PERCORSI NEI MUSEI TOSCANI 4 -...

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PERCORSI NEI MUSEI TOSCANI 4

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P E R C O R S I N E I M U S E I T O S C A N I 4

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L’UNITÀ D’ I TALIA

© 2011Collana “ Percorsi nei musei toscani”Regione Toscana, Direzione generaleCompetitività del sistema regionale e sviluppo delle competenzeSettore Musei e EcomuseiGian Bruno RavenniAttilio Tori e Lina Votta

Volume IVL’unità d’Italia

© Regione ToscanaRealizzazione e stampaCentro stampa Giunta Regione ToscanaMaggio 2011

Catalogazione nella pubblicazione (CIP) a cura della Biblioteca della Giunta regionale ToscanaL’Unità d’Italia: testimonianze risorgimentali nei musei e nel territorio della Toscana: una proposta di itinerario. - (Percorsi nei musei toscani; 4)

I. Mazzanti, AnnaII. Toscana. Direzione generale competitività del sistema regionale e sviluppo delle competenze.Settore musei e ecomusei1. Musei – Collezioni – Temi : Risorgimento - Toscana – Guide945.0830074

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Con il contributo di:

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LA TOSCANA E L’UNITÀ D’ I TALIA

Anna Mazzanti

Testimonianze

risorgimentali

nei musei e nel territorio

della Toscana

Una proposta di itinerario

l’Unità d’Italia

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L’UNITÀ D’ I TALIA

Il 150 anniversario della Unità d’Italia è l’occasione per aggiungere una nuova pubblicazione alla collana che da alcuni anni presenta itinerari tematici nei musei e nel territorio della nostra regione. È una guida alle testimonianze risorgimentali, che propone vari percorsi tra le pitture, i monumenti, le dimore, i cimeli conservati in Toscana. Un volume che non ha solo lo scopo di valorizzare e divulgare la conoscenza di una parte meno nota

del patrimonio culturale regionale, ma che ha in sé anche una forte finalità di educazione civile: quella di riportare alla attenzione dei cittadini, attraverso le opere d’arte e le memorie, quei valori di libertà, di uguaglianza, di solidarietà nazionale che ispirarono le lotte politiche e sociali del Risorgimento. Sono valori di cui si sente particolarmente bisogno in questi anni e che devono essere sostenuti anche una volta che saranno

L’Unità d’ItaliaUn percorso nei musei toscani

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LA TOSCANA E L’UNITÀ D’ I TALIA

terminate le celebrazioni della attuale ricorrenza. Una iniziativa editoriale come questa, più di eventi temporanei ed effimeri, potrà anche negli anni successivi stimolare scuole, associazioni, famiglie e singoli cittadini ad intraprendere un viaggio attraverso i ricordi del Risorgimento e così riflettere su valori ancora oggi di grande importanza per la nostra società. Pur trattandosi solo di una guida è anche auspicabile che questo

volume possa servire da base per chi volesse intraprendere l’impresa di una completa ricognizione del materiale risorgimentale conservato nelle istituzioni culturali toscane e che spesso è poco fruibile o talvolta giace dimenticato in depositi inaccessibili.

Cristina ScalettiAssessore alla Culturadella Regione Toscana

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L’UNITÀ D’ I TALIA

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I NTRODUZIONE

Anna MazzantiINTRODUZIONE

La Toscana che ospita forse la prima immagine patriottica dell’Italia unita – l’allegorica figura fem-minile di Canova, turrita e drappeggiata, nel ceno-tafio a un patriottico poeta come Alfieri, memen-to inaugurato in Santa Croce già il 27 settembre 1810 –, la Toscana cosmopolita e di sensibilità riformatrice del XIX secolo, protagonista di vicen-de e patria di illuminati personaggi risorgimentali, la Toscana che in Firenze ebbe la capitale del re-gno unito anche se per breve stagione, fra 1865 e 1870, è regione ricca di testimonianze di questo suo attivo passato che rivive attraverso la compo-sita costellazione di memorie e di segni, di omaggi e cimeli, di luoghi significativi.

Le celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità sono dunque state lo stimolo a questa ricognizio-ne che non ha fatto altro che confermare e ribadire quanto la Nazione italiana non nacque dalla saga-ce opera politica e culturale di pochissimi avvedu-ti, ma dalla congiunta azione di élites intellettuali e di una larga sensibilità popolare, cresciuta in comune concerto “all’ombra di una cultura risor-gimentale della libertà e dell’indipendenza”. Ne è quindi conseguente la presenza entro i confini toscani ancora di una cospicua congerie di tracce che non è possibile – in un piccolo volume come questo – tutte ricordare e trattare approfondita-mente. Dunque pur consapevoli della parzialità di queste pagine si è cercato di fornire al lettore una breve ricognizione che predilige luoghi, istituzioni, musei visitabili e appartenenti alla rete museale to-scana, spesso preferendo quelli che hanno gene-rosamente risposto e segnalato i contenuti risorgi-mentali delle proprie collezioni, ai cui responsabili va tutta la nostra gratitudine.

Tuttavia proprio per la crescente simpatia popola-re, per il “basilare interesse comune” di tutti i ceti e di tutti gli ideali (sia monarchici sia repubblicani) l’immaginario risorgimentale anche in Toscana ha generato quello che si può considerare un museo

Antonio CanovaMonumento a Vittorio Alfieri, 1810, Firenze, Santa Croce

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aperto. Quindi la terra che dette i natali a Ricasoli, a Dolfi, a Montanelli, a Guerrazzi, dove finì i suoi giorni Giuseppe Mazzini, e dove la carta delle pre-senze di Garibaldi si punteggia di molti ritorni fra 1848 e 1867 (Cetona, Cala Martina, Firenze più volte, Pisa, Talamone), è un teatro copioso costel-lato di segni eloquenti nei generi più vari. Senza contare, anzi in primis ricordando che di ideali li-berali si nutrì la stagione macchiaiola, la tendenza artistica più innovativa e al contempo cosciente-mente patriottica di tutto il XIX secolo in Italia. Si è scelto allora di percorrere angolature e itinerari tematici vari che diano idea dell’ampiezza dell’ar-gomento, a comporre un museo diffuso.

I quattro viaggi nella memoria che proponiamo attraversano i luoghi deputati a rappresentare l’epoca risorgimentale, che talvolta tornano in più di un itinerario, segnalati da specifici rimandi fra parentesi. Or dunque ci è parso necessario ripercorrere la pittura risorgimentale attraverso le collezioni pubbliche; ora ricordare le dimore che accolsero il pensiero liberale dal romanticismo (poiché l’idea unitaria non giunse improvvisa nel ’48 ma maturata nel tempo) all’unità, o le regge che furono palcoscenico e teatro di avvenimenti ufficiali. Ci è parso anche indispensabile non tra-scurare quella copiosa produzione di monumen-ti, particolare fioritura ottocentesca che resta a connotare le piazze, le strade e i cimiteri, offerta spesso alla consuetudine del nostro sguardo di-stratto. Essi invece costituiscono un libro aperto di storia patria, testimoni del ruolo della Toscana, oltre che offrire un compendio di stili scultorei del tempo. L’erezione di un monumento era allora spesso un evento corale e la commissione giun-geva allo scultore dopo aver vinto un pubblico concorso, indetto per volontà di Comuni o di co-mitati e reso possibile grazie a sottoscrizioni po-polari. Poi spesso alla base del monumento uno o più bassorilievi narravano episodi che spiega-vano la relazione fra il personaggio celebrato e il suo coinvolgimento con vicende locali.

Per finire ci è parso pratico e funzionale dedicare un percorso di visita attraverso quei musei e isti-tuzioni aperte al pubblico che in ogni provincia conservino cimeli, curiosità ed oggetti simbolici o storici che da varissimi punti di vista contribui-scano ad arricchire la nostra consapevolezza e le

Antonio Ciseri, Ritratto di Francesco Domenico Guerrazzi, 1873-74, Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Arte Moderna

Alessandro Lazzerini, Medaglione di Giuseppe Montanelli, basamento del monumento a Giuseppe Mazzoni, 1897, Prato

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I NTRODUZIONE

nostre conoscenze sul tema: un piccolo, veloce vademecum che riserva molte curiose scoperte e che speriamo invogli il lettore a viaggiare at-traverso la Toscana del Risorgimento in questo anno commemorativo.

Alessandro Franchi, Allegoria dell’Italia, 1884-88, Siena Palazzo Pubblico, Sala del Risorgimento

L’UNITÀ D’ I TALIA

L’Autrice desidera ringraziare in particolare per i suggerimenti e i preziosi consigli Maria Giulia Burresi, Elena Capolino di Casa Guidi, Elisabetta Dona’ Dalle Rose e Carmen Uriarte del Castello di Brolio, Cinzia Bibolotti e Franco Calotti del Museo della Satira, Pietro Finelli della Domus Mazziniana, Serena Pini, Donata Spadolini. Un riconoscimento particolare va a Lucia Mannini e Francesca Sborgi che hanno reso possibile la migliore stesura degli itinerari dedicati rispettivamente al monumento risorgimentale e alle dimore del Risorgimento. Grazie anche ad Attilio Tori che ha seguito con cura e continuità e con consigli preziosi la stesura dell’intero lavoro. Infine, un grande grazie a Claudio Rosati, a cui si deve l’idea di questo libro.10

La realizzazione del volume non sarebbe stata possibile senza la preziosa collaborazione e le informazioni fornite da:

Leonardo Alati; Giovanna Bacci di Capaci; Andrea Baldinotti; Claudia Bardelloni; Emanuele Barletti; Marco Baudinelli; Ines Berti; Lucia Bisanzi; Marco Bizzarri; Simona Brandini; Chiara Bratto; Maria Giulia Burresi; Patrizia Caroni; Elena Capolino; Fausto Casi; Cosimo Ceccuti; Mario Celi; Antonella Chiti; Mauro Civai; Daniela Degl’Innocenti; Simona De Marco; Lilina Di Mucci; Giustino Di Sipio; Jane Donnini; Francesca Fedeli; Jessica Ferro; Pietro Finelli; Cristina Gabbrielli; Maria Teresa Giaconi; Francesca Giampaolo; Beatrice Gori; Renata Gottschalk; Patrizia La Porta; Maria

Pia Mannini; Francesco Mazzoni; Pier Luigi Millozzi; Lucia Nadetti; Chiara Narduzzi; Arnaldo Niccolai; Laura Pellegrini; Elena Pianea; Roberta Pieraccioli; Serena Pini; Cristina Poggi; Nicoletta Porciani; Giovanni Pratesi: Veronica Radon; Paola Refice; Sandro Rogari; Claudio Rosati; Olivia Rucellai; Alba Scarpellini; Lisa Sciagrà; Carlo Sisi; Donata Spadolini; Claudio Stefanelli; Patrizia Sticchi; Marilena Tamassia; Elena Testaferrata; Federica Tiripelli; Stefania Ulivieri; Carmen Uriarte; Andrea Vanni Desideri; Giuseppe Vignali; Natascia Zambonini

LA TOSCANA E L’UNITÀ D’ I TALIA

ITINERARI

Il sentimento nazionale 12degli artistiPERCORSO 1 13Il Risorgimento attraverso il quadro di storia

PERCORSO 2 33Il Risorgimento attraverso il ritratto

La scultura celebrativa 48Il ‘monumento’ per l’UnitàPERCORSO 1 49Firenze risorgimentale, capitale d’Italia e della scultura celebrativa

PERCORSO 2 59I più celebri protagonisti della storia nazionale

PERCORSO 3 67Le glorie locali

La dimora del Risorgimento 72Regge Palazzi SalottiPERCORSO 1 73FIRENZE e la sua provincia

PERCORSO 2 91ATTRAVERSO LA TOSCANA luoghi-memorie degli ideali risorgimentali

I musei toscani e il Risorgimento 104

Informazioni e orari 132

Bibliografia 138

La suddivisione in itinerari tematici comporta che alcune istituzioni, opere, musei ecc. ricorrano in più capitoli della guida dove sono segnalati i rimandi alle altre sezioni in cui figurano. Nell’ultimo itinerario l’elenco segue l’ordine alfabetico per provincie; quindi i contenuti presenti nei capoluoghi e in seguito i siti nel territorio provinciale.

Indice

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IL SENTIMENTO NAZIONALE DEGLI ARTISTI

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IL SENTIMENTO NAZIONALE DEGLI ARTISTI

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PERCORSO 1Il Risorgimento attraverso il quadro di storia

La cultura artistica figurativa toscana ha nel XIX se-colo un suo momento di vivace sviluppo in conco-mitanza con gli avvenimenti storici fondamentali per il raggiungimento dell’Unità di Italia, direttamente partecipati e condivisi dagli artisti. Dal 1848 Firenze accoglie numerosi artisti combattenti esuli e itineranti dopo il fallimento dei moti rivoluzionari come il ve-ronese Vincenzo Cabianca, il napoletano Domenico Morelli, il romano Nino Costa. I toscani sopravvissuti durante le guerre di indipendenza, talvolta conser-vando per sempre segni irreversibili delle ferite come Giuseppe Abbati che perse un occhio nella battaglia sul Volturno nel 1860, ogni volta tornavano a Firenze sui tavoli del caffè Michelangelo ancor più infervorati, incoraggiati dal consesso allargato ad altri compatrioti coi quali condividere sentimenti, ideali civici e artistici. In questi anni la sperimentazione della pittura costruita con semplici, sintetiche zone di colore quindi si colora di patriottismo, e così di pari passo procede l’eviden-za formale in sintonia con la chiarezza dei contenuti espressi proprio come intendeva Mazzini in quel suo saggio celebre La pittura moderna in Italia (1841) che divenne una specie di breviario negli ambienti tosca-ni. L’arte che “riabilita, affina, inizia”, vi si leggeva, era quella che ritrae “l’aria libera”, non falsata dalla scuola romantica. In un bagno di ‘aria libera’ gli artisti presero nel decennio fra ’48 e ’58 a dipingere sia temi di storia passata sia di quella contemporanea come segno di tangibili speranze. E se quell’“incidenza icastica” della luce investe e attualizza i protagonisti di Firenze an-tica, con le sue mura di lì a poco abbattute secondo il piano urbanistico di Firenze capitale, all’epoca della seconda fase delle guerre d’Indipendenza quella luce di sintesi e concretezza distingue e accomuna i quadri di battaglia o che ritraggono la vita militare e quan-to la riguarda: siano affollati assalti siano immagini delle retrovie, dolorosi momenti o banali trastulli in attesa di combattere come nel quadro di Ferdinando Buonamici, La caserma di Modena con i volontari della Quinta Batteria toscana, 1885 (GAM, Firenze, replica di una prima idea in un abbozzo del 1859 con-servato presso il Centro per l’Arte Moderna Matteucci

Ferdinando Buonamici, La caserma di Modena con i volontari della Quinta Batteria toscana, (particolare)1859, Viareggio Centro per l’Arte Moderna Matteucci

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di Viareggio). L’artista evoca un momento vissuto di-rettamente durante la seconda guerra di Indipendenza con altri noti volontari macchiaioli Signorini, Borrani, Cecioni e i loro sostenitori come Diego Martelli e Gu-stavo Uzielli. Tuttavia la storia visiva dei sentimenti liberali in Tosca-na ha radici nel passato.

PRIME AVVISAGLIE ROMANTICHE

Il governo illuminato dei granduchi lorenesi, com-preso Leopoldo II che accettò con comprensione le aspirazioni d’indipendenza della Toscana, favorì il diffondersi già nei primi anni ’40 di magnanimo patriottismo e delle prime istanze risorgimentali, già velatamente presenti nei temi della pittura di storia di cui alcuni significativi esempi si conser-vano nelle gallerie pubbliche di Toscana. Tra questi le opere di artisti come Francesco Hayez e Giuseppe Bezzuoli che negli anni ’40 realizzano dipinti di storia segnati da sottesi ideali liberali. Li distingue l’accurato disegno, il rigore filologico nella ricostruzione degli ambienti e degli accessori, l’enfasi dei sentimenti espressi attraverso gesti e posture in-fluenzati dalle tecniche del melodramma del tempo: sono questi gli ingredienti di una tendenza che aveva a presupposti la fervida aderenza alle idee liberali e l’aspirazione alla unificazione della penisola con la cacciata dei governi di giurisdizione straniera.La Storia passata monito e riflessione per il presente.

Ferdinando Buonamici, La caserma di Modena con i volontari della Quinta Batteria toscana, 1885, Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Arte Moderna

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IL SENTIMENTO NAZIONALE DEGLI ARTISTI

FIRENZEMaestro di raffinatezza espressiva e fine interprete di metafore iconografiche storiche a sfondo patriot-tico e carbonaro, Francesco Hayez, consacrato “genio democratico” dalla penna di Mazzini, già nel 1841, è autore dei Due Foscari, acquisito alla Gal-leria d’arte Moderna di Palazzo Pitti a fine Ottocento per dono del suo proprietario-committente il poeta Andrea Maffei. Per lui infatti, traduttore in italiano dell’omonimo testo byroniano, Hayez dipinse fra 1852-54 questa seconda versione del fortunato soggetto, allora popolare grazie al melodramma di Verdi rappresentato alla Scala nel 1845. Il quadro è pervaso di quel “sentimento dell’Ideale” unitario che rendeva Hayez, scrive ancora Mazzini, “il capo della Pittura Storica” nella penisola. Il tema di exempla virtutis rappresenta una metafora della tragedia del potere: il dramma del doge Francesco costretto alla sentenza contro il figlio per obbedire ai comanda-menti della repubblica: “Giustizia ha i diritti suoi…/M’è d’uopo rispettarne anche il rigore…/Sarò Doge nel volto e/padre in core”.

PISTOIAFra le opere della collezione di Niccolò Pucci-ni pervenuta al Museo Civico della città quelle a tema storico dipinte da Giuseppe Bezzuoli, legato da amicizia e condivisione di ideali al magnanimo committente pistoiese, testimoniano alla fine degli anni ’30 il precoce moderato pensiero libertario del committente e costituiscono, con il quadro di Hayez alla Galleria di Pitti e le decorazioni parietali del periodo nel territorio toscano (cfr. p. 82), il pro-

Francesco Hayez, I due Foscari, Firenze, 1852-4, Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Arte Moderna

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dromo della pittura a sfondo ed ideali dichiaratamente risorgimentali che si diffonderà a breve in Toscana. Dedicata alla condanna della tirannia, la Morte di Lo-renzino de’ Medici (1839-40), a pendant del disper-so Morte di Filippo Strozzi, è esemplare prova delle ‘’passioni dipinte’ calate in ambientazioni e costumi di scena alla maniera romantica. Il quadro comunque contiene i primi segni di insofferenze e speranze irre-dentiste testimoniati dagli scambi epistolari tra autore e committente. Ancor più evidentemente simbolico del rifiuto della tirannide è la terza opera storica commissionata da Niccolò Puccini a Emilio Busi nel 1838 Il moto del Balilla (poi conclusa alla sua morte da Luigi Asioli, allievo del Bezzuoli), che ad approfondire la docu-mentazione storica volle direttamente recarsi a Geno-va, teatro dell’insurrezione popolare contro il tiranno straniero. L’opera divenne subito molto nota per il suo tema patriottico tanto che ne furono tratte alcune in-cisioni, che ne diffusero la notorietà al largo pubblico.

Giuseppe Bezzuoli, Lorenzino de’Medici assassinato sulla piazza dei Santi Giovanni e Paolo a Venezia, 1839-40, Pistoia, Museo Civico

Emilio Busi e Luigi Asioli, La Cacciata dei Tedeschi da Genova per il moto del Balilla, 1839-1842, Pistoia, Museo Civico

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IL SENTIMENTO NAZIONALE DEGLI ARTISTI

PRATONel Municipio di Prato si trova conservato un quadro singolare che vale ricordare per la sua iconografia eclettica. Rappresenta Il bacio della Fratellanza delle città di Prato e Pistoia, al tem-po della proclamazione della Guardia Civica in Toscana proclamata il 12 settembre del 1847 e ne è autore un pittore locale, Tommaso Pallo-ni. Nel tripudio tricolore che investe la piazza del Palazzo Pretorio si mescolano così Niccolò Fonte-guerri e Cino da Pistoia insieme al patriota pratese Pier Cironi e Giuseppe Garibaldi. All’enfatica com-mistione dei personaggi l’autore aggiunge anche la rappresentazione allegorico-politica dell’Italia in catene affiancata dalle quattro Potenze: la Francia, l’Inghilterra, la Russia e l’Austria, il tutto racchiuso da una sontuosa cornice intagliata che porta incisi versi scritti da Giovan Battista Niccolini. Sebbene dagli anni ’40 si affaccino le nuove pro-poste del linguaggio macchiaiolo, e di pari passo una nuova inclinazione iconografica dedicata piut-tosto che alle vicende militari a quegli aspetti uma-ni e quotidiani che quelle convogliavano, fino agli anni ’60 prosegue la tradizione pittorica dell’Ac-cademia fiorentina e dell’Istituto d’Arte senese, tendenza fondata sul disegno e il rigore compositi-vo. Anche per gli artisti fedeli alla raffigurazione di temi storici, pur a sfondo o a metafore patriottiche, l’evoluzione stilistica era segnata da un maggiore naturalismo disegnativo.Lo si nota ad esempio nel dipinto di Stefano Ussi, La cacciata del Duca d’Atene, 1854-60 (ill. p.18). L’imponente quadro di evocazione storica fu eseguito a Roma, ed esposto e premiato a Firenze nel 1861. Rappresenta un episodio di storia patria di evidenti allusioni al passato prossimo risorgimentale. Infatti la scena, tratta dalle Storie fiorentine di Machiavelli e soggetto del romanzo Il duca d’Atene di Niccolò Tommaseo, rievoca una vicenda chiaramente analo-ga alla cacciata del granduca Leopoldo II da Firenze, avvenuta il 27 aprile 1859, alla quale l’artista aveva partecipato. Affollano la sala l’avventuriero Gualtiero di Brienne con la cerchia dei suoi impassibili consi-glieri e una folla di concitati repubblicani già sicuri del-la riconquistata libertà dall’oppressore: a questa data, 1861, il quadro risulta un enfatico gesto celebrativo, dove si combina il pathos teatrale del romanticismo storico con la ricostruzione filologica, ma venata di rigore positivista che dette modo alla critica del tempo di salutare l’opera come “bella imitazione del vero”.

Tommaso Palloni, Il bacio della Fratellanza delle città di Prato e Pistoia, al tempo della proclamazione della Guardia Civica in Toscana proclamata il 12 settembre del 1847, 1848, Prato, Palazzo Comunale

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Del resto Ussi aveva negli anni condiviso ideali politici e conversari d’arte con gli artisti riuniti al caffè Miche-langelo e partecipato alle lotte interventiste. A testimo-nianza presso il Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi si conserva la raccolta di circa 30 disegni, tra cui vari freschi ritratti dal vero dei compagni soldati, eseguiti dall’Ussi durante i moti del ’48 e la prigionia austria-ca presso le alpi Noriche. Per il suo grande quadro storico posarono poi alcuni giovani artisti-patrioti, conosciuti esuli a Firenze nel ’48 e qui nel tempo via, via ritornati, da Domenico Morelli a Stanislao Pointeau ad Amos Cassioli. Dalla stessa fonte del quadro di Ussi, le Istorie fiorentine di Machiavelli, è tratto l’episodio del dis-seppellimento del corpo di Jacopo de’ Pazzi mem-bro della famiglia che aveva congiurato contro il governo di Lorenzo il Magnifico nel 1478, (GAM, Firenze) dipinto da Odoardo Borrani. Pur essendo allievo di Antonio Ciseri, in Medioevo (Il dissep-pellimento di Jacopo de’Pazzi) Borrani è incline a sperimentare uno stile nuovo che affida al colore luminoso la funzione di attualizzare il quadro di sto-ria o il tema letterario e di assottigliare la distinzio-ne fra pittura storica e pittura di genere. L’episodio forse può alludere, come ha supposto la critica recentemente, al comportamento di Vittorio Ema-nuele II nei confronti di Garibaldi dopo la campagna di Aspromonte che risale alla vigilia della realizza-zione di questo quadro, fra 1862 e ’63: come verso Lorenzo anche verso Garibaldi in quel frangente fu mossa una sorta di congiura (Alfred Boime, 1993).

Stefano Ussi, La cacciata del Duca d’Atene, 1854-60, Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Arte Moderna

Odoardo Borrani, Medioevo Disseppellimento del corpo di Jacopo de’ Pazzi, 1862-3, Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Arte Moderna

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Al Concorso voluto da Bettino Ricasoli e bandito il 23 settembre 1859 dal Governo Provvisorio della Toscana per incitare gli artisti contemporanei a di-pingere opere che celebrassero gli ultimi gloriosi esiti unitari afferivano due sezioni, una dedicata al quadro di storia antica, dunque a metafora dei fatti attuali, l’altra ad opere direttamente ispirate dalle vicende belliche contemporanee. Gli artisti erano invitati a presentare dei bozzetti che illustrassero il tema e l’invenzione compositiva, per quelli giudicati vincitori ne conseguiva l’esecuzione. Amos Cassio-li, senese, rispose al concorso mentre era borsi-sta a Roma. Il suo bozzetto Federico Barbarossa sconfitto a Legnano dalla Lega Lombarda risultò nel marzo 1860 vincitore della sezione di storia antica. Ma l’esecuzione finale del quadro (La battaglia di Legnano, 1859-1870) oggi alla GAM, Firenze, im-pegnò l’artista per un decennio durante il quale por-tò a compimento una scena cruenta che, secondo tradizionale impianto, lascia al primo piano l’azione bellicosa con l’invasore sconfitto ed enfatizza il car-roccio della libertà comunale stagliato sulla folla e fra le polveri del campo di battaglia.Anche il giovane Fattori a fine anni ’50 si dedicava al quadro di storia. Affrontava tuttavia il tema ro-mantico con rinnovata attenzione ai valori cromatici e al chiaroscuro. Nino Costa colse subito questi aspetti nuovi e incoraggiò il giovane promettente a partecipare al concorso Ricasoli. Nacque così la Battaglia di Magenta, che segna l’inizio di una nuova fase della pittura di storia ottocentesca.

Amos Cassioli, La battaglia di Legnano, 1859-1870, Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Arte Moderna

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DAL QUADRO DI BATTAGLIA A QUELLO DI IDEALI

Il 1859 fu un anno di sanguinose guerre patriottiche per conquistare l’aspirata libertà, sancita in Toscana in aprile con l’istituzione del Governo Provvisorio del quale Bettino Ricasoli fu ministro dell’interno, per poi diven-tarne primo ministro nell’estate dello stesso anno a seguito dell’armistizio di Villafranca. Il Barone di Ferro (cfr. pp. 51, 99, 131) fu principale arte-fice del concorso con cui il governo intendeva coinvolgere l’arte, in un momento di particolare parallelo risveglio, nel risorgimento naziona-le. Fra settembre ed ottobre 1859 il “Monitore toscano” dava annuncio del concorso e indicava per la se-zione di soggetti dedicati alla storia recente le battaglie della seconda guerra d’Indipendenza. Molti artisti

aderirono. Giovanni Fattori, sospin-to dalle esortazioni dell’amico Nino Costa, presentò il giorno prima della chiusura dei termini, due bozzetti ine-renti la battaglia di Magenta.

Giovanni Fattori, Il campo italiano dopo la battaglia di Magenta, 1861Fattori scelse di rievocare la battaglia del 4 giugno ’59 di cui nei due boz-zetti presentati al concorso propose momenti diversi: un carro portaferiti in transito nelle retrovie italo-francesi e l’assalto dei granatieri di Napoleo-ne III contro le postazioni austriache. Di certo focalizzare l’attenzione su “l’ambulanza con le suore di carità” era stata per l’artista e per la com-missione che lo aveva premiato una scelta testimone di tempi nuovi.In effetti questo suo primo quadro di tema militare contemporaneo, nel settembre del 1861 propose alla pri-

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ma Esposizione Nazionale a Firenze uno stile moderno, sintetico, di mac-chia, in un episodio per niente pro-pagandistico ed enfatico dell’epopea risorgimentale. Era piuttosto un atto di misericordia che supera gli schie-ramenti umani: “la sofferenza dell’uo-mo in seno al più ampio scenario del-la storia” come fu detto a sua lode. Qualunque fosse la divisa dunque qui prevale la pietà umana e il rispetto per il tributo della vita: l’artista infatti nella versione definitiva non esita a dispiegare soldati di tutti gli schie-ramenti in campo, i generali francesi a destra, che servono ad acuire con il loro sguardo l’attenzione sul tema principale, le truppe italiane dei ber-saglieri a sinistra, e quei malconci armati transalpini che le suore della carità tentano di richiamare per soc-correrli con la stessa cura dispensata al nemico austriaco morente sul car-

ro. Questa nuova iconografia bellica contemporanea che incoraggerà gli artisti a scegliere sempre più la raf-figurazione di situazioni quotidiane e sentimenti etici ed umani nei temi militari con protagonisti soldati senza nomi magniloquenti, trovava l’appro-vazione audace della giuria per il suo saper trasmettere l’atteggiamento etico dell’autore, e per quanto questo combaciava con uno stile rinnovato piano, pervaso di una luce costruttri-ce, asseverativa degli stati d’animo attraverso la nitida corrispondenza fra forme e gamme cromatiche, così come solo può dipingere chi si sia direttamente ispirato dal vero. È noto che Fattori avesse dirottato il proprio viaggio di nozze proprio verso la pia-na di Magenta per osservare i luoghi degli accadimenti, la luminosità di quei luoghi conservata dall’ampio paesaggio del quadro.

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Le altre opere proposte per il concorso invece si esprimevano per la maggior parte in toni più enfatici ed eroici, nel solco della tradizione delle committenze lorenesi e della pittura di storia. Così Luigi Bechi, pur nella fedeltà dell’ambientazione, inscena un episodio del combattimento a Monte-bello (quando il Marchese Fadini salva la vita al colonnello De Sonnaz, 1859-62 GAM, Firenze) all’acme dell’azione, mentre di scontri altrettanto enfatizzati racconta La battaglia di Palestro, di Emilio Lapi, 1859-62 GAM, Firenze. Il messaggio universale trasmesso dal quadro di Fattori dove-va invece trovare un rispettivo nel tema di virtù morale di Alessandro Lanfredini, Le cartucce degli italiani (1859-62, GAM, Firenze), e quindi il sacrificio dei coscritti di origine italiana arruolati dagli austriaci che, per evitare il fratricidio, aveva-no caricate le proprie cartucce a salve. Eppure la tensione di gesti e di sguardi eredita l’impostazio-ne teatrale tipica del quadro di storia accademico e lascia mirabilmente isolata nella sua unicità di battistrada l’opera di Fattori.

