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59 SCIENZE E RICERCHE • N. 31 • 15 GIUGNO 2016 | SCIENZE DELLA TERRA percepito e non per questo è meno importante e vero. La ge- ografia assume quindi una valenza etica, di ripensamento e progettazione delle attività umane in quanto interagenti con l’ambiente. La laboratorialità inoltre ben si adatta alla scuola dell’au- tonomia, per cui ogni insegnante può scegliere un fenomeno significativo per il territorio e proporlo alla classe o corso come oggetto di studio geografico. Nell’ottica di quanto detto si propone un’Unità di Appren- dimento che si occupa del paesaggio e prende in considera- zione tutte le caratteristiche del fiume, cercando di far scopri- re agli studenti la complessità di un sistema fluviale del Ve- neto attraverso lo studio di ogni suo aspetto, dalla morfologia all’ecosistema, dai caratteri storici a quelli ambientali. L’U- dA si inserisce, dunque, nell’ottica di una nuova dimensione didattica della Geografia che, oltre ad avere come oggetto il paesaggio, mira a recuperare la dimensione del locale. 1. L’INSEGNANTE DI GEOGRAFIA La confusione in merito all’epistemologia concorre al de- prezzamento di cui la geografia è fatta oggetto all’interno della scuola, con docenti spesso non geografi ma “prestati” all’insegnamento della geografia. Se l’obiettivo del processo d’insegnamento, dunque, è il successo formativo dell’indivi- duo, del quale l’apprendimento disciplinare costituisce una componente, ma non la totalità, è lecita una riflessione anche sull’impostazione didattica della Geografia, alla luce del ri- lievo attribuito allo sviluppo delle competenze definite dalla normativa ministeriale ed europea. Troppo di frequente l’ap- proccio alla disciplina da parte dei docenti, in tutte le classi della Scuola secondaria di primo e secondo grado, si assesta in una mera trasmissione di contenuti che l’alunno avrebbe il dovere di assimilare secondo modalità totalmente mnemo- niche e astratte, che non rendono giustizia alla concretezza degli argomenti e all’importanza dei nodi disciplinari affron- tati. Spesso, inoltre, laddove sia necessario ricorrere a sup- Per un esempio di laboratorialità di geografia sullo sfruttamento idrico: la didattica dei fiumi in Veneto EMANUELE POLI INTRODUZIONE C hiunque si trovi a dover insegnare geografia si trova ad avere a che fare con lo statuto ibrido della disciplina stessa e con la sua sottovalutazione all’interno dei programmi scolastici. Gli stessi docenti di lettere molto spesso non sanno quale approccio adottare per insegnare la geografia, se privilegiare la geografia umana (quindi un ap- proccio “letterario”) o quella spaziale (quindi un approccio più scientifico, riservato solitamente ai docenti di scienze al triennio dei licei). Spesso l’approccio adottato è rigidamente mnemonico e classificatorio, concorrendo a disamorare gli studenti alla disciplina e svincolando la medesima dalla real- tà. Della geografia bisognerebbe invece salvare la comples- sità che la rende una sorta di ponte tra le scienze della natura e le scienze sociali, come vorrebbe il paradigma della Teoria del Sistema Generale. Una visione olistica della geografia ri- sponderebbe bene agli intenti manifestati dall’Unesco, che vorrebbe che essa fosse lo strumento per aiutare i ragazzi nella comprensione del mondo, guardando al futuro e alle scelte che verremo chiamati a fare. Per poter realizzare que- sto disegno, è necessario uscire da una concezione cartesiana della scienza, di razionalismo senza ragione, per arrivare in- vece a una dimensione critica tipica del postmoderno, in cui la geografia sia disciplina complessa e ibrida, da imparare sul campo, direttamente applicata a realtà che i ragazzi cono- scono bene e che vengono da loro analizzate nei vari aspetti, prospettando nuove possibilità di gestione del territorio e del suo sviluppo. Le lezioni laboratorio sono fondamentali per imparare a conoscer la geografia come disciplina di interpre- tazione dei fenomeni nella loro complessità e interrelazio- ne (di qui la considerazione da studiarsi in modo sistemico come realtà aperta e non in modo statico, come vorrebbe la meccanica razionale), interagenti non solo tra loro ma an- che col mondo esterno e suscettibili di una lettura soggettiva per cui il fenomeno non esiste di per sé ma esiste in quanto

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percepito e non per questo è meno importante e vero. La ge-ografia assume quindi una valenza etica, di ripensamento e progettazione delle attività umane in quanto interagenti con l’ambiente.

La laboratorialità inoltre ben si adatta alla scuola dell’au-tonomia, per cui ogni insegnante può scegliere un fenomeno significativo per il territorio e proporlo alla classe o corso come oggetto di studio geografico.

Nell’ottica di quanto detto si propone un’Unità di Appren-dimento che si occupa del paesaggio e prende in considera-zione tutte le caratteristiche del fiume, cercando di far scopri-re agli studenti la complessità di un sistema fluviale del Ve-neto attraverso lo studio di ogni suo aspetto, dalla morfologia all’ecosistema, dai caratteri storici a quelli ambientali. L’U-dA si inserisce, dunque, nell’ottica di una nuova dimensione didattica della Geografia che, oltre ad avere come oggetto il paesaggio, mira a recuperare la dimensione del locale.

