Pentola D'Oro Ottobre 2010

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Rivista Trimestrale - Registrazione al Tribunale: nr. 1 del 7/1/2005 - Spedizione postale:“Poste Italiane Spa Spedizione In Abbonamento Postale 70% Lo/Bg” Casa Editrice: Speb S.R.L. - In Caso di mancato recapito restituire al mittente. Anno VI - Numero IV Ottobre, Novembre, Dicembre 2010 Euro 7,00 RIVISTA UFFICIALE DELLA SAPS: CENTRO RICERCHE PER LO STUDIO DI MATERIALI E FORME DEGLI STRUMENTI DI COTTURA RIVISTA UFFICIALE DELLA SAPS: CENTRO RICERCHE PER LO STUDIO DI MATERIALI E FORME DEGLI STRUMENTI DI COTTURA Tra piacentino e parmense: i sapori delle Terre Verdiane

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Tra piacentino e parmense: I sapori delle Terre Verdiane

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Anno VI - Numero IVOttobre, Novembre,Dicembre 2010

Euro 7,00

RIVISTA UFFICIALE DELLA SAPS: CENTRO RICERCHE PER LO STUDIODI MATERIALI E FORME DEGLI STRUMENTI DI COTTURARIVISTA UFFICIALE DELLA SAPS: CENTRO RICERCHE PER LO STUDIODI MATERIALI E FORME DEGLI STRUMENTI DI COTTURA

Tra piacentinoe parmense:i sapori delle Terre Verdiane

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Distribuito da Ulisse Food Servicevia Madonna, 20 - 24040 Lallio (BG) - ITALY - tel. +39.035 199 001 55 - fax. +39.035 69 11 71 - [email protected]

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Alcune recenti esperienze mi hanno portato a ragionare sul tema della cosiddetta“creativita”. L’argomento è contorto, confuso, incoerente.Creatività è un termine abusato che sta diventando sempre più difficile collocare in

modo chiaro e comprensibile. Spesso le percezioni (e le dissertazioni) sono anchedevianti. Più si discorre e si discute sulla “creatività” meno si capisce che cosa sia.Fra le tante distorsioni c’è l’ipotesi che il mestiere di una persona possa essere

definito “creativo”. Quando qualcuno mi dice “faccio il cuoco creativo” mi pareun’affermazione un pò ridicola. La creatività non è un mestiere.Semmai è una risorsa importante, nelle arti e nei mestieri. Se qualcuno avesse

chiesto a Mozart, a Einstein o a Raffaello “che mestiere fai?” si sarebbe sentitorispondere musicista, fisico o pittore. Non certo “musicista creativo”, “fisico creativo”,“pittore creativo”. Credo che guadagnarsi sul campo, col lavoro e risultati concreti,la modesta ma precisa qualifica di cuoco è più ambizioso, oltre che chiaro e semplice,di quella “cuoco creativo”. In più, parole come “cuoco” o “pittore” hanno un suonoonesto, artigianale. La parola “creatività” poi è usata così largamente, e in così tanti

modi diversi, che sembra aver persoogni significato.Talvolta assume un senso perverso -

basta pensare all’uso dell’espressione“cucina creativa”.Invece di dare valore al fattore

creativo come specializzazione, èsecondo me importante capire il valoree l’importanza della parola “mestiere”.Ricordarsi ogni tanto di quel chiaro

percorso, nello sviluppo della culturaitaliana e mondiale, che è stato tracciato all’insegna delle gloriose “arti e mestieri”, nonsarebbe malaccio. Il cuoco secondo me è una professione che fa parte del mondo delleArti e dei Mestieri. Eccome. Tutti possono essere, qualche volta, “creativi”.Nessuno lo può essere sempre, né diventarlo a comando. I migliori maestri, nelle

arti e nei mestieri, sono quelli che sanno come incoraggiare, stimolare e governarequel processo intuitivo che porta a una soluzione inaspettata.Ma senza mai dimenticare quella finezza di progettazione e di realizzazione che

viene da un grande e prezioso patrimonio di esperienza. In poche parole, il talento puòessere un dono naturale, ma perché dia frutti ci vuole molta disciplina e sapienza.Un’intuizione risolutiva può nascere in modo imprevedibile.Ma è il mestiere che le rende realizzabili. Da tempo immemorabile “arti e mestieri”

sono qualcosa di ben definito. Perché in quasi tutti i mestieri c’è qualcosa di artistico –e perché nessuna arte è realizzabile senza un solido e competente mestiere.Sarà difficile, temo, cambiare la sciocca terminologia oggi in voga. Ma è importante

capire che l’arte e il mestiere contano molto - e possono produrre eccellenti risultati,con o senza quei rari e straordinari momenti di intuizione o di innovazione che portanoa qualcosa di veramente “creativo”. Ma la cosiddetta “creatività” è inutile (quando nonè nociva) in assenza di un solido mestiere.Le buone basi tecniche sono utili, se non indispensabili - ma non possono sostituire

l’esperienza, la sensibilità e l’attenzione ai valori umani. Insomma quella del cuoco èun mestiere (e un’arte) difficile. Ma, quando ci si riesce bene, è affascinante.Creatività a parte.

