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PER UN SPDC DI “QUALITÀ”:

L’ESPERIENZA DI GROSSETO

G. Corlito, G. Cardamone, E. Facchi

Arezzo, 16.10.08

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“Dal momento che l’organizzazione è collocata, in ultima analisi, nelle teste

dei suoi membri, ogni cambiamento organizzativo,

per essere efficace, deve prevedere anche adeguati

cambiamenti culturali”

Gareth Morgan, Images of Organization, 1986

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Cultura e organizzazione

• Morgan, nel suo libro Images, Le metafore dell’organizzazione, definisce la cultura “una traslazione metaforica del concetto di coltivazione, del processo di cura e di sviluppo del terreno. Quando si parla di cultura, ci si riferisce al modello di sviluppo rispecchiato nel sistema di conoscenze di una società, nella sua ideologia, nei suoi valori, nel suo diritto, nei suoi riti quotidiani”

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La cultura organizzativa• Quindi, quando usiamo il termine “cultura

organizzativa”, utilizziamo una metafora complessa e continuata (in senso retorico un’allegoria), che ci permette di pensare ai gruppi organizzati (anche i nostri servizi) non come a “macchine”, ma come “organismi viventi” tipicamente umani e sociali, che nascono e si sviluppano, con un sistema di valori propri, storicamente determinato e condiviso, che si adatta e modifica l’ambiente in cui si trova.

• In altri termini essi sono ecosistemi aperti al mondo esterno (=società) con proprie risorse e proprie dinamiche di sviluppo.

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L’SPDC DEL P.O. MISERICORDIA DI

GROSSETO• Viene presentata l’esperienza concreta

sviluppatasi negli ultimi 10 anni presso il Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura dell’Ospedale Misericordia di Grosseto, che fa parte della Unità Funzionale Salute Mentale Adulti della zona distretto 4 (Area Grossetana), servizio che rappresenta sia per popolazione servita, che per numero di utenti e per numero di operatori addetti oltre la metà dell’intera Area Dipartimentale della Salute Mentale dell’ASL 9 di Grosseto.

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L’ASL 9 DI GROSSETOL’UFSMA del Distretto 4:

120.000 ab. serviti dall’SPDC (Distretto 3 + Distretto 4) su 220.000 ab. totali della ASL

2.300 utenti/anno prevalenza trattata su 5.500 utenti/anno DSM

indice di proiezione territoriale: 17.9 (138/2466 nel 2007)

degenza media ca. 8 gg

72 operatori addetti all’ UFSMA del Distretto 4 su 125 operatori totali del DSM

SPDC 4 pl

SPDC 6 pl

SPDC 4 pl

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LA STRUTTURAZIONE DELL’SPDC• Tale SPDC è un piccolo reparto “autonomo” (6 pl

a ciclo completo e 4 a ciclo diurno, uno di questi può funzionare come “Night hospital”), radicalmente rinnovato negli spazi e negli arredi nel 2000.

• Esso è dotato di un organico di 13 infermieri: 11 che garantiscono la copertura dell’assistenza sulle 24 ore, e 2 con turno mattutino, che garantiscono la gestione dei letti a ciclo diurno e il coordinamento del lavoro infermieristico + 1 OSS per il progetto “porta aperta”.

• Vi è un servizio di guardia medica psichiatrica a ciclo continuo, garantita da tutti i medici delle due aree servite (Area Grossetana e Amiata).

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I PRINCIPI BASESono quelli del “modello toscano”, della

salute mentale di comunità ed anche dell’organizzazione per intensità di cure:

la presa in carico multidisciplinare la continuità terapeutica ospedale-

territorio da parte della stessa equipe multidisciplinare con case manager individuato

Principi declinati insieme agli antichi principi del no restraint e dell’open door.

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IL MODELLO TOSCANO: LA RETE

Continuità terapeutica (rete dei presidi)

Gru

pp

o d

i la

voro

m

ult

ipro

fessio

nale

SP

DC

C T

S R

C D

AP

P.

AS

.