1. L’INSEGNANTE DI GEOGRAFIA

La confusione in merito all’epistemologia concorre al de-prezzamento di cui la geografia è fatta oggetto all’interno della scuola, con docenti spesso non geografi ma “prestati” all’insegnamento della geografia. Se l’obiettivo del processo d’insegnamento, dunque, è il successo formativo dell’indivi-duo, del quale l’apprendimento disciplinare costituisce una componente, ma non la totalità, è lecita una riflessione anche sull’impostazione didattica della Geografia, alla luce del ri-lievo attribuito allo sviluppo delle competenze definite dalla normativa ministeriale ed europea. Troppo di frequente l’ap-proccio alla disciplina da parte dei docenti, in tutte le classi della Scuola secondaria di primo e secondo grado, si assesta in una mera trasmissione di contenuti che l’alunno avrebbe il dovere di assimilare secondo modalità totalmente mnemo-niche e astratte, che non rendono giustizia alla concretezza degli argomenti e all’importanza dei nodi disciplinari affron-tati. Spesso, inoltre, laddove sia necessario ricorrere a sup-

Per un esempio di laboratorialità di geografia sullo sfruttamento idrico: la didattica dei fiumi in Veneto EMANUELE POLI

INTRODUZIONE

Chiunque si trovi a dover insegnare geografia si trova ad avere a che fare con lo statuto ibrido della disciplina stessa e con la sua sottovalutazione all’interno dei programmi scolastici. Gli stessi docenti di lettere molto

spesso non sanno quale approccio adottare per insegnare la geografia, se privilegiare la geografia umana (quindi un ap-proccio “letterario”) o quella spaziale (quindi un approccio più scientifico, riservato solitamente ai docenti di scienze al triennio dei licei). Spesso l’approccio adottato è rigidamente mnemonico e classificatorio, concorrendo a disamorare gli studenti alla disciplina e svincolando la medesima dalla real-tà. Della geografia bisognerebbe invece salvare la comples-sità che la rende una sorta di ponte tra le scienze della natura e le scienze sociali, come vorrebbe il paradigma della Teoria del Sistema Generale. Una visione olistica della geografia ri-sponderebbe bene agli intenti manifestati dall’Unesco, che vorrebbe che essa fosse lo strumento per aiutare i ragazzi nella comprensione del mondo, guardando al futuro e alle scelte che verremo chiamati a fare. Per poter realizzare que-sto disegno, è necessario uscire da una concezione cartesiana della scienza, di razionalismo senza ragione, per arrivare in-vece a una dimensione critica tipica del postmoderno, in cui la geografia sia disciplina complessa e ibrida, da imparare sul campo, direttamente applicata a realtà che i ragazzi cono-scono bene e che vengono da loro analizzate nei vari aspetti, prospettando nuove possibilità di gestione del territorio e del suo sviluppo. Le lezioni laboratorio sono fondamentali per imparare a conoscer la geografia come disciplina di interpre-tazione dei fenomeni nella loro complessità e interrelazio-ne (di qui la considerazione da studiarsi in modo sistemico come realtà aperta e non in modo statico, come vorrebbe la meccanica razionale), interagenti non solo tra loro ma an-che col mondo esterno e suscettibili di una lettura soggettiva per cui il fenomeno non esiste di per sé ma esiste in quanto

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ti di decodifica della complessità ambientale e culturale, è possibile lavorare sulla formazione dell’individuo e trasfor-mare gli oggetti di conoscenza in mezzi di competenza.

2. LA SCELTA DISCIPLINARE E DEL NODO E LE TECNICHE

ADOTTATE

Dalla mia esperienza didattica (scolastica e accademica), ho potuto constatare i punti di forza ma anche di debolezza propri di una didattica frontale di stampo espositivo-interro-gativo. Pertanto ho deciso di costruire una Unità di Appren-dimento su un argomento molto attuale in Veneto, come lo sfruttamento delle acque dei principali fiumi della regione negli ultimi anni e i conseguenti importanti scompensi am-bientali che ciò ha determinato. Tale argomento viene pro-posto ad una classe del biennio di indirizzo tecnico. L’ap-profondimento di una tematica legata alla Geografia, che da qualche anno sta perdendo il proprio status di disciplina autonoma, dopo che nei percorsi di studio liceali è stata ac-corpata alla storia, generando la Geostoria. L’ago della bi-lancia che mi ha spinto a scegliere quest’attività è la forte duttilità della disciplina, che permette a livello didattico la realizzazione di attività a carattere laboratoriale che favori-scano l’apprendimento anche tramite la collaborazione. Oltre alla didattica frontale di stampo espositivo-interrogativo, si ricorrere anche alla tecnica del brainstorming per recuperare le conoscenze degli alunni su un argomento che ha interessa-to particolarmente la regione Veneto negli ultimi anni e che gli alunni dovrebbero possedere delle conoscenze minime.

All’interno dell’Unità, inoltre, ci saranno attività laborato-riali, come la tecnica del cooperative learning, in particolare la modalità jigsaw. Gli studenti saranno chiamati a realiz-zare delle carte tematiche e ogni gruppo dovrà concentrarsi su un fiume in particolare, tra i principali che percorrono il Veneto e per ogni fiume ciascun alunno dovrà focalizzarsi su una componente, territoriale o economica (chi si concentre-rà sull’incidenza agricola, chi sull’industria, chi sugli aspetti tecnici: foce, portata, caratteristiche fisiche, chi sulla “sto-ria”: esondazioni, antichi percorsi commerciali, etc.). Tale attività permetterà di osservare la componente cooperativa in situazione, non solo all’interno di ogni singolo gruppo, ma anche tra i componenti ciascun gruppo aventi il medesi-mo oggetto di indagine. Ogni studente diventerà quindi l’e-sperto del gruppo di un determinato argomento, che dovrà analizzare per poi identificare quindi i temi più importanti da far confluire nella carta. Oltre a questa componente sarà considerato anche il manifestarsi della componente compe-titiva tra i vari gruppi di lavoro. L’insegnante provvederà a fornire agli alunni un’adeguata documentazione (fotocopie di approfondimento, cartine, diagrammi e schemi) oltre ai libri di testo in dotazione, inoltre proporrà come strumento base per la realizzazione della cartina il software National Geographic Mapmaker Interactive.

L’Unità proporrà anche un’attività di action learning, consistente nella realizzazione individuale di questionari da sottoporre, secondo il metodo dell’intervista, ad alcuni sog-

plenti di Lettere, la Geografia è una tra le materie penalizzate. Neppure l’esiguo monte ore a essa riservato dalle istituzioni scolastiche ne valorizza lo statuto epistemologico, trattando in modo riduttivo la potenza diffusa con cui tale sapere per-vade la quotidianità dei cittadini, dall’approccio all’ambiente sino all’impiego dei nuovi mezzi tecnologici di localizzazio-ne. Gli insegnanti stessi non ripongono fiducia nelle risorse di tale conoscenza: tra le discipline appannaggio del docente di Lettere, infatti, la Geografia è spesso scelta come vittima sacrificale qualora sia necessario recuperare qualche momen-to in eccedenza da destinare alla Storia e all’Italiano. Quanto affermato trova una ricaduta anche nella scelta dei manuali: non si varia il testo in uso da anni, privilegiando però il ri-cambio delle antologie o dei libri di Storia, ma non ritenendo opportuno operare nuove adozioni con la medesima frequen-za per la disciplina oggetto di studio.

Una riqualificazione della Geografia tra i banchi di scuo-la sarebbe, invece, doverosa proprio in virtù della sua tipica connotazione interdisciplinare.

Così, come nella società si dovrebbe rivalutare il ruolo del geografo in qualità di figura cardine in grado di rapportarsi con gli Enti incaricati di garantire la cura del territorio a fron-te degli innumerevoli problemi che lo affliggono e di sen-sibilizzare la cittadinanza (Candura, Poli, 2012), allo stesso modo l’insegnante di Geografia deve farsi carico della for-mazione dei propri alunni in tal senso, partendo dallo studio di un fenomeno geografico e procedendo con l’analisi delle sue cause e delle diseconomie che da questo stesso fenome-no hanno origine. L’indagine deve, infine, pervenire all’in-dividuazione dei possibili interventi risolutivi attuabili (Poli, 2012). Per agevolare tale metodo il docente deve avvalersi della strumentazione tradizionale e innovativa propria della disciplina, il cui impiego costituisce per il discente bagaglio di conoscenze e abilità imprescindibili per la completa ac-quisizione delle competenze auspicate dalla normativa. Solo in questa prospettiva è, quindi, possibile dotare di senso i tradizionali contenuti e renderli effettivamente assimilabili e investibili.

L’evidenza posta al soggetto che apprende dalle Indicazio-ni nazionali, inoltre, impone di avvicinare le criticità rilevate a livello globale alla realtà e alla quotidianità degli alunni, permettendo l’effettiva comprensione e la generazione di soluzioni a partire dall’esperienza. Affinché tale proposito sia perseguito, è necessario aprire un dibattito costante tra la disciplina-insegnamento e la disciplina-ricerca, per garanti-re, da un lato, la formazione e l’aggiornamento professionale del personale docente, dall’altro l’erogazione di una didattica che, al passo con i tempi, si manifesti come attuale e conte-stualizzata, nonché utile a fini scientifici e antropologici, in grado, cioè, di considerare i «problemi dell’uomo come parte di un sistema antropofisico che non può e non deve essere degradato; una disciplina che si occupa della qualità della vita e che analizza il paesaggio come sistema (Poli, Bernardi, 2015).

Seguendo tali presupposti, rendendo concreti i saperi vei-colati dalla Geografia, dotandoli di senso, in quanto strumen-

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te di Scienze verranno analizzati e schedati in laboratorio i campioni di acqua prelevati e ciascun alunno dovrà realiz-zare una relazione sui dati emersi, con particolare attenzio-ne alle sostanze nocive per l’ecosistema e alla loro quantità rilevata. Con l’insegnante di Italiano, invece, si realizzerà in classe uno schema alla lavagna con le risposte ricavate dall’intervista e la loro ricorrenza. I discenti, quindi, saranno chiamati a realizzare una riflessione, sotto forma di articolo di giornale, sui dati raccolti.

All’interno dell’Unità di apprendimento, inoltre, è stata introdotta un’attività di service learning finalizzata a sensi-bilizzare gli studenti sul tema dell’inquinamento, che, è sem-pre più oggetto di polemiche e discussioni. Ciò aiuterà non solo a mettere in risalto le problematiche sociali, ma anche a sviluppare negli alunni le competenze metodologiche e me-tacognitive.

2.1 National Geographic Mapmaker Interactive: geografi per un giorno

Uno strumento rivelatosi essenziale per l’attività di realiz-zazione in jigsaw della carta tematica sui fiumi è il software National Geographic Mapmaker Interactive, un servizio gra-tuito che permette di creare mappe tematiche personalizzate e condividerle in rete in maniera interattiva.

L’utilizzo di questo strumento si immagina presentato alla classe in un momento precedente l’inizio dell’Unità di Ap-prendimento e ripreso in fase preparatoria al vero e proprio momento agentivo del lavoro di gruppo. L’utilizzo di un simile strumento è facilitato poiché ogni classe è dotata di LIM, inoltre gli alunni, hanno tutti a disposizione strumenti

getti che vivono in prima persona il fiume come elemento fondamentale per la sussistenza economica di queste aree. L’attività si fonda sul principio per cui il vero apprendimen-to avviene attraverso l’azione reale. Questa tecnica ha come fine quello di favorire negli alunni la capacità di elaborare interrogativi nuovi di fronte ad esperienze nuove. L’attività è pensata per essere svolta in tre momenti, corrispondenti alle tre fasi dell’”apprendimento attivo”, pensiero, azione, rifles-sione.

La prima parte (realizzazione questionari) è prevista prima della visita didattica, in un momento in cui gli alunni possie-dono esclusivamente le conoscenze fornite dalla spiegazione dell’insegnante. Il lavoro attiva la componente “pensiero” dell’attività. Una volta realizzati, i questionari vengono con-frontati tra loro dagli alunni con la supervisione del docen-te per scegliere le domande più pertinenti da rivolgere agli intervistati, attivando nella classe il processo autovalutativo.

La parte centrale, la vera e propria action, si svolge presso località “Spazzolara” di Castelbaldo. Essa consiste nel sot-toporre i questionari realizzati in classe ad alcuni abitanti della zona visitata (agricoltori, piccole imprese), la cui at-tività risulta fortemente intrecciata con il fiume e dalla cui tutela dipende la sopravvivenza stessa del tessuto economico dell’area. Un’altra attività di action learning pensata per la classe sarà svolta assieme alla docente di Scienze e consi-sterà nel prelievo di piccoli campioni di acqua sia dal fiume Adige, sia dal Fratta-Gorzone, che scorrono particolarmente vicini nella zona.

La parte conclusiva del lavoro corrisponde alla fase della riflessione e si traduce in due distinte attività: con l’insegnan-

La foce dell’Adige

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materia nell’alunno. La fase conclusiva del lavoro prevede una fase di presentazione dei lavori e una fase di confronto e discussione sui dati emersi.

Nel complesso, la facilità d’uso del software legato alla possibilità di personalizzare il lavoro sono elementi chiave per il buon esito della consegna. Gli studenti sono messi nelle condizioni di esperire l’attività del geografo in prima persona, affrontando le riflessioni e i quesiti propri di un ad-detto ai lavori. Sarà compito del docente evitare che l’attività venga interpretata dalla classe come momento ludico, sotto-lineandone le competenze attese e il fine valutativo.

3. IL FIUME A CARATTERI GENERALI

Passando ad esaminare i contenuti della materia, ritengo sia fondamentale riprendere con la classe gli aspetti essen-ziali relativi al fiume come elemento fisico, recuperando co-noscenze che la classe ha assimilato nella scuola secondaria di primo grado. L’obiettivo è fornire un quadro generale del-la terminologia appropriata legata al “fiume” così da poter affrontare con padronanza i passi successivi dell’UdA. In questa fase come strumenti guida utilizzo il testo adottato (Contesti di geostoria, ed. De Agostini) e altri testi più tecnici di appoggio per esemplificare eventuali dubbi a cui il libro di testo non dà una risposta esaustiva.

Si evidenzierà come il fiume sia un corso d’acqua perenne, ossia che non va mai in secca, il cui luogo di nascita è la sor-

elettronici (es. tablet) con connessione wi-fi. La classe viene divisa in quattro gruppi e a ciascun gruppo

è assegnato un fiume come oggetto di indagine. La modali-tà cooperativa jigsaw prevede che per ogni gruppo ciascun alunno diventi “esperto” della materia affidatagli, sulla quale deve documentarsi interagendo con gli omologhi degli altri gruppi. La prima fase del lavoro prevede la ricerca di ma-teriale e documentazione appropriata in maniera individuale (chi si concentra sull’industria del territorio percorso da un fiume, chi sulle attività agricole, etc.).

Una volta ricavate le informazioni principali ha inizio la seconda fase del lavoro, ossia la realizzazione in gruppo della mappa tematica relativa al fiume studiato. Ci si avva-le in questa fase dello strumento Mapmaker Interactive. Il software permette di creare una mappa ex novo avvalendosi di strumenti: l’aggiunta di icone (una simbologia varia per indicare, per esempio, l’industria chimica, le diverse colture praticate, le precipitazioni, etc.), la possibilità di disegnare manualmente sulla mappa, il “metro” per misurare le distan-ze reali tra diversi luoghi, etc. Ciascun componente avrà la possibilità di contribuire al perfezionamento del lavoro evi-denziando la propria competenza socio-relazionale. Sarà og-getto di valutazione (cfr. matrice valutativa) la capacità non solo di interagire ne gruppo, ma anche la capacità di reperire le fonti e di organizzare il lavoro personale e collettivo. Verrà considerata anche la capacità di sperimentare percorsi origi-nali e alternativi che testimonino la piena padronanza della

Una veduta del Piave in Valbelluna

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mata perché il fiume, immettendosi nel proprio corpo idrico, deposita sedimenti che la blanda corrente del mare non ri-esce a rimuovere, determinando la spartizione del fiume in tanti rami. La foce ad estuario, invece, presenta una forma ad imbuto, ed è generata dalla forza impetuosa del mare che rimuove i detriti portati dal fiume e ne allarga sensibilmente le sponde, abbassando anche il letto del fiume.

3.1 Il percorso dei principali fiumi del Veneto: Adige, Fratta-Gorzone, Brenta e Piave

In seguito alla presentazione delle caratteristiche fisi-che generali del fiume inizia la focalizzazione degli aspetti centrali del percorso di apprendimento, con la proposizione alla classe della disamina dei percorsi dei principali fiumi che verranno presi in esame (Adige, Fratta-Gorzone, Piave, Brenta). Questa parte dell’Unità serve alla classe non solo a sviluppare le proprie competenze di lettura di una carta, ma soprattutto accompagna gli alunni nel lavoro di realizzazione di una cartina tematica nella quale saranno chiamati ad asso-ciare al percorso del fiume le principali attività economiche del territorio. Ciò permetterà loro di possedere un’idea più nitida dei principali fattori di inquinamento che affliggono i nostri fiumi. Per il lavoro di reperimento dati e fonti pre-liminare all’attività cooperativo-agentiva vera e propria ri-corro alla modalità “geografia on-line”, un metodo didattico sempre più utilizzato negli ultimi anni: agli alunni verranno indicati siti o fonti web dai quali dovranno reperire informa-zioni critiche sul tema che sono chiamati ad approfondire. Con questa attività il docente potrà valutare le dinamiche di interazione che si creano tra i componenti di ogni gruppo, senza che sia demandato a loro in modo acritico l’utilizzo del web (Bertoncin et alii, 2005). Circa l’Adige, quindi, a lezione sarà importante delineare con precisione i caratteri generali del suo percorso (nasce da una sorgente nei pressi del Lago di Resia – 1586 m di quota -, percorre 409 km prima di sfo-ciare in Adriatico presso Porto Fossone, un porto a sud di Chioggia). Dovranno emergere, invece, dal lavoro coopera-tivo degli studenti i dati relativi allo sfruttamento dell’acqua fluviale. Dovrà essere evidenziato come l’Adige sia uno dei fiumi da cui si attinge più acqua per l’industria idroelettrica. Soprattutto nei mesi estivi dal fiume vengono prelevati circa 40 m³/s di acqua, poi “restituita” nei mesi invernali. Dramma-tico, invece, è il dato per cui l’acqua prelevata per altri scopi: 180 m³/s di cui 168 m³/s solo per irrigare 200.000 ettari di territorio, soprattutto nella provincia di Verona. Quest’acqua generalmente non viene più reimmessa nel fiume, causando gravi scompensi sia alla portata, sia alla diluizione degli in-quinanti nel periodo estivo. Un altro settore economico che incide molto nel mantenimento dell’ecosistema dell’Adige è quello zootecnico, con un prelievo solo nella provincia di Verona di circa 8000 m³/d. Anche per quanto riguarda l’in-dustria si registra un prelievo considerevole dell’acqua del fiume con scarsissimo riciclo: le raffinerie di petrolio pre-levano circa 99.500 m³/anno con una percentuale di riciclo solo del 5%. L’industria chimica preleva circa 55.800 m³/anno e ricicla circa il 40% dell’acqua, sebbene tale riciclo