Editoriale

Arti,mestierie creatività

Angelo Agnelli

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Garante per la radiodiffusionee l’editoria Registro Nazionaledella stampa N. 5386 del 23/10/96.Rivista ufficiale della SAPSCentro ricerche per lo studiodei materiali e forme deglistrumenti di cottura.

Periodico trimestraleAnno VI°, n. 4 - Ottobre, Novembre,Dicembre 2010

Registrazione al Tribunale:nr. 1 del 7/1/2005Spedizione Postale:Poste Italiane Spa Spedizionein Abbonamento Postale 70% Lo/BgCasa editrice:SPEB s.r.l.Presidente:Marino LazzariniDirettore Responsabile:Paolo AgnelliDirettore Editoriale:Maurizio Di Diocell. +39 340 12 00 187Comitato Direttivo:Baldassare Agnelli, Angelo Agnelli,Maurizio Di Dio,Massimiliano PezzoniTesti e foto:Maurizio Di DioHa collaborato:Claudia Barale.Redazione:Via S. Giorgio, 6 - 24122 BergamoProgetto grafico:L’Azzurro - Tel. 035 315 347Pubblicità & advertising:[email protected]. +39 348 25 50 502Stampa:Quadrifolio S.p.A.24052AzzanoS.Paolo - via Emilia,17 (BG)

È vietata ogni riproduzionedi testi e fotografie.

SommarioItinerario enogastronomico

Testi e foto diMaurizio Di Dio

Itinerario enogastronomico pag. 6

Bilegno - Borgonovo Val TidoneRistorante La Palta pag. 14

GazzolaAzienda Agricola Luretta pag. 18

PiacenzaAntica Osteria del Teatro pag. 20

Ponte dell’OlioRistorante Riva pag. 24

Loc. Scottina - CadeoRistorante Antica Osteria della Pesa pag. 28

Monticelli d’OnginaTrattoria Cattivelli pag. 32

BesenzoneRistorante La Fiaschetteria pag. 34

Soarza di Villanova dull’ArdaAzienda Agricola Pizzavacca pag. 38

Madonna dei PratiTrattoria Campanini pag. 39

Polesine ParmenseRistorante al Cavallino Bianco e Ristorantedel Relais Antica Corte Pallavicina pag. 42

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RoccabiancaHostaria da Ivan pag. 47

SoragnaRistorante Stella d’Oro pag. 50

FidenzaAgrinascente pag. 54Caseificio Coduro pag. 55Enoteca Drogheria Negrotti pag. 56La Mangeria Salumi e Compagnia pag. 58Latteria ‘55 pag. 60

Borghetto di NocetoOsteria della Posta pag. 61

NocetoRistorante Aquila Romana pag. 63

ParmaRistorante Cocchi pag. 66Salumeria Verdi pag. 69Ristorante La Greppia pag. 70Ristorante Parizzi pag. 75La Corriera Stravagante pag. 78Lorenzo Dondi pag. 79Ristorante Parmarotta pag. 81Hi Fi NewsMusica da tavola pag. 84

EventiLa notte dei Culatelli pag. 85

Strumenti di CotturaCopper Ceramik pag. 87

NewsSteelite Internationalcrea la divisione Italia pag. 88

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Trapiacentinoeparmense:i sapori delle Terre VerdianeIl territorio che abbiamo preso in considera-

zione su questo numero de La Pentola d’Oro èquello compreso tra il piacentino e la bassa par-mense racchiuso dentro gli antichi confini delDucato dei Farnese e dei Borbone, oggi definitele Terre Verdiane: un “giacimento” di cultura,crte e una grande tradizione enogastronomica.Il nostro percorso si sviluppa lungo le strade

che intrecciano le due provincie, tra i colli chedegradano verso la pianura, nelle terre vicino algrande fiume Po.La prima tappa volge verso la Val Tidone.Da qui, sfruttando alcune diramazioni fra le

colline di bassa valle, si giunge a Borgonovo ValTidone e poi a Bilegno dove abbiamo incontratoIsa Mazzocchi del Ristorante La Palta: unacuoca eccelsa, sia per originalità che per la versa-tilità nel cucinare che grazie alla sua insolita pas-sione, fortemente motivata dalla determinazionee professionalità, occupa un ruolo importantenella sua categoria a livello locale e nazionale.Proseguendo da qui verso le pendici del monte

