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Perché il quaderno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .3

Destinatari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .4

PArTE 1 – Il contestoDa Taylor ai big data:un secolo di evoluzione manageriale . . . . . . . . . . . . . . . .9Taylor . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .14Le generazioni e l’innovazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .16Il Management 2.0 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .18

PArTE 2 – Esperienze e strumentiImplementazione organizzativamediante il coaching . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .23

Il ruolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .23La gestione dei collaboratori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .26Evoluzione delle organizzazioni . . . . . . . . . . . . . . . . .30

Funzionamento organizzativocon approccio coaching . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .32

Il tema . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .35Le modalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .36Le fasi del progetto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .37I risultati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .40

Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .41

PArTE 3 – Il coachingCos’è il coaching e alcuni numerisul suo utilizzo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .45

Definizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .45Chi utilizza un executive-coach . . . . . . . . . . . . . . . . . .47

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indice

enrico perversi

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Come è usato l’executive coaching . . . . . . . . . . . .48Valore e credibilità dell’executive coaching . .49Perchè un leader si rivolge ad un coach . . . . .51Chi è un executive coach . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .52

nota sull’autore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .55

indice

2 innovare il management mediante il coaching

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perchè il quaderno

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Perché affrontare questo tema? Il motivo risiede nellaconsiderazione che la progettazione organizzativa,ma soprattutto la sua corretta attuazione, siano unadelle variabili chiave che le aziende si trovano ad af-frontare in una fase storica di profondo rinnovamento,di tagli drammatici ai costi e di crescite esponenzialidei business emergenti.In questo quadro spesso i singoli non possono fruiredi percorsi già noti ma devono sperimentare in camponuove soluzioni, in questo caso un coach può essereun supporto decisivo per il successo.Il lavoro è suddiviso in 3 parti, nella prima viene definitoil contesto, le condizioni al contorno che hanno deter-minato scelte e definito il problema da affrontare. Vieneesaminata l’evoluzione del pensiero manageriale pergiungere alla conclusione che innovazione e speri-mentazione devono essere il punto d’incontro dellegenerazioni che insieme lavorano alla creazione diquello che in letteratura viene definito il Management2.0.Nella seconda parte vengono descritte le esperienzepratiche e gli strumenti utilizzati. Si tratta della sintesidi casi reali che hanno permesso concrete realizza-zioni in campo arricchendo in maniera assolutamenteparitetica il cliente ed il coach, cioè io, che provo quia restituire almeno parte di quello che ho ricevuto.La terza parte è dedicata a qualche definizione di coa-ching e ad alcuni dati sul suo utilizzo, è una sorta diappendice per chi, leggendo le tematiche aziendaliaffrontate ed essendo interessato, abbia il desideriodi capire come accostarsi a questa meravigliosa di-sciplina.

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4 innovare il management mediante il coaching

i destinatari

Questo quaderno è destinato in primo luogo ai Ceonon soltanto perché sono coloro che possono deciderel’utilizzo di un coach ma soprattutto perché sono coloroche ne possono trarre un grande giovamento in unafase di decisioni difficili. Spesso la persona al verticeè sola e non ha nessuno in azienda con cui confidarsie confrontarsi liberamente.È molto interessante una ricerca del marzo 2013 con-dotta dall’Università di Stanford e da TMG su oltre200 Ceo, Executives e membri di Cda americani cherileva come il 66% dei Ceo non fruisca di alcun sup-porto sui temi della leadership da coach o consulentiesterni, mentre il 100% di loro si dichiara assoluta-mente disponibile al cambiamento basato su feedbackautorevoli.Il 78% di coloro che utilizzano un coach ha deciso au-tonomamente di farlo, mentre un altro 21% è stato in-dirizzato dal presidente del Consiglio di Amministra-zione, è quindi chiaro che, come viene ancheconfermato da altre analisi riportate nell’ultima partedel lavoro, il coaching viene considerato uno strumentodi sviluppo anziché un correttivo di situazioni critiche.La maggiore preoccupazione dei Ceo è la gestionedel conflitto che quindi è la loro priorità per lo sviluppo,mentre le maggiori aree di utilizzo effettivo sono lea-dership/delega, gestione del conflitto, team building ementoring.Questa in breve la fotografia del nordamerica che tra-dizionalmente anticipa i trend europei ed italiani inparticolare. Quindi sembra esserci un grande spaziodi possibile utilizzo non solo per la situazione di crisi,

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i destinatari

ma anche per il ruolo che i Ceo sono chiamati a rico-prire. Questo fa di loro, dunque, i principali destinatari.Tuttavia non sono i soli, altri ruoli con responsabilitàdiretta di business sono senz’altro assimilabili ai Ceoe quindi valgono le stesse considerazioni fatte sopra.Mi sembra rilevante invece sottolineare l’importanzae la specificità dei responsabili delle Direzioni RisorseUmane perché oltre al ruolo manageriale hanno ancheil compito di operare sui sistemi di gestione del per-sonale e, in particolare, possono avere un ruolo im-portante nell’introduzione dello strumento in manieracoerente con la cultura aziendale. Sono quindi dei destinatari privilegiati sia come pos-sibili fruitori diretti che come promotori dell’utilizzo inazienda.Infine il quaderno si rivolge anche ai colleghi, in parti-colare quelli con cui lavoro nella Comunità di Praticadi Coaching che mi hanno insegnato il valore dellacondivisione e della fiducia.