C S

MCOMUNITÀ

Op. sanitari

Op. sociali

EQUIPE

RETE SOC. INFORMALE

RETE SOC. FORMALE

PROGETTO

INDIVIDUALIZZATO

Modificata da Sirianni, 3.5.2005

CI VUOLE UN GRUPPO IN OGNI STRUTTURA

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UNA STORIA ANTICA

• Le caratteristiche principali del “trattamento morale” (XVIII sec.) sono ancora attuali:

1. Il “no restraint” (il rifiuto della contenzione fisica)

2. L’”open door” (il regime delle porte aperte: è il tema di una recente giornata mondiale della salute mentale)

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UNA DIFFERENZA• Il trattamento morale muoveva dalla

sensibilità umanitaria di un gruppo di tecnici “rivoluzionari”

• Dopo la lotta contro il lager a cominciare dal II conflitto mondiale e il processo mondiale di demanicomializzazione i principi del “no restraint” e dell’ “open door” dovrebbero essere una norma socialmente accettata

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COME CI SIAMO MOSSI • Avevamo in mente l’esempio di Pinel che mentre

scioglieva dalle catene “il capitano furioso”, cercava di persuaderlo ad un comportamento accettabile facendo leva sul suo senso dell’onore

• Abbiamo usato il buon senso, la persuasione, la negoziazione, la non violenza e le “pratiche di pace”

• Non sapevano che erano il fondamento delle tecniche di “descalalation”, non le abbiamo protocollate e le abbiamo affidate alla “tradizione orale” (questo è un limite); nel 2007 abbiamo organizzato un seminario con i colleghi dell’SPDC di Mantova

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CULTURA VS IDEOLOGIA

• Tali principi a Grosseto non sono stati perseguiti “ideologicamente”, cioè imposti come “giusti” dall’alto, ma conquistati attraverso il lavoro pratico teso a sviluppare sul campo una cultura di servizio condivisa.

• La cultura condivisa è considerata il “collante” tra tutte le componenti del servizio, che si costruisce nella pratica non solo con la formazione

• Sono stati utilizzati i sistemi accreditati di miglioramento della qualità

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AZZERAMENTO DELLA CONTENZIONE FISICA

• La contenzione fisica, ancora presente nel 1996 – all’epoca del cambiamento della direzione del servizio e dell’avvio di “una ricostruzione maggiore dell’equipe in senso prospettico” secondo Thornicroft e Tansella (2000) – è stata progressivamente “azzerata” (l’ultimo episodio risale a 6 anni fa e nei precedenti 4 anni gli episodi si riducono a 3 in tutto)

• Lo strumento principale è stato l’uso sistematico della tecnica dell’audit per il miglioramento continuo della qualità, considerando la contenzione come un evento “sentinella” (annotato sull’apposito registro) al pari della fuga, dell’atto autolesivo, dell’agito aggressivo ed altro.

• Nell’ultimo anno sono stati annotati 2 soli eventi sentinella (un atto di aggressività; la mancata comunicazione di una variazione di un turno)

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APERTURA DELLA PORTA• Il processo di apertura della porta è giunto a

compimento da circa 2 anni, nonostante una sentenza di assoluzione della magistratura locale, che, però, definisce indirettamente la “porta chiusa” come necessaria in caso di TSO.

• Stiamo programmando un tentativo di condividere l’open door con tutto il contesto sociale e sanitario coinvolto.

• Riteniamo il raggiungimento di tale obbiettivo come il completamento del processo di costituzione di un SPDC “di qualità” avviato nel 1996.

• Nel 2008 è stato attivato “un registro di monitoraggio della porta aperta”: l’apertura raggiunge il 76% dei giorni complessivi.

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IL “MANICOMIALISMO”• Vengono presentati di seguito i dati

epidemiologici, che attestano il costante perseguimento di tali obbiettivi, i quali non possono essere dati mai per scontati.

• Il “manicomialismo” ha una propria dinamica culturale, antropologica e sociale nel gruppo umano per cui esso tende a riprodursi spontaneamente secondo la dinamica inclusione/esclusione.

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TASSO DI RICOVERO A 1000 AB. NELL’ASL 9

0

0,5

1

1,5

2

2,5

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007

z.1 C. M etallifere

z.2 C. Albegna

z.3 Amiata Gr.

z. 4 Grossetana

DSM ASL 9

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TASSO DI TSO / RICOVERI IN SPDC ASL 9

0.00

2.24

4.48

7.12

9.36

12.00

14.24

16.48

19.12

21.36

REGIONE ASL 9 1. MASSA 2.ORBETELLO

3. AMIATA 4. GROSSETO

tso/ spdc 2004tso/ spdc 2005tso/ spdc 2006tso/ spdc 2007

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PER UN REPARTO “A DIMENSIONE D’UOMO”

• È necessario personale in quantità sufficiente• Sono necessari spazi adeguati• Occorrono possibilità certe di avere supporto

da tutto il servizio (dentro e fuori dell’ospedale)

• È necessaria una cultura di servizio condivisa da estendere a tutta la comunità

• Personale formato adeguatamente• Un gruppo di lavoro affiatato• L’organizzazione degli utenti in gruppo

durante il ricovero• L’alleanza con le famiglie• L’apertura del reparto alle realtà organizzate

del territorio

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IL LAVORO DI GRUPPO• Era inevitabile incontrarsi con l’introduzione

del gruppo degli operatori e con quello dei ricoverati.

• Dopo alcune esperienze autogestite localmente, nel 2004 abbiamo fatto nostra la proposta di Piero Morosini di introdurre in SPDC i gruppi ad impostazione cognitivo-comportamentali in base al manualetto “L’intervento cognitivo-comportamentale di gruppo nel Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura” (Autori: Vendittelli,Veltro, Oricchio, Bazzoni, Rosicarelli, Polidori, Morosini; Centro Scientifico Editore, Torino, 2003),

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UN’APPLICAZIONE LOCALE

• Abbiamo modificato il metodo proposto da Morosini et al. in base ai seguenti presupposti:

promozione del gruppo degli infermieri come conduttore dei gruppi,

snellimento dell’intervento, introduzione di un’ottica sistemico relazionale

con intervento al contesto (famiglia, realtà esterna al reparto);

formazione sul campo (seminari, gruppi di lettura autogestiti, visita ad altre esperienze).

Attualmente questa esperienza è in fase di ripensamento

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I risultati sono nettamente positivi; tutte le medie > 3, con l’unica eccezione dell’item 6 del “Morosini” (20 nel grafico), che chiede al paziente se sia stato sufficientemente informato sui vantaggi e sugli effetti collaterali dei farmaci che gli vengono somministrati e che prosegue ad avere una media di punteggio ai limiti della insufficienza

3,6 3,53,5

3,73,6

3,4

3,6

3,2

3,0

3,7 3,7

3,1

3,0

2,5

3,2

3,6

1,0

2,0

3,0

4,0

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22

Medie delle risposte: Settembre 2004 – gennaio 05

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SPDC “PERMANENTI” E “TEMPORANEI”

• Essi devono far parte della stessa rete dei servizi di salute mentale e devono avere entrambi “regole certe” e “parametri certi” di personale anche in tempi di “vacche magre”

• La soglia è posta a 60.000 abitanti• Quelli “temporanei” nei distretti più piccoli permettono di

evitare la creazione di reparti “concentrazionari” e possono fare un lavoro “dentro-fuori l’ospedale” se stanno chiusi almeno 180 gg l’anno, quindi con grosso “filtro” territoriale

• La Regione deve aiutarci asciogliere due altri nodi: l’uso di personale delle Coop in ospedale e l’incentivazione degli infermieri che fanno il dentro fuori l’ospedale

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IN CONCLUSIONE• Il PSR 2008-10 prevede l’obbiettivo di “evitare la

contenzione fisica” e della “porta aperta”• Se vogliamo raggiungere realmente questi obbiettivi è

necessario:1. Sciogliere il nodo della struttura degli SPDC zonali e

provinciali (anticipato nella delibera GR 596/2004): uscire dallo “sperimentalismo” e avviare l’accreditamento

2. Stabilire i parametri di dotazione del personale dedicato3. Emettere linee guida chiare sulla gestione dei

comportamenti aggressivi e sulle tecniche di descalation, condivise nell’ambito del lavoro di governo clinico, con specifici momenti formativi

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Grazie per l’attenzione!