Serenda, su una zona collinare favorita dalle con-dizioni geo-climatiche, siamo arrivati alla pro-prietà della Cantina Luretta propensa allaproduzione di grandi vini del territorio.Da qui siamo proseguiti verso Piacenza, alla

volta dell’Antica Osteria del Teatro di FilippoChiappini Dattilo, cuoco dall’audacia spiaz-zante e ambizioso, che propone una cucina all’in-segna della più alta creatività gastronomica dovecuriosi abbinamenti locali e nazionali, si fondonoa meraviglia.Riprendendo verso sud proprio all’imboccatura

della Val Nure a Ponte dell’Olio abbiamo incon-trato Carla Aradelli del Ristorante Riva cuocaautodidatta che esprime una cucina curiosa,d’equilibrio a tratti anche conservatrice, nel mo-

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Isa MazzocchiRistorante La Palta

Filippo Chiappini DattiloAntica Osteria del Teatro

Carla AradelliRistorante Riva

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mento in cui tutti innovano.Risalendo verso nord in località

Scottina nel comune di Cadeosi trova l’Antica Osteria dellaPesa di Claudio Cesena cuocogiovane, ma esperto che esercita,con profonda competenza, unacucina fantasiosa e stimolante“che si morde”, dai gusti distinti,ma in armonia tra essi.Proseguendo sempre verso

nord a ridosso del Po si troval’Isola Serafini una frazione diMonticelli d’Ongina, sempre inprovincia di Piacenza, dove ha af-fondato le sue radici l’AnticaTrattoria Cattivelli: una tratto-ria di famiglia, in cui tutti sonocoinvolti che propone una cucinasemplice e genuina, perfetta-mente intonata al luogo.Sempre sulle rive del Po, ma a

Soarza di Villanova sull’Arda,in una cascina dall’ingresso mae-stoso, abbiamo incontratol’azienda Agricola Pizzavacca -della famiglia Pisaroni è impe-gnata nella produzione agricolatradizionale ma anche nella colti-vazioni di ortaggi e piante dafrutto che trasforma, in deliziosiprodotti: succhi di frutta, nettaridi frutta, confetture, salse e con-serve.Continuando il nostro percorso

nel piacentino siamo arrivati aBesenzone, precisamente in lo-calità Bersano al Ristorante LaFiaschetteria di Patrizia Da-domo, una delle voci intrigantidella cucina di qui, ma anche na-zionale capace di esprimere unacucina espressione del territorio,ma leggera e del benessere anco-rata ai prodotti locali.Il suggestivo viaggio è conti-

nuato alla volta di Busseto, aMadonna dei Prati in provinciadi Parma dove abbiamo scopertola Trattoria Campanini, unatrattoria di famiglia degna di que-

Claudio CesenaAntica Osteria della Pesa

Manuela e Claudia CattivelliTrattoria Cattivelli

Stefano CampaniniTrattoria Campanini

Patrizia DadomoRistorante La Fiaschetteria

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sto nome e per giunta ricca diinusuali accorgimenti, dove Ste-fano Campanini con la mammaMaria e la sorella Franca, pro-pongono una cucina della tradi-zione con anche alcuneinteressanti rielaborazioni che ri-chiamano comunque sempre gliantichi sapori.Tuffandoci ancor più verso la

bassa siamo arrivati a PolesineParmense all’Antica CortePallavicina della famiglia Spiga-roli doveMassimo Spigaroli,oltre che ambasciatore per eccel-lenza del Culatello di ZibelloDop è anche cuoco rinomato, im-pegnato non solo nello storico lo-cale di famiglia Il CavallinoBianco, ma oggi anche nelnuovo Ristorante del RelaisAntica Corte Pallavicina.Nel primo Massimo Spigaroli

propone una cucina ancorata allatradizione, con alcuni piatti evo-

luti che hanno segnato la crescita diquesto ristorante, mentre al Ristorantedel Relais Antica Corte Pallavicina si im-pegna in una cucina di ricerca, di co-struzione e di elaborazione della meratradizione. Proseguendo, a Roccabiancaabbiamo fatto tappa all’Hostaria di

Massimo SpigaroliRistorante Al Cavallino BiancoRistorante del Relais Antica Corte Pallavicina