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parte 1il contesto

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DA TAYLOR AI BIG DATA:un secolo di evoluzione del pensiero manageriale

Viviamo una situazione di crisi ormai da lungo tempo:dallo scoppio della cosiddetta bolla della new economyavvenuta oltre 10 anni fa le aziende hanno ridefinito imodelli di business, sviluppato un utilizzo intensivo diinternet cercando di innovare prodotti, processi e mo-dalità di rapporto con il mercato.Negli ultimi drammatici anni la consapevolezza chenon bastasse più ridurre gli organici ma che andasseridefinito il concetto stesso di management ed i suoivalori si è fatta strada, rilevando che a 100 anni dallapubblicazione di Principles of Scientific Managementdi Frederick Winslow Taylor sono cambiate tutte lecondizioni di contesto senza che nuovi criteri abbianoorganicamente innovato la scienza manageriale (vediil bell’articolo di Walter Kiechel III Il secolo del Mana-gement su Harvard Business Review 11/2012).Internet ha rivoluzionato non solo il mondo del lavoroma la vita di tutti noi accelerando la fine di alcunisettori ma creando qualcosa di nuovo e dando vita agap generazionali come mai prima d’ora. I baby boo-mers, la generazione 1946-1964, si è dovuta confron-tare con persone portatrici di aspirazioni e valori di-versi, con schemi mentali alternativi, scolarità elevatae interessi sociali a volte in contraddizione con ilmondo industrialeNelle pagine seguenti è illustrata una breve storiadelle idee, degli strumenti e degli approcci che cihanno portato fino ai giorni nostri e che rendono at-tuale l’innovazione come via di uscita dalla crisi.

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parte 1 il contesto

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parte 1 il contesto

TAYLOR

La storia illustrata nelle pagine precedenti ha origineda F.W. Taylor, personaggio controverso a cui sonostate rivolte critiche anche radicali, ma che ha avutol’indiscutibile merito di fornire un metodo, di introdurrele misurazioni e la sperimentazione empirica in unafase di profonda trasformazione del lavoro. Nell’America di inizio secolo, imbevuta di cultura po-sitivista, il giovane ingegner Taylor scoprì che in offi-cina ognuno lavorava a modo suo seguendo i sugge-rimenti degli operai anziani in quanto non esistevanoprocedure standard su come fare le cose più rapida-mente e con minore fatica, quindi cominciò a speri-mentare cercando l’ottimizzazione delle molte opera-zioni manuali ancora presenti ed assumendo quindiun ruolo non solo di tecnico ma anche di organizza-tore. Parallelamente Ford decise di raddoppiare la pagaoraria degli operai aumentando il salario e diminuendole ore lavorate e affidò alle macchine il compito discandire i tempi ed i compiti. Così anche quasi senzaconoscersi divennero complementari e segnaronoun’epoca. È importante sottolineare che quel modelloè stato superato da qualcosa che va oltre ma che nonnega l’esperienza precedente: la lean organization,la qualità, la specializzazione flessibile fruiscono co-munque degli insegnamenti di Taylor per quanto ri-guarda le scienze che si occupano di lavoro.Quello che mi preme evidenziare tuttavia, è l’analogiatra il cambiamento epocale vissuto allora e quello che

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accade oggi per quanto riguarda la velocità del cam-biamento, la sua incomprensibilità, la necessità di unnuovo sapere pratico, lo straordinario sviluppo tecnicoe scientifico. Oggi, esattamente come un secolo fa, cisono grandi opportunità legate alla caduta delle bar-riere all’accesso di tecnologie e capitali. Con pochis-simi soldi si possono avviare cose mai esistite prima,la conoscenza è il fattore chiave e la merce di scam-bio, la professionalità è ora la capacità di conciliarecontinuità e nuovi problemi. A questo proposito è interessante rileggere il testo in-tegrale della prima edizione italiana del 1915 de “L’or-ganizzazione scientifica del lavoro” che è riportata nellibro “ Revisiting Taylor” a cura di Riccardo GiorgioZuffo in uscita nel settembre 2013.Siamo quindi giunti ai giorni nostri, all’altro estremodella storia: assumono un significato preciso la nuovaclassifica di notorietà dei marchi dove Apple e Googlesorpassano per la prima volta CocaCola, i fenomenidi acquisizione tra social network che puntano a di-ventare sempre più integrati e pervasivi ed i nuovicomportamenti sociali conseguenti. Siamo a tutti glieffetti in una fase di evoluzione in cui la tecnologiaabilita evoluzioni economiche e sociali di portata glo-bale.

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parte 1 il contesto

Necessità di innovazione e sperimentazione sono il fattor co-mune di queste esperienze distanti 100 anni ed il managementè il terreno su cui cimentarsi.

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parte 1 il contesto

LE GENERAZIONI E L’INNOVAZIONE

Il 2012 è stato definito dalla Comunità Europea l’annodell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra ge-nerazioni. La situazione tuttavia presenta realtà molto contrad-dittorie: le aziende tendono ad espellere i cinquantenniormai da almeno un decennio, le generazioni più gio-vani faticano molto ad entrare nel mondo del lavoroed in generale nelle aziende gli organici sono statidrasticamente ridotti perdendo esperienza e profes-sionalità in misura significativa. Le ricerche indicanoche più è basso il numero di lavoratori attivi dopo i 50anni più bassa è anche l’occupazione delle genera-zioni più giovani.In sintesi viene espulsa la competenza managerialesenza che si abbia il tempo né il materiale umano perricrearla nelle nuove generazioni. Questo è uno deglieffetti più drammatici della crisi.Fortunatamente esistono però anche segnali positivi.Il report del marzo 2012 della Kauffman Foundationfor Entrepreneurship segnala che la generazione deiBaby Boomers è quella che avvia nuove società adun tasso mai raggiunto prima mentre le giovani gene-razioni sembrano in difficoltà, un blog del WashigtonPost si chiede se non stiamo assistendo al passaggiodel testimone dell’innovazione alla generazione pre-cedente.In Italia vengono pubblicati libri quali “I ragazzi di ses-sant’anni” di Enrico Oggioni oppure “Voi avete gli oro-logi, noi abbiamo il tempo” di Federico Rampini che

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parte 1 il contesto

testimoniano la disponibilità, la volontà e la capacitàdei baby boomer di fornire un contributo positivo, quo-tidiani quali Il Sole 24 Ore trattano il tema medianteeditoriali che testimoniano come l’esperienza di ge-stione dei processi sia un ingrediente decisivo anchenei casi di innovazione dirompente.

Il quadro sembra indicare che una delle leve di successo perinnovare e sperimentare sia quindi il riuscire a creare le con-dizioni perché si realizzi una situazione “win-win” tra genera-zioni evitando quel conflitto che viene qualche volta descrittoin toni drammatici sui media.

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parte 1 il contesto

IL MANAGEMENT 2.0

Intorno alla convinzione che il Management fossel’area dove l’innovazione non avesse ancora dato isuoi benefici frutti ma che ci fosse molto da fare ungruppo di 35 studiosi e manager, autodefinitosi Therenegade brigade, proveniente da prestigiose Univer-sità, Business School, Società di Consulenza eAziende innovative, ha definito i criteri e le sfide perquello che hanno definito il Management 2.0 destinatoad affrontare il XXI secolo.La sintesi del loro lavoro consiste in 25 sfide che ri-spondono alle domande : A) Cosa si deve fare per creare organizzazioni adatte

al futuro?B) Quali dovrebbero essere le priorità della gestione

aziendale di domani?(vedi The MIX manifesto, www.managementex-change.com, dove MIX sta per Management In-novation Exchange).

Quindi l’innovazione del management si riferisce atutto ciò che cambi il modo di fare le cose relative a:• definire e pianificare obiettivi;• motivare e allineare gli sforzi;• reperire ed allocare risorse;• coordinare e controllare le attività;• costruire e sviluppare le relazioni;• acquisire ed utilizzare la conoscenza;• definire e raccogliere gli indicatori di performance.

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parte 1 il contesto

È importante rilevare che per questo gruppo il lavoromanageriale non necessariamente deve essere fattoda persone che abbiano un formale incarico di dire-zione, con la parola “management” infatti non ci si ri-ferisce ad un gruppo di vertice ma agli strumenti, me-todi e processi tipici dei processi di gestione.Le 25 sfide elaborate dal gruppo toccano tutti temi ri-levanti, tuttavia si ritiene che i primi 10 punti siano ipiù importanti: 1. Fare in modo che il lavoro del management serva

un fine più elevato: il profitto per gli azionisti saràintegrato da altri obiettivi socialmente rilevanti.

2. Incorporare a pieno titolo le idee di comunità e cit-tadinanza nei sistemi di gestione: sistemi collabo-rativi avranno il sopravvento su relazioni basate suinteressi antagonisti.

3. Ricostruire le fondamenta filosofiche del manage-ment: eccellenza operativa e responsabilità socialesaranno realizzate attingendo a discipline diverse.

4. Debellare le patologie della gerarchia formale: strut-ture verticistiche saranno sostituite da organizza-zioni adattabili la cui leadership deriva dal contributofornito.

5. Combattere la paura e aumentare la fiducia: capa-cità di adattarsi e impegno saranno premianti ri-spetto ai passati sistemi autoritari.

6. Reinventare gli strumenti di controllo: la conformitàsarà perseguita attraverso l’autodisciplina, l’inno-vazione e la creatività saranno premiate.

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parte 1 il contesto

7. Ridefinire il lavoro di leadership: il leader visionarioinfallibile sarà sostituito dal creatore di un ambientein cui tutti possano collaborare ed eccellere.

8. Espandere e sfruttare la diversità: disaccordo e di-vergenza avranno pari dignità di consenso e coe-sione.

9. Reinventare il processo di formulazione della stra-tegia come processo in divenire: sperimentare edevolvere rapidamente sostituirà la pianificazione alungo termine.

10. Destrutturare e disaggregare l’organizzazione: si-los funzionali, feudi politici lasceranno il posto aorganizzazioni adattabili e strutture fluide basatesu progetti.

La questione chiave è come avviarsi in questa dire-zione, come dare un seguito concreto ai nuovi criterienunciati. Il tema è molto ampio e la comunità di MIXraccoglie esperienze, idee, contributi molto ricchi ediversificati consultabili nel loro sito, si tratta di speri-mentazioni, di casi di successo che vengono condivisiper generare lo sviluppo delle idee.

Io credo che il coaching possa essere uno strumento moltopotente per la creazione del management 2.0 da molti punti vi-sta, ma in particolare deve essere una competenza chiave del“nuovo” manager e avere un ruolo nell’implementazione delle“nuove” strutture e dei progetti complessi.

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parte 2le esperienze e gli strumenti

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parte 2 le esperienze e gli strumenti

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IMPLEMENTAZIONE ORGANIZZATIVAMEDIANTE IL COACHING

Di seguito sono descritti alcuni strumenti che la miapratica di coach e di manager mi hanno aiutato a de-finire, non sono novità originali ma sono utilizzati inun percorso di coaching per capitalizzare dall’espe-rienza e avviare la sperimentazione del nuovo.