gente e che durante il proprio corso ad esso si possono unire altri corsi d’acqua, gli affluenti. La foce è il punto in cui il fiume sbocca nel proprio “corpo idrico recettore”, che gene-ralmente per i fiumi del Veneto è costituito dal mar Adriati-co, ma si può trattare anche di un lago o un altro fiume. Si presenteranno alla classe i concetti chiave per lo studio di un fiume: si parlerà del bacino idrografico, ossia di quello spazio delimitato all’interno del quale vengono raccolte le acque del fiume (si sottolineerà, per esempio, come il fiume Adige presenti il secondo bacino idrografico d’Italia dopo il Po, con i suoi 12.000 km²). Interessante sarà evidenziare la differenza con la definizione di portata del fiume, ossia la quantità d’acqua che in un determinato momento attraversa una determinata sezione trasversale di un fiume; essa si può identificare in magra (nei periodi in cui nel fiume scorre poca acqua), morbida (nei periodi umidi con abbondante scorri-mento d’acqua) e piena (quando una quantità eccezionale d’acqua arriva a lambire anche zone normalmente asciutte). Un esempio a riguardo è la portata del fiume Piave: esso as-sume una notevole portata determinata dal confluire di nume-rosi affluenti anche a carattere torrentizio, tuttavia negli ulti-mi tempi tale portata è stata sensibilmente ridimensionata da costanti attività di prelievo idrico, nonché dalla costruzione di bacini idroelettrici artificiali e da opere di canalizzazione agricola.

Ci si soffermerà, quindi, a definire la differenza tra alveo e letto di un fiume. Il primo si identificherà come la parte della sezione trasversale di un fiume occupata dal flusso dell’acqua e pertanto strettamente connessa alla portata del fiume. Il let-to, invece, è il terreno sul quale l’acqua scorre. Se la portata è di piena, l’alveo si dice “alveo di piena” o “letto ordinario” e costituisce il canale di scorrimento del fiume nei periodi di piena ordinaria. Nei periodi di magra, invece, l’acqua scorre in quantità esigua lungo la fascia di maggior profondità del letto del fiume, detta “letto di magra” o canale di scorrimento.

Si presenteranno alla classe le definizioni di argine, valle e pianura alluvionale. Gli argini saranno presentati alla classe mediante proiezione di immagini tratte da libri di testo digi-tali o internet e si identificheranno come due rilievi del terre-no paralleli all’alveo, di origine naturale (depositi di materia-le trasportato dal fiume ai lati del proprio corso) o artificiale (realizzati per scongiurare rischio di inondazioni e mantenere flusso al proprio interno). Il tema della solidità degli argini sarà oggetto di particolare attenzione per poter riflettere con la classe sulle esondazioni di fiumi i corsi d’acqua che han-no interessato il Veneto negli ultimi inverni, causando gravi danni alla popolazione e all’economia. La valle e la pianura alluvionale riguardano, invece, il territorio in cui scorre il fiume e si differenziano per il fatto che la prima è un’incisio-ne a forma di “V” generata dallo scorrere del fiume e dalle precipitazioni, mentre la seconda è una pianura formatasi dal deposito di sedimenti lasciati dal fiume durante le piene.

Si affronterà quindi il tema della foce del fiume, distinguen-done le tre tipologie: semplice, a delta e a estuario. La foce semplice presenta un solo ramo al momento dell’immissione nel proprio corpo idrico; la foce a delta, invece, è così chia-

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logna fino all’immissione nel Gorzone (in provincia di Padova) si chiama Fratta, mentre come Gorzone sfocia in Adige in prossimità della foce in Adriatico. Dal lavo-ro di ricerca dovrà emergere come sulla scadente salubrità del fiume incide prevalente-mente l’industria conciaria del Basso Vicentino, che con le sue immissioni di so-stanze biologiche e chimiche danneggia gravemente l’eco-sistema già molto compro-messo del fiume. Si metterà poi in evidenza come il Piave nasca sulle Alpi Carniche, in provincia di Belluno, alle pendici del monte Peralba presso Sappada e ha come corpo idrico di immissione il mar Adriatico, dove sfocia presso il porto di Cortelazzo, vicino a Jesolo. Il suo percor-so è interamente contenuto all’interno dei confini del Veneto e attraversa le pro-vince di Belluno, Treviso e Venezia.

Lo status del Piave gode di una certa salute derivata dal fatto che il fiume, per gran parte del suo corso, attraver-sa zone montane, sulle qua-li non insiste un’economia industriale particolarmente aggressiva. Una realtà in-dustriale di un certo rilievo, però. Si può individuare nella

zona del Cadore, dove gli studenti identificheranno la florida industria dell’occhiale, uno dei settori trainanti dell’econo-mia a livello nazionale. Anche le zone attorno a Longarone e Feltre presentano una seppur piccola attività industriale, ma è con la conclusione del bacino montano e l’inizio del percorso pianeggiante che il Piave incontra un intensificarsi della presenza di attività artigianali e industriali, soprattutto nelle zone di Valdobbiadene, Crocetta del Montello, Pieve di Soligo.

Il fiume Brenta nasce in Trentino, dai laghi di Levico e Caldonazzo e percorre 174 km per poi gettarsi nell’alto mar Adriatico, a nord del Po. Il fiume percorre un tratto monta-no attraverso la Valsugana per poi immettersi nella pianura veneta presso Bassano del Grappa, percorrendo le province di Vicenza e Padova. Lungo questo percorso il fiume si iden-tifica come “Brenta superiore” e interrompe il proprio corso

sia finalizzato soprattutto al raffreddamento degli impianti. L’industria della carta si attesta su un prelievo di circa 15.000 m³/anno, ma il riciclo risulta maggiore, circa il 65%. L’indu-stria alimentare e gli zuccherifici risultano incidere in manie-ra minore rispetto ad atri settori, con circa 9150 m³/anno di prelievo idrico (Turri, 1997). L’Adige, quindi, nonostante sia uno dei fiumi più grandi d’Italia, subisce uno sfruttamento importante, che gli alunni devono mettere in evidenza.

Gli studenti inoltre saranno chiamati ad evidenziare, nei suoi tratti generali, il percorso del fiume Fratta-Gorzone, che sarà presentato a lezione come la realtà fluviale più inquina-ta della regione e il nodo centrale del percorso affrontato. Il fiume, che nasce dalla Roggia di Arzignano, percorre circa 100 km attraversando le province di Verona, Vicenza e Pa-dova e assumendo denominazioni sempre diverse: si chiama fossa Togna dalla sorgente fino a Cologna Veneta, da Co-

Tav. 1: Carta tematica SACA (Stato Ambientale dei corsi d’Acqua del Veneto) dei corsi d’acqua e i laghi della regione Veneto. Fonte Arpa Veneto, 2008.

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zone è senza dubbio il corso d’acqua che versa nelle condi-zioni peggiori nel Veneto. La docente di Scienze si concen-trerà in classe sulla spiegazione agli alunni della nomenklatu-ra di alcune sostanze chimiche altamente inquinanti (cromo, nitrati, etc.) di cui è stata riscontrata un’alta percentuale nelle acque della regione.

In particolare, stando anche alla recente denuncia di Le-gambiente, altissime quantità di sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) sono state rinvenute proprio nel Fratta-Gorzone1. A livello medico i Pfas sono riconosciuti come cancerogeni e responsabili di una serie di altre gravi patologie. Come sotto-linea Legambiente la causa principale di questo inquinamen-to è, ormai da decenni, l’industria chimica e conciaria molto diffusa in queste zone e interessa prevalentemente un’area di 150 km² tra le province di Verona, Padova e Vicenza. L’obiettivo della lezione sarà anche quello di sensibilizzare gli studenti su questo tema, sottolineando come essi siano interessati in prima persona da questo fenomeno: all’inter-no dell’area in cui sono state rilevate tali percentuali di Pfas vivono circa 300.000 persone, molte delle quali fino a poco tempo fa’ attingevano acqua da pozzi privati per uso dome-stico (soprattutto alimentare) e irriguo. Molti di questi pozzi dalle ultime analisi fatte sono risultati tutti inutilizzabili!

In questo fiume, infatti, sono state rilevate grandi quantità di piombo, diossine e nitrati, derivanti dalla decomposizione di sostanze organiche utilizzate prevalentemente in agricol-tura. Si preciserà alla classe come la seconda parte del corso del Fratta-Gorzone interessa aree ad alta vocazione agricola, in cui largo è l’utilizzo di fertilizzanti (Legambiente, Dossier cattive acque 2015, p. 20). L’acqua del Fratta, quindi, non solo non è adatta all’agricoltura, ma è assai nociva proprio nelle aree a più alta vocazione agricola. Alte percentuali di cromo sono state rilevate soprattutto nella provincia di Ve-rona mentre una sostanza che tende a mantenersi costante in tutto il corso del fiume è l’escherichia coli: tale presenza è determinata dagli scarichi civili e non è determinata dalle in-dustrie, pertanto è un dato che rende ancora più drammatica la situazione del fiume.

RIFLESSIONI CONCLUSIVE

L’Unità di Apprendimento ha come fine principale quello di realizzare un percorso didattico centrato sulla geografia, disciplina che, come già evidenziato in fase di presentazione del lavoro, negli ultimi anni ha assistito ad un lento proces-

1 Queste sostanze, spiega Legambiente, “sono composti chimici che rendono le superfici trattate impermeabili all’acqua, allo sporco e all’olio. Vengono usate per realizzare numerosi prodotti: impermeabilizzanti per tessuti, pelli e carta oleata; schiume antiincendio per gli estintori; ritardanti di fiamma in materassi, tappeti, divani, sedili delle auto; cera per pavimenti e detersivi; scioline; contenitori per alimenti. L’utilizzo più noto è probabilmente, come rivestimento antiaderente del pentolame (Teflon) e dei tessuti impermeabilizzanti e tecnici (Gore-tex, Sootchgard). A livello medico i Pfas sono riconosciuti come cancerogeni e responsabili di una serie di altre gravi patologie”. Legambiente, Dossier cattive acque 2015, p. 20.

presso le chiuse di Strà, dove inizia il tratto minore del fiume (Brenta Vecchia e Brenta Nova) che sfociava a Chioggia. Il ramo principale del fiume, la Brenta Cunetta, scorre verso Chioggia intersecandosi con le acque del Bacchiglione e, più a sud, con quelle del Fratta-Gorzone. Il fiume Brenta nel suo percorso montano soprattutto gode di una quasi nulla inci-denza di inquinamento industriale. La principale attività è la lavorazione del legno, mentre le industrie meccanica, me-tallurgica, conciaria, geotessile e tessile costituiscono realtà molto piccole (Bondesan et alii, 2003).

4. IL PROBLEMA DELL’INQUINAMENTO: IL CASO DI STUDIO

DEL FRATTA-GORZONE

Un tema decisamente interessante è quello dell’inquina-mento delle acque dei fiumi del Veneto (Tav. 1), come risul-tato di anni di carente tutela dei bacini idrici e di irresponsa-bile versamento nelle acque dei fiumi di sostanze di origine industriale altamente inquinanti. Si metterà in evidenza come il fattore “inquinamento” in Veneto ricopra un ruolo ancora maggiore rispetto alle altre regioni d’Italia proprio a causa della vocazione fortemente industriale della regione. In ve-neto, infatti, l’inquinamento di matrice industriale pesa per il 56,9% del totale, mentre la media nazionale si attesta attorno al 49% (Elaborazioni Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale su dati Istat). Analizzando più da vicino la situazione del territorio veneto si sottolinea come la pro-vincia nella quale la pressione sull’ambiente idrico esercitata dagli scarichi di sostanze nocive risulta maggiore è Vicen-za (88,7%), seguita da Treviso (72,6%) e Verona (71,7%). Si proporranno alla classe semplici diagrammi per facilitare l’individuazione delle diverse tipologie di industria presen-ti sul territorio. Si evidenzierà, quindi, come nella provincia di Treviso la principale industria sia quella del vetro e delle cartiere seguita dall’industria tessile. Nella provincia di Vi-cenza, invece, la lavorazione della carta occupa circa il 45% dell’intera attività produttiva, seguita dall’industria chimica e farmaceutica. La provincia di Verona, invece, terza nella classifica delle realtà a più alto tasso di inquinamento, è ca-ratterizzata da un’incidenza sostanzialmente analoga delle industrie agricola e cartiera, mentre un peso specifico di poco inferiore è coperto dall’industria zootecnica.

Lo Stato Ambientale dei Corsi d’Acqua (SACA), l’indica-tore che classifica i fiumi sulla base delle sostanze microin-quinanti presenti, secondo le ultime rilevazioni, mette in evi-denza uno stato Buono soprattutto nel corso dei fiumi della zona centro-settentrionale del Veneto. Si fa riferimento per esempio al tratto centrale del Piave, alla zona di scorrimento pedemontano del Brenta o alla zona montana dell’Adige. Nei fiumi che interessano prevalentemente la zona centro-meri-dionale del Veneto sono state rilevate quantità di sostanze nocive pari all’indicatore Sufficiente. L’unico fiume che gli indicatori presentano come scadente o addirittura pessimo è il Fratta-Gorzone.

Come già accennato in sede di presentazione dei caratteri generali dei quattro fiumi presi in esame, il Fratta-Guà-Gor-

Page 8: Per un esempio di laboratorialità di geografia sullo ... · All’interno dell’Unità di apprendimento, inoltre, è stata introdotta un’attività di service learning finalizzata

SCIENZE DELLA TERRA | SCIENZE E RICERCHE • N. 31 • 15 GIUGNO 2016

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so di depotenziamento, costituendo sempre più spesso una disciplina di “appoggio” per altre. Il percorso ideato è altre-sì legato al desiderio di restituire alla disciplina il proprio intrinseco valore di materia “pratica”, a diretto contatto con l’ambiente e le sue problematiche. Calare nodi problemati-ci, come il tema oggetto dell’Unità, all’interno del percorso formativo tradizionale della classe favorisce il nascere nell’a-lunno di una maggiore consapevolezza civica e sociale, che la didattica ha il compito di trasformare in competenza.

Il percorso affronta diverse modalità didattiche e di ap-prendimento, spaziando dal lavoro individuale al lavoro di gruppo, sollecitando negli alunni la capacità di creare tran-sfer e di calare in situazione i contenuti appresi in classe. L’Unità, inoltre, si propone di percorrere anche strade “poco battute” nell’ambito della didattica odierna, come attività di action learning e di service learning. Tali attività, in linea con le Competenze di Cittadinanza del 2012, mirano non solo a formare cittadini capaci di “partecipare in modo effi-cace e costruttivo alla vita sociale e lavorativa” (Competen-ze sociali e civiche), ma anche in grado di conoscere i punti di forza e i limiti del territorio in cui viviamo, di garantirne la tutela e di individuarne possibili soluzioni.

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