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PERCORSI PLURIDISCIPLINARI NEL LABIRINTO DEI DISTURBI AUDIO-VESTIBOLARI Dicembre 2009 | n.30 Disfunzione vestibolare: nuove chiavi di lettura e orientamenti della terapia Focus on Vascular Vertigo I POTENZIALI VESTIBOLARI MIOGENICI OCULARI (o-VEMPS) EVOCATI CON LA VIBRAZIONE PER VIA OSSEA: NUOVO TEST DIAGNOSTICO Leonardo Manzari, Ian S. Curthoys DEFICIT VESTIBOLARE IMPROVVISO (DVI): IL MODELLO DELLA NEVRITE VESTIBOLARE DI ORIGINE VIRALE Leonardo Manzari IL TRATTAMENTO DEGLI ACUFENI MEDIANTE SOMMINISTRAZIONE ORALE DI MELATONINA E SULODEXIDE: ESPERIENZA PERSONALE Giampiero Neri, et al. DISTURBI COCLEO-VESTIBOLARI E TERAPIA CON GAGs Focus on Ipoacusia Improvvisa ANTIOSSIDANTI NEL TRATTAMENTO DELLE IPOACUSIE

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PERCORSI PLURIDISCIPLINARI NEL LABIRINTO DEI DISTURBI AUDIO-VESTIBOLARI

Dicembre 2009 | n.30

Disfunzione vestibolare:nuove chiavi di lettura e orientamenti della terapia

Focus on Vascular Vertigo

I POTENZIALI VESTIBOLARI MIOGENICI OCULARI (o-VEMPS) EVOCATI CON LA VIBRAZIONE PER VIA OSSEA: NUOVO TEST DIAGNOSTICOLeonardo Manzari, Ian S. Curthoys

DEFICIT VESTIBOLARE IMPROVVISO (DVI): IL MODELLO DELLA NEVRITE VESTIBOLARE DI ORIGINE VIRALELeonardo Manzari

IL TRATTAMENTO DEGLI ACUFENI MEDIANTE SOMMINISTRAZIONE ORALE DI MELATONINA E SULODEXIDE: ESPERIENZA PERSONALEGiampiero Neri, et al.

DISTURBI COCLEO-VESTIBOLARI E TERAPIA CON GAGs

Focus on Ipoacusia ImprovvisaANTIOSSIDANTI NEL TRATTAMENTO DELLE IPOACUSIE

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Otoneurologia 2000PERCORSI PLURIDISCIPLINARINEL LABIRINTO DEI DISTURBI AUDIO-VESTIBOLARI

Serie editoriale:CLINICAL CASE MANAGEMENT

Aggiornamento periodico:OTONEUROLOGIA 2000Dicembre 2009 / n. 30

Coordinamento Scientifico:Dr. Giorgio GuidettiDirettore del Servizio di Audio-Vestibologia e Rieducazione VestibolareAzienda Unitaria Sanitaria Locale di Modenae-mail: [email protected]

Coordinamento editorialeGrafica e Prestampa:Mediserve Editoria & Formazione

© 1999-2009 MEDISERVE S.r.lMilano - Napoli

Disfunzione vestibolare:nuove chiavi di lettura eorientamenti della terapia Il test con potenziali vestibolari miogenici oculari (o-VEMPS) evo-cati con vibrazione ossea, messo a punto sulla base di ricerchesulla funzione otolitica coordinate presso la University of Sidneydal Prof. Curthois, offre nuove possibilità diagnostiche nella pato-logia vestibolare. Basi scientifiche e applicazioni pratiche dell’in-novativo esame che consente la diagnosi selettiva del danno utri-colare e del Nervo Vestibolare Superiore sono illustrate perOtoneurologia 2000 dal dottor Manzari, ricercatore associatodella équipe italo/australiana.La review dedicata al Deficit Vestibolare Improvviso ne ripercorrel’evoluzione concettuale nel tempo e presenta le implicazioni che laricerca sulla possibile origine virale della nevrite vestibolare com-porta nell’approccio otoneurologico alla gestione di questa comunesindrome vertiginosa periferica.I risultati di uno studio di Giampiero Neri et al. – pubblicati su ActaOtorhinolaryngologica Italica 2009 – hanno dimostrato come, nel-l’acufene di origine sia centrale che neurosensoriale, l’emodinami-ca del microcircolo dell’orecchio interno migliori associando allaMelatonina per via orale anche un farmaco di parete (Sulodexide),che ne potenzia l’azione.Gli argomenti presentati nei “Focus on” in appendice illustrano ilrazionale di una terapia causale delle disfunzioni vestibolari conintegrazione di antiossidanti, nelle ipoacusie da stress ossidativodella coclea, e con farmaci di parete (GAGs) nei processi flogi-stici a carico dell’endotelio del microcircolo labirintico.

SOMMARIO

I Potenziali Vestibolari Miogenici Oculari(o-VEMPs) evocati con la vibrazioneper via ossea: nuovo test diagnostico . . . 3Leonardo Manzari, Ian S. Curthoys

Deficit Vestibolare Improvviso (DVI):il modello della nevrite vestibolaredi origine virale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13Leonardo Manzari

Il trattamento degli acufeni mediantesomministrazione orale di Melatonina e Sulodexide: esperienza personale . . . . . 25Giampiero Neri, Alessandro De Stefano, Carlo Baffa, GauthamKulamarva, Pamela Di Giovanni, Anna Grazia Petrucci, Anna Poliandri,Francesco Dispenza, Leonardo Citraro, Adelchi Croce

Focus on Ipoacusia ImprovvisaAntiossidanti nel trattamentodelle ipoacusie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

Focus on Vascular VertigoDisturbi cocleo-vestibolari e terapia confarmaci di parete (GAGs) . . . . . . . . . . . . . 37

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DISFUNZIONE VESTIBOLARE: NUOVE CHIAVI DI LETTURA E ORIENTAMENTI DELLA TERAPIA

I Potenziali Vestibolari Miogenici Oculari (o-VEMPs) evocaticon la vibrazione per via ossea: nuovo test diagnosticoBasi scientifiche e applicazioni pratiche dell’innovativo esamedella funzione otolitica per la diagnosi selettiva di danno utricolaree del Nervo Vestibolare Superiore

Leonardo Manzari1,2 , Ian S. Curthoys2

1 M.S.A. ENT Academy Center, Cassino (FR) Italy 2 Vestibular Research Laboratory, School of Psychology, the University of Sydney, NSW, Australia

essaggi chiave1. Il test dei potenziali oculari (o-VEMPs) rappresenta una svolta in ambito diagnostico, perché permette di studiare selettivamente la fun-

zione della macula utricolare – uno dei sensori dell’equilibrio del labirinto vestibolare – che proietta le proprie informazioni solo al Nervo

Vestibolare Superiore.

2. Nella pratica otoneurologica, l’interesse del test consiste nella possibilità di identificare la patologia di una singola componente del nervo

vestibolare, il cosiddetto nervo dell’equilibrio.

3. La svolta importante della ricerca condotta dall’équipe italo-australiana, che ha portato alla messa a punto del test con o-VEMPs, è nel-

l’identificazione di una nuova possibilità di interpretazione dei disturbi dell’equilibrio, con ricadute rilevanti in ambito terapeutico, in pazien-

ti che abbiano subito una lesione acuta di tale nervo di varia origine, ad esempio virale o vascolare.

ntroduzionePer identificare l’origine di un disturbo dell’equilibrio riferito da unpaziente è di fondamentale importanza raccogliere informazioniassolutamente dettagliate in sede anamnestica, ma altrettantoimportante è l’esecuzione di test idonei alla identificazione della fun-zione dei recettori vestibolari dei due organi labirintici. La funzionedei Canali Semicircolari si può agevolmente testare con l’esecuzio-ne dell’Head Impulse Test (HIT) (1) e con il test di stimolazione calo-rica. Non è di comune esecuzione, invece, nei centri dedicati allostudio dei disturbi dell’equilibrio, il ricorso a test sicuri e di sempliceesecuzione che identifichino la funzione degli organi otolitici. In let-teratura di recente sono invece stati riportati ed identificati due testche hanno rivoluzionato questo campo di indagine e ad oggi con-sentono lo studio della funzione degli organi otolitici. Tali test risulta-no essere di semplice e sicura esecuzione, per il paziente. In termi-ni temporali, è comparso dapprima quello che adesso viene defini-to come lo studio dei Potenziali Evocati Miogenici Cervicali (cervicalVEMPs). Tale procedura testa in modo separato ed indipendente lafunzione della macula sacculare attraverso l’inibizione della contra-

zione del muscolo sterno-cleido-mastoideo dopo stimolazione acu-stica (2), ossea (3) oppure galvanica.

Più recentemente, invece, nuove evidenze sono emerse riguardol’esecuzione di un nuovo test della funzione otolitica, l’ocular VEMP(o-VEMPs), ovvero lo studio dei Potenziali Evocati Miogenici Oculariindotti anche questi dalla stimolazione acustica, ossea oppure gal-vanica. Questa review focalizzerà proprio gli aspetti di backgroundanatomici, di fisiologia e ovviamente le prospettive di identificazionedelle patologie che tale nuovo semplice test della funzione macula-re otolitica può consentire. In tal modo il lettore potrà, dopo averemanifestato interesse per la procedura, consultare gli articoli origi-nali per un più dettagliato ed adeguato ricorso all’esecuzione eall’implementazione del test stesso nel proprio ambulatorio (5-9).L’Fz è un punto di repere localizzato esattamente nel mezzo delpunto di attaccatura del cuoio capelluto con la cute della fronte. Seuno stimolo vibratorio sufficientemente potente viene portato a talelivello, esso è in grado di evocare un piccolo potenziale evocato ocu-lare a corta latenza, negativo e per tale motivo eccitatorio.Talepotenziale è registrabile con elettrodi di superficie posti sotto gli

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occhi di un soggetto che deve solo guardare verso l’alto (4,6,7). Talepotenziale, cosiddetto n-10, nel soggetto sano è grossomodo ugua-le in termini di ampiezza se registrato simultaneamente sotto i dueocchi, e se evocato appunto con un piccolo ma potente stimolovibratorio portato alla Fz (6,7).Tuttavia, se uno dei due vestiboli labirintici risulta essere danneg-giato oppure de-afferentato, lo stimolo vibratorio determina la com-parsa di una n-10 asimmetrica in termini di ampiezza (8) (Figura 1).L’asimmetria della n-10 è dunque un indicatore della funzione otoli-tica ed in modo assoluto, come dimostreremo di seguito, della fun-

zione utricolare. La n-10 è comunque una risposta vestibolo-oculare crociata: seinfatti si porta il nostro stimolo vibratorio alla Fz, risulta essereassente l’onda negativa registrata sotto l’occhio controlaterale all’o-recchio affetto, mentre invece risulta essere di normale ampiezza lan-10 registrata sotto l’occhio opposto al vestibolo indenne (6,8).Alcune misurazioni effettuate con accelerometri lineari posti sullemastoidi dimostrano che una vibrazione ossea alla frequenza di 500Hz portata alla Fz determina accelerazioni lineari pressoché identi-che (7). Le registrazioni effettuate dalla macula utricolare del guinea

pig da Curthoys et al. nel2006 (12) hanno invece evi-denziato, in particolar modo,che una sola classe di neuro-ni viene attivata da questo sti-molo vibratorio a cui sonoparticolarmente sensibili: ilgruppo dei neuroni irregolariotolitici che vengono attivati inmodo selettivo da questo tipodi accelerazioni lineari. I neu-roni dei Canali Semicircolariinvece non rispondono a taletipo di stimoli a bassa inten-sità (12). Una attivazione oto-litica così selettiva determi-nerà una serie di risposte oto-lito-oculari e otolito-spinali.Furono Suzuki et al. nell’or-mai lontano 1969 a dimostra-re un’attivazione così precisae selettiva (13).

Una delle risposte otolito-ocu-lari evocabili con tale tipo distimolazione vibratoria è quel-la determinata dalla rispostaselettiva della macula utrico-lare: se infatti questo recetto-re vestibolare viene stimolato,vengono attivate alcunerisposte muscolari provenien-ti da una coppia di muscoliextraoculari, ovvero l’ObliquoInferiore controlaterale (OI) eil Retto Inferiore (RI) controla-terale all’orecchio stimolato.Così, se un soggetto sanoguarda in alto, ponendo deglielettrodi proprio sopra la cuteche riveste l’obliquo inferioreed il muscolo retto inferiore, siè in grado di registrare l’atti-vità miogenica dei suddetti

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DISFUNZIONE VESTIBOLARE: NUOVE CHIAVI DI LETTURA E ORIENTAMENTI DELLA TERAPIA

TEST VESTIBOLARE CON VEMPS OCULARI

L’asimmetria dell’onda n-10 evocabile con stimolazione vibra-

toria è un indicatore di lesione otolitica nella macula utricolare

I potenziali vestibolari miogenici possono essere evocati con stimolazione acustica (ACS), sia con stimolazione

vibratoria condotta per via ossea sia con stimolazione elettrica-galvanica. Storicamente esiste un gruppo di poten-

ziali vestibolari classicamente registrabili sul muscolo sterno-cleido-mastoideo (SCM) opportunamente contratto e

in grado di evocare una contrazione elettromiograficamente accettabile (Halmagyi & Curthois, 1988). Evidenze cli-

niche e fisiologiche ne dimostrano l’origine puramente vestibolare, giustificandone la definizione di PPootteennzziiaallii

EEvvooccaattii VVeessttiibboollaarrii MMiiooggeenniiccii ((VVEEMMPPss)). In linea teorica esistono molti VEMPs, dal momento che lo stesso sistema

vestibolare ha molte proiezioni – attraverso il sistema vestibolo-spinale e attraverso il sistema vestibolo-oculomo-

tore – con il sistema muscolare. La definizione di VEMPs cervicali (c-VEMPs) è d’ora in avanti riferita ai potenziali

registrati appunto su un muscolo SCM. II cc--VVEEMMPPss ssoonnoo ggeenneerraattii ddaall ssaaccccuulloo, uno dei recettori otolitici, e in modo

più preciso dalla macula sacculare: ssoonnoo ppeerrttaannttoo eesspprreessssiioonnee ddeellllaa ffuunnzziioonnee ddeell NNeerrvvoo VVeessttiibboollaarree IInnffeerriioorree (de

Burlet, 1924) ((vveeddii nneell tteessttoo FFiigguurraa 33)). I recettori sacculari e le loro efferenze, di tipo irregolare, sono attivabili con

stimoli acustici a breve latenza, ma anche con stimoli condotti per via ossea anch’essi a breve latenza.

Gli afferenti sacculari eccitano i neuroni inibitori del Nervo Vestibolare Inferiore che a loro volta inibiscono i moto-

neuroni cervicali. I c-VEMPs sono divenuti, fin dalla loro prima evidenza letteraria (Colebatch et al, 1994), un tteesstt

cclliinniiccoo ddii aammppiiaa ee aaffffiiddaabbiillee ddiiffffuussiioonnee iinn aammbbiieennttee oottoonneeuurroollooggiiccoo, in quanto robusta modalità di informazione

sullo stato del Nervo Vestibolare Inferiore, e pertanto del Sistema Vestibolo-Spinale (VSR). Tale test clinico com-

plementa le informazioni che vengono fornite dal Test Impulsivo (HIT) e dal test calorico per lo studio della fun-

zione del Canale Semicircolare Orizzontale, che invia le proprie informazioni nel Nervo Vestibolare Superiore.

Più recentemente è stato evidenziato come uno stimolo vibratorio portato al cranio determini una stimolazione

pari ad una accelerazione lineare per entrambi gli organi vestibolari posti nell’orecchio interno. QQuueessttee aacccceellee--

rraazziioonnii lliinneeaarrii ccoossttiittuuiissccoonnoo uunnaa vveerraa ee pprroopprriiaa mmooddaalliittàà ddii aattttiivvaazziioonnee sseelleettttiivvaa ddeeii nneeuurroonnii cchhee oorriiggiinnaannoo ddaallllee

mmaaccuullee uuttrriiccoolloo--ssaaccccuullaarrii (Curthoys et al, 2006). Lo studio di singoli neuroni nell’animale (guinea pig) ha dimo-

strato, infatti, che i neuroni dei canali semicircolari sono raramente attivati dai livelli di vibrazione utilizzati per il

nuovo test vibratorio descritto in questo articolo, e che invece tali neuroni sono in grado di generare una vigo-

rosa scarica nervosa proprio da parte dei neuroni otolitici di tipo irregolare della macula dell’utricolo.

L’attivazione otolitica indotta dalla vibrazione ossea risulta in una varietà di risposte di tipo vestibolo-spinale e

vestibolo-oculare e proprio quest’ultimo tipo di risposta, la vestibolo-oculare, è l’argomento di questa review.

La Vibrazione Condotta per Via Ossea (Bone conducted vibration, BVC) alla posizione della testa che coincide

con la linea mediana in corrispondenza dell’inserzione-attaccatura dei capelli (Fz) ((vveeddii nneell tteessttoo FFiigguurraa 77)) deter-

mina un’accelerazione lineare simultanea ed approssimativamente uguale in ampiezza, in corrispondenza di

entrambe le mastoidi e provoca PPootteennzziiaallii EEvvooccaattii MMiiooggeenniiccii OOccuullaarrii ((oo--VVEEMMPPss)) rregistrabili sotto gli occhi nei

soggetti sani, perciò detti oculari. La prima componente di questo potenziale (n-10) è una risposta di tipo ecci-

tatorio, a differenza della prima componente del c-VEMPs, ed è uguale in ampiezza se registrata sotto gli occhi

di un soggetto sano. DDooppoo llaa ppeerrddiittaa ddeellllaa ffuunnzziioonnee vveessttiibboollaarree,, ll’’oonnddaa ((ppootteennzziiaallee nn--1100)) rreeggiissttrraattaa ssoottttoo ll’’oocccchhiioo

ooppppoossttoo aallll’’oorreecccchhiioo sseeddee ddeellllaa lleessiioonnee èè nnootteevvoollmmeennttee ee ffoorrtteemmeennttee rriiddoottttaa oo ddeell ttuuttttoo aasssseennttee.. Questo risulta-

to è dovuto ad una via crociata otolito-oculare.

Nei pazienti con esiti di nneevvrriittee ddeell NNeerrvvoo VVeessttiibboollaarree SSuuppeerriioorree nei quali la funzione sacculare è intatta, ma la

funzione della macula utricolare è probabilmente compromessa, c’è una rriidduuzziioonnee iinn aammppiieezzzzaa ddeellll’’oonnddaa nn--1100

oo uunn’’aasssseennzzaa ddeellllaa sstteessssaa, a seconda dell’entità dell’evento lesivo, registrata sotto l’occhio opposto al lato leso.

CCiiòò ssttaa aa ssiiggnniiffiiccaarree cchhee ll’’oonnddaa nn--1100 èè ddoovvuuttaa aallllaa ffuunnzziioonnee oottoolliittiiccaa ddeellllaa mmaaccuullaa uuttrriiccoollaarree..

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muscoli. La Figura 2 propone una semplificazione schematica di unpossibile pathway neurale responsabile dell’attivazione del muscoloOI e del muscolo RI da parte della stimolazione otolitica e di conse-guenza per la n-10, insieme con gli esempi di o-VEMPs e di c-VEMPs in un soggetto normale ed in un paziente affetto da perditaunilaterale della funzione vestibolare. In recenti studi, la n-10 dell’o-VEMP dovuta alla stimolazione con-dotta con vibrazione ossea alla Fz è stata registrata in un grandenumero di soggetti sani non selezionati (7,8). L’ampiezza della n-10, comunque, varia in modo considerevole tra i soggetti sani, maanche in ragione delle variabili interindividuali; essa è comunqueripetibile giorno dopo giorno. Per esaminare la ripetibilità, l’o-VEMPsin risposta alla stimolazione con un vibratore Mini-shaker® è statoregistrato in due occasioni (giorni diversi e successivi) in un certonumero di soggetti normali (7,8). A dispetto della grande differenzatra i soggetti presi in esame, le risposte n-10 erano simili in gran-dezza per ogni soggetto esaminato e non venivano, di fatto, evi-denziate grandi differenze in ampiezza e in latenza della prima onda

negativa da una registrazione all’altra, tenendo in debita considera-zione l’esatta collocazione degli elettrodi, l’esatto posizionamentodello stimolatore vibratorio e soprattutto essendo certi che la tensio-ne muscolare degli extraoculari sia mantenuta costante. La misura in termini assoluti della n-10 non è di grande aiuto aifini diagnostici in quanto tale, dal momento che alcuni pazientipossono presentare grandi (in termini di ampiezza) n-10 ed altriinvece possono evidenziare piccole (sempre in termini diampiezza) n-10. Questa differenza è determinata per la stra-grande maggioranza dei soggetti dalle variazioni interindividua-li anatomiche della scatola cranica (circonferenza e spessoreosseo); tuttavia, è la misura relativa della n-10 registrata al disotto dei due occhi che ha un grande valore diagnostico (6,7). Atal fine deve essere usata, e noi l’abbiamo applicata, una cosid-detta Asymmetry Ratio (AR). Questo tipo di calcolo va effettua-to sulla base di una versione adattata allo scopo della formula diJongkees, ampiamente utilizzata e conosciuta per la definizionenumerica dei test vestibolari.

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Manzari e Curthoys – Test con VEMPs oculari per la diagnosi selettiva di danno otolitico

Figura 1. Esempio di ocular VEMPs ottenuto dopo stimolazione vibratoria portata alla Fz in un soggetto sano ed in un soggetto affetto da perdita uni-laterale della funzione vestibolare.

Le risposte n-10 (evidenziate dalle frecce) sono approssimativamente uguali se registrate al di sotto di entrambi gli occhi del soggetto sano, ma nel soggetto malato la n-

10 registrata sotto l’occhio controlaterale alla lesione vestibolare è fortemente ridotta oppure, addirittura assente. Nel paziente con deficit vestibolare è evidente la risposta

della n-10 controlaterale di ampiezza e latenza assolutamente normali.