Il ruolo

Di frequente ci si trova in una situazione in cui si haun nuovo manager in un ruolo esistente, oppure unmanager che deve gestire una nuova realtà dovutaad una modifica profonda della struttura organizzativa,spesso c’è una pressione notevole verso i risultati enon ci sono esperienze vincenti pregresse a cui fareriferimento. Il manager, con ansia, si pone domandecomplesse:• Cosa devo fare nel nuovo incarico?• Come posso descrivere il mio “ raggio d’azione”?• Di cosa mi devo preoccupare?• Quali sono le mie priorità?• Come saprò che “copro efficacemente il ruolo”?

Come noto, il ruolo, cioè una casella dell’organi-gramma, è il mattoncino base per la progettazionedella struttura organizzativa e può essere descrittodalle “minime responsabilità chiave” cioè quelle cheassicurano la coerenza della struttura organizzativastessa con gli obiettivi dell’organizzazione.

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parte 2 le esperienze e gli strumenti

Le minime responsabilità chiave sono pertanto moltoimportanti perchè individuano gli aspetti essenziali pergarantire il funzionamento organizzativo ed al con-tempo consentire la necessaria flessibilità e discre-zionalità operativa.Il presupposto quindi è che ci sia una parte normatama anche uno spazio lasciato all’ interpretazione dellapersona che è chiamata a ricoprire il ruolo stesso, laprescrittività è ridotta al minimo, è riconosciuta la ne-cessità di autonomia e di empowerment.Tutti i presupposti, dunque, per un manager 2.0: macome leggere la realtà ed il contesto? come capire sucosa focalizzare l’attenzione?

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parte 2 le esperienze e gli strumenti

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La pratica mi ha mostrato che può essere estrema-mente utile un modello molto semplice per descrivereil ruolo che guidi la persona che ha deciso di lavorarecon un coach su questo tema.Le responsabilità chiave, e quindi le priorità, derivanodalle risposte a 4 domande:Perchè?Quali sono le aspettative su obiettivi e risultati attesi?che cosa?Quali sono le cose da fare? Su quali processi si inter-viene?con chi?Quali sono le relazioni importanti? In quale contestomi trovo?come?Cosa devo sapere? Quali competenze mi servono?Ho verificato che questa sorta di check list aiuta la fo-calizzazione e l’ identificazione di un piano d’azioneimmediato, fa fare passi in avanti e sperimentare com-portamenti, ma soprattutto fornisce una chiave di in-terpretazione della complessità aziendale.Ricordo il caso di un cliente che era stato nominatoresponsabile della funzione HR in una società ope-rante nei servizi: il dover rispondere a 2 managers di-versi all’interno del gruppo era fonte di incertezza erischiava di paralizzare l’attività operativa. L’utilizzodel modello ha permesso di focalizzare obiettivi e prio-rità e di sperimentare comportamenti vincenti propriosul piano dei risultati.

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parte 2 le esperienze e gli strumenti

La gestione dei collaboratori

Niente di nuovo, il tema è stato affrontato e apparen-temente risolto a partire da Taylor in poi, tuttavia sonocambiati i capi e, soprattutto, i collaboratori. Ecco che,ancora una volta, può essere utile una modalità di in-terpretazione della realtà che ci guidi nel realizzare ilnuovo tra community online, collaboratori in altre partidel mondo, nuove professionalità in rapida afferma-zione.In azienda si parla di delega, di collaborazione, di au-tonomia mentre la pressione aumenta e sono richiestirisultati a breve; l’età media scende e spesso vi sonotrentenni in posizioni di vertice mentre l’esperienzadei cinquantenni viene spesso sacrificata sull’altaredella riduzione dei costi. Ecco che quindi si ripropon-gono temi apparentemente noti e trattati ma che in-vece richiedono nuove azioni ed innovazione reale.Le domande che richiedono risposte puntuali ed ade-guate dai manager sono: • Come puoi creare una squadra che ti segua?• Come tratti i tuoi collaboratori, ti comporti con tutti

nello stesso modo?• Quali sono i tuoi possibili comportamenti, e come

valutare quale usare?• Come ripartire il tuo scarso tempo? • Quali sono i prerequisiti per una delega efficace? Il modello utilizzato in questo caso fa riferimento allateoria della leadership situazionale elaborata da Her-sey e Blanchard che mette in relazione il grado di ma-

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parte 2 le esperienze e gli strumenti

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turità dei collaboratori con lo stile di leadership daadottare: dapprima il coach accompagna il managernell’analisi dei singoli collaboratori o dei gruppi da ge-stire, la discussione verte sulle esigenze delle persone,sul loro grado di competenza, sulle caratteristiche delruolo che essi ricoprono. Il passo successivo è lamessa a fuoco dei comportamenti possibili del capo,delle esperienze di successo sperimentate e di comequeste siano adeguate in alcuni casi, per giungere adefinire un piano di azioni per adattare lo stile di lea-dership ad ogni collaboratore o gruppo di collabora-tori.

Anche in questo caso si ritrovano concetti già affrontatiparlando di ruolo, quali la competenza e l’autonomia;

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parte 2 le esperienze e gli strumenti

Ricordo un caso in cui un manager decisamente disuccesso esplorò con soddisfazione la tematica delleultime generazioni, i cosiddetti nativi digitali, che gliponevano questioni che mai aveva affrontato. La consapevolezza dei temi nuovi che era chiamatoa gestire lo rigenerò e creò addirittura entusiasmo edimpazienza di confrontarsi con una motivazione chedichiarò essere “rivoluzionaria”.

il modello è complesso e richiede almeno un paio dipassaggi logici tanto che spesso viene utilizzato inpiù sessioni perché pone una serie di questioni piut-tosto ampie che possono richiedere la messa in di-scussione di comportamenti consolidati.