Barbara AlbertelliHostaria da Ivan

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pegno nel miglioramento qualitativo della trasforma-zione del latte in Parmigiano Reggiano di altissimaqualità.La tappa nella caratteristica cittadina di Fidenza ci

ha consentito di apprezzare l’Antica Drogheria Ne-grotti dove si respira ancora l’atmosfera dei tempi pas-sati ed inoltre la Mangeria Salumi e Compagniaun buon indirizzo per chi vuole sedersi a tavola senza

Ivan Albertelli e sua moglie Barbara che hannocreato un locale all’insegna del piacere eno-gastrono-mico dove si apprezza una cucina mai dimenticata, ri-proposta nella maniera più fedele, ma anchealleggerita ed esaltata dalle proposte dei vini: Cham-pagne soprattutto. Da qui ci siamo spostati verso So-ragna per incontrareMarco Della Bona cuocopatron del Ristorante Stella d’Oro un vero e proprio

anfitrione capace di far star benechi si siede ai suoi tavoli attra-verso una cucina di gran classe adifesa della memoria e dell’iden-tità del territorio.Da Soragna verso Fidenza,

quasi all’imbocco dell’autostradasi trova l’Agrinascente, un nego-zio particolare dove si trova il me-glio della vocazioneagroalimentare della Food Valleyparmigiana.A pochi chilometri da qui verso

Coduro abbiamo visitato il Ca-seificio Sociale di Coduro incui il maestro casaro Fabio Ser-venti è animato da un forte im-

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Enrico RizziLa Mangeria

Salumi e Compagnia

Marco DellabonaRistorante Stella d’Oro

Giuseppina MezzadriOsteria della Posta

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mentari tipici del territorio emiliano, salumi e Parmi-giano Reggiano innanzitutto.Proseguendo verso Parma, ma tagliando per le

strade secondarie di campagna siamo giunti a Bor-ghetto, all’Osteria della Posta della famiglia Aldi-

geri protagonista di una cucina daiprodotti genuini offerti dalla terra: sem-plice che non si discosta mai dalla tradi-zione. Prima di raggiungere Parmaabbiamo fatto tappa a Noceto allo sto-rico Ristorante Aquila Romana dov’èimpegnata in cucina Beatrice Petrini,cuoca autodidatta naturalmente influen-zata dagli insegnamenti della nonna edella mamma che le hanno tramandatola bontà e la genialità delle loro ricette,di una cucina semplice e genuina.Arrivati a Parma, la meta del nostro

percorso, abbiamo incontrato il Risto-rante Cocchi: uno di quei posti in cui,quando si entra, sembra di essere tornatia quel mondo semplice e casalingo chenon esiste più, in cui si preparano piattisquisiti rispettosi del territorio con con-centrazione e professionalità. In pienocentro la Salumeria Verdi propone ec-cellenze di qualità nei salumi e nei for-maggi locali, con impeccabile serviziopersonalizzato e cura dei dettagli.Poco più avanti al Ristorante La

tanti formalismi per consumare piatti della tradizionee anche solo un tagliere di salumi o formaggi.Sempre a Fidenza esiste ancora un luogo dove i

clienti golosi possono respirare il gusto e goderne apieno: è la Latteria ‘55 punto vendita di generi ali-

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Beatrice PetriniRistorante Aquila Romana

Corrado CocchiRistorante Cocchi

Paola CavazziniRistorante La Greppia

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Greppia a due passi dal DuomoPaola Cavazzini, cuoca patron,mantiene viva la cultura gastro-nomica parmense, personalizzan-dola dove è possibile, attraversocotture espresse della tradizioneche esprimono un piacere gastro-nomico genuino.In via Borgonato invece Hi Fi

News Musica da Tavola è unnegozio particolare che favoriscel’incontro tra il suono ad alta fe-deltà e vini per un originalenuovo codice di piacere del life-style. In via Repubblica, propriodi fronte alla Chiesa di San Se-

polcro si trova il Ristorante Parizzi che rappresentaun importante pezzo di storia della ristorazione parmi-giana doveMarco Parizzi è impegnato ad esaltare ilgiusto trait-d’union fra la cucina moderna e quella tra-dizionale. In via XXIV Maggio si trova La CorrieraStravagante di Franz e Lorenzo Dondi, una clas-sica birreria dove gustare superbi panini espressi, ese-guiti con la stessa premura che richiedono dei piatticucinati. Il nostro percorso si conclude per la stradache va a Langhirano al Ristorante Parmarotta, iltempio della cottura alla brace e allo spiedo, del cuocopatron Antonio Di Vita, capace di emozionare anchecon le sue preparazioni dei piatti della tradizione.