LL’’aassiimmmmeettrriiaa ddeellllaa nn--1100 eevvooccaabbiillee ccoonn llaa ssttiimmoollaazziioonnee vviibbrraattoorriiaa èè ll’’iinnddiiccaattoorree ddii lleessiioonnee oottoolliittiiccaa nneellllaa mmaaccuullaa uuttrriiccoollaarree..

ASYMMETRY RATIO (AR) =

([ONDA N-10 PIÙ LARGA – ONDA N-10 PIÙ PICCOLA] / [ONDA N-10 PIÙ LARGA + ONDA N-10 PIÙ PICCOLA]) X 100

La media della AR per la popolazione di soggetti sani è stata di circa11. % ± 8.26 (n = 50) e nessuno dei soggetti sani – è necessarioprecisare, assolutamente sani – testati aveva presentato una ARsuperiore al 40% tra i due lati. Invece, tutti i pazienti che noi abbia-mo studiato, con una nota e ben definita perdita unilaterale della fun-zione vestibolare, mostravano una AR maggiore del 40% (6,8). Intali pazienti la media della AR era di 75. % ± 16.32 (n = 11) e la n-10 registrata al di sotto dell’occhio controlaterale al lato leso risulta-va assente o addirittura fortemente ridotta (vedi Figura 1).

È stato poi dimostrato che la n-10 evocata con una VibrazioneOssea alla Fz è una risposta vestibolare, anche perché la stessaè assente nei due lati nei soggetti affetti da perdita bilaterale dellafunzione vestibolare; ciò che accade per esempio a seguito di untrattamento per via sistemica con gentamicina o aminoglicosidi ingenerale (7). Questo risultato dimostra anche che la n-10 non èdovuta ad un blink né tantomeno all’attivazione del nervo facciale,oppure ancora alla attivazione della componente uditiva dell’VIIIpaio di nervi cranici, dal momento che questi pazienti con perdita

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DISFUNZIONE VESTIBOLARE: NUOVE CHIAVI DI LETTURA E ORIENTAMENTI DELLA TERAPIA

Figura 2. Una versione semplificata e schematica delle basi neurali, ampiamente rappresentate in letteratura, che sottendono alla genesi della via vesti-bolo-utricolo-oculare e che sottendono alla evidenziazione della asimmetria funzionale dopo lesione vestibolare unilaterale.

Questo schema è basato sugli studi di Suzuki et al. (Acta Otolaryngol 1969) che dimostrarono come la stimolazione elettrica ad alta frequenza del nervo utricolare deter-

mini l’attivazione del muscolo obliquo inferiore e del retto inferiore. Gli afferenti provenienti dalla macula sacculare ed utricolare proiettano ai nuclei vestibolari, ma l’esatta

terminazione nel contesto degli stessi nuclei non è ancora conosciuta in modo esatto, cosi che la figura rappresenta solo le conoscenze attuali. Le proiezioni otolitiche agli

altri muscoli extraoculari non sono evidenziate. Gli afferenti provenienti dalla macula sacculare decorrono prevalentemente nel nervo vestibolare inferiore, e costituiscono

sinapsi con i neuroni inibitori nei nuclei vestibolari (esagoni neri), prima di proiettare ai motoneuroni spinali che controllano gli sterno-cleido-mastoidei.

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bilaterale della funzione vestibolare presentavano invece un blinkassolutamente normale, una funzione del VII paio di nervi cranici(nervo facciale, appunto) assolutamente normale e soprattutto unafunzione uditiva conservata, ma perdita assoluta della n-10. È stato ulteriormente dimostrato poi in soggetti con perdita totaledell’udito che la n-10 restava intatta e non veniva coinvolta mini-mamente nel processo degenerativo (4,6). Dunque la n-10 è un potenziale evocato oculare negativo ed inquanto tale è un potenziale miogenico eccitatorio (14). Questo par-ticolare è di fondamentale importanza, perché ne permette la dif-ferenziazione da un’altra classe di Potenziali, ormai ampiamenteutilizzati in ambito clinico, quelli Cervicali (c-VEMPs), quelli cioèregistrati utilizzando la contrazione degli sterno-cleido-mastoidei(SCM). Questi ultimi presentano infatti un’onda iniziale, cosiddettap-13 – in risposta ad uno stimolo sia acustico (clicks oppure ToneBurst) che osseo vibratorio – positiva e perciò inibitoria, la cuiampiezza e magnitudo dipende dalla tensione degli SCM (vediFigura 2). In quanto potenziale di tipo inibitorio, la p-13 del c-VEMP richiede una assoluta normalizzazione ed una corretta ten-sione dei muscoli del collo; invece la n-10, in quanto potenziale ditipo eccitatorio, non richiede alcun tipo di normalizzazione.La n-10 indica e testimonia la funzione della macula utricolare dalmomento che è piccola o fortemente ridotta anche in quei pazien-ti che abbiamo presentato una perdita della funzione del solo

Nervo Vestibolare Superiore. La figura 3 mostra in modo schema-tico le afferenze da ognuno dei cinque sensori dell’apparato vesti-bolare e soprattutto dimostra come essi impattino con le loro affe-renze nelle due branche dei nervi vestibolari (17).Si noti come tutte le afferenze dalla macula utricolare decorranonella componente superiore del nervo vestibolare, mentre tutte leafferenze provenienti dalla macula sacculare decorrano in granparte nel nervo vestibolare inferiore.È ampiamente noto poi che molti pazienti possono presentare esitidi perdita selettiva della funzione del nervo vestibolare inferiore odi quella del superiore (15,16). In pazienti con esiti di Nevrite delVestibolare Superiore, la branca inferiore dell’VIII dedicato all’e-quilibrio è assolutamente funzionante – perciò intatta e preservatadall’evento lesionale; ciò viene dimostrato dal fatto che tali pazien-ti dimostrano ancora la presenza del c-VEMPs alla stimolazioneacustica ipsilaterale.Se la n-10 (evocata, come detto, dalla vibrazione ossea alla Fz),fosse invece da mettere in relazione con l’attivazione sacculare, sene dovrebbe arguire la presenza negli stessi pazienti, propriocome era presente la risposta p-13 dovuta alla stimolazione acu-stica e registrabile a livello cervicale (c-VEMPs).I dati in nostro possesso ed evidenziati in figura 4 chiaramentedimostrano come le ultime considerazioni siano quanto mai cor-rette: la Nevrite del Nervo Vestibolare

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Manzari e Curthoys – Test con VEMPs oculari per la diagnosi selettiva di danno otolitico

Figura 3. L’innervazione neurale degli organi vestibolari (de Burlet, Anat Anzeig 1924) e i test clinici utili per testare la funzione dei recettori vestibola-ri. Le colonne, contrassegnate da “Risposta”, identificano le risposte associate con i test clinici per ognuno dei recettori vestibolari.

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Superiore riduce notevolmente oppure, addirittura annulla comple-tamente la risposta n-10; tale dato strumentale comporta una chia-ra evidenza di asimmetria della ampiezza (AR >40%).Questo elemento accomuna nella valutazione della sola n-10, ilgruppo dei pazienti con Nevrite del Superiore a quelli con una per-dita definita del vestibolare in toto (9).

Questo risultato poi implica e conferma ulteriormente, in modostraordinario, come la n-10 dell’o-VEMP dovuta alla stimolazionevibratoria della Fz sia dovuta all’attivazione della macula utrico-lare. Infine, è stato enfatizzato come in questi pazienti la maculasacculare fosse funzionalmente normale, come dimostrato dallarisposta del c-VEMPs alla stimolazione acustica ipsilaterale(Figure 5 e 6).

etodica di stimolazione e registrazione degli ocular-VEMPs

Negli studi inerenti la registrazione degli o-VEMPs eseguiti su sog-getti sani dal punto di vista vestibolare e su pazienti con deficit vesti-bolare l’esaminando giace in posizione supina con la testa postaorizzontalmente ma appoggiata su due cuscini, posizionata però inmodo tale da avere l’asse passante per la punta del naso diretto

verso il basso ed il mento vicino al torace. La cute al di sotto dell’or-bita viene accuratamente pulita con alcool (il paziente deve mante-nere gli occhi chiusi durante tale procedura).A questo punto vengono posti sotto gli occhi dell’esaminando unaserie di elettrodi per elettromiografia di superficie per registrare suc-cessivamente i piccoli potenziali muscolari (Figura 7a). È moltoimportante in questa fase che gli elettrodi, mutuati alla EMGrafia,vengano adattati allo scopo, tagliati quanto basta, avendo cura didistanziarli tra di loro per evitare un ponte elettrico determinato dalgel conduttivo presente negli elettrodi stessi. A questo punto, perregistrare i potenziali oculari si deve attuare la seguente procedura:l’elettrodo attivo (+) registrante è posto 1 cm al di sotto del bordoinferiore dell’orbita e l’elettrodo di riferimento 2 cm al di sotto, comedimostrato nella figura 7a e b. Gli elettrodi vengono posizionati inmodo tale da allinearsi con il centro della pupilla e il soggetto vieneinvitato a guardare in alto verso un bersaglio distante posto al cen-tro del suo campo visivo. L’elettrodo di terra verrà posto sul mentooppure sullo sterno.A questo punto i segnali vengono amplificati da due amplificatori indi-pendenti (filter cut-offs: 20 Hz to 500 Hz) e il segnale non rettificatoviene registrato (n = 50 presentazioni) e simultaneamente acquisitosotto entrambi i bulbi oculari, utilizzando 2 differenti registratori dipotenziali: Sapphire oppure AMPLAID MK12 (sampling rate 20 kHz).È di fondamentale importanza ricordare ed enfatizzare che il poten-

ziale n-10 è davvero un picco-lissimo potenziale, dell’ordinedi grandezza di soli 8-10 mV(o addirittura anche meno) eche il picco del potenzialestesso si situa in termini dilatenza approssimativamenteattorno ai 10 millisecondi dal-l’inizio dello stimolo. Per talemotivo, l’operatore dovràavere una cura estrema nel-l’evitare e minimizzare i rumo-ri elettrici, le interferenze e gliartefatti di stimolo durante laregistrazione.La convenzione utilizzata èche un potenziale negativo incorrispondenza dell’elettrodoattivo (l’elettrodo più vicinoall’occhio) determini unadeflessione della tracciaverso l’alto (negativa, appun-to) ed in tal modo se il sog-getto guarda verso l’alto albersaglio posto dietro la suatesta la deflessione del trac-ciato “on going” risulta esserenegativa. L’impedenza deglielettrodi in tutti i trial deveessere mantenuta al di sottodei 5 kΩ.

M

8 Otoneurologia 2000 Dicembre 09 n. 30

DISFUNZIONE VESTIBOLARE: NUOVE CHIAVI DI LETTURA E ORIENTAMENTI DELLA TERAPIA

Figura 4. Asymmetry ratio (AR) dell’onda n-10.

L’AR di 13 pazienti con nevrite del nervo vestibolare superiore (diamanti pieni) plottati nel grafico in funzione dell’età. Inoltre sul

grafico ci sono i dati provenienti da 67 soggetti normali (triangoli vuoti) e da 11 pazienti con perdita vestibolare completa (cerchi

vuoti). L’uguaglianza dei risultati del test con o-VEMPs per la nevrite vestibolare superiore e per la perdita unilaterale della funzio-

ne vestibolare è assolutamente chiara. Al di fuori del grafico sono riportate le mediane e gli intervalli di confidenza.

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9Otoneurologia 2000 Dicembre 09 n. 30

Manzari e Curthoys – Test con VEMPs oculari per la diagnosi selettiva di danno otolitico

Figura 5. Esempio di ocular VEMPs ottenuto dopo stimolazione vibratoria portata alla Fz in un soggetto sano ed in un soggetto affetto da Nevrite delNervo Vestibolare Superiore.

Figura 6. Proiezioni otolito cervicali ed oculari in un soggetto sano e in un paziente affetto da Nevrite del Nervo Vestibolare Superiore.

Le risposte n-10 (evidenziate dalle frecce) sono approssimativamente uguali se registrate al di sotto di entrambi gli occhi del soggetto sano, ma nel soggetto malato la n-

10 registrata sotto l’occhio controlaterale alla lesione vestibolare è assente.

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Per ottimizzare la raccolta di questo tipo di potenziali, particolarecura deve essere posta anche alle raccomandazioni da dare alpaziente. Il soggetto deve essere estremamente rilassato.Ciò è importante soprattutto per quello che attiene alla muscolaturamasticatoria che deve essere rilassata: si può dire al paziente di nonserrare i denti oppure di schiudere appena la bocca. D’importanzacruciale è che durante lo svolgimento dell’esame, e perciò durantela stimolazione alla Fz con il vibratore, il paziente guardi in alto(verso il vertice della testa) approssimativamente 25 gradi sopra lasua orizzontale visiva e che mantenga lo sguardo su un piccolo ber-saglio posto approssimativamente 60-70 cm distante dagli occhi, sulmuro dietro la sua testa.La posizione degli occhi così elevata è di cruciale importanza per ilbuon esito dell’esame e per riuscire ad identificare la misura, in ter-mini di ampiezza, della n-10. Quest’ultima infatti decresce notevol-mente se lo sguardo è abbassato (3,4) ed è assolutamente non evi-denziabile se lo sguardo del soggetto che si sta esaminando è diret-to in avanti. La fissazione verso l’alto mantiene la posizione degliocchi elevata durante tutta la durata del test e perciò è in grado diassicurare la contrazione-attivazione dei muscoli extraoculari bersa-glio. Questo test ha un innegabile vantaggio per l’esaminatore e peril soggetto da esaminare, perchè dura appena 20 secondi, ma èimportante che la fissazione oculare sia allineata con la linea media-na dal momento che la fissazione eccentrica da sola può produrrepotenziali oculari n-10 asimmetrici. Nella stragrande maggioranzadei soggetti, la n-10 con sguardo dritto in avanti è appena registra-bile, ma non appena viene chiesto al soggetto di modificare la posi-zione dello sguardo e di dirigere lo stesso in alto si evidenzia neltracciato una chiara e ben evidente n-10.

Prima di ogni test gli elettrodi, gli amplificatori e il sistema di regi-strazione devono essere calibrati richiedendo al soggetto che si statestando di eseguire una serie di saccadici verticali attraverso deibersagli posti ± 5° direttamente sopra e sotto il bersaglio che suc-cessivamente costituirà il target visivo del paziente durante la pro-cedura d’esame. L’esaminatore deve essere sicuro che questi sac-cadici di calibrazione producano potenziali simmetrici (steps) perentrambi gli occhi. Tali saccadici devono essere di 50 μV prima diprocedere con la registrazione dei Potenziali Evocati Oculari.È altrettanto necessario poi verificare che le polarità elettriche sianocorrette e che i segnali durante questi saccadici siano approssima-tivamente uguali in termini di ampiezza per entrambi gli occhi, che ilsegnale che si andrà poi ad evidenziare sia sufficientemente ampioda essere visualizzato in corso di registrazione. Se non vengonorispettate tutte queste condizioni, gli elettrodi devono essere rimos-si, la cute sotto le orbite nuovamente pulita e nuovi elettrodi devonoessere allocati al di sotto degli occhi, per poi procedere di nuovo conla procedura descritta sopra. Questa procedura di calibrazione è un criterio di assoluta, vitaleimportanza per la buona riuscita dell’esame e soprattutto è fonda-mentale, come già detto, che venga correttamente eseguita prima diportare lo stimolo vibratorio alla Fz del capo del paziente, dalmomento che tale calibrazione evidenzia: 1. Che gli elettrodi siano posizionati correttamente sopra i muscoli

OI e RI, che i cavi e gli amplificatori siano e saranno pronti alavorare correttamente.

2. Che i movimenti oculari nei due occhi producano uguali risposte,così che qualunque asimmetria che si andrà ad evidenziare suc-cessivamente nell’esecuzione dell’esame non sia dovuta ad un

10 Otoneurologia 2000 Dicembre 09 n. 30

DISFUNZIONE VESTIBOLARE: NUOVE CHIAVI DI LETTURA E ORIENTAMENTI DELLA TERAPIA

Figura 7. Configurazione degli elettrodi per una registrazione ottimale degli ocular VEMPs.

AA.. Il soggetto guarda verso l’alto in un piano di visione approssimativamente corri-

spondente al piano mediano.

BB.. Si noti il punto di applicazione del vibratore (indicato dalla X) alla metà dell’at-

taccatura del punto d’inserzione del cuoio capelluto sulla fronte della paziente (Fz).

AA BB

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difetto di calibrazione, ma rifletta una effettiva asimmetria dellafunzione vestibolo-oculare. L’indicatore clinico infatti proprio l’a-simmetria della n-10 dopo stimolazione con vibrazione ossea allaFz. Quest’ultima, come già ricordato, produce infatti una accele-razione simmetrica a livello di entrambe le mastoidi. Nei pazien-ti con un solo lato leso, la n-10 evocata sotto l’occhio controlate-rale al vestibolo lesionato sarà ridotta in termini di ampiezza.

In alcuni soggetti sani ma anche in pazienti con deficit vestibolare lamisura assoluta dell’ampiezza della n-10 può essere molto piccola– per esempio in pazienti con un cranio molto grande, e/o con pal-pebra oculare inferiore molto sottile. In tali circostanze la superficiedegli elettrodi non è in grado di registrare un adeguato potenzialeoculare miogenico dai muscoli sotto-orbitari quando il paziente vieneinvitato a guardare verso l’alto. In questi casi non è raccomandabileporre particolare enfasi al reperto, dal momento che con potenzialicosì piccoli un errore di misura può produrre una falsa asimmetria.In tali pazienti, facendo ricorso ad uno stimolo portato a 250 Hz piut-tosto che a 500, si è in grado di registrare una più evidente n-10; l’a-veraging di più stimoli può risultare molto vantaggioso.La vibrazione condotta per via ossea viene dunque trasferita alla Fzdella fronte del paziente utilizzando un vibratore della Bruel and Kjaer(Naerum, Denmark), Mini-shaker 4810® che viene tenuto in manodall’esaminatore. Al vibratore viene fissata una corta vite (2 cm di lun-ghezza del tipo M5). All’estremità libera della vite viene agganciatocon una resina molto resistente un cappuccio in plastica del diame-tro di 1,5 cm, che verrà in contatto con la fronte del paziente. Ènecessario che esista un eccellente isolamento elettrico tra il sog-getto e il vibratore, per evitare artefatti da parte dello stimolatore chepossano contaminare in qualche modo la registrazione dei piccolipotenziali evocati di origine oculare. È proprio l’uso di questo cap-puccio in plastica posto sull’estremità distale della vite che assicural’isolamento elettrico. Il Mini-shaker 4810® viene, a questo punto,pilotato dal computer generatore del segnale. Tale segnale di solitoconsiste di una serie di 50 ripetizioni di un tone burst a 500 Hz chedura in totale 7 ms, inclusi 1 ms di ascesa ed 1 ms di discesa del-l’onda quadra da uno 0 di partenza. L’onda di stimolo, pertanto, durain totale 5 ms. Gran parte del numero degli esami che si eseguonorichiedono più tempo nell’applicazione degli elettrodi e nelle proce-dure di taratura del sistema piuttosto che nell’esecuzione stessa dellaprocedura, così breve che è anche facilmente eseguibile un retest.Basti pensare che portando 3 stimoli per secondo la registrazionedell’o-VEMPs dura appena 20 secondi. In ogni modo noi abbiamoutilizzato ed utilizziamo un rate di 3/s che è assolutamente non fasti-dioso per il paziente. Se tuttavia il paziente ha difficoltà a mantenere,per un qualunque motivo, lo sguardo in alto per un così breve perio-do, si possono utilizzare rate di ripetizione più alti (7-11 fino a 21 persecondo). Un rate di 21 per secondo non ha effetti di modificazionesostanziale per le caratteristiche della n-10 ed in questo modo l’esa-me dura appena 7 secondi. Il Mini-shaker® pesa approssimativa-mente 1 kg, peso usato per standardizzare la forza da impiegare daparte dell’operatore nell’esecuzione del test. Il compito dell’esamina-tore è unicamente quello di mantenere il vibratore appoggiato delica-tamente sulla fronte dell’esaminando senza forzare o premere la vitecontro la cute della fronte. L’esatta collocazione della Fz in tutti ipazienti non è critica, dal momento che anche piccole variazioni nel-

l’applicazione della vite del Mini-shaker® (± 1 cm) hanno piccoli effet-ti sulla simmetria della n-10. La forza ottimale da applicare alla Fz èdell’ordne di 24 N (calibrazione ottenuta da una mastoide artificiale,sempre di Bruel & Kjaer), e tale forza di applicazione produce allemastoidi una accelerazione pari all’incirca a 0.2-0.4 g. Dunque utilizzeremo per il nostro esame un’onda quadra. È impor-tante ricordare che l’inversione della polarità dello stimolo determinaun ritardo abbastanza lungo prima che lo stimolo venga portato allatesta del paziente, dal momento che l’armatura del vibratore richie-de tempo ad essere attivata e a trasferire l’impulso alla Fz dello scal-po dell’esaminando. Il Mini-shaker®, infatti, non si comporta comeuna cuffia nella quale il movimento del diaframma è molto piccolo el’inversione della polarità non causa un grande ritardo di tipo mec-canico nel trasferimento dell’impulso: una semplice inversione dipolarità può determinare una differenza apparente in termini dilatenza della n-10 di circa 3 ms. Questo però è un mero artefatto ditipo meccanico dovuto all’inerzia dell’armatura del vibratore.La collocazione dello stimolo vibratorio alla Fz ha la peculiarità dideterminare una simultanea stimolazione ad entrambi i labirinti. Altriattrezzi possono generare una efficace stimolazione vibratoria: peresempio un tap, molto lieve e non fastidioso per il paziente, portatocon un martello per riflessi usati in neurologia allo stesso sito Fz (trig-gerato anch’esso con il nostro averager) può essere parimenti effica-ce, come metodo alternativo nel generare una n-10, con un costo d’im-presa estremamente contenuto. Al contrario, uno stimolatore per viaossea utilizzato classicamente in audiologia (Radioear B-71) collocatosulla fronte del paziente è sostanzialmente inefficace, dal momentoche la magnitudo delle accelerazioni lineari generate alle mastoidi daquesto debole stimolatore è così piccola da risultare insufficiente, inmolti soggetti, ad attivare le afferenze otolitiche maculari (6,7).

onclusioniCome generalmente riportato, una vibrazione condotta per viaossea, portata allo scalpo di un paziente che giace supino su un let-tino da visita nel punto Fz, è uno stimolo non fastidioso e indoloreper il soggetto esaminato, che deve anzi collaborare per la buonariuscita del test, unicamente mantenendo lo sguardo verso l’alto perun tempo di appena 20 secondi (o addirittura meno se il rate di ripe-tizione usato è più alto). La procedura è ben tollerata sia in etàpediatrica che in età avanzata, in pazienti geriatrici.L’asimmetria della n-10 è un nuovo modo di valutare la funzione utri-colare ma deve essere posta particolare attenzione nell’interpreta-zione delle risposte. Proprio come la riduzione o l’assenza di unVEMP cervicale in risposta ad uno stimolo acustico non sta ambi-guamente ad indicare una disfunzione sacculare, così la riduzionedi una n-10 registrata sotto l’occhio controlaterale in risposta ad unostimolo vibratorio può intervenire per ragioni diverse: • Perdita unilaterale della funzione vestibolare, oppure perdita

della funzione del Nervo Vestibolare Superiore, oppure ancoracompleta perdita della funzione del nervo vestibolare in toto. Laperdita della funzione utricolare può essere causata da undanno proprio dei recettori delle hair-cells dovuto a malattiaoppure a danno diretto (come nel caso di agenti ototossici).