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parte 2 le esperienze e gli strumenti

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Un aspetto che spesso richiede un approfondimentospecifico successivo è quello relativo alla delega: ilmanager si trova a dover lavorare su di sé prima an-cora di occuparsi dei collaboratori, identifica delle con-dizioni preliminari che lui stesso deve creare per poterpoi operare con successo. Questa nuova visione suidue lati della relazione, che implica un cambiamentoed uno sviluppo non solo da parte dei collaboratorima anche da parte del capo, apre decisamente nuoveprospettive. Mi piace citare il caso di un cliente che durante unasessione ridefinì, con una sintesi ricca ed efficace, ladelega come “ libertà e fiducia”.

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parte 2 le esperienze e gli strumenti

Evoluzione delle organizzazioniLo strumento che segue può essere usato nel casoprecedente di un “nuovo” manager in un “nuovo” ruoloma aiuta anche quando è il mercato, e quindi l’unitàorganizzativa, che cambia significativamente, peresempio nel caso delle start-up con crescita rapida,alto contenuto tecnologico e giovane età degli impren-ditori. Le domande che il coach pone al manager puntanoquindi a definire quali siano le criticità da affrontare afronte di un cambiamento dimensionale significativoe di nuove risposte da dare al mercato:• Cosa è cambiato rispetto al passato?

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parte 2 le esperienze e gli strumenti

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• Quale è stata la crescita in termini di fatturato e dinumero di persone?

• Come si è modificata la tua organizzazione?• In quale fase si trova?• Quali sono i temi critici da affrontare? Il modello di Greiner utilizzato in questo caso è moltosemplice e fornisce una chiave di lettura molto gene-rale, però proprio per questo è uno stimolo utile perun’ interpretazione della realtà del manager con lesue specificità. La crescita dimensionale ( o anche ladecrescita ed il riposizionamento) cambiano sostan-zialmente l’approccio gestionale e talvolta convinci-menti come “squadra che vince non si cambia” ri-schiano di vanificare il buon lavoro fatto in passato,ma soprattutto le potenziali prospettive future di cre-scita.Il modello suggerisce che lo sviluppo dell’organizza-zione avvenga attraverso fasi di crisi successive lacui risoluzione positiva genera fasi di sviluppo, ma è ilmanager in prima persona che deve avere la capacitàdi cambiare apprendendo rapidamente dalle speri-mentazioni e favorendo l’applicazione delle esperienzepositive in tutti gli ambiti dell’organizzazione.Anche qui si trovano molti dei temi del management2.0 e la possibilità di costruzione di una nuova realtànon può che partire dalle verifiche in campo dei singolimanager, è interessante notare che l’ultima fase iden-tificata da Greiner è quella dello sviluppo grazie allacollaborazione che è proprio il tema che i social net-work hanno imposto alle aziende di affrontare.

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FUNZIONAMENTO ORGANIZZATIVOCON APPROCCIO COACHING

Change Management, execution, action learning...Parole molto utilizzate tanto da aver perso significatoper diventare slogan, gergo aziendale cui ognuno at-tribuisce il significato che preferisce grazie anche alla“nobiltà” di termini inglesi.Tutte le organizzazioni si sono da sempre confrontatecon le regole per operare e con il cambiamento, tuttesi sono dibattute nella contraddizione tra standard einnovazione, il risultato è quindi stato che la praticamanageriale ha generato molti strumenti ed approccipartendo da Taylor fino ai giorni nostri.Le classificazioni sono veramente molte, i modelli pro-posti enfatizzano di volta in volta aspetti diversi tantoda rendere veramente problematico riassumerli bre-vemente, quindi, in generale, si può dire che “cam-biamento” si può riferire in azienda a grandi trasfor-mazioni, modificazioni di direzioni strategiche conrilevanti aspetti culturali e di identità, oppure a ristrut-turazioni organizzative legate a sistemi ed a relazionidi business ed infine a interventi sui processi opera-tivi.Gli orizzonti temporali e la complessità sono diversinei tre casi citati, tuttavia esiste il comune problemadi “far avvenire le cose”, di utilizzare tutte le cono-scenze diffuse nell’organizzazione, di mobilitare tuttele intelligenze e le energie. Competenze e apprendimento sono da tutti ricono-sciuti come le variabili alla base del successo. Qual-cuno sostiene addirittura che i cambiamenti quotidiani,

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applicati continuamente e non come atto eccezionale,siano la base per le discontinuità più marcate. Molti anni di pratica sia all’interno dell’azienda che inconsulenza mi hanno permesso di vivere molte situa-zioni e di utilizzare molti strumenti, e questo ha gene-rato una metodologia che molti progetti sul campohanno confermato essere utile per far avvenire le cosecon il contributo di chi opera.

La metodologia, denomi-nata “ChangeLAB”, è ba-sata su 3 parole chiave:sperimentare, innovare,apprendere.

Utilizza concetti e strumenti provenienti da esperienzeamericane e giapponesi calate ed adattate al contestoculturale italiano, permette di definire un interventopersonalizzato sulle specifiche esigenze e dimensio-nato a richiesta, Naturalmente il coaching trova unlargo spazio in termini di approccio generale al pro-getto, di passaggi metodologici e, soprattutto, nel sup-porto ai gruppi di lavoro che svolgono un ruolo fonda-mentale nel processo di innovazione e cambiamentoe che quindi è estremamente importante che operinocon efficacia integrando le professionalità ed espe-rienze presenti.La metodologia, infine, cerca anche di avvalersi didue ulteriori ingredienti che l’esperienza ha rivelatoindispensabili: la semplicità ed il buon senso.Operare sul funzionamento organizzativo o sulla ge-stione di un progetto concretamente significa porsi leseguenti domande:• Qual è l’obiettivo che voglio raggiungere?