Luigi Bechi, Il Marchese Fadini salva la vita al colonnello De Sonnaz, 1859-62, Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Arte Moderna

Emilio Lapi, La battaglia di Palestro, 1859-62, Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Arte Moderna

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LA STORIA PRESENTE ATTRAVERSO LA PITTURA MILITARE

La condivisione degli ideali risorgimentali da parte degli artisti portò fra 1859 e 1870, anno della liberazione di Roma, in tutta la penisola dif-fusamente il tema militare nel pennello e sulle tele di molti intenti a ritrarre le battaglie più note. Ne sono esempio alcune opere esposte a Livorno a Villa Mimbelli, sede del Museo G. Fattori. Sia nel concitato La battaglia di Montebello (1862) che in L’assalto a Madonna della Scoperta (1868) l’artista predilige i grandi formati e l’andamento orizzontale della scena dove compone momenti vivaci della battaglia a situazioni diversificate di cui sono protagonisti quasi sempre soldati co-muni, spesso figure riprese dal vero e fermate per memoria sui taccuini, ricomposti nelle af-follate tele dove si mescola la sensazione della grande composizione corale ai frammenti di evidente realtà (spesso da punti di vista tergali), tutto unificato dai colori sempre chiari e da un registro disegnativo composto ed armonico.Quando poi gli eventi piegarono a sfavore nella ter-za guerra di Indipendenza, quando l’esercito ne-

Giovanni Fattori, La battaglia di Montebello,1862, Livorno, Museo Civico G. Fattori

Giovani Fattori, L’assalto alla Madonna della Scoperta, 1868, Livorno, Museo Civico G. Fattori

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onato incassò una dolorosa sconfitta culminante nella battaglia di Custoza contro gli Austriaci, che solo per umilianti assestamenti diplomatici cede-vano il Veneto alla Francia che lo donava all’Italia: le opere del livornese sembrano ancor più disin-cantate dinanzi al sangue inutilmente disperso, giacché il Trentino restava irredento. Nel monu-mentale quadro a Villa Mimbelli Hurrà ai valorosi (Guerra del 1866) si rinnova l’interesse per la raf-figurazione delle retrovie dove sono protagonisti i volti rudi e scoraggiati di anonimi eroi senza gloria di cui accresce il vuoto e lo sconforto il grottesco giubilo dei compagni a destra, un “trionfo in nega-tivo” (V.Farinella). Il taglio fotografico e accidenta-le, accresciuto dal punto diagonale d’osservazio-ne, accentua l’effetto aspro, reale e desolato come similmente prende forma nella narrazione militare di Edmondo De Amicis. Anche la pittura asciutta e scarna vi contribuisce, genera un’assenza palpa-bile di corpo e sonorità, e predomina il silenzio per le grandi tragedie della storia. Un celebre quadro della maturità racchiude poi metaforicamente le delusioni cocenti della nuova nazione dopo le glo-riose lotte d’Indipendenza, nel truce ritratto dello Staffato, 1880 (Gam, Firenze).Fattori, per altro, non aveva partecipato agli eventi bellici, mentre gli ideali mazziniani avevano spinto molti macchiaioli a prendere le armi, e qualcuno come Raffaello Sernesi, arruolato coi garibaldini nel 1866, vi perse la vita. Le loro battaglie dipinte e direttamente vissute tro-vano posto in paesaggi pervasi di luci reali dove i ricordi si esaltano nella pittura en plein air, proce-

Giovanni Fattori, Hurrà ai valorosi (Guerra del 1866), 1907, Livorno, Museo Civico G. Fattori

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dura fondamentale per i macchiaioli. Così Telemaco Signorini, volontario nella seconda guerra d’Indipen-denza, è autore di due opere che ne ritraggono episodi intensamente luminosi, esposte alla Gam di Firenze: Avanti a braccio, 1860, presenta l’artiglieria toscana che avanza nel mantovano sotto gli occhi degli zuavi francesi e attraversa uno spazio punteggiato dai toni azzurro del cielo, verde e rosso, vivaci emozioni unita-rie. Fu commissionato da Gustavo Uzielli, noto scien-ziato fiorentino, volontario di quei moti e poi medaglia al valore dell’impresa meridionale garibaldina per il contributo alla difesa di Santa Maria di Capua, epi-sodio dipinto da Fattori nel 1899-1900 in Battaglia del Volturno, dall’Uzielli commissionatagli e come l’altro quadro donato alla Gam. Sempre a Signorini si deve la Cacciata degli austriaci dalla borgata di Solferino (1860) dove gli scontri fra i soldati distinti dalle diver-se divise hanno luogo in uno scenario cadenzato dalle alternanze di luci ed ombre Il corale soggetto militare e belligerante cede il passo a punti di vista ravvicinati e riprese parzia-li– che dunque dialogano più apertamente ormai con il tema di genere – nelle scelte di Silvestro Lega, altro macchiaiolo di ideali liberali, anzi re-pubblicani, che dopo aver partecipato alle prime guerre d’Indipendenza era stato restio nel 1859 a partire in una seconda campagna che presagiva l’esito monarchico.

Telemaco Signorini Cacciata degli austriaci dalla borgata di Solferino, 1860, Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Arte Moderna

Silvestro Lega, Un’imboscata di bersaglieri in Lombardia, 1861, Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Arte Moderna

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Nel pendant Bersaglieri che conducono prigionieri austriaci, e Un’imboscata di bersaglieri in Lom-bardia, del 1861(GAM, Firenze) (ill. p. 25) Lega propone episodi antieroici, di cui sono protagonisti i sentimenti umani accolti in un paesaggio veritiero, da una luce tersa che esalta insieme l’immagine di gruppo e gli ideali: il “piglio eroico del gesto di vit-toria” diffuso dall’eco sonora della tromba.Opere di un ex-militare di professione, l’elbano Pietro Senno, sono le due grandi tele I Toscani a Curtatone (1861, Collezione Ente Cassa di Risparmio, Firenze) e

Il principe Amedeo di Savoia alla battaglia di Custoza (1866, GAM, Firenze), testimonianze di una guerra direttamente vissuta, prima di ritirarsi nel 1852 per dedicarsi alla pittura, come dichiarano i numerosi par-ticolari di cronaca che coronano le vicende principali delle due note battaglie rappresentate. Nella commistione fra episodi da retrovie e i mo-menti eroici, presenze di ignoti soldati, volontari e celebri generali, si modernizza il clima di pathos ro-mantico, poiché la minuzia illustrativa e documen-taria positivista, innestata su luci e forme di sintesi macchiaiola, mira a documentare e dettagliare gli affetti e i sentimenti patriottici. Ad esempio Luigi Norfini, nei suoi due quadri ospitati nella sezione ri-sorgimentale del Museo di Villa Mansi a Lucca, rie-voca le vicende militari alle quali aveva preso parte personalmente La battaglia di Curtatone (1865-1875 ca.) e La collina di San Martino (1874). Carlo Ademollo, nell’ampia tela di L’ultimo assalto alla battaglia di San Martino, 1865, (GAM, Firen-ze) dispiega un largo compendio di atteggiamenti e impressioni sul ricordo della sua partecipazione alla battaglia ritratta come un’epopea, similmente

Pietro Senno, I Toscani a Curtatone (veduta presa sul Ponte dell’Osone), 1861, Firenze, Collezione Ente Cassa di Risparmio di Firenze

Luigi Norfini, La battaglia di Curtatone, 1865-1875 ca., Lucca, Museo Nazionale di Palazzo Mansi

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Giuseppe Moricci, Il medico Zannetti cura un soldato ferito, 1848, Firenze, Fondazione Spadolini Nuova Antologia

Carlo Ademollo, Anna Cuminello uccisa durante la battaglia di San Martino, 1861ca, Arezzo, Museo Statale di Arte Medievale e Moderna

Carlo Ademollo, Pasquale Cova alla Battaglia di Varese (particolare), 1859 Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Arte Moderna

allo spirito enfatico che sale dai dipinti del Norfini. Giuseppe Moricci, artista di stile affabile nel di-segno e delicato nei toni volti a rendere evidenti i sentimenti umani e patetici, e per questo erede del romanticismo toscano, nel quadro conservato pres-so la Fondazione Spadolini, Il medico Zannetti cura un soldato ferito, 1848, esalta le virtù del medico aretino irredentista, chirurgo di fama all’università di Firenze partito coi volontari nel ’48 e distintosi per la propria attività messa al servizio dei patrioti sul cam-po di Curtatone e Montanara. Fu lui ad estrarre la pallottola a Garibaldi nel 1862 ferito in Aspromonte.

EROISMO POPOLARE E GLORIE LOCALI

Allo stile narrativo ed affabile di Ademollo e Moric-ci ben si confaceva l’intenzione celebrativa di eventi esempio d’eroismo popolare espresso nelle gesta di valorosi sconosciuti come il giovane Pasquale Cova, quindicenne arruolato e subito in campo, pri-ma ancora di indossare la divisa, così come lo ritrae Ademollo nella Battaglia di Varese del 1859 (GAM, Firenze), in un primo piano celebrativo, non diverso da quello che lo stesso artista sceglie per ricordare l’eroismo femminile (in Toscana tema che torna an-che nella decorazione parietale, cfr p. 89) di Anna Cuminello nelle tre tele dedicate alla popolana forzata dagli austriaci ad andare ad attingere acqua nel pieno degli scontri durante la Battaglia di San Martino, che le fu fatale. I due episodi, del comando e del ritrova-mento del corpo esangue, sono narrati da Ademollo sul primo piano dove la scena esprime la sua dram-maticità nei gesti, nelle pose, nelle espressioni (Anna di Cuminello costretta dagli austriaci e Anna Cumi-nello trovata morta il giorno dopo la battaglia di San Martino, 1861ca GAM, Firenze), nel terzo (1861), conservato nel Museo Statale di Arezzo (ill. pp. 27, 104), il punto di vista si allarga al campo di battaglia e l’esangue figura femminile accanto al pozzo rap-presenta uno dei tristi particolari della scena.

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RIFLESSI PRIVATI DEGLI EVENTI BELLICI: I SENTIMENTI PATRIOTTICI NELL’EDUCAZIONE E NEGLI AMBIENTI DOMESTICI

L’immagine femminile nel Risorgimento tuttavia si identifica piuttosto che nella figura eroica di combattente più diffusamente in un altro tipo di eroismo, ritenuto al tempo non meno rilevante, nel ruolo di educatrice ai buoni ideali e custode del focolare domestico, sia madre, sposa o sorella.Così i luoghi domestici sono scenari che accolgo-no le partenze, gli addii, gli scambi epistolari dal fronte dei volontari, un’iconografia di gran fortuna fra gli artisti, e rappresentata nei più diversi am-bienti, da quelli nobili ai borghesi agli umili, strap-pati dalle miserie domestiche per quelle belliche. Una sorta di poesia degli affetti che si manifesta in immagini pittoriche che registrano gli echi degli eventi politici (per la compresenza di oggetti sim-bolici come le divise, il tricolore, o le effigi di illustri condottieri e politici), entro una composizione di genere inaugurata dai fratelli Induno, in Lombar-dia, ma molto presente anche in Toscana. Quadri premacchiaoli come La partenza del volonta-rio, 1858 di Vincenzo Cabianca (Livorno, Mu-seo G.Fattori), La lettera del volontario del 1859 (1861) di Giuseppe Moricci (Firenze, GAM), o La partenza del garibaldino nel 1859 (1861, Firenze GAM) di Ignazio Affanni, composti alla maniera di Induno, dove gli affettuosi saluti patetici agli anzia-ni genitori o quelli inviati a famiglie in trepida attesa di buone notizie, si tingono di sentimenti patriottici evocati dai simbolici toni cromatici tricolori.

Vincenzo Cabianca, La partenza del volontario, 1858, Livorno, Museo Civico G. Fattori

Odoardo Borrani, Il bollettino del 9 gennaio 1878,1880, Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Arte Moderna

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Nella cadenza colloquiale, essenziale i mirabili niti-di interni domestici privi di toni enfatici di Cecioni, di Borrani, Abbati, divengono gli appartati spazi di “fuga dallo scenario dell’Italia post-unitaria, dove burocrazia e retorica del potere avevano preso il so-pravvento sui più puri ideali risorgimentali” (L. Lom-bardi) - e così Il bollettino del 9 gennaio 1878, (1880, Firenze, GAM) sembra chiudere un’epoca come paiono dirci i volti mesti delle tre donne di diversa età che apprendono la scomparsa del primo re d’Italia, la cui immagine figura sulla lampada che rischiara, a metafora, il tavolo da lavoro domestico.

Il tema del volontario e dei sentimenti che riguar-dano l’umanità del soldato passato dal verismo intimo e patetico premacchiaiolo attraverso la pit-tura di macchia giunge al realismo più avanzato di secondo Ottocento. Ora il revival del tema risor-gimentale viene coltivato sia per incoraggiamento governativo sia per rimpianto dei patrioti delusi. Ne sono esemplificazione le opere del livornese Cesa-re Bartolena, come La madre del coscritto e Let-tera alla mamma, opere conservate a Palazzo Pitti e appartenute al sovrano. Vi si coglie una chiarezza disegnativa e di luce diffusa che genera un senso di distacco oggettivo, come notarono i critici del tem-po, che ritorna in I volontari livornesi al seguito di Garibaldi del 1872. L’opera fu commissionata da un comitato cittadino teso a sottolineare il fer-vore patriottico condiviso dalla città labronica fin dai primi moti di indipendenza, e che volle donare l’opera (oggi al Museo Fattori) al Comune insieme a vari ritratti di notabili patrioti cittadini.

Non si può che concludere l’excursus attraverso il tema risorgimentale nella pittura moderna col ricordarne la fortuna più recente, quando da sog-getti contemporanei le vicende del Risorgimento divennero a loro volta exempla virtutis per l’attua-

Cesare Bartolena, I volontari livornesi al seguito di Garibaldi, 1872, Livorno, Museo Civico G. Fattori

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lità quanto lo erano stati i temi storici del passato durante il romanticismo. A seguito della recente ac-quisizione della Battaglia di Ponte dell’Ammiraglio di Renato Guttuso, risalente al 1951-52, questo gran-de quadro insieme a La battaglia di San Martino, capolavoro che Corrado Cagli ha dipinto nel 1936, sono oggi ammirabili nell’allestimento della ex-chiesa di San Pier Scheraggio, all’ingresso degli Uffizi, come una sorta di pendant moderno dedicato al senso patriottico e liberale che la storia insegna. L’uno si-gnificativamente dipinto alla vigilia della partenza di Cagli dall’Italia a causa delle leggi razziali, ritrae la più lunga e sanguinosa battaglia della seconda guerra d’indipendenza per l’Unità, l’altro è un’opera rappre-sentativa della pittura realista italiana del secondo do-poguerra, dove l’artista ritrae il nonno Ciro Guttuso, arruolatosi garibaldino, a testimoniare, insieme ai per-sonaggi raffigurati nel quadro che avevano partecipa-to alla guerra di liberazione partigiana e poi membri del Partito Comunista Italiano di allora, la tradizione biografica della propria vocazione democratica.

A fronte: Corrado Cagli, La battaglia di San Martino, 1936, Firenze Galleria degli Uffizi

Renato Guttuso, Battaglia di Ponte dell’Ammiraglio, 1951-52, Firenze Galleria degli Uffizi

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PITTORI PATRIOTI

Fra gli artisti vissuti in Toscana al tempo degli ideali irredentisti è più facile spuntare i nomi dei non com-battenti fra i tanti che hanno invece partecipato attivamente ai conflitti, arruolati o volontari. Fattori è fra quei pochi nonostante il tema militare lo abbia attirato fin dalla gioventù. Come osserva Telemaco Signorini – volontario toscano nel ’59 – nella Firenze ancora di Capponi e Tomma-seo si erano incontrati solidali “dopo la restaurazione del governo grandu-cale, quasi tutti i pittori che avevano fatto la campagna di Lombardia nel ’48 e la difesa di Roma nel ’49”. Sono numerose le loro opere che re-stano in istituzioni pubbliche o private fruibili in Toscana.Ricordiamo Cesare Bartolena (fra i primi a partire nel ’48 e ancora nel

’59), Ferdinando Buonamici arruo-lato nel ’48 insieme a D’Ancona, De Tivoli, Lanfredini, Lega, Tricca, Ussi, e nel ’59 ancora nell’artiglieria tosca-na con Borrani, Cecioni, Martelli e Signorini, nonché Pietro Senno che scende in campo a Curtatone nel 1848. Poi anche Abbati, che perse l’occhio destro alla Battaglia del Vol-turno nel 1860, Ademollo, volontario sia nella seconda Guerra d’Indipen-denza che nel 1867 a Mentana e Villa Glori. Fra i patrioti artisti nati in altre regioni ma a Firenze transitati esuli Vincenzo Cabianca, Nino Costa, Domenico Morelli, i più noti fra tanti. Sorte peggiore che ad ogni altro toc-cò al macchiaiolo Raffaello Sernesi che arruolato nel 1866 coi volontari garibaldini perse la vita a 28 anni a seguito delle ferite riportate, prigio-niero degli austriaci.

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Antonio Puccinelli, Ritratto di giovane volontario toscano, 1849, Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Arte Moderna

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Il sentimento risorgimentale si manifesta anche attraverso questo genere di gran fortuna nell’Otto-cento. A metà secolo infatti il ritratto era panorama privilegiato di sperimentazione artistica: la dispo-sizione all’osservazione del vero incoraggiava la rappresentazione verosimile dei personaggi, sia delle loro fattezze negli ambienti di appartenenza sia della manifestazione di sentimenti e caratteri. Dunque nel ritratto artisti e committenti espres-sero con evidenza sentimenti e propensioni libe-rali. Su volti e sguardi dipinti più o meno illustri, conservati nelle collezioni toscane, si può quindi ripercorrere la storia dell’Unità. I ritrattisti allievi dell’Accademia vi avevano impa-rato a comporre l’immagine con purismo e verità, sul rigore del disegno che dona un’enfasi celebra-tiva antitetica alla naturalezza dei macchiaioli, ma sempre condividendo l’esigenza moderna di inda-gare la psicologia di chi ritraevano. Alla Galleria d’Arte Moderna fiorentina si conser-vano tre ritratti di patrioti dipinti da Antonio Puc-cinelli, eloquenti manifestazioni degli ideali che li accomunavano all’autore. Puccinelli infatti è fra i giovani artisti che si ritrovano attorno ai tavoli del Caffè Michelangelo nel clima fervente del ’48 ad unire pensieri per il rinnovato linguaggio artistico alle aspirazioni di unificazione per l’Italia. Su que-sta congiunzione di intenti Puccinelli è autore del ritratto di Curio Nuti, combattente a Curtatone,di Emilio Donnini, collega ed amico di affini ideali irredentisti, e di un notevole Ritratto di giovane volontario toscano, 1849, come si evince dalla divisa indossata. Sebbene se ne ignori l’identità la dedica dell’artista sul retro del quadro ci par-la del legame d’amicizia col ritrattato nella cui giovane età si racchiude uno sguardo intenso e sincero, traduttore dei principi patriottici a mani-festo del sembiante e dei sentimenti di migliaia di volontari. È una fine e precoce prova delle qualità ritrattistiche dell’autore che da allievo del purista Bezzuoli combina delicati passaggi tonali a defi-nire minuti effetti sull’epidermide, sulla barba, ad

PERCORSO 2 Il Risorgimento attraverso il ritratto

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una costruzione dell’immagine già di sintesi per toni cromatici.Il più noto ritrattista toscano di quell’epoca, An-tonio Ciseri (a lui è dedicata una sala alla Gam di Firenze), è autore del grande e raffinato Ritratto di Vittoria Altoviti Avila Toscanelli, il cui bozzetto è conservato alla Gam di Firenze. Il ritratto a tut-ta figura della notabile signora fiorentina cognata di Ubaldino Peruzzi (lo stratega con Ricasoli del Governo Provvisorio di Toscana di cui fu Ministro degli Interni, e ai quali è dedicato il monumento in Piazza Indipendenza a Firenze cfr. p. 51) e sposa del pisano Giuseppe Toscanelli (deputato al Par-lamento da Torino a Roma) è stato recentemente rintracciato (M.G.Burresi) nella villa di famiglia presso Pontedera. Sempre devota alle tradizioni culturali e mecenatizie della propria nobile famiglia d’origine, Vittoria proteggeva intellettuali e artisti accolti nel palazzo in L.no Toscanelli a Pisa: da Giuseppe Giusti e Edmondo De Amicis, a Renato Fucini, da Ciseri, che forse lì la ritrasse, ai mac-chiaioli Signorini e Cecconi.Il Ciseri della maturità ha tracciato invece con forme di colore più sintetiche il moderno ritratto post-mortem di Francesco Domenico Guerrazzi 1873-74 (GAM, Firenze ill. p.8.), Il triumviro del Governo Provvisorio di Toscana fra 1848 e ’49, è qui ripreso da una fotografia di età più avanzata ed immerso in una luce definita, ben chiaroscurata, che evidenzia lo sguardo intenso e consapevole dello scrittore livornese, quanto lo stile della sua narrazione realista, spesso ironica e beffarda, mossa dalla disillusione per gli esiti unitari del 1870.Per i macchiaioli tale disillusione per la diplomazia di Cavour, per l’arresto di Garibaldi in Aspromonte e l’affermazione della politica moderata dei Savoia, si univa lo scetticismo verso la radicale trasforma-zione di Firenze neo capitale (fra 1865 e 1870) coi boulevards e i quartieri risanati e ricostruiti. I loro ritratti vivono di un partecipato intimismo, sempre più evidente in epoca post-unitaria e umbertina, quando furono autori di raffigurazioni nostalgiche e critiche come dichiarano la produzione militare di Fattori o i ritratti dagli sguardi melanconici come quello di Garibaldi anziano dipinto da Vincenzo Ca-bianca, conservato alla Gam di Firenze. Tuttavia l’arrivo della corte sabauda dette alla città un’impronta di vivibilità diversa, guidata da una alta borghesia amministrativa e imprendito-

Antonio Ciseri, Bozzetto per il Ritratto di Vittoria Altoviti Avila Toscanelli, 1870. Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Arte Moderna

Virginio, Questi non è cuoco né fornaio / Gli è Francesco Domenico il pastaio, in “Il Fischietto”, 1864, Forte de’ Marmi, Museo della Satira e della Caricatura

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riale. Michele Gordigiani fu ritrattista esemplare di questa società con una pittura piana e narrati-va, ma anche sensibile alla pittura di macchia nel senso della ripresa dal reale e dell’immersione dei ritrattati in una luminosità chiara, descrittiva e do-cumentaria secondo il clima positivista in ascesa come nel Ritratto di Leopoldo Montucchielli, del 1859. Questi era un umorista toscano di ideali ir-redentisti, impegnato fin dalla prima guerra d’in-dipendenza sul campo di Curtatone e Montanara. La simpatia di Gordigiani per ideali irredentisti e progressisti sembra rintracciarsi ancora nel Ri-tratto di Thomas Carlyle del 1869-70 (GAM, Firenze). Con lo scrittore irlandese, autore dei 3 celebri volumi dedicati a The French Revolution, Giuseppe Mazzini, esule oltremanica, aveva con-diviso l’avversione per la politica egemonica fran-cese, in Italia condotta da Cavour, l’ammirazione per Dante, Goethe, Byron. Tuttavia il repubblicano patriottismo mazziniano, basato su un fine collet-tivo, aveva indotto il politico e filosofo italiano a prendere le distanze dal romanticismo, di stampo individualista, di Carlyle che sembra arridere sul suo volto intenso e chiaroscurato dipinto da Gor-digiani.Fra i protagonisti che condussero il processo di liberazione della Toscana non si contano solo ari-stocratici e notabili di grande cultura, ma umili senza casata, spesso passati alla storia per atti valorosi e impegno politico. Come certi volon-tari delle prime guerre d’Indipendenza già sopra menzionati, alcuni di essi sono stati ritratti anche dal pennello degli artisti.

Così il romano Nino Costa, fra gli artisti più po-liticamente impegnati del tempo, forse proprio in quel mentre che era a Firenze nel 1861 primo a comprendere la portata innovativa della Battaglia di Magenta di Fattori (cfr. pp. 19, 21), è l’autore del Ritratto di Giuseppe Dolfi, fornaio fiorenti-no, popolano di Borgo San Lorenzo (vedi ill. p. 109) e seguace di Mazzini, uno di quella “gente delle basse case”, come la polizia denominava i rivoltosi popolani dei moti risorgimentali, che fu fautore con il Barone Ricasoli del governo nuovo di Toscana. Il raffinato ritratto in un ovale ancora oggi appartiene alla Fratellanza Artigiana Fiorenti-na di cui Dolfi fu uno dei fondatori.

Michele Gordigiani, Ritratto del patriota Leopoldo Montucchielli, 1859, Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Arte Moderna

Michele Gordigiani, Ritratto di Thomas Carlyle, 1869-70, Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Arte Moderna

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Attribuito a Gerolamo Induno, infine, è il mezzo busto del rivoltoso carrettiere romano Angelo Brunetti detto Ciceuracchio (1848-50) (GAM, Fi-renze) iniziatore irredentista delle masse popolari della Repubblica romana, ucciso dagli austriaci insieme a Ugo Bassi nel 1849 (cfr. p. 108) mentre era in fuga verso Venezia dove si sarebbe voluto unire a Daniele Manin. Ancora ascrivibile all’Indu-no, eroico combattente nelle Cinque giornate di Milano, ed ancora pittore-soldato fra ’54 e ’55 fra i bersaglieri di La Marmora nella campagna di Cri-mea per poi distinguersi quale pittore ufficiale del-la spedizione garibaldina e dei principali eventi del Risorgimento, è il giovane soldato, conservato a Pisa, di sottile sguardo consapevole e posa bal-danzosa nell’abito della guardia nazionale toscana.

GLI EROI DELL’UNITÀ

Se le vicende che portarono all’Unità d’Italia fu-rono fatte da eserciti e folle di volontari, e furono frutto delle larghe aspirazioni degli italiani, alcuni uomini noti fin dai manuali di scuola ne furono i principali fautori ed eroi. La vasta diffusione della loro effige attraverso la fotografia, la pittura così come nei più vari cimeli ed oggetti ha contribuito a consolidarne l’iconografia e la fortuna della loro memoria. In Toscana restano numerose effigi dei mitici eroi dell’Unità. In questa terra, di cultura cosmopolita e di sensi-bilità riformatrice fin dal governo leopoldino, prese fervida diffusione dopo la svolta del 1848 anche il ritratto satirico (cfr. pp. 119-120). Gli stessi mitici eroi divennero i protagonisti dei mordaci giornali satirici, di abili caricaturisti incoraggiati dall’abro-gazione della censura e la concessione degli sta-tuti. Garibaldi, Mazzini, Cavour e Ricasoli furono al centro dell’attenzione costante fra ’48 e ’70 della stampa satirica; comunque moderata e filogover-nativa, come dimostra la scarsa attenzione rivolta ai sovrani motivata anche dal loro scarso peso politico. D’altra parte il quadro più dinamico del-la politica italiana attraverso accordi e solidarietà trasversali, dava ispirazione agli schieramenti e alle mordacità, che i protagonisti dimostravano di apprezzare, come Garibaldi che nel 1866 richiede-va espressamente l’intera collezione del giornale fiorentino “Il Lampione”.

Attribuito a Gerolamo Induno, Ritratto di Ciceuracchio, 1848-50, Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Arte Moderna

Gerolamo Induno, Ritratto di Giovane soldato, Pisa, Museo Nazionale di Palazzo Reale

Redenti, Finirà così ? in “Il Fischietto” 2 ottobre1860, Forte de’ Marmi, Museo della Satira e della Caricatura

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GIUSEPPE GARIBALDI

Giuseppe Garibaldi fu certamente il più amato e ritratto degli eroi risorgimentali. Fu immortalato nei più diversi momenti della sua vita, durante le imprese più significative, dalla partenza dei Mille a Quarto all’Aspromonte, in ritratti che ne isolano il personaggio dagli eventi e ne esaltano il carattere e i sentimenti, o il sembiante nei suoi tipici ab-bigliamenti: immagini dipinte che si accostano al profilo umano che ne dettero i suoi memorialisti (i più noti Giuseppe Cesare Abba, Giovan Maria Ve-nosta, Alessandro Dumas) mescolando gli aspetti del politico, del condottiero, dell’avventuriero. Presso gli artisti toscani, come si è detto, le delu-sioni per Firenze capitale trasformata si potevano associare alle ben più cocenti delusioni per le bat-taglie dell’Aspromonte e di Mentana. Lo denuncia il Garibaldi a Caprera, 1870-80 ca (GAM, Firen-ze) dell’elbano Pietro Senno: seduto, con sguar-do a terra riflessivo ricorda la figura di Byron nel dipinto di Trécourt, come ha osservato Spalletti (ma anche il noto Goethe in Italia di Tischbein), il poeta inglese disilluso mentre due patrioti gre-ci sullo sfondo, come qui due figure garibaldine, evidenziano i pensieri e i rimpianti che trascorrono nella mente dei ritrattati.

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Pietro Senno, Garibaldi a Caprera, 1870-80, Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Arte Moderna

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Il generale, ormai allontanato dalla lotta per la libe-razione conclusiva, come sottolineano il cappello non militare e il mantello al braccio, non indos-sato, è immerso in una luce decisa come il suo carattere, luce che “scheggia” le immagini con un rigore che ricorda il purismo di Ciseri, maestro di Senno.

Fa parte della ricca collezione garibaldina della Fon-dazione Spadolini, conservato proprio nella sala de-dicata alla Nuova Antologia di Vieusseux e al pen-siero libertario che già a metà Ottocento aveva for-giato l’ideale unitario (cfr. pp. 110-11) il Giuseppe Garibaldi a Nizza, dipinto nel 1873 da Carlo Garaci a commemorazione dell’eroe. Il comandante sugli scogli francesi, una mappa alla mano tutta punteg-giata di bianco rosso e verde, si accinge a studiare l’itinerario della sua più celebre impresa peninsula-re. Così lo rievoca un garibaldino A.G.Barrili (Con Garibaldi alle porte di Roma, 1895) quando ormai partito si trovava a Monterotondo: “indossava la camicia rossa e i calzoni bigi chiari, affondati nelle trombe degli stivali alla scudiera in una delle qua-li era affondato un lungo stile, dalla guaina e dalla impugnatura gentilmente cesellata”. A controcanto satirico di un quadro come questo i giornali fin dal ’59 avevano ironizzato senza sosta sugli ideali e la scarsa diplomazia del condottiero.

Anonimo, L’eroe artigiano. - Beppe potrai finirlo questo benedetto Stivale ? - Pensate a non farmi mancare lo spago che al resto penso io in “L’Arlecchino”, 22 agosto 1860, Forte de’ Marmi, Museo della Satira e della Caricatura

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Anziano, malinconico, coi capelli sbiancati, Gari-baldi resta il fautore dell’Italia – sebbene gli fosse stata negata dal governo la possibilità di contribu-ire alla definitiva unificazione con l’annessione di Roma. Sul suo volto, negli avanzati ritratti conser-vati alla GAM di Firenze, dipinti da Vincenzo Ca-bianca e dal lombardo Gerolamo Induno, massimo esegeta delle gesta dipinte garibaldine, si ritrovano le delusioni dei pittori combattenti, volontari fin dai primi moti.Ancora a fine secolo e al sorgere del nuovo, so-pravvive il mito dell’eroe garibaldino, anzi la sua immagine si connota di enfasi simbolista e nel suo eroismo salvifico e sociale si rintracciano le origini della redenzione popolare, al tempo delle prime manifestazioni e degli scioperi per il riconosci-mento dei diritti operai. I numerosi Garibaldi dipinti e scolpiti in questi anni paiono una risposta al po-ema di Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, Quando tornerà Garibaldi? Uno dei più significativi artisti divisionisti italiani, il livornese Plinio Nomellini ne fece il fulcro della Sala del Sogno che con Galileo Chini allestì alla Biennale di Venezia del 1907. Garibaldi (Museo G.Fattori, Livorno) non è più il pensieroso nei ri-tratti di Induno o di Senno: quasi diafano, pervaso da una metaforica luce di laica resurrezione rispet-

Plinio Nomellini, Garibaldi, 1906-7, Livorno, Museo Civico G. Fattori

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L’UNITÀ D’ I TALIA

to al trombettiere garibaldino (per lui posò il giova-ne anarchico Lorenzo Viani) che suona la carica in primo piano, somigliante ai rivoltosi in Piazza Caricamento a Livorno in uno dei primi scioperi dipinti dallo stesso Nomellini. Pascoli ammirato gli scrisse: “Quando io vidi in una nera cartolina il tuo rosso Garibaldi dissi «questa è la poesia più bella che su Garibaldi sia stata fatta»”; in verità il rosso si espande sul paesaggio dell’aurora e sulla folla mentre l’eroe equestre resta sospeso nella luce, avvolto dal suo mantello/poncio sotto cui si intra-vede appena la camicia color carminio. D’Annunzio aveva già presagito la sorte dell’eroe “che molti dei viventi han veduto” ma che nel 1892 già appariva “così lontano e così alto nel cielo dell’ideale”.

Villa Mimbelli, sede del Museo Fattori, ospita un’altra precoce interpretazione enfatizzata di Ga-ribaldi, ritratto da Vittorio Corcos nel 1882, l’anno della morte del generale, su commissione del Co-mune di Livorno. Lo sguardo fisso e baldanzoso emerge dal fondo di tenebra, colpito da una luce misteriosa che modula il resto del corpo, la barba e il mantello grigio da cavalleria – da cui sfugge, a memoria delle glorie lontane, soltanto un pinzo rosso acceso – indossato nella campagna del Ti-rolo dai Cacciatori delle Alpi che Garibaldi aveva guidato nel 1859. Per primo ad immortalarlo in tale divisa era stato Eleuterio Pagliaro codifican-done l’immagine probabilmente nota a Corcos insieme alle foto d’epoca. Lo stesso pastrano ad esempio lo indossa nel ritratto ovale dipinto dal milanese Giacomo Ulisse Borzino (Fondazione Spadolini Nuova Antologia, Firenze) incisore gari-baldino e pittore di oleografie di qualità. Il mito di Garibaldi fece breccia anche fra gli scul-tori e la sua fortuna si protrasse come fra i pittori alla fine del secolo. A due anni dalla sua scompar-sa (1884) Ettore Ximenes ne eseguì il ritratto in terracotta (GAM, Firenze) forse su commissione di Diego Martelli che ne fu proprietario e che, da fervido garibaldino delle guerre d’indipendenza, e in seguito come membro dell’Associazione cami-ce rosse e della sinistra radicale a fianco di Felice Cavallotti, non smise di riconoscere in Garibaldi l’eroe repubblicano.

Vittorio Corcos, Garibaldi, 1882, Livorno, Museo Civico G. Fattori

Ettore Ximenes, busto in terracotta di Garibaldi, Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Arte Moderna

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IL SENTIMENTO NAZIONALE DEGLI ARTISTI

GIUSEPPE MAZZINI

Principale teorizzatore del progetto risorgimentale unitario e fautore dell’ideale repubblicano fin dai tempi lontani della nascita della Giovine Italia (fon-data a Marsiglia nel 1831), Giuseppe Mazzini, nel-la sua vita trascorse gran tempo da esule più che in patria. Anche egli è stato al centro dell’interesse dei ritrattisti. La sua immagine fra l’altro alberga fra i soggetti preferiti dai giornali satirici dell’epoca quanto chi stava facendo fattivamente l’Italia sul suolo italiano. È noto fra l’altro quante speranze il promoto-re dell’Italia repubblicana riponesse negli artisti ai quali aveva dedicato il suo celebre saggio del 1841 La pittura moderna italiana. Vi aveva apprez-zato il nuovo stile condotto per sintesi e riduzione delle forme, capace di superare il compiacimento del dettaglio e l’enfasi sentimentale espressa dai romantici, da cui prendono distanza nel raffiguralo anche i suoi ritrattisti.Così la sintesi compositiva macchiaiola, così amata dal colto e innovatore genovese, guida il suo sembiante dipinto da Serafino da Tivoli nel ri-tratto del 1865 conservato alla Domus Mazziniana di Pisa insieme al noto ritratto nello studio dipin-togli da Carlo Ademollo (cfr. pp. 124-26), mentre Adriano Cecioni che anch’egli di Mazzini doveva condividere gli ideali, forgia un busto in gesso nel 1879-80 (Firenze, GAM). Lo ritrae nel pieno della maturità, con sguardo intenso e deciso, attraverso una resa asciutta, semplificata, senza dipendenza dal dettaglio cronachistico ma di verità fisiono-mica: l’uomo che fin da giovanissimo ha sempre avuto e propugnato un unico principio, quello di costituire la nazione “una, indipendente, libera, repubblicana”. Diversamente l’anonimo autore del Mazzini anziano dipinto post-mortem (1872), che si conserva alla Gam di Firenze, esprime l’indole meditativa e severa del personaggio ma lo investe anche di uno sguardo malinconico e deluso per il destino della patria. Ancora energico e indefesso sostenitore repubblicano appare invece nel ritratto dipinto l’anno della scomparsa, nel 1872, dal bo-lognese Sante Nucci (?) nella collezione Spadoli-ni. Lo sguardo alto e orgoglioso, il sigaro acceso, fra le dita, si leggono come segni di sopravvivenza alla morte degli ideali di cui fu fondatore e della loro ampia diffusione.Il suo fervido pensiero politico a cui rimase sem-pre fedele sembra trascorrere trepidante anche

Camillo, Giuseppe Mazzini / Freme e soffia il profeta e non s’accorge / Che spento è il fuoco e sol la testa brucia, in “Lo Spirito Folletto” 19 aprile 1886, Forte de’ Marmi, Museo della Satira e della Caricatura

Adriano Cecioni, busto in gesso di Giuseppe Mazzini, 1879-80, Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Arte Moderna

Sante Nucci (?), Ritratto di Giuseppe Mazzini, 1872, Firenze, Fondazione Spadolini Nuova Antologia

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attraverso la resa modulata del bronzo forgiato da Augusto Rivalta, anch’esso presso la collezione Spadolini. L’artista genovese, che aveva interrotto il suo soggiorno di studi a Firenze per partecipare alla Seconda Guerra d’Indipendenza, per poi ri-prenderlo successivamente, ritrae Mazzini sedu-to e meditabondo con le braccia conserte come spesso lo ricordano le fotografie d’epoca. Gli ardori mazziniani sono rivitalizzati al passag-gio del secolo in epoca di battaglie per i ricono-scimenti sociali. L’area labronica, area di insedia-menti industriali, fu particolarmente attiva e gli artisti come Nomellini e Lorenzo Viani ne sono testimoni. Quest’ultimo, che da giovane aveva prestato sembiante al trombettiere nel risveglio degli ideali popolari garibaldini per il quadro di-pinto da Nomellini (cfr. p.39), nutriva una inclina-zione anarchica e satirica, lampante nell’inedito ritratto immaginario di Mazzini raccolto dalla ver-ve collezionista di Giovanni Spadolini. Nel ritratto presumibilmente del primo decennio del Nove-cento vi è maturo l’orientamento stilistico simbo-lista ed espressionista di Viani. Il ritratto è infatti giocato sui toni neri dell’anarchismo sui quali si esaltano lo sguardo acuito dalle sottolineate so-pracciglia e il piccolo teschio al collo di Mazzini, inequivocabili interpretazioni del padre dell’ideale repubblicano secondo il pensiero anarchico-so-cialista degli ambienti versiliesi vissuti da Viani.

Lorenzo Viani, Ritratto immaginario di Mazzini, primo decennio del ‘900, Firenze, Fondazione SpadoliniNuova Antologia

Augusto Rivalta, Mazzini,Firenze, Fondazione Spadolini Nuova Antologia

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IL SENTIMENTO NAZIONALE DEGLI ARTISTI

CAMILLO BENSO CONTE DI CAVOUR

L’onnipresente regista delle vicende risorgimen-tali italiane Camillo Benso, sebbene non fu pre-sente sul territorio toscano, fu personaggio ben noto alla popolazione attraverso la ritrattistica e le riviste satiriche di cui fu beniamino vista la sua attività politica e per i suoi tratti somatici ben caratterizzati. Lo si può vedere ritratto in sguardi sommessi sotto le lenti dei suoi tipici occhiali che ne denunciano il lavorio politico e diplomatico o la sua occhiuta avidità da ministro delle Finanze nel 1851.La fama popolare di Cavour si manifesta anche nella satira dedicata alle variabili alleanze di qua e di là dalle Alpi, ai suoi dissidi con Garibaldi piut-tosto che al suo aperto contrasto verso le idee repubblicane di Mazzini che avversò da capo del-la destra moderata.

Del celebre uomo politico resta in Toscana, alla Gam di Firenze, un ritratto non convenzionale, un bozzetto dal vero eseguito nel 1860 a Torino da Michele Gordigiani. Per una volta il suo sguardo non è filtrato attraverso gli occhiali ‘alla Cavour’ (come nel celebre ritratto di Hayez di cui la Gam di Firenze conserva copia di Saverio Carnevali), e il suo mezzo busto emerge da una pittura croma-tica, alla maniera della macchia, che semplifica le forme e rispecchia un’espressione sommessa, non ufficiale dello statista. Lo stratega, confermato il 22 marzo del 1861 primo ministro del Regno di Italia dal re Vittorio Emanuele, già quattro mesi dopo la sua nomina moriva a seguito di un attacco di malaria contrat-ta in gioventù. Dei numerosi monumenti che per l’Italia lo commemorarono se ne conserva uno nell’atrio della Banca di Italia, in via dell’Oriolo a Firenze opera di Augusto Rivalta. Anche l’allievo di Giovanni Dupré, lo raffigura in una posa non ufficiale, seduto comodamente in un momento di intima meditazione che esalta le qualità dello sta-tista, come mettono in luce anche il bozzetto oggi presso la Fondazione Spadolini (cfr. pp. 110-11) e il bronzo della testa conservato presso la Bi-blioteca della Società del Risorgimento (cfr. pp. 108-9) sempre a Firenze.

Anonimo, Cosa fate bonomo ? Fo l’Italia, in “L’Arlecchino” 18 giugno 1860, Forte de’ Marmi, Museo della Satira e della Caricatura

Michele Gordigiani, bozzetto per il Ritratto di Cavour, 1860, Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Arte Moderna

Augusto Rivalta, bozzetto per Monumento a Cavour, Firenze, Fondazione Spadolini Nuova Antologia

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VITTORIO EMANUELE II PRIMO RE D’ITALIA E LA FAMIGLIA SAVOIA

Per celebrare il nuovo re unitario pressoché ogni città commissiona una sua effige ai propri più il-lustri artisti. Ad esempio a Livorno Enrico Polla-strini, di inclinazione romantica e legato al tema di storia di contenuti politici e liberali, doveva appari-re artista ideale per realizzare il ritratto del re a ca-vallo fra 1866 e 1868 per il Municipio (il bozzetto invece è conservato al Museo Fattori).Destinati agli appartamenti reali di Palazzo Pitti sono il ritratto enfatico, in uniforme a tutta figura, del primo sovrano italiano mentre indica il cartiglio

Luigi Mussini, Ritratto di Vittorio Emanuele II, 1860, Siena, Palazzo Pubblico

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dello statuto nell’oliografia di Vincenzo Carpentier tratta dal quadro di Gabriele Castagnola. La stessa iconografia di Vittorio Emanuele II in alta uniforme ritratto a tutta figura sullo sfondo di ricchi drap-pi ricorre nel quadro del friulano Antonio Dugoni, opera del 1866, anch’essa arredo della reggia di Pitti, che a sua volta segue in parte il modello della raffinatissima e precoce effige del sovrano, opera commissionata dal governo provvisorio di Toscana nel 1860 a Luigi Mussini che si conser-va in Palazzo Pubblico a Siena entro la preziosa cornice intagliata e dorata da Pietro Giusti. Prima ancora del quadro, condotto da Mussini con gran-de perizia da caposcuola del Purismo, al pittore senese era stato richiesto il disegno destinato alla traduzione in incisione e dunque ad una ampia cir-colazione. Grande la cura nei particolari allegorici che accompagnano il ritratto: dal calamaio sul ta-volo ove il sovrano poggia il suo palmo sopra una mappa dell’Italia, al trono con l’insegna sabauda di contro allo scorcio del palazzo reale ornato di un bronzo antico di Minerva. Questi torna con la sua stessa uniforme (che era stata inviata a Mussini come modello ed è conservata a Siena in una teca appositamente realizzata dal Giusti, cfr. p. 130) e la sua inconfondibile acconciatura di barba e baf-fi al centro del quadro La deputazione toscana presenta a Vittorio Emanuele il voto di annes-sione della Assemblea, 1860-62 (GAM, Firenze), affollato di riconoscibili notabili locali. Con questo quadro Giovanni Mochi partecipò al concorso Ri-casoli.

Giovanni Mochi, La deputazione toscana presenta a Vittorio Emanuele il voto di annessione della Assemblea, 1860-62, Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Arte Moderna

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Immerso invece in una eroica festosità popolare di intonazione naturalistica Luigi Norfini dipinse l’incontro dei fratelli Ricasoli con il re Vittorio Ema-nuele II (vedi p. 100) Altre città toscane conservano l’effige ufficiale dell’ultimo re di Sardegna (1849-1861) e primo re d’Italia (1861-1878) che ebbe ad eleggere Firen-ze capitale nel 1865. Così la figura del re in alta uniforme circondato da vari elementi simbolici, spesso cartigli e carte geografiche della penisola, torna nei suoi ritratti delle raccolte civiche di Prato, dipinti da Tommaso Palloni nel 1859 e da Pietro Pezzati nel 1869; in quelli dei due primi re d’Ita-lia opera di Arnaldo Tamburini esposti a Pisa in Palazzo Reale dove anche si trova un dipinto che ritrae Umberto primo (post-mortem) con il suo stato maggiore, opera inedita della pittrice specia-lizzata in cavalli Elisabeth Sindici. Per concludere merita dedicare attenzione anche a Margherita di Savoia consorte di Umberto I, che a causa della vedovanza precedente l’inco-ronazione di Vittorio Emanuele II, divenne nel 1878 prima regina d’Italia. Dell’energica e bionda sovrana, si incontrano per le raccolte toscane immagini per lo più scultorie fatto salvo il bel ritratto da giovane sposa del futuro re, opera di ignoto artista del XIX secolo che si conserva al Museo di Palazzo Mansi a Lucca. Margherita, di-namica, sportiva, che diverrà regina incoraggia-trice della cultura e delle arti, era giunta a Firenze da consorte del principe Umberto, ad animare di femminilità le stanze reali. Nel sembiante di una principessa già dal volto volitivo pur solo dicias-settenne, appena sposa di Umberto, tra 1868 e 1870 la ritrae in marmo Raffaello Pagliaccetti, artista abruzzese che soggiornò a lungo nella Fi-renze capitale. Stimato per la sua precisione di forme neopuriste, egli definisce ogni particolare dei gioielli a forma di margherita indossati dalla principessa. La fortuna della regina restò a lungo nella memoria e nella affezione degli italiani. Italo Griselli, scul-tore toscano del Novecento, di cui si conserva la gipsoteca nel Museo nazionale di Palazzo Reale a Pisa (cfr. pp. 101 e 123), fu autore del monu-mento a lei dedicato a Bordighera (1936-38). Nei numerosi studi in gesso, ora in piedi, ora seduta, ora particolari della testa, Griselli restituisce con la sua moderna sensibilità di ritrattista la nobile dama nella verve che la distingueva.

Arnaldo Tamburini, Ritratto di Vittorio Emanuele II, Pisa, Museo Nazionale di Palazzo Reale

Elisabeth Sindici, Umberto I con il suo stato maggiore a cavallo, (particolare), 1902, Pisa, Museo Nazionale di Palazzo Reale

Raffaello Pagliaccetti, Margherita di Savoia, 1868 -1870, Firenze Palazzo Pitti Appartamenti Monumentali

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Italo Griselli, bozzetto per il Monumento della Regina Margherita a Bordighera, Pisa, Museo Nazionale di Palazzo Reale

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L’UNITÀ D’ I TALIA

LA SCULTURA CELEBRATIVAIl ‘monumento’ per l’Unità

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LA SCULTURA CELEBRATIVA

La scelta di trasferire da Torino a Firenze la capi-tale del Regno d’Italia fra 1865 e 1871 comportò un nuovo assetto urbanistico della città neces-sario ad organizzare edifici adatti alle funzioni di amministrazione nazionale, alla costruzione di nuovi quartieri, con sostanziose e controver-se modifiche al tessuto urbano, una rinnovata Firenze di cui fu principale artefice l’architetto Giuseppe Poggi. L’abbattimento delle mura vide la nascita dei grandi boulevard viari e la realizza-zione di piazze o il loro ridisegno. Circondate da nuovi palazzi borghesi, spesso le piazze furono così deputate ad accogliere i monumenti celebra-tivi ai grandi uomini che avevano contribuito alla formazione della Nazione. Anche per questa ragione Firenze, dopo l’elezione a capitale del Regno, attirò scultori da tutta Italia, offrendo valide possibilità di lavoro nei numerosi cantieri che si inauguravano per dare alla città un aspetto moderno e adeguato. Tuttavia soltanto nel 1890 Firenze inaugurava il proprio monumento a Vittorio Emanuele II, collo-cato, a conclusione di una lunga vicenda, nella maggiore piazza centrale della città moderna, l’at-tuale piazza della Repubblica.

PERCORSO 1 Firenze risorgimentale, capitale d’Italia e della scultura celebrativa

Firenze, Monumento a Vittorio Emanuele II nella omonima piazza in una cartolina dei primi del Novecento

A fronte Vincenzo Pasquali, Monumento a Garibaldi, 1900, Scarlino

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Già nel 1859 il Governo Provvisorio della Toscana aveva bandito un concorso per due monumenti equestri – uno da dedicarsi a Vittorio Emanuele II e uno a Napoleone III – che avrebbero dovuto trova-re sede in piazza Maria Antonia, poi divenuta, con l’Unità d’Italia, piazza dell’Indipendenza. Il concor-so per il monumento a Vittorio Emanuele era stato vinto dallo scultore Salvino Salvini, che nel 1864 aveva già presentato il modello. Nel frattempo però Firenze era stata destinata a diventare capita-le d’Italia e Giuseppe Poggi era stato incaricato di redigere il piano urbanistico: in questo frangente, l’architetto aveva elaborato un ampio e articolato progetto per piazza Vittorio Emanuele alle Cascine (attuale piazza Vittorio Veneto), che prevedeva in posizione centrale proprio il monumento ideato da Salvini Tale programma però non giunse a compimento. Nel 1878, all’indomani della morte di Vittorio Emanuele, anche Firenze, come molte città italiane, intese celebrare il sovrano tramite un monumento da erigersi con il contributi economici di tutti i cittadini. Abbandonato quindi il modello proposto da Salvini, nel 1881 venne bandito un concorso per un nuovo monumento equestre, al quale parteciparono alcuni dei maggiori scultori toscani del momento. Nel 1882 fu così procla-mato vincitore il bozzetto di Emilio Zocchi e si fece strada l’ipotesi di collocare il monumento in quella che sarebbe divenuta la nuova piazza del centro storico “riordinato”: piazza Vittorio Ema-nuele (attuale piazza della Repubblica). Inaugurato nel 1890, il Monumento a Vittorio Emanuele di Emilio Zocchi incontrò subito forti critiche e fu ac-compagnato da un libretto denigratorio, redatto da Pietro Franceschini, che analizzava, con termini di pungente ironia, tutte le carenze dell’opera sculto-rea, dal modellato del cavallo fino alla figura del re, rappresentato con una eccessiva pinguedine. Se-condo la consuetudine della scultura celebrativa, il monumento equestre aveva alla base due bassori-lievi in bronzo, che commemoravano la dimostra-zione del popolo fiorentino al re che lascia la città per trasferirsi a Roma e la Deputazione Toscana che gli presenta il Plebiscito per l’annessione al Regno d’Italia.Nel 1932 il monumento venne infine rimosso dalla sua collocazione e sistemato in quella piazza (at-tuale piazza Vittorio Veneto) alle Cascine dove già Poggi aveva previsto l’omonima statua equestre, mai realizzata, di Salvino Salvini.

Emilio Zocchi, Monumento a Vittorio Emanuele II (particolare), 1882-90, Firenze piazza Vittorio Veneto

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Mentre dunque cadeva l’ipotesi di ornare quella piazza che era divenuta con l’Unità d’Italia piazza dell’Indipendenza con i monumenti equestri a Vit-torio Emanuele II e a Napoleone III, tale spazio si rivelava invece, per la sua stessa denominazione, il più adatto ad accogliere e onorare la memoria di Bettino Ricasoli e Ubaldino Peruzzi, due fio-rentini che avevano guidato la città sostenendo il nuovo ordinamento della Nazione. Bettino Ricasoli (1809-1880) aveva svolto un ruolo determinante nella fondazione del nuovo giornale “La Nazio-ne”, era stato personaggio chiave nel condurre il Governo Provvisorio Toscano al Plebiscito per l’annessione al Regno, mentre Ubaldino Peruzzi (1822-1891), dopo aver contribuito politicamente all’Unità, aveva anche ricoperto cariche preminen-ti nella vita politica nazionale, divenendo Ministro dei Lavori Pubblici con Cavour, degli Interni con Farini e Minghetti. L’erezione dei due monumenti, che si fronteggiano sui due lati della grande piaz-za, procedette parallelamente grazie a due diversi comitati promotori, che si incaricarono di ammini-strare i fondi messi a disposizione dal Comune e di individuare, tramite appositi concorsi, gli autori.Nel 1896 veniva così inaugurata la scultura fusa in bronzo su modello di Raffaello Romanelli dedi-cata a Ubaldino Peruzzi, raffigurato nel momento in cui, il 27 aprile 1859, in quella stessa piazza, aveva parlato al popolo toscano per annunciare la partenza del Granduca Leopoldo II. Nei quattro bassorilievi della base si descrivevano gli episodi salienti della vita politica: lo stesso momento in cui si rivolgeva al popolo nel 1859 (ill. pp. 4-5); il viaggio a Innsbruck quale Capitano della Guardia Civica, per riprendere i prigionieri di Curtatone e Montanara; la cerimonia, avvenuta nel 1875, di inaugurazione della statua di omaggio al David nel piazzale Michelangelo; l’annuncio, davanti a Palaz-zo Feroni, allora sede del Comune, dell’occupazio-ne di Roma il 20 settembre 1870.A distanza di due anni, nel 1898, veniva inaugu-rato il Monumento a Bettino Ricasoli, scultura fusa in bronzo su modello di Augusto Rivalta, il quale aveva raffigurato lo statista nell’atto di pre-sentare al re Vittorio Emanuele il plebiscito della Toscana per l’annessione al Regno. Nei due bas-sorilievi erano quindi narrati la presentazione del plebiscito e la visita del re Vittorio Emanuele II al castello di Brolio (cfr. p. 100), possedimento dei Ricasoli, nel 1863.

Augusto Rivalta, Monumento a Bettino Ricasoli, 1898, Firenze, Piazza Indipendenza

Raffaello Romanelli, Monumento a Ubaldino Peruzzi , 1896, Firenze, Piazza Indipendenza

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Sebbene il monumento sia di minor impegno ar-tistico, non si può tralasciare Piazza Unità d’Italia (ex piazza Santa Maria Novella), dove il 28 maggio 1882 si inaugurava l’obelisco per celebrare l’anni-versario delle battaglie di Curtatone e Montanara.

Il Plebiscito con cui nel marzo 1860 la Toscana aveva aderito al Regno, di cui Ricasoli era stato uno dei protagonisti, era stato subito celebrato con una raffigurazione ideale scolpita da Pio Fedi, commissionata dal principe Eugenio di Savoia Carignano e da questi donata al Municipio di Fi-renze. Nella scultura di Fedi lo storico evento non era rievocato in maniera narrativa, ma sublimato e idealizzato quale allegoria della Civiltà Toscana (ill. p. 74) tramite una figura femminile, atteggiata alla maniera di una Venere antica e con la testa cinta di una corona di quercia e alloro con le ali. L’opera dovette attendere diversi anni perché fos-se collocata nella sede che gli era stata destinata: solo nel 1885 trovò, infatti, posto nel Salone de’ Dugento a Palazzo Vecchio (oggi invece nel vano di anticamera alla sala dei matrimoni), circondata da otto busti marmorei che ritraevano protagonisti del Risorgimento toscano, quali Bettino Ricasoli, Ubaldino Peruzzi, Gino Capponi, Francesco Dome-nico Guerrazzi, Ferdinando Bartolommei e i primi tre re d’Italia (oggi nei depositi). Nel Novecento la sala cambiò allestimento e le sculture vennero di-stribuite in ambienti diversi.

Accanto agli illustri protagonisti dell’epoca ri-sorgimentale, la cittadinanza non dimenticava di rendere omaggio a quanti in vario modo avevano contribuito alla causa nazionale, come il patriota Giuseppe Dolfi, il cui busto in bronzo, posto al

Giuseppe Dolfi accoglie Giuseppe Mazzini nella propria casa, rilievo del Monumento a Giuseppe Dolfi, 1870, Firenze, Borgo San Lorenzo n. 4

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nr.4 di Borgo San Lorenzo sulla facciata della sua casa, è affiancato da due significativi episodi: Dolfi che va incontro alla carrozza di Giuseppe Garibaldi e Dolfi che accoglie Giuseppe Mazzini nella propria casa.Del marchese Ferdinando Bartolommei (1821-1869), che fu sindaco di Firenze dal 1859 al 1863 e che, tramite una serie di relazioni con Cavour e La Farina, contribuì alla partenza del Granduca da Firenze nel 1859, fu scolpita nel 1870 una tomba a bassorilievo dallo stesso scultore autore della Civiltà Toscana, Pio Fedi, e destinata alla chiesa di Santo Stefano al Ponte. Sempre Pio Fedi, qualche anno dopo, si cimenta-va nel monumento celebrativo di un personaggio pubblico, adottando i modi richiesti alla statuaria ufficiale. Inaugurava così, nell’aprile del 1872, il Monumento al generale Manfredo Fanti, eretto in piazza San Marco, ricevendone severe critiche. Il generale è raffigurato secondo i canoni del veri-smo, con abiti moderni e una posa di immediatez-za comunicativa, mentre nel basamento sono figu-re allegoriche, abbigliate alla maniera rinascimen-tale, che impersonano le virtù del personaggio: Strategia, Tattica, Politica, Arte delle fortificazioni.

Nel 1930 fu collocato nel piazzale Galilei il Monu-mento a Daniele Manin, eretto nel 1890 in quel-la che allora si chiamava piazza Manin, oggi piaz-za Ognissanti. I cittadini veneti accolti a Firenze, in segno di gratitudine per l’ospitalità ricevuta, nel 1886 costituirono un comitato per raccogliere i fondi necessari a erigere un monumento al loro compatriota Daniele Manin, figura di spicco del Risorgimento veneziano. Grazie all’impegno di Ubaldino Peruzzi, presidente onorario del comi-tato, i veneti ottennero la piazza che frattanto era stata assegnata per l’erezione di un monumento a Garibaldi, per il quale fu quindi preferito il Lun-garno Vespucci. La commissione costituita per scegliere tra i bozzetti presentati dagli scultori veneti indicò quello di Urbano Nono, che raffi-gurava il presidente della Repubblica di Venezia nell’atto di proporre all’assemblea cittadina la resistenza ad ogni costo, nonostante l’intimida-zione di resa. Opera di un’artista veneto assai ap-prezzato quale fu Urbano Nono, la scultura venne fusa in uno stabilimento di Venezia e inaugurata nel febbraio del 1890. Nella base era un grande leone in bronzo, simbolo della città lagunare.

Pio Fedi, Monumento a Manfredo Fanti, 1872, Firenze, Piazza San Marco

Inaugurazione del Monumento a Daniele Manin in piazza Ognissanti a Firenze, 1890, in una illustrazione dell’epoca

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Nello stesso 1890, si ergeva così nel Lungarno Ve-spucci il Monumento a Garibaldi. Già all’indomani della morte dell’eroe, nel 1882, il Consiglio Comu-nale aveva sollecitato la formazione di un comitato e la pubblicazione di un bando di concorso. Dei bozzetti esposti nel 1886 venne giudicato vincitore quello presentato dallo scultore Cesare Zocchi, che aveva tuttavia suscitato vive polemiche per quella statica figura in piedi, non priva di retorica nella mano che poggia sull’impugnatura della sciabola. Sempre nel Lungarno, in quella che divenne piaz-za Mentana, si inaugurava un’opera di tutt’altro dinamismo: il Monumento ai Caduti di Mentana e Monterotondo, in ricordo delle battaglie combat-tute nelle due cittadine laziali nel 1867 tra le truppe franco-pontificie e i volontari di Giuseppe Garibaldi. Commissionato dalla Società dei reduci garibaldini, il monumento venne inaugurato il 27 aprile 1902, ma lo scultore Oreste Calzolari aveva esposto i bozzetti al Circolo Artistico di Firenze già nel 1898. Con enfasi e pathos, Calzolari aveva composto un gruppo in marmo bianco che rappresenta due gari-baldini: il soldato in piedi tende il corpo e lo sguardo fiero e risoluto contro il nemico, verso il quale allun-ga il braccio per sparare con la rivoltella e intanto sorregge il compagno morente, riverso all’indietro e abbandonato, con la bocca semiaperta e gli occhi sbarrati, ma ancora in grado di stringere salda l’asta della bandiera. Nella scelta compositiva si posso-

Oreste Calzolari, Monumento ai Caduti di Mentana e Monterotondo, 1902, Firenze, Piazza Mentana

in basso rilievo sul basamento raffigurante la Battaglia di Mentana

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no scorgere richiami a celebri sculture classiche, come il Menelao sorregge il corpo di Patroclo nella Loggia dei Lanzi, ma anche riferimenti alla simbo-logia risorgimentale della morte per la bandiera. Il monumento venne criticato per la somiglianza nella composizione e nei gesti, con il monumento bronzeo ai fratelli Cairoli che Ercole de Rosa aveva inaugurato a Roma nel 1883, già accusato di aver ecceduto nel patetismo romantico. Impostati su un linguaggio più convenzionale risultano i due rilievi in bronzo alla base del gruppo, che raffigurano le battaglie di Mentana e Monterotondo. In entrambi i rilievi la scritta che li ricorda come dono rispetti-vamente dei Trentini e dei Triestini fa supporre che siano stati aggiunti tra il 1918 e il 1919, quando Trento e Trieste, ultime terre sotto dominio stranie-ro, tornarono ad essere italiane.

Sempre ad Oreste Calzolari si deve il maggior monumento di Fiesole, L’incontro di Teano, ope-ra che celebra il famoso colloquio avvenuto il 26 ottobre 1860 tra Vittorio Emanuele II e Garibaldi, con il quale si concluse la spedizione dei Mille L’opera era stata ideata per la cittadina di Teano, ma a causa dell’ingente costo questa fu costretta a rinunciarvi. A Fiesole si costituì un comitato che, grazie al contributo della cittadinanza, raccolse i fondi necessari. Calzolari, mantenendo un tono solenne e un equilibrato realismo, traduce in un opera scultorea di grandi dimensioni un’iconogra-fia ampiamente celebrata dalla pittura e dalla pub-blicistica risorgimentale (cfr. p. 98). Il monumento fu solennemente inaugurato il 17 settembre 1906 alla presenza del Conte di Torino in rappresentanza del Re. In origine si componeva di un obelisco in travertino bianco posto alle spalle delle due figure a cavallo, che il Comune di Fiesole ha demolito nel 1962 poiché copriva parzialmente la facciata del Palazzo Pretorio.

Un percorso tra la scultura celebrativa del Risor-gimento trova ideale conclusione nei cimiteri sto-rici monumentali, dal Cimitero protestante, detto degli inglesi, in piazza Donatello, dove sorge il monumento funebre a Giovan Pietro Viesseux, al Cimitero delle Porte Sante, dove si incontrano memorie funebri di protagonisti quali Felice Le Monnier, Giuseppe Dolfi, Atto Vannucci, Celestino Bianchi, ma anche di molti personaggi poco noti caduti per gli ideali risorgimentali.

Oreste Calzolari, L’incontro di Teano, Fiesole, in una cartolina dei primi del Novecento

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SANTA CROCE “tempio delle itali-che glorie”

La basilica di Santa Croce era stata dapprima luogo di sepoltura per le famiglie del quartiere, poi, dal Rina-scimento, tempio celebrativo degli illustri personaggi fiorentini, finché divenne nell’Ottocento un vero e pro-prio pantheon delle glorie nazionali. Ugo Foscolo, nel carme Dei Sepol-cri del 1807, ispirato dalle illustri memorie che la chiesa conservava aveva evidenziato il valore di modello ed esempio offerto dai monumenti dedicati ai grandi del passato, con-sacrando la chiesa quale “tempio delle itale glorie”. In epoca roman-tica, infatti, sebbene ancora divisi sotto le diverse monarchie, gli italiani acquisivano consapevolezza delle comuni radici storiche e culturali e gli ideali di Foscolo, per il quale le tom-be e i monumenti funebri non solo rendevano omaggio al personaggio ma destavano gli animi, acquisirono ulteriore valore. Nel Risorgimento l’esigenza di indicare indiscussi mo-delli di identità nazionale fece sì che Santa Croce divenne da pantheon cittadino il pantheon degli Italiani. Gli stessi protagonisti del Risorgimento, che nei diversi campi delle arti e della

politica, avevano sostenuto e inco-raggiato la causa nazionale, vennero celebrati nella chiesa con monumenti la cui forza comunicativa avrebbe en-tusiasmato i connazionali. Entrando in chiesa, nella controfac-ciata, ai lati del portone centrale, si incontrano subito due monumenti di grande valenza storica e simbolica: a Gino Capponi e a Giovan Battista Niccolini. Nel 1875 veniva indetto un concorso per un Monumento a Gino Capponi, colui che aveva promosso le princi-pali iniziative dei moderati toscani e che nel 1859 fu tra i fautori dell’an-nessione della Toscana al Piemonte. Il concorso vide vincitore lo scultore originario del Salento, ma di forma-zione fiorentina, Antonio Bortone e il monumento, concluso nel 1882, fu collocato nel 1884. Bortone aveva scelto per celebrare Capponi la figura allegorica femminile che, con gesti pacati e solenni sale dalla chiesa al sepolcro per deporvi una corona di fiori. La critica contemporanea lo-dava nell’opera l’ingegno artistico dello scultore nella somiglianza del defunto, mentre si rammaricava che il realismo applicato nella figura idea-le nuocesse al carattere complessivo dell’opera. Il monumento si compo-

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neva ad ogni modo di molteplici ri-ferimenti, dal sarcofago di memoria quattrocentesca al realismo esibito nel busto del defunto.Vicino a questo è il Monumento a Giovan Battista Niccolini (1782-1861), autore di testi e tragedie ispi-rate agli ideali, ai valori e ai sentimenti risorgimentali, trattando temi quali il riscatto e la libertà dei popoli. Fulcro della composizione di Pio Fedi è la figura allegorica della Libertà, che avanza dal cippo cinerario dove è il profilo del poeta, e spezza le catene dei pregiudizi indicando con l’indice il cielo. Secondo i modi del realismo è condotto il Monumento ad Atto Vannucci, patriota protagonista dei moti del ’48, scolpito da Enrico Pazzi e inaugurato nel 1891 nella cappel-la Salviati. Con incisività verista è ritratto Vannucci nelle vesti di uomo di cultura, storiografo e giornalista, seduto in poltrona e scaldato da una coperta per ricordare come si fosse dedicato allo studio nonostante la sa-lute cagionevole. Fuori dalla chiesa, nel primo chiostro si incontrano il monumento scolpi-to da Francis William Sargant per Florence Nightingale (1910), nata a Firenze ma di famiglia inglese, so-vrintendente del corpo di infermiere degli Ospedali Riuniti inglesi durante

la Guerra di Crimea, e il Monumen-to a Giuseppe La Farina, opera di Michele Auteri Pomar, collocata nel 1877. L’opera è costituita da un basamento sul quale si dispongono tre allegorie: l’Angelo dell’Indipen-denza, adagiato su un leone, che in-dica il ritratto del defunto, e ai lati le personificazioni della Schiavitù sotto i Borboni (ill. p. 58) e del Riscatto. Nella base sono lunghe iscrizioni che testimoniano il valore civile e politico del monumento.All’esterno della chiesa, si erge il Monumento a Dante, in origine al centro della piazza, collocato a lato alla facciata solo nel 1968. Opera dello scultore ravennate Enrico Paz-zi, da anni attivo a Firenze, la scultura era stata sostenuta e finanziata dalla cittadinanza fiorentina quale simbolo dell’unità linguistica della Nazione affinché fosse inaugurata nel 1865, anno delle prestigiose celebrazioni dantesche e dell’elezione di Firenze a capitale. La valenza civica e politica del monumento, che reca incisi nella base i simboli di tutti i comuni d’Ita-lia, venne ribadita dall’inaugurazione, per la quale si raccolsero intorno al monumento i sindaci delle città e dei comuni con il Re Vittorio Emanuele II, per testimoniare la nascita della Na-zione nella capitale Firenze.

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Michele Auteri Pomar, Monumento a Giuseppe La Farina, (particolare), 1877, Firenze, chiostro di Santa Croce

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Piazze e strade dedicate a Mazzini, Garibaldi, Vitto-rio Emanuele si incontrano in molte città e persino nei più piccoli comuni, spesso incentrate su un obelisco o su un monumento che rende omaggio a uno dei tre protagonisti dell’unità italiana. Anche al fine di rispondere alle esigenze di imme-diata riconoscibilità, le sculture che li ritraggono si riconducono a precisi modelli iconografici, sal-vo isolati tentativi di interpretare e restituire il loro pensiero e il loro agire mettendone in evidenza specifici aspetti tramite la scelta di una particolare posa o di un particolare oggetto simbolico.Così anche in Toscana si potrebbero idealmente affiancare i numerosi busti, i ritratti entro medaglie e soprattutto le sculture a tutto tondo per capire come si tendesse a interpretare la figura di Giu-seppe Mazzini. Nelle grandi sculture monumen-tali, infatti, Mazzini ricorre rappresentato in piedi, assorto in meditazione, tenendo in mano libri o carte per ricordare il suo ruolo di pensatore. In questo senso si potrebbero confrontare, tra le sculture dovute ad artisti locali, quella scolpita dal pisano Giuseppe Andreoni per PISA a quella del carrarese Alessandro Biggi, fervente mazziniano, inaugurata nel 1892 a CARRARA: il personaggio, analogamente abbigliato, compare in entrambe come se camminasse lentamente in avanti, ma nel monumento pisano la testa è rivolta in basso in un atteggiamento riflessivo, mentre in quello carrare-se ha un piglio più dinamico.

Numerosi, e spesso affidati ai maggiori artisti del momento, sono anche i monumenti dedicati a Vittorio Emanuele II, ancora più vincolati dalle esigenze di una rappresentazione “ufficiale”, nelle due ricorrenti versioni che lo raffigurano in piedi o a cavallo. La seconda soluzione segue la tipologia tradizionale del monumento equestre e del monar-ca, suggerendo quindi un immediato confronto con i condottieri dell’antichità. Il re vi compare rappresentato nell’uniforme militare e spesso in un atteggiamento di comando.

PERCORSO 2 I più celebri protagonisti della storia nazionale

Alessandro Biggi, Monumento a Giuseppe Mazzini, 1892, Carrara

Cesare Zocchi, Monumento a Vittorio Emanuele, 1892, Pisa

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Quali esempi di sculture che, pur rispondendo alle due rappresentazioni sopradette, cercano di svincolarsi da rigidi canoni stilisti e rappresenta-tivi, si ricordano i monumenti di Pisa e Livorno. A PISA venne inaugurato nel 1892 sulla piazza davanti alla barriera daziaria, vicino alla stazione ferroviaria – quindi in uno dei nodi più frequentati – il monumento bronzeo plasmato dallo scultore Cesare Zocchi, già autore del monumento a Ga-ribaldi a Firenze (cfr. p. 54), che si era aggiudi-cato l’incarico riuscendo vincitore in un pubblico concorso. Lo scultore fiorentino aveva modellato il monarca in piedi, conferendogli un incedere sicuro e calmo, ma non austero: il cimiero è cal-zato sulla testa, ma la giacca è disinvoltamente appoggiata sulle spalle a esibire una spavalda sicurezza. Dalla critica ufficiale del tempo, tutta-via, la scelta della posa fu ritenuta poco solenne e poco adeguata a rendere un’immagine del re come guerriero forte e generosoNello stesso anno 1892 si inaugurava a LIVORNO un monumento in bronzo frutto del lavoro di Au-gusto Rivalta (vincitore del concorso nel 1883), posto nell’antica piazza d’Armi, ma dopo la secon-da guerra mondiale trasportato davanti al Palazzo del Governo. L’opera si riconduce al ricorrente mo-dello del monumento equestre. Pur conforme agli schemi di rappresentazione celebrativa, l’opera risulta di una vigorosa dinamicità, esibendo anche notevoli qualità di equilibrato realismo nella resa plastica del cavallo. Nel 1889 Rivalta aveva realiz-zato per Livorno anche un monumento a Garibaldi.

Augusto Rivalta, Monumento a Vittorio Emanuele, 1892, Livorno (cartolina d’epoca)

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Senza dubbio è stato però Garibaldi il personag-gio maggiormente amato e rappresentato nell’arte del periodo risorgimentale. Le sue gesta eroiche si prestavano alla celebrazione nella scultura monu-mentale, mentre il suo particolare rapporto con la Toscana aveva determinato il pullulare di iniziative locali tese all’innalzamento di monumenti, in tutti i centri, e soprattutto nei luoghi che avevano visto il suo passaggio. Connotato da una maggiore ricchezza di varianti interpretative rispetto agli altri personaggi, nell’uni-re il valore dell’azione militare e politica, il leggen-dario condottiero dei Mille viene raffigurato evi-denziandone spesso anche il carattere dell’uomo. Accanto alle opere legate a tipologie statiche (che lo raffigurano in piedi, con una mano appoggiata all’elsa della spada, con l’espressione pensosa del saggio e la postura del guerriero che medita l’azione oppure già vittorioso) si incontrano ver-sioni che restituiscono dell’eroe un’immagine im-petuosa, sia nella versione in piedi che in quella a cavallo. Anche nella scelta dell’abbigliamento con cui è ritratto si incontrano varianti, ma quella più ricorrente lo vede con la tipica camicia rossa e il fazzoletto al collo. Urbano Lucchesi, autore a LUCCA, sua città nata-le, di opere celebrative dedicate a Mazzini, Cairoli e ai caduti delle patrie battaglie, innalzava nel 1889 un monumento a Garibaldi (piazza del Giglio), che lo raffigurava in piedi in atteggiamento pensoso, mentre stringe la spada in una mano e il cappello nell’altra, e con indosso il poncho.

Raffaello Romanelli, Monumento a Garibaldi, 1896, Siena

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Pietro Guerri, originario di Montevarchi ma for-matosi a Firenze, già autore per la sua città natale di un monumento a Mazzini (1892), inaugurava nel 1903 a SAN GIOVANNI VALDARNO un monu-mento a Garibaldi, rappresentandolo nel momen-to in cui dallo scoglio di Quarto scruta il mare; la base di travertino bianco è lavorata così da ricor-dare uno scoglio.Tra le più interessanti versioni del Garibaldi a ca-vallo sono quelle di Siena e Pistoia, risultato di ini-ziative sorte subito dopo la morte del Generale nel

Antonio Garella, Monumento a Garibaldi, 1904, Pistoia

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1882 e concluse a diversi anni di distanza, a se-guito di polemiche sulle modalità di realizzazione e sui luoghi destinati ad accogliere i monumenti. A SIENA si era costituito un comitato promotore, ma le lunghe discussioni erano approdate a due concorsi, tra 1890 e 1892, che elessero vinci-tore il fiorentino Raffaello Romanelli. L’opera (ill. p. 61) venne collocata nel 1896 nei giardini della Lizza, incontrando consensi per il contrasto tra la posa dinamica del cavallo e quella pacata dell’eroe, resi con un modellato libero e dinami-co che non trascurava il realismo. Fu acclamata come opera moderna, soprattutto nei due bassori-lievi posti nella base.Era stato invece lo scultore bolognese Antonio Garella, allievo di Augusto Rivalta all’Accademia fiorentina, già autore del monumento a Garibaldi a Peretola (1895), a plasmare il modello per il monumento che si inaugurava il 17 luglio 1904 a PISTOIA in Piazza San Domenico (poi piazza Garibaldi), dopo ben ventidue anni dalle prime en-tusiaste proposte.Un caso particolare è quello dell’attività dello scul-tore Ettore Ferrari, prevalentemente indirizzata alla celebrazione di temi eroici risorgimentali in parallelo ad incarichi istituzionali e politici di gran-de rilievo per lui che fu ’artista-patriota’, autore di numerosissimi monumenti a Garibaldi in tutta la penisola. In Toscana i suoi interventi si situa-no lungo la dorsale tirrenica richiamato da quelle comunità che ebbero partecipazione attiva nel re-clutamento dei seguaci garibaldini e dove erano stati fervidi e condivisi gli ideali libertari. Da ORBE-TELLO era giunta una delle prime commissioni a Ferrari e aveva portato nel 1887 all’inaugurazione di un monumento composto da un busto in mar-mo sostenuto da un basamento che raccoglie armi e bandiere realizzate in bronzo e ghisa. Nel 1892 inaugurava a PISA un monumento che ritrae Garibaldi in piedi, col braccio destro al fianco e l’altro sull’elsa della spada. Nel basamento sono narrati momenti salienti della epopea garibaldina: la partenza da Quarto, l’episodio di Aspromonte e l’arrivo a Pisa di Garibaldi ferito (ill. p. 65).Ultimo ad essere inaugurato, solo nel 1904, fu il monumento di MASSA MARITTIMA sebbene commissionato già nel 1887. La “Brescia Marem-mana”, così come era soprannominata la cittadina per l’adesione agli ideali risorgimentali, non poteva sottrarsi al dovere di tributare a Garibaldi solenni

Ettore Ferrari, Monumento a Garibaldi, 1892, Pisa, Piazza Garibaldi

Massa Marittima, il Monumento a Garibaldi nella disposizione originaria di fronte al Duomo in una fotografia del 1904

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onori erigendo un monumento nella centrale piaz-za del Duomo (dal 1938 trasferito nel parco della Rimembranza), che conserva ancora la denomi-nazione di Piazza Garibaldi. Per la città, dove ri-siedeva una fervida loggia massonica, il massone Ferrari aveva ideato una composizione incentrata sulla figura allegorica della Vittoria, innalzata su un alto basamento, che coronava il busto dell’eroe. Nel basamento era poi raffigurato in bassorilievo un episodio che celebrava le gesta dei volontari garibaldini locali: il momento in cui quattro mas-setani avevano aiutato il condottiero a fuggire ac-compagnandolo al mare. Sempre legato alla fuga di Garibaldi è il monumen-to scolpito da Vincenzo Pasquali a SCARLINO (inaugurato nel 1900), dove, grazie a una posa di-namica e teatrale, si metteva in risalto l’aspetto più carismatico dell’eroe (ill. p. 48); nel basamento dei medaglioni rendevano omaggio ai maremmani che lo avevano aiutato, mentre un bassorilievo ri-cordava l’imbarco di Garibaldi dalla costa toscana.

Tra i monumenti che maggiormente si discostano dalle tipologie ricorrenti si deve ricordare quello scolpito da Carlo Nicoli nel 1889 per CARRARA. Commissionato dalla Società dei Reduci delle Patrie Battaglie, il monumento venne criticato per l’atteggiamento troppo aggressivo che l’artista aveva conferito al personaggio. Il Garibaldi scol-pito da Nicoli è infatti un eroe combattivo, con la spada sguainata, immortalato nell’atto di incitare alla battaglia nel momento dello sbarco a Marsala, come si intende dalla cima della nave avvolta alla bitta e come conferma la scritta. Il precedente per questa interpretazione così dinamica e concitata e per l’energica posa è stato riconosciuto nel monu-mento realizzato nel 1885 in Argentina, a Rosario, da Alessandro Biggi. Nicoli del resto conosceva la scultura realizzata in marmo carrarino che si ap-prestava in Sudamerica, dove Garibaldi era spes-so rappresentato come un eroe rivoluzionario che incita alla ribellione.

Ettore Ferrari, Monumento a Garibaldi, Massa Marittima, Parco della Rimembranza, particolare del basamento con la raffigurazione dell’incontro tra Garibaldi e i patrioti massetani a Schiantapetto

Carlo Nicoli, Monumento a Garibaldi, 1889, Carrara

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SCULTORI PATRIOTI

Non è raro il caso di artisti che avessero anche partecipato ai moti risorgimentali come soldati e che ne sostenessero le cause anche tramite la loro opera e con viva adesione. Per rimanere nell’ambito della scultura, si ricorderanno gli esempi di Alessan-dro Biggi, fervente mazziniano, al quale si deve il monumento a Mazzini eretto 1892 a Carrara in Piazza Ac-cademia, oppure di Giovan Battista Tassara, genovese che era sbarcato a Marsala con i garibaldini meritan-dosi il soprannome di “scultore dei Mille” e divenendo un personaggio quasi leggendario e persino ro-manzesco. Durante i suoi soggiorni fiorentini plasmò bozzetti ed espo-se monumenti dedicati a Garibaldi, scolpì dell’eroe numerosi busti come anche di personaggi legati all’epopea

risorgimentale (ad esempio il monu-mento funebre a Giuseppe Dolfi, al Cimitero delle Porte Sante a Firenze, del 1882).Certo di maggiore spicco è stato il ruolo di Ettore Ferrari, che fu pittore e scultore, ma anche Gran Maestro del Gran Oriente d’Italia, massima ca-rica della Massoneria, uomo politico e deputato del Regno. Le qualità e la fervente partecipazione consentirono a Ferrari di poter vantare una carriera artistica costellata da numerosi busti e monumenti dedicati in tutta Italia ai maggiori protagonisti del Risorgi-mento: a Garibaldi, fra i quali i tre ce-lebri sopra ricordati in Toscana (cfr. p. 63) (noti anche quelli per Vicenza e per Rovigo), a Vittorio Emanuele come quello per Venezia, e a Mazzini al quale lo scultore dedicò uno dei suoi monumenti più noti e impegnati-vi, quello sull’Aventino a Roma.

Ettore Ferrari, Arrivo a Pisa di Garibaldi ferito all’Aspromonte, rilievo sul basamento del Monumento a Garibaldi, 1892, Pisa, Piazza Garibaldi

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La corale partecipazione ai moti risorgimentali determinò la celebrazione di quanti avevano com-battuto per gli ideali nazionali, nomi di personaggi talvolta oggi poco conosciuti, ma che riaffiorano tramite iscrizioni commemorative, busti o cippi che al tempo erano stati loro dedicati nei cimiteri locali o in luoghi deputati. Questi nomi sono spes-so affiancati e associati, come si è visto, a quelli dei grandi uomini dei quali avevano seguito o fa-vorirono le gesta, oppure riuniti in opere che com-memorano le celebri battaglie cui parteciparono o, in generale, temi legati all’Indipendenza.

Oltre ai monumenti “collettivi”, si incontrano nelle piazze toscane alcuni monumenti individuali di no-tevole rilevanza, dedicati a quanti avevano svolto un ruolo preminente nel determinare le sorti della storia locale. Si devono ricordare fra i primi dun-que i monumenti eretti ai “triumviri” – Giuseppe Montanelli, Giuseppe Mazzoni e Francesco Dome-nico Guerrazzi – che ressero nel 1849 il governo provvisorio della Toscana dopo la partenza del granduca Leopoldo.FUCECCHIO rendeva infatti omaggio al suo illustre concittadino inaugurando nella piazza centrale, il 17 luglio 1892, il Monumento a Giuseppe Mon-tanelli (1813-1862). Esponente di spicco della Massoneria in Toscana, Montanelli aveva fatto parte del governo provvisorio del 1849 ed era sta-to comandante degli universitari pisani a Curtato-ne e Montanara, dove fu ferito e fatto prigioniero dagli austriaci, che, dopo averlo curato, gli dettero un salvacondotto per riparare a Parigi, consenten-dogli di continuare a svolgere importanti compiti politici e culturali. Il monumento, opera del fio-rentino Raffaello Romanelli, ritrae Montanelli in piedi e, secondo l’iconografia più ricorrente, con il braccio legato al collo, in ricordo del ferimento in battaglia. Il suo ruolo di studioso (fu professore di Diritto all’Università di Pisa) e di scrittore è simbo-leggiato dalla pila di libri che gli stanno a lato e dal un plico che stringe nella mano destra.

PERCORSO 3Le glorie locali

Raffaello Romanelli, Monumento a Giuseppe Montanelli, 1892, Fucecchio

a fronte: Alessandro Lazzerini, Monumento a Giuseppe Mazzoni, 1897, Prato, Piazza del Duomo

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Sempre a Raffaello Romanelli si deve il busto che coronava il monumento funebre a Giuseppe Mon-tanelli, che nel 1868 era stato collocato nel Cam-posanto urbano di PISA (ora nei depositi dell’Ope-ra del Duomo). A PRATO si innalzava nel 1897, nella piazza del Duomo, il Monumento a Giuseppe Mazzoni (ill. p.86). Fino da giovane egli aveva nutrito ideali de-mocratici e mazziniani, che lo avevano condotto a prender parte ai moti risorgimentali del 1848. Lo spessore culturale e politico gli aveva consentito nel 1849, dopo la fuga del granduca, di far par-te del triumvirato che resse la Toscana. Il monu-mento che la sua città natale gli aveva dedicato, a diciassette anni dalla morte, opera di Alessandro Lazzerini, scultore originario di Carrara, lo raffi-gura in una posa dinamica e disinvolta, nell’atto di parlare al popolo. Nel basamento si ricordava il suo ruolo di triumviro, inserendo, secondo il co-dice stilistico neoclassico, le teste di profilo entro ghirlande di Guerrazzi e Montanelli, mentre nella formella centrale sono i simboli che lo ricordano come gran Maestro della Massoneria. Si riporta che in occasione dell’inaugurazione del monu-mento le porte del Duomo rimasero sprangate in segno di dissenso da parte dell’ambiente clericale per la celebrazione di un tale personaggio davanti al maggior simbolo della Chiesa locale.Il primo monumento che venne eretto a uno dei “triumviri” fu quello che si inaugurò nel 1885 a LI-VORNO in onore di Francesco Domenico Guerraz-zi. La statua venne realizzata dopo che il Comune aveva indetto una pubblica sottoscrizione per l’ere-zione di un monumento dedicato al suo più noto uomo politico e letterato. Il concorso venne vinto da Lorenzo Gori, scultore molto attivo nella Livorno di fine Ottocento, che scelse di rappresentare Guerraz-zi seduto, in atteggiamento di meditazione. L’opera fu infatti criticata da alcuni per non aver espresso le doti di oratore che avevano fortemente caratterizza-to la figura politica di Guerrazzi. Ai lati del piedistallo marmoreo due rilievi bronzei si riferiscono ai fatti salienti della sua vita, rappresentando il momento del carcere a Portoferraio e la proclamazione del governo provvisorio della Toscana. Guerrazzi è sepolto a Livorno nel cimitero di Mon-tenero, che ospita le tombe dei livornesi illustri. La memoria sepolcrale in marmo (ill. p. 70), opera di una bottega toscana, si compone di diversi elementi tipici della scultura funeraria: un sarcofago, un’urna

Alessandro Lazzerini, Medaglione di Francesco Domenico Guerrazzi sul basamento del Monumento a Giuseppe Mazzoni, 1897, Prato

Lorenzo Gori, Monumento a Francesco Domenico Guerrazzi, 1885, Livorno

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coperta da un drappo e il busto che ritrae il perso-naggio. Oltre ad aver dato i natali a Guerrazzi, LIVORNO poté vantare un’attiva partecipazione ai moti ri-sorgimentali, come testimoniano i monumenti celebrativi e quelli funebri nel Cimitero comunale dei Lupi (detto anche “La Cigna”): dal Monumento ai livornesi caduti a Mentana, opera di Enrico Mi-randoli del 1867, al quadrato dedicato ai livornesi che parteciparono all’impresa dei Mille, risalente al 1893, oltre a una serie di busti e steli in ricordo di personaggi meno noti. Personaggio assai noto fu invece Luigi Orlando, fondatore, assieme al fratello Giuseppe, degli sto-rici cantieri livornesi. Di origine siciliana, Orlando aveva preso parte ai moti insurrezionali di Sicilia e nel 1849 si era rifugiato esule a Genova, dove aveva costituito uno stabilimento metallurgico e continuato a sostenere la causa patriottica for-nendo cannoni a Cavour e Garibaldi e sostenendo anche economicamente la spedizione dei Mille. Davanti all’ingresso dei Cantieri navali Orlando si erge il monumento a lui dedicato, realizzato die-tro iniziativa di un gruppo di cittadini e di molti operai del cantiere Orlando, che si erano raccolti in un comitato. Nel 1896 fu bandito un concor-so pubblico vinto da Lio Gangeri, allora direttore dell’Accademia di Belle Arti di Carrara. La statua fu solennemente inaugurata nel 1898.

Lorenzo Gori, Monumento a Francesco Domenico Guerrazzi, particolare del rilievo sul basamento con la raffigurazione di Guerrazzi in carcere a Portoferraio, 1885, Livorno

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In quest’epoca nasce anche la tradizione del mo-numento ai caduti. Ai valorosi caduti nelle guerre d’Indipendenza si resero dappertutto solenni ese-quie e si decretarono onori con iscrizioni o con monumenti. Ad esempio i giovani caduti a Curta-tone e a Farnese originari di MASSA MARITTIMA, la cui partecipazione ai moti rivoluzionari dette alla città il soprannome di “Brescia Maremmana”, sono ricordati in due bassorilievi dello scultore fiorentino Pasquale Romanelli (oggi nel cimitero).

A SIENA nel 1879 si celebravano i caduti per l’In-dipendenza con l’inaugurazione del monumento scolpito dal maggior artista senese del momento, Tito Sarrocchi, posto nella Loggia del Pellegrino, che venne quindi rinominata Loggia dell’Indipen-denza (oggi nei giardini del viale Pannilunghi a San Prospero). La genesi del monumento, del quale si era iniziato a parlare dal 1868, fu lunga e tormen-tata, e l’opera incontrò aspre critiche, soprattutto in ragione della scelta iconografica di raffigurare l’Italia – giovane fanciulla con scettro ed elmo tur-rito – nella posa di incoronare un leone morente: il soggetto era ritenuto poco adatto non solo perché mancavano riferimenti a Siena, ma anche perché rappresentare esanime l’animale comunemente considerato simbolo di forza avrebbe potuto sug-gerire l’idea che le forze dell’Italia erano esaurite. Il Monumento per ricordare gli studenti caduti nelle battaglie di Curtatone e Montanara ven-ne invece affidato nel 1892 al fiorentino Raffaello Romanelli, allora impegnato per la stessa città nel grande monumento a Garibaldi (cfr. p. 63). Com-missionato da un comitato universitario, venne inaugurato l’anno successivo nel cortile dell’Uni-versità senese. Sebbene avesse incontrato le ri-serve di una parte della critica contemporanea, l’opera è ritenuta uno dei maggiori tentativi di svin-colare la scultura dalla retorica trionfalistica, no-tevole esempio di libertà compositiva e stilistica, raggiunta soprattutto tramite un modellato rapido e fortemente contrastato.In una linea stilistica analoga si pone la tormenta-ta efficacia con cui lo scultore Giuseppe di Ciolo rendeva omaggio agli studenti pisani caduti nel 1848. Il Monumento ai caduti di Curtatone e Montanara, inaugurato nel 1884 nel cimitero su-burbano di PISA, raffigura con toccante realismo un soldato caduto a terra con accanto il fucile, la testa riversa all’indietro e le braccia abbandonate.

Bottega toscana, Monumento funebre di Guerrazzi, Livorno, santuario di Montenero

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Raffaello Romanelli, Monumento ai caduti nelle battaglie di Curtatone e Montanara, Siena, cortile dell’Università,

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LA DIMORA DEL RISORGIMENTORegge Palazzi Salotti

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LA DIMORA DEL RISORGIMENTO

PALAZZO VECCHIO

Il Palazzo della Signoria, denominato Palazzo Vec-chio da quando, alla fine del Cinquecento, la corte medicea granducale si trasferì nella reggia di Pa-lazzo Pitti, è da sempre il perno della vita politica fiorentina. Nel corso degli avvenimenti che alla metà dell’Ottocento condussero Firenze da sede della corte granducale a città capitale del nuovo regno sabaudo, Palazzo Vecchio mantiene la sua preminente funzione amministrativa e civile. Il Palazzo è al centro degli eventi che scuotono la città nel corso dei moti del 1848. L’architetto Giu-seppe Martelli, entusiasta sostenitore degli ideali liberali, è incaricato di progettare il nuovo arredo del Salone dei Cinquecento, già sede storica del consiglio cittadino, e ora destinato a ospitare le nuove Assemblee Legislative toscane.Martelli colloca sul lato Nord, detto dell’Udienza (dalla struttura cinquecentesca fatta edificare da Cosimo I) un trono, posto sotto un padiglione di velluto cremisi, sorretto da colonne dorate, ornato di marzocchi e fiancheggiato da seggi per la fami-glia granducale, i ministri e le autorità. Alla parete di fronte, quella Sud, è allestito un trofeo d’armi con al centro una statua in gesso di Ulisse Cambi rap-presentante l’Italia. Il resto del Salone è adornato da tende e pendoni bianchi, rossi e verdi, da drappi color cremisi, collocati alle pareti intorno e sotto gli affreschi cinquecenteschi. I deputati si riuniscono nel Teatro Mediceo (oggi non più esistente), i Sena-tori nel Salone de’ Dugento, allestito da Martelli con una struttura posticcia in legno, a emiciclo.Un anno più tardi, nel febbraio del 1849, prendono alloggio a Palazzo Francesco Domenico Guerrazzi, Giuseppe Montanelli e Giuseppe Mazzoni, mem-bri del triumvirato che guida la breve dittatura. Le stanze sono arredate con mobili provenienti da Palazzo Pitti. Alla restaurazione della monarchia costituzionale lorenese, il 12 aprile 1849, viene nuovamente innalzata l’arme granducale sul por-tone del palazzo, ora sede del commissario stra-

PERCORSO 1Firenze e la sua provincia

Firenze, Palazzo Vecchio, targa in bronzo con i risultati del Plebiscito del 15 marzo 1860 per l’annessione della Toscana al Regno d’Italia

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ordinario Luigi Serristori, generale maggiore del granduca, scortato dall’esercito austriaco.Importanti interventi sulla struttura verranno poi sviluppati con l’annessione della Toscana al Re-gno d’Italia, sancita infine dal plebiscito del 15 marzo 1860 (ricordata da una targa in bronzo sulla facciata principale) . Quasi un anno prima, il 27 aprile 1859, una pacifi-ca manifestazione di popolo, guidata dai moderati e dai democratici toscani, si era mossa da Piazza Barbano (attuale Piazza Indipendenza) alla volta di Piazza della Signoria, per porre fine al Granducato e aprire la strada al Governo provvisorio, gioiosa e speranzosa come la ritrae Enrico Fanfani nel di-pinto conservato alla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti. Nel suggestivo scorcio dalla Loggia dei Lanzi la folla festante in questa data memorabi-le issa il tricolore sulla facciata di Palazzo Vecchio. L’Assemblea Legislativa della Toscana si riunisce nel Salone dei Cinquecento il 16 agosto 1859, per votare l’annessione al Regno di Sardegna di Vittorio Emanuele II, poi ribadita dal plebiscito del 1860. Ancora una volta, Giuseppe Martelli è inca-ricato di allestire il Salone per l’occasione, recu-perando parte delle decorazioni usate nel 1848. Sancita dunque l’annessione al Regno, Bettino Ri-casoli è nominato Governatore Generale e Martelli deve provvedere ad adeguare, in tempi piuttosto brevi, 14 stanze al primo piano, oggi occupate da-gli uffici del Comune e dalla Sala Rossa. Le stanze sono decorate con pitture a tempera con motivi di genere; nel vestibolo dell’appartamento è posta la statua della Civiltà Toscana di Pio Fedi (cfr. p. 52), donata al municipio di Firenze nel 1860 dal principe Emanuele Savoia di Carignano, luogote-nente del re Vittorio Emanuele II.I lavori che maggiormente stravolgono le perma-nenze storiche del Palazzo si hanno però nel 1865, quando Firenze è scelta a capitale del Regno d’Italia. Il Salone dei Cinquecento diviene ora sede del Par-lamento. Nel Palazzo è inoltre collocato il Ministero degli Esteri, alloggiato nel Quartiere degli Elementi, mentre altre sale devono essere adeguate per ospi-tare i numerosi uffici collegati al Parlamento.Viene incaricato dei lavori l’ingegnere messinese Carlo Falconieri, gravato del non facile compito di intervenire su uno dei luoghi simbolo della storia politica, artistica e culturale della città.Per non danneggiare gli affreschi si progetta una struttura mobile ai seggi parlamentari. L’aula è co-

Enrico Fanfani, La Rivoluzione del 27 aprile 1859 in Piazza della Signoria, 1860, Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti

Pio Fedi, La Civiltà Toscana, 1861, Firenze, Palazzo Vecchio

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stituita da una semiellissi di legno, chiusa di fronte all’Udienza cinquecentesca da un tramezzo sul quale campeggia il ritratto del re con ai lati le scul-ture del Genio della Vittoria di Michelangelo e di Firenze che trionfa su Pisa del Giambologna. Sulle pareti Nord e Sud sono però aperti tre grandi fine-stroni e sulla parete Sud è realizzato il terrazzino che mette in comunicazione il Quartiere di Eleono-ra con quello degli Elementi. Diverse stanze già del Quartiere di Cosimo I sono distrutte per costruire uno scalone che permetta ai deputati accesso al Palazzo da Via della Ninna.È questo il momento apice di Palazzo Vecchio in epoca risorgimentale. Dal 1868 si avvia infatti un processo di musealizzazione dei marmi, trasferi-ti per lo più al Museo del Bargello, e sostituiti da copie, processo che ha il suo culmine nel luglio 1873 quando il David di Michelangelo dall’aren-gario del Palazzo passa alla Tribuna della Galleria dell’Accademia. Intanto il 24 giugno 1871 si era tenuta l’ultima se-duta dei Deputati a Palazzo Vecchio, prima che la capitale fosse trasferita a Roma; e da allora Palaz-zo Vecchio resta sede del Comune di Firenze.

L’assemblea della Toscana riunita nel Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio il 16 agosto 1859, acquaforte su disegno di Ferdinando Franco Lanciolini, Ferdinando Lasinio incisore, Achille Paris Stampatore

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LA REGGIA DI PALAZZO PITTI

Dunque fra il 1865 e il 1871 Firenze diviene non solo centro della Toscana, ma dell’Italia intera: il Parlamento italiano decreta infatti il 9 dicembre 1864 che la città sia capitale del regno entro il mese di maggio dell’anno successivo. Se a Palazzo Vecchio risiedono i protagonisti della vita politica, la reggia di Palazzo Pitti diventa re-sidenza ideale per il re, la sua famiglia e la corte sabauda. Il Re d’Italia Vittorio Emanuele giunge in città la sera del 3 febbraio 1865, accompagnato dal presidente del Consiglio, generale La Marmo-ra. La carrozza reale è accolta in via Tornabuoni dai nobili del Club e del Casino Borghese, che la scortano fino all’ingresso del Palazzo in Piazza Pit-ti dove una folla festante attende il sovrano. I fiorentini avevano comunque già avuto modo di conoscere Vittorio Emanuele, giunto a Firenze già

Palazzo Pitti, Appartamenti monumentali, Sala verde

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nell’aprile del 1860, quando, dopo il plebiscito, aveva percorso a cavallo in compagnia di Bettino Ricasoli e del Principe di Carignano le vie del cen-tro cittadino adorne di ghirlande e di archi trionfali. Il re tornava nella città che lo aveva accolto fan-ciullo e dove aveva ricevuto la prima educazione fino agli 11 anni, esule da Torino con il padre Carlo Alberto per aver questi promesso lo Statuto.Le sontuosissime sale del cosiddetto Apparta-mento delle Stoffe, al piano nobile del Palazzo, erano pronte ad accogliere, con tutto il fasto dovu-to a un regnante, Vittorio Emanuele, il quale però preferisce fin da subito per il suo appartamento privato un altro ambiente del palazzo: il quartiere cosiddetto della Meridiana (cfr. pp. 82-83).Nondimeno, le sale che compongono il Quartiere delle Stoffe (dai preziosissimi lampassi di seta, qui collocati a metà Ottocento, che ricoprono le pareti) vedono in epoca sabauda importanti interventi di riarredo. È appunto grazie alla presenza della fami-glia reale dei Savoia che queste sale assumono la denominazione di Appartamenti Reali con la quale sono oggi noti. Aperti al pubblico nel 1993, dopo un accurato e complesso lavoro di ricerca e di restauro, si presen-tano al visitatore nell’aspetto che avevano al tempo dell’ultimo accuratissimo inventario sabaudo, data-to al 1911, redatto pochi anni prima che il palazzo fosse donato da Vittorio Emanuele III allo Stato ita-liano. Le stanze, offrono dunque oggi un affascinan-te percorso nel tipico stile eclettico sabaudo, che accosta con grande libertà arredi e mobili prelevati da altri ambienti del palazzo, o da altre regge. Così anche per quanto riguarda i quadri: il visitatore no-terà infatti che dipinti d’epoca antica si alternano a pitture di artisti della seconda metà dell’Ottocento, acquistate da Vittorio Emanuele II.La Sala delle Nicchie venne usata, alla pari della attigua Galleria delle Statue e della Sala Bianca, per occasioni ufficiali, pranzi diplomatici, alle feste del Carnevale e ad altre solenni occasioni di rappre-sentanza e di ricevimento di corte.La successiva Sala Verde mantiene la sua funzio-ne di ambiente di introduzione agli appartamenti. I Savoia conservano qui come altrove gli arredi e le decorazioni dei precedenti Granduchi. Ma è in particolare all’arrivo del figlio di Vittorio Emanuele II, Umberto I, e della consorte regina Margherita, nel gennaio 1878, che gli Appartamenti vivono una fortunata stagione di nuovo interesse.

Palazzo Pitti, Appartamenti monumentali, Sala del trono

Palazzo Pitti, Appartamenti monumentali, il candelabro di porcellana

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L’UNITÀ D’ I TALIA

Nella sontuosa Sala del Trono (ill. p.77), rivestita di damasco rosso, Vittorio Emanuele II, ricevette i risultati del plebiscito del 1870 così come rievoca l’affresco di Cesare Maccari nella Sala del Risor-gimento a Siena (cfr. pp. 96-99). Per trono venne adattata una poltrona di epoca lorenese, riccamente intagliata da Lorenzo Dolci nel 1794, apponendovi sulla sommità l’aquila sabauda; il baldacchino fu montato stabilmente nel 1871 e reca anch’esso sulla fronte lo stemma dei Savoia (croce bianca in campo rosso); la balaustra attualmente visibile (e non presente nell’affresco del Maccari) fu qui collocata nel 1911. Il monumentale candelabro di porcellana (ill.p. 77) che si vede nella scena del Maccari sul fondo a destra di fronte alla specchie-

Palazzo Pitti, Appartamenti monumentali, Salotto giallo

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ra fu poi trasferito nel Salotto Giallo (dove è oggi visibile, subito entrando sulla destra). Si trovano ancora nella Sala invece i due reggivasi in legno dorato provenienti da Parma e la console e spec-chiera intagliate dalla manifattura Bosi, acquistate dai Savoia nel 1868 Passata la Sala Celeste, dove sono esposti 10 ritratti medicei del Sustermans, si passa alla Cap-pella, l’unico ambiente degli Appartamenti a con-servare l’originaria decorazione medicea tardo-barocca, nella quale nel 1872 furono collocati la specchiera, il lampadario, la serie degli sgabelli lungo le pareti e il tappeto da tavola, tutti prove-nienti da Parma nel 1868.Dalla Sala dei Pappagalli si accede sia all’Appar-tamento della Regina Margherita, sia, a sinistra, all’Appartamento del Re. Nel Salotto Giallo sono esposti tre dipinti acquistati da Vittorio Emanuele II: Simon Memmi che per in-carico del Petrarca ritrae Madonna Laura di Pietro Saltini, e, Michelangelo Buonarroti declama le sue poesie a Vittoria Colonna di Francesco Vinea (com-missionati dal re insieme ad altre quattro scene di storia ai sei più promettenti allievi dell’Accademia fiorentina nel 1863); il terzo quadro di Giuseppe Bel-lucci, La firma del trattato di Bruzzolo, del 1870, celebra l’inizio dell’egemonia dei Savoia in Italia (cioè la stipula del patto del 1610 con il quale Carlo Emanuele I di Savoia otteneva il ducato di Milano).

Giuseppe Bellucci, La firma del trattato di Bruzzolo, 1870, Palazzo Pitti Appartamenti Monumentali, Salotto giallo

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La Camera della Regina presenta un trionfo di eclettismo, con note esotiche (i vasi e il paravento cinese); il letto, probabilmente acquistato negli anni ‘30 dell’Ottocento, che fu collocato qui per Marghe-rita nel 1878, decorato con tipici motivi stile impero (le palmette con fregio). Sempre per la regina fu realizzata l’elegante dormeuse al centro della Sala, ricoperta come la vicina poltrona e il letto in seta azzurra.Concludono l’appartamento i Gabinetti Ovale e Ro-tondo; in quest’ultimo, dedicato alla conversazione e ai lavori femminili della regina e delle sue dame di corte, sono accostati come a comporre i petali di un fiore, con straordinaria libertà, una grande varie-tà di poltroncine e tavolini.All’Appartamento del re si accedeva, in origine, dalla Sala di Bona, dopo l’ingresso nella monumen-tale Sala Bianca. L’attuale percorso avviene invece a ritroso e inizia dalla Camera da Letto, dove il letto, di fine Settecento con stemma sabaudo aggiunto, e i mobili stile Impero sono accostati a scelti capo-

Palazzo Pitti, Appartamenti monumentali, il letto della Regina

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lavori della Guardaroba medicea. Si passa quindi allo Studio, stanza fatta realizzare da Umberto I ritagliando un pezzo della Camera da letto, dove nell’angolo di fondo a destra è visibile il busto ri-tratto di Margherita scolpito in marmo tra 1868 e 1870 da Raffaello Pagliaccetti (vedi ill. p. 46); da notare anche sulla destra lo stipo in stile Bieder-meier arrivato da Bologna nel 1874. A seguire il Salone Rosso, usato in epoca sabauda come Sala dell’Udienza, che offre ancora un magnifico esem-pio dell’eclettismo sabaudo con arredi neobaroc-chi e un dipinto volto a celebrare la generosità della dinastia sovrana, parte delle sei opere com-missionate dal re ai migliori allievi dell’accademia fiorentina. Giuseppe Ciaranfi vi ha rappresentato L’elemosina del collare episodio risalente al 1661 quando Amedeo II di Savoia spezzava il Collare dell’Annunziata per dividerlo tra la popolazione bi-sognosa. Il percorso termina con il piccolo vano di Anticamera, vi sono appesi tre dipinti di ‘pittori contemporanei’ di vario soggetto: dai temi storici di ambientazione medievale come exempla virtu-tis di sentimenti moderni, alla pittura di paesaggio tema di grande rilievo nella pittura dell’Ottocento (Raffaello Sorbi, Rapimento di Piccarda Donati; Francesco Altamura, Il Buon tempo antico; Anto-nio Fontanesi, Paesaggio campestre).Anche in seguito alla cessione del palazzo allo Sta-to, avvenuta nel 1921, alcuni componenti del ramo cadetto dei Savoia continuarono ad abitare, oltre la Palazzina della Meridiana, le stanze al secondo piano del palazzo, il cosiddetto Quartiere d’Inverno (attualmente non aperto al pubblico), dove Anna Elena di Francia, moglie di Amedeo d’Aosta visse fino all’avvento della Repubblica, nel 1946.

Palazzo Pitti, Appartamenti monumentali, Camera del Re

Annibale Gatti, L’Italia che prende il posto in mezzo alle Nazioni guidata dal Genio di Casa Savoia, 1861, Palazzo Pitti, Palazzina della Meridiana

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LA PALAZZINA DELLA MERIDIANA IN PALAZZO PITTI

L’ala conosciuta come Palazzina del-la Meridiana fu costruita alla fine del Settecento per facilitare ai granduchi l’accesso con le carrozze ai propri appartamenti dal giardino. A seguito della Restaurazione, Leopoldo II di Lorena commissionò a Nicola Cian-fanelli la decorazione di una delle sale con affreschi che per la prima volta raffiguravano storie tratte dai Promessi Sposi (1834-37). Proprio in Toscana a Siena Manzoni aveva da poco autorizzato la prima edizio-ne illustrata del suo romanzo che il

granduca adottò per propagandare le proprie virtù illuministiche e democra-tiche. Il ciclo ebbe immediata risonan-za come dimostrano le decorazioni di poco successive di Palazzo Larderel a Livorno e della Palazzina del Giardino Puccini a Pistoia (cfr. p. 94).

Ma è con l’Unità d’Italia e l’arrivo del primo re, Vittorio Emanuele II, che questa parte del palazzo assume particolare importanza. Il re infatti, fin dal suo arrivo nella reggia fiorentina, mostra di preferire ai sontuosi am-bienti del primo piano l’agio di stile più borghese e di più immediata co-modità delle stanze della Meridiana.

La Palazzina è dunque sottoposta negli anni intorno al 1860-61 a una revisione degli arredi e al completa-mento delle decorazioni affrescate.Le stanze destinate ai ricevimenti formali, poste sul lato verso Boboli, sono sistemate con mobilia e arredi acquistati dal Re alla Esposizione fio-rentina del 1861, seguendo il gusto improntato sul recupero degli stili storici Luigi XV, Luigi XVI e Impero. Le camere private, poste sul lato ver-so la città, sono arredate in maniera meno solenne, secondo quel gusto

sabaudo, caratterizzato da una libe-ra commistione di stili e oggetti dalle provenienze più diverse, che caratte-rizza anche le altre regge dei Savoia e le ville della Petraia (cfr. pp. 85-87) e di Poggio a Caiano (cfr. pp. 91-92 ).Sette sale ancora spoglie sono deco-rate con pitture che trattano temi em-blematici del Romanticismo storico, la raffigurazione di episodi illustri della storia italiana medievale e rinascimen-tale. Nel 1860 il Governo provvisorio della Toscana affida a Antonio Marini le Storie della Vita del Tasso (sala 8).

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La galleria adiacente (Sala 7) è affi-data ad Annibale Gatti che vi dipinge episodi della vita di Michelangelo e due Genietti con gli stemmi di Firenze e dei Savoia. Avvicinandosi il trasferi-mento della corte sabauda a Firenze, si affida a Gatti l’incarico di dipinge-re, con grande celerità, nel corso del 1861, il soffitto della grande Sala del Trono con L’Italia che prende il po-sto in mezzo alle Nazioni guidata dal Genio di Casa Savoia (ill. p. 81); ai lati, due riquadri a monocromo re-cano lo stemma dei Savoia sorretto

da due leoni; inquadra l’affresco una cornice in stucco dorato con il motto sabaudo ‘FERT’ e i nomi di ventiquat-tro città italiane protagoniste di batta-glie risorgimentali.Nella sala successiva, Mussini affre-sca inoltre una serie di pannelli con L’Italia che corona le Arti, contornata da quattro riquadri con Il fiume Arno, L’Industria, La Scienza e L’Agricoltura. Interessante notare che in quest’ulti-mo riquadro, Mussini, oltre alla firma e alla data (1862) inserisce anche il motto ‘COLTRO DIGNY’: riferimento

immediato, per il pubblico dell’epo-ca, a una invenzione messa a punto dalla fabbrica di strumenti agricoli di proprietà del senatore Guglielmo Cambray Digny e dunque esplicito omaggio a uno dei protagonisti della vita politica dell’epoca.La sequenza di sale verso la città è decorata con storie di personaggi protagonisti della letteratura patriot-tica: Filippo Strozzi al passaggio dell’Arno, di Antonio Puccinelli (Sala VII), La Congiura dei Pazzi di Cesa-re Mussini, ispirata alla omonima

tragedia dell’Alfieri (Sala 9), Dante ambasciatore dei fiorentini presso Bonifacio VIII, di Giorgio Berti.

Al trasferimento della capitale da Fi-renze a Roma, la Palazzina continua a essere dimora prediletta del re, quindi del primogenito di Umberto e Mar-gherita, futuro re Vittorio Emanuele III e poi di suo cugino, il Conte di Torino Vittorio Emanuele.

Dal 1983 la Palazzina è sede della Galleria del Costume.

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CASA GUIDI

Nelle immediate vicinanze di Palazzo Pitti è possibile visitare un altro luogo connesso alle vicende risorgi-mentali in una prospettiva diversa dall’ufficialità rap-presentata da Palazzo Vecchio e dalla Reggia di Pitti.L’appartamento che fu della poetessa Elizabeth Barret (1806-1861) e del marito Robert Browning (1812-1889) evoca il clima partecipato di speranza in una nuova epoca che animava non solo i cuori degli italiani ma anche quelli di molti stranieri di no-bile animo patriottico che avevano eletto l’Italia e la Toscana a loro patria di adozione. I due vissero dal 1847 al 1861 nella suite al primo piano del Palazzo Guidi, edificato nel XV secolo, alternando la residen-za in questa amatissima ‘Casa Guidi’ (così Eliza-beth definiva l’appartamento) con frequenti viaggi a Roma, Siena, ma anche in Inghilterra e a Parigi. I Browning seguivano da vicino le vicende risorgi-mentali ed Elizabeth in particolare nelle sue liriche si pronunciava a favore dell’Unità italiana così come nelle lettere di entrambi i coniugi inglesi, qui conser-vate, indirizzate fra gli altri ad illustri patrioti come Massimo D’Azeglio, Francesco dall’Ongaro e Giu-seppe Mazzini col quale Robert ebbe vari contatti.Gli ambienti della Casa sono stati ricostruiti se-guendo la volontà di Pen Browning (1849-1912), figlio della coppia. Nel corso degli anni ‘90 del Novecento, le stanze sono state infine riordinate e Casa Guidi, il salotto

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aperte al pubblico, cercando di restituire agli am-bienti, per quanto possibile, lo stile che avevano in origine. Il celebre salotto è stato fedelmente si-stemato seguendo la precisa illustrazione data da un quadro di George Mignaty, commissionato da Robert alla morte della moglie nel 1861. Copia del quadro è visibile in Casa Guidi, insieme alla scri-vania, al cassettone di Pen, allo specchio dorato del salone, ai busti di Elizabeth e Robert, al ritratto di Pen, in un medaglione bronzeo, oltre alle tende broccate analoghe a quelle descritte da Elizabeth nelle sue lettere, ed alcuni altri oggetti a loro ap-partenuti. Dei Browning sono inoltre qui consulta-bili tutte le opere pubblicate.

VILLA DELLA PETRAIA

Quando nel 1865 la corte sabauda si insedia in Firenze, la medicea Villa della Petraia, ubicata alla periferia cittadina, diviene una delle residenze pre-dilette da Vittorio Emanuele II, che qui trascorre le sue ore di svago, dedito alla caccia nei boschi limitrofi, al tempo estesi dalle rive dell’Arno fino alle pendici dei monti dietro Fiesole.Qui il sovrano soggiorna con Rosa Vercellana, nota come la “bella Rosina”, dal 1869 seconda moglie, morganatica, del re. Per questo motivo, si rende

Villa della Petraia, il cortile con la copertura in acciaio e vetro realizzata nel 1872

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necessario adattare alcuni degli ambienti alle nuove esigenze di una piccola corte. Dalle regge preunitarie di Lucca, Modena, Piacenza e dalle altre ville medicee giungono arredi vari, mobilia, tappeti, quadri e parati riadattati con grande ma-estria, grazie anche all’intervento degli architetti della Real Casa Fabio Nuti e Giuseppe Giardi. Sono rinnovate le decorazioni affrescate dei Saloni, dove in alcune delle volte è inserito lo stemma sabaudo, sono sistemati o creati ex novo alcuni ambienti per ospitare le cucine e il personale di servizio. L’intervento più rilevante riguarda però il cortile decorato in epoca medicea da Cosimo Daddi e dal Volterrano. Nel 1872, in occasione del matrimo-nio del figlio del re e della bella Rosina, Emanuele Alberto Guerrieri conte di Mirafiori, con Blanche Larderel, viene realizzata l’ariosa copertura in ac-ciaio e vetro dell’ambiente (ill. p. 85), che diviene per l’occasione un vero e proprio salone per la festa con il bellissimo lampadario in cristallo ame-tista, e che ha in seguito garantito la conservazio-ne degli affreschi, proteggendoli dalle intemperie. Una serie di salotti offrono una suggestiva testi-monianza dell’eclettismo savoiardo, mentre la ca-mera da letto della Bella Rosina fu l’unico vano a ricevere parati nuovi, acquistati nel 1865 presso il negozio fiorentino di Edouard Prévost: una seta celeste a tralci di rose e fiori bianchi.

Villa della Petraia, camera della bella Rosina

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Significativi anche gli interventi al parco della Villa; ricordiamo la realizzazione, sul piano della figurina, di due voliere, sfortunatamente non più esistenti e del Belvedere nell’angolo sud-est della terrazza: un padiglione ottagonale con copertura a pagoda, destinato alla sosta dopo la caccia e le cavalcate. Lo stemma dei Savoia vi campeggia all’esterno come all’interno, sullo schienale delle sedie poste intorno al tavolo centrale, sulle conso-les e sul buffet del vestibolo.Dopo il 1872, la Villa fu progressivamente sempre meno frequentata dai Savoia. Fu infine donata allo Stato italiano nel 1919, il quale la destinò all’Opera Nazionale Combattenti. Gli arredi e le opere d’arte venduti o dispersi. Tornata allo Stato negli anni ‘60, un lento e impegnativo progetto di restauro e recu-pero degli arredi originari ha condotto all’apertura come Museo nazionale, nel 1984.

Villa della Petraia, interno del Belvedere

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MUSEO STIBBERT

Anche il Museo Stibbert, pregevolissimo esempio di casa-museo dove sono allestite in modo spet-tacolare le collezioni lasciate dal proprietario alla città di Firenze, è legato alle vicende del Risorgi-mento in Toscana Frederick Stibbert (1838-1906), di padre inglese e madre toscana, dedicò le risorse dell’ingente patrimonio familiare e le energie appassionate e competenti della sua intera esistenza a raccogliere pezzi d’arte di qualità, maturando fin dall’inizio il progetto di trasformare la propria residenza in un museo aperto al pubblico. Il nucleo originale della villa fu progressivamente ampliato per assumere le attuali forme di castello gotico saldato a quelle di una signorile residenza ottocentesca, immersa in un suggestivo parco romantico, popolato di ro-vine classiche e di rare specie botaniche.Gli ambienti del piano terreno della villa sono al-lestiti nel periodo coincidente ai decenni del Ri-sorgimento secondo un impianto fortemente sce-nografico. In due sale (nn. 17-18) sono esposte armi da fuoco europee dei secoli XVI-XVIII e armi ottocentesche di varia provenienza, che offrono un campionario dei diversi corpi rappresentativi (ca-rabinieri, corazzieri, guardie civiche) nei decenni attorno all’Unità italiana. Del resto alla passione collezionistica per le armi Stibbert associava ideali patriottici che lo spinsero a partecipare alla Ter-za Guerra di Indipendenza nel 1866. Così come lo mostra una fotografia d’epoca fu infatti guida in Trentino durante la campagna garibaldina otte-nendone una medaglia d’argento al valor milita-re. Sull’argomento e per celebrare l’anniversario dell’Unità d’Italia, il Museo pubblicherà uno studio approfondito al quale si rimanda per conoscere in dettaglio questo aspetto meno noto dell’affasci-nante storia di Stibbert.

Frederick Stibbert in divisa da garibaldino, Firenze Museo Stibbert

Ferdinando Folchi, stemma della famiglia Trombetta tra l’Italia e la Grecia, 1864, Pontassieve Palazzo Trombetta, sala delle Eroine

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PONTASSIEVE Palazzo Santoni Trombetta

A Pontassieve il Palazzo Sansoni Trombetta, at-tuale sede del Comune, ospita in quello che fu il Salone delle feste e che oggi è usato per la cele-brazione dei matrimoni civili, un ciclo di affreschi di inaspettato valore risorgimentale attraverso una curiosa iconografia al femminile. Sono opera del pittore fiorentino Ferdinando Folchi (1822-1893), autore anche di alcune decorazioni della Meridia-na, (cfr. pp. 82-83). Committente fu Domenico Salvatore Trombet-ta, un mercante e banchiere veneto, operante a Corfù, in Grecia, che nel 1842 aveva acquistato l’edificio settecentesco avviandovi poi, alla vigilia dell’Unità italiana, significativi lavori di ampliamen-to architettonico. La coincidenza di felici avveni-menti familiari (il matrimonio nel 1860 del figlio e la nascita di una nipote l’anno seguente) con quelli civili e nazionali – sia l’Italia sia la Grecia aveva-no raggiunto l’indipendenza – dovettero spronare Domenico Salvatore Trombetta alla commissione al Folchi della cosiddetta Sala delle Eroine, det-tandone la scelta dell’insolito argomento storico. Il ciclo consiste di scene raffiguranti gli atti eroici di sette donne famose nella letteratura romantico-patriottica ottocentesca: Lucrezia Mazzanti, Giulia Aldobrandini, Luisa Strozzi, la Ghita tessitrice, le cui vicende sono legate a quelle dell’Assedio di Firenze di cui narra il popolare romanzo di Fran-cesco Domenico Guerrazzi; Caterina Sigurana, Bellisandra Meraviglia e Bettina Tommasi prota-goniste a Nizza, Venezia e Ancona di altri episodi di resistenza contro la prepotenza e l’oppressione straniera. Le storie delle eroine sono coronate da una immagine principale di enfatica raffigurazione allegorica. L’arme dei Trombetta, italiani di origi-ne ma greci di adozione, trionfa al centro della composizione. A destra, l’Italia indossa corona turrita e mantello rosso, ornata di stemma sabau-do, presente anche sul tricolore impugnato con la sinistra; sull’altro lato invece, seduta, la personifi-cazione della Grecia, in posa più contenuta e me-ditativa, adorna di vestigia classiche. Altri simboli allegorici accompagnano le due nazioni: i simboli di glorie artistiche, poetiche e scientifiche sul fon-do di dolci colli toscani accanto all’Italia; rimandi alla scultura e all’architettura invece per la Grecia, accompagnata dal mare e da imbarcazioni.

Ferdinando Folchi, Caterina Sigurana combatte i Turchi che assediano Nizza, 1864, Pontassieve, Palazzo Sansoni Trombetta

Ferdinando Folchi, Ghita tessitrice, dopo la morte del marito, offre suo figlio come soldato alla Repubblica Fiorentina, (particolare), 1864, Pontassieve, Palazzo Sansoni Trombetta

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PROVINCIA DI PRATOPoggio a Caiano, Villa Medicea

La villa, fatta erigere da Lorenzo il Magnifico su progetto di Giuliano da Sangallo, divenne residen-za di campagna favorita da Vittorio Emanuele II quale luogo ideale per soste dopo le gite rurali e le battute di caccia. Lo scrigno di importanti ci-cli affrescati da Andrea del Sarto, Franciabigio, Pontormo, Alessandro Allori fu così sottoposto ad un generale riassetto da parte degli architetti e decoratori di corte torinesi, Domenico Ferri con i figli Augusto e Gaetano, attivi anche alla Meridiana (cfr. pp. 82-83) e alla Petraia (cfr. pp. 85-88), che adeguano le stanze al gusto sabaudo. Fin dal portico, il visitatore è accolto dalla deco-razione a grottesche del 1865 ca. e nella Sala d’ingresso, decorata a motivi neorinascimentali e trofei di caccia sotto la direzione di Antonio Salier, due lapidi dipinte recitano: quella di sinistra 11 E 12 maRZO la TOscaNa cON splENDIDO plEbIscITO vOTava la sUa UNIONE alla mONaRchIa cOsTITUZIONalE DEl RE vITTO-RIO EmaNUElE II; quella di destra commemora invece l’intervento sabaudo nel riallestimento degli am-bienti: vIlla mEDIcEa REsTaURaTa Da vITTORIO EmaNUElE II

UlTImO RE DI saRDEgNa pRImO D’ITalIa mDccclxv.Ridipinte in questi anni con lo stemma sabaudo sono le due panche del 1845, ai lati di questo pri-

PERCORSO 2ATTRAVERSO LA TOSCANA luoghi-memorie degli ideali risorgimentali

A fronte: Luigi Zini, Francesco Ferrucci, 1836, Scornio (Pistoia), Parco di Villa Puccini

Villa di Poggio a Caiano, Sala dei Biliardi

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mo ambiente. Nella Sala dei Biliardi (ill. p. 91), è probabilmente del Ferri la decorazione a trompe l’oeil a pergolato sulla volta; i biliardi furono tra-sportati qui da Lucca, insieme al resto dell’arredo (consoles, sedie, divani, lampadari), proveniente da Piacenza. Al piano nobile, si accede ai due appartamenti Sud e Ovest, arredati con pregevole mobilia e dipinti provenienti da varie residenze sa-baude. È qui collocata l’originale Camera del letto da campo di Vittorio Emanuele II, ritrovata nei de-positi della Villa, composta da un letto, un como-dino, una toilette, una scrivania e due sedie. I mo-bili, acquistati dal re all’Esposizione fiorentina del 1861, sono tutti ripiegabili su se stessi per essere facilmente trasportati. Nella Sala dei pranzi, sono realizzati su disegni di Antonio Salier gli stucchi che incorniciano l’affresco con Apoteosi di Cosi-mo il Vecchio Pater Patriae del Gabbiani (1698); di epoca sabauda anche lo specchio da camino. Da questa sala si accede all’Appartamento dell’ango-lo est, detto di Vittorio Emanuele II, composto da Guardaroba, Studio, Sala per ricevere e Salotto, arredati, al solito, con mobili e oggetti prelevati da altre regge (Parma, Modena, Torino); soprattutto la camera da letto rende bene il gusto prediletto dal re, improntato negli ambienti liberi dall’etichet-ta di corte a una moderna e funzionale semplicità. All’Angolo nord, l’appartamento che fu di Elisa Bo-naparte Baciocchi fu destinato a Rosa Vercellana, poi contessa di Mirafiori; si compone di una Sala per ricevere, lo Studio, la Camera da letto, dove è particolarmente originale la soluzione utilizzata per la decorazione delle pareti e del soffitto con una stoffa pieghettata, che lascia visibile sotto un velo di tulle al centro della stanza l’originaria decorazio-ne affrescata. Anche questa stanza è improntata a uno stile lontano dalla pomposa ufficialità ma che offre un comfort semplice e immediato. I due qua-dri alle pareti, della seconda metà del XIX secolo, Santa Rosa e Madonna tra le Rose, sono un chia-ro omaggio alla moglie morganatica del sovrano. Al trasferimento della capitale da Firenze a Roma, progressivamente i soggiorni della famiglia reale diminuiscono; nel 1919 la Villa è ceduta allo Sta-to italiano e via via spogliata delle opere e delle suppellettili. Nel corso degli anni Ottanta del No-vecento sono stati effettuati importanti lavori di restauro e dal 1996 è stato intrapreso un capillare lavoro per riportare gli ambienti allo stato descritto dall’ultimo inventario sabaudo, datato al 1911.

Villa di Poggio a Caiano Camera del Re

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LA DIMORA DEL RISORGIMENTO

PISTOIA E LA SUA PROVINCIA

Anche se difficilmente visitabili, merita ricordare le dimore di due personaggi che ebbero un im-portante ruolo nella cultura del Risorgimento in Toscana.In via della Madonna a Pistoia si trova la casa di Louisa Grace Bartolini, dove la poetessa britan-nica, ma di lontane origini italiane di cui andava fierissima, si stabili nel 1841. Louisa fu indirizzata a Pistoia dal frate francescano pistoiese, patriota e rivoluzionario, padre Angelico Marini, che era stato suo maestro di lingua italiana. Il villino con giardino della Bartolini divenne il più noto salotto culturale dell’epoca, centro della buona società pi-stoiese e di fermenti libertari e patriottici. L’interno della casa – ancora oggi abitata dagli eredi della poetessa –, presenta fin dal vestibolo di ingresso uno stile sobriamente raffinato a cui si accompa-gnano oggetti e opere d’arte che testimoniano dei gusti colti e degli ideali politici dei proprietari (ad esempio i busti di Giovan Battista Niccolini e di Giuseppe Garibaldi). Alla morte di Louisa, per di-sposizione del marito, una serie di cimeli letterari, artistici, pittorici sono stati donati alla Biblioteca Marucelliana di Firenze. La lapide tombale di Grace, che si trova nel chio-stro grande del convento del Giaccherino, ci mo-stra il profilo dolce e elegante di questa singolare signora di metà Ottocento.

Francesco Bartolini e Pietro Arcangeli, Monumento funerario di Louisa Grace Bartolini, Pistoia, convento del Giaccherino

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L’UNITÀ D’ I TALIA

A Scornio, nei dintorni di Pistoia, si trova la villa di Niccolò Puccini, colto, originale e stravagante, umanista e patriota, nonché committente di im-portanti quadri storici, (cfr. p. 16) oggi conserva-ti presso il Museo Civico pistoiese. Nella villa di Scornio furono ospiti, attorno agli anni ‘40 dell’Ot-tocento, uomini di cultura che segnarono con il loro pensiero la storia toscana. L’interno della vil-la, oggi sede di una scuola di musica, è decorato con storie di personaggi del Rinascimento, che presentano l’epoca repubblicana ed anti medicea di Firenze come exempla virtutis per la contem-poraneità. Sebbene molto deteriorato, il parco che circonda la villa, in parte aperto al pubblico, è uno dei giardini romantici più interessanti d’Italia. Sta-tue ed edifici illustrano la propensione per il ro-manticismo storico e patriottico del committente (cfr. p. 90). Sono poche le sculture in terracotta sopravvissute e molti dei singolari edifici voluti da Niccolò si addentrano oltre i confini del giardino pubblico nelle proprietà limitrofe. Tra questi la Pa-lazzina dei Promessi Sposi che Niccolò volle ad onore del capolavoro di Alessandro Manzoni e la statua di Francesco Ferrucci (ill. p. 90), virtuoso esempio di combattente per la libertà della propria patria. In alto sulla collina, dietro i palazzi di nuova costruzione, si intravede la Torre di Catilina, edifi-cata in memoria di colui che ribellatosi al Senato di Roma perse la vita sulle montagne pistoiesi.

Villa Puccini, Scornio (Pistoia)

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LA DIMORA DEL RISORGIMENTO

MONSUMMANO TERME Museo Nazionale di Casa Giusti

Giuseppe Giusti, nato a Monsummano il 12 mag-gio 1809, fu poeta risorgimentale, dotato di acu-ta ironia, legato all’ambiente fiorentino di Giovan Pietro Viesseux e del moderatismo toscano. I suoi componimenti satirici esprimono le speranze rifor-matrici molto diffuse alla vigilia dell’Unità italiana.La casa natale del poeta conserva all’esterno l’ele-gante aspetto voluto dal nonno paterno di Giusti, che la fece edificare tra il 1791 e il 1793. L’interno, interessato da un impegnativo restauro durante gli anni ‘70, è Museo statale dal 1992. Presenta mobilia e oggetti in parte originali della casa, in parte provenienti dai depositi di Palazzo Pitti a Firenze, a riempire le lacune della dispersio-ne ed offrire al visitatore l’aspetto di una dimora della piccola nobiltà di campagna del XIX secolo. Nel Salone di ingresso si ammirano decorazioni pittoriche mimanti aperture sul paesaggio esterno: in una natura lussureggiante e solitaria sono im-merse finte rovine classiche secondo quel gusto romantico che aveva guidato Niccolò Puccini nel-la realizzazione del parco della sua Villa a Scornio. Le pitture sono ascrivibili a maestranze locali di medio livello e probabilmente databili agli anni ‘40 del XIX secolo. Da notare il tricolore che svetta sul-la sommità del castello nella scena sulla parete di fronte all’ingresso, probabile aggiunta dopo l’Unità italiana. Al piano terreno restano ancora i vari am-bienti di servizio come la cucina d’epoca.Dal grande scalone si accede al primo piano nella biblioteca, l’ambiente più fedele all’arredo origi-nario: gli scaffali della libreria a muro raccolgono libri, opuscoli e documenti appartenuti a Giusti e alla sua famiglia. Sopra la scrivania si erge il ri-tratto del poeta dipinto da Giuseppe Bezzuoli, ami-co conosciuto a Firenze dopo gli anni universitari trascorsi a Pisa. Dalla Biblioteca si accede a un salotto decorato con pitture di scene mitologiche, alla ‘stanza dei cimeli’, dove sono esposti ogget-ti personali appartenuti al poeta. Si passa quindi all’alcova, con Cupido dipinto sul soffitto in cor-rispondenza a dove si trovava il letto; la stanza è arredata con mobili che la tradizione vuole siano quelli della stanza abitata dal poeta a Firenze, ospi-te dell’amico Gino Capponi nel palazzo di famiglia, dove Giusti muore nel 1850.

Monsummano, Casa Giusti, Salotto

Casa Giusti, Monsummano Terme, studio - biblioteca del poeta con in alto il suo ritratto dipinto da Giuseppe Bezzuoli

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L’UNITÀ D’ I TALIA

SIENA E LA SUA PROVINCIA

SienaLa testimonianza artistica più celebrativa e narrativa del Risorgimento in Tosca-na è senza dubbio la Sala omonima nel Palazzo Pubblico di Siena, che merita un approfondimento.

LA SALA DEL RISORGIMENTO IN PALAZZO PUBBLICO A SIENA

La decorazione della Sala del Risor-gimento al primo piano del Palazzo Pubblico è il più ambizioso progetto decorativo intrapreso dal Comune senese nel corso degli anni Ottanta del XIX secolo. Qui, con preciso rea-lismo ed enfasi descrittiva, sono illu-strati gli eventi chiave della storia del Risorgimento italiano, con il preciso intento di omaggiare patriotticamente il primo re d’Italia. Nel 1878, nei giorni successivi alla morte del re, avvenuta il 9 gennaio, il Consiglio Comunale delibera di destinare un ambiente del Palazzo a “consacrare il nome e le gesta del Re liberatore Vittorio Emanuele”. Siena compie una scelta originale rispetto ad altri municipi italiani, che onora-no la memoria del Risorgimento con monumenti o sculture. Una sala af-frescata permette alla città di offrire grandiosamente il proprio tributo, riallacciandosi alla illustre tradizione dei cicli dipinti fin dal Medioevo e dà occasione agli artisti prescelti di con-frontarsi con le glorie artistiche (Si-mone Martini, Ambrogio Lorenzetti, Beccafumi) presenti in altri ambienti dello stesso Palazzo.Nel 1882 è istituita una Commissio-ne Consultiva di Belle Arti incaricata di elaborare il progetto decorativo

generale e selezionare gli artisti per eseguirlo.Luigi Mussini, che è direttore dell’Isti-tuto di Belle Arti di Siena; seleziona gli allievi: Amos Cassioli, Pietro Aldi, Cesare Maccari e Alessandro Fran-chi, insieme a Giorgio Bandini, inca-ricato degli ornati. In quattro anni, fra 1884 e 1888, i giovani accademici portano a termine la decorazione se-condo l’iconografia generale stabilita dalla Commissione che prevede di adottare due diversi registri stilisti-ci, uno storico e illustrativo, l’altro decorativo e allegorico. Le pareti della Sala sono quindi destinate a 6 composizioni (due su ciascuno dei lati lunghi, una sui lati corti) dedicate a raccontare episodi di cui il re era stato protagonista. La volta è invece dedicata a una grandiosa immagine allegorica dell’Italia, accompagna-ta dalla Libertà e dall’Indipendenza, mentre un putto regge il tricolore con lo stemma sabaudo e il nastro azzurro, anch’esso emblema Savoia (ill. p. 9). Viene affidata a Alessandro Franchi, allievo prediletto e genero di Mussini. I peducci sono dipinti da altri allievi e dedicati alle personifica-zioni delle varie regioni italiane, divise prima dell’Unità, così come nelle die-ci volticine i personaggi storici pre-cursori dell’idea di unità nazionale, da Dante Alighieri a Giuseppe Garibaldi.Gli artisti incaricati mostrano con il 96

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LA DIMORA DEL RISORGIMENTO

proprio individuale linguaggio evi-denti differenze stilistiche, che la Commissione sa indirizzare ai diversi intenti del progetto: e dunque, alle pa-reti, la pittura di solido orientamento verista di Cassioli, Maccari e Aldi ben si presta alla narrazione chiara e det-tagliata degli eventi storici.Amos Cassioli, nativo di Asciano, af-fresca la Battaglia di Palestro del 31 maggio 1859 e la Battaglia di San Martino del 24 giugno 1859, dando forte preminenza, in entrambe le sce-ne, alla figura del re, rispetto al rac-conto dei combattimenti, per enfatiz-zarne il coraggio e il valore militare.Pietro Aldi, di Manciano, dipinge L’incontro tra Radeztky e Vittorio Emanuele II alla cascina di Vigna-le: Vittorio Emanuele, re da un solo giorno, incontra il 26 marzo 1849 il maresciallo per l’armistizio che se-gue alla sconfitta di Novara, con la quale si conclude la prima guerra di Indipendenza. All’altra parete si trova L’incontro a Teano fra Vittorio Emanuele II e Garibaldi il 26 ottobre 1860: (ill. p. 98) il re e Garibaldi si incontrano presso Caserta, a con-clusione della spedizione dei Mille, in una occasione che idealmente sanci-sce in nome della patria l’unione tra monarchici e democratici.Il senese Cesare Maccari realizza due scene di soggetto più inconsueto, Vittorio Emanuele II riceve in Firen-

ze il plebiscito dei romani (ill. p. 98) e Il trasporto della salma di Vittorio Emanuele II dal Quirinale al Panthe-on il 9 gennaio 1878, l’ultimo affre-sco portato a termine nella sala, nel 1888. Nell’episodio del Plebiscito, ambientato nella Sala del Trono di Pa-lazzo Pitti (cfr. p. 78), il re accoglie la delegazione guidata da Michelangelo Caetani che consegna i risultati del plebiscito per l’annessione di Roma al Regno. L’altro episodio raffigura un evento di immediata presa sulla me-moria del pubblico dell’epoca, unito nella commozione alla morte del pri-mo sovrano del paese unito.A favorire la ricostruzione degli even-ti storici la Commissione indicava fonti documentarie per gli artisti alle quali fare riferimento per una esatta e quanto mai realistica resa degli episodi affrescati. Così ad esempio Aldi è invitato a seguire puntualmente la testimonianza di G. C. Abba, Da Quarto a Volturno, noterelle di uno dei Mille per l’incontro a Teano e la prima biografia di Vittorio Emanue-le, pubblicata da Massari nel 1878, suggerita come riferimento anche a Maccari per il Plebiscito per il quale l’artista fece riferimento certo anche alle fotografie Alinari degli Apparta-menti Reali di Pitti.La sala veniva inaugurata il 16 agosto 1890, con ampia eco sulla stampa nazionale.

Siena Palazzo Pubblico, Sala del Risorgimento, veduta generale

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Pietro Aldi, Incontro di Teano, 1884-1888 Siena Palazzo Pubblico, Sala del Risorgimento

Cesare Maccari, Vittorio Emauele II riceve in Firenze il plebiscito dei romani, 1884-1888, Siena, Sala del Risorgimento

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LA DIMORA DEL RISORGIMENTO

Da Siena si raggiunge facilmente, in direzione di Firenze, la residenza amatissima del barone Bet-tino Ricasoli.

IL CASTELLO DI BROLIO

Residenza del casato Ricasoli fin dal 1141, il ca-stello era ancora conservato nelle sue forme quat-trocentesche quando Bettino Ricasoli, sopranno-minato Barone di Ferro per il suo temperamento ri-gido e riservato, lo volle completamente restaurato e decorato negli anni immediatamente successivi all’Unità. L’architetto senese Pietro Marchetti, dal 1862 e per oltre un decennio, fu impegnato a se-guire i desideri del committente nel connotare gli ambienti di impronta fortemente medievale, su uno stile severo e semplice.Marchetti prese dunque ispirazione sia da forme ro-maniche (si veda la Cappella di San Iacopo), che da edifici gotici, interpretando con eclettismo stilemi pro-pri dell’architettura senese ed altre fonti eterogenee: la Sala da pranzo sul lato Ovest, ad esempio, termi-nata nel 1874, fu, dietro esplicita richiesta di Ricasoli, modellata su quella di un antico castello inglese nel Surrey. Probabilmente lo stesso Marchetti curò il de-sign degli arredi lignei che decorano la sala (le sedie, il tavolo, il ballatoio, le porte). Le pitture alle pareti sono opera del pittore Gori mentre i ritratti di personaggi storici della famiglia Ricasoli, dipinti su fondo dorato nella parete di fondo sotto il ballatoio, furono commis-sionati nel 1872 al quasi esordiente Pietro Aldi.

Giuseppe Mazzoni, Ritratto di Bettino Ricasoli, Castello di Brolio

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Il castello ospita anche la stanza, oggi annessa al piccolo museo, che fu arredata e dipinta apposita-mente per accogliere il re Vittorio Emanuele II, quan-do il 22 aprile 1863, accompagnato dal ministro de-gli Interni Ubaldino Peruzzi e da una delegazione di alti ufficiali, partì in treno dalla stazione di Firenze alla volta di Siena, per raggiungere da qui il Castello di Brolio, accolto da Bettino e dal fratello Gaetano. L’in-contro è il soggetto del quadro di Luigi Norfini (cfr. p.46) del quale è qui esposta copia, mentre l’origina-le si conserva negli appartamenti del castello. Sotto il quadro si trova lo scrittoio di Bettino, dove sono esposti alcuni dei suoi oggetti personali. Nel-la teca a destra del letto (predisposto sebbene il re non si fermò a dormire al Castello), si possono vedere due modelli, uno in bronzo e uno in gesso, della statua situata in Piazza Indipendenza a Firen-ze (cfr p. 51), due caricature di Bettino Ricasoli e un autoritratto. Sul lato opposto si trovano alcuni bozzetti auto-grafi di Ricasoli, appassionato di arte e di disegno. Bettino Ricasoli morì a Brolio nel 1880. Come gli altri membri della famiglia a partire dal 1800, è sepolto nella cripta sotto la Cappella di famiglia.

Luigi Norfini incontro dei fratelli Ricasoli con il re Vittorio Emanuele II, il ministro degli Interni Ubaldino Peruzzi e una delegazione di alti ufficiali, giunti in visita al castello di Brolio il 22 aprile 1863, Castello di Brolio

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PISA

Palazzo RealeNel Palazzo Reale di Pisa, edificato tra il 1583 ed il 1587 per il granduca Francesco I de’ Medici dall’ar-chitetto fiorentino Bernardo Buontalenti, si avvicen-dano i residenti ducali – dopo i Medici, i Lorena ed infine i reali, i Savoia. Oggi è sede del Museo Nazionale nonché degli uffici della Soprintendenza. Nel Museo, istituito nel 1989, sono esposti gli arre-di originali, i ritratti ufficiali delle famiglie residenti, le armature storiche e diverse collezioni d’arte do-nazioni di privati.

In particolare la sala XI ospita i ritratti delle fami-glie che hanno vissuto nel palazzo dopo la morte di Gian Gastone, l’ultimo granduca mediceo. Dei Lorena, che dal 1737 hanno ampliato il palazzo, ri-mane la copia eseguita da Vincenzo Giuria dell’ori-ginale Ritratto di Pietro Leopoldo di Anton Raphael Mengs e il Ritratto di Pietro Leopoldo di Annibale Marianini, mentre dei Savoia, occupanti dal 1860 l’edificio, è esposto il Ritratto di Maria Luigia d’Au-stria, proveniente dalla Reggia di Parma e i ritratti dei primi re sabaudi, Vittorio Emanuele II e Umber-to I (cfr. p. 46), eseguiti da Arnaldo Tamburini.

Pisa Palazzo Reale

In basso: Arnaldo, Tamburini, Ritratto di Umberto I, Pisa Museo Nazionale di Palazzo Reale

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L’UNITÀ D’ I TALIA

Merita ricordare anche alcuni palazzi storici, che furono teatro di vicende legate al Risorgimento.Il Palazzo Parra in Lungarno Pacinotti 29-32 (vi ha sede l’Hotel Nettuno) fu abitazione di una famiglia di patrioti. Pietro Parra prese parte alla spedizione di Curtatone e Montanara dove morì. Sua madre Lauretta Cipriani, moglie di Giuseppe di Lupo Par-ra, era donna colta e vivace, sensibile alle cause nazionali a cui partecipò attivamente. Tenne nel palazzo un salotto politico e letterario, frequenta-to anche da Giacomo Leopardi. Personalità indi-pendente e spregiudicata, per i tempi in cui visse, Lauretta ebbe numerose amicizie con personaggi protagonisti dei movimenti di liberazione in tutta Europa. Nel 1848 sposò segretamente Giuseppe Montanelli (cfr p. 67), compagno di studio dei figli, che tornava dalla prigionia dopo la partecipazio-ne alla battaglia di Curtatone. A fianco del mari-to, triumviro del Governo provvisorio toscano del 1849, e poi nei dieci anni d’esilio a Parigi, avrà influenza sulle posizioni politiche di lui, lo appog-gerà nella visione federalista, e ne sarà valida col-laboratrice nell’attività di giornalista e di scrittore.L’adiacente Palazzo Agostino, al numero 26 del Lungarno, è detto anche “Palazzo Rosso” o “dell’Ussero” per via dello storico caffè dell’Usse-ro, che fu luogo di ritrovo degli intellettuali liberali del Risorgimento.Di grande rilievo storico il Palazzo Nathan Rossel-li, dove Giuseppe Mazzini fu ospitato negli ultimi anni della sua vita, diventato pertanto Domus Maz-ziniana (cfr. box a pp. 124-125).

Casa Nathan Rosselli, oggi Domus Mazziniana, in una foto d’epoca

Facciata di Palazzo Agostino detto Palazzo Rosso o dell’Ussero (particolare), Pisa

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I MUSEI TOSCANI E IL RISORGIMENTO

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I MUSEI TOSCANI E IL R ISORGIMENTO

AREZZO

Museo d’Arte Medievale e Moderna Nel museo si conservano opere risorgimentali di Fattori (cavalleggeri), Gioli (artiglieri) e uno dei dipinti di Carlo Ademollo dedicati alla vicenda di Anna Cuminello uccisa durante la battaglia di San Martino (cfr. Itinerario sulla pittura, p. 27)

Museo dei mezzi di comunicazioneNel museo si conservano gli apparati telegrafici Morse con collegamenti via filo utilizzati dalla metà dell’Ottocento fino al 1870-80, mentre nella sezio-ne dedicata alla comunicazione visiva e documen-taria è presente un documento emanato nel 1849 per comunicare l’avvenuta nomina del Triumvirato della prima Repubblica Romana.

MONTEVARCHI

Il Cassero per la Scultura Italiana dell’Ottocento e del Novecento Nella collezione permanente comunale del Casse-ro si conserva un acquarello di Pietro Guerri, arti-sta locale allievo di Augusto Rivalta all’Accademia di Firenze e autore di vari monumenti dedicati a Garibaldi in area aretina: a San Giovanni Valdarno (1903), Montevarchi (1907), Bibbiena (1909) e Anghiari (1914). Di Michelangelo Monti, invece, milanese formatosi fra le accademie di Milano e di Torino, città dove si accosta al celebre Leonardo Bistolfi e si delinea ritrattista della borghesia me-dio alta, è uno dei bozzetti presentati nel 1936 al concorso per il monumento commemorativo alla Regina Margherita a Bordighera (cfr. p. 46).

AREZZO E PROVINCIA

A fronte: Carlo Ademollo, Anna Cuminello uccisa durante la battaglia di San Martino (particolare), 1861ca, Arezzo, Museo Statale di Arte Medievale e Moderna

Pietro Guerri, Bozzetto per il Monumento a Garibaldi di Montevarchi, acquerello, 1906 circa, Montevarchi, collezione Il Cassero per la Scultura

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FIRENZE

Museo di Palazzo Vecchio Il palazzo fu sede del governo provvisorio, teatro dell’assemblea costituente del 16 agosto 1859 ed ospitò fra 1865 e 1871 il parlamento italiano (cfr. pp. 73-75). Il salone era allora arredato con scran-ni in legno, che in tre esemplari sono ora disposti nel ballatoio allestito con varie memorie in occa-sione delle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità ita-liana. Fra queste una stampa che raffigura la prima assemblea del 1848, l’acquaforte che documenta l’assemblea dell’agosto 1959 (vedi ill. p. 75), una fotografia che mostra la solenne tribuna parlamen-tare di Firenze capitale.

Musei di Palazzo PittiCon Firenze capitale d’Italia (1865-1871) il pa-lazzo è stato sede della corte dei Savoia, fino a quando è passato allo Stato, nel 1921. Gli Appartamenti Reali, che fanno parte del per-corso della Galleria Palatina, conservano gli arredi voluti da Vittorio Emanuele II e poi da Umberto e Margherita di Savoia, che adeguarono gli ambien-ti medicei e lorenesi secondo la moda del proprio tempo (vedi itinerario sulle dimore, pp. 78-81). Nella palazzina della Meridiana, dove è allestita la Galleria del Costume, sono visibili le decorazioni di epoca lorenese e di epoca sabauda (vedi pp. 82-83). Numerose sono le opere conservate alla Galleria d’arte moderna che riguardano la storia risorgi-mentale, raffigurando personaggi e battaglie di quegli anni, ma anche episodi di storia antica evo-cati dai pittori con chiari intenti patriottici (cfr. Iti-nerario sulla Pittura, pp. 18-29). Nella sala 5 sono esposti importanti esempi della pittura romantica di soggetto storico e letterario, nella quale i temi etici e civili alimentavano le passioni e gli ideali condivisi alle soglie del Risorgimento, mentre nel-le sale successive sono ritratti che celebrano la classe borghese all’epoca di Firenze capitale. Nella sala 13 sono raccolte opere di intonazione patriot-

FIRENZE E PROVINCIA

Scranno di Bettino Ricasoli, Firenze Palazzo Vecchio

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I MUSEI TOSCANI E IL R ISORGIMENTO

tica, dai dipinti militari di Silvestro Lega a quelli che rievocano eroismi e sconfitte delle battaglie risor-gimentali, tra i quali la celeberrima Battaglia di Ma-genta di Giovanni Fattori (vedi pp. 20-21). La sala 15 è dominata dalla monumentale Cacciata del Duca d’Atene, dipinta da Stefano Ussi con allusio-ni alla situazione politica attuale (cfr pp. 17-18 ). La sala 16 è dedicata ai quadri di tema patriottico, mentre la successiva ai ritratti della nuova classe borghese d’epoca umbertina.

Casa GuidiLa casa con il celebre salotto di Elizabeth Barret e Robert Browning è un museo aperto al pubblico dal 1995 (vedi Itinerario sulle dimore, p 84).

Museo di Storia Naturale dell’Università di Fi-renze, Sezione di Zoologia, La SpecolaLa Specola conserva varie memorie delle riunioni degli scienziati italiani che si svolsero all’epoca di Leopoldo II e che concorsero in maniera signifi-cativa a creare la coscienza nazionale. Maggiore testimonianza è la Tribuna di Galileo, “santuario” delle scienze moderne, inaugurata nel 1841 per il III Congresso degli Scienziati Italiani. Vi sono anche alcune testimonianze del periodo sabaudo e di Firenze capitale come, ad esempio, un busto in marmo di Vittorio Emanuele II. La se-zione zoologica, che vanta di esser la più antica d’Europa, espone nella cosiddetta Sala dei Trofei del Conte di Torino trofei appunto, donati al museo dal re Vittorio Emanuele, tra i quali polmoni pietri-ficati degli animali provenienti dalle sue battute di caccia o dalle sue voliere.

Firenze, Galleria di Arte Moderna di Palazzo Pitti, sala 13 con la Battaglia di Magenta di Fattori e altri dipinti risorgimentali

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Società Toscana per la storia del RisorgimentoNata nel 1946, la Società Toscana per la storia del Risorgimento conserva un ricco patrimonio archivistico e librario, composto da volumi e pe-riodici, da una notevole serie di stampe, caricature e allegorie. Nei locali che ospitano la Biblioteca Archivio del Risorgimento si dispiegano lungo le pareti molteplici cimeli, proclami ed opere d’arte, in parte proprietà della stessa Società in parte pro-venienti dal dismesso Museo del Risorgimento e afferenti alle raccolte civiche fiorentine. Ricordia-mo il ritratto della letterata toscana Matilde Gioli Bartolommei, figlia del marchese Ferdinando, che fu Gonfaloniere civico e poi senatore del Regno, e consorte del pittore Francesco Gioli, il quale l’ha dipinta in una scena di intimità domestica mentre sfoglia delle pagine che rinviano al suo Il Rivol-gimento Toscano e l’Azione Popolare, 1847-1860 – Dai Ricordi Familiari del Marchese Ferdinando Bartolommei (1905). Di Alessandro Lanfredini è La fucilazione di Ugo Bassi, raffigurante la morte del mazziniano padre barnabita che fu cappellano dei soldati d’Italia durante la prima guerra d’indi-pendenza, poi con Garibaldi e Manin, infine ar-restato dagli austriaci e giustiziato a Bologna nel ’49. Di Fabio Fabbi è La morte di Anita Garibaldi, dipinta fra il 1880 e il 1890 per commissione del Museo del Risorgimento; con dramma realista Fabbi vi ha dipinto il trapasso della giovane Anita su un giaciglio di fortuna, fuggiasca a fianco del marito. Dell’Uzielli è il non finito L’entrata di Vit-torio Emanuele II al Quirinale; di Luigi Steffani la Casa di Garibaldi a Caprera. Un imponente ritratto equestre di Garibaldi che si erge sullo sfondo di

Francesco Gioli, Ritratto di Matilde Gioli Bartolommei, Firenze Società Toscana per la storia del Risorgimento

Alessandro Lanfredini, La fucilazione di Ugo Bassi, 1860 ca, Firenze, Società Toscana per la storia del Risorgimento

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I MUSEI TOSCANI E IL R ISORGIMENTO

un acquedotto romano è considerato opera tarda di Carlo Ademollo. Nella Biblioteca si conservano gli acquerelli di Felice Donghi relativi alle Cinque Giornate di Milano e gli oli di Faustino Joli sui corpi combattenti durante la I Guerra d’Indipendenza. Fra le sculture sono da ricordare la testa bronzea del Cavour di Carlo Rivalta, un bronzo di Luigi Belli raffi-gurante Garibaldi al Volturno, un bronzetto anonimo che ritrae Vittorio Emanuele in veste di cacciatore. Sono degne di interesse anche alcune scagliole ovali che rappresentano vivaci ritratti dei princi-pali fautori dell’Unità d’Italia. Infine alcuni cimeli, tra i quali sono particolarmente curiosi i resti del pino a cui Garibaldi si appoggiò dopo che fu ferito all’Aspromonte.

Fratellanza Artigiana d’ItaliaLa Fratellanza nasce nel 1861 con lo scopo “di migliorare la condizione intellettuale, morale e materiale della famiglia artigiana” e “di afferma-re i principi di equità sociale e di partecipazione democratica in un contesto di libertà civili”. Come ricorda una lapide sulla facciata della sede, fra i fondatori della Fratellanza ci furono gli ex-trium-viri Mazzoni e Montanelli, nonché Giuseppe Dolfi, principale sostenitore della associazione, e il pitto-re Stefano Ussi (cfr. p. 17). Da alcuni anni la Società è impegnata nel restauro e riordino del proprio patrimonio collezionistico che comprende numerosi cimeli, documenti, busti e dipinti, fra cui il ritratto dello stesso Dolfi esegui-to dal pittore romano Nino Costa (cfr. p. 35)

Nino Costa, Ritratto di Giuseppe Dolfi, Firenze Fratellanza Artigiana

Fabio Fabbi, Morte di Anita Garibaldi, 1880-1890, Firenze, Società Toscana per la storia del Risorgimento

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FONDAZIONE SPADOLINI NUOVA ANTOLOGIA

La fondazione è ospitata nella dimora di Giovanni Spadolini (1925-1994) a Pian dei Giullari, da dove si gode una stupenda veduta su Firenze. Nata come la ‘casa dei libri’, conserva la biblioteca donata dello statista alla sua morte. La Fondazione però rac-coglie anche moltissimo materiale relativo alla storia del Risorgimento, dai manoscritti (con lettere di Tito Speri, Mazzini, Garibaldi e Cavour) a sculture e dipinti che ritraggono i principali fautori dell’Italia Unita; inoltre è certamente l’istituzione più doviziosa di cimeli a Firenze. Vi sono curiose e sorprendenti testimonianze autentiche della fortuna dei perso-naggi risorgimentali. Esse mostrano il sentimento diffuso nella società preunitaria ed unitaria di “affettuosa ed orgogliosa gratitudine che induce-va a tenere vicino oppure a «portare sempre con sé» gli indimenticabili eroi, giù da ogni piedistallo, ritratti coi loro volti” (C.Ceccuti). Questo variegato e raro collezionismo a sog-getto risorgimentale fu acquistato e allestito direttamente da Spadolini,

che considerava gli oggetti come rivelatori di aspetti particolari, che aiutano a far capire la storia. Dun-que tabacchiere, astucci portasigari, pipe, orologi, scatole, vasi di produ-zione Ginori, orologi da taschino o a parete, statuine di manifatture italiane o d’oltralpe, persino gli schienali delle sedie, portano impressi come i mani-ci dei coltelli, del tagliacarte, le pen-ne, o perfino l’impugnatura del raso-io, le effigi dei personaggi che fecero l’Italia: Mazzini, Garibaldi, Cavour, Vittorio Emanuele II, Pio IX. Gli stessi che si affacciano da dipinti, stampe, incisioni e disegni. Non mancano poi curiosi cimeli appartenuti a patrioti locali come il medagliere e la vali-gia con gli strumenti da campo del dottor Zannetti (ill. p.110) medico chirurgo combattente nelle prime guerre d’indipendenza,(cfr. p. 27), ma anche una camicia garibaldina con berretto del 1861-62, moschetti risorgimentali e due bandiere tricolo-ri risalenti alla fine del Settecento o ai primi dell’Ottocento. Molti cimeli sono disposti in quattro vetrine, de-dicate rispettivamente alle imprese di Garibaldi; al ruolo di Giuseppe Mazzini; alla Toscana dell’Ottocento

I MUSEI TOSCANI E IL R ISORGIMENTO

in particolare gli anni di Firenze Ca-pitale e dell’attività politica di Bettino Ricasoli; ed infine alle relazioni di Pio IX con la Toscana risorgimentale. Tra le curiosità più gustose si segnalano un elmo appartenuto alla Guardia Civica di Leopoldo II (ill. p.111), dunque del 1848, che già mostra la coccarda tricolore e l’orologio siglato M che distingueva le dame di corte della regina Margherita. Sono anche presenti foulards, ventagli variopinti, spille con miniature e cammei: una messe di oggetti che testimoniano l’amore di uomini e donne di ogni ceto per gli eventi e i valori risorgi-mentali. Nel percorso della biblioteca al piano terra lo spirito risorgimentale culmina nella sala della “Nuova An-tologia”, uno scrigno da bibliofili ove si conserva l’intera raccolta della pri-ma “Antologia” di Vieusseux (1821-1833) attorno alla quale nacquero in Toscana i primi ideali libertari e di na-zione, e che dal 1866 continuò nella “Nuova Antologia” che poi Spadolini diresse. Ornano le librerie alcuni qua-dri, tutti di dichiarati temi risorgimen-tali, nei quali predominano Garibaldi e le sue gesta, ma si riconosce anche Giuseppe Mazzini, ritratto da Antonio

Salvetti (ill. p. 143), artista colligiano di ideali politici democratici. Ritrae il protagonista repubblicano in un ambiente punteggiato di libri, segno delle sue ampie conoscenze letterarie oltre che da un ritaglio di un quadro e di una carta dell’Italia a ricordare tutte le sue numerose passioni. La biblioteca e le stanze al piano superiore dell’edificio continuano ad essere punteggiate da immagini e oggetti legati al Risorgimento. Un intero angolo garibaldino raccoglie alcuni cimeli come l’interessan-te terracotta policroma che ritrae un’allegoria dell’Italia neonata fra le braccia protettrici di un garibaldino (ill. p. 111). I ritratti dei padri del Risorgimento guardano il visitatore dalle pareti, in un breve corridoio si affacciano le vetrine dei cimeli so-pra ricordate, mentre in una resede attorno alla scrivania che ospita il Cavour (bozzetto per la scultura conservata nella sede storica della Banca d’Italia in Via dell’Oriolo, vedi p. 43 ) e il Mazzini di Rivalta (vedi p. 42) sono disposte le sedie di canne-té effigiate degli stessi illustri prota-gonisti unitari.

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L’UNITÀ D’ I TALIA

Museo Frederick Stibbert Interessanti testimonianze si incontrano nella casa museo di Frederick Stibbert (1838-1906), collezio-nista e patriota che prese parte alla Terza Guerra di Indipendenza nel 1866 (vedi Itinerario sulle dimore, p. 88); della campagna sono testimonianza fotogra-fie, diplomi e lettere conservati nel museo.

Villa della Petraia La villa della Petraia è stata una delle residenze predilette da Vittorio Emanuele II. Si rinvia all’Itine-rario sulle dimore, pp. 85-87.

CALENZANOMuseo del Figurino Storico Il museo, nato nel 1981 e dal 2004 allestito nei locali del castello di Calenzano, è organizzato secondo un percorso che ricostruisce la storia dei modellini di soldatini seguendo un andamento cronologico che va dall’antichità fino alla seconda guerra mondiale, dedicando una sezione anche al Risorgimento.

FIGLINEFondazione Giovanni PratesiNella Fondazione è conservata una scultura in terracotta raffigurante Alfredo Serristori (1833-1884), illustre cittadino di Figline, soldato nella guerra di Crimea e nelle guerre nazionali. Ad Alfre-do Serristori la cittadinanza volle dedicare anche un busto in bronzo, collocato in piazza San Fran-cesco dove ancora si trova.

Garibaldi su cavallo salernitano grigio alla guida dei suoi uomini durante la spedizione dei Mille, Calenzano, Museo del figurino storico

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FUCECCHIOMuseo civicoNel museo sono conservati cimeli appartenuti a Giuseppe Montanelli, originario di Fucecchio, che fu comandante degli studenti pisani nella battaglia di Curtatone e Montanara e triumviro del governo toscano nel 1849: la giacca, il berretto, la sciabola e l’uniforme da capitano della guardia universitaria pisana e la cappa da professore.

SESTO FIORENTINOMuseo Richard Ginori della Manifattura di DocciaIl museo possiede alcuni oggetti realizzati dalla Manifattura Ginori nel tipico gusto eclettico otto-centesco che distingue gli allestimenti delle dimore sabaude (cfr pp. 76-83) e che furono presentati all’Esposizione Nazionale di Firenze del 1861. Si tratta di serviti in porcellana, riproduzioni di vasi barocchi, statuine in biscuit che ripetono opere scultoree ad esempio quelle di Vincenzo Vela, fra le quali una figura allegorica dell’Italia turrita. Oggetti di tal genere furono apprezzati da Vittorio Emanuele in visita allo stabilimento di Doccia il 17 settembre 1861, come documenta una fotografia con dedica. Per quell’occasione, o più probabilmente per fe-steggiare Firenze capitale, furono forse realizzate le placchette ovali di produzione Richard (prima della fusione con la Ginori) con ritratti fotografici applicati di Umberto giovane e di Vittorio Emanuele II, così come i vasi che riproducono il sembiante della prin-cipessa consorte Margherita.

Gaetano Trentanove, Ritratto di Alfredo Serristori, terracotta policroma, Figline, Fondazione Giovanni Pratesi

Manifattura Richard, placchetta con Ritratto di Vittorio Emanuele II, 1861-5 c., Sesto Fiorentino, Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia

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L’UNITÀ D’ I TALIA

GROSSETOTeatro ComunaleNel foyer del Teatro degli Industri si conservano due cartoni di Pietro Aldi, recentemente restaurati, preparatori per i due episodi di storia patria dipinti dall’artista su una delle pareti della Sala del Risor-gimento a Siena (vedi pp. 96-98). L’incontro tra Ra-deztky e Vittorio Emanuele alla cascina di Vignale e l’Incontro di Garibaldi e Vittorio Emanuele a Teano realizzati a tecnica mista con matita, carboncino, gessetto bianco e acquarellature furono la prima stesura precisa e accurata dei due temi poi eseguiti a Siena, e donati al Comune di Grosseto nel 1888 dagli eredi dell’artista prematuramente comparso.

GROSSETO E PROVINCIA

Pietro Aldi, Giuramento di Ghino di Tacco, 1872, Manciano, municipio, sala consiliare

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ARCIDOSSOCentro Studi Davide LazzarettiDavide Lazzaretti (detto il profeta dell’Amiata -Ar-cidosso 1834 -1878) predicatore del giurisda-vidismo nel 1859 si arruolò nella cavalleria pie-montese, prendendo parte nel 1860 alla battaglia di Castelfidardo contro le truppe pontificie. Tra i simboli della sua Comunità, Lazzaretti individua appunto la camicia rossa con evidenti richiami alla sua esperienza risorgimentale. A lui è interamente dedicata la sezione Espositiva del Centro Studi che fa parte del Sistema Museale Amiata.

MANCIANOMunicipioNella sala consiliare del Municipio di Manciano si conserva il dipinto giovanile di Pietro Aldi Giura-mento di Ghino di Tacco che prende spunto dal romanzo storico di Francesco Domenico Guerraz-zi, La battaglia di Benevento, e che dichiara l’ade-sione del pittore fin dalla gioventù agli ideali storici patriottici poi riaffermati nella decorazione della sala del Risorgimento a Siena (cfr. pp. 96-97). Sempre nel Palazzo Comunale si conservano due schizzi a china, preparatori dell’Incontro di Vignale eseguito nella Sala del Risorgimento di Siena (cfr. pp. 96-97). In entrambi si nota la stessa compo-sizione della decorazione parietale, ma su sfondi diversi: uno campestre, l’altro all’esterno della ca-scina piemontese nel cui cortile Aldi decise infine di ambientare l’evento storico.

MASSA MARITTIMA Museo ArcheologicoIn una sala annessa al museo archeologico sono esposti alcuni cimeli risorgimentali, fra i quali 8 di-vise garibaldine. Il comune possiede altri reperti, un centinaio di fucili ed altre armi, medaglie, fo-tografie, berretti, fusciacche e fazzoletti, bandiere donati dai discendenti dei quasi 400 massetani che parteciparono alle battaglie garibaldine prima e dopo la spedizione dei Mille. Al momento della stesura di questo volume è in progetto l’allesti-mento di una nuova sala risorgimentale presso la sezione storica della Biblioteca Comunale nel Con-vento delle Clarisse in Piazza XXIV Maggio.

Camicie garibaldine, saletta risorgimentale del Museo Archeologico di Massa Marittima

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L’UNITÀ D’ I TALIA

LIVORNOMuseo Civico Giovanni Fattori La villa, fatta costruire nel 1865 dal mercante Francesco Mimbelli su progetto di Giuseppe Micheli, ospita dal 1994 il Museo Fattori, de-finitiva sede delle raccolte d’ar te comunali. Vi si conservano molteplici opere rilevanti per il Risorgimento oltre a vari oggetti risorgimen-tali: armi appar tenute alla Guardia Nazionale Italiana, sor ta con l’Unità per reprimere il bri-gantaggio e attiva fino al 1876, camice, berretti garibaldini e divise varie come il mantello grigio posseduto da Garibaldi, nel quale spesso è sta-to effigiato e fotografato. La collezione conta poi numerosi episodi di Fattori che narrano le guerre (come le due Carica di cavalleria a Mon-tebello, 1862 e Assalto a Madonna della Sco-perta, 1868 (cfr. p. 23 ) e la vita dell’esercito a seguito dell’Unità, che insieme ai quadri di altri ar tisti da Cabianca a Bar tolena (cfr. p. 28),

LIVORNO E PROVINCIA

Livorno, Museo Civico Giovanni Fattori, sala con pitture risorgimentalidi Fattori e Bartolena

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come ai ritratti di Garibaldi di Corcos e Nomel-lini (cfr. pp. 39-40) testimoniano dell’intenso passato risorgimentale dei livornesi. Molti si imbarcarono col primo contingente fra i mille da Talamone nel maggio 1860 e in seguito, a giugno, dalla Spiaggia di Calambrone, sotto la guida di Vincenzo Malenchini con meta Paler-mo in aiuto dell’insurrezione. Un Fondo Garibal-di esiste nella Biblioteca Labronica Francesco Domenico Guerrazzi doviziosa di car te risorgi-mentali e di documenti a stampa su giornali e riviste, fotografie e stampe tipografiche.

CECINA, località La Cinquantina Villa GuerrazziIn questo complesso Francesco Domenico Guerrazzi, triumviro del governo Toscano nel 1849, poi senatore del Regno d’Italia, trascorse gli ultimi anni della sua vita e qui morì nel 1873. Acquistata nel 1975 dal Comune di Cecina, la Villa ospita oggi, nell’ex granaio, il Museo Ar-cheologico e nei locali della ex zona abitativa la scuola di musica. A ricordo del tempo di Guer-razzi restano solo la disposizione delle stanze, i grandi caminetti e alcuni quadri, tra i quali un suo ritratto.

Cecina, loc. La Cinquantina, interno di Villa Guerrazzi

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L’UNITÀ D’ I TALIA

LUCCAMuseo Nazionale di Palazzo MansiNella sezione del Museo che illustra le vicende artistiche di Lucca nell’Ottocento, una sala è de-dicata al periodo risorgimentale. Dipinti e sculture permettono di ripercorrere alcuni degli episodi sa-lienti che hanno condotto all’Unità d’Italia.I ritratti di Vittorio Emanuele II in posa ufficia-le, dipinto dal lucchese Lionello de’ Nobili nel

LUCCA E PROVINCIA

Lucca, Museo Nazionale di Palazzo Mansi, Sala del Risorgimento con a destra il dipinto di Luigi Norfini raffigurante Umberto I alle manovre

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I MUSEI TOSCANI E IL R ISORGIMENTO

1863, e di Umberto I alle manovre di Luigi Norfini (1880-1885 ca.), si alternano ai soggetti militari di quest’ultimo, che prese parte personalmente alla battaglia di Curtatone e in seguito, dal 1877, fu direttore dell’Accademia di Lucca. Suoi sono infat-ti La battaglia di Curtatone (1865-1875 ca., vedi p. 26) e La collina di San Martino (1874), studio preparatorio per il quadro raffigurante La battaglia di San Martino, acquistato da Re Vittorio Emanue-le II per il Palazzo del Quirinale.Non mancano poi una calligrafica miniatura del-la giovane sposa del futuro re d’Italia, Marghe-rita di Savoia (di ignoto artista del XIX secolo) e l’elegante ritratto di una Dama di corte sabauda (datato 1864), effigiata col bel bracciale fregiato dello stemma della casata. Completano, a ricre-are il clima culturale degli anni sabaudi in ambito lucchese, i diversi modelli preparatori di Augusto Passaglia, raffiguranti Re Vittorio Emanuele II e no-tabili illustri della città, per i grandi monumenti che Lucca ha voluto dedicare ai protagonisti di questo intenso periodo della storia patria.

Museo del RisorgimentoSi trova in stato di riallestimento, ma al momento della compilazione di questo volume non anco-ra concluso, ospitato in alcune sale del Palazzo Ducale. La collezione comprende opere d’arte (ritratti e gessi), cimeli di vario genere (stampe, fotografie, armi e attrezzature da campo, lettere e documenti, alcuni autografi di Garibaldi e Mazzini, bandiere come quella dei Carbonari alle Cinque Giornate di Milano). Fra i vari cimeli anche testi-monianze di azioni eroiche e valorosi sacrifici da parte della popolazione lucchese come la giubba rossa e il berretto di Tito Strocchi, giovane garibal-dino presto morto per i suoi ideali. Inoltre il seggio senatoriale al primo Parlamento italiano di Antonio Mordini, patriota che fece parte del governo to-scano al tempo del triumvirato nel 1849, quindi fu volontario dei Cacciatori delle Alpi nel 1859, pro-dittatore della Sicilia nel 1860 e infine senatore e ministro del Regno d’Italia.

FORTE DEI MARMIMuseo della Satira Sorge per raccogliere l’eredità culturale e le ope-re acquisite con il Premio “Satira Politica”, creato nel 1973. Diventato poi centro di conservazione, raccolta e studio, ospita un notevole numero di

Augusto Passaglia bozzetto per il Monumento a Vittorio Emanuele, Lucca, Museo Nazionale di Palazzo Mansi

Bandiera della Cinque Giornate di Milano, Lucca, Museo del Risorgimento

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L’UNITÀ D’ I TALIA

documenti acquisiti o giunti per donazione, spes-so esposti a rotazione secondo un calendario espositivo annuale, molti risalenti al Risorgimento. Conserva fascicoli di numerose testate satiriche datate a partire dal 1848. Risale proprio a questa data significativa della storia risorgimentale l’origi-ne della satira politica italiana a stampa in riviste specializzate. Si ricordano il fiorentino “Il Lampio-ne”, ma anche altre molto diffuse e note nell’Italia del tempo come “Il Fischietto” e “Pasquino”. Il museo conserva anche alcuni editti granduca-li contro gli abusi dei giornali, disegni e stampe sciolte di vena satirica, come quelle di Angelo Tric-ca, artista combattente a Curtatone, pubblicazioni singole come quelle di Cosimo Teja e 10 sculture di piccolo formato che ritraggono i protagonisti risorgimentali, opera di Giampaolo Stella, erede della scultura satirica in terracotta che procede da Honoré Daumier e Adriano Cecioni.

VIAREGGIOCentro Matteucci per l’arte modernaL’Istituto, fondato da Giuliano Matteucci, si occu-pa della catalogazione, ricerca e approfondimenti riguardanti l’arte del XIX secolo; possiede oltre ad una fornita biblioteca sul periodo artistico, un cen-tro espositivo e una raccolta cospicua di arte del XIX e XX secolo, in particolare di pittori macchia-

Anonimo, Una stretta di mano e l’Italia è fatta, in “Il Lampione”,29 settembre1860,Forte de’ Marmi, Museo della Satira e della Caricatura

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I MUSEI TOSCANI E IL R ISORGIMENTO

ioli (visibile su appuntamento o durante le mostre organizzate dall’Istituto). Fra questi Odoardo Borrani e il suo celebre quadro Il 26 aprile 1859 in Firenze giunto alla “simpatia del pubblico” fin dalla sua prima esposizione a Firenze nel 1861. Il pittore patriota è fra i più efficaci ritrattisti della Toscana illuminata, dove trovarono albergo gli ideali etici e culturali con sentita parte-cipazione dell’intera comunità ed anche del mondo femminile.

Odoardo Borrani, Il 26 aprile 1859, 1861, Viareggio, Centro Matteucci per l’arte moderna

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L’UNITÀ D’ I TALIA

CARRARAAccademia di Belle ArtiL’Accademia di Belle Arti di Carrara conserva vari cimeli tra cui una ciocca di capelli di Garibaldi e incisioni ottocentesche con ritratti di personaggi risorgimentali. Particolarmente interessante una litografia garibaldina con tutti i nomi de “I Mille” disposti attorno al ritratto a cavallo del loro co-mandante.

LICCIANA NARDI, Apella in LunigianaCasa NardiIl centro visite del Parco Nazionale ad Apella, nel comune di Licciana Nardi, è situato all’interno del-la casa natale di Anacarsi Nardi, patriota che par-tecipò nel 1844 alla spedizione dei Fratelli Bandie-ra. Prima di essere fucilato in Calabria insieme agli altri partecipanti alla spedizione, Anacarsi Nardi, scrisse una lettera all’amico Tito Savelli, che Maz-zini fece pubblicare sul “Times” e che divenne uno dei manifesti del Risorgimento italiano. L’allesti-mento della sala ripercorre la vicenda di Anacarsi e di suo zio Biagio Nardi, anche lui nato ad Apella, divenuto dittatore di Modena dopo i moti del 1831, inquadrandola nei fatti storici del tempo.

MASSA CARRARA E PROVINCIA

L. Facchinetti, lit. Armanino, I mille eroi e l’illustre loro duce, ed. Enrico Monni in Genova, 1861, Carrara, Accademia di Belle Arti

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PISA E PROVINCIA

Italo Griselli, bozzetto per il Monumento della Regina Margherita a Bordighera, Pisa, Museo Nazionale di Palazzo Reale

Museo Nazionale di Palazzo RealeDal 1989 il Palazzo (vedi p. 101) ospita nelle sale del piano nobile il Museo Nazionale Tra le opere esposte ritratti dei Savoia (cfr. p. 96) e un bel Ri-tratto di soldato di Gerolamo Induno (vedi p. 36).

Museo della grafica, Palazzo Lanfranchi Il palazzo di origini medievali, ristrutturato negli anni ‘70 dall’architetto Carmassi, ospita dal 2007 il museo della Grafica nato per volontà del Co-mune pisano. Accoglie le collezioni del Gabinetto Disegni e Stampe dell’Università di Pisa, raccolta di grafica sorta nel 1957 per iniziativa di Carlo Lu-dovico Ragghianti. La maggior parte della sezione ottocentesca fa parte del lascito Timpanaro. Per deposito permanente è giunto al museo il grande cartone preparatorio del celebre quadro di Giovan-ni Fattori, Il campo italiano durante la battaglia di Magenta (cfr. pp. 20-21) per il quale è stato ordi-nato un nuovo allestimento museale in quest’anno di celebrazioni unitarie.

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L’UNITÀ D’ I TALIA

LA DOMUS MAZZINIANA DI PISA

La Domus Mazziniana sorge nel luogo dell’antica casa di Janet Nathan Ros-selli, dove Giuseppe Mazzini trascor-se, malato, gli ultimi mesi di vita, per morirvi il 10 marzo 1872. Donata allo Stato dai Rosselli nel 1910, per farne “un santuario di fede e di patriotti-smo”, e dichiarata Monumento Na-zionale, la casa fu distrutta completa-mente dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale (ne restano solo alcune immagini fotografiche ill. p. 102). Alla fine della guerra, l’edi-ficio fu ricostruito e solennemente inaugurato come Domus Mazziniana alla presenza del presidente della Re-pubblica Luigi Einaudi nel 1952.Oggi la Domus è un importante centro di ricerca e di dibattito internazionale su Mazzini e sul Risorgimento e un luogo dal forte valore simbolico per la memoria storica nazionale. Ospita una ricca biblioteca di oltre 40.000 volumi, molti dei quali rari, di carattere essen-zialmente storico, un archivio e un Museo di documenti e oggetti legati a Mazzini e alle vicende risorgimentali.

Gli spazi museali, riorganizzati in oc-casione delle celebrazioni per il 150° dell’Unità d’Italia, ospitano quanto sopravvissuto della casa originaria ai bombardamenti del 1943, parte delle collezioni risorgimentali dell’ex-mu-seo civico di Pisa e oggetti acquistati o donati nel corso degli anni.Nell’atrio di ingresso è esposta la carrozza usata da Garibaldi durante la III guerra d’indipendenza (vedi ill. quarta di coperta), da cui sarebbe stato dettato il celebre telegramma “Obbedisco!”, concessa in deposito alla Domus dal Museo Civico di Pisa insieme a vari cimeli garibaldini o ri-guardanti il battaglione universitario Toscano impegnato nell’eroica bat-taglia di Curtatone e Montanara. Tra questi spiccano l’elenco originale dei Militi del Battaglione e due disegni schizzati a matita da Alessandro Lan-fredini, futuro pittore di storia patria e all’epoca volontario nel battaglione.Nelle sale sono appesi vari ritratti del politico rivoluzionario genovese: da quello dipinto a Londra nel 1865 da Serafino De Tivoli (ill. p. 126), pit-tore livornese, tra i primi esponenti

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del movimento macchiaiolo, al Maz-zini nell’atto di scrivere il suo ultimo articolo, opera di Carlo Ademollo; le bacheche ospitano documenti, libri, lettere di grande valore storico, ma anche cimeli, vestiti, e oggetti parti-colari legati a Mazzini e alla sua sto-ria, che ci restituiscono un intimo ed inedito ritratto del promotore dell’ide-ale repubblicano.Alcuni dei documenti qui conservati sono di straordinario valore simbo-lico per la storia del Risorgimento e dell’Unità italiana: tra questi, si ri-corda l’unica versione autografa di Giuseppe Mazzini del Giuramento della Giovine Italia, conservato in una lettera a Giuseppe Giglioli del luglio 1831; o, ancora, l’ultimo scritto di Mazzini, un articolo per il giornale «Roma del Popolo». Qui, in quello che è un vero e proprio testamento spirituale, Mazzini afferma: Ogni esistenza ha un fine. La vita, la vita umana ha coscienza d’averlo: è dunque missione per raggiungerlo, battaglia perenne contro gli ostacoli che l’attraversano, azione incessan-

te sulla via che conduce ad esso. L’ideale è fuori di noi, supremo su tutti noi; non è creazione, è scoper-ta dell’intelletto. La legge che dirige quella scoperta ha nome PROGRES-SO [...] La scelta nostra sta fra il male ch’è l’egoismo e il bene che è l’amore portato da noi ai nostri fratel-li, il sagrificio per essi.Fra gli oggetti personali di Mazzi-ni spiccano il suo calamaio (ill. su questa pagina) e la chitarra, che – secondo testimonianze unanimi –, Mazzini amava suonare anche con discreta competenza, come attesta lo spartito autografo, trascrizione di un canto popolare svizzero. Un cenno merita il singolare sigillo multiplo (ill. p. 126) donato da Mazzini al grande amore Giuditta Sidoli.Si conservano poi le foto provenienti dagli album delle famiglia dei Nathan e dei Rosselli, tra cui le primissime foto di Mazzini stesso. Infine tra le curiosità della Domus si ricorda il singolare Fondo di oltre 150 Cartoli-ne risorgimentali.

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FAUGLIAMuseo Giorgio Kienerk Il Museo dedicato a Giorgio Kienerk espone la rac-colta di opere d’arte eseguite dall’artista e donate al Comune dalla figlia Vittoria. Tra queste vi sono due bassorilievi scolpiti in gesso legati alla storia del Risorgimento: si tratta di due ritratti di profilo a grandezza naturale, rappresentanti Giulio Adamoli (1840-1926), eseguito nel 1913, e Giulia Rebu-schini Tara (1842-1916) del 1912. L’Adamoli e il marito di Giulia Tara, Giuseppe Rebuschini, furono ferventi patrioti lombardi, cospirarono da giovani studenti universitari per liberare il Lombardo-Vene-to dal dominio austriaco e combatterono a fianco di Garibaldi. In particolare Rebuschini nel 1860 fu tra i Mille nella spedizione da Quarto a Teano e Adamoli raggiunse Garibaldi a Palermo per la se-conda spedizione; intrapresa la carriera politica, divenne poi senatore del Regno d’Italia.

Pisa, Domus Mazziniana Biblioteca di Giuseppe Mazzini con il ritratto dipinto da Serafino De Tivoli e Sigillo per l’amata Sidoli

Giorgio Kienerk, Ritratto di Giulio Adamoli, 1913, Fauglia, Museo Kienerk

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PISTOIAMuseo Civico di PistoiaUbicato nell’antico Palazzo Comunale il museo è aperto dal 1922, quando Pistoia aveva già acqui-sito l’importante nucleo di opere di tema storico appartenute a Niccolò Puccini (cfr. Itinerario sulle dimore p. 94). La sezione dell’Ottocento, com-prendente la collezione Puccini con il Moto del Ba-lilla di Busi-Asioli (cfr. p. 16) e il Ritratto di Niccolò Puccini del Bezzuoli fu però allestita soltanto nel 1977. Si segnalano inoltre due quadri che docu-mentano le simpatie risorgimentali dei pistoiesi. Il ritratto anonimo di Pietro Odaldi (ill. p. 128), cu-gino di Niccolò Puccini, decorato deputato al Par-lamento che tiene visibilmente fra le mani copia del “Costituzionale”, giornale incline alla Confede-razione di Stati Italiani teorizzata da Gioberti. La spada di Castruccio presentata a S.M. il re Vitto-rio Emanuele II dalla Deputazione dell’Orfanatrofio Puccini, del 1860, che rappresenta la cerimonia del 30 aprile 1860 quando in Municipio il sovrano sollevò la spada storica “a salute di tutta Italia”.

PISTOIA E PROVINCIA

Pietro Ulivi, La spada di Castruccio presentata a S.M. il re Vittorio Emanuele II dalla Deputazione dell’Orfanatrofio Puccini, 1860, Pistoia, Museo Civico

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Fortezza di Santa BarbaraLa grande torre della fortificazione medicea, parzialmente aperta come museo dal 1980, ri-vestì nell’Ottocento ruolo di carcere militare. A quest’epoca risalgono i graffiti con scritte patriotti-che e disegni a sanguigna rossa e in nero che pre-sentano soggetti vari: croci, tabernacoli, la prua di un veliero, alcune teste e delle scritte fra cui emerge la data 1848. All’esterno, sopra l’ingresso, una lapide ricorda il sacrificio di un giovanissimo patriota pistoiese, Attilio Frosini, qui fucilato dagli austriaci nel 1849.

MONSUMMANO TERMEMuseo nazionale di Casa GiustiLa casa natale del poeta patriottico Giuseppe Giu-sti è un museo nazionale aperto dal 1992 (cfr. Iti-nerario sulle dimore, p. 95).

PESCIAIl Museo Civico, attualmente chiuso, possiede una sezione garibaldina composta da una ricca varietà di cimeli provenienti dalla Società dei Reduci delle Patrie Battaglie (1876-1937) fra i quali: fotografie, disegni, stampe, medaglie, e varie armi e fucili ga-ribaldini. Si conserva anche un busto dell’erudito politico liberale Jean Charles Luigi Sismondi esule a Pescia.

Anonimo, Ritratto di Pietro Odaldi, Pistoia, Museo Civico

Graffito con veliero, Pistoia, Fortezza di Santa Barbara

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I MUSEI TOSCANI E IL R ISORGIMENTO

PRATOMuseo del TessutoNel maggiore museo italiano dedicato alla valo-rizzazione dell’arte e della produzione tessile è conservata la macchina follatrice (o fola), pro-veniente dalla Val di Bisenzio, che secondo la tradizione avrebbe follato il tessuto delle camicie rosse toscane e fiorentine. Accanto alla macchina è esposta la camicia rossa del garibaldino Angiolo Pitarelli proveniente dalle raccolte comunali. Il Mu-seo Civico di Prato, attualmente chiuso per lavori di ristrutturazione, infatti possiede diversi dipinti, armi, cimeli e documenti risorgimentali. Dal 1918 al 1946 il materiale fu allestito in una sala al primo piano del Palazzo Pretorio, ma in seguito l’esposi-zione fu smantellata e gran parte del materiale è stato depositato presso la locale sezione dell’Ar-chivio di Stato. Al momento non è chiaro se il ma-teriale risorgimentale sarà, almeno in parte, nuo-vamente esposto alla riapertura del Museo Civico.

POGGIO A CAIANOVilla mediceaLa villa medicea di Poggio a Caiano, una delle re-sidenze preferite di Vittorio Emanuele II (vedi iti-nerario sulle dimore, p. 91) è un museo aperto al pubblico dal 1994.

PRATO E PROVINCIA

Macchina follatrice che avrebbe follato le camicie rosse garibaldine, Prato, Museo del Tessuto

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L’UNITÀ D’ I TALIA

SIENAMuseo Civico di Palazzo Pubblico Nel museo comunale di Palazzo Pubblico si tro-va la sala del Risorgimento. Nel rinviare al box di approfondimento per la descrizione della sala (cfr. pp. 96-97) si segnala la sontuosa teca intagliata nel 1861 da uno dei più raffinati artigiani senesi dell’Ottocento, Pietro Giusti, per contenere la divi-sa militare indossata dal re a San Martino. Il cime-lio fu donato al Comune dal pittore Luigi Mussini dopo essersene servito per eseguire il ritratto a fi-gura intera di Vittorio Emanuele II (vedi pp. 44-45) conservato anch’esso in Palazzo Pubblico entro una sontuosa cornice che manifesta ancora tutta l’abilità intagliatrice di Giusti.

Museo dell’Accademia dei Fisiocritici L’Accademia delle Scienze senese, nata a fine Seicento, ha vissuto una delle sue più fervide stagioni con la proclamazione del Regno d’Italia, quando il Museo di Storia Naturale ebbe notevole incremento dalle donazioni di illustri affiliati. Fra questi si conta Bettino Ricasoli che cedette la sua collezione di animali ed insetti. Il dono è ricorda-to da una lapide: “QUEsTE cOllEZIONI / DI ORNITOlOgIa E DI ENTOmOlOgIa / fRUTTO DI lUNgO sTUDIO ED amORE / DEcORO pER vENTI aNNI / al sUO palagIO IN fIRENZE / bET-TINO baRONE RIcasOlI / a QUEsTa accaDEmIa fIsIOcRITI-ca / cON TUTTO QUaNTO Il mObIlE lIbERamENTE DONava / mDccclIII”. Molti dei Fisiocritici avevano nutrito sentimenti Risorgimentali: a guidare gli studenti senesi sui campi di Curtatone e Montanara fu il Presidente dell’Accademia Alessandro Corticelli. Ecco dunque spiegarsi la presenza di alcuni ci-meli ed opere legate al Risorgimento: un tricolore con stemma sabaudo, una singolare collezione di acque minerali termali costituita nel 1862, in oc-casione dello svolgimento presso l’Accademia del X Congresso degli Scienziati Italiani (alcune delle sopravvissute esibiscono ancora un sottile nastro tricolore). A memoria poi della buona disposizione dei Savoia verso la promozione delle scienze natu-

SIENA E PROVINCIA

Divisa indossata da Vittorio Emanuele II alla battaglia di San Martino, Siena, Palazzo Pubblico, Sala del Risorgimento

Vittorio Emanuele II, 1870-77 ca, Siena, Accademia dei Fisiocritici

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I MUSEI TOSCANI E IL R ISORGIMENTO

rali si conservano un medaglione di aragonite con il ritratto a bassorilievo del ‘magnanimo’ e liberale re di Sardegna Carlo Alberto, e un busto in gesso di Vittorio Emanuele II.

Museo della Contrada della TorreNel museo della contrada si conservano cinque monture di foggia militare ‘alla piemontese’ – ancora indossate nel corteo storico che precede il Palio di Siena – che furono adottate dal 1852 sull’onda degli ideali risorgimentali, e restarono in uso per un ventennio.

COLLE e CASOLE VAL D’ELSA Museo CivicoI musei di Colle e Casole d’Elsa posseggono cimeli che documentano l’adesione agli ideali risorgimentali maturati in queste zone. Si segnalano esposti a Colle il Ritratto del garibaldino Pisto, opera del colligiano Antonio Salvetti, artista di ideali liberali autore anche di un interessante ritratto di Mazzini proprietà della Fondazione Nuova Antologia, Firenze (cfr. pp. 110-111, ill. p. 143), e a Casole un libro con stampe risor-gimentali del casolese Augusto Bastianini.

GAIOLE IN CHIANTI, BrolioMuseo del Castello di Brolio L’auge risorgimentale di questo luogo dipende dall’influente ruolo politico del Barone di ferro Bettino Ricasoli, primo ministro dell’Italia unita ma anche imprenditore vitivinicolo di grande lungimi-ranza, fautore del vino Chianti. Gli impegni politici, come è noto, non lo sottrassero mai dall’attenzio-ne per le sue terre da dinamico ricercatore e spe-rimentatore, membro di illustri accademie come i Georgofili e i Fisiocritici. Per la descrizione del castello e del Museo vedi pp. 99-100.

Aquila nera di Prussia, onoreficienza concessa a Bettino Ricasoli nel 1866, Brolio, Castello

Monture alla piemontese, Siena, Museo della Contrada della Torre

L’UNITÀ D’ I TALIA

Informazionie orari

PROVINCIA DI AREZZO

AREZZOMuseo di Arte Medievale e ModernaVia San Lorentino 8 Tel. 0575-409050Orario apertura: martedì-domenica ore: 8,30-19,00. Biglietti: 4.00 €; ridotto 2.00 € Accesso disabili: SI

Museo dei mezzi di comunicazioneVia Ricasoli 22Tel. 0575 377662E-mail: [email protected] apertura: martedì, gio-vedì sabato e prima domenica di ogni mese ore 10-17Biglietti: 3,00 €; ridotto 2,00 €; gratuito per insegnanti, accompagnatori autorizzati, portatori di handicapAccesso disabili: SI

MONTEVARCHIIl Cassero per la Scultura Italiana dell’Ottocento e del Novecento,Via Trieste 1 Tel. 055 9108272E-mail: [email protected] apertura: da giovedì a domenica ore 10-13 e 15-18Biglietti: 3,00 €; ridotto 1,00 €(minori di 18 anni, soci CTS e soci Coop); gratuito under 6 over 65.Accesso disabili: Si

PROVINCIA DI FIRENZE

FIRENZEPalazzo Vecchiopiazza della SignoriaTel. 055-2768325 E-mail: [email protected] apertura: ore 9-19; giovedì e nei giorni festivi infra-settimanali ore 9-14. Biglietti: 6,00 €; ridotto giova-ni 18-25 anni e anziani oltre 65 anni 4,50 €; ridotto per ragazzi 3-17 anni e scuole 2,00 €. Biglietto per famiglia 4 persone (2 adulti, 2 ragazzi) 14,00 € famiglia 5 persone (2 adulti, 3 ragazzi) 16,00 €.Accesso disabili: Parziale

Palazzo Pitti Appartamenti Monumentali e Galleria di Arte ModernaPiazza Pitti 1 Tel. 055-2388614 (Appartamenti monumentali); 055 2388601 (GAM)E-mail: [email protected] [email protected] apertura: da martedì a domenica ore 8.15-18.50; prenotazione obbligatoria per le scolareschetel. 055-294883.Biglietti: 8,50; ridotto 4,25 €; gratuito sotto i 18 anni, oltre i 65 anni e per gruppi scolastici con insegnantiAccesso disabili: SI

Palazzo Pitti Palazzina della MeridianaPiazza Pitti 1 - FirenzeTel. 055-2388801

E-mail: [email protected] apertura: da lunedì a domenica. Da novembre a feb-braio ore 8,15-16,30, mese di marzo ore 8,15-17,30,da aprile a ottobre ore 8,15-18,30, mese di ottobre (inserimento ora legale) ore 8,15-17,30, da giu-gno a agosto ore 8,15-19,30. Chiuso il primo e ultimo lunedìBiglietti: 6,00 € cumulativo con Giardino Boboli, Museo Argenti, Museo delle Porcel-lane, Giardino Bardini; ridotto 3,00 €; gratuito per le scuole (obbligo di prenotazione tel 055-294883). Accesso disabili: SI

Casa Guidi,Piazza San Felice 8 Tel. 055 354457E-mail: [email protected] Orario apertura: da aprile a novembre, lunedì, mercoledì e venerdì, ore 15.00 -18.00Ingresso gratuitoAccesso disabili: SI

Fratellanza Artigiana d’Italia,Via Pandolfini 17E-mail: [email protected] apertura: su appun-tamento previa richiesta per e-mailIngresso gratuitoAccesso disabili: No

Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze. Sezione Zoologica “La Specola”Via Romana 17

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LA TOSCANA E L’UNITÀ D’ I TALIA

Tel. 055-2288251E-mail: [email protected] apertura: da martedì a domenica ore 9,30-16,30. Biglietti: 6,00 € intero; 3,00 € ridotto (da 6 a 14 anni e scola-resche); gratuito sotto i 6 anni e sopra i 65 anni, per studenti e dipendenti dell’Uni-versità di Firenze, soci Icom e ANMS, disabili e loro accompagnatori.Accesso disabili: No

Società Toscana per la storia del RisorgimentoVia Sant’Egidio 21Tel. 055 2480561.E-mail:[email protected] apertura: lunedì-venerdì ore 15.15-18.15Ingresso gratuitoAccesso disabili: parziale

Fondazione Spadolini Nuova Antologia Via Pian dei Giullari, 139 Tel. 055 687521E.mail: [email protected] apertura: su appuntamento previo accordo telefonico Ingresso gratuitoAccesso disabili: Si

Museo Frederick Stibbertvia di Montughi 4 Tel. 055 475520E-mail: [email protected] apertura: dal lunedì al mercoledì, ore 10-14; dal venerdì alla domenica, ore 10-18. Chiuso il giovedì. Biglietti: 6,00 €; ridotto 4,00

€; scolastico 2,00 €Accesso disabili: Parziale

Villa della Petraiavia Petraia 40 tel. 055 452691e-mail: [email protected] apertura: da lunedì a domenica (8,15 – 16.30 nei mesi di gennaio, febbraio, novembre, dicembre; 8,15 – 17.30 nel mese di marzo, con ora legale 18.30; 8,15 – 18.30 nei mesi di aprile, maggio, settembre; 8.15 – 19.30 nei mesi di giugno, luglio,agosto; 8,15 – 18.30 nel mese di ottobre, con ora solare 17.30)L’ultima entrata è consentita un’ora prima dell’orario della chiusura. Gli ambienti della Villa sono accessibili con visite accompagnate ogni 45 minuti a partire dalle 8.30. Le visite delle ore 13.30 - 16.45 - 17.40 - e 18.40 si effettuano in tali orari per ragioni tecniche. Chiuso: secondo e terzo lunedì del mese, Capodanno, 1° maggio, NataleIngresso gratuito Accesso disabili: No

CALENZANOMuseo comunale del Figurino StoricoVia del Castello 7 Tel. 055 8827531E-mail: [email protected] Orario apertura: giorni feriali: ore 16,30-19,30; festivi 10,30-12,30 e 16,30-19,30. Ingresso gratuitoAccesso disabili: Si

FUCECCHIO Museo CivicoPiazza Vittorio Veneto 27 Tel. 0571 244304E-mail: [email protected] apertura: mercoledì e venerdì, ore 10-13; sabato e domenica, ore 10-13 e 16-19; negli altri giorni visitabile su prenotazione da scolaresche e gruppiBiglietti: 3,00 €; ridotto 1,50 €; ridotto per scuole 1,00 €.Accesso disabili: SI

FIGLINEFondazione Giovanni Pratesipiazza Marsilio Ficino Tel. 055 2396568 E-mail: [email protected] Orario apertura: su appuntamentoIngresso gratuitoAccesso disabili: No

SESTO FIORENTINOMuseo Richard Ginori della Manifattura di DocciaViale Pratese 31Tel. 055 4207767 E-mail: [email protected] apertura: da merco-ledì a sabato 10-13 e 14-18. Domenica apertura solo per gruppi su prenotazione.Biglietti: 6,00 € ridotto per comitive-bambini e adulti oltre i 65 anni 4,00 €. Per scolaresche 2.00 €.Ridotto per soci Coop,Touring club Italiano 5,40 €.Accesso disabili: No

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L’UNITÀ D’ I TALIA

PROVINCIA DI GROSSETO

ARCIDOSSOCentro Espositivo David LazzarettiCastello AldobrandescoArcidossoTel. 0564 969602E-mail: [email protected] apertura: dal 7 gennaio al 31 marzo: su richiesta. Ore 10,30-13 e 15,30-19 (venerdì sabato e domenica dal 1 aprile al 15 luglio e dal 16 settembre al 6 gennaio, tutti i giorni eccetto il lunedì dal 16 luglio al 15 settembre.Biglietti: 2,00 € comprende anche il Centro Visite del Parco Faunistico;ridotto 1,50 €; gratuito per bambini fino a 5 anni e per le scuole del territorioAccesso disabili: No

MASSA MARITTIMASaletta risorgimentale del Museo ArcheologicoPiazza Garibaldi 1Tel. 0566 902289E-mail: [email protected] di apertura: martedì alla domenica 10/12.30; 15/17 (da aprile a ottobre 15.30/19) Ingresso gratuito (solo alla saletta)Accesso disabili: Sì

PROVINCIA DI LIVORNO

LIVORNOMuseo Civico Giovanni FattoriVia S. Jacopo in Acquaviva Tel. 0586 808001, 804847. E-mail: [email protected] apertura: dal martedì alla domenica, ore 10:00-13:00 e 16:00-19:00Biglietti: 4,00 €; ridotto: 2,50 € (gruppi e scolaresche min. 15 persone e su prenotazione); ingresso gratuito a i bambini fino a 6 anni e agli invalidi 100%; In occasione di mostre temporanee, il costo del biglietto può subire variazioniAccesso disabili: SI

CECINAVilla GuerrazziLocalità CinquantinaSan Pietro in PalazziTel. 0586 680145E-mail: [email protected] Orario apertura: (MuseoArcheologico) orario invernale: sabato e domenicaore 15.30-19. Dal 1 giugno al 31 agosto: da martedì a domenica: ore 18-22.Biglietti: 4,00 €; ridotto 2,50 €Accesso disabili: Si

PROVINCIA DI LUCCA

LUCCAMuseo Nazionale di Palazzo MansiVia Galli Tassi 43 Tel. 0583 55570E-mail: [email protected] apertura: martedì-sabato ore 8.30-19.30Biglietti: 4.00 € (intero), 6.50 € (cumulativo intero con Museo di Villa Guinigi), riduzioni secondo le vigenti normative: 2.00 € (singolo), 3.25 € (cumulativo)Accesso disabili: Si

FORTE DEI MARMIMuseo della SatiraForte di Leopoldo I, Piazza Garibaldi 1Tel. 0584 876277 (museo); 0584 280234 (uffici) E-mail:[email protected] apertura: Da novembre a maggio: vener-dì, sabato e domenica ore 15.30-19.30; da giugno a ottobre: tutti i giorni escluso il lunedì ore 17-20 e 21-24. L’orario di apertura può subire variazioni a seconda delle varie mostre.Ingresso gratuitoAccesso disabili: No

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LA TOSCANA E L’UNITÀ D’ I TALIA

VIAREGGIOCentro Matteucci per l’arte modernaVia G. D’Annunzio 28Tel. 0584 430614E-mail: [email protected]@centromatteucciartemoderna.it

Orario apertura: lunedì-sabato, ore 9.30-13.00 e 15.30-19.00; domenica ore 9.30-12.30; dal 15 giugno al 15 ottobre: tutti i giorni ore 16.00-23.00 (le opere risorgimentali sono visibili su appuntamento o in occasione di mostre specifiche)Biglietti: 8 € per le mostre; 5 € per la collezioneAccesso disabili: Si

PROVINCIA DI MASSA CARRARA

CARRARAAccademia di Belle ArtiVia Roma 1Tel. 0585 71658E-mail: [email protected] apertura: lunedi-vener-dì 9-18 ; sabato 9-13Per visite guidate con consulente interno richiedere prenotazione via fax: 0585 70295Ingresso gratuitoAccesso disabili: No

LICCIANA NARDI, Apella Casa Nardi, centro visita del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco emiliano ApellaTel. 0187 421203; 392 9963407E-mail: [email protected] apertura: tutti i giorni 10-20; nel mese di Agosto apertura fino alle ore 22 Possibilità di visite guidate da concordare tel. 0187421203Ingresso gratuitoAccesso disabili: No

PROVINCIA DI PISA

PISADomus MazzinianaVia Mazzini 71Tel. 050 24174E-mail: [email protected] apertura: temporanea-mente chiuso, la riapertura al pubblico è prevista per settembre 2011Accesso disabili: Si

Museo Nazionale di Palazzo RealeLungarno Pacinotti 46 Tel. 050 926539 E-mail: [email protected] apertura: feriali 9.00-14.30; sabato 9.00-13.30. Chiuso ogni martedì, domenica e festivi Biglietti: 5,00 €; ridotto 2,50 € (giovani dai 18 anni ai 25 e docenti di scuole statali); gratuito sotto 18 anni e sopra 65 anniAccesso disabili: Si

Museo della grafica di Palazzo LanfranchiLungarno Galileo Galilei 9Telefono: 050 2216060 E-mail: [email protected] apertura: da martedì al venerdì: ore 10.30-12.30 e 16.30-18.30 ; sabato e domeni-ca: ore 10,30-18,30. Chiuso lunedìBiglietti: per mostre temporanee ingresso 3,00 €, ridotto 2,00 €.Accesso disabili: Si

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L’UNITÀ D’ I TALIA

FAUGLIAMuseo Giorgio KienerkVia Chiostra I, n. 13Tel. 050 657311 E-mail: [email protected] Orario apertura: martedì e giovedì ore 10-12,30; sabato e domenica ore 10-12.30 e 15.30-18.30 (inverno),17-20 (estate) Biglietti: 4 €; ridotti 2 €Accesso disabili: Si

PROVINCIA DI PISTOIA

PISTOIAMuseo CivicoPalazzo ComunalePiazza del Duomo 1Tel. 0573 371296 E-mail: [email protected] apertura:dal giovedì alla domenica e festivi con orario 10-18Biglietti: 3,50 €; ridotto 2,00 €. Possibilità di biglietto comulativo con i musei del Sistema Museale Pistoiese.Accesso disabili: Sì

Fortezza di Santa BarbaraPiazza della ResistenzaTel. 0573 24212E-mail: [email protected] apertura: martedì-domenica ore 8.15-13,30; chiuso il lunedìIngresso gratuitoAccesso disabili: Parziale(è escluso il camminamento)

Villa e giardino PucciniLoc. ScornioVia Dalmazia 356Tel. 0573-904604 E-mail: [email protected] apertura: su appunta-mento da richiedere alla Scuola di musica del Comune di Pistoia Tel. 0573-904604;la parte visitabile del parco è aperta tutti i giorni.Ingresso gratuitoAccesso disabili: Sì

MONSUMMANO TERMEMuseo Nazionale di Casa Giustiviale V. F. Martini 18Tel: 0572 950960 E-mail:[email protected] Orario di apertura: dal 1 novembre al 30 aprile: mercoledì-lunedì ore 8-14 e 15-18; dal 1 maggio al 31 ottobre mercoledì-lunedi 8-14 e 16-19. Chiuso il martedì.Ingresso gratuitoAccesso disabili: Si

PROVINCIA DI PRATO

PRATOMuseo del Tessutovia Santa Chiara 24 Tel. 0574 611503 E-mail: [email protected] apertura: da lunedì a venerdì ore 10-18. Sabato ore 10-14. Domenica ore 16-19. Chiuso il martedì.Biglietti: 6,00 €; ridotto per gruppi superiori a dieci persone 4,00 €; ridotto per ragazzi sotto 25 anni, anziani sopra 65 anni e militari 3,00 €Accesso disabili: Si

POGGIO A CAIANOVilla MediceaPiazza dei Medici 14Tel 055 877012E-mail: [email protected] apertura: Da lunedì a domenica (ore 8,15 - 16.30 nei mesi di gennaio, febbraio, novembre, dicembre; ore 8,15 - 17.30 nel mese di marzo (con ora legale 18.30); ore 8,15 - 18.30 nei mesi di aprile, maggio, settembre; ore 8.15 - 19.30 nei mesi di giugno, luglio, agosto; ore 8,15 - 18.30 nel mese di ottobre (con ora solare 17.30). Chiusura: secondo e terzo lunedì del mese. Le visite all’interno della villa vengono effettuate solo per gruppi accompagnati dal personale di custodia, con accesso ogni ora a partire dalle 8.30 Ingresso gratuitoAccesso disabili: Si

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LA TOSCANA E L’UNITÀ D’ I TALIA

PROVINCIA DI SIENA

SIENAMuseo Civico di Palazzo PubblicoPiazza del Campo 1Tel. 0577 292614 E-mail: [email protected] apertura: Estivo (16 marzo - 31 ottobre) feriali e festivi, ore 10-19. Invernale (1 novembre - 15 marzo) ore 10-18. Biglietti: 7,50 € senza prenotazione; 6,50 € con prenotazione; ridotto per gruppi di oltre 15 persone 6,50 €; con prenotazione 5,50 € ridotto per studenti e anziani 4,50 €, con prenotazione 3,50 €; gratuito per residenti a SienaAccesso disabili: SI

Accademia dei Fisiocritici Piazzetta Silvio Gigli 2 Tel. 0577 47002 E-mail: [email protected] apertura: lunedì, martedì, mercoledì e venerdì: 9.00 – 13.00 e 15.00 – 18.00; Giovedì: 9.00 – 13.00; chiuso sabato, domenica e festivi.Ingresso gratuitoAccesso disabili: SI

Gaiole in Chianti, BrolioCastello di BrolioTel. 0577 730280E-mail: [email protected] apertura: dal 12 feb-braio al 11 marzo - solo il fine settimana 10:00-17:00; dal 12 al 31 marzo - tutti i gior-ni 10:00 – 18:30 (biglietteria aperta fino alle 17:30)da aprile ad ottobre - tutti i giorni 10:00 – 19:00 (bigliette-ria aperta fino alle 18:00)** la Collezione Ricasoli il lunedì è aperta solo per gruppi con prenotazione anticipataBiglietti: 8,00 € comprende la visita guidata alla Collezione Ricasoli ed i giardini senza guida; 10,00 € per visita guidata completa Accesso disabili: Parziale (solo ai giardini con accom-pagnatore)

Colle di Val d’Elsa Museo civico e diocesano d’arte sacraVia del Castello, 33Tel. 0577 923888 - 0577 912260 (Uff. Cultura)E-mail: [email protected] Orario apertura: dal 21 aprile al 16 ottobre da martedì a domenica e festivi, ore 11.30 - 17.00.Dal 17 ottobre al 31 dicembre: sabato, domenica e festivi, ore 11.30 - 17.00Biglietti: 3, 00 €; ridotto 2,00 €Accesso disabili: No

Casole d’ElsaMuseo civico archeologico e della collegiataPiazza della Libertà, 5 Tel. 0577 948705E-mail: [email protected] Orario apertura: dal 15 aprile al 16 ottobre: da martedì a domenica e festivi, ore 10-12 e 15-19; dal 17 ottobre al 31 dicembre: sabato, domenica e festivi, ore 10-12.00 e 15- 19Biglietti: 3, 00 €; ridotto 2,00 €Accesso disabili: Si

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L’UNITÀ D’ I TALIA

I riferimenti bibliografici sull’argomento sono copiosi. Impossibile in questa sede ricorda-re tutte le fonti consultate sui singoli luoghi ed argomenti indagati. Di seguito si segnalano solo alcune delle voci generali più significative

Cultura dell’Ottocento a Pistoia : la collezione Puccini; catalogo della mostra Museo Civico di Pistoia, La Nuova Italia Editrice, Firenze 1977

Soldati e pittori nel Risorgimento italiano a cura di M.Corniati, Torino, Circolo Ufficiali, Fabbri, Milano 1987

Il lauro e il bronzo La scultura celebrativa in Italia 1800-1900, a cura di M.Corgnati, G. Mellini, F. Poli, Torino, 1990

Gli Appartamenti Reali di Palazzo Pitti : una reggia per tre dinastie : Medici, Lorena e Savoia tra Granducato e Regno d’Italia, a cura di M.Chiarini e S.Padovani, Centro Di, Firenze 1993

La cultura artistica a Siena nell’Ottocento, a cura di C.Sisi, E.Spalletti, Pizzi, Cinisello Balsamo-Monte dei Paschi di Siena, Siena 1994

Alla ricerca di un’identità, le collezioni d’arte a Pisa tra Settecento e Novecento, a cura di M. Burresi, Pisa 1999

Francesco Asso, Itinerari garibaldini in Toscana e dintorni 1848-1867, Firenze: Regione Toscana, 2003

Bandiera dipinta : il tricolore nella pittura italiana 1797 – 1947, catalogo della mostra a cura di C.Collina, E.Farioli, Comune di Reggio Emilia, Silvana Editoriale, Cinisello Balsa-mo 2003

Vivere a Pitti : una reggia dai Medici ai Savoia, a cura di S.Bertelli e R.Pasta, Olschki, Firenze 2003

Firenze percorsi risorgimentali, a cura di S.Bietoletti e A.Scarlino, Pugliese editore Fi-renze 2005

Romantici e Macchiaioli. Giuseppe Mazzini e la grande pittura europea, catalogo della mostra a cura di F. Mazzocca, Genova, Palazzo Ducale, Skira, Milano 2005

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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LA TOSCANA E L’UNITÀ D’ I TALIA

La satira al tempo di Mazzini : caricature italiane tra il 1805 e il 1872, catalogo della mostra a cura di C.Bibolotti, A.Bocchi, F.A.Calotti, Domus Mazziniana, Pisa. Museo della satira, Forte dei Marmi 2005

Garibaldi il mito: da Lega a Guttuso, catalogo della mostra a cura di F.Mazzocca, A.Villari, Comune di Genova, Giunti, Firenze 2007

La Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti: catalogo generale, a cura di C.Sisi, A.Salvadori, Sillabe, Livorno 2008

La pittura di storia in Italia : 1785 – 1870. Ricerche, quesiti, proposte a cura di G.Capitelli e C.Mazzarelli, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2008

La Galleria d’Arte Moderna di Firenze : il luogo, le collezioni (1784 - 1914), a cura di C.Pezzano Edizioni Polistampa, Firenze 2009

Giuseppe Garibaldi e i Mille : dalla realtà al mito, catalogo della mostra a cura di A.Scotti e M.Di Giovanni, Villa Mimbelli, Comune di Livorno, Livorno 2010

Italia sia! Fatti di vita e d’arme del Risorgimento italiano, Catalogo della mostra Comune di Seravezza, a cura di E. Dei, A. Baldinotti, Pacini, Ospedaletto, Pisa 2010

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REFERENZE FOTOGRAFICHE

Accademia di Belle Arti di Carrara, p. 122Accademia dei Fisiocritici di Siena, p. 130Centro Matteucci per l’arte moderna di Viareggio, pp. 12, 121Casa Guidi, 84Cassero per la scultura italiana di Montevarchi, p. 105Comune di Calenzano, p. 112Comune di Cecina, p. 117Comune di Fiesole, Archivio Storico Comunale, p. 55Comune di Firenze, Fototeca dei Musei Civici fiorentini, pp. 74, 106, 108, 109Comune di Fucecchio, p. 67Comune di Livorno, Museo Civico G. Fattori, pp. 23, 24, 28, 29, 39, 40, 116Comune di Massa Marittima, Musei Civici, p. 115Comune di Pistoia, Musei Civici, pp. 16, 127, 128Comune di Pontassieve, pp. 88, 89Comune di Prato, Museo Civico, p. 17Comune di Scarlino, fotografo F. Demichelis, p. 48Comune di Siena (su gentile concessione), fotografo Federico Pacini. pp. 9, 44, 96, 97, 98Contrada della Torre, p. 131Domus Mazziniana, pp. 102, 124-125, 126Ente Cassa di Risparmio di Firenze, p. 26Fondazione Spadolini Nuova Antologia, pp. 27, 41, 42, 43, 75, 110, 111, 143Francesca Fedeli, p. 128Fratellanza Artigiana d’Italia, fotografo Niccolò Orsi Battaglini, p. 109Maria Teresa Giaconi, pp. 90, 94Museo Kienerk di Fauglia, archivio fotografico, p. 126Museo Richard Ginori della Manifattura di Doccia, p. 113Museo della Satira e della caricatura di Forte dei Marmi, pp. 34, 36, 38, 41, 43, 120Museo Stibbert di Firenze, p. 88Museo del Tessuto di Prato, p. 129Roberta Pieraccioli, p. 64Giovanni Pratesi (su gentile concessione), p. 113Provincia di Lucca, p. 119Barone Francesco Ricasoli (su gentile concessione), pp. 99, 100, 131Soprintendenza BAPSAE di Arezzo (su gentile concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali), pp. 27e 104Soprintendenza per i beni Architettonici di Firenze (su gentile concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali), pp. 85, 86, 87, 91, 92, 95, Soprintendenza BAPSAE di Lucca (su gentile concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali), pp. 26, 118, 119Soprintendenza BAPSAE di Pisa, (su gentile concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali), pp. 36, 46, 47, 101, 123Soprintendenza Polo Museale Fiorentino, (su gentile concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali), pp. 8, 14, 15, 18, 19, 20-21, 22, 25, 27, 28, 30, 31, 32, 34, 35, 36, 37, 40, 41, 43, 45, 74, 79, 80, 81Attilio Tori, pp. 4, 6, 8, 50, 51, 52, 53, 54, 56, 57, 58, 59, 61, 66, 68, 72, 76, 77, 78, 82-83Università degli Studi di Siena, p. 71

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L’UNITÀ D’ I TALIA

Antonio Salvetti, Ritratto di Giuseppe Mazzini, Firenze, Fondazione Spadolini Nuova Antologia

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