C

11Otoneurologia 2000 Dicembre 09 n. 30

Manzari e Curthoys – Test con VEMPs oculari per la diagnosi selettiva di danno otolitico

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• Asimmetria della funzione dei muscoli oculari – per esempio dif-ferente stato funzionale dei due obliqui inferiori.

• Effetti differenti (per esempio) da sclerosi multipla nel pathwaydi trasmissione del segnale.

• La fissazione visiva può non essere esattamente centrata nellalinea di mezzo.

• Gli elettrodi possono essere applicati in modo non appropriato. • Il guadagno degli amplificatori per ognuno dei due occhi può

essere stato settato in modo diverso.La diagnosi di disfunzione utricolare da una risposta n-10 asim-metrica determinata da una vibrazione ossea deve prendere inconsiderazione, prima di tutto, tutte queste evenienze. I c-VEMPse gli o-VEMPs forniscono informazioni complementari circa la fun-zione vestibolare periferica, perché i recettori della macula utrico-lare e i loro afferenti, decorrenti nella porzione superiore del nervo

vestibolare, sono responsabili della genesi della n-10, del poten-ziale evocato oculare, mentre in contrapposizione i recettori e gliafferenti che derivano dalla macula sacculare, decorrenti nel nervovestibolare inferiore, sono responsabili della genesi dell’onda p-13del c-VEMPs ipsilaterale (vedi Figura 2). I VEMPs di origine cervi-cale generati dalla stimolazione acustica o vibratoria ossea son-dano principalmente la funzione della macula sacculare e delnervo vestibolare inferiore, mentre gli o-VEMPs in risposta allo sti-molo acustico o vibratorio saggiano la funzione del nervo vestibo-lare superiore ed in particolar modo quella della macula utricolare.In ogni caso questi due indicatori di funzione, combinati con altritest standard che esplorano la funzione vestibolare perifericacome, per esempio, l’Head Impulse test (3) forniscono un quadrocompleto nello studio della funzione dell’organo vestibolare e deisuoi cinque sensori (vedi Figura 3).

12 Otoneurologia 2000 Dicembre 09 n. 30

DISFUNZIONE VESTIBOLARE: NUOVE CHIAVI DI LETTURA E ORIENTAMENTI DELLA TERAPIA

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Corrispondenza:Dott. Leonardo Manzari, M.S.A. ENT Academy Center - Via Riccardo da S.Germano, 41 03043 Cassino (FR)e-mail: [email protected]

B

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13Otoneurologia 2000 Dicembre 09 n. 30

DISFUNZIONE VESTIBOLARE: NUOVE CHIAVI DI LETTURA

Deficit Vestibolare Improvviso (DVI):il modello della nevrite vestibolare di origine viraleEvoluzione concettuale, revisione storica e moderne tendenze terapeutiche

Leonardo Manzari1,2

1 M.S.A. ENT Academy Center, Cassino (FR) Italy 2 Vestibular Research Laboratory, School of Psychology, the University of Sydney, NSW, Australia

evrite vestibolare: l’ipotesi viraleVertigine acuta periferica e crisi ricorrenti di VPPL’origine virale di una formaacuta di vertigine periferica èsupportata da numerosi studiche hanno dimostrato l’esi-stenza di DNA riconducibile alvirus dell’Herpes simplex tipo 1(HSV-1) nei gangli e nei nucleivestibolari di soggetti affetti dalabirintopatia acuta periferica(Figura 1).

L’osservazione che frequen-temente in questi pazienti èpossibile documentare la con-servazione della normale fun-zionalità del canale semicirco-lare posteriore (CSP), ha por-tato alla conclusione che il

nervo vestibolare inferiore presenti una minore suscettibilità aldanno indotto dalla flogosi virale (vedi box “Nervo vestibolare estrutture sensoriali dell’apparato vestibolare periferico”).

N

essaggi chiave1. Dai dati della letteratura e dalla comune esperienza clinica emerge come le tre più comuni sindromi vertiginose periferiche siano, in ordi-

ne di frequenza: la vertigine parossistica posizionale benigna, la nevrite vestibolare e la malattia di Menière.

2. La forma non parossistica, isolata, senza danno uditivo, che configura il quadro della cosiddetta nevrite vestibolare, può essere dovuta ad

infezione virale ma anche a patologie vascolari o neoplastiche.

3. La valutazione di eventuali sintomi neurologici associati permette una diagnosi differenziale con tutte le lesioni acute periferiche vestibo-

lari interessanti labirinto, nervo, e tronco di varia eziologia (ischemica, traumatica, flogistica, neoplastica).

4. La più convincente evidenza di una causa virale in queste sindromi vestibolari isolate viene dagli studi di Schuknecht a Boston sull'osso temporale.

Questi ed altri ricercatori hanno evidenziato la presenza di virus a livello del vestibolo e del nervo vestibolare, in pazienti con vertigine improvvisa.

5. La presente review ripercorre l’evoluzione concettuale nel tempo del Deficit Vestibolare Improvviso e le implicazioni della ricerca nella pra-

tica clinica otoneurologica.

M

Figura 1. Herpes Simplex Virus (HSV): caratteristiche morfologiche.

Il capside a simmetria icosaedrica che avvolge il genoma virale si suddivide in capsomeri, subunità di catene polipeptidiche strut-

turate in modelli geometricamente esatti: esone, pentone, triplex.

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14 Otoneurologia 2000 Dicembre 09 n. 30

DISFUNZIONE VESTIBOLARE: NUOVE CHIAVI DI LETTURA E ORIENTAMENTI DELLA TERAPIA

NERVO VESTIBOLARE E STRUTTURE SENSORIALI DELL’APPARATO VESTIBOLARE PERIFERICO

Le strutture sensoriali sono strettamente

imparentate con l’apparato uditivo. Gli organi

recettoriali di entrambi gli apparati condivido-

no, infatti, l’origine embrionale dal placode

otico e sono situati nella rete di canalicoli ossei

del labirinto, scavato nella rocca petrosa del-

l’osso temporale.

LL’’aappppaarraattoo vveessttiibboollaarree ppeerriiffeerriiccoo ccoommpprreennddee

ssttrruuttttuurree cchhee vvaannnnoo ddaall llaabbiirriinnttoo mmeemmbbrraannoossoo

ppoosstteerriioorree aall ppuunnttoo iinn ccuuii ii nneerrvvii vveessttiibboollaarrii

ppeenneettrraannoo nneell ttrroonnccoo cceerreebbrraallee.. Consiste bila-

teralmente nneeii ttrree ccaannaallii sseemmiicciirrccoollaarrii – supe-

riore, posteriore e laterale – con le relative cre-

ste ampollari (i cui recettori neuro-sensoriali

sono stimolati da accelerazioni angolari), e in

due coppie di macule, strutture sensoriali con-

tenute nel ssaaccccuulloo e nell’uuttrriiccoolloo, il cui stimolo

periferico è dato da accelerazioni lineari. Le

cellule sensoriali dei canali semicircolari sono

a contatto con la soprastante membrana della

cupola mediante terminazioni piliformi.

Anche le cellule sensoriali del sacculo e dell’u-

tricolo sono a contatto, mediante peli senso-

riali, con la membrana otolitica, ricca di cristalli

di sali di calcio (otoliti). CCrreessttee aammppoollllaarrii ee

mmaaccuullee ssoonnoo iimmmmeerrssee nneellll’’eennddoolliinnffaa..

L’eccitazione delle cellule neuroepiteliali delle

creste ampollari dei canali semicircolari latera-

li e anteriori, e l’eccitazione delle macule utri-

colari e in parte delle macule sacculari viene

trasmessa dal nneerrvvoo vveessttiibboollaarree ssuuppeerriioorree, le

cellule neuroepiteliali del canale semicircolare

posteriore e della restante parte della macula

sacculare sono in rapporto con il nneerrvvoo vveessttii--

bboollaarree iinnffeerriioorree.

I due nervi vestibolari, con il nervo cocleare,

dopo aver percorso il condotto uditivo interno

penetrano nel tronco cerebrale, dove il primo

neurone vestibolare prende rapporto con i

nuclei vestibolari centrali.

Il primo neurone, contenuto nel ganglio di

Scarpa, è un neurone bipolare il cui prolunga-

mento periferico si connette con i recettori

ampollari e maculari, mentre quello centrale

costituisce il nervo vestibolare vero e proprio. Il

nervo vestibolare si accolla al nervo VIII nel

canale uditivo interno e penetra nel tronco

attraverso un solco tracciato fra bulbo e ponte.

II nnuucclleeii vveessttiibboollaarrii pprriimmaarrii ccoonn ccuuii ttrraaee llaa pprriimmaa ccoonnnneessssiioonnee iill nneerrvvoo vveessttiibboollaarree ssoonnoo cciinnqquuee, quattro dei quali sono localizzati sotto il pavimento del

IV ventricolo, mentre il quinto è situato nel tetto del cervelletto. Il sistema nervoso vestibolare è integrato dalle vie oculo o occipito-cerebellari, dalle

vie che collegano la corteccia visiva ai nuclei dei nervi oculo-motori attraverso il fascicolo longitudinale mediale, dalle vie tattili discriminative e dalle

vie propriocettive con le loro connessioni col cervelletto e con i moto-neuroni.

AA ooggnnii ttiippoo ddii ddiissffuunnzziioonnee ddii qquueessttee ssttrruuttttuurree, soprattutto se la disfunzione è monolaterale e si instaura bruscamente, ccoorrrriissppoonnddee uunnaa vveessttiibboollooppaattiiaa

ppeerriiffeerriiccaa.

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In effetti, è stato dimostrato che il CSP presenta spesso una dop-pia innervazione, per la presenza di due distinti elementi nervosiche raggiungono la cupola attraverso due distinti canali ossei. Einoltre, in ogni caso il nervo ampollare posteriore decorre attraver-so un canale osseo separato dal resto del nervo vestibolare, percui esso potrebbe essere meno colpito dall’edema flogistico dei

tessuti perineurali che sono invece incapsulati all’interno del dottointrameatale (Figura 2). Tutte queste osservazioni giustificano, in analogia alla sindromedell’arteria vestibolare anteriore, la presenza di crisi ricorrenti diVertigine Posizionale Parossistica (VPP), a seguito di una formaacuta periferica di origine verosimilmente virale.

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Manzari – DVI: il modello patogenetico virale

IL SISTEMA INFORMATIVO “INTEGRATO” DELL’EQUILIBRIO

La ffuunnzziioonnee ddeellll’’eeqquuiilliibbrriioo ssttaattiiccoo ee ddiinnaammiiccoo dipende dall’insieme delle informazioni che consentono al cervello di controllare la posizione e il movi-

mento del corpo nello spazio, attraverso un sistema informativo che rriicchhiieeddee uunnaa ssooffiissttiiccaattaa oorrggaanniizzzzaazziioonnee nneeuurroo--mmoottoorriiaa ee nneeuurroo--sseennssoorriiaallee e si basa

su una complessa rete di organi e vie nervose. È necessaria infatti l’interazione costante di diverse parti del sistema nervoso con altri sistemi perife-

rici dell’organismo: orecchio interno, occhi, recettori di pressione cutanei, recettori sensoriali delle articolazioni.

IIll llaabbiirriinnttoo vveessttiibboollaarree, situato nell’orecchio interno, èè oorrggaanniizzzzaattoo iinn ffoorrmmaazziioonnii sseennssoorriiaallii (canali semicircolari, membrane otolitiche, endolinfa) ccaappaaccii ddii rreeggiissttrraarree

ssuullllee tteerrmmiinnaazziioonnii ppeerriiffeerriicchhee ddeell nneerrvvoo vveessttiibboollaarree mmuuttaammeennttii ddii eeqquuiilliibbrriioo ssttaattiiccoo ee ddiinnaammiiccoo ddeell ccaappoo nelle tre direzioni spaziali. Ogni singola struttura trasforma

i segnali registrati in impulsi elettrici che vengono a loro volta convogliati al cervello attraverso le fibre del nervo vestibolare, che conducono gli stimoli ai nuclei del

tronco encefalico e di là per nuove vie ai muscoli (per il tono di conservazione e di recupero dell’equilibrio), al cervelletto (organo centrale tonico e statico), ai nuclei

oculomotori e ad altre regioni del cervello. Nei passaggi all’interno del tronco dell’encefalo i segnali vengono continuamente elaborati e coniugati con quelli prove-

nienti dalla vista e da recettori della tensione muscolare situati appunto nei muscoli. LL’’eellaabboorraazziioonnee ccoonnttiinnuuaa ee vveelloocciissssiimmaa ddii ttuuttttii qquueessttii sseeggnnaallii ddàà oorriiggiinnee aallllaa sseenn--

ssaazziioonnee ddeellll’’eeqquuiilliibbrriioo, consentendo un costante controllo della posizione ed eventuali aggiustamenti.

Gli occhi informano il cervello sulla situazione spaziale nella quale si trova il corpo. La vista permette di valutare la posizione del corpo rispetto all’am-

biente circostante e la direzione del movimento. Un particolare riflesso, il riflesso vestibolo-oculo-motorio (VOR) fa sì che gli occhi si muovano siner-

gicamente ai movimenti del capo, rendendono possibile fissare un oggetto mentre il capo, o tutto il corpo, si muove. Il sistema nervoso centrale (cer-

vello e midollo spinale) processa tutte le informazioni che provengono dalla periferia e coordina i movimenti sia automatici di riflesso che volontari.

II ssiinnttoommii ddeellllaa vveerrttiiggiinnee ccoommppaaiioonnoo qquuaannddoo iill ssiisstteemmaa nneerrvvoossoo cceennttrraallee rriicceevvee iinnffoorrmmaazziioonnii ccoonnfflliittttuuaallii ddaaggllii aallttrrii ssiisstteemmii,, ssiiaa iinn ssiittuuaazziioonnii nnoorrmmaallii ((aadd

eess.. ssuu uunnaa bbaarrccaa)),, ssiiaa iinn ccoorrssoo ddii mmaallaattttiiaa..

Figura 2. Strutture sensoriali del labirinto vestibolare.

Sezione di rocca petrosa dell’osso temporale, che mostra canali semicircolari, gangli, creste ampollari del labirinto vestibolare, con il percorso dei segnali convogliati al cervello attra-

verso le fibre del nervo vestibolare, per il controllo dell’equilibrio statico e dinamico.

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Latenza virale e reversibilità del deficit vestibolareAnche se nella maggior parte dei casi il decorso della neuronite onevrite vestibolare (NV) appare favorevole, con la scomparsa deisintomi in pochi giorni, il 20-30% dei soggetti colpiti può presenta-re una o più recidive, realizzandosi quindi un quadro di vertiginericorrente. Se i multipli episodi interessano entrambi i nervi e/o ilabirinti si può addirittura verificare una evoluzione verso una labi-rintopatia periferica bilaterale definita “bilateral sequential vestibu-lar paresis” caratterizzata da marcata instabilità e oscillopsia,come originalmente descritta da Schucknecht. In questi casi è possibile ipotizzare la presenza di virus neuro-tropi (virus erpetici simplex e varicella-zoster) nel ganglio vesti-bolare del soggetto con NV che, dopo il loro ingresso nelle strut-

ture neurali, possono rimanere latenti nelle cellule gangliari eriattivarsi per fattori diversi (quali stress, malattie intercorrenti,etc.) (Figura 3). D’altro canto il carattere infiammatorio dellalesione neurale può essere confermato clinicamente dalla rever-sibilità del deficit e anche dall’aumento della captazione del mdcalla RMN, anch’esso reversibile, come riscontrato in pazientiaffetti da NV. Recentemente sono stati documentati gli aspetti istopatologici del-l’osso temporale di soggetti affetti da NV: sono stati riscontratinumerosi aspetti degenerativi compatibili con l’azione lesiva di ele-menti virali. Le stesse alterazioni sono state riscontrate in sogget-ti con VPP e con Malattia di Menière (MM), dove l’eziologia viraleè stata ampiamente presa in considerazione.

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DISFUNZIONE VESTIBOLARE: NUOVE CHIAVI DI LETTURA E ORIENTAMENTI DELLA TERAPIA

Figura 3. Pathways neurali di riattivazione virale.

AA.. Gli assoni trasportano proteine mediante microtubuli e neurofilamenti in direzione sia anterograda (dal corpo cellulare alle terminazioni assoniche) sia retrograda (dalle termi-

nazioni assoniche al corpo cellulare). BB.. Diagramma della struttura del corpo cellulare neuronale, con organelli citoplasmatici. CC.. Modello schematico del meccanismo di riattiva-

zione virale e degenerazione neurale.

AA

BB CC

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Prende corpo pertanto l’ipotesi che in queste patologie si possaverificare una primitiva infezione virale dei neuroni del gangliovestibolare. Il virus può ridurre la sua capacità patogena fino a divenire laten-te, per potersi successivamente riattivare a seguito di particolaricondizioni. La riattivazione del virus potrebbe danneggiare lemembrane delle cellule gangliari, da cui deriva una perdita di ioniche potrebbe alterarne la normale eccitabilità. Il ripetersi di questiepisodi può infine provocare la morte cellulare. Le conseguenze dell’infezione virale possono essere variabili aseconda di: 1) entità della carica virale; 2) tipo di virus; 3) ceppovirale; 4) resistenza dell’ospite; 5) localizzazione del virus dentro ilganglio; 6) numero di cellule colpite.In particolare, la riattivazione del virus potrebbe comportare unsuo trasferimento lungo le appendici assonali in senso antero-grado (verso il SNC) o retrogrado (verso i rami periferici delnervo fino in prossimità degli organi di senso) (vedi Figura 3). Iltipo di trasporto dipende dal ceppo virale, specialmente se si trat-ta del virus dell’Herpes simplex, e determina diversi tipi diespressione clinica della NV. Alla luce di queste recentissimeosservazioni, appare possibile che alcune forme di vertiginericorrente siano legate ad una NV. Da qui l’indicazione a esegui-re valutazioni virologiche per la conferma clinica con le ovviericadute sul piano terapeutico. Si potrebbe inoltre ipotizzare che anche altri quadri clinici di vertiginericorrente come la VPP o la MM possano essere espressione di unaneuroganglionite da virus neurotropi. Spesso la VPP compare in stret-ta concomitanza con fenomeni virali delle prime vie aeree e assumetalora carattere epidemico nel corso di pandemie influenzali. In effetti, indipendentemente dal concetto di “canalitiasi”, una VPPricorrente potrebbe essere la conseguenza di una forma selettiva diinfezione virale del nervo vestibolare inferiore (in effetti questo nervodecorre piuttosto lontano dal superiore e spesso è diviso in duebranche con due diversi pool neuronali, giustificando così la pre-senza della VPP dopo NV), da cui deriva una ipereccitabilità e fati-cabilità delle cellule gangliari danneggiate nella loro capacità dimantenere un adeguato bilancio ionico (in particolare per alterazio-ne dei canali del calcio). Allo stesso modo, la MM potrebbe esserela conseguenza di una infezione del nervo vestibolare superiore coninteressamento delle strutture cocleari per una evoluzione in sensoretrogrado del virus, in modo da indurre rilascio di proteine o acidinucleici virali nel compartimento perilinfatico, che giustificherebbe lapresenza dei tipici sintomi cocleari di questa malattia.

’evoluzione del concetto di DVIIl Deficit Vestibolare Improvviso (DVI) è stato studiato da più di unsecolo da diversi autori che si sono dedicati all’interpretazione deisegni clinici, all’evoluzione della sintomatologia ma soprattutto allaeziopatogenesi, anche grazie allo sviluppo delle metodiche di stu-dio dei dati e dei reperti anatomopatologici.Il viaggio del ricercatore nello studio dell’evoluzione storica dell’ezio-patogenesi del DVI deve prendere il via dal Centro Europa e preci-samente dalla vecchia Austria dove, accanto al fermento culturale

imposto dagli studi di Barany in ambito otoneurologico, si evidenzia illavoro di un altro otoneurologo, Erich Ruttin (1880-1940) che, menofamoso del suo connazionale, osserva e descrive il fenomeno chepoi tutti definiranno come “deficit vestibolare improvviso”.1909. Ruttin pubblicò nel 1909 la prima descrizione clinica del DVI,caratterizzato dalla perdita subitanea unilaterale della funzionevestibolare senza coinvolgimento e\o perdita di quella uditiva ecomparsa in un soggetto in buona salute (1).1924. Quindici anni dopo Nylen descrisse un identico caso clinico;seguirono dunque numerose altre segnalazioni cliniche, stavolta diampie casistiche di pazienti affetti dallo stesso disturbo (2).Per DVI si intende fondamentalmente un disturbo del sistemavestibolare caratterizzato dalla comparsa di segni statici e dinami-ci, senza associazione con sintomi della sfera uditiva e senzaalcun coinvolgimento di altre parti del SNC (Figura 4).Bisogna comunque ammettere che ancora oggi esistono dellediscordanze sulla possibilità di porre diagnosi di DVI nel caso di epi-sodi ricorrenti di vertigine con le medesime caratteristiche cliniche.Il ricercatore deve a questo punto valutare e registrare uno stopimprovviso nella definizione del DVI e delle sue caratteristiche cli-niche e soprattutto eziopatogenetiche. Si deve “saltare” dall’altraparte dell’Oceano e finire negli Stati Uniti. 1952. Siamo arrivati alla metà del secolo scorso e nei primi anni’50 iniziano le ricerche e i lavori di Hallpike (3); più tardi Dix &Hallpike (4) definirono meglio la sintomatologia della sindrome einclusero nella loro pubblicazione 100 casi con paresi canalare (47dei quali presentavano un quadro bilaterale) e i restanti 53 con unquadro di paresi canalare improvvisa monolaterale.

L

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Manzari – DVI: il modello patogenetico virale

Figura 4. Segni e sintomi in corso di Deficit Vestibolare Improvviso.

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1956. Il primo concetto di eziopatonegesi viene espresso da duericercatori statunitensi, Lindsay e Hemenway che nel 1956 defini-scono e ipotizzano una causa vascolare, supportando le loroosservazioni con valutazioni anatomopatologiche (Figura 5).1962. Harrison studiò 67 pazienti conformi alla descrizione di Dix eHallpike e trovò che in 29 di loro gli attacchi di vertigine si ripetevanoper un periodo prolungato fino a sette anni (5). Una restrizione dei cri-teri diagnostici della sindrome limitato ad un singolo severo attaccodi vertigine con seguente permanente deficit unilaterale alle rispostecaloriche era stata invece preferita da Aschan & Stahle (6).1981. Lo studio delle rocche petrose e l’osservazione anatomopatolo-gica delle stesse inizia alla fine degli anni ’60 e raggiunge il culmine neiprestigiosi studi di Harold F. Schuknecht alla Harward Medical School

di Boston. Nei primi cinqueanni degli anni ’80 la HarwardUniversity rappresenta unafucina interminabile di lavori,che iniziano con il classico“Vestibular Neuritis” diSchuknecht & Kitamura (7). Inquesto mirabile e geniale lavo-ro, i due ricercatori americanivalutano 19 rocche petrose disoggetti che in vita avevanoavuto un DVI diagnosticato. Illoro lavoro è uniformementeindirizzato verso un’ipotesivirale, confermata proprio dalleosservazioni anatomopatologi-che. I due ricercatori americanitrovano lo spazio anche perconfutare l’ipotesi vascolare diLindsay-Hemenway. Il casodescritto con il numero 19(vedi Figura 5) viene presenta-to e riproposto per definire l’er-rore dei connazionali.Schucknecht commenta così:“...Loro hanno attribuito il disor-dine all’occlusione del vasoche irrora il labirinto, ma nonfanno menzione dell’aspettoistologico delle arterie…”.

Dunque manca la descrizione delle strutture vascolari nel lavoro diLindsay & Hemenway; diviene a questo punto fortissima la con-vinzione dei ricercatori che l’ipotesi virale sia l’unica da perseguireper spiegare il DVI. Dagli anni ’90 ad oggi. Per cercare di definire i criteri eziopatoge-netici del DVI, negli ultimi quindici anni si sono moltiplicati studi alivello internazionale attraverso l’analisi e lo studio dei reperti anato-mopatologici e l’analisi dei segni clinici, usando l’analisi 3D del VORe approfondendo lo studio del reperto anatomico. In particolare,grande merito si deve al contributo di due grandi scuole americane:la scuola dei Gacek alla University of South Alabama di Mobile, equella di G. Gianoli alla Tulane University di New Orleans.

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DISFUNZIONE VESTIBOLARE: NUOVE CHIAVI DI LETTURA E ORIENTAMENTI DELLA TERAPIA

Figura 5. Il caso di vertigine improvvisa severa e prolungata descritto da Lindsay & Hemenway nel lavoro del 1956.

Gli autori documentarono le loro conclusioni con reperti istopatologici di atrofia della porzione superiore del nervo vestibolare e

connessi organi sensoriali (macula utricolare e creste del canale superiore e laterale). Schuknecht & Kitamura riproposero lo stes-

so caso clinico nel 1981, “contestandone” però la presunta eziopatogenesi ischemica, da ostruzione dell’arteria vestibolare ante-

riore, a causa della mancata documentazione istologica delle arterie.

Il DVI è fondamentalmente la seconda causa di vertigine, nelle varie casistiche. Sebbene in molti casi l’eziologia non sia maistata provata, si ritiene che essa sia dovuta ad una infezione virale (7). Il sintomo cardine è una vertigine a esordio improvviso, severa, rotatoria prolungata, associata a fenomeni neurovegeta-tivi quali nausea, imbalance posturale e nistagmo spontaneo.

ziologia del DVIL’eziologia certa al momento è sconosciuta, ma la teoria principa-le e tutti gli indizi portano ad un processo infiammatorio con gene-

si virale di cui l’Herpes simplex virus (HSV)-1 (vedi Figura 1) sem-bra l’agente più comunemente chiamato in causa (4-8).L’istopatologia delle ossa temporali provenienti da pazienti con pregressa NV ha rivelato diversi gradi di degenerazione

E

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delle fibre nervose periferiche e del neuroepitelio. Comunque,il pattern degenerativo è stato principalmente limitato alla por-zione superiore del nervo vestibolare che innerva i CS lateralee superiore e l’utricolo (7-9) (Figura 6).L’ipotesi di un coivolgimento parziale del nervo vestibolare nel DVIè supportato dall’analisi istopatologica delle ossa del temporale diSchuknecht & Kitamura (1981) e anche dai reperti istopatologici diun caso di Herpes zoster oticus (10). In quest’ultimo caso gli orga-ni otolitici e il CSP rimangono intatti.Le cellule bipolari gangliari afferenti del nervo vestibolare (gan-glio di Scarpa) sono organizzate in due masse cellulari in unacolonna verticale nel condotto uditivo interno; il gruppo superio-re forma la divisione superiore del nervo vestibolare e l’inferioreforma la divisione inferiore (11,12). La divisione superiore inner-va le cupole dei CS superiore e laterale, la macula dell’utricolo ela porzione antero-superiore della macula sacculare. La divisio-ne inferiore innerva la cupola del CSP e la porzione principaledella macula del sacculo.Dunque l’infezione virale è stata a lungo considerata la probabilecausa del DVI. A supporto di tale tesi concorrono fattori di rischioepidemiologici, elevati valori di titolo anticorpale (HSV-1) siericiche sono stati rinvenuti in gruppi di pazienti affetti da NV.Di contro, dobbiamo considerare la possibile eziologia vascolaredel danno vestibolare improvviso attraverso la comprensione e la

focalizzazione della vascolarizzazione del labirinto (13). L’arteriavestibolare anteriore, una branca dell’arteria labirintica, vascola-rizza l’utricolo, le ampolle del CS anteriore e superiore e una pic-cola porzione del sacculo. L’arteria vestibolare posteriore, unramo dell’arteria cocleare comune, vascolarizza la porzione infe-riore del sacculo e l’ampolla del CSP. Dal momento che un even-to ischemico coinvolge solo l’arteria vestibolare anteriore,potrebbe produrre lo stesso pattern del coinvolgimento neuroge-no in corso di lesione virale della porzione superiore del nervovestibolare. Tuttavia, la degenerazione ischemica della maculautricolare potrebbe rilasciare detriti otolitici nel CSP, che potreb-be spiegare l’elevata incidenza del nistagmo posizionale paros-sistico benigno (14).Fetter & Dichgans (15) in sostanza concludono che i dati attual-mente in possesso della comunità scientifica non permettono diattribuire l’eziologia del danno vestibolare in corso di NV a unmovente di tipo vascolare. Gli stessi autori, però, suggerisconoche la divisione superiore del nervo vestibolare è molto più suscet-tibile agli insulti rispetto alla porzione inferiore.Goebel et al. (16) di recente hanno riportato uno studio prelimina-re sull’osso temporale che dimostra le condizioni anatomiche deicanali vestibolari forse predisponenti la divisione superiore adessere più suscettibile all’insulto da intrappolamento e ischemia,che potrebbe essere il risultato di una nevrite virale vestibolare.

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Manzari – DVI: il modello patogenetico virale

Figura 6. Rapporti tra gangli e innervazione delle strutture labirintiche.

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Dal momento che l’eziologia della NV è ancora sconosciuta, è evi-denza preponderante che la causa del DIV sia un processo infiam-matorio virale, e che l’HSV-1 sia l’organismo maggiormente coin-volto nel processo patogenetico. HSV-1 è ubiquitario. L’evidenzasierologica dell’esposizione primaria da HSV-1 può essere rinve-nuto in più dell’80% della popolazione adulta ed è stata identifica-ta nel ganglio di Scarpa nel 60% dell’osso temporale mediantereazione della catena polimerasica (17-19).Dopo l’infezione primaria, HSV-1 si localizza nelle terminazioninervose in modo silente in uno stato latente lungo i gangli nervosi(vedi Figura 3).

atogenesi del DVILa riattivazione HSV-1 può determinare un coinvolgimento focaledi un singolo nervo. Altri virus neurotropi possono produrre riatti-vazioni simili. È accettato da molti Autori che la riattivazione di unvirus neurotropo sia il momento eziopatogenetico di una NV.

Tuttavia la riattivazione da sola non è sufficiente a spiegare ildanno preferenziale della porzione vestibolare superiore rispetto aquella inferiore. Arbusow et al. studiarono l’evidenza dell’infezione da HSV-1 tantonel ganglio di Scarpa che nel ganglio genicolato e trovarono distri-buzione degli elementi virali in entrambi i gangli. Loro invocaronouna teoria di una duplice innervazione del CSP. Gianoli et al. invece, più recentemente, ritengono che le differen-ze anatomiche dei canali ossei dei nn. vestibolari possano facil-mente spiegare la suscettibilità per la degenerazione della divisio-ne superiore. Il nervo vestibolare superiore, infatti, viaggia attra-verso un canale osseo (Figura 7) che è sette volte più lungo rispet-to all’inferiore e tre volte più lungo rispetto al canale del nervo sin-golo. A maggior ragione, il canale superiore ha una percentualeinfinitamente più grande di trabecole ossee che lo attraversanorispetto agli altri due. Se, come si ritiene, la NV è un processoinfiammatorio virale, il nervo vestibolare superiore dovrebbe esse-re più suscettibile all’intrappolamento e alla ischemia che conse-gue all’insulto virale, proprio a causa di queste differenze anato-miche. Tuttavia, ganglioniti ricorrenti possono spiegare gli attacchiricorrenti di nevrite ma ancora non possono spiegare la preserva-zione selettiva della funzione del CSP vista nel DVI. ccanto alle spiegazioni anatomiche, la patogenesi del DVI puòessere spiegata anche dal punto di vista ultrastrutturale. Baloh(21) dallo studio di reperti istopatologici di pazienti affetti in vita daDVI desume che gli indizi per una infezione virale sono molto con-sistenti. I virus neurotropi sembrano essere molto selettivi per unasottopopolazione neuronale. Infatti, sostiene il ricercatore ameri-cano, l’atrofia di singoli neuroni intervallati con neuroni di normalemorfologia e struttura non è compatibile con una causa vascolare.Le inclusioni virali erano assenti al microscopio elettronico e allecolorazioni immunoistochimiche per specifici agenti virali, ma que-sto non esclude a priori l’implicazione virale nel DVI. Le variazionirinvenute nelle terminazioni nervose vestibolari sono probabilmen-te causate da denervazione.

Favre & Sans (23) dimostrarono simili variazioni nell’epitelio senso-riale della cresta ampollare e della macula utricolare nell’animale dilaboratorio dopo denervazione. Dopo due settimane di denervazio-ne dell’orecchio interno, questi ricercatori notarono che le “haircells” e le cellule di sostegno al centro della cresta ampollare e dellamacula utricolare cominciano a formare una palizzata e alcune diqueste mostrano stimmate simili a quelle cellule che vengonoa prendere contatto con le fibre afferenti proprio come avvienedurante l’ontogenesi. Dopo due mesi di denervazione, l’epitelio sen-soriale è sottile e le poche “hair cells” rimanenti sono ultrastruttural-mente immature; la maggioranza delle cellule sembrano esseresimili alle cellule di sostegno. Queste ultime nel lavoro di Baloh e inquello di Favre & Sans mantengono il fenotipo delle cellule vestibo-lari. Al contrario, il numero e la misura dei neuroni nei nuclei vesti-bolari di entrambi i lati rimangono quantitativamente gli stessi, anchese c’è un decremento nella densità di sinaptofisina nel lato leso.Stesso reperto lo trovano Gacek et al. (24). Lacour et al. (25) postu-larono che il ritorno della simmetria funzionale nel nucleo vestibola-re mediale risulta dalla “reoccupazione sinaptica” sul lato leso piut-tosto che da “sprouting” di nuove sinapsi o da modificazioni nellesinapsi rimanenti. Ancora sulla base dei reperti di Gacek et al., un’al-tra possibile spiegazione è una graduale perdita di sinapsi nel latocontrolaterale alla sinapsi. Tuttavia, l’asimmetria della produzioni disinaptofisina rappresenta per Baloh la caratteristica fondamentaledella risposta alla deafferentazione cronica, in attesa di ulteriori cor-relazioni clinico-patogenetiche. Gacek & Gacek a tal proposito hanno proposto un modello pato-genetico (Figura 8) di degenerazione delle cellule nervose nellaporzione meatale del ganglio e nella porzione vestibolare, che puòessere senz’altro divisa in tre fasi, coincidenti con l’evoluzione dell’infezione da HSV-1.

P

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DISFUNZIONE VESTIBOLARE: NUOVE CHIAVI DI LETTURA E ORIENTAMENTI DELLA TERAPIA

Figura 7. RX del canale osseo per il nervo vestibolare superiore.

SSuuppeerriioorr VVeessttiibbuullaarr

CChhaannnneell

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La prima di queste fasi è rappresentata da un momento di prolife-razione attiva della ganglionite erpetica, che è stata descritta nelcriceto (25). Dopo circa 20-24 ore le particelle virali attive vengo-no rinvenute nelle cellule nervose. In 5-6 giorni queste ultime ven-gono “circondate” dalle cellule satelliti (SCs), da macrofagi e linfo-citi. A tal proposito, un’immunofluorescenza virus-specifica è statarinvenuta tanto nei neuroni quanto nelle cellule di sostegno. Insesta giornata, le cellule nervose sono vacuolate e circondate da“nidi” di “round cells”. La risposta infiammatoria gradualmentediminuisce in circa 4 settimane.Il ganglio vestibolare inferiore nell’osso temporale di una donna di75 anni dimostra la transizione delle cellule nervose che vengonodapprima “circondate” e quindi sostituite dalle cellule satelliti allequali si unisce materiale collagene (Figura 9).La sostituzione concentrica delle cellule nervose con materialecollagene viene rinvenuta tanto nelle strutture nervose del ganglioquanto proprio nelle fibre nervose meatali. Infine c’è da rilevare unaltro fenomeno, ovvero che le SCs supportano metabolicamentein tutte le fasi dell’infiammazione le cellule nervose. Questa ipote-si Gacek & Gacek la supportano osservando la diminuzione delcontenuto in acido nucleico delle SCs e con il contemporaneoaumento rilevato nelle cellule nervose. D’altronde è vecchia nozio-ne (27) quella che le SCs proliferano in risposta alle aumentaterichieste metaboliche e all’aumento dell’attività sinaptica.Il ruolo delle SCs in corso di infezione da virus neurotropo rappre-senta una modalità di risposta all’incremento dell’attività neurale,d’altro canto rappresenta altresì la necessità di limitare la diffusio-ne del virione alle cellule nervose viciniori.Si deve poi considerare un altro tipo di informazione che si ottienedagli studi di istopatologia. Dopo che è avvenuto l’assorbimentodel virus neurotropo, si verificherà un’infezione latente in un tipo dicellule nervose, mentre in altre cellule si determina la vera e pro-pria infezione attiva.Quindi se il virus assume uno stato latente, dopo aver infettatole cellule nervose, esso può essere riattivato in qualche altra

occasione da un qualunque evento stressante. A tal proposito,basti ricordare il ruolo dell’epinefrina (28) nella riattivazionedell’HSV latente. La latenza in effetti sta a significare che ilgenoma virale è mantenuto in uno stato subvitale tanto nelle cel-lule nervose quanto nelle SCs. La riattivazione sta a significareche avviene una replicazione del virus e dei suoi acidi nucleici.Quando il virus neurotropo è riattivato, “viaggia” grazie al tra-sporto assonale all’interno della cellula (vedi Figura 8). Se il tra-sporto è anterogrado, il virus è trasportato verso il sistema ner-voso centrale; il trasporto retrogrado, invece, spingerà il virusverso la periferia.Il flusso intrassonico è dipendente anche dal ceppo virale, comeparticolarmente dimostrato nel caso dell’HSV (29-30). Si è vistoinfatti che il ceppo H-129 dell’HSV-1 è trasportato preferenzial-mente in direzione anterograda, laddove il ceppo virale della stes-sa famiglia HSV-1, ovvero il McIntyre B preferisce una direzione diflusso retrograda, ovvero verso la periferia (29-31).

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Manzari – DVI: il modello patogenetico virale

Figura 8. Modello patogenetico di degenerazione delle cellule nervose,nella porzione meatale del ganglio e nella porzione vestibolare, in baseall’evoluzione di una infezione da HSV-1.

Figura 9. Quadro istopatologico di osso temporale di una paziente con neuronite vestibolare.

AA.. Nella porzione meatale del ganglio si notano cellule degenerate (frecce) e altre

circondate da cellule satellite piccole e scure (originale x 450).

BB.. Nel nervo vestibolare sono presenti fasci di assoni degenerati (frecce; originale

x 64). VG = ganglio vestibolare.

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Questa direzionalità di flusso determina i diversi gradi dell’espres-sione clinica del DVI su base virale. Il meccanismo per il quale l’at-tività vestibolare neuronale è alterato e produce come espressio-ne sintomatologica la vertigine non è ancora conosciuto. A tal proposito, si è cercato attraverso la correlazione sintomo-isto-patologia di definire che cosa possa accadere ai sintomi statici edinamici in corso di DVI.Sembra che nelle prime fasi del DVI la minima degenerazione neu-rale non possa essere sufficiente a produrre l’asimmetrica rispostacalorica. La mancata evidenziazione dell’antigene virale nel DVI nonè argomento tale da poter essere sufficientemente utile per negarela genesi virale, dal momento che gli acidi nucleici virali, come detto,appaiono responsabili dell’evento lesionale (32).

resentazione clinica del DVIQueste osservazioni sono state raccolte e desunte da un’ampiarevisione della letteratura internazionale, a supporto del punto divista che il DVI sia in realtà espressione clinica della ganglionitevestibolare, probabilmente determinata dal ceppo virale alpha-Herpes virinae. Molti fattori come visto entrano in giuoco nel deter-minismo dell’evento lesivo: 1) la carica virale, 2) il ceppo virale, 3)la localizzazione e il numero di cellule danneggiate dall’attaccovirale, 4) la resistenza dell’ospite.La correlazione del deficit clinico e funzionale, con le modificazio-ni istopatologiche, possono essere utilizzate per la classificazionedei disordini vestibolari e nella fattispecie proprio il DVI, determi-nato dalla ganglionite vestibolare. La Tabella 1, modificata da Gacek & Gacek (8), rappresenta unbuon orientamento per sintetizzare le possibili manifestazioni clini-che in base alla topografia della lesione e alle caratteristiche pato-genetiche della stessa. Sono riassunte, in accordo con gli autoristatunitensi, le sindromi da DVI con o senza perdita uditiva, tuttele possibili modalità di presentazione del DVI. I possibili sottotipisindromici sono dipendenti dalle localizzazioni e dal numero dellecellule nervose affette nel ganglio vestibolare.

Da ultimo va ricordato che la perdita improvvisa della funzionevestibolare determina una asimmetria statica e dinamica del siste-ma vestibolare. Dal punto di vista clinico, quest’ultimo aspetto può aiutarci a spie-gare la comparsa dei segni statici: nistagmo spontaneo.L’asimmetria funzionale tra i due vestiboli, che risulta dopo l’insul-to lesivo, determina la comparsa di nistagmo spontaneo; una dif-ferenza tra le frequenze di scarica dei due emisistemi, infatti, vieneinterpretato dal sistema vestibolare centrale come un segnale chela testa non sia ferma ma stia ruotando. Di conseguenza, il VORproduce una fase lenta verso il lato leso, che viene rapidamentesostituita da una fase rapida diretta verso l’orecchio “buono”. Lastimolazione elettrica delle singole innervazioni dei canali semicir-colari nell’animale induce dei movimenti oculari che sono appros-sivamente corrispondenti al piano del canale stimolato (33,34).La stimolazione di più canali produce movimenti oculari cheapprossimativamente vanno a localizzarsi in un determinato pianodefinito dalla sommazione lineare dei vettori dei singoli canali sti-molati. Questo suggerisce il concetto della sommazione vettorialedell’informazione sensoriale che origina dai 6 canali semicircolari.In base a ciò, Fetter et al. hanno ipotizzato che l’asse di rotazioneangolare del nistagmo spontaneo dovrebbe riflettere l’addizionevettoriale dei rimanenti canali intatti.Le asimmetrie dinamiche, invece, si riflettono sempre sull’orga-nizzazione del sistema vestibolare. Come sappiamo, questo èorganizzato bilateralmente con i due emisistemi che funzionanoinibendosi reciprocamente, secondo un consolidato meccani-smo “push-pull”. Ma nonostante questo tipo di organizzazione,la perdita della funzione di uno o più canali produrrà un VORdeficitario.

erapia medicaNaturalmente, la soluzione migliore sarebbe quella di trattare lapatologia di base, ma poiché la fisiopatologia è supposta ma fon-damentalmente ancora incerta e non esiste alcun trattamento sta-bilito, la terapia sintomatica è quella tipicamente utilizzata. Le principali classi di farmaci utilizzati per i sintomi di vertigine acutacomprendono gli antistaminici, i farmaci anticolinergici, gli agentiantidopaminergici, gli agenti GABAergici. Questi farmaci non elimi-nano, ma piuttosto riducono la gravità dei sintomi vertiginosi. Sonoefficaci nella maggior parte dei pazienti con neurite vestibolare, maci sono stati pochi studi controllati a confronto in termini di efficacia.Due recenti studi clinici randomizzati, un confronto dimenidrinato pervia endovenosa (50 mg) con lorazepam (2 mg) (35) e l’altro che con-fronta dimenidrinato (50 mg) per via intramuscolare con droperidolo(2,5 mg) (36) per il trattamento della vertigine acuta periferica neipazienti nel reparto di emergenza, ha rilevato che il dimenidrinato èrisultato più efficace lorazepam e che dimenidrinato e droperidolosono stati ugualmente efficaci. Durante la fase acuta, a causa dellaforte nausea e una diminuzione della motilità gastrica, per via intra-muscolare o endovenosa è generalmente preferibile. La risposta èchiaramente dose-dipendente, quindi se la dose iniziale non è effi-cace, devono essere provate dosi più alte.