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Marco ParizziRistorante Parizzi

Lorenzo DondiIl Pittore Stravagante

Antonio Di VitaRistorante Parmarotta

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Forse l’ho già detto: le donne, com’è universalmentenoto, nella graduatoria dei cuochi cari alla critica, oc-cupano perennemente la posizione alle spalle degli uo-mini, o comunque ruoli sempre marginali rispetto al“sesso forte”. Isa Mazzocchi, 42 anni chef patron delRistorante La Palta solo grazie alla sua insolita pas-sione, fortemente motivata dalla determinazione e pro-fessionalità, occupa invece un ruolo importante nellasua categoria a livello locale enazionale, e non è solo conside-rata solamente un grazioso ac-cessorio di un ristorante.Nella lotta per veder ricono-

scere la propria grandezza dicuoca, oltre che di persona, Isaci ha messo, e ci mette, forza e coraggio encomiabili: lastessa forza e lo stesso coraggio che le sono indispensa-bili ogni giorno per portare avanti questo suo ristoranteimmerso nella campagna piacentina, a Bilegno.Qui, nonostante tutto e tutti, da una parte è riuscita

a mantenere viva l’originalità e la storia del bar-tratto-ria-negozio, accogliendo ancora oggi gli avventori e,contemporaneamente, realizzare il suo sogno con nuovilocali, confortevoli e di gusto, che ospitano il vero eproprio Ristorante La Palta.Isa Mazzocchi lo ha fatto con caparbietà ed ostina-

tezza. Contro tutti. Crederci e darci dentro: questesono le condizioni a cui si è sottoposta per poter assa-porare il successo e le soddisfazioni che arrivano sem-pre in ritardo. Lei è una delle tante donne di questolembo di terra che tiene in mano le redini di una cu-cina, ma la sola (di queste da me incontrate), ad averericevuto una formazione professionale ad hoc.In età scolastica infatti ha frequentato l’alberghiero

di Salsomaggiore: “credo molto alla formazione - mi diceIsa - mi ha insegnato quella disciplina che è necessariaper chi vuole svolgere questa professione…”.Facendosi un mazzo così dalla mattina alla sera fin

da giovane, senza togliere mai nulla alla famiglia - oltreche moglie è anche madre di due bambine - è riuscitaa sdoganare finalmente con successo il suo ristorante:ma lei stessa stenta ancora a crederci.Complice Georges Cogny che l’aveva adottata, pro-

fessionalmente parlando. Eclettica, signorile, accorta,Isa Mazzocchi mi era parsa già così quattro anni fa

RistoranteLaPalta:cucina del territorioeccelsa e aperta almondo

Ristorante La PaltaLoc. Bilegno, 67

Borgonovo Val Tidone29011 PiacenzaTel. 0523 862103

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quando ebbi modo di raccon-tare la sua storia su La Pen-tola d’Oro n. 2 del 2006.Oggi ha ancora più lunghi i

capelli nerissimi che liberadal suo elegante chinon solo afine servizio, ma è rimasta lapersona determinata e piace-vole, ma anche spiazzante avolte, che ho raccontato a suotempo. Una cuoca eccelsa, siaper originalità che per la ver-satilità nel cucinare.Oggi, rispetto a “ieri” lo fa

con più naturalezza e sicu-rezza, animata da una innatafantasia. Le sue ricette, sonofondate sulla tradizione dellacucina piacentina e della ValTidone, ma non mancano va-riazioni e contaminazioni difuori che le rendono uniche.E che rispecchiano ampia-

mente il suo spirito eclettico ela sua anima nobile. Ricette disuccesso che poggiano su so-lide basi tecniche. I suoi piattisono pensati secondo la logicadella ricerca del piacere edella seduzione attraversoquel che offre il quotidiano, ilfresco, quel che vien dall’ortoo dai sui fidati fornitori.E dalla sua fantasia.

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Con l’obiettivo principale disoddisfare tutti i sensi di chisi accomoda ai suoi elegantitavoli. Nel suo bel ristorantecon le sale che si aprono sullacampagna, Isa Mazzocchi incucina, in tandem con il fi-dato e giovane Andrea Moli-nelli che la segue da 11 anni,realizza piatti rispettosi dellastagione come: Pizza ai fichiaffumicati con fegato grassod’oca e quaglia arrostita, Risot-tino allo zafferano con le pe-sche di Volpedo mantecato alS.Ste’, Cannelloni di crepes altartufo nero della Val Tidonecon zucchine, Fiori e coppa,Gnocchi di zucca con code digambero e pompelmo candito,

Controfiletto di manzo scottato alle erbe aromatiche conpurè di fagioli, Cotiche e pane croccante, Faraona al li-mone candito profumato alla liquirizia, