un testo piuttosto recente (VI

secolo a.C), una riflessione che appartiene al genere sapienziale. In questa

narrazione il Dio che crea l’universo è un Dio trascendente,un Dio onnisciente e

onnipotente, che crea con la parola. E’ chiamato sempre Elohim, forma plurale usata

anche per indicare gli dei degli altri popoli, che tuttavia, riferita al Dio d’Israele,

sembra sottolinearne la maestà. L’opera divina avviene in sei periodi chiamati giorni.

Per descriverla l’autore, prendendo come modello la settimana liturgica, ricorre a

un preciso schema narrativo in cui le formule si ripetono identiche <<Dio disse… E

così avvenne … Dio vide che era cosa buona … E fu sera e fu mattina >> (il girono

ebraico inizia la sera). Nei primi tre giorni Dio crea separando e distinguendo: La luce

dalle tenebre, le acque sotto il firmamento dalle acque sopra il firmamento, il giorno

dalla notte. Nella prima serie, Dio compie esclusivamente una “separazione” tra le

cose create: nel primo giorno vengono separate la luce dalle tenebre; nel secondo

giorno è separato il firmamento, dalle acque di sopra e di sotto (acque piovane e

oceano); il terzo giorno c’è la separazione tra la terra e il mare. Ad ogni separazione

compiuta nella prima serie, corrisponde la “ creazione”, un “dominio”, cioè la

“popolazione”, nella seconda serie: così i corpi celesti, dominano la luce e le

tenebre; gli uccelli e i pesci si muovono nell’aria sotto il firmamento e nell’acqua; gli

animali (bestiame e bestie selvatiche) popolano la terra .

Nei versetti 1,26-31 per ultimo,a coronamento del creato, Dio istituisce il rito del

matrimonio, crea la coppia. La bipolarità sessuale fa parte essenzialmente dell’uomo

(adam), creato <<maschio e femmina>> Nella sua dualità, che significa capacità di

entrare in un rapporto di dialogo, di comunione, di amore, di dono vicendevole e di

fecondità,l’essere umano è creato << a immagine>> di Dio. Uomo e donna,

Page 20: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

strettamente collegati, hanno la stessa dignità, ricevono la stessa benedizione e

partecipano del potere creatore di Dio.

LA BENEDIZIONE

Dio benedice la coppia con una benedizione straordinaria, che comprende la

fecondità e un potere particolare sugli altri esseri viventi. La prima è una

benedizione che ritroviamo di nuovo per Noè e i suoi figli dopo il diluvio, una

benedizione universale, destinata a tutti gli esseri viventi. Circa il potere che Dio dà

all’uomo sul creato, bisogna sottolineare che si tratta di una benedizione: è esclusa

quindi ogni forma di violenza. Il primo verbo <<soggiogare>>, <<sottomettere>>,

non indica un potere illimitato. Mentre il secondo <<dominare>>, spesso descrive il

potere del re, pastore e guida del suo popolo. L’uomo ha la responsabilità del

creato; ha si il diritto di servirsene, ma deve prendersene cura.

FONTE JAHVISTA

Nel secondo racconto della creazione, attribuito alla fonte jahvista, l’autore narra

con uno stile vivo, concreto,ricco di immagini. Il Dio di cui parla, indicato sempre col

doppio nome <<Signore Dio>>, JHWH – ELOHIM, è vicino all’uomo e spesso è

rappresentato proprio come un uomo (linguaggio antropomorfico): impasta l’argilla

come un vasaio; piata gli alberi come un giardiniere; toglie all’uomo una costola e

richiude la carne, come un chirurgo; la sera passeggia nel giardino e dialoga con le

sue creature in modo confidenziale; come un sarto confeziona per loro tuniche di

pelli e come una madre li veste. E’ un Dio molto diverso da quello di Gen. 1 e non

sembra ne Onnisciente, ne Onnipotente: in Genesi 2, 18-20 si chiede come risolvere

il problema della solitudine dell’uomo “Non è bene che l’uomo sia solo” e procede

per tentativi, creando gli animali; in Genesi 3, 9 <<Dove sei?>> sembra non sapere

dove sia l’uomo e cosa sia successo.

Versetto 2-7; l’uomo (adàm) è tratto dalla polvere della terra (adamà) e diviene un

essere vivente con l’alito di vita che Dio soffia nelle sue narici. Nel mito

Paleobabilonese di Atramhasis l’uomo veniva fatto dal dio Enki (dio della sapienza e

dell’acqua) e dalla dea madre Nintu, impastando l’argilla con un elemento divino; il

sangue di un dio “dotato di spirito organizzativo”.

Page 21: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

Vers. 2,8 il giardino (in ebraico gan) che Dio pianta in Eden, viene tradotto

paràdeison nella versione greca, paradium in quella latina, per passare nelle lingue

moderne come paradiso.

Vers. 2,17 L’albero della conoscenza .

Con l’albero della <<conoscenza del bene e del male>> si introduce un primo

elemento negativo, in quanto si dice che, mangiandone, l’uomo dovrà morire (si

riprende la terminologia delle leggi penali). La conoscenza del bene e del male è

privilegio di Dio; violando il comandamento divino, l’uomo rinnega il proprio stato di

creatura e rivendica il diritto di decidere da sé cosa sia bene e cosa sia male. Questa

superbia è la radice di ogni peccato. La costruzione ebraica, tipica del linguaggio

penale, va resa con <<certamente morirai>> o<<dovrai morire>>.

Vers.2,18 Salvezza dalla solitudine .

Dio afferma che <<non è bene che l’uomo sia solo>>. Occorre un aiuto (ezer) che gli

corrisponda,che possa stare di fronte a lui ( non semplicemente che gli sia simile).

Ezer indica un aiuto talmente particolare che solo Dio è capace di fornire; un aiuto

indispensabile, che si rivela determinante quando l’esistenza è minacciata. Questo

aiuto dato da Dio all’uomo è la donna che Dio stesso gli presenta come un dono

prezioso, per salvarlo dalla solitudine. L’AT insiste spesso sul pericolo della solitudine

(isolamento = morte): la vita è comunione e condivisione, fecondità e benessere. Dio

lavora con l’uomo usando il termine plasmò - formò scelto per l’uomo e per gli

animali come un vasaio. Con la donna sceglie il termine costruire come un

architetto.

Vers. 2,23-24 vedendo la donna l’uomo sente di essere in comunione profonda con

lei. Scopre se stesso, si vede nella sua individualità: se prima si era parlato

genericamente dell’essere umano(adàm), ora l’uomo si qualifica come ish (in latino

vir-uomo) e sa che questa creatura che gli sta di fronte è pari a lui, ha la sua stessa

dignità (il suo nome è ishsha,femminile ebraico di ish. E l’uomo rinuncia a se stesso

come individuo isolato per far parte di una nuova realtà immensamente più ricca,

una comunione in cui l’uno e l’altra diventano veramente <<un’unica carne>>.

Girolamo D’Orio

Page 22: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

LA CREAZIONE IN GENESI

SEPARAZIONE: 1° giorno luce

2° giorno Fiumi – Acque

3° giorno Terra

CREAZIONE -DOMINIO: 4° giorno Sole - Luna -

Stelle

5° giorno Uccelli - Pesci

6° giorno Animali

GENESI 1,1-29 FONTE SACERDOTALE

DIO chiamato sempre ELOHIM

Concezione di Dio: Onnisciente

Onnipotente

FIRMAMENTO

Concepito come una

volta solida, sorretta

da colonne poste

all’estremità della

terra e in grado di

sostenere le acque

superiori.

Firmamentum

significa : appoggio,

sostegno.

CREA

Dio crea anzitutto ciò

che è indispensabile

alla vita delle

creature: prima la

luce e il tempo, poi lo

spazio e il cibo, infine

gli esseri che

riempiono l’universo Rito del matrimonio

Benedizione della coppia

Page 23: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

GENESI 2,1-25 FONTE JAHVISTA

LINGUAGGIO ANTROPOMORFICO: Dio rappresentato come

un uomo.

Vasaio – Giardiniere – Chirurgo – Confidenziale – Sarto -

Madre

Paleobabilonese mitologia

Atramhasis creazione con argilla

GIARDINO: In ebraico Gan

In Greco Paràdeison

In Latino Paradium

Lingua Moderna Paradiso

Albero della

conoscenza del bene e

del male

Terminologia delle

leggi penali

“certamente morirai”

“dovrai morire”

SALVEZZA DALLA SOLITUDINE:

EZER – Aiuto di fronte a lui

Uomo: Plasmò – Formò come il

vasaio

Donna: Costruire come architetto

Essere umano adàm

ISH- uomo (Vir in

latino)

ISHSHA femminile

ebraico di

ISH(donna)

L’uomo Adàm

Adamà = Terra

Page 24: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

TEOLOGIA DEL PECCATO ORIGINALE

Va detto fin da subito che il discorso sul peccato originale non è mai stato facile , ancora meno lo è oggi. Infatti, in un contesto individualista come il nostro appare ben poco comprensibile che l’uomo sia colpevole di una colpa che non ha commesso personalmente.

IL GIRDINO DELL’EDEN:

La storia biblica, cioè la storia della salvezza, inizia con una scena di alberi;inizia con un giardino pieno di alberi, quindi sarebbe opportuno parlare di un parco. Dicendo giardino noi infatti pensiamo piuttosto ai fiori, l’immagine invece che viene descritta è quella di un’oasi con molti alberi, un autentico parco , cioè l’ambiente bello per eccellenza, l’ambiente dove si vive bene.

Nel modo persiano per indicare una grande tenuta di alberi si adoperava un termine che è entrato nel nostro linguaggio, è il pardeis, passato in greco come “paràdeisos “ e divenuto in italiano”paradiso” . Il termine paradiso indica quindi un giardino, un parco; è un termine da interpretare in senso simbolico: è un insieme di alberi che determina una condizione di vita buona.

Nel racconto della Genesi(cap.2), Dio viene presentato proprio come colui che pianta un giardino, poi forma l’uomo dalla terra, quindi lo prende e lo pone nel giardino. L’immagine descrittiva dice che l’uomo è stato formato fuori dal giardino, però Dio lo ha messo nel giardino con l’incarico di coltivarlo e custodirlo.

Che cosa rappresenta il giardino?Se l’albero fa riferimento ad una persona, un insieme armonico di alberi fa riferimento a una comunità ed essendo il giardino un ambito bello, gradevole, possiamo dire che il giardino è il simbolo delle buone relazioni. . Quel giardino primordiale è il simbolo della buona relazione fra Dio e l’uomo, fra l’uomo e Dio.

Dio mette l’uomo nel giardino per introdurlo alla relazione con sé. L’uomo non è quindi artefice del giardino, non lo ha piantato lui l’ha trovato ; l’uomo non ha conquistato il giardino, è stato messo dentro il giardino. Gli è stato dato il compito di coltivarlo e custodirlo.

Coltivare: coltivare un’amicizia , coltivare una relazione. Custodire: invece indica un fare la guardia, difendere e conservare , quindi è chiaro che quel giardino da coltivare e custodire è la relazione con Dio.

Page 25: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

Dio scende a passeggiare nel giardino e cerca l’uomo per passeggiare insieme. E’un’immagine splendida: Dio che passeggia nel giardino insieme all’uomo.

Questo è il sogno primordiale , un sogno infranto ; ecco perché il paradiso è davanti a noi come futuro, perché nel passato quel paradiso è stato perduto .

DIO PONE NEL GIARDINO ADAMO ED EVA…

ADAM

Lo stato di paradiso terrestre indica l’elevazione nella quale da subito Dio pone l’uomo, questi è venuto dalla terra (adam) ed ora si trova al cospetto di Dio ed è chiamato alla comunione con Lui.

Dio plasma l’uomo con polvere di suolo, l’autore da per scontato che l’uomo è parente della terra. In ebraico uomo si dice ADAM-TERRA ed indica l’umanità in genere cioè l’umanità come maschi e femmine, cioè il genere umano, l’uomo collettivo formato dall’insieme di tutti gli esseri umani non un singolo essere.

Infatti nella scrittura si legge che Dio crea l’uomo non Dio crea ADAMO quindi possiamo assolutamente dire che ADAM non è il nome del primo maschio della storia umana, ma indica l’umanità nel suo insieme, purtroppo noi abbiamo fatto diventare Adamo un individuo, ma in realtà è l’uomo.

EVA

Questo nome non è assolutamente il nome della prima donna , essa infatti nasce da una “costa” intesa come lato, non come costola del torace, essa infatti proviene da una parte di AD-AM; AD è il lato maschile, AM anagrammato da MA, che è la radice del principio femminile (Mamma, Materia, Mammella , Mare, Manifestazione ecc..)

Quindi ne deduciamo che Adamo ed Eva non sono i primi due uomini-esseri umani-maschio e femmina, ma l’intera umanità.

DAVANTI A LORO L’ALBERO:

L’albero è simbolo femminile in quanto offre protezione, accoglienza, ma il vero aspetto femminile è la sua produzione di frutti che sono caratterizzati da una doppia valenza positiva:la possibilità del nutrimento per l’uomo e la possibilità riproduttiva dell’albero stesso. L’albero quindi diventa accogliente, offre riparo e casa, frutto e discendenza , questo è il suo aspetto femminile. L’albero sentito come presenza

Page 26: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

divina diventa protezione, è il simbolo naturale della presenza di Dio e della protezione che Dio offre.

L’albero è segno verticale di collegamento tra cielo e terra, radici sotto terra e rami protesi verso il cielo, al centro del giardino quindi c’è l’albero della vita è dunque un albero simbolico della comunione di vita. Mangiare dell’albero significa impossessarsi del frutto; mangiare significa assimilare, far proprio, prendere in sé. Mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male indica una operazione di controllo. Detto con altre parole mangiare di quell’albero significa pretendere di essere autonomi. Questo mangiare porta alla morte, è il contrario dell’albero della vita, non viene negato la conoscenza, viene rimproverata l’autonomia. L’uomo pretende di essere Dio si rovina con le proprie mani, l’uomo che pretende di essere Dio e di mettersi al posto di Dio si auto distrugge.

L’albero rappresenta anche l’albero della croce.

Dobbiamo rileggere il simbolo della croce come il simbolo della verticalità cosmica: radici per terra ma tende verso il cielo; mangiare di quell’albero della croce fa vivere poiché è l’albero della vita, ed è legato al tema dell’eucarestia infatti mangiare il frutto dell’albero (il corpo e il sangue – eucarestia) diventa la fonte della vita.

IL SERPENTE…..

Il capitolo 3 inizia con un personaggio nuovo che prima non c’era: il serpente.

Esso viene nominato come se tutti lo conoscessero, evidentemente abbiamo a che fare con un simbolo talmente complesso, eppure talmente noto che l’autore non si preoccupa di chiarirlo. Viene semplicemente detto che:<il serpente era la più astuta di tutte la bestie selvatiche fatte dal Signore Dio>.

Il serpente è saggio, sapiente. La traduzione italiana con astuto ha voluto dare una sfumatura negativa, ma l’aggettivo in ebraico ha anche un valore positivo ed indica il più intelligente di tutte le bestie fatte dal Signore Dio. In realtà il serpente sarebbe il simbolo dell’uomo stesso: non qualche cosa di esterno, ma la faccia negativa dell’uomo, l’aspetto buio della coscienza umana. Di fatto il serpente è legato alla polvere che deve mangiare tutti i giorni della sua vita (3,14) non dimentichiamo che la polvere è l’elemento stesso da cui l’uomo viene e a cui tende (polvere sei e polvere ritornerai Gn 3,19), il serpente è dunque il simbolo della sua stessa natura. La tradizione giudaica e cristiana hanno identificato il serpente con la figura demoniaca, un angelo ribelle a Dio, nel mondo egiziano il serpente è anche un simbolo divino un

Page 27: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

segno di idolatria, infatti il faraone porta sulla tiara il serpente cobra cioè segno di potere e di sapienza. Ma qual è il ruolo del serpente nel progetto di Dio?

Il serpente capovolge l’affermazione di DIO:<se mangiate morirete>,Dio in realtà aveva messo in guardia l’uomo, difendendolo dalla morte. Il serpente invece dice alla donna: quello che Dio vi ha detto non è vero, Dio vi ha ingannato. L’alleanza che vi ha proposto Dio non è buona, è falsa in partenza , Dio vi sta imbrogliando ed è invidioso e geloso di voi, Dio è nemico vostro perché sa che quando voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come lui, conoscendo cioè il bene e il male. Il serpente presenta Dio all’uomo come un ingannatore come qualcuno di cui non ci si può fidare; suggerisce allora di non ascoltare questo Dio ingannatore e fare di testa propria. Questa fratelli miei è l’origine del peccato, questo ragionamento sta alla base di ogni peccato, è la sorgente del peccato.

L’origine del peccato dunque, E’ IL DUBBIO SU DIO ALLEATO ALL’UOMO. L’uomo pensa: Dio non è favorevole a me, Dio mi vuole male.

Il serpente è la sapienza laica, è il potere, è la cultura naturalistica, è l’istinto dell’uomo è tutto questo insieme, è satana stesso, è tutto questo insieme che dice all’uomo: non fidarti di DIO.

A questo punto nel racconto della creazione vi è un altro simbolo: la mela. E’ bene dire che la mela non c’entra assolutamente niente, perché la parola mela ha la sua radice semantica identica alla parola male infatti anche in italiano “mela” è l’anagramma di male, in latino “malum” oltre che “male” significa mela. Ciò significa che nell’azione del mangiare dall’albero della conoscenza del bene e del male, da parte dell’umanità, la scelta fu quella di prendere solo un lato del “bene”: il suo lato oscuro, chiamato male ovvero ciò che non è ancora bene, cioè l’ignoranza, il non sapere.

LA DISOBBEDIENZA: ILPECCATO ORIGINALE

Fondamentalmente il peccato consiste nella rottura della relazione perfetta dell’uomo con DIO, della sua legge della sua alleanza. Dio offre all’uomo, come abbiamo potuto notare, la sua amicizia e crea un ambiente a lui adatto, ma l’uomo rifiuta tutto ciò. Il peccato, dunque parte dall’idea che Dio sia ostile e falso ed abbia l’intenzione di ingannare l’uomo; quindi l’idea che fare secondo la propria volontà sia meglio, rende di più per l’uomo che fare secondo la volontà di Dio.

Dopo che la donna ha concepito questo pensiero , il passaggio alla trasgressione è cosa elementare.<Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare ,

Page 28: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza> Tre elementi sono molto significativi:< vede che l’albero è buono da mangiare>è il contrario di quello che in realtà Dio aveva detto, e cioè:<Non ne mangerai perché qualora tu ne mangiassi, moriresti> . Intanto l’albero non è buono da mangiare, è un albero che produce morte, ma non appena la creatura umana dubita della bontà di Dio, vede le cose nel modo opposto: Vide che era buono: vi accorgete di come il linguaggio è simbolico? Non si vede che un frutto è buono, può essere bellissimo all’esterno, ma velenoso all’interno , questo carissimi è un passaggio molto importante, infatti dobbiamo sapere che la vista non rivela la bontà; quello infatti che il nostro autore vuole rivelare è il modo di vedere la realtà , i valori, poiché anche ciò che è intrinsecamente negativo all’uomo talvolta appare buono.

Gradito agli occhi: L’aspetto estetico : il bello e il brutto si uniscono e passano l’uno all’altro (la confusione).

E’ desiderabile: l’oggetto proibito diventa l’oggetto del desiderio, dopo quindi che la visione dei valori è stata capovolta rispetto a come Dio l’aveva proposta, il male, il cattivo, diventa l’oggetto del desiderio.

Consideriamo nuovamente il senso dell’albero della conoscenza del bene e del male: esso ha significato simbolico di albero della morale , il mangiare di questo albero equivale a pretendere di dominare la morale voler praticamente essere arbitro del bene e del male. In quest’ottica perversa l’acquistare saggezza equivale al diventare padrone dei valori per cui uno ne può fare quello che vuole. In conclusione mangiare di questo albero equivale a morire, cioè l’uomo rifiuta Dio e nel momento in cui l’uomo pretende di essere autonomo di decidere cioè autonomamente qual è il bene e il male , l’unica cosa che riuscirà a trovare è la morte . NON E’ UNA PUNIZIONE MINACCIATA, NON E’ UN DIFETTO BIOLOGICO NON E’ UNA DEFORMAZIONE FISICA , E’ UN’INFEZIONE SPIRITUALE CH E IN QUALCHE MODO MISTERIOSO SI TRASMETTE ATTRAVERSO LA RIPRODUZIONE, E’ UNA CONSEGUENZA RIVELATA IN ANTICI PO. Fuori dalla volontà di Dio c’è la morte e Dio non vuole la morte. Egli dice all’uomo dov’è la strada della morte e quasi gli chiede di non intraprenderla; ma Nostro Padre ci ha creati liberi capaci, purtroppo, di intraprendere anche questa strada che porta alla morte e alla distruzione. Altrimenti, se l’uomo non avesse avuto questa possibilità sarebbe stato una marionetta e Dio non ha permesso che i suoi figli fossero tali.

Rossella Loria

Page 29: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

IL GIARDINO DELL’EDEN

Paradiso = relazione perfetta con Dio

DIO PONE NEL SUO GIARDINO

ADAMO EVA

Umanita’- terra radice del principio femminile

Maschio+femmina vita(mamma-materia-mare…)

L’ALBERO segno verticale di

Collegamento tra cielo

E terra

Conoscenza del bene e del male

Dio pone dei limiti all’uomo

IL SERPENTE male intrinseco

Nell’uomo

Spinge l’uomo alla disobbedienza

L’UMANITA’

Sceglie di mettersi al posto agisce secondo la

di Dio propria volontà

PECCATO ORIGINALE

Rottura della relazione perfetta con Dio.

Page 30: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

RIFLESSIONI SU CAINO E ABELE Eravamo rimasti all’ultima catechesi dove si parlava di Adamo ed Eva come progenitori dell’umanità, ma anche come coloro che hanno commesso il primo peccato contro Dio ,quindi parliamo del peccato originale,che ha diviso l’uomo da Dio e che lo ha reso mortale. Quindi l’uomo che disubbidisce a Dio, che rifiuta Dio perché si è lasciato tentare dal serpente per diventare proprio come Dio. Dopo il peccato c’è la condanna per il serpente, la punizione della donna come madre, la punizione dell’uomo nel suo rapporto con la terra. Comunque notiamo che né la donna e né l’uomo vengono maledetti, il peccato ha portato come conseguenza alla morte intesa proprio come morte fisica e quindi anche a quella rottura di legame che c’era con Dio che era un legame di fiducia, di confidenza, di lealtà, quindi si viene a perdere questa armonia. Adamo ed Eva vengono allontanati dal giardino dell’Eden e vissero in una terra arida per la carenza di acqua fino alla morte. Quindi Adamo ed Eva danno inizio all’umanità mettendo al mondo Caino e Abele che è l’altro argomento di questa sera. Il brano di Caino e Abele lo troviamo in Genesi 4:1, facendo un passo indietro, notiamo che se nel secondo capitolo avevamo il progetto che Dio aveva disegnato e sognato per noi e per il mondo, ora con Caino e Abele si apre la vicenda dell’uomo che con la sua libertà ha voluto decidere lui quale sia il bene e quale sia il male. In questo brano, che è espressamente mitologico, si parla dei primi due fratelli del genere umano, la loro storia è collocata nella seconda parte della creazione. Non si sa di certo a quale periodo si riferisce la scrittura, ma ci presenta Caino e Abele che esercitano due professioni tipiche dell’età neolitica, quindi parliamo di circa 6000 anni a.C. Il contesto di questo brano lascia intendere ad una civiltà ben sviluppata, c’era l’istituzione del sacrificio e l’esistenza di altri popoli. L’intento dell’autore di questo brano era soprattutto quello di presentare il susseguirsi del peccato nella discendenza di Adamo; il castigo come conseguenza del peccato commesso; la misericordia di Dio verso Caino, Noè e tutto il resto. Il racconto si apre con una indicazione luminosa, quella di una nascita. Al cap.4: 1 si legge or “Adamo conobbe Eva sua moglie” qui l’inizio è scritto in maniera molto positivo, perché nella Bibbia la parola conoscere ha un significato molto profondo.

Page 31: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

Conoscere, biblicamente, significa conoscere non con la mente ma con il cuore, il conoscersi l’un l’altro con il cuore è un qualcosa di molto profondo, perciò questo conoscersi viene usato fra Dio e l’uomo ma anche tra Adamo ed Eva. Quindi Adamo conobbe Eva e da questo conoscersi, nacque una cosa nuova “ Eva concepì e partorì Caino”, dopo questa nascita Eva fece un commento molto positivo, dirà “Ho acquistato un uomo con l’aiuto del Signore”. Dunque Eva riconobbe che era stata un’opera di Dio la nascita di Caino e perciò lei lo chiamò UOMO e non FIGLIO, dal verbo ebraico QANAH significa” acquisizione”, Eva esprime la gioia di essere vicina a Dio , il Signore della vita. Ma è quasi certo che il nome Caino voglia far riferimento anche ad una tribù ostile a Israele , erano i Keniti il cui nome deriva da Caino il loro progenitore. Poi Eva partorì ancora ed ebbe Abele, del quale viene detto “ fratello di lui” cioè di Caino, viene appunto usata la parola fratello perché è una storia tra fratelli, si parla di fraternità, e difatti in tutto il capitolo questa parola è usata per 7 volte, sappiamo che il 7 è il numero perfetto, simbolo di Dio e della sua perfezione e completezza. Come Adamo ed Eva sono i prototipi dell’umanità, così Caino e Abele lo sono della fraternità. Il secondo figlio porta un nome triste Abele che in ebraico significa “respiro, soffio” che ha la consistenza di un alito, probabilmente indica la breve durata della sua vita, ma pare che derivi anche dalla radice ebraica ABEL che significa piangente. Caino lavorava la terra invece Abele si occupava del bestiame, possiamo dire che questi due fratelli rappresentavano due modelli sociali : Caino è agricoltore sedentario, Abele è invece il pastore nomade. In Genesi si parla di altri due fratelli, ricordiamo Giacobbe ed Esaù ed anche la loro storia è una storia di fratelli, infatti le due storie hanno molto in comune, anche se qui non si arriva al fratricidio, perché è una storia di gelosia molto sofferta con un’altrettanta sofferta riconciliazione tra i fratelli. Spesso in Genesi si parla spesso del rapporto di due persone che rappresentano due popoli, ad es: Abramo e Lot, Ismaele e Isacco, Giuseppe ed i suoi fratelli, e anche Caino ed Abele sono simboli di due popoli, ma chi dei due rappresenta il popolo di Dio? Caino, anche se può sembrare strano, perché lui era il primogenito e come tale era anche responsabile del fratello.

Page 32: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

Quindi Caino rappresenta il popolo di Dio almeno fino a questo momento, perché era il più grande e doveva proteggere il fratello, diventa lavoratore della terra,letteralmente sta scritto” SERVITORE DELLA TERRA” e questo era lo stesso compito che Dio aveva dato ad Adamo. Caino era l’uomo che avrebbe dovuto, come il padre, curare la creazione. Abele invece diventerà pastore di pecore, queste erano le principali occupazioni ai tempi di Adamo, infatti lui insegnò proprio questi lavori ai suoi figli. Il lavoro di Caino e Abele dava loro la possibilità di sostentamento ma anche la possibilità di fare offerte a Dio. Dio ha sempre chiesto al suo popolo di fare delle offerte però queste devono essere primizie accompagnate dalla gioia e soprattutto dalla fede. Caino offriva il frutto della sua fatica come Abele ma la Bibbia ci dice che Dio guardò con favore l’offerta di Abele mentre rifiutò quella di Caino, il testo biblico non indica né il modo in cui Dio fece conoscere l’accettazione e il rifiuto , né il motivo per cui ha preferito l’uno all’altro. La tradizione giudeo-cristiana ha sempre ritenuto che l’offerta di Caino non fu vista da Dio con favore, e quindi non aveva valore ai Suoi occhi, perché non offriva le primizie , infatti nella Bibbia questo particolare non è espresso dice solo che presentò frutti della terra, mentre invece l’offerta di Abele fu guardata con favore proprio perché aveva questo elemento: infatti egli offrì i primogeniti del suo gregge, sembra che questo brano fu scritto a Babilonia dove il sacrificio normalmente era di animali e più grossi erano più contento era Dio. In Ebrei invece troviamo una motivazione diversa, che Abele offrì con fede mentre Caino non lo fece, Caino mostrò un cuore incredulo così lui e la sua offerta furono rifiutati, Abele invece si presentò con umiltà, ubbidienza e fede sincera. E Caino ne fu molto irritato, ma il fatto che a Dio non è piaciuta l’offerta di Caino non è dovuto ad un sentimento di Dio, ma la Bibbia dice che Dio guardò in modo particolare all’offerta di Abele, se notiamo l’espressione “GUARDARE L’OFFERTA” Può semplicemente indicare la prosperità di una persona. Nel linguaggio degli antichi racconti questa espressione voleva dire che Abele, a differenza di Caino ricevette un incremento nel suo lavoro e sperimenta il successo e la benedizione di Dio nella sua attività proprio perché presentava primizie e le presentava con fede. Caino capisce che la sua offerta non è stata gradita da Dio, quindi ne fu molto irritato e il suo viso fu molto abbattuto, era invidioso e sappiamo che l’invidia divide e perciò in quel momento diventò un uomo solo, non

Page 33: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

considerò più il fratello, Caino è invidioso perché Dio guarda con volto benevolo il fratello. Quindi il male cominciava a portare i suoi effetti disastrosi non solo in relazione a Dio e alla sua volontà ma anche in relazione al prossimo. Nel vers. 6 Dio inizia a dialogare con Caino dicendogli perché era così irritato, e perché avesse quel volto abbattuto, vediamo che Dio non lo rigetta, anzi lo cerca, ma Caino non gli rispose, Dio desiderava che Caino rialzasse il volto per avere di nuovo una comunione con lui, per dialogare perché attraverso il dialogo si poteva evitare il delitto, ma Dio gli dice che il peccato è accovacciato alla porta di ogni uomo, come il serpente tentatore, ma l’uomo nella sua libertà lo può dominare, Caino però non lo vuole vincere anzi ne segue la tentazione, il male lo aveva già governato. Cioè Dio interviene per mettere in guardia l’uomo che sta per essere vinto dalla tentazione, ricordandogli che ha la possibilità di dominarlo, ma lui non accettò questo intervento di Dio infatti poi commette il delitto, dopo quello di Adamo ed Eva è il secondo esempio in cui l’uomo usa male la libertà. Quindi Caino non rispose a Dio, perché rifiuta il dialogo ma disse al fratello : Usciamo fuori ai campi luogo molto familiare a Caino per i frutti ma anche per Abele era familiare in quanto là portava il suo gregge, quindi lo consideriamo come punto di incontro delle due esperienze e quando furono nei campi Caino si scagliò contro suo fratello e lo uccise, preso dall’ira e dalla gelosia per essere entrato nelle grazie di Dio.

Il campo, possiamo notare, che è anche il luogo dove non ci sono testimoni , dove nessuno può vedere il male che fai, ma sappiamo che non è così per Dio. Nell’allontanarsi dal luogo dove aveva commesso l’omicidio incontra Dio, che gli chiede dove era Abele, suo fratello. Caino rispose che non era lui il custode del fratello, lui respinge la responsabilità che aveva e all’omicidio si aggiunge la bugia, ma Dio gli disse che cosa aveva fatto perché la voce del sangue del fratello gridava a lui dalla terra perché voleva giustizia. Si nota che anche con Caino, così come verso i suoi genitori, l’intervento di Dio è costituito solo da domande, sia prima che dopo il delitto, Caino è semplicemente interrogato da Dio e non accusato. Nel dialogo con Caino, solo alla fine quando le sue risposte non solo rifiutano il confronto onesto, ma presentano anche un’arroganza quando dice che non era lui il custode di suo fratello lasciava intendere che doveva essere Dio, a questo punto Dio gli svela la verità che la voce del sangue del fratello grida a lui dalla terra , e Dio lo maledisse , può sembrare una parola un po’ forte ma sta ad indicare che condanna proprio con una forte

Page 34: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

energia l’atto che ha commesso Adamo ed Eva erano stati solo cacciati e non maledetti e cacciandolo gli disse che mai avrebbe più avuto frutti dalla terra da lui coltivata. Caino sarà espulso dalla campagna, la terra stessa non lo

farà più partecipe della benedizione. Abbiamo visto che Caino ha coltivato la

terra,ha offerto dei frutti del campo, ha fatto bere alla terra il sangue del fratello,

ma dalla terra il sangue grida contro di lui, la campagna perciò gli negherà i suoi

frutti e dalla campagna sarà allontanato. Pentito Caino, resosi conto di quanto

aveva fatto non oppose resistenza all'allontanarsi dalla sua terra, convinto di

dover scappare per sempre, perché Caino fu ramingo e fuggiasco perché faceva

parte della formula della maledizione e aveva paura che qualcuno lo uccidesse

come Lui stesso aveva fatto con il fratello, forse più dell’allontanamento da Dio

allora Dio gli disse che chiunque lo avesse ucciso avrebbe subito la sua vendetta

per sette volte, lo marchio' affinche' nel vederlo gli altri sapessero quanto aveva

fatto e non lo uccidessero, la sua condanna fu l'allontanamento da Dio,

l'allontamento dalla vita ma l’avvicinarsi alla morte, quindi la conseguenza per

Caino è una triplice condanna:

Prima di tutto la maledizione cioè la lontananza da Dio e dal mondo,la rottura

positiva del rapporto con la terra e la condizione di esule e fuggiasco che lo

accompagnerà per tutta la vita.Caino si allontano' da Dio ed ando' a vivere nella

regione di Nod, a oriente di Eden, qui conobbe sua moglie. La conoscenza della

moglie di Caino fa capire che Adamo ed Eva non erano i primi uomini sulla terra,

dopo aver creato la terra, Dio la popolo' Caino ebbe un figlio che chiamo' Enoc,

dopo di che si occupo' della costruzione di una citta' che chiamo' come il figlio

Enoc. Nel descrivere la genealogia di Adamo, fa un'altro esempio di omicidio di

due persone commesso da Lamec, nipote di Enoc, terrorizzzato dalla paura di

quanto lo aspettasse per aver commesso il duplice omicidio, a conoscenza della

storia di Caino visse nel timore della vendetta di Dio, subire per settantasette

volte la sua vendetta. La violenza di Lamec fu una violenza proprio senza confini e

nella sua prepotenza si fa giustizia da solo stabilendo da se la misura della

condanna di chi lo aveva oltraggiato o colpito infatti nel suo lamento dirà : ho

ucciso un uomo per una mia scalfittura e un ragazzo per un livido sette volte sarà

vendicato Caino ma Lamec 77 volte che rappresenta un numero illimitato che non

finisce mai. Poi si vedrà che questa spirale di vendetta viene interrotta da Gesù

quando Pietro gli chiede quante volte devo perdonare fino a 7? Lui risponde non

fino a 7 ma fino a 70 volte 7 cioè senza limiti. Adamo ed Eva dopo la morte di

Abele ebbero un altro figlio che chiamarono Set . Seth (o Set) fu il terzo figlio di Adamo ed Eva, nato dopo l'uccisione di Abele per opera di Caino. Infatti Eva

disse Iddio mi ha dato un altro figlio al posto di A bele, che Caiono ha ucciso,

Page 35: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

era il figlio della promessa, infatti da Seth deriva tutta la discendenza biblica,

dato che la discendenza del fratello Caino si estinse a causa del diluvio. Set

ebbe un figlio e lo chiamò Enos che significa UOMO MORTALE con Enos si inzia ad

invocare il nome del Signore.

Antonella Schillizzi

Page 36: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

La storia del Diluvio e l’alleanza con Noè Come già citato nelle catechesi precedenti, Dio aveva un sogno e cioè quello di avere una profonda relazione d’amore con l’uomo ma era stato infranto da Adamo ed Eva nella creazione e continua ancora ad essere infranto e distrutto con la perversione ostinata dell’uomo. L’umanità quindi continua ancora a peccare, nell’illusione di voler essere come Dio e a voler prendere il suo posto. È una perversione sfrenata, senza limiti, tanto che Dio guarda dall’alto l’umanità e arriva fino al punto di pentirsi di aver creato l’uomo e se ne addolora (Gen. 6.6). Qui notiamo il dolore, la compunzione profonda di Dio nel guardare tutta la perversione e il peccato del suo popolo. Del pentirsi di Dio non se ne parla solo in Gen. 6.6 ma anche in 1 Sam. 15,11 , quando Dio si pente di aver costituito Re, Saul perché si era allontanando da Dio e non aveva messo in pratica la sua Parola. Se pentirsi di Dio è una reazione davanti al peccato dell’uomo e comporta per Dio un dolore profondo. In questo racconto cui ci accorgiamo a parlare, il peccato è talmente grande che sembri mettere in discussione come già abbiamo accennato, il fatto che sia stata una cosa buona aver creato il mondo. A questo punto l’unico Dio, il Signore decreta il diluvio a causa proprio del peccato dell’uomo. Vuole eliminare l’uomo dalla faccia della terra, ma sappiamo bene che Dio non smentisce mai se stesso e la sua funzione di Creatore e decide di lasciare sulla terra il seme della vita. A questo punto trova grazie agli occhi di Dio il giusto Noè. Entra quindi in scena quest’uomo giusto e timorato di Dio che è il primo patriarca più importante di Adamo. Secondo calcoli biblici Noè nacque 1056 anni dopo la creazione, siamo nell’era neolitica e morì all’età di 950 anni. Era figlio di Lamech, nipote di Matusalemme della discendenza di Caino. Il nome di Noè viene dall’ebraico Noach e ha due significati: il primo “Consolatore”, il secondo “quiete,riposo”. Possiamo infatti dire che Noè fu proprio il Consolatore cioè colui che consolò l’umanità e la portò a vivere una situazione di quiete dopo il diluvio. Quindi, a questo punto entriamo nel cuore del racconto del diluvio dicendo che Dio sceglie Noè e i suoi tre figli per lasciare sulla terra il seme della vita. (Gen. 6.13,22). Quindi Dio dice a Noè di costruirsi un’arca, e di entrarvi lui, sua moglie, i suoi figli e le mogli dei suoi figli. Intanto dobbiamo dire che si nota in questo brano la fiducia di Noè nel Signore. Era un uomo giusto, umile, ma soprattutto un uomo fiducioso, che si abbandonava totalmente nelle mani di Dio e che sapeva ascoltare la sua voce. Ha questa fiducia piena nel Signore, appena il Signore gli parla, lui non contesta, non fa calcoli, ma dice semplicemente SI come fece anche Maria all’annuncio dell’Angelo; Noè gli dice si, obbedisce e si mette subito al lavoro nella costruzione dell’arca. Abbiamo detto quindi che l’arca doveva misurare 300 cubiti di lunghezza, 50 cubiti di larghezza, 30 cubiti di altezza e ricoperta di bitume che era tipicamente mesopotamico, un vero e proprio palazzo galleggiante. Ma quanto misura un cubito? Il “cubito” è l’unità di misura dell’A.T e corrisponde circa a 52-54 cm quindi 300 cubiti di lunghezza corrispondono a 156 cm, 50 cubiti a 26 metri di larghezza e 30 cubiti a 16 metri di altezza. Possiamo perciò dire che Noè costruì una vera e propria nave crociera di oggi. Il termine ARCA in ebraico Tebàh lo incontriamo anche in Esodo 2,3-5 e i quel caso indica la cesta galleggiante sul Nilo in cui fu posto Mosè da fanciullo neonato. È importante sapere che nell’arca di Noè ci sono tre accostamenti biblici:

1. L’arca è simbolo della Chiesa 2. Figura del Battesimo 3. Figura della Croce di cristo

Simbolo della Chiesa cioè la comunità di coloro che tramite l’acqua del battesimo costituiscono il germe di una vita nuova. E come il legno dell’arca salva l’umanità in tutto salvò 8 persone dal diluvio così il legno della Croce salva i credenti raccolti nella Chiesa, i credenti in Cristo. Nel

Page 37: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

racconto del diluvio vi sono presenti due tradizioni: quella Sacerdotale e quella Jahwista. Queste due tradizioni appaiono fuse ed intersecate in un unico racconto, ma si notano delle differenze, delle incongruenze. Nella tradizione Sacerdotale (per esempio per quanto riguarda gli animali che vengono inseriti nell’arca) si parla di una coppia per ogni specie di animali. Nella tradizione Jahwista invece si parla di 7 coppie per gli animali puri e una sola coppia di quelli impuri. Si cita poi spesso nel racconto, il numero 7 che come tutti sappiamo è segno di completezza e compimento. Il numero 7 solo nell’A.T compare in 180 versi ed è citato 77 volte. Fin dalla creazione si nota il numero 7. Es. il 7°giorno riposo. I 7 anni di abbondanza e i 7 di carestia in Egitto; la conquista della città di Gerico con la marcia di 7 sacerdoti con 7 trombe che marciarono 7 giorni prima di conquistarla e l’ultimo giorno fecero 7 volte il giro della città. Un altro esempio è che per sette anni, la terra di Palestina doveva essere coltivata e il settimo anno veniva fatta riposare e questo era chiamato anno sabatico. Ed infine nell’Apocalisse tutto si svolge attorno al numero sette: sette chiese, sette candelabri, sette trombe, ecc… Chiudiamo quindi questa parentesi ed entriamo nel culmine del racconto del diluvio.

• Abbiamo detto quindi, Noè obbedisce a Dio, costruisce l’arca con tutte le indicazioni dategli da Dio e salgono sull’arca i figli di Noè e le rispettive mogli.

• Noè entra per ultimo: un annotazione molto suggestiva che mi ha fatto molto riflettere: entra Noè, il Signore entra dietro di lui e chiude la porta dell’arca. A chiudere la porta dell’arca non è Noè ma il Signore Dio preoccupandosi cioè della sicurezza della vita del giusto.

Dio quindi ci assicura la sua protezione se noi siamo uomini e donne timorate di Dio che ascoltano la sua voce e nel diluvio della nostra vita ci introduce in luoghi sicuri e chiude dietro di noi la porta a protezione della nostra vita Le acque, intanto iniziano a crescere di livello fino al punto da coprire le vette dei monti. Riducendo la terra ad un’enorme distesa di acqua e fango. Tutto è avvolto in un sudario di morte che è però segno del giudizio di Dio sul male, “le grandi acque” sono il simbolo nella Bibbia del “caos” e del “nulla”. In questo panorama di morte le acque raggiungono i 15 cubiti: quasi otto metri sopra il suolo qui si erge l’arca, segno della vita che continua e della protezione divina dell’uomo giusto. Ma Dio dopo il diluvio si ricorda di Noè. Il “ricordo” di Dio nella Bibbia non è una semplice memoria del passato ma è un atto efficace che opera nel presente: è in pratica equivalente alla Salvezza, il ricordo di Dio e la salvezza stessa. Quindi Dio salva Noè e tutte le creature presenti nell’arca, chiude le sorgenti delle acque che avevano inondato la terra per un anno intero e soffia un forte vento (Ruab). Si abbassano le acque e finalmente l’arca “atterra” dolcemente “sui monti dell’Ararat”. Questo nome non è il nome di un monte ben preciso ma di tutta una regione montuosa vicina alla sponda occidentale del Tigri, l’attuale Armenia. Il giorno dell’arrivo, Noè sonda la nuova situazione climatica e manda fuori due uccelli viaggiatori: un corvo e una colomba. La colomba diventerà il simbolo della nuova pacificata perché porterà come sappiamo il ramoscello d’ulivo diventando così l’emblema di questa armonia tra il Creatore e la Creazione. Tutti coloro presenti nell’arca abbandonano il loro rifugio, mentre Dio ripete la benedizione come alle origini, come quando benedisse Adamo ed Eva. Ripete le stesse parole che pronunciò ad Adamo ed Eva: “siate profondi e moltiplicativi”. Noè erige un altare e celebra un sacrificio di olocausto (termine greco che significa “completamente bruciato”). Dio gradisce l’offerta di Noè, il gradimento è raffigurato dall’ “adorare gustoso di Dio” nella Bibbia questo termine si incontra spesso nel libro del Levitico per indicare che il sacrificio, compiuto secondo le prescrizioni della legge, è gradito al Signore. Dio allora risponde con una promessa: “Io non tornerò più a maledire la terra a causa dell’uomo, perché l’istinto del cuore umano è malvagio”. Il cuore dell’uomo è sempre incline al male, ma Dio vuole usare misericordia e benedice la terra per continuare la storia della Salvezza. Stipula così l’alleanza con Noè. La storia di Noè è il primo biblico in cui Dio stipula un alleanza con l’uomo, mai con nessuno aveva stipulato un alleanza, Noè è il primo uomo ad ottenere questo

Page 38: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

da parte di Dio. La stipulerà dopo con Abramo; con il suo popolo al Sinai, e a Sichem dopo l’entrata nella terra promessa; e con Davide. Nei profeti questa alleanza verrà ripresa fino a parlare di “Nuova Alleanza”, infatti se ne parla in Geremia 31,31-34 e si trova anche nei Vangeli in particolare nell’ultima Cena dove Gesù agli Apostoli, parla di un “alleanza” nel suo Sangue. La storia di Noè si conclude con un curioso episodio che ha solo lo scopo di descrivere la viticoltura, una coltivazione molto diffusa in quel tempo Avete letto sicuramente nella Bibbia, l’episodio di quando Noè si inebria di vino, si ubriaca e giace nudo nella sua tenda. Suo figlio Cam, vede il padre scoperto e va a dirlo ai duo fratelli Sem e Jafet che con rispetto “coprono la nudità del padre”. Una volta svegliatosi dall’ebbrezza, Noè, lancia una maledizione, ma non al figlio Cam che non aveva coperto il padre, ma al figlio di Cam a Canaan. Noè predilige e benedice Sem e Jafet e maledice il figlio di Cam. Infatti come sappiamo per molti anni la terra di Canaan sarà una popolazione indigena che verrà dominata da Israele. Quindi per concludere Dio stipula un alleanza con Noè, segno visibile di questa alleanza è l’arcobaleno che sfolgora nel cielo dopo il diluvio e che esprime il dialogo tra Dio e l’uomo ma noi crediamo che anche se l’arcobaleno ha una spiegazione scientifica, ogni volta che noi lo vediamo dobbiamo non solo stupirci solo della bellezza dei suoi colori ma dobbiamo fare memoria di quella meravigliosa storia, di quella grande benedizione che Dio fece un giorno con Noè e che ripete giorno dopo giorno con ognuno di noi, che non ritornerà più a distruggere l’uomo ma che al contrario ci proteggerà per sempre. AMEN! Loredana Riina

Page 39: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

1

LA TORRE DI BABELE

Accostiamoci a questo tema ricordando l’insegnamento di San Paolo che ci dice: “Ora, tutto ciò che è stato scritto prima di noi, è stato scritto per nostra istruzione, perché in virtù della perseveranza e della consolazione che ci vengono dalle Scritture teniamo viva la nostra speranza.” (Romani 15, 4). Oppure: “Or ciò avvenne come esempio per noi” (1 Corinzi 10, 6).

Da queste affermazioni dell’Apostolo comprendiamo bene che ogni Scrittura riportata nel vecchio Testamento contiene un utile ammaestramento per noi!

Andiamo dunque a leggere il testo tratto da Genesi 11, 1-9: «Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole. Emigrando dall'oriente

gli uomini capitarono in una pianura nel paese di Sennaar e vi si stabilirono. Si dissero l'un l'altro: "Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli al fuoco". Il mattone servì loro da pietra e il bitume da cemento. Poi dissero: "Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra". Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che gli uomini stavano costruendo. Il Signore disse: "Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è l'inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l'uno la lingua dell'altro". Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra.».

ANALISI STORICO-LETTERALE La torre, in mattoni, fu costruita dai discendenti di Noè dopo il “Diluvio

Universale” sul fiume Eufrate nel Sennaar (in Mesopotamia) con l'intenzione di arrivare al cielo e dunque a Dio.

Ma perché, tra tutte le “ziqqurat” (questo è il loro vero nome) della

Mesopotamia che avrebbero potuto ispirare la storia della torre, fu scelta proprio quella di Babilonia? Indubbiamente perché il libro della Genesi prese forma durante la cattività babilonese degli ebrei, che ebbe inizio nel 597 a.C.

Page 40: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

2

Babilonia, sita nei pressi della moderna Al Hillah, a sud di Baghdad, all'altezza dei tratti navigabili del fiume Eufrate, era già molto antica quando gli ebrei erano lì schiavi.

Il racconto della torre di Babele si apre con l’affermazione che “tutta la terra

aveva una sola lingua e usava le stesse parole”. Si vuole così indicare l’unione politica e religiosa di vari popoli retti da un governo centralizzato.

In apparenza può sembrare solamente una narrazione eziologica, cioè che

ricerca le cause sull’origine delle diverse lingue e della città di Babele, ma in realtà è il punto culminante che precede ed introduce la storia dei Patriarchi, come si può vedere continuando la lettura dei versetti seguenti che vanno dal 10 al 26.

Come accennato, teatro di questa storia è Babilonia (Sennaar). Questo nome

probabilmente designa la regione di Sumer, che si trova nella parte meridionale della Mesopotamia, nella quale si è sviluppata la civiltà dei Sumeri, confermata dall’accenno ai mattoni e al bitume, comune materiale edilizio della Mesopotamia. Sicuramente la loro cultura ebbe qualche influsso sul popolo d’Israele.

Alcuni ritengono che il testo - attribuito alla tradizione Jahwista - sia articolato

su due narrazioni più antiche: l’una avente al centro la “torre” (o “ziqqurat”) e l’altra la città stessa di Babele (o Babilonia) col suo nome proprio. Ricordiamo che la “ziqqurat” era il tipico tempio piramidale mesopotamico a gradoni che conducevano al santuarietto del “dio” posto sulla sommità. Questi templi erano edificati con mattoni e alcuni si sono conservati fino ai nostri giorni.

L’autore biblico vede nella torre di Babele il segno della sfida che l’uomo

intende rivolgere al cielo (la sede divina). E’ ancora una volta il “peccato originale” : il voler “essere come Dio”. A questa sfida “verticale” si unisce quella “orizzontale” del dominio su tutte le nazioni, riducendole a un solo popolo e una sola lingua.

Dio è qui rappresentato, come un sovrano, che scende dalla sua residenza

celeste a ispezionare ciò che l’umanità peccatrice compie e a scardinare i folli progetti.

Egli “confonde la lingua” e “disperde” questa unità artificiosa.

L’autore biblico stesso, alla fine del racconto, spiega il termine: “Babele”

(dall’ebraico: “Babal” = “confondere”, “mescolare”).

È interessante notare che l'esistenza tra gli uomini di una medesima lingua, durante la costruzione della torre di Babele, contraddice quanto riportato in Genesi 10. In questo capitolo, che precede quello dedicato alla Torre di Babele, si legge che i

Page 41: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

3

figli di Noè avevano ciascuno un proprio territorio e una propria lingua. In questa narrazione la differenziazione linguistico-culturale non è quindi il risultato di una punizione divina ma il frutto di un processo naturale.

A proposito di tale contraddizione, occorre tener conto del fatto che, pur

essendo il capitolo 11 sulla torre di Babele successivo al capitolo 10 sulla descrizione della discendenza di Noè, la Bibbia non è scritta in ordine cronologico, come risulta evidente anche da altre narrazioni bibliche.

ANALISI SPIRITUALE, MORALE E METAFORICA Nei tempi della Scrittura considerata viene detto: "Or tutta la terra parlava la

stessa lingua e usava le stesse parole", ciò a significare che gli interessi di tutti gli uomini erano rivolti verso cose materiali, nessuno, infatti, a quel tempo ricercava Dio e le cose celesti.

Questi uomini dalla vista esclusivamente materiale volevano orgogliosamente

costruire qualcosa di eccezionale per appagare il loro senso di sicurezza e d'immortalità.

La torre che volevano costruire, infatti, doveva essere così alta da raggiungere

il cielo e così, secondo il loro pensiero, non sarebbero più stati dispersi sulla faccia della terra, forti nella loro unione.

L'errore, però, anzi, gli errori, come adesso vedremo stavano già nel loro

disegno, poiché essi avevano progettato di far nascere la torre in "Sennaar", e di mettere assieme per la costruzione del loro edificio "mattoni cotti col fuoco" legati da "bitume".

Avevano fatto male i conti! Non avevano considerato che al di sopra di tutto e

di tutti c'è Dio, e quel progetto a Lui non piaceva!! Vediamo, quindi, che l'intervento di Dio impedì che il progetto andasse in

porto, anzi, quegli uomini ottennero proprio il contrario di quello che volevano, infatti, furono dispersi sulla faccia di tutta la terra.

Passiamo ora a considerarne il significato morale nascosto in questo brano

della Genesi. Considerando il detto "l'unione fa la forza" anche oggi le persone che hanno gli

stessi interessi materiali (che come allora parlano la stessa lingua ed usano le stesse

Page 42: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

4

parole) si mettono assieme e, uniti dal loro orgoglio, si accordano per costruire qualcosa di grande, di importante, per sentirsi al sicuro e per appagare i propri bisogni di autorealizzazione.

Ma, come allora, i loro progetti dettati dall'orgoglio vengono frustrati dalla

volontà di Dio, e il risultato che ottengono è esattamente il contrario di quello che desideravano.

Nulla può andare contro la volontà di Dio! Oggi molti uomini costruiscono ville sulle quali mettono il loro nome, tombe

monumentali, organizzazioni civili, militari e religiose con le loro sedi di rappresentanza quanto più enormi possibili, ma tutto è destinato a scomparire, nulla resterà, poiché anche la terra e tutto l'universo, che non ci è possibile considerare nella sua interezza, si dissolveranno.

Dopo un certo tempo anche le organizzazioni umane più forti non vanno più

d'accordo, non parlano più la stessa lingua, i loro interessi comuni diventano individuali ed esse sono destinate a scomparire e ad essere disperse sulla faccia di tutta la terra e quegli uomini saranno in preda alla confusione perché tale è il significato del nome "Babilonia".

Nessuno sforzo umano reggerà al tempo! Quindi dal profilo prettamente morale della Scrittura, possiamo dire che, in

questo brano, troviamo insegnamenti per chi vuole incamminarsi verso il cielo. Passando adesso al significato metaforico, si è prima accennato agli errori

contenuti nel progetto che ora individueremo come cose che non piacciono a Dio, perciò vediamoli uno ad uno confrontandoli con il Nuovo Testamento ed, in particolare, con gli insegnamenti che ci hanno lasciato Gesù ed i suoi Apostoli.

Il primo errore: il luogo in cui doveva nascere la torre, Sennaar. “Sennaar o “Scinear” significa “che rigetta” . Sennaar era il nome ebraico della pianura della Mesopotamia fra il Tigri e

l'Eufrate (luogo molto vicino all'Eden) e il significato del termine “che rigetta” non può che sottintendere che quella regione aveva rigettato la volontà di Dio mediante la disobbedienza di Adamo.

La generazione che abitava la terra a quel tempo era la discendenza dei figli di

Noè, cioè, Sem, Cam e Jafet. Quella generazione era certamente a conoscenza della perversione che aveva portato sulla terra la distruzione del genere umano (ad

Page 43: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

5

eccezione di Noè e dei suoi familiari) e forse pensava che poteva riscattarsi unendo le proprie forze per arrivare al cielo.

Ma noi adesso sappiamo con certezza che chi rigetta la volontà di Dio non ha

altro mezzo di riscatto per raggiungere il cielo se non Cristo Gesù. Il secondo errore: i mattoni. È vero che occorre entrare in una costruzione per raggiungere il cielo ma

questa non è una torre, è un Tempio. È entrando a far parte del Tempio di Dio, cioè della Sua chiesa, che si può

arrivare al cielo, e perché questa condizione si verifichi non dobbiamo essere dei “mattoni cotti col fuoco” ma “pietre vive”. I mattoni (fatti con fango) cotti col fuoco diventano “refrattari” quindi “morti” e non più suscettibili di ulteriori modifiche.

Dice l'apostolo Pietro: “Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini,

ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo” (1 Pietro 2, 4-5)

Addirittura Dio vuole pietre vive così come si trovano, senza che avvenga per

esse alcuna modifica infatti in Esodo 20, 25 sta scritto: “...e se mi fai un altare di pietra, non lo costruire di pietre tagliate; perché, se tu alzassi su di esse lo scalpello, tu le contamineresti”.

Il terzo errore: il legante, il bitume. Per bitume si intende l'alterazione dei petroli naturali o, anche, il residuo della

distillazione del petrolio. Esso risulta di colore nero. Nella tecnica navale di quel tempo, il bitume era ottenuto miscelando zolfo

(diffuso nei terreni vulcanici, brucia producendo fumo irritante), olio di pesce (unge e ha cattivo odore) più catrame (sostanza nera, oleosa distillata dai combustibili solidi oppure da catrame fossile, ottenuto dal carbone e catrame vegetale estratto dalle piante). Veniva usato per proteggere dall'umidità il fasciame degli scafi in legno.

La suddetta descrizione ci trasporta mentalmente all'inferno! Infine, il bitume non è un legante affidabile perché al sole (o con il caldo) si

liquefa e non regge.

Page 44: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

6

La costruzione che invece ha progettato il Signore per noi, cioè il Suo Tempio, lega le pietre con calcina e noi sappiamo che la calcina non solo è bianca (a rappresentare le vesti bianche degli eletti di Dio) ma regge al calore (della prova).

La calcina è l'Amore, profuso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito. L'amore è la malta che unisce ed essa si ottiene cocendo il proprio cuore di

pietra nel forno speciale dello Spirito Santo e poi, dopo averlo riavuto "vivificato", lo si unisce all'acqua della Parola affinché ci si possa “elevare” e diventare un tutt’uno con Dio.

In altre parole dobbiamo essere una costruzione progettata da Dio e realizzata

dallo Spirito Santo per il sacrificio di Gesù Cristo, nostro Signore: è questo che ci eleverà al cielo!!!! Altro che Torri!!!!!

Per quanto riguarda la confusione delle lingue osserviamo che nel Nuovo

Testamento, il giorno di Pentecoste presenta il ribaltamento di quella situazione di confusione narrata nella Genesi: l’effusione dello Spirito Santo, infatti, permette di parlare e di professare la stessa fede in Cristo nelle varie lingue.

In questo modo si attua, infatti, il superamento dell’esperienza negativa di

Babele e precisamente in Atti 2, 5-12, leggiamo: “Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo. Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua. Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore dicevano: «Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? E com'è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadòcia, del Ponto e dell'Asia, della Frigia e della Panfilia, dell'Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, stranieri di Roma, Ebrei e prosèliti, Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio». Tutti erano stupiti e perplessi, chiedendosi l'un l'altro: «Che significa questo?».

IL RACCONTO DELLA TORRE DI BABELE IN ALTRE CULTURE La tradizione esegetica ebraica in un Midrash (commento rabbinico della

Bibbia che studia un testo in profondità), nel testo di Bereshit Rabba (è un testo religioso del periodo classico del giudaismo. Si tratta di un Midrash che comprende una raccolta di antiche interpretazioni rabbiniche del Libro della Genesi) si racconta che alcuni uomini dell’epoca, avendo compreso il segreto delle lettere dell'alfabeto ebraico, sino a quel momento la sola lingua parlata e conosciuta, utilizzarono il potere dei “Nomi di Dio” per governare gli angeli che, ministri divini, dovevano

Page 45: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

7

unicamente sottostare alla volontà divina ma, per questo peccato, vi fu una discesa morale e spirituale dovuta ad un primo allontanamento da Dio. Quegli uomini che commisero questa trasgressione vollero poi attaccarsi al “Potere delle stelle” e “delle costellazioni” per dirigerlo verso il “Mondo Inferiore” ed utilizzarlo a proprio piacimento senza alcuna adesione all'Onnipotenza divina.

Si descrive, infine, come gli uomini che commisero il peccato di sfida nei confronti di Dio, con la Torre di Babele, vennero trasformati in scimmie.

Ho trovato poi un altro racconto leggendario sulla Torre che è stato tramandato per secoli fino ai nostri giorni.

Si narra infatti che Nimrod , un famoso cacciatore al servizio di Dio, dopo aver sconfitto in battaglia gli eserciti dei figli di Jafet e di Sem (ovvero i discendenti di due dei figli di Noé) decidesse di costruire, nella pianura mesopotamica una città che chiamò Sennaar.

Nimrod divenne un sovrano ambizioso e arrogante, cominciò ad adorare idoli di pietra e di legno e si mise in testa di sfidare Dio stesso per vendicare la morte dei suoi avi annegati da Jahvé durante il Diluvio Universale. Decise quindi di costruire la Torre di Babele, una costruzione altissima, superiore in altezza al monte Ararat, da cui condurre un esercito contro Dio. Una volta distrutto Dio, Nimrod si sarebbe curato di mettere al suo posto i suoi nuovi idoli.

Presto la torre divenne altissima. Vi erano sette scale dalla parte orientale, lungo le quali i portatori potevano raggiungere la cima, e sette dal lato occidentale, dalle quali potevano discendere. La costruzione della Torre di Babele si svolse così alacremente da far diventare gli stessi operai cinici e arroganti.

La costruzione non era ancora finita che già l’esercito di Nimrod ebbe l’ordine di scagliare le proprie frecce dalla sommità della torre contro il cielo; gli angeli di Dio raccolsero i dardi uno a uno e per ingannare gli uomini lasciarono cadere delle gocce di sangue. Gli arcieri esultarono all’unisono convinti di aver ucciso tutti gli abitanti del cielo.

Dio allora parlò ai settanta angeli che lo circondavano intorno al suo trono e disse: "Scendiamo tra loro e confondiamo il loro linguaggio, in modo che invece di una sola lingua ne parlino settanta". Così fecero e i costruttori cessarono di capirsi. Gli ordini impartiti non venivano più interpretati correttamente. Vennero così commessi molti omicidi per colpa della confusione che regnava fino a che il lavoro rallentò e si fermò del tutto.

Page 46: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

8

La Torre di Babele fu in seguito inghiottita per un terzo dalla terra, per un altro terzo da un fuoco scagliato dal cielo. La parte restante cadde in rovina lentamente, erosa dal tempo.

COSA DICE LA CHIESA

I Sommi Pontefici nei loro discorsi o insegnamenti citano spesso l’episodio della Genesi riguardo la Torre di Babele. Tra i tanti che ho visionato, tre brani mi sembrano particolarmente efficaci ed appartengono agli ultimi due Papi.

Nell’Udienza Generale dell’Anno Santo tenuta presso la Città del Vaticano il 18 maggio del 1983, il Servo di Dio Papa Giovanni Paolo II diceva:

“Nella torre di Babele la Bibbia ci ha posto sotto gli occhi un'immagine impressionante di questa dinamica perversa. Quando gli uomini, spinti dal loro orgoglio, decidono di costruire una torre che giunga a toccare il cielo, consentendo loro di disporre di una potenza capace di rivaleggiare con quella di Dio, essi si ritrovano a fare l'esperienza fallimentare della disunione che si stabilisce tra di loro a causa della diversità delle lingue. Opporsi a Dio e volersi misurare con lui non accettando la sua sovranità, significa introdurre, nei rapporti sociali, dirompenti e irriducibili tensioni. Al contrario la riconciliazione del peccatore con Dio suscita in lui la spinta verso la riconciliazione con i fratelli. San Paolo ha sottolineato questa verità affermando che in Cristo le due parti dell'umanità, i giudei e i pagani, erano state riconciliate con Dio per formare un solo corpo, un solo uomo nuovo. Col suo sacrificio, Cristo ha cancellato nella sua carne l'odio che divideva gli uomini; offrendo a tutti la stessa possibilità di accesso al Padre in un solo Spirito, egli ha soppresso le barriere che li separavano, e stabilito tra loro la pace. Per questo Cristo è la nostra pace”.

Sempre Giovanni Paolo II nell’Esortazione Apostolica “Christifideles Laici” al punto 6 ci dice:

“Ancora una volta, ma con proporzioni enormemente ampliate, diversi settori dell'umanità d'oggi, volendo dimostrare la loro "onnipotenza", rinnovano la stolta esperienza della costruzione della "torre di Babele", la quale però prolifera confusione, lotta, disgregazione ed oppressione. La famiglia umana è così in se stessa drammaticamente sconvolta e lacerata.”.

Page 47: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

9

Anche, l’attuale Papa, Benedetto XVI, cita l’episodio della torre, infatti nella Solennità di Pentecoste del 2006, nella suo Omelia ci dice:

“Il Popolo di Dio, che aveva trovato al Sinai la sua prima configurazione, viene quest’oggi ampliato fino a non conoscere più alcuna frontiera né di razza, né di cultura, né di spazio né di tempo. A differenza di quanto era avvenuto con la torre di Babele, quando gli uomini, intenzionati a costruire con le loro mani una via verso il cielo, avevano finito per distruggere la loro stessa capacità di comprendersi reciprocamente, nella Pentecoste lo Spirito, con il dono delle lingue, mostra che la sua presenza unisce e trasforma la confusione in comunione. L’orgoglio e l’egoismo dell’uomo creano sempre divisioni, innalzano muri d’indifferenza, di odio e di violenza. Lo Spirito Santo, al contrario, rende i cuori capaci di comprendere le lingue di tutti, perché ristabilisce il ponte dell’autentica comunicazione fra la Terra e il Cielo. Lo Spirito Santo è l’Amore.”.

LA RICERCA ARCHEOLOGICA

Ma dov'era la pianura di Sennaar e quella descrizione minuziosa che parla di bitume al posto della calce e di mattoni cotti corrispondeva al vero?

La torre di Babele era veramente esistita, e la diaspora delle lingue realmente accaduta?

Queste sono state per anni i “chiodi fissi” degli archeologi di tutte le epoche ed era, infatti, ciò che si chiedevano anche gli uomini del medioevo.

Proprio per documentare questo incessante lavoro di ricerca, in quel tempo, venne illustrato il viaggio di Beniamino di Tudela, ebreo spagnolo che, con l'intento di visitare le comunità ebraiche, girò mezzo mondo e quando passò dalla Mesopotamia credette di riconoscere la torre nella Ziqqurat di Barsippa, mentre altri preferirono identificarla con il grandioso minareto a spirale di Samarra.

Oggi molte domande hanno trovato risposta grazie al prezioso lavoro degli archeologi.

Lo studioso ed archeologo Claudio Saporetti, che insegna assirologia all’Università di Pisa ed è considerato il massimo esperto nella ricerca della Torre di Babele, così si esprime sull’argomento: “La torre di Babele è storicamente esistita e se ne possono ancora riconoscere i resti nell'enorme Ziqqurat alta novanta metri di cui parla il Libro dei Giubilei (Il Libro dei Giubilei o Piccola Genesi è un testo della

Page 48: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

10

tradizione ebraico-cristiana considerato canonico dalla sola Chiesa copta e apocrifo dalle rimanenti confessioni cristiane). In effetti, oggi ne resta solo uno spiazzo quadrato. In pratica è visibile il perimetro della base che era rimasto in profondità sottoterra ma è stato portato alla luce dagli scavi iniziati nel secolo scorso”.

Sennaar è con certezza la valle del Tigri e dell'Eufrate, il monte dell'arca non è l'attuale Ararat, bensì il monte Pira Magrun molto più vicino a Babilonia, ai confini con l'Iran e quindi più logicamente collocato nell'ambito di quei monti da cui discesero gli uomini che costruirono la torre. È possibile ricostruire virtualmente con modelli e simulazioni digitali molto di quello che è stata Babilonia, la grande città che domina con la sua presenza almeno due millenni di storia. I documenti degli scavi e i risultati delle ricerche fanno comprendere la realtà di questa metropoli che, più volte distrutta, fu capace di risorgere e porsi come punto di riferimento per tutto il vasto oriente.

Le Ziqqurat, erano con certezza strutture pensate per permettere alla divinità di prendere contatto con gli uomini; dall'alto del cielo il dio poteva "poggiare i piedi" sull'edificio con cui culminava la torre, per poi scendere nel tempio a livello del terreno.

Negli scavi di Babilonia è possibile vedere i resti di questa gigantesca torre descritta anche da Erodoto per la sua straordinaria mole, alta novanta metri, come già detto, edificata su una base quadrata di novanta metri per lato, che dominava la pianura di Sennaar. Rifatta almeno quattro volte, era inizialmente costruita in mattoni crudi, poi venne ricostruita con milioni di mattoni cotti legati con bitume.

In tempi remoti, anche Alessandro Magno, che era innamorato di Babilonia, avrebbe voluto ricostruire la torre, ma la mole delle macerie era tale che sarebbero serviti anni anche solo per liberare lo spazio del cantiere. Nei secoli, poi, i più pregiati e resistenti mattoni cotti in fornace, che venivano usati come rivestimento esterno per resistere alle intemperie, sono stati riciclati dalla popolazione locale; la vicina città di Al Hilla, ad esempio, è stata costruita pressoché interamente con i mattoni di Babilonia”, spiega Saporetti.

Anche il tema della confusione delle lingue ha una base storica reale.

Nel sesto secolo, prima dell'era cristiana, i babilonesi avevano deportato popolazioni di nazionalità diverse, ognuna con un linguaggio diverso. Al tempo di Nabuccodonosor parteciparono ai lavori anche gli ebrei deportati. Essi si videro costretti a costruire la Torre per un altro dio, in terra straniera, lavorando per chi aveva distrutto il loro tempio. Per questo Babele è diventata il simbolo della menzogna, del caos e dell'incomunicabilità tra gli uomini.

Page 49: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

11

CONCLUSIONE

Amati Fratelli, in questo marasma di nozioni e concetti più o meno semplici che ho indegnamente espresso, ritengo opportuno, spero giustamente, riversare nella nostra vita comunitaria l’insegnamento che ci viene dato da questo racconto della Genesi e, per fare questo, desidero fare mio il comando di Gesù che ci dice: “Tornate ad essere come bambini!!!”

Quindi, perdonatemi, colpo di scena!! Esponiamo velocemente la storia della Torre di Babele come se la dovessimo raccontare ad un nostro figlio di 5 anni:

<<Le persone che vivevano insieme si riunirono ed iniziarono a fare grandi progetti per il futuro. Decisero di far diventare quel posto una ENORME città ed immaginarono di usare i mattoni per costruire una torre che sarebbe giunta fino al cielo. Volevano costruire una torre COSI’ ALTA che avrebbe reso FAMOSA la loro città. Questa torre sarebbe stata COSI’ ALTA che la gente l’avrebbe vista persino da lontano. Questo edificio altissimo li avrebbe resi FAMOSI ed avrebbe diffuso il loro nome IN TUTTO IL MONDO.

Volevano qualcosa di COSI’ FAMOSO da attirare persone da tutto il mondo. Credevano che più la gente si fosse riunita nella loro città, più avrebbero potuto fare qualcosa di grande insieme. Con tante altre PERSONE, avrebbero potuto costruire una città ANCORA PIU’ GRANDE e si sarebbero potuti fare un nome ANCORA PIU’ GRANDE. Avevano paura che se non fossero andati avanti con quel progetto, la gente si sarebbe dispersa per tutta la terra. Questa torre altissima, che giungeva fino al cielo, sarebbe stata PROPRIO quello di cui avevano bisogno per riunire tutti in un solo posto: non ci sarebbero stati LIMITI.

Ebbene, QUALCUN altro stava guardando questa grande città. Sai chi era?

ERA DIO!

La Bibbia dice che Dio scese giù per vedere la torre e la città che queste persone stavano costruendo. Vide un popolo così preso dalla SUA forza e dal SUO nome, da aver dimenticato di parlare delle storie della potenza di DIO e che non aveva più diffuso il SUO nome sulla terra. Era un popolo INTERESSATO SOLO A SE STESSO. Erano tutti così impegnati a costruirsi un nome per se stessi, che non avevano più tempo per Dio.

Dio vide ESATTAMENTE quello che stava accadendo, e disse: “Guarda un po’! Il popolo si è riunito in un solo posto e parlano tutti la stessa lingua. Guarda quello che stanno facendo! Quando sapranno di poter finire questa torre tutti insieme, penseranno che non C’È LIMITE a quello che potranno fare insieme”.

Page 50: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

12

Perciò Dio decise di scendere giù e di CONFONDERE IL LORO LINGUAGGIO, e FECE ESATTAMENTE COSI’!

Il minuto prima erano tutti insieme a parlare e riuscivano a capirsi perfettamente, e il minuto dopo non CAPIVANO NEANCHE UNA PAROLA di quello che dicevano i loro compagni. Tutti erano COMPLETAMENTE CONFUSI! Non capivano più neanche una parola di quello che diceva il compagno. Dicevano tutti delle frasi insignificanti. Sembravano un mucchio di BALBUZIENTI.

Poiché non riuscivano più a capirsi l’un l’altro, non poterono più vivere né lavorare insieme.

E tutto ad un tratto, l’opera della torre EBBE FINE. Ognuno impacchettò le sue cose ed iniziò a trasferirsi in un’altra città. Volevano andar il più lontano possibile da quella confusione. Iniziarono a disperdersi su tutta la faccia della terra.

Ben presto la città divenne nota come “Babele”, poiché tutti avevano sentito dire che qui Dio aveva confuso le lingue.>>

Concludo esattamente per come avevo iniziato: “Or ciò avvenne come esempio per noi”.

Il Signore Vi benedica.

Gaspare Emma

Page 51: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

LA VOCAZIONE DI ABRAMO. SECONDO LA BIBBIA , LO SVILUPPO STORICO DELL'UOMO HA SEGUITO VARIE FASI , QUESTE SONO STATE SPESSO CONTRASSEGNATE DAL SORGERE DI ALCUNI PERSONAGGI D' ECCEZIONE CHE HANNO SEGNATO DELLE TAPPE NEL FATICOSO CAMMINO UMANO E HANNO LASCIATO UN SEGNO INDELEBILE E TANGIBILE ANCHE A DISTANZA DI ALCUNE MIGLIAIA DI ANNI . DA ADAMO A NOE' , DA NOE' AD ABRAMO E COSI' VIA , FINO AD ARRIVARE A GESU'. E' COSI' CHE DOPO LA NARRAZIONE DEL DILUVIO UNIVERSALE E DELLA VITA DI NOE' ( GN 6-9 ) , GIUNGIAMO CON QUESTA PARASHA' ALLA STORIA DI ABRAMO E DELLA SUA FAMIGLIA . LA PARASHA' E' IL PRIMO LIBRO DELLA TORA' ( LEGGE ) , CHE E' COMPOSTA DA 5 LIBRI ( GENESI , ESODO , LEVITICO , NUMERI E DEUTERONOMIO ) E CORRISPONDE APPUNTO AL LIBRO DELLA GENESI X I CRISTIANI . TUTTA LA STORIA DI ABRAMO LA TROVIAMO NARRATA DAL C AP.12 DELLA GENESI FINO AL CAP.25 AL VERSETTO 11 , E SI CONCLUDE CON LA SUA MORTE E LA BENEDIZIONE DI DIO SUL FIGLIO ISACCO. POSSIAMO DIRE CHE ATTRAVERSO LA STORIA DI ABRAMO NOI ENTRIAMO PROPRIAMENTE NEL TERRENO DELLA STORIA DI ISRAELE O ANCORA PIU' PROPRIAMENTE DELLA PREISTORIA DI ISRAELE . ABRAMO VISSE TRA IL XX E IL XIX SECOLO A.C. ABRAMO ( IN EBRAICO : AVRAAMM “ PADRE DI MOLTI POPOLI “, IN ARABO : IBRAHIM ) E' IL PRIMO PATRIARCA E NON SOLO DELL' EBRAISMO E DEL CRISTIANESIMO , MA ANCHE DELL' ISLAM. INFATTI LA SUA STORIA E' RIPRESA NEL LIBRO DEL CORANO . LA GENESI LASCIA INTENDERE CHE ABRAMO NACQUE IN UR DEI CALDEI , NELLA BASSA MESOPOTAMIA ( BABILONIA ). ABRAMO E' DISCENDENTE DI SEM , UNO DEI FIGLI DI NOE' , PERCIO' E' DI STIRPE SEMITA. I SEMITI NON VIVEVANO NELLE CITTA' , MA ERANO SEMINOMADI . SI SPOSTAVANO AD OGNI STAGIONE CON LE LORO GREGGI DI PECORE E CAPRE. ABRAMO E' IL PRIMOGENITO DEL VECCHIO E SAGGIO TERACH ; QUESTI HA TRE FIGLI : ABRAMO , NACOR E ARAN . TERACH E I SUOI FIGLI NON CONOSCONO IL VERO DIO , ONORANO DIVINITA' DOMESTICHE CHE VENGONO RAFFIGURATE COME PICCOLE STATUETTE DI FIGURE UMANE PLASMATE CON L'ARGILLA. QUANDO IL CLAN SI SPOSTA CON LE GREGGI SI PORTA DIETRO ANCHE QUESTE DIVINITA' PROTRETTRICI . ABRAMO , IL PRIMOGENITO , E' SPOSATO COME I FRATELLI , MA A DIFFERENZA DI QUESTI NON HA FIGLI . NON E' PIU' TANTO GIOVANE E ANCHE SARA , LA SUA SPOSA , E' ANZIANA E ORMAI NON PUO' PIU' AVERE BAMBINI . ABRAMO PER QUESTA RAGIONE NON POTRA' EREDITARE L'AUTORITA' DEL PADRE , NON POTRA' RICEVERE LE SUE RICCHEZZE E NON POTRA' AVERE LA SUA BENEDIZIONE. IN QUEL TEMPO INFATTI IL CAPOSTIPITE ( TERACH ) , CHE ERA CAPO , GIUDICE E SACERDOTE AL TEMPO STESSO , PRIMA DI MORIRE , TRASMETTEVA AL FIGLIO PRIMOGENITO LA PROPRIA AUTORITA'( LA PROGENITURA ). ASSIEME A QUESTA VENIVANO TRASFERITE AUTOMATICAMENTE TUTTE LE SUE RICCHEZZE E LA BENEDIZIONE PERSONALE CON LA GARANZIA DI PROSPERITA'

Page 52: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

PAG.2 FUTURA , A CONDIZIONE CHE IL FIGLIO PRIMOGENITO , POTESSE GARANTIRE UNA DISCENDENZA . ED E' PROPRIO SU QUESTA PAROLA “ DISCENDENZA “ , CHE SI SVILUPPERA' L' INCONTRO , LA CHIAMATA E LA PROMESSA DI DIO AD ABRAMO . SECONDO GN . 17, 5 IL SUO NOME ORIGINALE ERA ABRAM , POI CAMBIATO IN ABRAHAM CHE SIGNIFICA ( PADRE DI UNA MOLTITUDINE DI POPOLI ) . “ NON TI CHIAMERAI PIU' ABRAM MA TI CHIAMERAI ABRAHAM “ . PERCHE' DIO CAMBIA IL SUO NOME ? CIO' VIENE SPIEGATO DAI MAESTRI EBREI I QUALI METTONO IN RILIEVO IL SUO PIENO COINVOLGIMENTO NEL MOMENTO STESSO IN CUI DIO LO CHIAMA E GLI APPARE DICENDOGLI : ( IO SONO DIO ONNIPOTENTE : CAMMINA DAVANTI A ME E SII INTEGRO . PORRO' LA MIA ALLEANZA TRA ME E TE E TI RENDERO' NUMEROSO MOLTO , MOLTO ) . ABRAMO VIENE QUINDI TRASFORMATO ATTRAVERSO LA PAROLA E LA RIVELAZIONE DI DIO , PER QUESTO DIO CAMBIA IL SUO NOME , PROPRIO X ATTESTARE CHE IL CAMBIAMENTO PRENDE LA PERSONA DI ABRAMO NELLA SUA TOTALITA', NELLA SUA PIENEZZA .( UOMO NUOVO = NOME NUOVO ) . UN UOMO CHE DA SEMPLICE PASTORE CHE VIVEVA NELLA CITTA' DI UR IN MESOPOTAMIA CON LA MOGLIE SARA , CHE PREGAVA INVANO GLI DEI DELLA MESOPOTAMIA X AVERE UN FIGLIO , UN EREDE A CUI LASCIARE LA PROPRIA “ AZIENDA “. LUI CHE RIFLETTENDO SUL SUO FUTURO PENSAVA : MI STO AVVICINANDO ALLA TOMBA , SONO VECCHIO E NON HO FIGLI , LA MIA VITA E' STATA INUTILE . ABRAMO UN UOMO APPARENTEMENTE SENZA SPERANZA DIVENTA IL MEZZO , ATTRAVERSO IL QUALE DIO SI IMPEGNA A PORTARE LA SUA BENEDIZIONE , IL SUO FAVORE DIVINO E LA SUA GRAZIA , NON SOLO A LUI , MA A TUTTI I POPOLI DELLA TERRA . GN .12,3 ( IN TE SI DIRANNO BENEDETTE TUTTE LE FAMIGLIE DELLA TERRA ) . NELL ' ANTICO ORIENTE CAMBIARE IL NOME SIGNIFICAVA ANCHE CAMBIARE IL DESTINO E LA VOCAZIONE DELLA PERSONA . NELLA BIBBIA INFATTI , IL CAMBIAMENTO E' SPESSO COLLEGATO AD UNA NUOVA MISSIONE CHE DIO AFFIDA ALL'UOMO . ES. PIETRO . ABRAMO E' IL PRIMO PATRIARCA , E' IL PRIMO PADRE , E' ANZI IL GRANDE PADRE DI ISRAELE . POSSIAMO SENZA DUBBIO DIRE CHE LUI E' IL CREATORE DELL' IDEA MONOTEISTICA . ABRAMO E' ANCHE IL PRIMO PADRE SPIRITUALE DEL POPOLO EBRAICO , E' COLUI CHE FORMA IL MODELLO DELLA VITA DI ISRAELE . ANCHE A SARA DIO CAMBIA IL NOME DA SARAI A SARA CHE SIGNIFICA PRINCIPESSA. NELLA CHIAMATA DI ABRAMO E' DIO CHE PRENDE L' INIZIATIVA E GLI COMANDA DI LASCIARE LA SUA TERRA , LA SUA PARENTELA , I SUOI AMICI , LA CASA DI SUO PADRE , PER ANDARE VERSO UNA TERRA CHE LUI GLI AVREBBE INDICATO. IN POCHE PAROLE ABRAMO DEVE LASCIARE TUTTE LE SICUREZZE A CUI SI APPOGGIA UN UOMO PER VIVERE , E NON SOLO , DIO NON SI ACCONTENTA PERCHE' VUOLE CHE ABRAMO CHIUDA DEFINITIVAMENTE CON IL SUO PASSATO PAGANO. GN. 12,1 ( IL SIGNORE DISSE AD ABRAM : VATTENE DAL TUO PAESE , DALLA TUA PATRIA E DALLA CASA DI TUO PADRE , VERSO IL PAESE CHE IO TI INDICHERO' ).

Page 53: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

PAG.3 LA RISPOSTA DI ABRAMO FU EFFETTIVA , NON VERBALE , FU UN SI DECISO , SENZA COMPROMESSI , SENZA SE O MA , ( COME IL SI DI MARIA ) ABRAMO INFATTI E' L' EMBLEMA DELLA FEDE PURA , CIECA E ASSOLUTA . E' DIVERSA DA QUELLA CHE AD ESEMPIO CARATTERIZZA LA CHIAMATA DI ALTRI PROFETI , COME AD ESEMPIO QUELLA DI GEREMIA O DI MOSE' . GEREMIA INFATTI RISPONDERA' : “ ECCO IO NON SO PARLARE PERCHE' SONO GIOVANE “ , E MOSE' DIRA' : “ CHI SONO IO PER ANDARE DAL FARAONE ? “ .ES.3,11 ABRAMO QUINDI RADUNO' LA CAROVANA DELLE SUE GREGGI E I SUOI SERVI E PARTI' CON SARA E SUO NIPOTE LOT. ABRAMO SI METTE IN VIAGGIO PER ANDARE DA UR A CANAAN , O ( TERRA DI ISRAELE O TERRA PROMESSA ) . QUESTO ACCADDE SECONDO LA TRADIZIONE SACERDOTALE , MA SECONDO LA TRADIZIONE JAVISTA ABRAMO COMPIE UN VERO E PROPRIO PELLEGRINAGGIO IN CANAAN . VISITA I SANTUARI DI SICHEM , SITUATI AL CENRO DEL PAESE DI CANAAN ; BETEL DOVE POI NEI PARAGGI E NELLE VICINANZE SORGERA' GERUSALEMME ; MAMRE, VILLAGGIO VICINO A EBRON E PER ULTIMO IL NEGHEB ( DESERTO A SUD ) , CHE DIVIDE IL CANAAN DALL' EGITTO . TUTTO QUESTO ACCADEVA NEL 2096 A.C. DIO APPARE AD ABRAMO IN LOCALITA' BETEL E GLI PROMETTE CHE QUELLA TERRA SAREBBE APPARTENUTA ALLA SUA DISCENDENZA , QUELLA TERRA ERA APPUNTO NEL PAESE DI CANAAN , ALLORA ABITATA DAI CANANEI ,E CHE ORA E' LA ATTUALE PALESTINA . E' CURIOSO NOTARE CHE NONOSTANTE ABRAMO NON AVESSE ANCORA UNA DISCENDENZA , CREDE CIECAMENTE NELLA PROMESSA DI DIO , SI FIDA , NON DUBITA , MA ANZI SULLE MONTAGNE A ORIENTE DI BETEL COSTRUISCE UN ALTARE AL SIGNORE E LI INVOCA IL SUO NOME . A CAUSA DI UNA GRANDE CARESTIA ABRAMO E' COSTRETTO A RECARSI IN EGITTO ( COME I FIGLI DI GIACOBBE PIU' AVANTI NEL RACCONTO BIBLICO IN GN. 42,3 “ ALLORA I DIECI FRATELLI DI GIUSEPPE SCESERO PER ACQUISTARE IL FRUMENTO IN EGITTO “) . TEMENDO DI ESSERE UCCISO E DERUBATO DEI SUOI BENI E DI SUA MOGLIE DAGLI EGIZIANI , FA CREDERE AL FARAONE CHE SARA E' SUA SORELLA . LA BIBBIA DESCRIVE SARA COME UNA DONNA DI RARA BELLEZZA. IL FARAONE INCANTATO DA TANTA BELLEZZA LA PRENDE COME MOGLIE E FA TRATTARE CON OGNI ONORE ABRAMO. IL SIGNORE ALLORA INTERVIENE E COLPISCE DURAMENTE LA CASA DEL FARAONE CON GRANDI PIAGHE. SCOPERTO L' INGANNO IL FARAONE FA CACCIARE ABRAMO E IL SUO SEGUITO DALL' EGITTO , PER ALLONTANARE LA MALEDIZIONE DI DIO . ABRAMO VA QUINDI NEL NEGHEB DOVE SI SEPARA DAL NIPOTE LOT. ENTRAMBI AVEVANO DELLE MANDRIE E POICHE' NON AVEVANO MOLTO SPAZIO PER IL PASCOLO E STAVANO NASCENDO ATTRITI TRA I LORO RISPETTIVI MANDRIANI ABRAMO DISSE A LOT : GN.13 8-9 “ NON VI SIA DISCORDIA TRA ME E TE , TRA I MIEI MANDRIANI E I TUOI , PERCHE' NOI SIAMO FRATELLI , NON STA FORSE DAVANTI A TE TUTTO IL PAESE ? SEPARATI DA ME . SE TU VAI A SINISTRA IO ANDRO' A DESTRA ; SE TU VAI A DESTRA IO ANDRO' A SINISTRA “ .

Page 54: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

PAG.4 LOT PRESE LA PARTE MIGLIORE PERCHE' SI TRASFERI' NELLE VICINANZE DELLA CITTA' DI SODOMA , NELLA VALLE DEL GIORDANO , UNA SPECIE DI PICCOLO PARADISO , IRRIGATO DALLE ACQUE DEL FIUME. ABRAM INVECE SI STABILI' NEL PAESE DI CANAAN , ACCETTA CIO' CHE RIMANE , UNA MISERA PORZIONE DI TERRENO CHE CIRCONDA LE QUERCE DI MAMRE , PRESSO EBRON A SUD DI GERUSALEMME . PERO' NONOSTANTE LOT SI SCEGLIE IL TERRENO E IL LUOGO MIGLIORE PER VIVERE E FAR PASCOLARE LE SUE GREGGI , SOLO AD ABRAMO IL SIGNORE RISERVA LA GRANDE PROMESSA DIVINA . INFATTI IN QUEL LUOGO , DOVE DIO TEMPO PRIMA GLI AVEVA PARLATO , ABRAMO HA UNA NUOVA RIVELAZIONE. IN GN.13, 14B-16A DIO PARLA AD ABRAMO E DICE : “ ALZA GLI OCCHI E DAL LUOGO DOVE TU STAI SPINGI LO SGUARDO VERSO IL SETTENTRIONE E IL MEZZOGIORNO VERSO L' ORIENTE E L' OCCIDENTE , TUTTO IL PAESE CHE TU VEDI , IO LO DARO' A TE E ALLA TUA DISCENDENZA PER SEMPRE . RENDERO' LA TUA DISCENDENZA COME LA POLVERE DELLA TERRA .” E' CON QUESTA PROMESSA CHE ABRAMO CONTINUA LA SUA VITA DI PASTORE , NOMADE E DI UOMO SENZA FIGLI . NELLA BIBBIA VIENE CITATA UNA CAMPAGNA MILITARE ALL A QUALE ABRAMO PRENDE PARTE PER SALVARE IL NIPOTE LOT , COINVOLTO NEL CONFLITTO E FATTO PRIGIONIERO ASSIEME ALLA SUA GENTE , ALLE SUE GREGGI E ALLE SUE RICCHEZZE , DAI NEMICI DI SODOMA E GOMORRA . ABRAMO PER SALVARE L'AMATO NIPOTE LI SCONFIGGE IN BATTAGLIA E RIESCE ANCHE A RECUPERARE IL BOTTINO DI GUERRA CON UN PICCOLO ESERCITO DI 318 UOMINI. LA VITTORIA DI ABRAMO E' CERTAMENTE FRUTTO E OPERA DELLA MANO POTENTE DI DIO , SENZA IL QUALE NON AVREBBE OTTENUTO IL SUCCESSO . MENTRE ABRAMO RIENTRA DA QUESTA FORTUNATA E BENEDETTA SPEDIZIONE , APPARE LA FIGURA DEL SOVRANO DI QUELLA CITTA' , MELCHISEDEK. MELCHISEDEK ( IL CUI NOME E' COMPOSTO DAL TERMINE “ MELEK “, CHE SIGNIFICA RE E DAL TERMINE DIVINO “ SEDEQ “, CHE SIGNIFICA GIUSTIZIA E SALVEZZA , QUINDI .RE DI GIUSTIZIA, CHE ERA RE DI SALEM ( RE DI PACE ) LA ATTUALE GERUSALEMME , RINGRAZIA ABRAMO OFFRENDOGLI LA SUA OSPITALITA' . GLI OFFRE IL PANE E IL VINO E LO BENEDICE , ESSENDO OLTRE CHE RE ANCHE SACERDOTE CON QUESTE PAROLE : GN. 14, 18B-20 “ SIA BENEDETTO ABRAM DAL DIO ALTISSIMO CREATORE DEL CIELO E DELLA TERRA , E BENEDETTO SIA IL DIO ALTISSIMO CHE TI HA MESSO IN MANO I TUOI NEMICI “ MELCHISEDEK PRONUNZIA QUINDI SU ABRAMO UNA BENEDIZIONE E NE RICEVE IN CAMBIO UN' OFFERTA SACRA , LA DECIMA SUL BOTTINO RECUPERATA. POI ABRAMO DOPO AVER CONSEGNATA LA RESTANTE PARTE DEL BOTTINO AL RE DI SODOMA , RITORNA ALLE QUERCE DI MAMRE. MOLTI PADRI DELLA CHIESA VEDONO IN MELCHISEDEK , COME UNA PREFIGURAZIONE DEL SACERDOZIO DI CRISTO . EBREI 7 ,3B “ SENZA PRINCIPIO DI GIORNI NE FINE DI VITA , FATTO SIMILE AL FIGLIO DI DIO , RIMANE SACERDOTE IN ETERNO “ DOPO QUESTI FATTI LA FIGURA DI ABRAMO VIENE INDICATA E TRATTEGGIATA CON LA FISIONOMIA DI UN PROFETA. INFATTI LEGGIAMO IN GN .15,1 ( QUESTA PAROLA DEL SIGNORE FU RIVOLTA AD ABRAMO IN VISIONE : “ NON TEMERE ABRAM , IO SONO IL TUO SCUDO , LA TUA

Page 55: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

RICONPENSA SARA' MOLTO GRANDE , GUARDA IN CIELO E CONTA LE STELLE PAG.5 SE RIESCI A CONTARLE E SOGGIUNSE : TALE SARA' LA TUA RICONPENSA “ ) . ABRAMO INFATTI INCONTRA ORA DIO NON SOLO ATTRAVERSO LA SUA VOCE MA ANCHE IN VISIONE , LO VEDE E LO ASCOLTA . ABRAMO E' UN PURO DI CUORE E QUI DIO CONFERMA LA SUA ALLEANZA , CHE SI SAREBBE ESTESA A TUTTA LA SUA DISCENDENZA. SARA PERO' ERA STERILE E AVANTI NEGLI ANNI , QUINDI ABRAM RITIENE , DIETRO CONSIGLIO DELLA MOGLIE , DI AVERE UN FIGLIO , CHE POTESSE GARANTIRGLI UNA DISCENDENZA ,CON LA PROPRIA SCHIAVA AGAR , CHE CHIAMO' ISMAELE . NELL' ANTICO ORIENTE INFATTI , SECONDO LE LEGGI DI ALLORA , IN CASO DI STERILITA' , IL CAPOFAMIGLIA POTEVA RICORRERE AD UN' ALTRA DONNA DELL' AREM PER AVERE UN FIGLIO , CHE SAREBBE POI STATO CONSIDERATO DISCENDENTE DELLA COPPIA UFFICIALE ( IN QUESTO CASO DI ABRAMO E SARA ). AGAR PERO' DAL MOMENTO IN CUI SEPPE DI ASPETTARE UN FIGLIO DA ABRAMO , COMINCIO' A DISPREZZARE E A NON RISPETTARE LA SUA PADRONA SARA , CHE OFFESA PER IL COMPORTAMENTO SCORRETTO DI AGAR LA FA ALLONTANARE . AGAR VA VIA LONTANO ED E' ALLORA CHE UN ANGELO MESSAGGERO DI DIO . LA INCONTRA PRESSO UNA SORGENTE NEL DESERTO E LA INVITA A TORNARE DALLA SUA PADRONA E A STARE A LEI SOTTOMESSA , CON LA PROMESSA CHE DAL FIGLIO CHE PARTORIRA' , CHE SI CHIAMERA' ISMAELE , DIO MOLTIPLICHERA' LA SUA DISCENDENZA . GN .16, 15 “ AGAR PARTORI' AD ABRAM UN FIGLIO E ABRAM CHIAMO' ISMAELE IL FIGLIO CHE AGAR GLI AVEVA PARTORITO “ IL NOME ISMAELE DERIVA DAL VERBO EBRAICO “ SHEMA “, CHE SIGNIFICA ASCOLTA E DA “ EL “ , CHE SIGNIFICA DIO , QUINDI IL SUO SIGNIFICATO COMPLETO E' “ DIO ASCOLTA “ ISMAELE DIVENTERA' CAPOSTIPITE DI UN POPOLO FORTE E NOMADE ( GLI ISRAELITI ) , CHE VIVRA' NEL DESERTO . LA TRADIZIONE VEDE ANCHE IN ISMAELE IL PROGENITORE DEGLI ARABI ( POPOLO ISLAMICO ). MA LA PROMESSA DI DIO AD ABRAMO , NON PASSA ATTRAVERSO ISMAELE , FIGLIO DI AGAR . E' INFATTI DALLA VECCHIA E STERILE SARA , CHE DOVRA' NASCERE COLUI CHE INCARNERA' LA PROMESSA DI DIO , ISACCO. ISACCO INFATTI A DIFFERENZA DI ISMAELE , NON SARA' PIU' IL FIGLIO DELLA CARNE , MA DELLA PROMESSA . ABRAMO E SARA , ALLEATI DI DIO , DARANNO QUINDI INIZIO ALLA GRANDE GENEALOGIA DI QUEL POPOLO ATTRAVERSO IL QUALE DIO RIVELERA' LA SUA SALVEZZA A TUTTO IL MONDO . IL SEGNO DELL' ALLEANZA DI DIO CON IL POPOLO DA LUI SCELTO SARA' LA CIRCONCISIONE . “ SIA CIRCONCISO TRA VOI OGNI MASCHIO “. L'ADESIONE DI ABRAMO E DELLA SUA DISCENDENZA AL PATTO OFFERTO DA DIO SI ESPLICITA MEDIANTE LA CIRCONCISIONE , CHE NON E' UN COMANDO O UNA LEGGE IN PIU' DA OSSERVARE , MA SOLO IL SEGNO CHE QUANTO DIO OFFRE VIENE ACCETTATO . CON NOE' IL SEGNO DELL' ALLEANZA TRA DIO E L' UOMO E' L'ARCOBALENO : GN.9 ,16-17 “ L' ARCO SARA' SULLE NUBI E IO LO GUARDERO' PER RICORDARE L' ALLEANZA ETERNA TRA DIO E OGNI ESSERE CHE VIVE IN OGNI CARNE E SULLA

Page 56: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

TERRA “. PAG. 6 DIVERSAMENTE AD ABRAMO DIO PROMETTE UNA DISCENDENZA E UNA TERRA CHIEDENDO IN CAMBIO ( ATTRAVERSO UN SEGNO CONCRETO DELLA SUA ALLEANZA CHE E ' APPUNTO LA CIRCONCISIONE ) , LA FEDELTA' SUA E DELLA SUA DISCENDENZA. QUESTA PAROLA “ ALLEANZA “ SOLTANTO NEL CAPITOLO 17 DEL LIBRO DELLA GENESI E' RIPETUTA PER BEN 14 VOLTE. IL NUMERO 14 NELLA BIBBIA E' UN NUMERO SIMBOLICO CHE ESPRIME PIENEZZA E TOTALITA'.INFATTI IL 2 VOLTE 7 E' RITENUTO UN NUMERO PERFETTO . LA CIRCONCISIONE ERA IGNOTA ALLORA AL POPOLO CANANEO E MESOPOTAMICO QUINDI LO STESSO PATRIARCA ABRAMO SI FARA' CIRCONCIDERE ALL' ETA' DI 99 ANNI , APRENDO COSI' LA NUOVA ERA DELL' ALLEANZA CON DIO . ANCHE SE E' DIFFICILE RISALIRE AL SUO SIGNIFICATO ORIGINARIO , SI PENSA CHE DIO SCEGLIE QUESTO SEGNO PER UNO O PIU' DI QUESTI 3 MOTIVI :

1) PERCHE' FORSE DOVEVA ESSERE IL SEGNO DISTINTIVO DELL' EBREO IN MEZZO AGLI ALTRI POPOLI PAGANI . UN SEGNO TANGIBILE E INDELEBILE DELL' APPARTENENZA DEL POPOLO EBREO ALL' UNICO DIO .

2) PERCHE' FORSE SEGNAVA IL PASSAGGIO DALLA FANCIULLEZZA ALLA VIRILITA' : ISMAELE VIENE INFATTI CIRCONCISO ALL' ETA' DI 13 ANNI .

3) PERCHE' FORSE RECIDENDO LA CARNE DEL PREPUZIO DEL MEMBRO DEL FANCIULLO , SI RICORDA CHE ALLA RADICE STESSA DELLA VITA C' E' IL SEGNO E IL SIGILLO TANGIBILE E INDELEBILE DELL' IMPEGNO ALL' ALLEANZA COL DIO DELLA BENEDIZIONE E DELLA VITA .

PURTROPPO LA SUA PRATICA PRESSO GLI EBREI HA PORTATO NEI SECOLI , AD UN ATTEGGIAMENTO DI FALSA SICUREZZA , ALLA PRETESA DI POTERSI SALVARE QUASI AUTOMATICAMENTE SENZA UN PROFONDO CAMBIAMENTO DEL CUORE . CONTRO IL RISCHIO DELLA PRETESA DELLA SALVEZZA , GIA' NELL'ANTICO TESTAMENTO ENTRANO IN SCENA ALCUNI PERSONAGGI E O PROFETI CHE DARANNO DEI SEVERI AMMONIMENTI A TAL PROPOSITO. DT .10 ,16 “ CIRCONCIDETE DUNQUE IL VOSTRO CUORE OSTINATO E NON INDURITE PIU' LA VOSTRA NUCA” GER .4 ,4 “ CIRCONCIDETEVI PER IL SIGNORE , CIRCONCIDETE IL VOSTRO CUORE , UOMINI DI GIUDA E ABITANTI DI GERUSALEMME , PERCHE' LA MIA IRA NON DIVAMPI COME FUOCO E NON BRUCI SENZA CHE ALCUNO LA POSSA SPEGNERE , A CAUSA DELLE VOSTRE AZIONI PERVERSE “ LA CIRCONCISIONE VIENE QUINDI RIVALUTATA E VALORIZZATA NON PIU' A SEMPLICE SEGNO ESTERIORE , MA AD UN SIGNIFICATO SPIRITUALE PIU' PROFONDO PARLANDO APPUNTO DI CIRCONCISIONE DEL CUORE . PIU' AVANTI SAN PAOLO NELLA LETTERA AI ROMANI , RIPRENDERA' QUESTO DISCORSO RICHIAMANDO , TUTTI GLI EBREI E NON , ALLA NECESSITA' DI CIRCONCIDERE IL CUORE . RM. 2, 25-29 “ LA CIRCONCISIONE E' UTILE , SI , SE OSSERVI LA LEGGE ; MA SE TRASGREDISCI LA LEGGE , CON LA TUA CIRCONCISIONE SEI COME UN NON CIRCONCISO . SE DUNQUE CHI NON E' CIRCONCISO OSSERVA LE PRESCRIZIONI DELLA LEGGE , LA SUA NON CIRCINCISIONE NON GLI VERRA' FORSE CONTATA COME CIRCONCISIONE ?E COSI , CHI NON E' CIRCONCISO FISICAMENTE , MA OSSERVA LA LEGGE GIUDICHERA' TE CHE , NONONSTANTE LA LETTERA DELLA LEGGE E LA CIRCONCISIONE , SEI UN TRASGRESSORE DELLA LEGGE . INFATTI

Page 57: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

GIUDEO NON E' CHI APPARE TALE ALL' ESTERNO E LA CIRCONCISIONE NON E' PAG. 7 QUELLA VISIBILE NELLA CARNE ; MA GIUDEO E' COLUI CH E LO E' INTERIORMENTE E LA CIRCONCISIONE E' QUELLA DEL CUORE , NELLO SPIRITO , E NON NELLA LETTERA ; LA SUA GLORIA NON VIENE DAGLI UOMINU MA DA DIO “ 1 COR. 7, 19 “ LA CIRCONCISIONE NON CONTA NULLA , CONTA INVECE L' OSSERVANZA DEI COMANDAMENTI DI DIO “ E ANCORA RIFERENDOSI AL NOSTRO PADRE ABRAMO , SAN PAOLO DICE IN RM. 4 “ INFATTI EGLI RICEVETTE IL SEGNO DELLA CIRCONCISIONE QUALE SIGILLO DELLA GIUSTIZIA DERIVANTE DALLA FEDE CHE AVEVA GIA' OTTENUTA QUANDO ANCORA NON ERA CIRCONCISO , QUESTO PERCHE' FOSSE PADRE DI TUTTI I NON CIRCONCISI CHE CREDONO “ RICORDIAMOCI INOLTRE CHE GESU' STESSO FU CIRCONCISO. LC. 2 ,21 “ QUANDO FURONO PASSATI GLI OTTO GIORNI PRESCRITTI PER LA CIRCONCISIONE GLI FU MESSO IL NOME GESU' “ TUTT' OGGI QUESTA PRATICA E' IMPOSTA A TUTTI GLI EBREI PER TRADIZIONE RELIGIOSA ED IN MOLTI ALTRI PAESI . ESAMINANDO TUTTI GLI EPISODI CHE HANNO CARATTERIZZATO LA VITA DI ABRAMO , EMERGE CHE QUESTI NON E' UN MISTICO , NON E' UN VISIONARIO , NON E' UN UOMO CHE CONOSCE DIO ATTRAVERSO IL DISTACCO DAL MONDO , O DALLA ASCESI , NO.ABRAMO E' UN UOMO CHE VIVE NEL MONDO IN MEZZO AGLI UOMINI , E' UN UOMO CHE VIVE IN UN TEMPO IN CUI GLI UOMINI ERANO MOLTO LONTANI DA QUELL' IDEA CHE EGLI ANDAVA PROCLAMANDO . RICORDIAMOCI CHE LUI VIVE IN QUELL' EPOCA SUCCESSIVA ALLA GENERAZIONE CHE AVEVA COSTRUITO LA TORRE DI BABELE , E CHE QUINDI VIVEVA NEL CULTO DELL' AMBIZIONE E DELLA FORZA , RINNEGANDO I PIU' ALTI VALORI UMANI E DIVINI . ABRAMO E' L' ESEMPIO VIVENTE DELLA PROTESTA CONTRO QUESTO MONDO , PUR VIVENDOCI E AFFRONTANDO LE FATICHE DI OGNI GIORNO , NON SI CONFORMA ALLA MENTALITA' DI QUEL TEMPO . ABRAMO E' IL PRIMO ISOLATO , E' IL PRIMO ANNUNCIATORE DI QUEL NUOVO VERBO CHE NON SARA' MAI PIU'DESTINATO A MUTARSI . ABRAMO COME PATRIARCA E PROFETA SENTE DI RICEVERE DA DIO LA MISSIONE AD ANNUNCIARE , IN UN MONDO PERVERSO E AVVERSO , LA VERITA' DI DIO , LA SUA UNICITA' , LA FEDE IN LUI. E' PROPRIO PER QUESTO CHE LUI VIENE CHIAMATO DA DIO AD ABBANDONARE TUTTO . “ LEKH LEKHA' “ . ESCI DALLA TUA TERRA E VA DOVE TI MOSTRERO'. COME ALLORA , ANCORA E SOPRATTUTTO OGGI , NON AD UN SOLO UOMO MA A TUTTI , DIO PARLA DICENDO : “ ESCI DALLA TUA CASA , DAL TUO PAESE , DAI TUOI AFFETTI , DALLA TUA MONDANITA' , E VA PER LE VIE CHE IO TI MOSTRERO' “ TUTTA LA STORIA DI ABRAMO E DELLA SUA FAMIGLIA E' GIA' RACCHIUSA IN QUESTE PAROLE : LASCIARE TUTTO , LA PATRIA , LA FAMIGLIA , L'AMBIENTE IN CUI VIVIAMO E CI SENTIAMO AL SICURO , PER ANDARE DOVE ? DOVE EGLI NON SAPEVA , MA DOVE DIO LO AVREBBE GUIDATO. RIFLETTENDO SU QUESTE PAROLE E' COME SE DIO CHIEDESSE AD OGNUNO DI NOI ORA , IN QUESTO MOMENTO : TU HAI QUESTA FIDUCIA ILLIMITATA DA ESSERE PRONTO A LASCIARE TUTTO PER ANDARE DOVE IO TI INDICHERO' ? O SEI ANCORA LEGATO E HAI PIU' FIDUCIA ALLE TUE SICUREZZE , ALLE TUE

Page 58: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

CERTEZZE , ALLE TUE RICCHEZZE , AL TUO LAVORO , AI TUOI AFFETTI , COSI' DA PAG. 8 NON PERMETTERMI DI GUIDARTI VERSO IL LUOGO CHE IO VOGLIO INDICARTI. IO TI DICO STACCATI , ALLONTANATI DALLA MENTALITA' DI QUESTO MONDO IDOLATRO E SEGUI LA TUA VOCAZIONE , IL TUO ISTINTO SPIRITUALE ; CONSERVALO , ACCRESCILO , SIINE GELOSO , PRESERVALO E CUSTODISCILO COME UNA PERLA PREZIOSA . NON AVER PAURA O SFIDUCIA PERCHE' VIVI IN UN MONDO AVVERSO E PERVERSO , MA PENSA CHE LE DURE PROVE CHE ABRAMO HA DOVUTO SUPERARE , SONO LE STESSE CHE IL SIGNORE CI INVITA A SUPERARE , AD AFFONTARE CON CORAGGIO , FEDE E FIDUCIA. COME ABRAMO SI E' ABBANDONATO ALLA VOLONTA' DEL SIGNORE , COSI' ANCHE NOI IMPARIAMO AD ABBANDONARCI X DIVENTARE CON LUI “ FONTE DI BENEDIZIONE X L' UMANITA' “ GN 15 ,6 “ EGLI CREDETTE AL SIGNORE CHE GLIELO ACCREDITO' COME GIUSTIZIA” LA PAROLA CREDERE , EVOCA IL GESTO DEL PASTORE NOMADE CHE , ALLA SERA DELLA SUA GIORNATA , CONFICCA IL PIOLO DELLA SUA TENDA NELLA PARTE PIU' SOLIDA DEL TERRENO PER ESSERE CERTO DI AVERE UNA DIMORA SICURA , NELLA SUA SOSTA E NEL SUO RIPOSO . CREDERE QUINDI SIGNIFICA ESSERE FONDATO SALDAMENTE , ESSERE SU UN TERRENO SOLIDO , AVERE PIENA FIDUCIA DI QUALCUNO , TANTO DA APPOGGIARSI E CONFIDARE SOLO IN LUI . LA FEDE DI ABRAMO E' L' ABBANDONARSI TOTALMENTE A DIO , ANCORARSI SALDAMENTE A LUI , E ACCOGLIERNE PIENAMENTE I PROGETTI , RITENENDO VERE TUTTE LE PROMESSE , ANCHE QUELLE UMANAMENTE IMPOSSIBILI . IL CREDERE DI ABRAMO NON E' ALTRO CHE UN RICONOSCERE DIO COME DIO . ECCO LA DISCENDENZA DI ABRAMO : SARA – ISACCO – EBREI – MOSE' – DAVIDE – EBRAISMO - GESU' - CRISTIANESIMO / ABRAMO \ AGAR – ISMAELE – ISMAELITI – ARABI – MAOMETTO - ISLAM LA DISCENDENZA ATTUALE DI ABRAMO SUPERA I 3 MILIARDI DI PERSONE . DIO E' STATO FEDELE ALLA SUA PROMESSA , SI O NO ? DIO HA UN PROGETTO PER TUTTA L'UMANITA' ; PER MEZZO DI ABRAMO E DELLA SUA DISCENDENZA ( EBREI , CRISTIANI E MUSULMANI ) , FAR FELICI CON LA SUA BENEDIZIONE TUTTE LE FAMIGLIE DEL MONDO . SAL 127 ,1” BEATO L'UOMO CHE TEME IL SIGNORE E CAMMINA NELLE SUE VIE . VIVRAI DEL LAVORO DELLE TUE MANI , SARAI FELICE E GODRAI DI OGNI BENE . LA TUA SPOSA COME VITE FECONDA NELL' INTIMITA' DELL A TUA CASA ; I TUOI FIGLI COME VIRGULTO DI ULIVO INTORNO ALLA TUA MENSA . “ Fabio Taormina

Page 59: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

La distruzione di Sodoma e Gomorra ( Genesi 18) Il capitolo si apre con L’apparizione del Signore ad Abramo nelle querce di Mamre. Questi è capace di vedere Dio. ( da càpere = contenere, accogliere dentro di sé). E’ possibile tentare una rilettura del racconto della distruzione delle città di Sodoma e Gomorra alla luce della tematica di fondo dell’accoglienza di Dio la cui tèofania nell’antico testamento è quasi sempre antropomorfica ( i tre uomini o in seguito i due angeli ). Abramo è l’uomo che riconoscere d’aver “trovato grazia ai suoi occhi” ovvero d’essere stato oggetto del suo sguardo. E’ l’atteggiamento dell’ umile che ancor prima di riconoscersi capace, è consapevole del dono ricevuto di cui è necessario essere riconoscente. Egli al cospetto dei tre uomini professa la sua condizione di servo per ben due volte e si pone al servizio dell’ Ospite. ( “non passare oltre senza fermarti dal tuo servo” ed in seguito “per questo siete passati dal vostro servo”). L’umile Abramo riconoscente è capace della rivelazione di Dio in virtù di una fede scevra da esitazione o diffidenze. <<Tornerò da te fra un anno e Shara tua moglie avrà un figlio >>. La medesima notizia provoca l’irrisione intima, latente, di Shara sua moglie. “ rise dentro di sé ”. che afferma << Avvizzita come sono dovrei provare il piacere mentre il mio signore è vecchio!>> ( ma non scherziamo! Viene da aggiungere). E’ il pensare comune di fronte allo straordinario. Come se l’innesto del soprannaturale sul naturale venisse negato a priori da una forma mentis razionalizzante. Shara col suo “buon senso” irrita Dio che ribadisce il suo potere onnipotente << c’è forse qualche cosa impossibile per il Signore?>>. I tre uomini rimproverano aspramente Shara ma continuano a rivelarsi ad Abramo che in virtù della sua fede che è pienamente partecipe dei piani divini. Abramo e Shara sono due polarità opposte; la fede cieca ed acritica e lo scetticismo razionalizzante. Egli com-prende il progetto della distruzione delle due città causate dalle gravi violazioni che in esse si commettono e si cimenta in un’impresa che, solo chi sà nel profondo di sé d’essere amato può tentare; quella cioè d’influenzare una Volontà. ( con la V maiuscola!). Ha il privilegio-potere di negoziare con Dio stesso la sorte di un intero popolo in un episodio pre-figurale della redenzione di Cristo. Ma nelle città non si riesce trovare i dieci giusti in grado di placare l’ira di Dio. Abramo chiede di salvare tutti i peccatori facendo valere un numero esiguo di giusti. Questa sproporzione ci pone un interessante interrogativo? La giustizia di dieci giusti al cospetto di Dio vale più dell’ingiustizia di migliaia di iniqui? Sembrerebbe di si. Ma intanto il fuoco divampa perché i dieci non si trovano. Cristo è Colui che al tempo fissato offre se stesso per la salvezza di tutti. Egli salva Sodoma e Gomorra dal fuoco. E’ quel solo Giusto che vince l’ingiustizia del mondo. Il dilemma si fa sempre più struggente: Perché nel mondo c’è tanto male e tanto peccato? Dov’è il bene? Abbiamo il timore d’essere storditi e smarriti dalla fuligine . San Paolo ci ricorda che uno solo è morto per la salvezza di tutti; Cristo Gesù (2 Cor 5,14-15). Vi è qui un superamento delle categorie interpretative umane per cui un solo Uomo non può annullare il male operato da mille o diecimila o cento mila uomini. Il racconto prosegue con l’episodio di Lot e la sua famiglia. Egli come Abramo è capace di Dio. Come lui pratica la giustizia e l’osservanza dell’Ospitalità. Subisce l’aggressione della folla inferocita, ma alla fine è tratto in salvo. Lot è disposto a rischiare il “suo”, ciò che gli appartiene rappresentato qui dalle due figlie vergini pur di evitare la profanazione. Si scontra con la perversione cieca e crudele di chi non riconosce alcun Dio, alcuna legge etica o morale cui fare riferimento mosso da una spietata bramosia La fede di Lot è messa a dura prova nel suo materiale attaccamento alla città dove ha vissuto la sua storia personale. E’, infatti, quasi incapace di staccarsi per fuggire ed indugia, si salva alla fine per un atto di misericordia. L’indugio, l’esitazione di fronte alla scelta d’allontanarsi dal luogo della perdizione equivale al pericolo di rimanerci bruciato. Riuscirà a vincere la sua esitazione ed affermare con rinnovata fiducia, la sua appartenenza a Dio ed a proseguire il cammino ottemperando al comando di non voltarsi indietro. Sua moglie non riesce al contrario a guardare

Page 60: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

avanti. E’ nostalgica, incapace di intravedere una volontà divina o un progetto soprannaturale nella sua migrazione verso un luogo sconosciuto. Disobbedendo al comando ricevuto afferma la sua appartenenza ad un mondo dove Dio non c’è, non esiste più. Un mondo dove l’uomo stesso ha perso la sua essenza trasformandosi in un essere senz’anima; una statua di sale. Sodoma e Gomorra sono le città SENZA DIO. La perversione alla quale si sono abbandonate è soltanto una conseguenza non la causa. Gesù stesso nel vangelo di Luca (17, 28-29) nel ricordare la sorte dei sodomiti non fa diretto riferimento alle perversioni peccaminose come causa di perdizione, ma sembra volerci presentare la condizione di un popolo che progetta la sua vita secondo una dimensione esclusivamente temporale ( mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano”) dove non c’è più spazio per le cose del Cielo. Segue un riferimento alla moglie di Lot << ricordatevi della moglie di Lot e prosegue << Chi cercherà di salvare la propria vita la perderà>>. Il voltarsi indietro è quindi un tentativo difensivo d’auto-salvezza che provoca inesorabilmente la morte interiore e ci trasforma in esseri inanimati. << Chi invece l’avrà perduta, la salverà >> Solo chi è disposto a negoziare Se stesso, il proprio Io potrà vedere la Luce e salvarsi.

Giovanni Barrale

Page 61: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

ABRAMO E SARA A GERAR

(Gen. 20, 1-18)

Abramo in questo racconto si rivela come un seminomade: a una residenza in cui soggiorna più a lungo (le querce di Mamre), alterna trasferimenti verso altri centri, soprattutto quando incombe il rischio della carestia. Ora lo vediamo in movimento verso il deserto meridionale, il Negheb, alla volta di una città cananea “Gerar” tra Kades e Sur. Kades si trova all’estremo sud di questo deserto nei pressi di una sorgente; questa località è una tappa importante nella storia dell’Esodo (Es. 17, 1-17; Numeri 11, 1-13). Sur, indica la parte desertica settentrionale della penisola del Sinai. La localizzazione di Gerar, non è certa, ma si pensa che si trovasse a qualche chilometro a sud dell’attuale città di Gaza.

Si ripete per certi versi ciò che abbiamo già visto accadere nel cap. 12 (vv. 10-20), quando Abramo era sceso in Egitto: secondo alcuni studiosi si tratterebbe dello stesso episodio riferito da diverse tradizioni con varianti (ora, sarebbe, la tradizione Elohista, già incontrata nel cap. 15).

Il Patriarca per accattivarsi la benevolenza del re locale, Abimelech, presenta Sara come sua sorella. Effettivamente era possibile, secondo un’antica usanza, adottare la moglie come sorella per ragioni ereditarie.

Dio minaccia il Re per il peccato di aver preso la moglie del suo prossimo (IX comandamento). Il sovrano reagisce opponendo la sua buona fede e proclama la rettitudine del suo operato. Dio riconosce “la semplicità” di cuore (cioè la retta intenzio ne) e l’innocenza delle mani di Abimelech, lo invita a restituire la moglie al suo legittimo marito, il quale è definito come un “profeta”, nel senso di colui che intercede per un altro.

Abbiamo già avuto occasione di vedere in Gen. 15, 1-6 che Abramo è tratteggiato secondo i lineamenti di un profeta. Nel la veste di messaggero di Dio, il patriarca può intercedere per il re. Il giorno dopo Abimelech convoca Abramo sottoponendolo a un serrato interrogatorio per cercare le ragioni del suo comportamento. E’ curioso notare che nel racconto il pagano Abimelech rivela un suo rigore morale, ed è destinatario di una rivelazione divina (tipico della tradizione sacerdotale) ed è raffigurato come dotato di grande generosità . Abramo. invece, è dominato dalla paura, ed è preoccupato della sua incolumità e ricorre a una spiegazione un po’ artificiosa per giustificarsi, dichiarando Sara, sorella solo per parte di padre. Così Abramo ottiene una ricca donazione dal re Abimelech, a cui è unita una grossa cifra di risarcimento dell’onore di Sara.

Le antiche leggi orientali consideravano la donna, come una proprietà del padre, finché essa era nella casa paterna, e poi proprietà del marito, che l’acquistava dal padre versando il prezzo della dote. Nel caso che una giovane venisse sedotta da un uomo che si rifiutava, però, di sposarla, la famiglia della giovane, aveva diritto a un risarcimento in denaro.

Page 62: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

Accadeva comunque che personaggi potenti prendessero per sé delle donne senza rispettare la norma giuridica: il caso biblico più emblematico è quello di Davide nei confronti di Betsabea (2 Sam11). Ma l’atto era sentito come una prepotenza e un’ingiu stizia. Questo era il timore che aveva Abramo e che ritroveremo nella storia simile di Isaia e Rebecca in Gen. 26.

Abimelech, qui paga un “risarcimento” ad Abramo (“pur senza averla toccata” (v.6), e questo conferma la sua intenzione di agire rettamente in quell’occasione. A questo punto il narratore ci fa scorgere un’ulteriore particolare finora non apparso all’interno del racconto: Dio ave va punito Abimelech, per la sua colpa inconsapevole con la piaga della sterilità nelle donne della sua famiglia. Abramo, il “profeta” intercede presso Dio e la condanna viene abolita.

LA NASCITA DI ISACCO

(Gen. 21, 1-21)

Il testo del cap. 21 ha una grande svolta: la promessa divina della discendenza si adempie. Sara è “visitata” dal Signore della vita, che dona a lei sterile e a suo marito vecchio, un figlio: Isacco, che - secondo l’impegno dell’alleanza con Dio (17,12) - viene circonciso l’ottavo giorno. Si spiega così il nome imposto al bambino, Isacco, giocando sull’assonanza col verbo ebraico “sahaq”, che indica il riso, l’allegria, la danza.

Al ridere incredulo di Sara e di Abramo (17,17; 18,12-15) si sostituisce ora il “riso di Jahwè”, cioè Isacco, espressione del “sorriso” del Signore che ha mantenuto e attuato la sua promessa. La scena si popola allora di grida di gioia, di risa te allegre, di festa, proprio come avveniva all’interno delle tribù e delle famiglie quando nasceva l’erede del capotribù.

Questo brano rappresenta, perciò, un punto d’arrivo, dopo una lunga storia della sterilità e della promessa . Ma, come vedremo tra poco, non è un punto definitivo. La fede comprende ancora una tappa oscura e ardua.

Il cap. 21 della Genesi, ci presenta la contrapposizione tra i due figli di Abramo: la scelta privilegerà Isacco. Questo tema si ritrova nel pensiero di S. Paolo: “E’ stato scritto, infatti, che Abramo ebbe due figli... Ma quello avuto dalla schiava è nato secondo la carne, mentre quello avuto dalla donna libera è nato in virtù della promessa” (Gal. 4, 22-23; Rom. 9, 7-9). Complementare a questa è la contrapposizione tra Sara e Agar (Gal. 4,24). Esse sono interpretate liberamente dall’apostolo come simbolo delle due alleanze: quella del Sinai e quel la nuova in Cristo.

Isacco cresce e giunge all’età dello svezzamento; in Oriente il tempo dell’allattamento era abbastanza lungo: poteva prolungarsi anche per due o tre anni. Al termine di questo periodo il padre organizzava una festa, con un grande banchetto. Lo svezzamento, infatti, data l’alta percentuale di mortalità infanti le, era un momento di grande gioia per la famiglia e per tutto il clan. Pertanto la festa comprendeva anche un sacrificio di

Page 63: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

ringraziamento alla divinità che aveva protetto la famiglia, consentendole di avere un figlio sano.

Entra in scena, a questo punto, Ismaele, l’altro figlio di Abramo e Agar (la moglie- schiava) di Abramo. Sara esige l’allontanamento di entrambi; una richiesta che addolora Abramo, ma Dio avalla questa scelta: anche Ismaele avrà un futuro glorioso, ma l’erede della promessa divina è solo Isacco, anche se minore rispetto all’altro.

Nel deserto Agar vaga col suo bambino, ma stando alla trama della Genesi, dovrebbe essere un giovane (in 17,25: già 13 anni). Disperata, Agar, abbandona suo figlio sotto un arbusto e si al lontana per non vederlo morire di sete. Ma Dio ascolta la voce dei piccoli e dei soffrenti ed entra in scena con tenerezza. Invita la donna a “non temere”, e li indirizza verso un pozzo nel deserto. La tensione è finita, il ragazzo e la madre sono salvi. Comincia ora per Agar e Ismaele, la vita nomadica pura. Nel deserto meridionale che conduce alla penisola del Sinai, il Paran, Ismaele cresce vigoroso e battagliero: in mano ha l’arco col quale va a caccia e col quale si difende. Ancora una volta in Ismaele si vede l’antenato degli uomini del deserto; il suo matrimonio con una connazionale di sua madre, un’egiziana, mostra che egli si inserisce in un’altra linea rispetto a quel la di Israele.

Nella tradizione musulmana, Ismaele, ha una funzione di primo piano, come antenato delle tribù arabe. Nella letteratura successiva nel Corano, si parla della cacciata di Agar e Ismaele, come di un fatto provvidenziale, voluto da Dio. Infatti Agar e Ismaele sono mandati nel deserto arabico e arrivano alla Mecca dove si stabiliscono. Abramo, in seguito, provando nostalgia per il figlio, si reca spesso a trovarlo e alla sua ultima visita, costruisce insieme con Ismaele, la “Ka’ba”, il luogo di culto centrale del Dio unico: Allah. Per il Corano , poi , il racconto del sacrificio del figlio (Gen. 23) non ha come protagonista Isacco, ma Ismaele. A lui Abramo comunica la decisione di Dio, e Ismaele si sottomette completamente ad essa da perfetto “muslin” (in arabo “sottomesso”). Questa parola caratterizza il credente nell’Islam e da essa deriva il nostro termine “musulmano”.

L’ALLEANZA CON ABIMELECH

(Gen. 21, 22-34)

Ora ritorna in scena Abimelech, il re di Gerar, che abbiamo già incontrato nel cap. 20. Il diritto di uso dei pozzi era vitale per i nomadi e i loro greggi: facili erano, perciò, le tensioni a questo riguardo tra i pastori. Il nostro testo registra appunto conflitti tra i servi di Abimelech e quelli di Abramo. E’ necessario risolvere la questione con un’intesa che viene solennemente stipulata. Il segno dell’accordo raggiunto è rap presentato da 7 agnelle, una specie di risarcimento simbolico per affermare la priorità di Abramo su quel pozzo. Abimelech accetta il dono, unitamente a pecore e buoi; si fa un atto solenne di giuramento e il re si ritira col capo Picol (un hurrita) del suo esercito nel suo territorio, la

Page 64: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

regione dei Filistei. Abramo presso questo pozzo piantò una tamerice (che indica pos sesso) e invocò il nome del Signore eterno (“Elohim”), cioè fece un atto di culto.

Il nome “Bersabea” (in ebraico: “beer” - “pozzo” e “shebaa”) può rimandare sia alla parola ebraica “sette”, sia a quella che indica “giuramento” = “pozzo delle sette agnelle” o “pozzo del giuramento” tra Abramo e Abimelech. Si vuole cioè cercare una spiegazione a un importante centro carovaniero che ospitava un santuario caro a Israele e alle sue antiche memorie, quello di Bersabea (ora diventato nome importante di una città d’Israele).

IL SACRIFICIO DI ISACCO

(Gen. 22, 1-14)

La prova a cui Dio sottopone Abramo, in questo racconto, è attribuito da molti studiosi alla tradizione Elohista (IX - VIII sec. a.C.) già incontrata nel cap. 15 della Genesi.

L’episodio ha come punto di partenza quell’ordine implacabile, marcato proprio sull’affetto che lega Abramo al figlio: “Prendi tuo figlio, il tuo diletto che ami, Isacco e... offrilo in olocausto” (v. 2).

Poi scende il silenzio. Abramo, come era partito da Ur e da Carran senza opporre obiezione, s’incammina col figlio, con due servi, con un asino e il carico della legna per l’olocausto, cioè per il sacrificio che nel fuoco avrebbe arso quel figlio che pure Dio gli aveva promesso e donato.

La prova a cui Dio sottopone Abramo è terribile. Egli deve scegliere tra l’amore per l’unico figlio che ha, e il dovere dell’obbedienza a Dio che gli comanda di immolarlo. Tuttavia la prova, come la tentazione, non è mai superiore alle forze dell’uomo (1 Cor. 10,13: “Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze”). La lettera agli Ebrei 11, 7 porrà in risalto la fede di Abramo nella prova: “Per la fede Abramo ha offerto Isacco, quando fu provato”; mentre la lettera di Giacomo 2 ,21 sottolineerà nell’atto di Abramo il ruolo delle opere nella salvezza dell’uomo: “Abramo nostro padre non fu forse giustificato per le opere, quando offrì Isacco, suo figlio, sull’altare?”.

“Prendi tuo figlio...e offrilo in olocausto...” Presso gli antichi i cosiddetti “riti di fondazione” di una città prevedevano anche i

sacrifici umani, soprattutto di bambini, per propiziare la divinità. Al tempo dei Giudici, anche Israele, ha praticato, seppure eccezionalmente questi sacrifici (Giudici 11 narra il sacrificio della figlia del giudice Iefte). In seguito pure Acaz e Manasse offriranno in sacrificio i loro figli (2 Re 16, 3; 21,6). Probabilmente il racconto di Genesi 22 aveva in origine il significato di una protesta contro questi riti, che i profeti condanneranno (Geremia 7,31).

“Va’ nel territorio di Mòria...”

Page 65: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

In 2 Cronache 3, 1 il luogo in cui Abramo fa la sua offerta (il monte Mòria) viene identificato con il monte Sion, sul quale fu costruito il tempio di Gerusalemme. Proprio lì, fu in seguito innalzata dai musulmani la moschea detta di Omar, che racchiude la roccia ritenuta il luogo del sacrificio di Abramo. Difatti secondo il Corano è Ismaele e non Isacco, il figlio che Abramo immolò. La radice ebraica del termine “Mòria” può significare sia “provvedere” (“il Signore provvede”), sia “apparire” (“sul monte il Signore appare”). Il testo biblico allude a entrambi i significati.

Il viaggio drammatico dura tre giorni sempre accompagnato dal silenzio. Solo quando si è ai piedi del monte “nel territorio di Mòria” Abramo e Isacco stanno salendo le pendici, quel silenzio irreale è squarciato dal figlio che, con straziante ingenuità, intesse un dialogo col padre, e dove Dio appare crudele e in comprensibile.

I padri della Chiesa videro in Isacco che porta la legna, il tipo di Cristo che porta la croce. Giunti ormai al vertice del dramma, sarà un ariete a essere sacrificato; e non sono mancati gli studiosi che hanno visto, in questa sostituzione, la giustificazione dell’uso di sacrificare un animale invece di un figlio, correggendo e superando così il rito originario.

Allora l’angelo del Signore rinnova la promessa ad Abramo di una discendenza immensa come le stelle e la sabbia delle spiagge, segno fra tutti i popoli che ad essa faranno riferimento per ottenere loro stessi benedizione. Abramo ora ritorna verso la sua regione a Bersabea, il luogo del “pozzo delle sette agnelle e del giuramento”. Il racconto si conclude con un’appendice genealogica riguardante il fratello di Abramo, Nacor.

I nomi sono di tribù o città di cui i rapporti con Israele spiegano la presenza: Uz, Buz e Azo sono situate entro i confini del deserto Sirio-aramaico; Tebach, Tacas e Moaca, sono nomi di luoghi nella regione ad oriente del Libano; gli altri noti sono sconosciuti. Nella lista dei discendenti ci incontriamo con Rebecca, nipote di Nacor, tra poco essa apparirà quasi da protagonista nella storia di Isacco.

Lia Schillizzi

Page 66: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

ABRAMO – IL SACRIFICIO DI ISACCO – ALLEANZA CON ABI MELECH

Uno dei testi fondamentali nell’Antico Testamento, è il racconto del sacrificio di Isacco da parte di Abramo in Genesi 22,1-18.

Per cogliere il messaggio della vicenda di Abramo in Gn 22,1-18, ci soffermeremo su alcuni punti.

1) L'Umanità di Abramo

Dobbiamo chiederci perché questa figura ebbe così tanto successo presso il popolo ebraico.

Quando, nel XVIII sec. a.C., lasciò la terra di Ur (Bassa Mesopotamia, dominata dai Sumeri) non era un poveraccio, poiché apparteneva a un'importante tribù di allevatori, guidata dal padre Terah. Il motivo della dipartita probabilmente era di tipo politico: una contestazione nei confronti dell'accentramento del potere monarchico ("Regno antico di Babilonia"), fondato su uno schiavismo non meno insopportabile di quello egizio, allora coevo.

L'emigrazione dovette comportare la rinuncia a una relativa sicurezza economica, per sperare di avere in cambio maggiore autonomia politica. Ecco perché la Bibbia dice che "Abramo ebbe fede": lasciava il certo, per l'incerto.

In Gn 12,10ss Abramo, colpito dalla carestia nella terra di Canaan, decise di recarsi in Egitto, trasformandosi da allevatore a mercante di sua moglie, nel senso che facendola passare per sua sorella la rese disponibile al faraone, come una sorta di prostituta di lusso a tempo indeterminato, non fece certo mostra di particolare "santità", per quanto quella scelta non possa essere capita senza un'adeguata contestualizzazione storica, non solo relativa alla coscienza etica in generale, di quel tempo, ma anche in riferimento alla scarsa considerazione in cui allora si teneva l'onore della donna. (Da notare però che i testi lasciano trasparire l'idea che il sacrificio della dignità di Sara era dipeso dal rischio che, a causa della sua bellezza, potessero sottrarla con la forza al marito, anche uccidendolo).

Comunque sia, in cambio del favore i testi biblici non hanno remore nell'affermare che Abramo ricevette "greggi e armenti e asini, schiavi e schiave, asini e cammelli" - in una parola diventò un ricco mercante.

Singolare resta il fatto che l'esegesi sia ebraica che cristiana abbiano sempre giustificato un comportamento del genere. Abramo non passa soltanto per persona timorata di Dio, ma anche per uno il cui fiuto per gli affari non si pone in antitesi alla fede religiosa.

Abramo infatti richiese la moglie solo dopo essere diventato ricco al punto giusto, cioe' al punto in cui il faraone non avrebbe potuto negargli la richiesta senza incorrere in spiacevoli conseguenze. Abramo -dice la Bibbia- era diventato molto ricco in "bestiame, argento e oro" e il faraone lo fece espatriare "insieme con la moglie e tutti i suoi averi".

Ritornato nel Negheb Gn 13, 1 e nel paese di Canaan, ebbe un colpo di genio: dare al nipote Lot le terre migliori della valle del Giordano pur di non farselo nemico.

Page 67: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

Finché, ormai anziano, venne il giorno in cui si rese conto che aveva assolutamente bisogno di un discendente per evitare che tutti i suoi beni si frantumassero, alla sua morte, in mille rivoli. Occorreva un altro escamotage e lo trovò col consenso della moglie Sara: fare un figlio con la schiava Agar Gn 16,1. (Secondo il diritto mesopotamico, una sposa sterile poteva dare a suo marito una schiava per moglie e riconoscere come suoi i figli nati da questa unione. Il caso si ripete per Rachele (Gn 30, 1-6 e per Lia Gn 30, 9-13)

Non era il massimo dell'onorabilità, ma questo avrebbe scongiurato lotte interne tra i clan per la successione.

Insomma un uomo astuto senza essere avido: una virtù davvero rara per quei tempi.

2) LA VOCAZIONE DI ABRAMO (Gen. 12, 1-4)

Troviamo in questo brevissimo testo (assai ricco di significato) le caratteristiche più originali del Dio di Israele della fede che Egli esige, del rinnovamento a cui chiama continuamente il suo popolo, della missione del popolo di Dio.

Abramo incontra il Dio vivente cioè un Dio che si inserisce nella vicenda umana e la spezza in due. Il suo messaggio è un ordine e una promessa ed esige obbedienza e fede. Spinge l'uomo ad una scelta radicale e senza compromessi senza nostalgie. Vuole un cambiamento di esistenza. Vuole che l'uomo lasci le proprie umane sicurezze e cammini appoggiandosi solo sulla parola del suo Dio. L'azione di Dio è libera e gratuita: perché chiama Abramo? A questo interrogativo Israele seppe dare unicamente una risposta: Jahvè è un Dio di Grazia. Eppure Jahvè è il Dio di tutti, ha una volontà salvifica universale anche se si concentra su Abramo (e più tardi su un popolo

Abramo incontra il Dio dell'Alleanza, cioè un Dio che si lega all'uomo, solidarizza, crede nell'uomo e lo chiama a collaborare.

La fede dell'uomo che è sempre "risposta" - perché l'iniziativa in ogni caso è di Dio - è fatta di obbedienza e fiducia, ed è una "decisione" in forza della quale si organizza la propria vita in base alla parola di Dio.

La fede non è una scelta che si pone una volta per tutte. È sempre in movimento. È una scelta da rinnovare ogni giorno, perché è sempre messa alla prova.

Anche da questo punto di vista la vita di Abramo è tipica. Gli anni passano, i figli non vengono, e le promesse di Dio, quelle promesse per le quali si tutto rischiato, sembrano sempre più allontanarsi.

Le situazioni in cui Dio pone Abramo sono destinate a scrutare l'uomo, a farne un vero credente o un incredulo. Il Dio di Abramo è il Dio del rinnovamento.

Sappiamo che Dio esige un cambiamento di esistenza. Vuole che l'uomo lasci le proprie umane sicurezze e cammini accettando come punto di appoggio la promessa del Signore.

Gen. 22 ci dice che questo Dio non è facile. Il suo metro non è come il nostro. E' un Dio "diverso" da come noi - troppo spesso - lo vorremmo.

Page 68: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

Il nostro racconto è dunque un invito rivolto ad Israele affinché riconosca in questo episodio la propria storia ed un invito a non eludere le esigenze di Dio, per quanto scandalose appaiono agli occhi degli uomini.

3) La Perseveranza di Abramo

A) l’alleanza; B) il sacrificio; C) la fede. Prese insieme, queste tre categorie permettono di entrare nel testo in modo appropriato Gn 22,1-8.

A. L’ alleanza

Per capire bene il sacrificio di Isacco da parte di Abramo è molto importante tener conto del ruolo dell’alleanza nel testo canonico. Genesi 22,1 afferma che Dio “mette alla prova” Abramo. Il testo di Genesi 22 è il culmine di una progressione che consiste in una chiamata, una promessa e un’alleanza . La chiamata si trova in Genesi 12,1-3, ed è composta di tre elementi che comportano ciascuno una benedizione: 1) una benedizione che riguarda una terra e una nazione (12,1-2a), 2) una benedizione che riguarda una dinastia (12,2b), e 3) una benedizione che riguarda il mondo intero (12,3 insieme con 12,2). Queste tre benedizioni sembrano corrispondere ai tre episodi di alleanza nei capitoli 15, 17 e 22 della Genesi. In Genesi 15 l’episodio con la divisione degli animali indica un’alleanza nella quale i discendenti di Abramo vivranno come nazione in una terra stabilita. In Genesi 17 l’enfasi viene posta sul “nome” di Abramo che sarà reso grande: si tratta cioè di una dinastia. E in Genesi 22,16-18, il punto culminante, si tratta di una benedizione per tutte le nazioni. Genesi 22,1-18 può essere quindi visto come il punto culminante della vita di Abramo, così come viene presentata nel testo canonico della Sacra Scrittura. Dopo questo episodio, Abramo compare nella narrazione soltanto in relazione alla morte di Sara (Genesi 23) e al matrimonio di Isacco (Genesi 24). La sua vita e il suo destino considerati nei suoi rapporti con Dio, sono delineati in Genesi 22.Il giuramento di Dio fatto ad Abramo in Genesi 22 può essere considerato il punto culminante e conclusivo di tutta questa serie di episodi che toccano l’alleanza. Il giuramento, incorpora, per così dire, il risultato positivo della prova di Abramo nella benedizione data a tutte le nazioni, in modo tale che la fede di Abramo ormai fa parte del destino della sua discendenza.

Il contesto di alleanza in Genesi 22 è fondamentale per capire il significato del brano. Si tratta, cioè, della prova della fede di Abramo nel Dio dell’alleanza e nella fedeltà di questo Dio nel concedere le benedizioni promesse, nonostante l’evidente contraddizione fra queste promesse e l’ordine di uccidere Isacco. Inoltre, Abramo era sicuramente consapevole che si trattava di una prova, che si trovava di fronte a un dilemma cruciale in cui era secondario il suo affetto filiale. Ad essere in gioco era il senso di un’esistenza centrata su Dio non soltanto per Abramo stesso, ma anche per Isacco e per tutti coloro che dovevano dipendere da lui nei loro rapporti con Dio. In altre parole: il comando di Dio ad Abramo di sacrificare il figlio Isacco era una questione della massima importanza, sia per Abramo sia per Dio stesso.

Che il comando di Dio ad Abramo fosse una questione seria per Dio stesso così come per Abramo non è stato forse notato abbastanza. Quando infatti Dio dà il comando ad Abramo, implicitamente mette a rischio tutto il progetto della sua alleanza con lui. Dal punto di vista narrativo Dio sta aspettando il risultato della reazione libera di Abramo a tale prova: un rifiuto di Abramo di sacrificare Isacco avrebbe indicato che Abramo non aveva superato la prova della sua fede. Di conseguenza, il progetto di alleanza e tutti gli aspetti connessi erano presumibilmente destinati al fallimento, e la storia della salvezza avrebbe dovuto subire una svolta radicale.

Page 69: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

B. Il sacrificio

Una seconda grande prospettiva a partire dalla quale Genesi 22 deve essere interpretato è quella del sacrificio. C’è qui una connessione tra sacrificio e il luogo in cui si svolge l’azione di Genesi 22. Genesi 22 diventa il testo fondamentale dell’Antico Testamento per capire il sacrificio di animali come praticato nel tempio di Gerusalemme. Il tipo principale di sacrificio indicato nei libri del Levitico e del Deuteronomio è l’olocausto. Questo tipo di sacrificio è precisamente quello che Dio chiede ad Abramo per Isacco, e quello che Abramo effettivamente compie con l’ariete alla fine del racconto (Genesi 22,2.13).

C. La fede

Le prospettive riguardanti alleanza e sacrificio indicano la centralità della fede nella risposta di Abramo a Dio. Alleanza e sacrificio trovano il loro centro in Dio così come egli si manifesta ad Abramo (alleanza) e come Abramo risponde al comando di Dio (sacrificio). Ciò che motiva Abramo è la fede. Aver fede significa considerare Dio come affidabile, avere fiducia in lui, credere che egli manterrà i suoi impegni e onorerà i suoi doveri. Siccome la fede di Abramo era basata sulla sua alleanza con Dio, egli era consapevole di ciò che era in gioco, e sapeva non soltanto ciò che Dio si aspettava da lui (ubbidienza) ma anche ciò che Dio si aspettava da se stesso (compimento delle promesse): la sua fede era una specie di conoscenza. Ciascuno dei due conosceva i doveri di se stesso e dell’altro. È grazie a questa conoscenza che Abramo poteva resistere alla prova che Dio aveva preparato per lui: Abramo sapeva che Dio in qualche maniera avrebbe provveduto alla soluzione di quello che, al di fuori del contesto di fede, era un problema insolubile.

IL SACRIFICIO DI ISACCO

(Gen. 22, 1-14) La prova a cui Dio sottopone Abramo, in questo racconto, è attribuito da molti studiosi alla

tradizione Elohista (IX - VIII sec. a.C.) già incontrata nel cap. 15 della Genesi.

L’episodio del monte Moria rappresenta il punto centrale dell’esperienza religiosa di Abramo e dello stesso Isacco.

Sul monte Moria Abramo visse il giorno del Figlio, preludio certo al giorno di Gesù. E' in questo giorno che Abramo diviene padre di moltitudini, perché a partire da questo evento Isacco non è più figlio suo, ma è appunto, figlio della fede. E' un simbolo come scrive l’autore della lettera agli ebrei: Per fede Abramo, messo alla prova, offrì Isacco e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unico figlio, del quale era stato detto: In Isacco avrai una discendenza che porterà il tuo nome. Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere dai morti: per questo lo riebbe e fu come un simbolo (Eb 11, 17-19).

L’unico figlio che Abramo offre è già il volto dell’Unigenito figlio di Dio. Se da un lato Isacco è l’uomo che si lega, si consegna a Dio senza riserve, dall’altro è però anche il segno della consegna che Dio fa di se stesso all’uomo.

Il cuore del padre e il cuore del figlio che sono uniti nell’offerta del sacrificio sono l’immagine viva, sigillata nella storia, di un altro Padre che è unito al Figlio nel sacrificio supremo della croce.

“Prendi tuo figlio, il tuo diletto che ami, Isacco e... offrilo in olocausto” (v. 2). La prova a cui Dio sottopone Abramo è terribile. Egli deve scegliere tra l’amore per l’unico figlio che ha, e il dovere dell’obbedienza a Dio che gli comanda di immolarlo. Tuttavia la prova, come la tentazione, non è mai superiore alle forze dell’uomo (1 Cor. 10,13: “Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze”).

Page 70: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

La lettera agli Ebrei 11, 7 porrà in risalto la fede di Abramo nella prova: “Per la fede Abramo ha offerto Isacco, quando fu provato”; “Prendi tuo figlio...e offrilo in olocausto...”

Presso gli antichi i cosiddetti “riti di fondazione” di una città prevedevano anche i sacrifici umani, soprattutto di bambini, per propiziare la divinità. Al tempo dei Giudici, anche Israele, ha praticato, seppure eccezionalmente questi sacrifici (Giudici 11 narra il sacrificio della figlia del giudice Iefte). In seguito pure Acaz e Manasse offriranno in sacrificio i loro figli (2 Re 16, 3; 21,6). Probabilmente il racconto di Genesi 22 aveva in origine il significato di una protesta contro questi riti, che i profeti condanneranno (Geremia 7,31).

“Va’ nel territorio di Mòria...” In 2 Cronache 3, 1 il luogo in cui Abramo fa la sua offerta (il monte Mòria) viene identificato

con il monte Sion, sul quale fu costruito il tempio di Gerusalemme. Proprio lì, fu in seguito innalzata dai musulmani la moschea detta di Omar, che racchiude la roccia ritenuta il luogo del sacrificio di Abramo.

Il viaggio drammatico dura tre giorni sempre accompagnato dal silenzio. Solo quando si è ai piedi del monte “nel territorio di Mòria” Abramo e Isacco stanno salendo le pendici, quel silenzio irreale è squarciato dal figlio che, con straziante ingenuità, intesse un dialogo col padre, e dove Dio appare crudele e incomprensibile.

I padri della Chiesa videro in Isacco che porta la legna, il tipo di Cristo che porta la croce. Giunti ormai al vertice del dramma, sarà un ariete a essere sacrificato; e non sono mancati gli studiosi che hanno visto, in questa sostituzione, la giustificazione dell’uso di sacrificare un animale invece di un figlio, correggendo e superando così il rito originario.

Allora l’angelo del Signore rinnova la promessa ad Abramo di una discendenza immensa come le stelle e la sabbia delle spiagge.

L’ALLEANZA CON ABIMELECH

(Gen. 21, 22-34) Ora ritorna in scena Abimelech, il re di Gerar, che abbiamo già incontrato nel cap. 20. Il diritto

di uso dei pozzi era vitale per i nomadi e i loro greggi: facili erano, perciò, le tensioni a questo riguardo tra i pastori. Il nostro testo registra appunto conflitti tra i servi di Abimelech e quelli di Abramo. E’ necessario risolvere la questione con un’intesa che viene solennemente stipulata. Il segno dell’accordo raggiunto è rappresentato da 7 agnelli, una specie di risarcimento simbolico per affermare la priorità di Abramo su quel pozzo. Abimelech accetta il dono, unitamente a pecore e buoi; si fa un atto solenne di giuramento e il re si ritira col capo Picol (un hurrita) del suo esercito nel suo territorio, la regione dei Filistei. Abramo presso questo pozzo piantò una tamerice (che indica possesso) e invocò il nome del Signore eterno (“Elohim”), cioè fece un atto di culto.

Franco Greco

Page 71: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

IL MATRIMONIO DI ISACCO

(Gen. 24, 1-62)

E’ il più lungo racconto della Genesi, quello delle trattative per trovare una moglie a Isacco. Abramo vuole che il matrimonio sia “endogamico” (cioè dello stesso clan, o gruppo sociale), per mantenere la purezza della propria razza e della propria tradizione, per evitare ogni contatto con i Cananei, dediti al culto degli idoli. Si rivolge, quindi, al suo servo più fidato, forse quell’Eliezer di Damasco a cui aveva pensato di lasciare tutto in eredità quando temeva di morire senza figli (Gen. 15,2).

Abramo costringe il servo a un giuramento solenne: “mettere la mano sotto il femore” (v.2), che è un modo riservato per indicare un solenne giuramento compiuto sul sesso di Abramo, radice della vita e della fecondità, doni fondamentali offerti da Dio. Il servo così giura su quanto vi è di più sacro, e parte verso il paese e la parentela di Abramo, per convincere, senza costrizioni, una donna di quella famiglia a seguirlo per diventare la sposa di Isacco. Sarà Dio stesso col suo angelo (l’intervento di Dio è spesso mediato dall’angelo (“messaggero”, “inviato”). Il significato della presenza angelica è quella di esprimere la trascendenza di Dio, cioè il suo mistero: quanto più Dio era ritenuto distante dalla terra, tanto più si sentiva la necessità di introdurre dei mediatori tra Lui e le creature. Gli israeliti, poi, come tutti gli antichi popoli orientali, immaginavano Dio come un re seduto sul trono e attorniato da migliaia di esseri “esecutori dei suoi comandi” (Salmo 103,20). L’espressione “l’angelo del Signore”, molto frequente nella Bibbia, è un modo rispettoso di parlare di Dio senza pronunciare il nome Jahwè: l’ ”angelo del Signore” è allora Dio stesso. A guidarlo sarà Dio stesso perché possa portare a buon fine la sua missione; il servo parte con una carovana di dieci cammelli (che indicano la grande prosperità di cui godevano i patriarchi ma è anche segno nella mentalità antica

della benedizione di Dio stesso), e doni preziosi per la città di Nacor, il fratello di Abramo. Là il servo giunge in una sera, quando, attorno al pozzo cittadino s’accalcano le donne ad attingere acqua.

“Incontrarsi e conversare, contrattare e disputare presso un pozzo”, costituivano un quadretto di vita abituale nel mondo orientale. La Bibbia ama parlarne spesso (Gen. 24, 11-20; 29, 2-14; Es. 2,16; 1 Sam. 9, 11; Gv. 4,7). Lo scavo di un pozzo era motivo di grande gioia (Gen. 26,33), mentre l’otturazione costituiva un atto di ostilità (Gen. 26,15; 2 Re 3,19).

Anche per il suo simbolismo di fecondità e di vita, il pozzo era considerato il luogo ideale presso il quale combinare un matrimonio. E’ qui che il servo eleva al cielo la prima delle molte preghiere che punteggeranno la lunga narrazione delle nozze di Isacco. Esse hanno lo scopo di far risaltare che la donna destinata a diventare la moglie di Isacco è anch’essa partecipe del disegno e della promessa divina.

Il servo chiede al Signore un segno che attesti la scelta divina: un segno di generosità e di gentilezza della futura sposa. Ed ecco apparire in scena, Rebecca, pronipote di Abramo, essendo figlia di suo fratello Nacor.

Page 72: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

Il narratore sembra creare attorno a lei un alone di luce e un’atmosfera di silenzio: “era assai avvenente di aspetto” e “non aveva conosciuto alcun uomo”, (il verbo “conoscere” è usato nella Bibbia per indicare anche i rapporti sessuali). La verginità della sposa nell’antichità era vista più come un bene familiare, che come persona in senso pieno. Intanto il servo la contemplava in silenzio, in attesa di vedere attuata in pienezza la sua preghiera. E’ a questo punto che estrae i suoi doni, un anello da naso (l’uso di un anello alle narici è ancora in vigore presso le donne delle tribù beduine del deserto) di quasi 6 grammi d’oro (mezzo siclo) e braccialetti del peso di oltre un etto d’oro (dieci sicli d’oro).Il dialogo che si intesse tra i due, rivela l’identità della donna: Rebecca, figlia di Betuel, figlio di Nacor, fratello di Abramo. Dopo un lungo periodo di sterilità, da Rebecca nasceranno i gemelli: Esaù e Giacobbe. Favorirà quest’ultimo, facendogli ottenere con l’inganno il diritto alla primogenitura (Gen. 27, 1-29). Come moglie di un patriarca è portatrice della benedizione divina. Per questo, Rebecca, alla fine dei suoi giorni verrà seppellita nella tomba di Macpela in terra di Canaan, accanto ad Abramo e Isacco.

Rebecca ha un fratello, Labano, che invita in casa il servo di Abramo, e interviene nelle trattative del matrimonio (combinare il matrimonio è conforme ai costumi del tempo), della sorella, fungendo da capofamiglia. Egli si comporta da padrone di casa, nonostante sia ancora in vita suo padre Betuel: si è pensato che qui si faccia riferimento alla prassi del “fratriarcato ”, cioè al predominio del fratello maggiore nei confronti delle sorelle ancora nubili. Labano avrà lo stesso ruolo nel matrimonio delle figlie Rachele e Lia, che diventeranno le mogli di Giacobbe.

Rebecca, quindi, offre ospitalità per la notte al servo di Abramo. Ora costui, avendo avuto conferma della generosità e dell’ospitalità di Rebecca, può tirare un sospiro di sollievo: ha raggiunto lo scopo della sua missione. La sua nuova preghiera è appunto una benedizione di ringraziamento al Dio di Abramo che guida i suoi fedeli.

La scena ora si sposta alla casa di Rebecca, dove giunge tutta orgogliosa dell’anello e dei bracciali e ne parla al fratello Labano, che si reca al pozzo ove il servo di Abramo è in attesa; con cortesia Labano lo invita a essere ospite con tutta la sua carovana nella sua casa. Subito compie il gesto della lavanda dei piedi, un atto di grande venerazione e servizio nei confronti dell’ospite: segno di umiltà e dedizione. Inizia poi la grande cena dell’accoglienza. Ma il servo di Abramo non vuole entrare nell’atmosfera festosa di quella casa senza aver prima risolto la questione centrale del suo viaggio. Egli, infatti, svela subito la sua identità di “servo di Abramo” e dipinge l’evento clamoroso e gioioso della nascita, allo zio di Labano e alla moglie Sara, di un figlio in tarda età; così racconta l’intera storia della sua missione: egli è venuto nel luogo ove risiede la famiglia d’origine di Abramo per trovare la moglie al suo figlio Isacco, all’interno della propria tribù. Il servo descrive la gravità del suo incarico, i rischi e il solenne giuramento a cui è vincolato. Esso si trasformerebbe in maledizione per lui, qualora non fosse osservato nell’impegno che comporta. Il servo di Abramo, inoltre ricostruisce in modo pittoresco davanti ai suoi interlocutori la scena da lui appena vissuta al pozzo, con la preghiera, l’apparizione di Rebecca, la sua generosità e la scoperta della sua identità.

La domanda del servo di Abramo è alla fine precisa: verrà concessa o no una sposa a Isacco da parte del suo clan d’origine? Ora a rispondere sono in due, Labano e Betuel; ma per le regole di quel “fratriarcato”, è probabile che Betuel sia stato introdotto qui,

Page 73: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

successivamente. La loro è una dichiarazione religiosa che vede negli eventi appena accaduti un esplicito segno divino. Se “la cosa procede dal Signore noi non possiamo opporre nessuna reazione ne in male ne in bene”. Rebecca è, quindi, concessa ufficialmente in moglie a Isacco.

Nell’ambito della famiglia patriarcale il matrimonio nasceva attorno a una meticolosa contrattazione, che il padre dello sposo conduceva nella casa della futura sposa. Il contratto di matrimonio comprendeva la decisione da parte del capofamiglia, la consegna di un prezzo o di una dote ai genitori della futura sposa, l’offerta di regali, la richiesta della volontà di matrimonio della ragazza. La fase della contrattazione corrispondeva al nostro fidanzamento. Ma già in questa fase la donna era considerata “moglie”, anche se sarebbe entrata nella casa del marito in un secondo momento, generalmente circa un anno dopo. La donna sposata diventava “proprietà” del marito, considerato il “ba’al” cioè “padrone”. Evidentemente non dobbiamo giudicare secondo la nostra sensibilità, nè interrogarci sulla libertà di scelta della donna, che allora era priva di personalità giuridica.

Raggiunto lo scopo della sua missione, il servo loda Dio, il vero artefice del successo, offre una specie di dote a Rebecca e finalmente si inizia la grande cena. Ma il pensiero del servo è tutto proteso verso il ritorno. L’indomani egli vorrebbe già rientrare; la famiglia che lo ospita desidera trattenerlo, secondo la prassi dell’ospitalità, per qualche giorno. E’ a questo punto che entra in scena Rebecca e per la prima volta viene chiesto a lei di esprimere la sua decisione: “Partirò”, è la sua risposta.

Essa va incontro all’uomo della sua vita, che per ora non conosce, convinta che quella scelta faccia parte di un suo disegno superiore. E’ il momento dell’addio di Rebecca alla sua casa: l’accompagneranno solo la sua balia, le sue ancelle e la benedizione dei suoi familiari. Questa preghiera di benedizione (v.60), fa parte di una formula antica e solenne, in cui si augura fiducia e certezza in un futuro glorioso, con una grande discendenza (“migliaia di miriadi” di figli); difatti il nome Rebecca (Ribqah) viene associato al termine “rebabah” che in ebraico significa “miriadi”. Il termine crea così un gioco di parole “Diventa migliaia di miriadi”. Pertanto la benedizione comprende un augurio di fecondità per la sposa, dal momento che un matrimonio senza figli era considerato una maledizione.

La preghiera è quasi certamente la citazione di un’antica benedizione matrimoniale (Salmi 127 e 128). Ancora oggi, durante il matrimonio dei beduini palestinesi, si schiaccia col piede sulla soglia della casa o della tenda, una melagrana i cui chicchi simboleggiano i figli numerosi augurati alla coppia.

La storia del matrimonio tra Isacco e Rebecca sta per giungere al suo esito finale. Il narratore ci introduce nella terra promessa, nel deserto meridionale del Negheb. Siamo al tramonto e Isacco sta rientrando dall’area del pozzo di Lacai-Roi, il luogo ove era stata ambientata la storia di Agar e Ismaele (Gen. 16,14).

Isacco vede da lontano una carovana di cammelli: è il corteo della sua futura sposa. L’autore biblico evoca il gioco degli occhi: Isacco “alza gli occhi” e vede la carovana; anche Rebecca “alza gli occhi” e vede Isacco, e subito si copre col velo che nascondeva il volto delle donne.

Isacco prende per mano la sua sposa e la introduce nella tenda femminile, quella occupata dalla madre defunta (Sara). D’ora innanzi sarà lei, Rebecca, la “principessa” del clan.

Page 74: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

Scocca ormai la scintilla dell’amore ed è bellissima la sobria annotazione finale: “Così Isacco si consolò dopo la morte di sua madre”.

MORTE DI ABRAMO

(Gen. 25, 1-18)

Il testo della genesi ci offre gli ultimi dati su Abramo e introduce in scena il figlio Isacco.

Nel cap. 25, infatti, dopo la menzione di un secondo matrimonio del patriarca - ormai vedovo in seguito alla morte di Sara - con Chetura il nome significa “incenso” e allude alle popolazioni che si insedieranno nelle regioni dell’Arabia (il paese dell’incenso). Queste popolazioni erano considerate discendenze di Abramo e, quindi, collegate in qualche modo a Israele. Esse però non sono destinatarie delle benedizioni di Dio, che spettavano unicamente a Isacco e alla sua discendenza.

Dopo la relativa genealogia di figli che daranno origine a tribù arabe, tra i quali si distinguono Saba e Madian (gli altri nomi sono sconosciuti), che riappariranno in futuro nella Bibbia, la tradizione Sacerdotale ci descrive la morte di Abramo. Trasferita l’eredità a Isacco e sistemati gli altri figli, il patriarca muore a 175 anni “sazio di giorni” (tipica espressione per indicare pienezza di vita e di bene). Nella concezione biblica una vita corta e abbreviata è considerata una punizione, mentre una vita lunga e “sazia di giorni”, come quella dei patriarchi, è considerata una benedizione. La morte ideale è quella raggiunta nella pienezza della vecchiaia, con le proprie facoltà ancora intatte, così da scendere “placidamente” nello “sheòl” il luogo dei morti (Giobbe 21,13). La morte pre-matura, o dovuta a una lunga malattia distruttrice, era invece considerata “amara” e inspiegabile (Giobbe 21,25).

Abramo, quindi, “sazio di giorni”, si “riunisce ai suoi antenati”. Con questa frase si indicava l’ingresso nell’oltrevita sotterraneo (Sheòl), ove tutte le ombre dei trapassati erano riunite e il sepolcro, che è quello di Macpela, acquistato per Sara (cap. 23), era considerato la porta d’ingresso agli inferi ove tutti i morti si ritrovavano. Un’aggiunta genealogica ci descrive i discendenti di Ismaele. L’elenco degli Ismaeliti, considerati antenati degli Arabi, si conclude con la menzione della morte di Ismaele a 137 anni, e con la descrizione della regione in cui si distendeva il suo dominio, regione dai confini molto generici, segno di una vasta area seminomadica meridionale.

Ora l’attenzione si concentra sulla storia di Isacco, patriarca che ha la funzione di collegamento tra Abramo e Giacobbe (Israele).

Giuseppe Schillizzi

Page 75: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

LOTTA DI GIACOBBE CON DIO.

(Gen. 32, 23-33) Genesi 32:23 Durante quella notte egli si alzò, prese le due mogli, le

due schiave, i suoi undici figli e passò il guado dello Iabbok.

Genesi 32:24 Li prese, fece loro passare il torrente e fece passare anche tutti i suoi

averi.

Genesi 32:25 Giacobbe rimase solo e un uomo lottò con lui fino allo spuntare

dell'aurora.

Genesi 32:26 Vedendo che non riusciva a vincerlo, lo colpì all'articolazione del femore

e l'articolazione del femore di Giacobbe si slogò, mentre continuava a lottare con lui.

Genesi 32:27 Quegli disse: «Lasciami andare, perché è spuntata l'aurora». Giacobbe

rispose: «Non ti lascerò, se non mi avrai benedetto!».

Genesi 32:28 Gli domandò: «Come ti chiami?». Rispose: «Giacobbe».

Genesi 32:29 Riprese: «Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele, perché hai

combattuto con Dio e con gli uomini e hai vinto!».

Genesi 32:30 Giacobbe allora gli chiese: «Dimmi il tuo nome». Gli rispose: «Perché mi

chiedi il nome?». E qui lo benedisse.

Genesi 32:31 Allora Giacobbe chiamò quel luogo Penuel «Perché - disse - ho visto Dio

faccia a faccia, eppure la mia vita è rimasta salva».

Genesi 32:32 Spuntava il sole, quando Giacobbe passò Penuel e zoppicava all'anca.

Genesi 32:33 Per questo gli Israeliti, fino ad oggi, non mangiano il nervo sciatico, che

è sopra l'articolazione del femore, perché quegli aveva colpito l'articolazione del

femore di Giacobbe nel nervo sciatico.

ESEGESI DI GENESI 32,23-33: GIACOBBE AGGREDITO PRESSO LO IABBOK

23Durante quella notte egli si alzò, prese le due mogli, le due schiave, i suoi undici bambini e passò il guado dello

Iabbok. 24Li prese, fece loro passare il torrente e portò di là anche tutti i suoi averi.

25Giacobbe rimase solo e un uomo

lottò con lui fino allo spuntare dell’aurora. 26Vedendo che non riusciva a vincerlo, lo colpì all’articolazione del femore e

l’articolazione del femore di Giacobbe si slogò, mentre continuava a lottare con lui. 27Quello disse: «Lasciami andare,

perché è spuntata l’aurora». Giacobbe rispose: «Non ti lascerò, se non mi avrai benedetto!». 28Gli domandò: «Come ti

chiami?». Rispose: «Giacobbe». 29Riprese: «Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele, perché hai combattuto con Dio

e con gli uomini e hai vinto!». 30Giacobbe allora gli chiese: «Svelami il tuo nome». Gli rispose: «Perché mi chiedi il

nome?». E qui lo benedisse. 31Allora Giacobbe chiamò quel luogo Penuèl: «Davvero – disse – ho visto Dio faccia a

faccia, eppure la mia vita è rimasta salva». 32Spuntava il sole, quando Giacobbe passò Penuèl e zoppicava all’anca.

33Per questo gli Israeliti, fino ad oggi, non mangiano il nervo sciatico, che è sopra l’articolazione del femore, perché

quell’uomo aveva colpito l’articolazione del femore di Giacobbe nel nervo sciatico.

Il testo di 32,23-33 è unitario sotto l’aspetto letterario, ma è stato successivamente

Page 76: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

ampliato in diversi punti (in parentesi quadre è segnalato l’ampliamento del testo biblico). Il racconto, che sta alla sua base è secondo tutti gli esegeti molto antico; presenta tratti animistici ( Credenza religiosa dei popoli primitivi che consiste nel considerare tutte le cose animate da spiriti vitali )e non va separato dal paesaggio, dal fiume, dal guado. E’ una tipica leggenda locale, nella quale la pericolosità di un guado è personificata in uno spirito o in un demone, che non vuol lasciare passare i viaggiatori. Racconti del genere si incontrano in molti luoghi; questo deve essere stato narrato nei dintorni del guado dello Iabbok, come mostra il gioco di parole (v.25). Questa antica leggenda locale è stata poi trasferita su Giacobbe per mezzo dell’itinerario (vv. 22. 24. 32a) che descrive il cammino da lui percorso tra la separazione da Labano e l’incontro con Esaù. Le aggiunte appartengono tutte a un’epoca posteriore. Per consentire di farsi un’idea generale possiamo premettere la struttura del racconto senza gli ampliamenti: vv.23-24.32, un itinerario che introduce e conclude il racconto; v. 25, l’aggressione; vv. 26-30, l’esito della lotta; v. 31 imposizione del nome al luogo.

Elementi di esegesi dei versetti 23-24: L’introduzione (vv.23-24) fa dell’avvenimento che segue un’esperienza di Giacobbe

lungo il suo cammino. Egli arriva al guado dello Iabbok e lo attraversa con la sua gente e con i suoi averi. L’annotazione temporale “durante quella notte” (v.23a) fa parte della descrizione originariamente autonoma dell’itinerario, nella quale si riferiva a un dato precedente, probabilmente a quello sull’arrivo al guado. Nel v.23a si dispone la scena in modo che Giacobbe sia solo quando viene aggredito. Lo Iabbok è un affluente orientale del Giordano (“il fiume blu”); un fiume impetuoso, che scorre in un profondo burrone; il paesaggio ha la sua parte nel racconto.

Elementi di esegesi del versetto 25: Il v.25a è la transizione all’inizio dell’azione. Per questa è essenziale che Giacobbe

rimanga solo. La frase che segue: “un uomo (qualcuno) lottò con lui” vuol mostrare che si tratta di un’aggressione, uguale a quella di un brigante o di un assassino, per il fatto che l’aggredito viene colto di sorpresa; non si tratta quindi di un duello a cui entrambi i partners vanno consapevolmente. Come un brigante si guarda dal venir catturato, così l’aggressore di Giacobbe deve guardarsi dall’arrivo della luce, e come un brigante deve nascondere la sua identità. Queste tre caratteristiche si adattano a un demone ostile, rinvenibili in tanti racconti in tutto il mondo. Qui si tratta di un demone della notte o del fiume, che incarna la pericolosità di una traversata. Questa concezione ha radici nell’animismo ed è molto diffusa (è simile Es 4, 24-26; il tipo di aggressione è lo stesso, e anche là essa avviene durante un viaggio ed è pure seguita dalla frase “allora si ritirò da lui” e dall’imposizione dei nome; anche là essa precede un incontro pericoloso). La determinazione temporale alla fine del v. 25: “fino allo spuntare dell’aurora” significa: fino ad allora l’esito della lotta rimase incerto.

Elementi di esegesi del versetto 26-30: Questo viene espresso dalla prima frase del v.26; l’aggressore si accorge che non

può sopraffare Giacobbe. Per questo tocca l’articolazione del femore del suo avversario: questo deve provocare un arresto della lotta, si tratta di un tocco magico. Dal testo ebraico si può capire che il v. 26b è un’aggiunta posteriore; esso non è legato grammaticalmente al contesto. L’aggiunta va insieme al v.33 e ha lo scopo di ancorare quest’ultimo nel testo.

La preghiera dell’aggressore, affinché Giacobbe lo lasci andare (v. 27a), si riallaccia dunque al v.26a. Il motivo è che egli è un demone potente solo di notte, che con l’aurora perde la sua forza; anche questo è un motivo diffusissimo (Plauto, Anfitrione; Amleto, atto I).

Page 77: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

Giacobbe pone come condizione (v.26b) che l’altro lo benedica. In questo contesto ciò può significare soltanto che il demone gli deve cedere un po’ della sua forza sovrumana. Nel v.30 l’aggressore accetta questa condizione; prima c’è un’aggiunta, i vv. 28-29. In essa (vv. 28-29) Giacobbe riceve un nuovo nome, del quale viene data la motivazione.

Si tratta di un’aggiunta perché il cambiamento del nome Giacobbe in Israele presuppone l’esistenza del popolo di Israele. E’ una tarda interpretazione del racconto, che vede in Giacobbe il rappresentante del popolo di Israele: così va compresa la spiegazione del v.29b. In essa Giacobbe viene esaltato: egli ha lottato “con dei [Dio] e uomini” (una totalità è indicata con una coppia di vocaboli opposti) ed è stato dichiarato vincitore. Nel racconto invece l’esito della lotta rimaneva incerto. Qui si può vedere la tendenza più recente all’esaltazione dei Patriarchi, che fu il motivo di questa aggiunta. Il verbo sārāh = lottare, usato raramente, qui è stato scelto a causa del nome Israele. Il motivo del cambiamento di nome si trova altrove solo in P (nei capitoli 17 e 35, l0ss., di cui c’é una eco nel v. 28 s.).

Alla preghiera (v.27) si riallaccia la domanda del nome dell’aggressore. Anch’essa presuppone un’idea animistica: chi conosce il nome del demone può evocarlo, anche questo è un motivo diffusissimo. Ma proprio per questo il demone rifiuta di dire il suo nome (come in Gdc 13, 18). L’aggressore può tuttavia esaudire, per essere liberato, l’altra richiesta: egli trasmette a Giacobbe un po’ della sua forza. La frase “e qui lo benedisse” conduce già verso l’imposizione del nome al luogo: poiché la lotta è terminata con questa donazione di forza a Giacobbe, il luogo diventa importante per lui.

Elementi di esegesi dei versetti 31-33: Con l’imposizione del nome si conclude l’antico racconto. Tuttavia la motivazione data nel v. 31 non si adatta al racconto; presuppone piuttosto un’apparizione di Dio e corrisponde ad un’espressione che più tardi diventerà d’uso corrente (Gdc 6, 22; 13, 22; Es 33,20; Dt 34,10). Il nome Pniel (nel v. 32 un’altra pronuncia: Pnuēl) va spiegato in modo diverso: “faccia di Dio” è un nome geografico (H. Gunkel: “originariamente il profilo di un dorso montuoso”; in Strabone è il nome di un promontorio fenicio). Il racconto invece offre un sicuro appiglio per il nome da cui è derivato, cioè quello del fiume sul cui guado si è svolta la lotta. L’appiglio è il verbo ‘ābaq, “lottare”, che viene usato solo qui nei vv. 25-26 (nell’ag-giunta dei v. 29 il verbo è diverso!), e che è stato scelto sicuramente a causa del nome del fiume, Iabbok.

Se in seguito nel v. 31, la denominazione e la sua motivazione sono state cambiate, non si può interpretare il racconto come un incontro di Giacobbe con Dio sulla base di questo cambiamento posteriore. Nel racconto non è Dio che aggredisce il viaggiatore, ma un demone ostile. Tutte le profonde argomentazioni teologiche che sono state tratte da questo brano, secondo le quali l’aggressore di Giacobbe sarebbe stato Dio, possono appoggiarsi soltanto a questo ampliamento, non al racconto stesso.

Con il v.32 si torna all’itinerario. Dopo che Giacobbe ha dato un nome al luogo, continua il cammino. Il dato temporale in questo punto: “spuntava il sole quando Giacobbe passò Penuel” si riallaccia al v.27 (qui il nome Penuel non appartiene al racconto, ma all’itinerario). Fino all’alba Giacobbe ha resistito nella lotta per la vita e la morte, ora viene il giorno. L’aggressore ha perso la sua forza; Giacobbe è libero dal terrore della notte e può proseguire il viaggio. E sopravvissuto all’incontro con un essere più potente dell’uomo; ora potrà andare incontro al fratello senza paura. Il colpo alla sua anca ha lasciato il segno; lo zoppicare è un ricordo del pericolo mortale a cui egli è scampato. In un’appendice di molto posteriore (v.33), con il colpo dato all’anca da parte dell’avversario di Giacobbe si motiva un precetto alimentare per i “figli di Israele”; come nei vv. 28. 29, anche qui è presupposta

Page 78: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

l’esistenza del popolo di Israele. Agli Israeliti è proibito mangiare il nervo sciatico. Questo divieto non compare in

nessun altro passo dell’Antico Testamento. Nel periodo rabbinico era usuale motivare per mezzo di altri luoghi biblici dei divieti che non facevano parte della Legge del Pentateuco. Ciò accade in questo caso in un’aggiunta del tardo periodo postesilico; si è cercato di ancorarla più solidamente nel testo per mezzo dell’ampliamento v. 26b.

ESEGESI SPIRITUALE DI GENESI 28 E 32 GIACOBBE, IL COMBATTENTE CON DIO

L’esperienza di Giacobbe è caratterizzata da quattro momenti fondamentali: la separazione dalla famiglia, le nozze in un paese straniero, il ritorno nella terra promessa e l’incontro in Egitto con Giuseppe, il figlio prediletto. Giacobbe è un ragazzo sveglio e ingegnoso, che utilizza tutti i mezzi possibili, compresa la menzogna, per ottenere i propri scopi. Così un giorno su consiglio della madre inganna suo padre Isacco per ottenere la benedizione destinata al primogenito, Esaù. La Bibbia non condanna questo comportamento…!!! A quel tempo tra i nomadi e i beduini l’astuzia era considerata una grande qualità umana (cf l’astuzia che genera la prudenza consigliata da Gesù: Mt 10,16). Giacobbe è presentato, poi, come l’uomo scelto in quanto erede delle promesse. Viene scelto, nonostante i limiti e i suoi peccati. Dio non sceglie Esaù, che come primogenito aveva tutti i diritti. Per Dio non contano i “diritti acquisiti”, ma soltanto il suo amore gratuito per noi. Egli sceglie Giacobbe così come è, sperando che arrivi ad essere come Egli desidera che sia; e lascia a Giacobbe il tempo di arrivare a Lui. Lo studio contemplativo interroga la nostra vita per diventare la nostra vita

� Il Dio che sceglie Giacobbe è il Dio che non vuole essere segregato in uno schema di “diritti acquisiti”. E’ questo il mio Dio? Il Dio che sperimento e che incontro ogni giorno nella mia vita?

� Ho i miei “diritti acquisiti” nei confronti di Dio? Ho il coraggio di ammetterli e riconoscerli?

� Accetto la libertà di Dio nella mia libertà di essere e di agire? � Il mistero della mia vocazione, della mia elezione, della mia risposta…? Parole da

‘marziani’, rompicapo esistenziale…o…lento, graduale, sofferto, gioioso senso del mio esistere sostanziale, radicato sulla fedeltà vera e libera di Dio?

GIACOBBE E IL SUO DIO: INCONTRO E CONVERSIONE (Gen 28, 11-22; 32, 23-33)

Giacobbe incontra due volte Dio. La prima quando è costretto a rifugiarsi nella terra dei suoi antenati per sfuggire alla mano ed all’ira di Esaù. Dio rafforza la sua fede con un sogno misterioso. Desideroso di conquistare con astuzia il favore di Dio stringe un patto

Page 79: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

interessato con lui. La seconda avviene quando Giacobbe, ormai ricco, sposato con figli decide di ritornare alla terra promessa. Tuttavia ha paura di Esaù. La lotta tra il timore e l’amore è terribile. Giacobbe non sa se ricorrere alla violenza o accettare umilmente le conseguenze del proprio inganno. In questa lotta interiore scopre che ormai non può più scherzare con gli uomini e con Dio. E si affida a quel Dio che vuole l’onestà, la verità e l’amore. La conversione è simboleggiata dal cambiamento del nome. Da questo momento in poi, Giacobbe si chiamerà Israele, che significa “Dio lotta”. Dio gli concede di portare questo nome dopo che egli ha lottato per un’intera notte per ottenere onestamente la benedizione che aveva strappato con astuzia. Israele è dunque l’uomo che cerca tenacemente il bene, che lotta per conseguirlo e vuole comunicarlo generosamente agli altri. Giacobbe colma di doni suo fratello, ma la sua astuzia non è più manifestazione di egoismo. Con la grazia di Dio questa si è trasformata in un atteggiamento di prudenza e di umiltà che gli apre la strada verso la terra promessa del cuore del fratello.

La tradizione Jawhista per comporre questa scena ha usato elementi molto arcaici, perfino mitici e folcloristici. C’è innanzitutto l’essere misterioso che si presenta innanzi a Giacobbe: alla base ci potrebbe essere un ricordo leggendario legato al fiume Iabbok (che significa: “fiume blu”), e allo “spirito” o al “dio del fiume”. L’uomo cerca di vincerlo ma ne resta colpito.

Nella visione antica del mondo, le forze della natura, che spesso erano sentite ostili e minacciose, venivano personificate e rappresentate come divinità. Così accade anche per il fiume Iabbok: la difficoltà di attraversare il fiume veniva intesa come una lotta che si doveva affrontare contro lo “spirito del fiume”.A questo elemento se ne può aggiungere un altro: i fiumi molto spesso segnavano i confini tra territori di tribù diverse. Lo “spirito del fiume”, quindi, proteggeva i confini stabiliti.

Questi elementi fanno da sfondo all’episodio della lotta di Giacobbe con questo uomo misterioso.

Il narratore biblico, inserendo questa scena alla vigilia dell’incontro tra Giacobbe ed Esaù, vuole anche sottolineare le paure e le difficoltà dello stesso Giacobbe.

C’è poi il tentativo ben noto di spiegare il nome della località dove avviene lo scontro : “Penuel”Penuel”Penuel”Penuel” (dall’ebraico: “panim” = “faccia”), quindi “Ho visto Dio faccia a faccia”.

C’è poi anche la spiegazione di una prassi elementare (“il nervo sciatico”), per altro ignota al resto dell’A.T. e sembra un’aggiunta ai testi primitivi, che disturba il filo della narrazione. L’autore coglie l’occasione di tramandare un evento del passato (il divieto di cibarsi della parte della carne animale che contiene il nervo sciatico), che ha però un legame con il presente: l’uomo che si incontra col mistero divino, rappresentato sotto spoglie umane (vedi cap. 18), ne esce vinto, zoppicante e trasformato.

Ma soprattutto c’è il decisivo mutamento del nome di Giacobbe in quello nazionale di IsraeleIsraeleIsraeleIsraele (“sarah” = “lottare” e la parola “El” = “Dio“: lottare con Dio”).

Al nome è data una interpretazione amplificata (“e con gli uomini”) per indicare che le lotte di Giacobbe (ed implicitamente del popolo ebraico) si concluderanno

Page 80: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

in vittorie; ma “Israele” indica anche una nuova vocazione e un nuovo destino: quello di capostipite del nuovo popolo della promessa divina. Infatti la richiesta di Giacobbe di ricevere una benedizione, è soddisfatta sommamente in vista della sua nuova missione.

Il misterioso lottatore, invece, nasconde la sua identità, rimanendo avvolto nel mistero.

Alla fine sorge l’aurora: essa è l’alba di una nuova era; si apre una nuova fase della storia della salvezza, incentrata su un uomo nuovo: colui che ha lottato con Dio ed è stato benedetto ed eletto per una grandiosa missione.

Uscito da quella straordinaria esperienza, Giacobbe si trova di fronte al fratello e ai suoi 400 uomini. Fa avanzare le donne e i bambini e, alla fine, si presenta lui, in atto di totale sottomissione, prostrandosi sette volte fino a terra. Ma ecco la sorpresa: Esaù si precipita incontro al fratello, lo abbraccia e lo bacia tra le lacrime. La tensione è sciolta, l’incubo è svanito: è una scena inattesa, però a lieto fine.

L’incontro tra Esaù e Giacobbe si svolge tra una serie continua di gentilezze e si conclude (dopo che Giacobbe avrebbe voluto offrire i donativi preparati: segno della potenza da lui raggiunta con la benedizione divina), con la proposta di Esaù, di marciare insieme, ricomponendo quasi un unico clan familiare. Affiora ancora una volta l’indiscutibile astuzia di Giacobbe che abilmente ricusa l’invito un po’ sospetto, adducendo una scusa fondata e non offensiva: la sua carovana composta di donne e bambini, animali, è in marcia da molto tempo ed è bisognosa di procedere in modo lento.

Respinta con diplomazia anche l’offerta di una scorta, avanzata da Esaù, i due fratelli si separano, fissando un appuntamento a Seie, il deserto meridionale ove risiedeva Esaù-Edom.

Giacobbe, però, si indirizza verso l’area centrale e si stabilisce a “Succot” (dall’ebraico “sukkot” - “capanne”, è l’attuale “Teli Deir Alla” situata presso lo sbocco dello Iabbok, nel Giordano), ove erige una casa e delle capanne; si spiega così il significato di questa località (Succot). Da lì si trasferisce nella famosa città di“Sichem”Sichem”Sichem”Sichem” (sorgeva al centro della regione montuosa a Nord di Gerusalemme, presso l’attuale Nablus), ed è in questo centro che acquista dal principe del luogo un terreno per innalzare un altare a “El”, termine noto a una vasta area semitica per indicare la divinità. Ormai, però, “El” è il Dio d’Israele e questo altare giustifica il santuario e il culto che si celebrerà nei secoli successivi a Sichem. Il pensiero del Papa.Il pensiero del Papa.Il pensiero del Papa.Il pensiero del Papa. Il 25 maggio, continuando la sua «scuola della preghiera» del mercoledì, Benedetto XVI ha presentato – dopo quello della settimana scorsa di Abramo che tenta d’intercedere per Sodoma – un nuovo «brano di non facile interpretazione» nella storia dei modi di pregare dell’Antico Testamento. Ma, spiega il Papa, sono proprio i brani difficili a introdurci nel mistero della preghiera.

Il brano è quello del Libro della Genesi che narra la lotta di Giacobbe con Dio al guado dello Yabboq. L’antefatto è forse più noto: Giacobbe, figlio di Isacco, si fa cedere dal fratello gemello Esaù la primogenitura per un piatto di lenticchie e si fa poi benedire dal padre,

Page 81: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

vecchio e cieco, con un sotterfugio. Per sottrarsi all’ira di Esaù, Giacobbe si rifugia presso il parente Labano: lì si sposa e diventa ricco. Sentendosi infine abbastanza forte, torna nella terra natale pronto ad affrontare il fratello. Ma, dopo avere fatto guadare ai suoi il torrente che segna il confine del territorio di Esaù, è aggredito da uno sconosciuto, con cui deve lottare tutta la notte.

«Proprio questo combattimento corpo a corpo – che troviamo nel capitolo 32 del Libro della Genesi – diventa per lui una singolare esperienza di Dio». «La notte – commenta il Papa – è il tempo favorevole per agire nel nascondimento, il tempo, dunque, migliore per Giacobbe, per entrare nel territorio del fratello senza essere visto e forse con l’illusione di prendere Esaù alla sprovvista. Ma è invece lui che viene sorpreso da un attacco imprevisto, per il quale non era preparato. Aveva usato la sua astuzia per tentare di sottrarsi a una situazione pericolosa, pensava di riuscire ad avere tutto sotto controllo, e invece si trova ora ad affrontare una lotta misteriosa che lo coglie nella solitudine e senza dargli la possibilità di organizzare una difesa adeguata. Inerme, nella notte, il Patriarca Giacobbe combatte con qualcuno».

Dopo avere così apprezzato la qualità anche letteraria del brano biblico, il Pontefice precisa che «il testo non specifica l’identità dell’aggressore; usa un termine ebraico che indica “un uomo” in modo generico, “uno, qualcuno”; si tratta, quindi, di una definizione vaga, indeterminata, che volutamente mantiene l’assalitore nel mistero. È buio, Giacobbe non riesce a vedere distintamente il suo contendente e anche per il lettore, per noi, esso rimane ignoto; qualcuno sta opponendosi al Patriarca, è questo l’unico dato certo fornito dal narratore. Solo alla fine, quando la lotta sarà ormai terminata e quel “qualcuno” sarà sparito, solo allora Giacobbe lo nominerà e potrà dire di aver lottato con Dio».

Per il lettore «l’episodio si svolge dunque nell’oscurità ed è difficile percepire non solo l’identità dell’assalitore di Giacobbe, ma anche quale sia l’andamento della lotta. Leggendo il brano, risulta difficoltoso stabilire chi dei due contendenti riesca ad avere la meglio; i verbi utilizzati sono spesso senza soggetto esplicito, e le azioni si svolgono in modo quasi contraddittorio, così che quando si pensa che sia uno dei due a prevalere, l’azione successiva subito smentisce e presenta l’altro come vincitore». Quando è Giacobbe a mostrarsi più forte, chiede all’avversario una benedizione: «Non ti lascerò, se non mi avrai benedetto» (v. 27). Giacobbe, nota Benedetto XVI, «che con l’inganno aveva defraudato il fratello della benedizione del primogenito, ora la pretende dallo sconosciuto, di cui forse comincia a intravedere i connotati divini, ma senza poterlo ancora veramente riconoscere».

Ma come risponde lo sconosciuto? In modo apparentemente singolare, cambia discorso e chiede a Giacobbe di dire il suo nome. Ma proprio qui «la lotta subisce una svolta importante. Conoscere il nome di qualcuno, infatti, implica una sorta di potere sulla persona, perché il nome, nella mentalità biblica, contiene la realtà più profonda dell’individuo, ne svela il segreto e il destino. Conoscere il nome vuol dire allora conoscere la verità dell’altro e questo consente di poterlo dominare». Quando dunque, acconsentendo alla richiesta dello sconosciuto, Giacobbe pronuncia il proprio nome, mentre sembra che stia vincendo in realtà «si sta mettendo nelle mani del suo oppositore, è una forma di resa, di consegna totale di sé all’altro».

Ma le cose sono più complicate: «in questo gesto di arrendersi anche Giacobbe paradossalmente risulta vincitore, perché riceve un nome nuovo, insieme al riconoscimento di vittoria da parte dell’avversario, che gli dice: “Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele, perché hai combattuto con Dio e con gli uomini e hai vinto” (v. 29)». Le questioni di nomi nella cultura ebraica sono sempre molto importanti. «“Giacobbe” era un nome che richiamava l’origine problematica del Patriarca; in ebraico, infatti, ricorda il termine “calcagno”, e rimanda il lettore al momento della nascita di Giacobbe, quando, uscendo dal grembo materno, teneva con la mano il calcagno del fratello gemello (cfr Gen 25, 26), quasi prefigurando lo scavalcamento ai danni del fratello che avrebbe consumato in età adulta; ma il nome Giacobbe richiama anche il verbo “ingannare, soppiantare”. Ebbene, ora, nella lotta,

Page 82: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

il Patriarca rivela al suo oppositore, in un gesto di consegna e di resa, la propria realtà di ingannatore, di soppiantatore; ma l’altro, che è Dio, trasforma questa realtà negativa in positiva: Giacobbe l’ingannatore diventa Israele, gli viene dato un nome nuovo che segna una nuova identità».

Non dobbiamo credere, naturalmente, che Giacobbe vincendo abbia sconfitto Dio. Al contrario «il racconto mantiene la sua voluta duplicità, perché il significato più probabile del nome Israele è “Dio è forte, Dio vince”». Dunque «Giacobbe ha prevalso, ha vinto – è l’avversario stesso ad affermarlo – ma la sua nuova identità, ricevuta dallo stesso avversario, afferma e testimonia la vittoria di Dio».

Quando Giacobbe chiede a sua volta il nome al suo contendente, questi rifiuta di dirlo, ma alla fine «si rivelerà in un gesto inequivocabile, donando la benedizione. Quella benedizione che il Patriarca aveva chiesto all’inizio della lotta gli viene ora concessa. E non è la benedizione ghermita con inganno, ma quella gratuitamente donata da Dio, che Giacobbe può ricevere perché ormai solo, senza protezione, senza astuzie e raggiri, si consegna inerme, accetta di arrendersi e confessa la verità su se stesso».

Così, al termine della notte, dopo avere ricevuto la benedizione, Giacobbe «può finalmente riconoscere l’altro, il Dio della benedizione: “Davvero – disse – ho visto Dio faccia a faccia, eppure la mia vita è rimasta salva” (v. 31), e può ora attraversare il guado, portatore di un nome nuovo ma “vinto” da Dio e segnato per sempre, zoppicante per la ferita ricevuta».

Sappiamo che questo brano è molto importante per gli Ebrei: di qui inizia la storia e il nome stesso d’Israele, e «l’episodio della lotta allo Yabboq si offre così al credente come testo paradigmatico in cui il popolo di Israele parla della propria origine». Ma che cosa insegna a dei cristiani che vogliono percorrere con il Papa l’itinerario di una «scuola della preghiera»? Un’analisi meramente scientifica, ci dice Benedetto XVI, per quanto utile non è sufficiente. «Le spiegazioni che l’esegesi biblica può dare riguardo a questo brano sono molteplici; in particolare, gli studiosi riconoscono in esso intenti e componenti letterari di vario genere, come pure riferimenti a qualche racconto popolare. Ma quando questi elementi vengono assunti dagli autori sacri e inglobati nel racconto biblico, essi cambiano di significato e il testo si apre a dimensioni più ampie».

È importante notare che anche il Catechismo della Chiesa Cattolica si occupa specificamente di questo brano, affermando che «la tradizione spirituale della Chiesa ha visto in questo racconto il simbolo della preghiera come combattimento della fede e vittoria della perseveranza» (n. 2573). «Il testo biblico – aggiunge Benedetto XVI – ci parla della lunga notte della ricerca di Dio, della lotta per conoscerne il nome e vederne il volto; è la notte della preghiera che con tenacia e perseveranza chiede a Dio la benedizione e un nome nuovo, una nuova realtà frutto di conversione e di perdono».

La misteriosa avventura notturna di Giacobbe «diventa così per il credente un punto di riferimento per capire la relazione con Dio che nella preghiera trova la sua massima espressione. La preghiera richiede fiducia, vicinanza, quasi in un corpo a corpo simbolico non con un Dio nemico, avversario, ma con un Signore benedicente che rimane sempre misterioso, che appare irraggiungibile.

Per questo l’autore sacro utilizza il simbolo della lotta, che implica forza d’animo, perseveranza, tenacia nel raggiungere ciò che si desidera. E se l’oggetto del desiderio è il rapporto con Dio, la sua benedizione e il suo amore, allora la lotta non potrà che culminare nel dono di se stessi a Dio, nel riconoscere la propria debolezza, che vince proprio quando giunge a consegnarsi nelle mani misericordiose di Dio».

Nella sua interpretazione ultima, la notte di Giacobbe altro non è che la vita del credente. Afferma il Papa che «tutta la nostra vita è come questa lunga notte di lotta e di preghiera, da consumare nel desiderio e nella richiesta di una benedizione di Dio che non può essere

Page 83: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

strappata o vinta contando sulle nostre forze, ma deve essere ricevuta con umiltà da Lui, come dono gratuito che permette, infine, di riconoscere il volto del Signore. E quando questo avviene, tutta la nostra realtà cambia, riceviamo un nome nuovo e la benedizione di Dio».

Nel brano biblico c’è però anche un altro elemento, c’è «ancora di più: Giacobbe, che riceve un nome nuovo, diventa Israele, dà un nome nuovo anche al luogo in cui ha lottato con Dio, lo ha pregato; lo rinomina Penuel, che significa “Volto di Dio”. Con questo nome riconosce quel luogo colmo della presenza del Signore, rende sacra quella terra imprimendovi quasi la memoria di quel misterioso incontro con Dio». Come l’avventura di Giacobbe, così anche la preghiera non è mai solo un’esperienza individuale, ma è implicitamente anche sociale e perfino politica. «Colui che si lascia benedire da Dio, si abbandona a Lui, si lascia trasformare da Lui, rende benedetto il mondo».

Giovanni SchillizziGiovanni SchillizziGiovanni SchillizziGiovanni Schillizzi

Page 84: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

LA STORIA DI GIUSEPPE Nel libro della Genesi questa storia occupa ben 13 capitoli. Giuseppe era il penultimo dei 12 figli di Giacobbe, questi figli furono generati con Lia, sorella di Rachele, che era la moglie più amata da Giacobbe, ma anche con le rispettive schiave, Zilpa e Bila, perchè come sappiamo Rachele era sterile ma dopo tanti anni di sterilità ebbe un figlio che chiamò appunto Giuseppe, che in ebraico significa “ Dio ha aggiunto”. Dal punto di vista storico la storia di Giuseppe risulta attendibile tra i 1450 e il 1400, è un racconto unitario, la struttura del racconto popolare è di tipo sapienzale,invece dal punto di vista religioso sottolinea la provvidenza personale di Dio verso il giusto che soffre ingiustamente, dove Dio ricompensa in bene il male, come vedremo, pensato contro Giuseppe e addirittura lo fa servire ai suoi disegni di salvezza. Dopo molto tempo dalla nascita di Giuseppe, Giacobbe che viveva nella terra di Labano, decise di lasciarlo perchè voleva tornare nella terra di Canaan, così con la sua famiglia intraprese questo viaggio ma durante il viaggio sappiamo che Rachele muore nel dare alla luce un altro figlio che prima di morire chiamò Ben-Oni cioè figlio del dolore ma Giacobbe lo cambiò in Beniamino e cioè “ bastone della vecchiaia”, figlio della mano destra. Giuseppe era il figlio prediletto di Giacobbe, infatti si dice che lui riversava su Giuseppe tutto l'amore che aveva per la moglie preferita Rachele, e questa preferenza Giacobbe la manifestò donando a Giuseppe una tunica dalle maniche lunghe all'età di 17 anni, perchè per quel tempo era proprio il segno della preferenza, di distinzione e di grande dignità, perché era una tunica speciale che assomigliava più ad un indumento principesco che ad un abito di un lavoratore. Questa tunica avrà un posto importante nella storia di Giuseppe, infatti poi nel Vangelo di Giovanni citerà un'altra tunica quella di Gesù Crocifisso. I fratelli di Giuseppe nutrivano dei forti sentimenti di gelosia verso di lui a causa di questa particolare amicizia con il padre, questa gelosia andava sempre più aumentando per i sogni che faceva Giuseppe ( questo tipo di rivalità non ci è del tutto nuova ricordiamo che ci sono altre storie citate nella Bibbia ad es.Caino ed Abele, Giacobbe ed Esaù ecc...)ricordiamo il sogno , dove lui ed i suoi fratelli stavano legando dei covoni di grano, quando all'improvviso il covone di Giuseppe sta dritto e quelli dei fratelli si prostrarono davanti a quello suo, ma l'errore dei fratelli è stato quello di non attribuire al sogno il valore divino, loro non hanno un visione

Page 85: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

soprannaturale della storia e degli eventi, il sogno avviene per volontà divina e non per volontà umana perchè altrimenti sarebbe rimasto solo un sogno e basta, invece come vedremo in seguito, è stata una profezia.

Non è Giuseppe che un giorno vorrà regnare su di loro ma è Dio che lo ha deciso, è un mistero ma la verità rimane loro un giorno si prostreranno davanti a lui e questa verità non la compie Giuseppe ma la compie Dio. Quindi il frutto di questo sogno fa aumentare l'odio dei fratelli, e poi ne fa un altro di sogno dove gli appariva il Sole, la Luna e 11 stelle disposti ai suoi piedi prostrati davanti a lui, il sole rappresentava Giacobbe, la luna la matrigna Lia le stelle gli altri i fratelli, questa volta viene rimproverato anche da Giacobbe perchè è un sogno impossibile, finchè si tratta di un fratello ancora, ancora si potrebbe verificare ma un padre e una madre che si prostrino davanti ad un figlio è impensabile questo anche noi lo avremmo pensato, è una prima risposta istintiva ma noi non conosciamo gli sviluppi futuri. Ora i fratelli passano dall'odio all'invidia che è capace di tutto : menzogne, calunnie, inganno ecc...un cuore invidioso vuole solo la morte della persona che è l'oggetto della sua invidia. Giacobbe manda Giuseppe a cercare i fratelli e quando lo chiama lui risponde con un ECCOMI sappiamo che significa immediatezza, disponibilità, certezza nel compimento di quell'azione di prendere notizie dai fratelli e di ritornare dal padre. Cerca e li trova a Dotan dapprima gli negano il saluto che in quel tempo comprendeva in gesti tipo l'abbracciarsi e con parole tipo shalom – pace , negare il saluto a Giuseppe significava la rottura di ogni rapporto, e poi scatta in loro la decisione di ucciderlo ma se lo uccidevano il progetto di Dio non si sarebbe verificato, perchè Dio lascia operare gli uomini finchè c'è coincidenza con il suo progetto, ma se poi la coincidenza diventa divergenza lui interviene e conduce lui la storia secondo la sua volontà, infatti si serve di Ruben per non farlo uccidere che preferisce gettarlo in una cisterna vuota che erano destinate a raccogliere l'acqua ma d'estate si prosciugavano e spesso venivano usate come prigione, Giuda poi propose di venderlo ad una carovana di mercanti che passavano di lì, quindi a prendere le difese di Giuseppe, se così vogliamo dire, furono Ruben e Giuda qui si ha un intreccio di due diverse tradizioni quella ELOISTA e quella JAHWISTA, quella eloista che si è formata nelle tribù del nord privilegia Ruben come loro eroe, invece quella jahwista formata nel territorio del sud privilegia Giuda perchè si dice che a redarre questo documento jahwista fu un cittadino di Giuda, e la differenza si nota anche nel nominare la carovana che comprò Giuseppe perchè la tradizione eloista accenna ai Medianiti che era una popolazione semitica (sem)

Page 86: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

nomade,quella jahwista accenna agli ismaeliti che era una popolazione araba.Quindi Giuseppe viene venduto per 20 monete d'oro per cui da un uomo libero diventa schiavo, raggiunge l'ultimo posto della scala sociale. I suoi fratelli prendono la tunica la imbrattano di sangue di capra per far credere a Giacobbe che era stato sbranato dai lupi infatti Giacobbe nel vederla manifesta i riti tradizionali del lutto si strappa le vesti come segno di dolore e di tristezza. Per Giuseppe inizia il cammino della sofferenza che un giorno però lo condurrà alla grande gloria, ma possiamo dedurre che tutta la storia è a servizio di Dio, è lo strumento attraverso il quale l Signore realizza la sua volontà, la storia però non è lineare è contorta, difficile, di sofferenza, di dolore, perdita degli affetti, lontananza dalla propria casa, chi vive questa storia deve sapere che deve sempre rimanere nella volontà del Signore, nella sua obbedienza, nella sua legge, Giuseppe è stato venduto perchè doveva essere venduto, è stato in carcere perchè doveva stare in carcere , il perchè non lo sapeva, solo Dio lo sapeva con i suoi tempi e con le sue vie.

In Egitto viene venduto come schiavo a Potifar , che era il capo delle guardie e uomo molto vicino al Faraone, qui Dio è con Giuseppe e viene benedetto in ogni cosa, Potifar si accorge delle qualità di Giuseppe e della benedizione di Dio e mette nelle sue mani ogni suo bene. Ma dopo tempo viene calunniato dalla moglie di Potifar perchè l'aveva rifiutata così venne incarcerato, si nota che Giuseppe è un uomo di grande fede e di grande integrità personale. Ma anche in prigione Dio è ancora con lui continuando a benedirlo, anche se notiamo che le vie del Signore sono contorte, misteriose,dolorose e di solitudine profonda, ma Dio non lo ha dimenticato, con lui in carcere c'erano il capo-coppiere e il capo- panettiere che erano lì perchè avevano offeso il faraone in attesa di giudizio i quali avevano fatto dei sogni che lui per ispirazione divina riuscì ad interpretarli. Riuscì anche ad interpretare i sogni che fece il Faraone nel primo vide salire dal Nilo 7 vacche grasse seguite da 7 vacche magre che divoravano quelle grasse, poi vide sette spighe che spuntavano da uno stelo ed erano belle e grasse ma che venivano inghiottite da 7 spighe vuote e arse, il messaggio divino di quei sogni era l'annuncio di 7 anni di abbondanza seguiti da 7 anni di carestia in più Giuseppe disse al faraone che doveva scegliere un uomo saggio ed intelligente che doveva amministrare i viveri nei 7 anni di abbondanza in modo che l'Egitto poteva sopravvivere negli altri 7 anni di carestia, il faraone scelse proprio Giuseppe e gli affidò il compito di organizzare la salvezza del paese, gli diede il potere su tutto l'Egitto, solo il faraone era al di sopra di lui.

Page 87: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

Gli diede un nome egiziano ZAFNAT-PANEACH che pare significasse “ colui che nutre gli esseri viventi”praticamente viene nominato vice-re entra così nella nobiltà egiziana, gli diede una sposa ASNAT che era la figlia di Potifera sacerdote di On che gli diede due figli Manasse perchè disse Dio mi ha fatto dimenticare ogni affanno e tutta la casa di mio padre,ed Efraim perchè Dio mi ha reso fecondo nella terra della mia afflizione e dai quali poi discenderanno le due omonime tribù. La carestia arrivò anche in altri paesi allora Giacobbe manda i suoi figli, tranne Beniamino l'altro figlio prediletto avuto da Rachele per non esporlo a pericoli, in Egitto per comprare il grano, si rivolgono a Giuseppe lui li riconosce e si prostrarono davanti a lui, subito il suo pensiero va alla sua giovinezza e ai sogni dei covoni e alle stelle, veramente il suo covone era dritto e i loro piegati, li interrogò e li accuso di spionaggio, voleva vedere se il loro cuore era ancora duro come una volta lo avevano dimostrato contro di lui, loro spiegarono chi erano che avevano un padre, un fratello minore, una famiglia, allora gli diede il grano ma gli disse di ritornare con il fratello minore per vedere se avevano detto la verità e per essere certo che ritornavano imprigionò uno di loro. Loro tempo fa non hanno ascoltato Giuseppe, ora loro non vengono ascoltati,non lo hanno creduto ora loro non vengono creduti, non hanno avuto pietà ora non trovano pietà pensano che Dio li sta punendo per quello che avevano fatto e prevedevano un nuovo dolore per il padre. All'arrivo raccontarono tutto a Giacobbe che rifiutò di far partire Beniamino, ma la carestia continuava e avevano bisogno di altro grano tanto che si convinse di farlo partire. Arrivarono da Giuseppe si prostrarono davanti a lui li trattò come ospiti e appena vide Beniamino si commosse e lo benedisse, gli diede nuovamente il grano e nel sacco di Beniamino fece mettere la sua coppa, ma appena usciti dalla città furono raggiunti dalle guardie, furono accusati di aver rubato la coppa che trovarono nel sacco di Beniamino che essendo il colpevole doveva essere trattenuto come schiavo, gli altri erano liberi di andarsene, ma i fratelli si gettarono ai suoi piedi supplicandolo. nel racconto jahwista si attribuisce a Giuda che si era reso garante a Giacobbe del ritorno di Beniamino, un discorso commovente nel quale si offriva di restare in schiavitù al posto di Beniamino per risparmiare un ulteriore dolore a padre, ma cosa era successo anni prima non si erano commossi davanti alle suppliche di Giuseppe e al dolore del padre e ora davanti all'ingiustizia subita da Giuseppe riescono a recuperare l'unita fraterna : soffrire con il proprio fratello riscoprendo di essere fratelli e la relazione di Caino- Abele non è più in non sono il custode di mio fratello ma noi siamo custodi di

Page 88: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

nostro fratello. Ma cosa è cambiato? Prima l'invidia verso il fratello era il rifiuto del padre ora la paura che il padre possa morire di crepacuore, quindi non si è formato solo un legame di responsabilità, di solidarietà e di fratellanza ma è anche nato un rapporto nuovo di amore per il padre che era stata la causa della divisione con Giuseppe. La sofferenza, le prove, gli avvenimenti hanno cambiato i fratelli di Giuseppe, non sono più invidiosi, arroganti ma ora sono più uniti, amano il loro padre ecco a che cosa sono servite quelle prove a scrutare i loro cuori ma anche a cambiarli divenendo umili, misericordiosi, ora erano pronti Giuseppe non riuscì più trattenere i suoi sentimenti si fece conoscere aprì le braccia e il cuore, li riassicurò su quello che avevano fatto a lui di averlo venduto come schiavo in Egitto infatti lui disse “Dio mi ha mandato qui prima di voi per assicurare la sopravvivenza del paese, gli chiese del padre di questo grande amore che gli ha dato tanta forza, Giuseppe invece di rimproverarli per come lo avevano trattato, li ringrazia perchè aveva capito che le loro azioni lo avevano aiutato a compiere la volontà di Dio. Quando Giuseppe si fa riconoscere possiamo dire che è uno dei momenti più emozionanti della storia biblica quando dice “Io sono Giuseppe” frase che ci fa pensare alla Resurrezione quando Gesù dice “ Io sono “ colui che che è stato messo a morte da voi ed è in mezzo a voi ed è causa della vostra salvezza, così per Giuseppe che ora è con loro ed è diventato lo strumento della loro salvezza I fratelli andarono a prendere Giacobbe, Giuseppe li fece abitare nel paese di Gosen che era la regione egiziana dove si stabilirono gli israeliti venuti in Egitto. Il fatto che i fratelli si sono pentiti lo attestano tutte le prove cui Giuseppe li sottopose e poi lo avevano confessato loro stessi a lui quando ancora non sapevano che era Giuseppe ecco come il Signore pianifica tutto e le ferite e le incomprensioni di molti anni vengono guarite in pochi istanti. La storia di Giuseppe per certi aspetti è stata paragonata alla figura di Gesù che venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto, in tutte e due le storie ciò che era stato pensato male si traduce in bene per tutti. Giuseppe è il giusto che soffre per l'invidia dei fratelli, ma nella sua sofferenza sperimenta la vicinanza e la benedizione di Dio, che non abbandona l'innocente e il perseguitato e non solo lo libera dalle angosce ma lo fa strumento di salvezza per tutti coloro che sono stati causa del male. Lo stesso si verifica in Gesù, il giusto perseguitato e ucciso che con la sua morte ripara il peccato degli uccisori, questa riparazione nasce da un grande amore che supera il peccato e guarisce le ferite. Nella storia di Giuseppe i fratelli vivono nel rimorso e consapevoli di meritare il castigo

Page 89: Percorso comunitario di insegnamenti (o appunti) sul primo ... · La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo, iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo,

infatti lo si può leggere in Gen. 42,21, la forza di perdonare nasce in Giuseppe dal fatto di saper leggere nella sua storia la volontà provvidenziale di Dio che attraverso le sue sofferenze trae il bene per tutti. Altro elemento come abbiamo visto è la tunica in entrambi i casi viene stracciata quando Gesù viene espulso dal mondo e Giuseppe dalla famiglia, tanto c'è questo parallelismo con Gesù che San Bernardo dice “spogliate Giuseppe e troverete Gesù,” anche quando Giuseppe viene venduto per 20 sicli, così Gesù per trenta denari e consegnato nelle mani degli uomini. La figura di Giuseppe è la figura di un uomo che non fece mai del male ma che fu perseguitato, un uomo che nonostante i momenti bui e tristi della sua vita ha sempre saputo percepire la presenza di Dio, non ha mai perso la speranza dell'intervento divino perchè fu un uomo saggio e ricco di sapienza ha imparato a comprendere i disegni di Dio e questo racconto svela che Dio è "dietro" e "dentro" la storia e le nostre storie e che egli si "serve" del male "a fin di bene", non soccombendo al male ma vincendolo: non nel senso che egli progetti il male, ma nel senso che, con la sua potenza d'amore, egli è in grado di "convertire" e di "correggere" le decisioni malvagie degli uomini in occasioni di bene, perché Dio è capace di insinuarsi nei progetti umani, svelandone l'inconsistenza e riconvertendoli alla giustizia e al bene. Antonella Schillizzi