T

P

22 Otoneurologia 2000 Dicembre 09 n. 30

DISFUNZIONE VESTIBOLARE: NUOVE CHIAVI DI LETTURA E ORIENTAMENTI DELLA TERAPIA

NERVO

VESTIBOLARE (n)

NERVO

FACCIALE

NERVO

TRIGEMINO

MM + VPPB (13) 0 4

NV + VPPB (14) 0 3

VPPB (9) 0 9

IFP + NV (2) 2 0

IFP + VPPB (2) 2 0

IFP + MM (1) 1 0

MM (2) 0 0

VPPB (2) 0 0

MM = malattia di Menière; VPPB = vertigine parossistica posizionale benigna;

NV = nevrite vestibolare; IFP = paralisi facciale idiopatica

TABELLA 1 – Possibili modalità di presentazione del DVI nella lettera-tura Usa (mod. da Gacek & Gacek 2002).

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Questi farmaci, sebbene non sia chiaro l’esatto meccanismo d’azione,agiscono a livello dei neurotrasmettitori coinvolti nella propagazionedegli impulsi primari a quelli secondari che originano a livello dei neu-roni vestibolari e nel mantenimento del tono nei nuclei vestibolari. Essiagiscono anche sulle zone del sistema nervoso che controllano il cen-tro del vomito, compresi sia i componenti centrali del vago descrittocome il “centro emetico” e componenti periferici a livello del trattogastrointestinale. Tutti i farmaci possono avere effetto sedativo; perciònon devono essere utilizzati quando i pazienti sono impegnati in atti-vità che richiedono un elevato livello di vigilanza, come guidare mac-chinari, o partecipare alle attività sportive. Farmaci con ridotto effettosedativo, come meclizine orale e scopolamina transdermica sono utiliper lievi vertigini e per la prevenzione delle cinetosi. A causa di molte-plici effetti di ciascuno di questi farmaci, possibili interazioni con altrifarmaci devono sempre essere considerato prima dell’uso.Il recupero da una lesione vestibolare periferica risulta comunque dauna combinazione di ripristino della funzione labirintica periferica(che di solito è incompleta in caso di neurite vestibolare) (37) e diquella centrale tipicamente responsabile dello squilibrio del tonovestibolare. In altre parole, i pazienti in genere stanno meglio anchese hanno una perdita permanente unilaterale della funzione vesti-bolare. Il recupero da neurite vestibolare richiede solitamente alcu-ne settimane, anche se i periodi più lunghi di recupero non sonoinfrequenti. È opinione comune tra i medici che la compensazionevestibolare avvenga più rapidamente e sia più completa se ilpaziente inizia a muoversi il più presto possibile dopo il verificarsi diun lesione vestibolare. L’obiettivo degli esercizi vestibolari è quellodi accelerare il processo di compensazione vestibolare e migliorareil livello finale di recupero. Studi controllati in animali ed esseri umaniindicano che l’esercizio può accelerare il recupero del saldo dopouna lesione vestibolare periferica, ma mancano i dati per quantoriguarda il livello finale di recupero. Negli animali, il recupero sem-bra essere accelerato da sostanze stimolanti (ad esempio, anfeta-mine) e rallentata da farmaci sedativi (ad esempio, diazepam).

Aree terapeutiche non certe Il miglior trattamento per un paziente che si presenti all’osservazionedello specialista con un episodio acuto di perdita vestibolare perife-rico è controverso, perché la fisiopatologia come è stato descritto edetto è spesso incerta. Supponendo che la neurite vestibolare sia ilrisultato di una infiammazione virale o post-virale del nervo vestibo-lare, è stato proposto un trattamento che miri a fermare l’infiamma-zione. La combinazione di corticosteroidi e di un agente antiviralecome l’aciclovir che è stato segnalato per essere efficace nel tratta-mento della paralisi del VII paio di cranici altrimenti detto NervoFacciale, anche conosciuta come la paralisi di Bell, infezione da her-pes zoster che coinvolge sia il VII che l’VIII paio di nervi cranici (38).Ci sono dati limitati a sostenere tali strategie per il trattamento della

neurite vestibolare. In un piccolo studio controllato (39), i corticoste-roidi sono stati più efficace del placebo nel trattamento dei sintomiacuti della neurite vestibolare. Inoltre, in uno studio randomizzato indoppio cieco (40), il confronto tra corticosteroidi più placebo con cor-ticosteroidi più aciclovir per il trattamento della perdita idiopatica neu-rosensoriale improvvisa dell’udito (un disturbo concettualmente equi-valente alla neurite vestibolare) non ha evidenziato differenze signifi-cative nei due gruppi a un anno di follow-up.Un problema evidente con gli studi che hanno cercato di valutarei trattamenti per la neurite vestibolare è che non esistono benaccertati criteri diagnostici per il disturbo. Arruolando qualsiasisoggetto con attacchi isolati di vertigine, questi studi possonoincludere una serie di condizioni diverse. Come Furstenberg e col-leghi osservavano nel 1934: “La tendenza a creare un’entità dimalattia dal raggruppamento di un certo numero di casi che hannoun sintomo in comune è una delle tentazioni della pratica medica.La vertigine si presta mirabilmente a questa cattiva pratica” (41).In conclusione, si potrebbe iniziare con 25 mg di prometazina per viaintramuscolare, che di solito è efficace per reprimere le vertigini ed ilvomito. Se il vomito persiste, si potrebbero aggiungere 10 mg di pro-clorperazina per via intramuscolare. Una volta placato il vomito, pos-sono essere utilizzati meno farmaci sedativi piuttosto antivertiginosiper via orale 50 mg di dimenidrinato, ma solo per pochi giorni, finoalla cessazione della fase acuta della crisi vertiginosa. Comune-mente usati per via orale i soppressori della funzione vestibolarerichiedono 20 o 30 minuti di azione, che una volta avviata, raggiungeun livello di picco plasmatico in 1 a 2 ore, e hanno una emivita di circa8 ore. Anche se i corticosteroidi e gli agenti antivirali sono state pro-posti per il trattamento della neurite vestibolare, finora non ci sonostati studi definitivi che dimostrano l’efficacia di questi farmaci. Poichéla maggior parte dei pazienti avrà un miglioramento spontaneo e saràin grado di tornare alle normali attività, al momento è utile solo rac-comandare il trattamento sintomatico delle vertigini seguito da unprogramma di ginnastica vestibolare, mentre si è ancora in attesa dirisultati definitivi di più studi clinici. Si può poi sostenere che l’utilizzo di sostanze che riducano la for-mazione di radicali liberi tipicamente prodotti in corso di neuropa-tia herpetica sia raccomandabile a sostegno della terapia.Tra queste sostanze gioca un ruolo fondamentale l’acido alfa-lipoico,che si suppone funzioni come un antiossidante sia nell’acqua che neitessuti adiposi, riuscendo a penetrare in ogni parte dei neuroni, pro-teggendoli da eventuali danni. Limitando i danni ulteriori provocati alnervo dai radicali liberi, lo preserva da una pericolosa degenerazione.Secondariamente, migliorando la velocità della comunicazione nervo-sa, ne ottimizza la funzionalità.L’acido alfa-lipoico esercita infine un’azione normalizzante nei con-fronti della sensibilità nervosa, riducendo in tal modo sia il dolore chela torpidità sensoriale.

23Otoneurologia 2000 Dicembre 09 n. 30

Manzari – DVI: il modello patogenetico virale

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Corrispondenza:Dott. Leonardo Manzari, M.S.A. ENT Academy Center - Via Riccardo da S.Germano, 41 03043 Cassino (FR)e-mail: [email protected]

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DISFUNZIONE VESTIBOLARE: NUOVE CHIAVI DI LETTURA

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DISFUNZIONE VESTIBOLARE: NUOVE CHIAVI DI LETTURA E ORIENTAMENTI DELLA TERAPIA

Il trattamento degli acufeni mediante somministrazioneorale di Melatonina e Sulodexide: esperienza personale

Giampiero Neri1, Alessandro De Stefano2, Carlo Baffa1, Gautham Kulamarva3, Pamela Di Giovanni4,Anna Grazia Petrucci5, Anna Poliandri1, Francesco Dispenza6, Leonardo Citraro2, Adelchi Croce2

1 Dipartimento di Scienze Mediche di Base ed Applicate, Università “G. d’Annunzio”, Chieti-Pescara2 Dipartimento di Scienze Chirurgiche Sperimentali e Cliniche, Divisione ORL, Università “G. d’Annunzio”, Chieti-Pescara3 ENT and Head & Neck Department, Thekkil Complex, Kerala State, India4 Dipartimento di Farmacia, Università “G. d’Annunzio”, Chieti-Pescara5 Scuola di Specializzazione di Igiene e Medicina Preventiva, Università “G. d’Annunzio”, Chieti-Pescara6 Clinica Otorinolaringoiatrica, Università di Palermo

essaggi chiave1. L’acufene è responsabile non solo di discomfort diurno, ma soprattutto di significativo disturbo della qualità del sonno, che induce nel

paziente una condizione di generale affaticamento e scadimento della qualità della vita.

2. Nonostante le numerose ipotesi sull’eziopatogenesi dell’acufene, nessun trattamento può per ora essere considerato dotato di ben docu-

mentata capacità di ridurre l’impatto del disturbo in maniera riproducibile o sul lungo termine.

3. Uno studio prospettico randomizzato condotto presso la Divisione ORL dell’Università di Chieti ha valutato l’effetto sulla percezione sog-

gettiva raggiunto, nel trattamento degli acufeni, associando Melatonina (M), neuro-ormone prodotto dalla ghiandola pineale che regola il

ciclo sonno-veglia e Sulodexide (S) glicosaminoglicano composto per l’80% da eparan-solfato e per il 20% da dermatan-solfato.

4. Un totale di 102 pazienti affetti da acufeni di origine sia centrale che neurosensoriale sono stati inclusi nello studio, con assegnazione

random a tre bracci: gruppo in trattamento con M+S (34 pz); gruppo in monotrattamento con M (34 pz); gruppo di controllo (34 pz) non

sottoposto ad alcun trattamento, allo scopo di verificare la spontanea evoluzione degli acufeni.

5. I risultati migliori sono stati evidenziati nel gruppo di pazienti trattati con M+S, rispetto a quelli in monotrattamento con M. Nessun miglio-

ramento è stato invece evidenziato nel gruppo di controllo.

6. I risultati dello studio – pubblicati su Acta Otorhinolaryngologica Italica 2009 – hanno consentito di dimostrare che Sulodexide può poten-

ziare l’azione della Melatonina nell’acufene, migliorando l’emodinamica del microcircolo dell’orecchio interno.

ntroduzioneL’acufene (o tinnito) è definibile come la percezione da parte di unsoggetto di un suono non proveniente da una sorgente esterna (1).Dati epidemiologici mostrano che il 10-15% della popolazionegenerale è affetto da acufeni, ma soltanto il 2% lo riconosce comeun problema importante, in grado di influenzare profondamente lasensazione soggettiva di benessere e la qualità della vita (QoL) (2). La classificazione tradizionale distingue il disturbo in due categorieprincipali: acufeni soggettivi e oggettivi. Gli acufeni oggettivi rappre-sentano soltanto l’1% dei casi totali Gli acufeni soggettivi sono ulte-riormente suddivisi in: trasmissivi, neurosensoriali e centrali (1).Il modello neurofisiologico, descritto per la prima volta daJastreboff nel 1990 (3), ha individuato nella connessione tra viaacustica e sistema limbico la responsabilità nell’instaurarsi dell’a-cufene, delle risposte emozionali del paziente e delle complicanze

neurovegetative, quali: ansia, depressione e disturbi del sonno,comunemente osservati in questi pazienti (4). Il disturbo della qualità del sonno è una delle conseguenze piùcomuni, che si presenta con una intensità direttamente proporzio-nale alla gravità dell’acufene (5).Per il trattamento dell’acufene di origine centrale e neurosensoria-le sono state proposte molte differenti modalità di approccio, nes-suna delle quali tuttavia ha mostrato apprezzabili risultati positivi intutti i pazienti.Questa difficoltà nell’approccio terapeutico può essere dovuta siaalla differente eziologia dell’acufene sia all’incapacità di misurare lapercezione del disturbo. Parte della difficoltà è anche attribuibilealla mancanza di acquisizioni certe sul meccanismo e sui processifisiologici precisamente coinvolti nell’instaurarsi degli acufeni.Recentemente, vari studi hanno valutato la Melatonina nel trat-tamento dell’acufene (2,6,7). Numerosi articoli erano già stati

I

M

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pubblicati sull’uso della Melatonina nel trattamento di insonnia,depressione, anoressia e jet lag (8). Questo neuro-ormone secretodalla ghiandola pineale durante la notte, che agisce a livello delsistema nervoso centrale modificandone l’attività e influenzando ilritmo circadiano, regola il ciclo sonno-veglia (9). Sulodexide, far-maco antitrombotico per uso orale, è l’altra molecola impiegata nelnostro studio.Sulodexide, glicosaminoglicano composto per l’80% da eparan-solfato e per il 20% da dermatan-solfato, migliora l’emodinamicadel microcircolo ed è generalmente impiegato nei disturbi vascola-ri. Sulodexide è stato incluso nel protocollo del nostro studio, per-ché la sua relativamente alta affinità con le cellule endoteliali puòagire come fattore di protezione o migliorare il microcircolo dell’o-recchio interno. Questo effetto può potenziare l’azione dellaMelatonina nell’acufene.In questo studio prospettico randomizzato controllato abbiamovoluto valutare gli effetti di Melatonina e Sulodexide (MS) per usoorale in combinazione, a confronto con Melatonina (M) per usoorale da sola, sulla percezione dell’acufene nei pazienti affetti dadisturbi di origine neurosensoriale e centrale. Lo studio è statocompletato includendo un gruppo di controllo di pazienti che nonricevevano alcun trattamento.In questo report, la discussione è limitata all’acufene soggettivosecondario a cause neurosensoriali o centrali. Non sono stateincluse altre cause di acufene soggettivo, quali ad esempio: perdi-ta di udito trasmissiva, schwannoma vestibolare e altri tumori del-l’angolo cerebello-pontino (CPA), malattie vascolari sistemiche,malattie psichiatriche.

azienti e MetodiUn totale di 102 pazienti sono stati reclutati per lo studio, daGennaio 2006 a Maggio 2006, presso la nostra Divisione ORLdell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara.Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad esame clinico otologico eai test audiologici, per escludere cause organiche dell’acufene:audiometria tonale (Pure Tone Audiogram, PTA), intellegibilitàdella parola (Speech Discrimination Score, SDS) e potenzialievocati auditivi del tronco (Auditory evoked brainstem respon-ses, ABR).

I pazienti sono stati anche sottoposti a risonanza magnetica e avalutazione Doppler delle arterie carotidi e vertebrali, sulla basedel sospetto clinico e dei risultati degli esami.

Per lo studio sono stati selezionati soltanto pazienti >18 anni, affet-ti da acufeni da almeno un anno e non sofferenti di patologie psi-chiatriche o neurologiche. Sono stati esclusi dallo studio i pazienticon: a) perdita di udito trasmissiva o mista; b) acufene pulsatile; c)malattia di Menière; d) patologia cerebro-vascolare o diabete; e)schwannoma vestibolare o altri tumori dell’angolo cerebello-ponti-no. I criteri di inclusione ed esclusione sono riassunti in tabella 1.In accordo con i citati criteri di inclusione ed esclusione, risultaro-no elegibili per lo studio un totale di 102 pazienti (45 maschi, 57femmine), età media di 54.8 anni (range 29-79).Prima di avviare lo studio, sono stati valutati in tutti i pazienti l’in-dice QoL e la loro percezione soggettiva dell’acufene. A talescopo, sono stati impiegati rispettivamente il Tinnitus HandicapInventory (THI) e l’acufenometria.

Dopo la sottoscrizione del consenso informato, i pazienti sono statirandomizzati in 2 gruppi di studio e 1 gruppo di controllo.1. Il primo gruppo (Gruppo A) comprendente 34 pazienti (24 M,

10 F), età media: 54.1 anni (range 29-79) (Tabella 2), è statotrattato con somministrazione combinata di MS per os, per 80giorni. Durante i primi 40 giorni dello studio clinico, i pazientiricevevano 2 capsule/die di Sulodexide 250 mg (al mattino ealla sera) e 1 capsula di Melatonina 3 mg ogni sera prima diandare a dormire. Dopo 40 giorni, la somministrazione diSulodexide 250 mg è stata ridotta ad 1 capsula/die al mattino(per evitare effetti collaterali indesiderati, quali il dolore epiga-strico), mentre la somministrazione di Melatonina continuavaallo stesso dosaggio per il restante periodo.

2. Il secondo gruppo dello studio (Gruppo B) comprendente 34pazienti (19 M, 15 F), età media: 55.5 anni (range 33-77)(Tabella 3), è stato trattato con la somministrazione soltanto diMelatonina 3 mg per os, al dosaggio di 1 capsula ogni sera,per 80 giorni, prima di andare a dormire.

3. Il gruppo di controllo comprendeva 34 pazienti (14 M, 20 F),età media: 44.2 anni (range 25-68) (Tabella 4), che non hannoricevuto alcun trattamento, allo scopo di verificare la sponta-nea evoluzione della percezione degli acufeni.

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DISFUNZIONE VESTIBOLARE: NUOVE CHIAVI DI LETTURA E ORIENTAMENTI DELLA TERAPIA

CRITERI DI INCLUSIONE CRITERI DI ESCLUSIONE

Età: almeno 18 anni CHL o MHL

Acufeni da almeno 1 anno Malattia di Menière

Assenza di patologie psichiatriche o neurologiche Patologie cerebrovascolari sistemiche o Diabete

Perdita di udito causata da rumore VS o tumori CPA

Danno cocleare e retro-cocleare Acufene pulsatile

Legenda – CHL: perdita di udito trasmissiva (Conductive Hearing Loss); MHL: perdita di udito mista (Mixed Hearing Loss);

VS: Schwannoma vestibolare; CPA: angolo cerebello-pontino.

TABELLA 1 – Criteri di inclusione ed esclusione.

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Al termine del periodo di 40 e di 80 giorni, tutti i pazienti sono statisottoposti a valutazione mediante THI e acufenometria. Entrambi i gruppi (A + B) e il gruppo di controllo sono stati monito-rati con follow-up di 40 giorni dopo il completamento dello studio. Lavalutazione audiologica è stata ripetuta alla fine del follow-upmediante THI, acufenometria, PTA e SDS. Le caratteristiche deisoggetti sono state riassunte con indice di scostamento medio asso-luto e deviazione standard (SD) per variabili continue e con percen-tuali per variabili nelle categorie. Le differenze delle caratteristichedemografiche e cliniche tra i gruppi sono state valutate con il T-testin caso di variabili continue. Un valore p <0.05 è stato consideratostatisticamente significativo. Tutte le analisi statistiche sono stateeffettuate con SPSS version 13 (SPSS Inc., Chicago, IL, USA).

isultatiTutti i 102 pazienti arruolati in questo studio hanno completato l’inte-ro periodo di 80 giorni dello studio.• Nel gruppo A, THI e acufenometria hanno evidenziato un miglio-

ramento al termine del periodo di trattamento. Il THI medio inizialeera 41.1 (SD 21.9) a fronte del THI medio finale di 36.5 (SD 20.8);l’acufenometria media iniziale era 44.1 (SD 20.2) a fronte dell’acu-fenometria media finale di 36.7 (SD 20.5). Le differenze tra questivalori medi erano statisticamente significative. In entrambe le valu-tazioni (THI e acufenometria) è stato osservato un miglioramentoin 27 pazienti (79.4%), mentre 6 pazienti (17.6%) non hanno pre-sentato cambiamenti. Al termine dello studio, la percezione dell’a-cufene è aumentata soltanto in 1 paziente (THI iniziale 62 vs 68finale; acufenometria iniziale 5dB vs 15dB finale).

• Nel Gruppo B, è stato osservato un miglioramento in 20pazienti (58.8%), dopo 40 e 80 giorni con miglioramento nelpunteggio THI: THI medio iniziale 46.3 (SD 19.0) vs 43.8 (SD18.6) medio finale. In questo stesso gruppo, nella acufenome-tria è stato osservato un lieve miglioramento: valore medio ini-ziale 47.3 (SD 21.7) vs 46.6 (SD 22.4) valore medio finale. Ledifferenze tra questi valori medi non erano statisticamentesignificative. Nel Gruppo B, 14 soggetti (41.2%) non hannomostrato alcun cambiamento nella percezione dell’acufenemisurata con THI e acufenometria.

• Nessun miglioramento è stato evidenziato nel gruppo di con-trollo.

I risultati dello studio sono presentati nelle tabelle 2, 3 e 4. Al termine di questo studio (40 giorni dopo la cessazione del trat-tamento), tutti i gruppi dello studio presentavano alla valutazionecon THI e acufenometria dati del tutto invariati o variazioni minime.Non è stato rilevato alcun miglioramento o peggioramento nellaperdita di udito, durante o dopo il trattamento stabilito nel proto-collo. I valori di PTA e SDS sono rimasti immutati alla valutazioneiniziale e finale. Inoltre, non è stato lamentato alcun evento avver-so né durante lo studio né dopo il suo completamento.

iscussioneNonostante i numerosi studi clinici in materia, sinora nessun far-maco è stato approvato dalla Food and Drug Administration per iltrattamento dell’acufene (10). Molte delle attuali opzioni di tratta-mento sono mirate al miglioramento dai sintomi, dal momento chela fisiopatologia dell’acufene centrale e neurosensoriale è in gran

D

R

N. Pz Sesso Età media

(aa)

Media THI Pre MediaTHI

Post

(80 gg.)

Media Acuf

Pre

Media Acuf

Post

(80 gg.)

Follow-up

(120 gg.)

THI/Acuf

34 24 M 10 F 54.1 41.1 36.5 44.1 36.7 36.4/36.7

Legenda – THI: Tinnitus Handicap Inventory; Acuf: acufenometria; Pre: pre-terapia; Post: post-terapia.

27Otoneurologia 2000 Dicembre 09 n. 30

Neri et al – Acufeni: trattamento orale con Melatonina e Sulodexide

TABELLA 2 – Risultati del Gruppo A trattato con Melatonina e Sulodexide in combinazione.

N. Pz Sesso Età media

(aa)

Media THI Pre MediaTHI

Post

(80 gg.)

Media Acuf

Pre

Media Acuf

Post

(80 gg.)

Follow-up

(120 gg.)

THI/Acuf

34 24 M 20 F 55.5 46.3 43.8 47.342 46.6 43.1/46.5

Legenda – THI: Tinnitus Handicap Inventory; Acuf: acufenometria; Pre: pre-terapia; Post: post-terapia.

TABELLA 3 – Risultati del Gruppo A trattato con Melatonina e Sulodexide in combinazione.

N. Pz Sesso Età media

(aa)

Media THI Pre MediaTHI

Post

(80 gg.)

Media Acuf

Pre

Media Acuf

Post

(80 gg.)

Follow-up

(120 gg.)

THI/Acuf

34 14 M 20 F 44.2 40.6 41.1 42 41.1 41/40.2

Legenda – THI: Tinnitus Handicap Inventory; Acuf: acufenometria; Pre: pre-terapia; Post: post-terapia.

TABELLA 4 – Risultati del Gruppo di Controllo.

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parte ancora ignota (10). Come proposto da Eggermont (11) eZenner ed Ernst (12), l’alta incidenza del danno cocleare inpazienti con acufeni suggerisce l’insorgenza prevalente della mag-gior parte degli acufeni in questo organo. Secondo alcuni report,la perdita di udito neurosensoriale induce una riorganizzazionedella via acustica del sistema uditivo centrale (13,15). Questi cam-biamenti possono verificarsi rapidamente e condurre ad interazio-ni abnormi tra la via acustica e altre vie centrali (13,16). Analoghicambiamenti nel sistema neurosensoriale, collegati al dolore fan-tasma, ci portano a suggerire l’esistenza di una similitudine tradolore neuropatico e acufene (17,18).Levine ha ipotizzato che un deficit di input del nervo acustico portialla disinibizione del nucleo dorsale cocleare e ad un incrementodell’attività spontanea del sistema uditivo centrale, che è avvertitocome acufene (19). Questo meccanismo potrebbe spiegare latemporanea percezione di fischi (ringing sensation) che può farseguito all’esposizione ai rumori, gli effetti di alcuni farmaci comefurosemide, e l’acufene spontaneo in soggetti con udito normalequando si trovano in un’area silenziosa (20).Nonostante le numerose ipotesi sull’eziopatogenesi dell’acufene,nessun trattamento può per ora essere considerato dotato di capa-cità ben documentata – superiore all’effetto placebo – di ridurrel’impatto dell’acufene in maniera riproducibile o sul lungo termine(21). Tra le varie strategie di trattamento suggerite, per ricordarnealcune, ci sono,: Lidocaina, Benzodiazepine, Ginkgo Biloba, ago-punura, Tinnitus Retraining Therapy (per generare nel cervello delpaziente il meccanismo fisiologico dell’abitudine all’acufene),mascheratori (piccole protesi endoauricolari che producono suonidi diverse frequenze regolati per mascherare l’acufene nella suafrequenza identificata con l’acufenometria), protesi acustiche eimpianti cocleari (nei pazienti che hanno una ipoacusia significati-va, l’aumento della percezione del rumore ambientale mascheral’acufene), decompressione microvascolare del nervo acustico,resezione del nervo acustico (10).Una delle conseguenze principali dell’acufene è il disturbodel sonno. Questo dato ci porta a considerare la Melatoninacome potenziale sostanza adiuvante nel trattamento dell’acufe-ne. Rosenberg et al. nel 1998 dimostrarono che l’uso diMelatonina è vantaggioso nel trattamento dell’acufene sogget-tivo, soprattutto in pazienti con punteggi THI elevati e difficoltàdel sonno (8). Megwalu et al. nel 2006 hanno dimostrato che laMelatonina può costituire un trattamento sicuro per pazienti conacufene soggettivo, specialmente in quelli con disturbi delsonno (9). Alpini et al. nel 2006 hanno trattato con Citaloprame Melatonina pazienti con acufene cronico disabilitante e in tuttiè stato dimostrato miglioramento nell’acufene e nell’indice diQoL (2).Sebbene commercializzata come integratore dietetico, laMelatonina (N-acetyl-5-methoxytryptamine), neuro-ormone pro-dotto dalla ghiandola pineale che regola il ciclo sonno-veglia (7),può essere considerata un’opzione farmacologica. Comunementesi spiega l’induzione del sonno da parte della Melatonina con unmeccanismo correlato alla sua azione sull’orologio circadiano: adesempio, apre la porta del sonno e riduce la temperatura corporeache ne favorisce l’induzione.

La Melatonina è stata impiegata con successo, a vari livelli di effi-cacia, per favorire i processi del sonno in soggetti anziani con sin-drome delle gambe senza riposo, disordini del sonno nella faseRapid Eye Movement (REM), sindrome della Fase del SonnoRitardata, in pazienti maniaci con insonnia e in pazienti con fibro-mialgia (7). Inoltre, Rudin nel 1980 suggerì che la Melatonina puòmigliorare l’acufene riducendo la pressione labirintica, consideran-do il fatto che clinicamente è stata dimostrata un’incidenza signifi-cativa di idrope endolinfatica secondaria in pazienti con acufenesoggettivo grave di tipo disabilitante (22).Alcune alterazioni (quali uno sfasamento del meccanismo omeo-statico della perilinfa dell’orecchio interno o del fluido cerebrospi-nale) che sono all’origine di idrope endolinfatica e che interferisco-no con il regolare funzionamento della coclea, provocano disturbicocleari che possono manifestarsi con acufeni o vertigini (23).Si ipotizza che l’idrope endolinfatica secondaria sia un fattore noneziologico ma capace di influire sul decorso clinico dell’acufene sog-gettivo (23). Questa ipotesi è stata supportata da un recente studio(24) in cui la Melatonina è stata valutata quale potenziale tratta-mento antipertensivo, in quanto ha un ruolo nella regolazione pres-soria ed è stato dimostrato che la sua produzione notturna è ridottanei soggetti ipertesi. La Melatonina può anche migliorare la funzio-ne endoteliale aumentando la disponibilità di monossido di azoto, intal modo esercitando un effetto vasodilatatore e ipotensivo. Sembraanche interferire con il sistema nervoso autonomo periferico e cen-trale, con conseguente riduzione del tono del sistema adrenergico eincremento del sistema colinergico. Inoltre, la Melatonina può ridur-re la pressione arteriosa anche mediante specifici recettori dellaMelatonina localizzati sui vasi periferici o in aree del sistema nervo-so centrale svolgendo un ruolo nel controllo pressorio (24). Nel nostro studio la somministrazione combinata di Melatonina eSulodexide è stata valutata in 34 pazienti con acufene e confron-tata con la somministrazione di Melatonina da sola in altri 34pazienti affetti dallo stesso disturbo. Altri 34 pazienti con acufeninon hanno ricevuto alcun trattamento allo scopo di valutare lespontanee variazioni nel tempo della qualità dell’acufene.Al momento non esistono evidenze, nella letteratura anglosasso-ne, sull’impiego di Sulodexide nel trattamento dell’acufene.Il protocollo terapeutico dello studio è stato proposto sulla basedell’osservazione che il microcircolo dell’orecchio interno ha un’or-ganizzazione termino-terminale che può essere influenzata dadiverse cause (25). Sulodexide è stato impiegato nel trattamentodella claudicatio intermittens, nelle complicazioni vascolari del dia-bete, per ridurre il danno da riperfusione-ischemia del miocardio enel trattamento delle ulcere venose della gamba (26). Sulodexideè un glicosaminoglicano standardizzato altamente purificato con-tenente per l’80% eparina a mobilità rapida e per il 20% dermatan-solfato. La frazione eparinica a mobilità rapida è definita in basealla sua mobilità elettroforetica. Differisce dagli altri glicosamino-glicani, come l’eparina, per l’emivita più lunga e il ridotto effettosulla coagulabilità sistemica (27). Ha la proprietà di inibire la trom-bogenesi e di stimolare la fibrinolisi e possiede attività anti-atero-gena. Ha anche un’affinità relativamente alta per le cellule endo-teliali, caratteristica che può rappresentare un fattore di protezioneo di miglioramento del flusso sanguigno nella microcircolazione.

28 Otoneurologia 2000 Dicembre 09 n. 30

DISFUNZIONE VESTIBOLARE: NUOVE CHIAVI DI LETTURA E ORIENTAMENTI DELLA TERAPIA

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Queste caratteristiche sono state anche dimostrate dopo sommi-nistrazione orale di una dose singola o ripetuta (26,27).Tutti gli effetti favorevoli di questa molecola sui vasi e sull’emodi-namica del microcircolo ci hanno condotto a suggerire cheSulodexide potrebbe avere effetti benefici simili sul sistema vasco-lare e sulla emodinamica del microcircolo del labirinto. Inoltre altri farmaci con attività antitrombotica, contenenti enoxa-parina, hanno mostrato risultati positivi nel trattamento dell’acufe-ne (28).I risultati del nostro studio hanno evidenziato che la combinazionedi M e S nel trattamento dell’acufene idiopatico migliora l’indiceQoL e la percezione soggettiva dell’acufene. I miglioramenti sonostati quantificati sia con il THI, questionario valido e affidabile,impiegato da molti ricercatori nello studio dell’acufene, sia con l’a-cufenometria, che offre una quantificazione strumentale ed ogget-tiva dell’acufene. Nell’attuale letteratura mondiale, la misurazionedelle variazioni dell’acufene dopo terapia con Melatonina è stataattuata solo con questionari soggettivi, ad esempio THI, PittsburghSleep Quality Index, Tinnitus Cognitive Questionnaire e TinnitusReaction Questionnaires (2,8,9). A nostro avviso, è importanteottenere una misura soggettiva della gravità dell’acufene, ma èaltrettanto importante valutare se gli stessi risultati siano riproduci-bili con una valutazione strumentale.

Dalla comparazione dei nostri risultati si evidenzia che i pazientiche hanno ricevuto la somministrazione di M+S (Gruppo A) hannoottenuto un miglioramento significativo alla valutazione, sia conTHI sia con acufenometria (79.4%). Nel Gruppo B, nel quale l’a-cufene era stato trattato solo con Melatonina, un miglioramentodell’indice QoL, alla valutazione con THI e con acufenometria, èstato ottenuto nel 58.8% dei pazienti.I risultati del nostro studio, in accordo con studi precedenti (2,8,9),suggeriscono che la Melatonina è un valido aiuto nel trattamentodi pazienti con acufene neurosensoriale e centrale.Questo miglioramento è coerente con gli effetti della Melatoninasulla qualità del sonno. Inoltre, il nostro studio ha anche dimostra-to che la somministrazione combinata di Melatonina e Sulodexideporta a risultati migliori nel trattamento dell’acufene, probabilmen-te grazie ai favorevoli effetti che Sulodexide esercita sia diretta-mente sul microcircolo sia, al tempo stesso, incrementando l’effet-to che su di esso produce la Melatonina.In conclusione, l’acufene è un sintomo molto stressante, sebbenenon molto frequente, per il quale non esiste ancora una terapiadefinitiva. Il nostro studio propone un nuovo approccio nel tratta-mento dell’acufene, con la somministrazione orale combinata diSulodexide e Melatonina. Questo studio ha fornito risultati moltoincoraggianti a sostegno della nostra ipotesi.

29Otoneurologia 2000 Dicembre 09 n. 30

Neri et al – Acufeni: trattamento orale con Melatonina e Sulodexide

Tratto da: Neri et al. Treatment of central and sensorineural tinnitus with orally administered Melatonin and Sulodexide: personalexperience from a randomized controlled study. Acta Otorhinolaryngologica Italica 2009;29:86-91.

ibliografia

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B

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21. Dobie RA. A review of randomized clinical trials in tinnitus. Laryngoscope 1999;109:1202-11. 22. Rudin DO. Glaucoma, “auditory glaucoma”, “articular glaucoma” and the third eye. Med Hypotheses 1980;6:427-35. 23. Shulman A, Goldstein B. Brain and inner ear fluid homeostasis, cochlear vestibular type tinnitus, and secondary endolymphatic hydrops. Int Tinnitus

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Corrispondenza:Dott. Giampiero Neri, Clinica ORL, c/o P.O. SS Annunziata - Via dei Vestini, 6610 Chieti Scaloe-mail: [email protected]

30 Otoneurologia 2000 Dicembre 09 n. 30

DISFUNZIONE VESTIBOLARE: NUOVE CHIAVI DI LETTURA E ORIENTAMENTI DELLA TERAPIA

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l ruolo dei ROS nel trauma acustico e nelle ipoacusie. Prospettive in clinicaLa ricerca più recente ha dimostrato che nella ipoacusia da trauma acustico svolgono un ruolo essenziale la riduzione del flusso san-guigno e la formazione di radicali liberi nella coclea. Quantità, distribuzione e tempi di formazione dei radicali liberi sono stati definiti, inclu-so uno sviluppo clinicamente significativo a distanza di 7-10 giorni dall’esposizione al rumore.Queste novità hanno un valore in prospettiva per il trattamento di queste patologie, in quanto si inseriscono in uno stato dell’arte della cli-nica che cerca nuove soluzioni per quasi 1 paziente ogni 3 (Figura 1), con il quale i risultati, dopo un anno di trattamento standard, riman-gono insoddisfacenti (1).

I

31Otoneurologia 2000 Dicembre 09 n. 30

REPORT DALLA BIBLIOGRAFIA PIÙ RECENTE

Focus on Ipoacusia Improvvisa

• Trattamento antiossidante di prevenzione e rimozione dei RadicaliLiberi dell’Ossigeno (ROS) nelle forme reversibili, irreversibili e progressive di ipoacusia

Figura 1. Grado di recupero uditivo a un anno dalla diagnosi. Da: Penido et al. 2005.

In particolare le indagini sullo stress ossidativo si sono concentrate sul ruolo dei ROS (Radicali Liberi dell’Ossigeno) nelle forme reversi-bili, irreversibili ed in quelle croniche progressive delle ipoacusie, raccogliendo evidenze sempre più importanti del peso che la perossi-dazione lipidica e l’apoptosi cellulare hanno nel danno funzionale dell’organo cocleo-vestibolare. Due markers dello stress ossidativo e della perossidazione lipidica cellulare, rispettivamente i coniugati glutatione-proteine e l’8-isopro-stano, sono stati studiati in associazione al danno prodotto in diverse aree dell’orecchio interno (perdita di hair cells), dopo esposizione atrauma acustico o in condizioni di deterioramento cronico fisiologico (2-4). Henderson et al. (2006) hanno recentemente pubblicato una review delle evidenze raccolte che mostra come l’esposizione al rumoreinduca stress ossidativo, riduzione del flusso sanguigno cocleare, rigonfiamento neuronale, necrosi e apoptosi cellulare nell’organodel Corti (3).

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Dopo uno stress acustico prolungato sono state acquisite prove di formazione di radicali liberi, che continuano fino a 7-10 giorni dopo l’e-sposizione, con livelli di marker della perossidazione lipidica cellulare sino a 30 volte il valore basale e perdita di hair cells.I lipidi sono uno dei principali componenti delle membrane biologiche; la perossidazione lipidica comporta deterioramento ossidativo deilipidi e danni per le proteine incorporate nelle membrane cellulari. La perossidazione lipidica è avviata dai radicali OH, e una singola rea-zione iniziale è in grado di innescare una reazione a catena che genera molteplici perossidi radicali. Per misurare i prodotti endogeni dellaperossidazione lipidica nella coclea, dopo esposizione a rumore intenso, Ohinata et al. (2000) hanno valutato gli F-2 isoprostani (analo-ghi della prostaglandina, prodotti residui della perossidazione dell’acido arachidonico catalizzata dai radicali liberi), come attendibili indi-catori di stress ossidante (Figura 2) (2).

32 Otoneurologia 2000 Dicembre 09 n. 30

FOCUS ON IPOACUSIA IMPROVVISA Report dalla bibliografia più recente

Figura 2. Livelli di 8-isoprostano (marker di perossidazione lipidica cellulare). Da: Ohinata et al. 2000.

Figura 3. A) Incremento con l’età delle proteine coniugate al glutatione (Marker ROS) in cavie CBA/J. B) Riduzione della SOD2 con l’età in cavieCBA/J. Da: Jiang et al. 2007.

Altri studi indicano come lo stress ossidativo aumenti considerevolmente con l’età, mentre le difese antiossidanti (AIF e SOD2) si abbas-sano (Figura 3a,3b). Si è potuto appurare sia negli studi clinici, che in quelli sperimentali, che perdita di funzionalità uditiva legata all’etàè correlata alla perdita di hair cells. L’area più sensibile allo stress ossidativo pare essere l’organo del Corti, con alterazioni anche irre-versibili, mentre la stria vascularis risulterebbe più resistente con alterazioni spesso reversibili (5).

È stato inoltre documentato il valore potenziale degli antiossidanti (i cosiddetti “spazzini” dei radicali liberi), somministrati entro 3 giornidall’esposizione al rumore, nella ridurre la formazione di radicali liberi e l’apoptosi delle cellule sensoriali (4).Queste evidenze hanno suggerito di testare trattamenti in grado di contrastare lo stress ossidativo e le sue conseguenze cliniche sugliapparati dell’orecchio interno (4-12). Attualmente sono in fase di studio numerose molecole otoprotettive con attività antiossidanti, fra lequali l’Acido Alfa Lipoico (ALA) e la Superossidodismutasi (SOD) hanno già dimostrato efficacia clinica a livello microcircolatorio sullostress ossidativo dei pazienti diabetici (Tabella 1) (6).

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Antiossidanti nel trattamento delle ipoacusie

CCllaassssee CCoommppoossttoo DDoossee eeffffiiccaaccee VViiaa CCoommmmeennttii RReeff.. [[**]]

ANTIOSSIDANTI

GSH profarmaco

Allopurinolo 50–100 mg/kg i.p. TTS riduzione [1,2,3]

ALCAR 100 mg/kg i.p. PTS riduzione; studio limitato [4]

Edavarone 17 mM locale PTS riduzione [5]

AAcciiddoo aallffaa LLiippooiiccoo 5500––220000 mmgg//kkgg ii..pp..,, pp..oo.. TTTTSS ee PPTTSS rriidduuzziioonnee [[66]]

Resveratrolo 430 μg/kg p.o.TTS e PTS riduzione;

studio limitato;pretrattamento estensivo

[7]

R-PIA 50 mM locale PTS riduzione; studio limitato [8]

a-tocoferolo 10–50 mg/kg i.p. TTS e PTS riduzione [9]

Metionina 200 mg/kg i.p. PTS riduzione [10,11]

Monoetilestere 50–150 mM locale TTS e PTS riduzione [8]

NAC 325 mg/kg i.p.TTS e PTS riduzione;

Ph-III NIHL completato [4]

OTC 735 mg/kg i.p. PTS protezione limitata [12]

ENZIMI ANTIOSSIDANTI

GPxEbselen/SPI-1005 4–30 mg/kg p.o.

TTS e PTS riduzione;stroke acuto studi interrotti;

NIHL Ph I/II in corso [13-16]

SSOODD SSOODD––PPEEGG 22000000 μgg ii..mm..SSttuuddiioo lliimmiittaattoo;;TTTTSS rriidduuzziioonnee;;

ppootteennzziiaallee SSOODD ppaarraaddoossssoo [[11,,33]]

INIBITORI DELLA

CALCINEURINA

Ciclosporina A 10 μg/ml locale TTS e PTS riduzione;studio limitato [17]

FK506 1–10 μg/ml localeTTS e PTS riduzione;

studio limitato [17]

DIURETICI Mannitolo 15 mg/kg i.p.Studio limitato;PTS riduzione

[18]

GLUCOCORTICOIDI Desametasone 100 ng/ml localeStudio limitato;

PTS riduzione U-shaped [19]

FATTORI DI CRESCITA

aFGF 1000 ng/ml localePTS riduzione;studio limitato

[20]

GDNF 100 ng/ml localePTS riduzione;

dose maggiore ototossica [18,21]

CHELATORI DEL FERRO Deferoxamina 100 mg/kg s.c.

Studio limitato;PTS riduzione;

Ototossicità osservataclinicamente

[18]

INIBITORI JKNCEP-1347 1 mg/kg s.c.

PTS riduzione, studio limitato;Parkinson studi interrotti

[22]

D-JNKI-1 1–100μM locale TTS e PTS riduzione [23]

MAGNESIO Mg 4 g in umani p.o.TTS e PTS riduzione;

efficacia dimostrata per deficit di Mgversus trattamento

[24-26]

ANTAGONISTI NMDA

Carbamatione 5.6 mg/kg i.p.PTS riduzione;studio limitato

[4]

Caroverina 1.6–12.8 mg/ml localePTS riduzione;

blocco transitorio della trasduzionedel suono

[27]

MK-801 1 mg/kg i.p.PTS riduzione;studio limitato

[28,29]

PD 174494 10 mg/kg i.p. PTS protezione limitata [28]

INIBITORI NOS L-NAME] 1 mg/kg i.p.Studio limitato;

ototossicità rilevata a frequenzepiù alte

[28]

Legenda – i.p., via intraperitoneale; p.o, via orale; i.m., via intramuscolare; s.c., via sottocutanea; GSH, glutatione; TTS= alterazione reversibile; PTS = alterazione permanente.