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• Su quali aspetti mi voglio concentrare?• In quale contesto mi trovo?• Quali sono i vincoli che ho?• Quali sono le origini del problema che voglio risol-

vere?• Quali azioni posso realisticamente attuare da su-

bito?Risulta chiara la similitudine con una sessione di coa-ching che prende spunto da un tema, lo analizza perdefinire un obiettivo, e costruisce un action plan perconseguirlo. In ChangeLAB la filosofia del coaching è stata inte-grata con alcuni strumenti, che verranno illustrati at-traverso la descrizione di un caso reale, le figure ri-portate sono relative alla presentazione finale che ungruppo di lavoro fece al termine del progetto.

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Il temaLa divisione di una azienda italiana operante in unmercato B2B regolamentato aveva effettuato un’inda-gine di customer satisfaction che aveva dato risultaticritici sia dal punto di vista delle prospettive di sviluppofuturo che della compliance con le direttive dell’autoritànormatrice. Una intervista con il manager della divisione e con isuoi collaboratori responsabili di vendite e marketingaveva rilevato da subito un conflitto profondo tra le 2funzioni con importanti conseguenze sull’efficacia deiprocessi operativi nonostante questi fossero stati og-getto pochi mesi prima di una dettagliata riprogetta-zione da parte di una primaria società di consulenzache aveva generato una serie di ponderosi raccoglitoricon le procedure di dettaglio.

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Le modalitàUna folta rappresentanza dei componenti delle fun-zioni vendite e marketing, comprendente tutti i capigruppo alle dirette dipendenze dei 2 responsabili, fucoinvolta nel progetto creando 4 gruppi di lavoro pari-tetici. Durante una sessione iniziale in plenaria vennero for-niti gli strumenti di lavoro e le modalità di approccio efu definito come obiettivo dei gruppi quello di indivi-duare una criticità evidenziata dall’analisi di customersatisfaction e di proporre e realizzare delle azioni dimiglioramento. Per semplificare la trattazione nelle fi-gure sono riportati gli output di uno dei 4 gruppi diprogetto.

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Le fasi del progettoCon i 4 gruppi di lavoro è stato realizzato un percorsodi team coaching dichiarando esplicitamente gli obiet-tivi di business sopra citati ma evidenziando anche lanecessità di una lavoro comune tra marketing e ven-dite con le implicazioni relative alla capacità di risolu-zione dei problemi, alla gestione dei conflitti interper-sonali e interfunzionali, al miglioramento della qualitàdelle relazioni e della comunicazione, al chiarimentodei ruoli e delle responsabilità.La prima fase è consistita nella scelta di quale pro-blema affrontare e nel definire un obiettivo che fossegestibile. Il ruolo del coach è stato quello di facilitareil processo mediante domande che generassero con-sapevolezza ed allineamento sulla metodologia, sonostate fornite domande guida e lo strumento dello

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schema di flusso per rappresentare ed analizzare unprocesso.Nella seconda fase il lavoro del gruppo si focalizzatosulla analisi delle cause per rimuovere alla fonte leragioni di criticità. Il coach in questa fase ha operatoper ricondurre i conflitti al contenuto della comunica-zione, alla definizione di responsabilità, alle esigenzedel cliente. Gli strumenti forniti in questa fase sonostati i “5 perché” e il metodo “4M”. È interessante notare come questi strumenti, tipicidella lean organization, abbiano avuto un ruolo attivonella risoluzione dei conflitti grazie al fatto di costrin-gere le persone ad entrare nel merito delle questionie quindi a comunicare.Nella terza fase si è proceduto a progettare il nuovo ea definire le azioni da mettere in campo da subito edaltre da schedulare comunque nel breve termine. Il

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“noi e voi” tipici delle fasi precedenti ha lasciato ilposto a “ il cliente” ed il clima ha vissuto un sostanzialemiglioramento.L’apprendimento si è consolidato e la consapevolezzadell’impatto di ogni azione sui risultati totali del pro-cesso è apparsa chiara per tutti. In questa fase si èdiscusso (e realizzato) il monitoraggio sul consegui-mento dei risultati.

L’apparente “banalità” di alcune delle azioni decise èstata riconosciuta come non rilevante ai fini della ge-stione di un cambiamento reale nei processi opera-tivi.

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i risultatiL’ultimo contributo del coach è stato quello accompa-gnare i gruppi di lavoro nella preparazione di una pre-sentazione del lavoro svolto non solo al managementma a tutti i componenti della divisione incluse le fun-zioni di Customer Service, Amministrazione, e Svi-luppo Servizi. In tale presentazione il management ha ratificato leazioni proposte (ed alcune già realizzate), ha decisol’integrazione dei piani di lavoro di 2 gruppi ed ha lan-ciato altri 4 gruppi di lavoro coinvolgendo anche lealtre funzioni ed avviando una processo di migliora-mento continuo.

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CONCLUSIONI

Per riassumere quindi abbiamo visto come utilizzareil coaching per:• Innovare la cultura manageriale dell’ azienda;• Favorire l’inserimento di nuovi manager in nuovi

ruoli;• Avviare una nuova struttura organizzativa;• Sostenere un manager di una struttura in evolu-

zione;• Ottimizzare la gestione dei collaboratori di un ma-

nager;• Creare team efficaci;• Supportare gruppi di progetto.• Gestire innovazioni di processo.Per concludere vorrei sottolineare che i modelli esa-minati non sono formulette di successo, una sorta dibignami del management, ma occasioni di lettura dellarealtà e di interpretazione di novità che devono con-durre ad elaborare azioni concrete. Il ruolo del coachè quello di proporli in questa chiave e lasciandonesempre una lettura aperta, il modello, quindi, non èuna regola da applicare ma uno stimolo alla compren-sione dei fenomeni, un concreto aiuto alla cataloga-zione dei fatti che porta alla consapevolezza.I contenuti e le decisioni future nascono dal cliente, lasperimentazione è responsabilità sua esattamentecome lo è il raggiungimento dei risultati.

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COS’È IL COACHING E ALCUNI NUMERISUL SUO UTILIZZO

In chiusura di una esposizione sostanzialmente ap-plicativa e pratica mi sembra utile una breve sintesicon alcune definizioni e qualche dato sull’utilizzo delcoaching nel mondo aziendale.

Definizione

Esiste una bibliografia sterminata sul coaching condecine di definizioni e di comparazioni con metodolo-gie affini o contigue, la parola non è stata tradotta, equesto è significativo, viene inoltre usata in molte ac-cezioni diverse.Si riportano quindi 3 definizioni complementari illu-strando i motivi di una scelta che è sicuramente solouna delle tante possibili.La prima definizione è quella di ICF – InternationalCoach Federation – la più grande associazione di co-ach professionisti al mondo che attraverso i suoi20.000 associati presenti in oltre 100 Paesi, si oc-cupa  di favorire il progresso dell’arte, della scienza edella pratica del Coaching Professionale.ICF definisce il coaching come una partnership coni clienti che, attraverso un processo creativo, sti-mola la riflessione, ispirandoli a massimizzare ilproprio potenziale personale e professionale.Questa definizione, scelta per l’autorevolezza di chil’ha formulata, si inserisce in un contesto di regoleche ICF propone ai suoi associati ed ai coach che ri-

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chiedono una certificazione. Per maggiori dettagli, inparticolare sul codice etico, si possono consultare isiti www.icf-italia.org – www.coachfederation.orgLa seconda definizione è dovuta a Timothy Gallweycitato da Sir John Whitmore: sbloccare il potenzialedi una persona per massimizzare le prestazioni...non insegnando ma aiutando ad imparare.Questa definizione, generata da chi per primo ha uti-lizzato il coaching in ambito sportivo, rende chiaroche il coaching ha come scopo primario il migliora-mento della performance e che il coach non è un do-cente o un esperto ma qualcuno accompagna nel-l’apprendimento creando le opportune condizioni. La terza definizione, tratta dal sito www.coachingin-sider.com illustra in termini semplici e chiari comeavviene concretamente una sessione: il processo dicoaching è fondamentalmente una conversazione,un dialogo tra coach e cliente in un contesto pro-duttivo ed orientato al risultato. Una conversazionein cui, ponendo le domande giuste al momentogiusto, il coach incoraggia ed aiuta a considerareprospettive e strategie diverse.In questo caso è utile sottolineare la necessità di “uncontesto produttivo ed orientato al risultato” che indicala necessaria volontà del cliente verso il risultato chelo rende anche responsabile del suo conseguimento.Per analizzare l’utilizzo pratico del coaching può es-sere utile approfondire i dati di una ricerca compiutadi recente interpellando coach, specialisti di risorseumane e business leader.

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Sherpa Executive Coaching è una Società statuni-tense che fornisce servizi di coaching alle imprese eche dal 2006 fa una rilevazione annuale delle ten-denze nel modo del coaching, il report 2013 fruisce didati provenienti da 53 paesi in prevalenza appartenential mondo anglosassone dove il coaching è più svilup-pato, per il nostro paese quindi è una utile indicazionesulle linee di tendenza.

Chi utilizza un executive coachNegli anni fino al 2008 si è assistito, soprattutto nelmercato nordamericano, ad un utilizzo estensivo edemocratico del coaching a tutti i livelli nell’organiz-

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Page 50: Perché il quaderno - CoachMag, il Magazine del Coaching · 4 innovare il management mediante il coaching i destinatari Questo quaderno è destinato in primo luogo ai Ceo non soltanto

zazione, poi la crisi economica, ma forse anche un ri-pensamento sulle politiche di utilizzo, hanno progres-sivamente ristretto l’utilizzo a senior e top managers. Non c’è alcun dubbio che oggi i budget ristretti in-fluenzino pesantemente l’utilizzo del coaching che èaddirittura diventato uno status symbol, anche in que-sto caso prevalentemente nel mercato nordamericano.L’Europa, e ancor più l’Italia, scontano un ritardo ri-spetto agli Usa, quindi non vi è stato l’uso estensivo atutti i livelli della prima fase, il coaching sta ancora vi-vendo un periodo di espansione che avrebbe potutoessere più marcata in assenza di crisi economica, mache senz’altro conferma l’utilizzo selettivo per le fascepiù elevate del management.

Come è usato l’executive coachingIl coaching è stato storicamente usato per affrontarespecifici problemi di comportamento, per gestire ilcambiamento in generale e per sviluppare la leader-ship esercitata o potenziale. Tuttavia negli anni si èverificata un’evoluzione che ha portato lo sviluppodella leadership ad essere il tema di gran lunga pre-valente a scapito dei problemi specifici: in sostanza ilcoaching è diventato uno strumento di costruzione esviluppo in quanto, in primo luogo, aiuta gli executivesa riflettere ed a raggiungere una maggiore consape-volezza di sé e delle proprie decisioni.Questo consente senz’altro di individuare delle aereedi sviluppo altrimenti difficilmente evidenziate da chicirconda il manager che quindi può anche identificare

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i comportamenti critici per avviare un cambiamentopositivo in sé e quindi anche nelle organizzazioni ge-stite.

Valore e credibilità dell’executive coachingManagers ed imprese hanno sempre più apprezzatonel tempo il valore e la credibilità dell’executive coa-ching superando anche con l’esperienza diretta lapossibile confusione con counseling, life coaching,consulenza e formazione.Lo stretto legame con i risultati di business ha decre-tato una crescente consapevolezza che si è tradottanel superamento di ogni scetticismo.

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Le percezioni negative sono praticamente scomparse.È interessante notare che nella ricerca riportata chie-

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dendo ai vari manager di valutare anche la credibilitàdei settori industriali di appartenenza si sono ottenutirisultati in linea con le valutazioni esterne, è pertantopossibile concludere che anche le valutazioni ottenutesulla credibilità del coaching siano assolutamente at-tendibili.

Perché un leader si rivolge ad un coachUna ricerca condotta da ICF italia su 320 leader ap-partenenti alle categorie dei manager, imprenditori eliberi professionisti ha evidenziato che la situazione

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specifica del nostro paese è sostanzialmente in lineacon quella rilevata internazionalmente dalla ricerca diSherpa Coaching.

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Chi è un executive coachEsistono una molteplicità di esperienze e di approcciche determinano una varietà di professionalità diverse.È doveroso quindi chiedersi chi sia un executive co-ach, quali debbano essere le sue competenze chiave,quali esperienze debba aver fatto, attraverso qualepercorso formativo abbia costruito la propria profes-sionalità. Naturalmente esporrò il mio punto di vistache non esclude la validità di professionisti con undifferente profilo.

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Un primo requisito è senz’altro l’aver vissuto la vitaaziendale, in diverse aziende ed in diverse funzioni.Non perché debba essere un esperto, difficile esserloin tutti i settori ed in tutte le funzioni, ma perché deveessere in grado di capire rapidamente il contesto e di

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fare le domande di business che aiutino il cliente ascoprire nuovi punti di vista ed a sviluppare riflessioniinedite. Un secondo requisito è la competenza organizzativanella accezione più ampia del termine, quella che vadalla progettazione di strutture, modelli e ruoli a inter-venti sui processi, dalla cultura aziendale ai sistemi digestione e valutazione. Ogni persona è in una strut-tura, deve coprire un ruolo e interagire con altri. Lagran parte dei processi di cambiamento degli individuiè legato a questi fattori da cui non è possibile pre-scindere.Infine vi sono le competenze di coaching che deri-vano da programmi formativi specifici che includonoaspetti pratici, supervisione di coach esperti e precisiriferimenti etici e di trasparenza. Va detto che le cre-denziali che molte associazioni forniscono non devonoessere una mera etichetta tra le tante ma una formadi trasparenza e di garanzia di qualità e professionalità.Da questo punto di vista ICF ( International CoachFederation) rappresenta senz’altro una esperienzaavanzata sia dal punto di vista della diffusione chedei requisiti richiesti agli associati per il rilascio dellecredenziali. Parte integrante delle competenze di coa-ching sono gli aspetti etici, in particolare per quantoriguarda il comportamento professionale e la confi-denzialità, si veda, a questo proposito, il codice dicondotta ICF sul sito www.icf-italia.org.

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Enrico Perversi è il fondatore di EsP+ società di con-sulenza e coaching con sede a Milano dal 2003.

Ha oltre 25 anni di esperienza in societàindustriali e di servizi: il suo percorsoprofessionale inizia nelle funzioni di Or-ganizzazione di primarie società multi-nazionali, dove consolida una profondaconoscenza di tecniche e metodologieche gli consentono importanti espe-rienze di change management. Gli incarichi successivi, con crescentiresponsabilità di business, gli permet-tono di concretizzare significative espe-rienze di sviluppo di reti commerciali,pianificazione di business, sviluppo elancio di prodotti/sistemi, innovazione diprodotto e processo, fino ad assumere

la carica di Amministratore Delegato della filiale italianadi un gruppo multinazionale USA.In qualità di Ceo ha gestito lo start-up di una societàpubblica dedicata alla corporate governance ed alcontrollo strategico del gruppo di società municipaliz-zate di una delle maggiori città italiane.Enrico Perversi è laureato in ingegneria presso il Po-litecnico di MIlano, ha conseguito un MBA all’Univer-sità Bocconi, è un business ed executive coach certi-ficato ICF, è membro di una Comunità di Pratica diCoaching (www.cpcoaching.it).Parla fluentemente inglese e spagnolo.Sposato, 3 figli, vive a Milano e Zurich.

nota sull’autore

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nota sull’autore

AREE DI INTERVENTO:

Corporate CoachingDestinato alle aziende grandi e piccole che desideranoaffrontare i temi di sviluppo della performance, delcambiamento organizzativo, della leadership, e deiteam di lavoro. • Executive coaching: interventi individuali destinati

ai massimi livelli della organizzazione • Team coaching: interventi per aiutare un team a

migliorare le prestazioni ed i processi tramite i qualile prestazioni vengono realizzate

• Business coaching: interventi a supporto di start-up, di passaggi generazionali, di riposizionamentosul mercato, di cambi di strategia

Consulenza Direzionale e OrganizzativaTutti gli interventi sono personalizzati sulle specificheesigenze del cliente su tematiche quali gestione delcambiamento per rifocalizzazione di funzioni o areeaziendali, project e program management, analisi eriprogettazione di strutture e ruoli, re-ingegnerizza-zione di processi e lean thinking. Particolarmente significativo è ChangeLAB, interventomodulare e personalizzabile per il miglioramento con-tinuo con il coinvolgimento delle persone.

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FormazioneGli interventi formativi sono realizzati su specifichedel clienti e spesso sono erogati a supporto di progettiintegrati di gestione del cambiamento.

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