TABELLA 1 – Composti in studio per l’ipoacusia da trauma acustico. Da: Lynch et al. 2005. [*] Ref: vedi pag. 35.

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In particolare uno studio ha investigato l’effetto della somministrazione di ALA sulle alterazioni indotte da sulfiti nei potenziali evocati visi-vi (VEPs). I risultati hanno dimostrato che l’acido alfa lipoico ha un effetto protettivo sul cervello e sulla retina nei confronti delle altera-zioni dei VEPs indotte da sulfiti e stress ossidativo (7).Un altro studio sperimentale ha confrontato la perdita di hair cells legate all’età in due gruppi di cavie, dei quali uno geneticamente carat-terizzato dalla ipoproduzione di SOD, verificando una perdita di cellule significativamente superiore nel gruppo di cavie con scarsa pro-duzione di SOD. Queste differenze sono state confermate anche nelle cavie giovani di appena due mesi. La mancanza di SOD dunqueamplifica il depauperamento fisiologico delle hair cells ed il danno alla coclea, che si mostra particolarmente vulnerabile in queste condi-zioni. Le strategie di up-regulation della SOD hanno già mostrato effetti positivi nel limitare il danno cellulare e la perdita uditiva in con-dizioni di ischemia, trauma acustico e sostanze ototossiche (8).La combinazione di enzimi sinergici nel neutralizzare lo stress ossidativo prodotto in seguito ad un trauma acustico potrebbe essere unastrada molto promettente per ottenere risultati di valore clinico, come nel caso della superossidodismutasi insieme al Glutatione (GSH)catalizzato dall’acido alfa lipoico (ALA), dove l’enzima SOD converte i radicali dell’ossigeno (ROS) in idrogeno perossido (H2O2) ed il glu-tatione converte quest’ultimo in acqua disponibile per la cellula, neutralizzando così il potenziale patogenetico dello stress ossidativo.• L’Acido Alfa Lipoico (ALA) è stato ampiamente studiato in clinica nella neuropatia diabetica, caratterizzata da un breakdown della unità

neuro-vascolare a livello micorcircolatorio ed il trattamento classico prevede 600 mg/die per 1-2 mesi (7).

• La Superossidodismutasi (SOD), il principale enzima antiossidante dell’organismo, è stato finora meno studiato per via della difficilemetabolizzazione per via orale. Oggi, grazie ad una nuova formulazione (Extramel®) sono disponibili per la via orale 10 mg di SOD, icui primi studi pilota mostrano attività di inibizione sulle prime fasi della aterosclerosi (? NOx) ed una riduzione dei livelli di stress ossi-dativo in un gruppo di volontari sani (9).

ibliografia

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dismutase. Neurobiol Aging 1999;20:1-8.

B

34 Otoneurologia 2000 Dicembre 09 n. 30

FOCUS ON IPOACUSIA IMPROVVISA Report dalla bibliografia più recente

Figura 4. Radicali primari e secondari e scavenger fisiologici.

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R

35Otoneurologia 2000 Dicembre 09 n. 30

Antiossidanti nel trattamento delle ipoacusie

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37Otoneurologia 2000 Dicembre 09 n. 30

REPORT DALLA BIBLIOGRAFIA PIÙ RECENTE

Focus on Vascular Vertigo

• Disturbi cocleo-vestibolari e terapia con farmaci di parete (GAGs)• Vertigine di origine vascolare: efficacia del trattamento

con Sulodexide

a terapia causale con farmaci di parete (GAGs) nei disturbi cocleo-vestibolariCon questo nuovo “inserto rosa” di aggiornamento bibliografico su nosologia e trattamento delle complicanze periferiche della disfunzio-ne della parete vascolare, prosegue l’iniziativa di Otoneurologia 2000 di portare all’attenzione degli addetti ai lavori argomenti utili perorientare il percorso diagnostico-terapeutico dei disturbi audio-vestibolari.La più recente ricerca medica in campo vascolare ha acquisito importanti evidenze sulla patogenesi ischemica, su base flogistica e trom-botica, dei disturbi cocleo-vestibolari che sono in grado di compromettere l’emostasi emato-labirintica, e quindi i potenziali Na+/K+ su cuisi basa il corretto passaggio dei segnali legati all’equilibrio e all’udito (Mehta e Malik, Physiol Rev 2006).La comprensione di questi meccanismi fisiopatologici, inquadrati nel cosiddetto modello di risposta al danno su base flogistica endo-teliale, orienta l’approccio terapeutico più recente alla patologia vestibolare di origine vascolare. La reintegrazione dei GAGs diparete (glicocalice) viene oggi considerata un passaggio chiave per stabilire un effetto-barriera ai processi flogistici che sostengonola disfunzione endoteliale e i processi ischemici e trombotici connessi: eventi che, come qualsiasi processo infiammatorio, sono carat-terizzati dalla capacità di autoalimentarsi al di là della correzione dei fattori di rischio cardiovascolari (CV) che li hanno innescati. Lesoluzioni terapeutiche improntate a questo razionale, perciò, integrano i classici schemi terapeutici – mirati alla correzione dei fattoridi rischio CV e delle singole disfunzioni tissutali (quali l’ischemia) ed emoreologiche (quali la trombosi) – con protocolli farmacologiciin cui trovano spazio anche agenti con specifiche attività anti-atero-trombotiche a livello della parete vascolare, quali iGlicosaminoglicani (GAGs).

I GAGs sono in grado di svolgere un’attività nel flusso e nella parete vascolare.• Nel flusso, è nota l’attività antitrombotica anti-Xa.

• Nella parete, è di particolare interesse l’attività farmacologica svolta da alcuni GAGs come Sulodexide che, consistendo in un’associa-zione di eparina e dermatansolfato (costituenti fisiologici della struttura anatomica endoteliale) riconoscono la parete dell’endotelio comeproprio organo bersaglio, andando a ricostituire la barriera anionica emato-labirintica (grazie ai gruppi solfati SO4

—) e ripristinando le fun-zioni endoteliali fisiologiche, prima fra tutte la permeabilità vascolare e dunque l’emostasi emato-labirintica, insieme all’ossigenazionedelle strutture recettoriali.

• Sotto il profilo della fisiopatologia vascolare, la ricostituzione della barriera anionica (cariche negative) inibisce l’adesione di leucociti (atti-vità antiflogistica) e piastrine (attività antitrombotica di parete), mentre il ripristino delle funzioni endoteliali garantisce tono vascolare(legato alla produzione di ossido nitrico, NO) e fibrinolisi al flusso. Il ripristino del tono vascolare, in particolare, è in grado di correggerelo stress ossidativo che si instaura nei processi di danno endoteliale a causa dell’alterazione della bilancia NOx/ROS, cioè dell’equilibriofisiologico fra ossido nitrico e radicali liberi dell’ossigeno, a favore dei ROS. Queste sostanze ossidanti, dette specie reattive dell’ossi-geno, o più comunemente radicali liberi, sono gruppi di molecole prodotti dell’ossigeno molecolare, caratterizzati dalla presenza di elet-troni spaiati e altamente reattivi, in grado di danneggiare le strutture cellulari e la struttura glicosoaminoglicanica che protegge il lumevascolare. La presenza di ROS (prodotti in eccesso in corso di vasculopatia) non opportunamente contrastata dal sistema antiossidan-te, può provocare alcune importanti alterazioni patologiche, tra cui apoptosi, proteolisi incontrollata, azione mutagena sul DNA, perossi-dazione lipidica. Una seconda attività antitrombotica di parete, peculiare del solo dermatansolfato, è quella di inibizione della trombina(fattore di accrescimento dei trombi ed iperpermeabilizzante abbondante in condizioni di microtrombosi): si realizza mediante il Cof HepII, che si deve agganciare al dermatansolfato di parete per inattivare la trombina.

L

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Per questo motivo, il dermatansolfato è stato definito come il principale antitrombotico fisiologico dell’organismo, mentreil glicocalice (lo strato di GAGs che costituiscono l’Endothelial Surface Layer) è oggi considerato come una barriera spar-tiacque fra una condizione vascolare fisiologica ed una patologica.

FLOGOSI VASCOLARE E ALTERATA OMEOSTASI DEL MICROCIRCOLOLa teoria di risposta al danno endoteliale su base flogistica, che spiega i processi aterosclerotici e aterotrombotici (ischemia tissutale pro-gressiva ed eventi trombotici endoluminali) a partire dai distretti microcircolatori, è stata di recente confermata anche a livello della circo-lazione cerebrale, con l’individuazione di mediatori flogistici a livello dei micro- e macro-vasi in pazienti con cerebrovasculopatie rispettoa pazienti sani. In qualsiasi distretto, i disturbi a carico del microcircolo sono caratterizzati da iperpermeabilità alle macromolecole, ridu-zione della tensione di ossigeno (TcPO2) e aumento del rischio trombotico. L’alterazione degli equilibri emostatici indotta da queste con-dizioni ha implicazioni anche sulle funzioni cocleo-vestibolari (Juhn et al, Int Tinnitus J 2001).In vestibologia, le patologie audio-vestibolari su base vascolare (vertigine, sordità improvvisa e acufeni) riguardano in gran parte disturbidel circolo posteriore, mal compensati dal circolo di Willis, che scaricano sul microcircolo cocleo-vestibolare, privo per definizione (termi-no-terminale) di un sistema compensatorio sufficiente, e tipici di pazienti con storia di stroke, TIA, deficit neurologico ischemico reversi-bile-RIND, (Lee et al, Stroke 2002; Tsuji et al, Hear Res 2002; Son et al, Laryngoscope 2007), ma anche di soggetti affetti da patologiesistemiche, quali patologia carotidea, cerebrovasculopatia, cardiomiopatia.I processi flogistici si avviano sulla parete vasale, contestualmente alla perdita della barriera di GAGs che ricopre l’endotelio, per trasfe-rirsi poi a livello del flusso. In particolare sono gli stimoli patologici legati ai fattori di rischio CV, meccanici (ipertensione, iperviscosità) echimici (es. iperglicemia), che degradano il sottile strato di GAGs, moltiplicando l’adesività di leucociti e piastrine alla parete vasale, conuna sostanziale perdita della regolazione delle funzioni vascolari, rilevante ai fini clinici, soprattutto per l’alterazione della permeabilità(ischemia progressiva) e la perdita del controllo sull’emostasi (rischio trombotico).L’endotelio può essere considerato come il primo legame fra infiammazione e coagulazione dato che, in caso di danneggiamento da partedi processi infiammatori, rappresenta una superficie che può esprimere alcune proteine coinvolte in entrambe le manifestazioni. Lo sche-ma della flogosi di origine vascolare, secondo il modello di risposta al danno endoteliale, prevede in sequenza:

1. Presenza di fattori di rischio CV (es. ipertensione, diabete, disordini emoreologici) che stimolano il danno endoteliale apartire dai comparti microcircolatori.

• Nella vestibulopatia acuta periferica, l’ipotesi trombotica può essere avvalorata da test di laboratorio su parametri emostatici, quali fibri-nogeno, D-dimero, leucociti, Proteina C-reattiva (PCR), un buon marker di rischio CV, la cui azione sembra riconducibile all’attivazionedel complemento: l’indice PCR potrebbe rappresentare un buon indicatore nelle patologie a carico dei piccoli vasi anche a livello cocleo-vestibolare (Fattori et al, Otolaryngol Head Neck Surg 2001; Fattori et al, Int Tinnitus 2003; Di Napoli e Papa, Circulation 2005).

• La correlazione di dismetabolismi, ipercolesterolemia e patologia carotidea con le disfunzioni cocleo-vestibolari è stata messa in evi-denza da numerosi studi (Kriukov et al, Vestn Otorinolaringol 2003; Yang e Young, Eur Arch Otorhynolarungol 2006; Macchi et al, JCardiovasc Surg 2003).

• Numerosi studi hanno indagato l’ipotesi del coinvolgimento dell’emostasi emato-labirintica nei processi aterotrombotici, alla base deidisturbi cocleo-vestibolari in pazienti con diabete di tipo 2, dimostrando come la microangiopatia diabetica (con documentato ispessi-mento della parete vascolare della stria vascularis) possa essere un fattore patogenetico di rilievo (Fukushima et al, Arch OtolaryngolHead Neck Surg 2006; Maia e Campos, Braz J Otorhinolaryngol 2005). Un altro studio ha evidenziato come gli attacchi di dizzinesssiano più marcati nel periodo post-prandiale per i pazienti con diabete tipo 2 ipertesi (Valensi e Cosson, Diabetes Metab Spec 2006).Recenti indagini su popolazione anziana con disturbi dell’equilibrio ha riscontrato una correlazione elevata con patologie cardiovasco-lari (73,3%), patologie osteo-muscolari (63,3%) e patologie dismetaboliche (52,5%) che possono essere ricondotte a malfunzionamen-ti microcircolatori. I disturbi metabolici labirintici possono infatti derivare da insulti ateroscerotici o aterotrombotici in condizioni di iper-glicemia, insulinemia, iperlipidemia, uremia, alterazioni ormonali, etc. (Gazzola et al, Rev Bras Otorrinolaringol 2006).

2. Degradazione dello strato di GAGs del glicocalice che ricopre la parete dei vasi.

• L’integrità di questa barriera anionica di cariche negative assicura, in condizioni fisiologiche, una risposta endoteliale equilibrata ade-guata ai bisogni fisiologici nel tempo, attraverso un meccanismo di signaling (mediazione all’organo endoteliale dei segnali pressori, chi-mici ed enzimatici del flusso sanguigno) (Mehta e Malik, Physiol Rev 2006).

38 Otoneurologia 2000 Dicembre 09 n. 30

FOCUS ON VASCULAR VERTIGO Report dalla bibliografia più recente

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• L’Endothelial Surface Layer è il primo bersaglio degli insulti derivanti da stasi, coagulazione, ipertensione, iperglicemia, etc. che determinanola deplezione dei GAGs. Questo meccanismo fisiopatologico del microcircolo cocleo-vestibolare potrebbe spiegare l’attività limitata riscon-trata con farmaci esclusivamente vasoattivi, quali betaistina e Ginkgo Biloba, che in esperimenti su animali sottoposti a insulto acustico risul-tavano utili al recupero del flusso coclearie solo durante l’infusione, per divenire inefficaci a 30-60 minuti dall’insulto; questi farmaci, inoltre,così come la pentossifillina, non mostravano effetti compensatori sull’ipossia coclearie (pO2 perilinfatica) (Lamm e Arnold, Hear Res 2000).

3. Alterazione delle funzioni endoteliali (permeabilità, adesività di leucociti e piastrine alla parete, tono vascolare, regola-zione dell’emostasi), con conseguenze a livello tissutale ed emoreologico (Tabella 1).

L’attivazione della flogosi endoteliale, nei vasi cerebrali di maggiore calibro e nel microcircolo cocleo-vestibolare, può innescarsi sotto la spin-ta dei fattori di rischio CV; l’adesione dei leucociti è considerata cruciale nella patogenesi, lasciando speculare sul valore di terapie anti-adesi-ve e anti-flogistiche vascolari (Fassbender et al, Stroke 1999; Di Napoli e Papa, Circulation 2005). La rimozione/degradazione del glicocalicedi GAGs dalla faccia endoluminale dei vasi costituisce lo stimolo di processi infiammatori caratterizzati dall’adesione di leucociti e piastrine, chepromuovono una cascata di citochine, l’espressione genica di fattori di crescita (es. VEGF, TGF, HGF, FGF) ed il rilascio di fattori pro-trombo-tici (es. fattore tissutale). La concomitante alterazione della permeabilità vascolare provoca una modifica della perfusione di ossigeno ai tes-suti, dei parametri emoreologici e del tono vascolare, e quindi della emodinamica del distretto interessato. Nel caso del distretto cocleo-vesti-bolare, tali condizioni possono compromettere il funzionamento delle strutture recettoriali (hair cells) e/o l’equilibrio del potenziale Na+/K+ fraperilinfa ed endolinfa (150-180 mV) che garantisce la corretta trasmissione dei segnali, necessaria per la funzione della trasduzione uditiva. Ildato saliente dell’equilibrio perilinfa-endolinfa che assicura le funzioni di trasmissione dei segnali cocleo-vestibolari è rappresentato dal poten-ziale sodio-potassio, dove la perilinfa è il serbatoio di sodio (150-180 mM) e l’endolinfa quello di potassio (150-180 mM) (Dickman D. VestibularSystem Primer 2009). Tale potenziale è funzione della pressione di perfusione sanguigna e l’orecchio interno dimostra, in esperimenti condot-ti in vivo, ampie capacità di regolazione autonoma in grado di ripristinare il potenziale Na+/K+ in meno di un minuto (compenso fisiologico),dopo avere indotto una variazione repentina della pressione di perfusione. Un esempio di questo tipo di struttura è rappresentato dalla striavascularis che garantisce il potenziale endococleare e la compostone ionica dell’endolinfa (Raphael e Altschuler, Brain Res Bull 2003).In condizioni fisiologiche, l’integrità funzionale dei comparti fluidi dell’orecchio interno è mantenuta da meccanismi regolatori dell’omeo-stasi piuttosto stabili: il sistema di trasporto ionico, la barriera emato-labirintica, il rifornimento ematico costante. Il peculiare doppio equi-librio emostatico di perilinfa ed endolinfa fra loro e con la rete di capillari terminali del microcircolo cocleo-vestibolare assicura le funzionifisiologiche vestibolari (equilibrio) e cocleari (udito). Qualunque alterazione di questi meccanismi regolatori comporta l’interruzione dell’o-meostasi, espressa da uno squilibrio ionico, osmotico o metabolico tra i fluidi dell’orecchio interno, tali da condurre a perdita della capa-cità uditiva neuro-sensoriale, acufeni e vertigini (Miller et al, Otolaryngol Head Neck Surg 1995).Ridotto flusso cocleo-vestibolare e vestibulopatie - L’omeostasi emato-labirintica può essere compromessa da diversi fattori, ancheopposti fra di loro; ad esempio, il rallentamento del flusso caratteristico dei soggetti over 50 contribuisce a condizioni di stasi che favori-scono processi trombotici ischemici con uno stato di ipoperfusione cocleo-vestibolare (Seidman et al, Ann N Y Acad Sci 1999), così comecondizioni ipertensive sono in grado di depauperare la barriera di cariche anioniche capillari, determinando iperperfusione con egualeprogressione ischemica (Suzuka et al, Acta Otorlaryngol 1997). L’origine vascolare delle cocleo-vestibulopatie è storicamente legata al

rallentamento del flusso cocleare, che risulta diminuito nella popolazione anziana; in realtà i test più recenti hanno mostrato come siasoprattutto l’autoregolazione del flusso a ridursi con l’avanzare dell’età, rendendo quindi il flusso cocleare più vulnerabile ai fattori di stress

39Otoneurologia 2000 Dicembre 09 n. 30

Disturbi vestibolari e terapia con GAGs

Modificazioni tissutali secondarie alla degradazione dei GAGs di parete:

• Iperpermeabilità di parete, infiltrati leucocitari (a partire dalle venule post-capillari), riduzione della TcPO2 (riduzione della perfusione di ossigeno

che conduce a progressiva ischemia tissutale), alterazione della bilancia NOx/ROS (a causa del ridotto tono vascolare).

• Inibizione dell’attività contrattile (riduzione di NOx) e proliferazione delle cellule muscolari lisce endoteliali (produzione di VEGF/ispessimento della

membrana basale).

• Degradazione della matrice extracellulare causata da iperproduzione di metalloproteasi di matrice (MMP): tale condizione è caratterizzata da accu-

mulo di mieloperossidasi (MPO) negli spazi extracellulari.

Alterazioni della bilancia emostatica secondarie alla degradazione dei GAGs di parete:

• Adesività delle piastrine alla parete vascolare del microcircolo e formazione di aggregati misti (leucociti-piastrine) sulla superficie endoteliale che

rappresentano i prodromi endoluminali di fenomeni microtrombotici.

• Rilascio in circolo di un potente fattore pro-trombogenico (Tissue Factor) e riduzione dell’attività del Cof Hep II sulla trombina (fattore principale di

accrescimento dei microtrombi) a causa del depauperamento, sulla superficie endoteliale, di dermatansolfato che funge da attivatore del cofatto-

re eparinico II.

• Ridotta attività fibrinolitica (alterazione bilancia tPA/PAI) e iperviscosità con conseguenti disordini emoreologici.

• Ridotto flusso sanguigno (stasi) secondario all’inibizione della produzione di NOx che favorisce processi flogistici vascolari e disordini emoreologici.

TABELLA 1 – Conseguenze del danno endoteliale a livello tissutale ed emoreologico

Page 42: PERCORSI PLURIDISCIPLINARI NEL LABIRINTO … determinata dalla risposta selettiva della macula utrico-lare: se infatti questo recetto-re vestibolare viene stimolato, vengono attivate

vascolari. Le indagini più recenti hanno poi messo in evidenza un potenziale flusso portale (inversione di flusso) in corrispondenza dellavena dell’acquedotto vestibolare (VVA) che raccoglie il drenaggio linfatico, secondario a ostruzione della porzione distale della VVA checompromette l’omeostasi endolinfatica e può portare a sindrome di Menière (Friis e Qvortrup, Laryngoscope 2007).La bilancia NOx/ROS risulta invertita nei pazienti con vestibulopatie correlate a scarso flusso cocleo-vestibolare, associato a fenomeni ische-mici che possono condurre a vertigini, acufeni, sordità improvvisa. In pazienti con acufeni e sordità bilaterale è stato accertato l’accumulo dimieloperossidasi (MPO) che caratterizza l’endotelio infiammato (Maguchi et al, Auris Nasus Larynx 2001). MPO è uno dei principali enzimicoinvolti nello squilibrio della bilancia NOx/ROS ed è caratteristico sia dei processi di proliferazione delle cellule muscolari lisce (VEGF) –parametro ampiamente studiato nei fenomeni di leakage del microcircolo oftalmico, che si riscontra in pazienti con trauma acustico (Picciottiet al, Hear Res 2006) – sia della degradazione della matrice extracelllulare ad opera delle Metallo-Proteinasi (MMP) che avviano il rimodel-lamento vascolare in senso patologico. Una delle prove più importanti della correlazione fra i processi aterotrombotici su base flogistica dellearteriopatie periferiche e le patologie cocleo-vestibolari di origine vascolare, riguarda le MMP 2-9 (Metalloproteasi 2-9), già note nei proces-si di deformazione endoteliale, che sono state riscontrate con livelli significativamente elevati nella stria vascularis di cavie con sindrome diAlport caratterizzate da progressiva perdita di udito, rispetto a cavie normali (Gratton et al, Am J Pathol 2005).

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FOCUS ON VASCULAR VERTIGO Report dalla bibliografia più recente

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ertigine vascolare: efficacia di Sulodexide

Report tratto da

Efficacia del trattamento con Sulodexide nei pazienti affetti da vertigine di originevascolareFrancesco Panu, Thomas Manca, Sara Cauli, Stefania Sechi, Ernesto ProtoStruttura Complessa di Otorinolaringoiatria, Presidio Ospedaliero “San Giovanni di Dio”,Dipartimento di Chirurgia Generale e Scienze OdontostomatologicheAzienda Ospedaliero-Universitaria di Cagliari

Otorinolaringologia 2008;58:159-64

Questo piccolo studio retrospettivo, monocentrico, in aperto – condotto nel periodo novembre 2005-novembre 2006 su pazienti ricovera-ti nella Clinica ORL dell’Ospedale “San Giovanni di Dio” di Cagliari per ripetuti episodi di instabilità posturale, vertigine rotatoria a eziolo-gia incerta e associati fattori di rischio cardiovascolari (CV) – ha avuto come obiettivo la verifica dell’efficacia clinica di una terapia cau-sale con un farmaco di parete quale sulodexide, a base di glicosaminoglicani (GAGs).I parametri di valutazione di efficacia del trattamento sono stati di tipo clinico-soggettivo (vertigine, instabilità, segni neuro-vegetativi ecefalea) e di tipo clinico-oggettivo (bedside examination), includenti head shaking test (RST), prova indice-naso, rilievo del nistagmo spon-taneo-posizionale oltre che il questionatio Dizziness Handicap Inventory (DRI), che hanno confermato il miglioramento dei sintomi inizia-li: riduzione significativa delle vertigini, con completa ripresa delle normali attività quotidiane in 21 pazienti, a fronte della persistenza, soloin 5 pazienti, di lieve instabilità posturale nella marcia.Nella vertigine di presunta eziologia vascolare, l’utilizzo terapeutico di sulodexide, attivo a livello endoteliale con effetto antitrombotico epro-fibrinolitico, può essere considerato un approccio di prima scelta per efficacia, rapidità d’azione, ottima compliance per il paziente escarsi effetti collaterali.

Parole chiave: Vertigine – Dizziness – Disturbi vascolari – Glicosaminoglicani.

INTRODUZIONELa definizione di patologia di origine vascolare, e ancor più quella di disturbi del microcircolo cerebrale o labirintico rappresentano spes-so un compromesso tra il pensiero del medico e ciò che realmente si può documentare nel paziente.

Lo studio dei sintomi e dei segni consente una ipotesi diagnostica, ma l’identificazione della causa è sovente difficile. L’ipotesi di eziolo-gia vascolare è formulata frequentemente in base a dati anamnestici che orientano in tal senso, in altri casi è supportata anche da chia-ri markers clinici, bioumorali e strumentali. I markers ematochimici relativi all’esame emocromocitometrico, rappresentati da un aumentodell’ematocrito, delle piastrine, del numero di leucociti o del valore del volume piastrinico medio, comportano un netto aumento della visco-sità ematica. Altri markers significativi sono l’antitrombina III, la proteina C e la proteina S che hanno un ruolo di fisiologici inibitori dellacoagulazione ematica e molecole (considerate fattori di rischio primario per le malattie trombotiche) come il fibrinogeno, il D-dimero e lalipoproteina A. Altri esami diagnostici fondamentali sono rappresentati dall’eco-Doppler, che permette di studiare nel dettaglio gli aspettimorfofunzionali dei vasi sovraortici, la tomografia computerizzata (TC) e la risonanza magnetica (RM) (1-3). Per attribuire la vertigine a una causa vascolare occorre anzitutto indagare sui più importanti fattori clinici di rischio mediante l’anamnesiconfermata attraverso marker specifici (2,3).La circolazione cerebrale è definibile come una rete vascolare terminale multianastomotica, la cui regolazione è assicurata da vari mec-canismi fisiologici che tendono a mantenere costante il flusso ematico nei diversi distretti; ciò vale soprattutto per quanto riguarda il cir-colo posteriore che irrora la maggior parte delle strutture neurali coinvolte nella funzione dell’equilibrio statico e dinamico. La caratteristi-ca emodinamica peculiare della microcircolazione cerebrale è l’autoregolazione del flusso, che si traduce nel controllo delle resistenzevascolari intracraniche.Si ipotizzano due principali linee di azione del microcircolo all’origine di una microangiopatia labirintica: 1. meccanismo tromboembolico;2. meccanismo emodinamico.Individuare le possibili sedi di ostruzione vascolare nel territorio dell’orecchio interno è importante per indirizzare i pazienti con sospetta“vertigine vascolare” ad un trattamento adeguato. Lo stress ossidativo, che ha un rilevante ruolo pro-infiammatorio ai danni dell’endotelio, favorisce la vasocostrizione delle pareti arterio-lari del microcircolo che, anatomicamente e fisiologicamente, ha le caratteristiche di un circolo terminale (vedi Box “Microcircolo labirinti-co: sistema unitario, con caratteristiche di circolo terminale”).La vascolarizzazione arteriosa cerebrale si avvale di un circolo anteriore, che fa capo alle due arterie carotidi interne, e un circolo poste-riore, che fa capo al sistema delle arterie vertebrali. I due sistemi sono collegati tra loro dal poligono (o circolo) di Willis. Questo rappre-

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Vertigine vascolare: efficacia di Sulodexide

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senta una sorta di camera di compensazione per il circolo cerebrale, con il compito di rendere maggiormente uniforme la distribuzionedel sangue all’encefalo. Il circolo posteriore, in particolare, è deputato alla vascolarizzazione delle strutture cerebrali posteriori. Esso ècostituito dalle arterie vertebrali che si uniscono sulla superficie ventrale del ponte, a formare l’arteria basilare, da cui nascono l’arteriacerebellare superiore e l’arteria cerebellare anteroinferiore; da quest’ultima origina l’arteria uditiva interna.

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FOCUS ON VASCULAR VERTIGO Report dalla bibliografia più recente

MATERIALI E METODIIn questo studio retrospettivo, monocentrico, in aperto, sono stati esaminati i pazienti ricoverati presso la Struttura Complessa diOtorinolaringoiatria dell’Ospedale “San Giovanni di Dio” di Cagliari, che presentavano ripetuti episodi di instabilità posturale, vertigine rota-toria a eziologia incerta e associati fattori di rischio per malattia cardiovascolare. La casistica presa in considerazione era relativa al periodo novembre 2005-novembre 2006. Per essere inclusi nello studio i pazienti dovevano presentare le seguenti caratteristiche: un’età superiore a 40 anni, vertigine e/o instabi-lità da almeno due mesi, un’eziologia vascolare deducibile per la positività all’anamnesi per almeno tre dei fattori di rischio selezionati(eventi cerebrovascolari, patologia carotidea, cardiopatia ischemica, diabete mellito, ipertensione arteriosa, arteriopatia periferica, fami-liarità per patologia vascolare, fumo, alcool, obesità, iperfibrinogemia [>350 mg/dl], ipertrigliceridemia [>180 mg/dl] e ipercolesterolemia[>220 mg/dl]), positività per patologia vascolare in almeno uno dei seguenti esami: eco-Doppler, risonanza magnetica cerebrale e EC-TC.

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MICROCIRCOLO LABIRINTICO:

SISTEMA UNITARIO CON CARATTERISTICHE DI CIRCOLO TERMINALE

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Vertigine vascolare: efficacia di Sulodexide

AARRTTEERRIIAA TTEERRRRIITTOORRIIOO DD’’IIRRRROORRAAZZIIOONNEE

Uditiva interna Tutto l’orecchio interno

Vestibolare p.d.

(o vestibolare anteriore)

Canale semicircolare superiore

Canale semicircolare laterale

Utricolo

Parte (minore) del sacculo

Cocleare propria Giro apicale della coclea

Giro intermedio della coclea

Vestibolo-cocleare Canale semicircolare posteriore

Parte (maggiore) del sacculo

Giro basale della coclea

Il microcircolo labirintico ha capacità autoregolatoria. Tuttavia, la fisiolo-

gia del flusso ematico dell’orecchio interno, a livello di coclea e vestibo-

lo, è condizionata da una stretta interazione tra effetti locali e sistemici:

regolazione metabolica locale, controllo neurogeno, controllo umorale.

Situazioni cliniche specifiche o aspecifiche, quali sordità improvvisa o

vertigini, possono essere riconducibili ad una lesione che sia intervenuta

in uno dei compartimenti di competenza anatomica della circolazione

arteriosa dell’orecchio interno con danno selettivo o totale delle aree

recettoriali.

L’arteria uditiva interna si divide ulteriormente nel ramo vestibolo-nucleare e nell’arteria vestibolare anteriore. I distretti irrorati da quest’ultima espri-

mono più precocemente un’insufficienza circolatoria, poiché il labirinto ha scarse capacità di adattamento. Esso possiede una vascolarizzazione di tipo

terminale, trovandosi quindi in una situazione di precarietà fisiologica. In condizioni patologiche, infatti, le anastomosi presenti possono non essere ade-

guate a mantenere una sufficiente perfusione e ne possono conseguire lesioni transitorie e/o permanenti dei distretti interessati.

Quando una porzione, anche piccola, di tessuto cerebrale riceve un insulto ischemico, si ha la perdita distrettuale dell’autoregolazione e il flusso ema-

tico privilegia le aree dove sono ancora mantenuti i meccanismi di autoregolazione. L’ischemia cerebrale distrettuale si aggrava ulteriormente per la

formazione di trombosi a livello microvasale nell’area ipoperfusa con successiva sofferenza neuronale.

Le arteriopatie possono essere croniche o acute.

Nelle prime il danno si manifesta solo quando la richiesta di apporto ematico aumenta. Le lesioni parietali possono essere uniche o multiple, stenoti-

che od obliteranti, distrettuali o diffuse.

Nelle forme acute il danno vascolare si manifesta in un’immediata ischemia. I fattori che determinano obliterazione arteriosa acuta, da cui genera l’e-

pisodio tromboembolico, sono rappresentati dalle alterazioni della parete vasale, del flusso e degli elementi ematici.

La parete vasale e in particolare l’endotelio sono elementi fondamentali per l’autoregolazione del microcircolo.

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Venivano esclusi dallo studio i pazienti con neuronite vestibolare, malattia di Menière, vertigine parossisitica posizionale benigna, vertigine dinatura infettiva/flogistica, vertigine di natura traumatica, patologie autoimmuni e patologie degenerative del sistema nervoso centrale.Sulodexide è stato somministrato per os con un regime posologico di 1 capsula, contenente 250 ULS, bid per una durata di due mesi.Al termine del trattamento, i pazienti sono stati rivalutati clinicamente. Sulodexide è costituito da eparina a medio peso molecolare (80%)e dermatansolfato (20%), ha una attività antitrombotica, fibrinolitica e antiaggregante oltre a un elevato tropismo per l’endotelio e il micro-circolo, con azione sulla parete vascolare dovuta al reintegro dei GAGs endoteliali, unita a una modulazione pro-fibrinolitica sulla produ-zione di PAI e tPA endoteliali. L’attività antitrombotica di sulodexide è dovuta alla frazione eparinica con un’inibizione dose-dipendente di alcuni fattori coagulativi tra cui,in primo luogo, il fattore X attivato, mentre l’interferenza con la trombina, restando a livelli poco significativi, evita in genere le conseguenzedi un’azione anticoagulante.La parte dermatanica di sulodexide, inibendo la trombina adesa al trombo, impedisce che nuova trombina generi ulteriore fibrina sul trom-bo preformato; riduce quindi la crescita del trombo. Sulodexide favorisce la fibrinolisi endoteliale spostando la bilancia fibrinolitica versouna produzione endoteliale maggiore di tPA e minore di PAI-l. L’azione antitrombotica è sostenuta anche dall’inibizione dell’adesività pia-strinica e dall’attivazione del sistema fibrinolitico circolante e di parete. Sulodexide, grazie ai gruppi solfati, inibisce l’adesione delle piastrine e la flogosi endoteliale andando a rivestire la parete del vaso ecreando una barriera di cariche negative. L’effetto antiaggregante si esplica indirettamente, come conseguenza della minore produzionedi trombina, che sulle piastrine ha azione pro-aggregante. Inoltre, complessandosi con le proteasi leucocitarie, elastasi e catepsina-G, ini-bisce la via leucocitaria dell’aggregazione piastrinica (3,4).Sulodexide è impiegato nella profilassi secondaria delle patologie vascolari a rischio trombotico e nella terapia delle ulcere venose. Visono, inoltre, pubblicazioni che riportano un vantaggioso impiego nella terapia delle vertigini a presunta causa vascolare (3).I parametri di valutazione di efficacia sono stati di tipo clinico-soggettivo come vertigine, instabilità, segni neuro-vegetativi e cefalea e ditipo clinico-oggettivo (bedside examination): head shaking test (RST), prova indice-naso, nistagmo spontaneo-posizionale oltre che il que-stionatio Dizziness Handicap Inventory (DRI), composto da 25 item, per la valutazione del grado di impatto della patologia sia sulla sferadelle attività pratiche quotidiane, sia sulla psiche del soggetto. Nella valutazione del DRI è stato attribuito il valore di 4 alla risposta affer-mativa, di 2 alla risposta a volte e di 0 alla risposta negativa. La somma dei punteggi genera un valore unico espressione quantitativadella sintomatologia vertiginosa. Il punteggio massimo, pari a 100, corrisponde alla massima intensità della sintomatologia vertiginosa,mentre il punteggio minimo (pari a 0), corrisponde alla assenza della sintomatologia (5-8). Di 60 pazienti giunti alla nostra osservazione con vertigine di sospetta natura vascolare solo 27 (45%) soddisfacevano i criteri di inclu-sione nel nostro studio. Di questi, 10 erano di sesso maschile (37%) e 17 di sesso femminile (62,96%); l’età media era di 65 anni.Tutti i 27 pazienti sono stati valutati clinicamente mediante un esame otoneurologico e un questionario per stabilire il loro grado di han-dicap indotto nella vita quotidiana dalla sintomatologia vertiginosa (DHI).I fattori di rischio a maggiore prevalenza nella casistica considerata (27 pazienti) sono risultati l’ipercolesterolemia (N.=2l pari al 78%), l’i-pertensione (N.=19 pari al 70%), la patologia carotidea documentata con esame Doppler (N.=19 pari al 70%), l’ipertrigliceridemia (N.=14pari al 52%), la familiarità per malattie cardiovascolari (N.=14 pari al 52%), la cardiopatia ischemica (N.= 12 pari al 44%), il diabete mel-lito (N.=12 pari al 44%) e il fumo (N.=9 pari al 33%) (Figura 1).

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FOCUS ON VASCULAR VERTIGO Report dalla bibliografia più recente

Figura 1. Prevalenza dei fattori di rischio vascolari nel campione di pazienti in studio.

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Considerando i fattori di rischio presenti nel singolo soggetto, i pazienti sono stati suddivisi in due gruppi: 1) pazienti ad alto rischio (AR),quando erano presenti più di 4 dei fattori di rischio considerati; 2) pazienti a basso rischio (BR), quando erano presenti almeno tre fattori dirischio cardiovascolari associati (ipercolesterolemia e/o ipertensione arteriosa e/o patologia carotidea documentata con esame doppler).Il gruppo AR era costituito da 18 pazienti (66,67%), quello BR da 9 pazienti (33,33%). La valutazione dell’handicap nella vita quotidianaha permesso di identificare due gruppi di pazienti ad alto (score >50) e basso (score<50) handicap. Dei 27 pazienti studiati, 17 presen-tavano score compreso tra 51 e 100 (media: 89,71); 10 pazienti presentavano score tra 20 e 50 (medio: 37,3).

RISULTATIDopo due mesi di trattamento antitrombotico con sulodexide, 21 pazienti avevano riferito un significativo miglioramento dei sintomi, conrisoluzione delle vertigini, dell’instabilità, dei sintomi neurovegetativi, cefalea e ripresa delle normali attività quotidiane In cinque pazienti persisteva ancora una lieve instabilità posturale nella marcia, e solo in un paziente persistevano entrambe la sintoma-tologia vertiginosa e l’instabilità posturale.I parametri di tipo clinico-obiettivo (bedside examination) che comprendono la valutazione di HST, del test di Halmagyi, degli smooth pur-suit, la prova indice-naso, il rilievo del nistagmò spontaneo, confermavano il miglioramento dei sintomi.In particolare, alla visita otoneurologica eseguita prima del trattamento, 23 pazienti presentavano nistagmo spontaneo (1°-2° grado), men-tre nessun paziente presentava nistagmo spontaneo dopo il trattamento con sulodexide.La ricerca del nistagmo rivelato risultava negativa dopo manovra di Dix-Hallpike e Mc Clure. Le prove di Romberg, Fukuda, Babinsky,HST erano positive in 20 pazienti prima del trattamento e in tre pazienti dopo il trattamento.La valutazione dell’handicap nella vita quotidiana dopo la terapia ha mostrato una riduzione significativa dello score medio nei due grup-pi ad alto e basso score del DH!. Nel gruppo ad alto (score >50) e basso (score£50) handicap lo score medio si è ridotto da 89,71 a 2 eda 37,3 a 11,2, rispettivamente (Figura 2).Nei due gruppi AR e BR si è osservata una riduzione dello score medio rispettivamente da 73 a 7 e da 65,11 a 7,11 (Figura 3).

DISCUSSIONEL’ipotesi di patologia di origine vascolare o del microcircolo cerebrale o labirintico difficilmente può essere dimostrata nel paziente.L’eziologica vascolare spesso può essere desunta solo in base a dati anamnestici, in altri casi è supportata anche da chiari markers cli-nici, bioumorali e strumentali. I markers ematochimici indispensabili per formulare una ipotesi di eziologia vascolare si ritrovano nell’esa-me emocromocitometrico. Un aumento dell’ematocrito, delle piastrine, del numero di leucociti e del volume piastrinico comporta un netto

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Vertigine vascolare: efficacia di Sulodexide

Figura 2. Valutazione dell’handicap nella vita quotidiana pre- e post-trattamento con sulodexide nel gruppo ad alto (score >50) e basso(score ≤50) handicap.

Figura 3. Modificazione dello score medio pre- e post-trattamento consulodexide nel gruppo ad alto (più di 4) e basso (meno di 3) numero difattori di rischio.

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aumento della viscosità ematica. Possono inoltre essere studiati anche altri markers, come l’antitrombina III, la proteina C e la proteina Sche hanno un ruolo di fisiologici inibitori della coagulazione ematica e molecole considerate fattori di rischio primario per le malattie trom-botiche come il fibrinogeno, il D-dimero e la lipoproteina. L’eco-Doppler, che permette di studiare nel dettaglio gli aspettI morfofunzionalidei vasi sovraortici, la TC e la RM giocano il ruolo più importante dal punto di vista diagnostico (1-3).Particolarmente importante per la valutazione dell’efficacia della terapia è l’andamento soggettivo dei disturbi dell’equilibrio, cioè dei sin-tomi per i quali il paziente si è rivolto allo specialista (5-8). La vertigine e l’instabilità migliorano in modo statisticamente significativo dopo trattamento con sulodexide. In particolare, i risultati del-l’efficacia di sulodexide risultano significativi nei gruppi, classificati sia in base allo stato di handicap che del rischio cardiovascolare (ARe BR). Il DHI ha evidenziato nel primo gruppo una riduzione dello score medio da 89,7 a 2,0, nel secondo gruppo una riduzione da 81,2 a 6. Laleggera differenza fra i due risultati è dovuta al fatto che il miglioramento clinico, che si instaura su una condizione di particolare disagio,sia ancora più apprezzato dal paziente rispetto a condizioni patologiche iniziali più lievi. Sulodexide presenta un’attività antitrombotica, fibrinolitica e antiaggregante con un elevato tropismo per l’endotelio e il microcircolo etende a normalizzare i parametri viscosimetrici, alterati in pazienti con patologie vascolari a rischio trombotico; tale attività si esplica prin-cipalmente mediante la riduzione dei valori di fibrinogeno. Il profilo farmacologico è completato dalla normalizzazione dei valori lipidici alte-rati, mediante l’attivazione della lipoproteinlipasi.

CONCLUSIONII pazienti con vertigine vascolare non presentano segni strumentali importanti relativi alla reflettività labirintica, ma presentano solo segnianamnestici di rischio cardiovascolari ed eventualmente segni strumentali (doppler, TC e RMN). Ma se è vero che il distretto interessatoè il labirinto posteriore per ischemia dell’arteria vestibolare anteriore, dovremmo poter avere anche effetti sulla riflettività vestibolare.In conclusione, l’utilizzo terapeutico di sulodexide nella vertigine vascolare sembra di prima scelta per la sua efficacia, la sua rapidità d’a-zione, l’ottima compliance per il paziente e per gli scarsi effetti collaterali.

ibliografia

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Corrispondenza:Dott. Francesco Panu, Struttura Complessa di Otorinolaringologia, Ospedale S. Giovanni di Dio – Via Ospedale 46, 09124 Cagliarie-mail: [email protected]

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FOCUS ON VASCULAR VERTIGO Report dalla bibliografia più recente

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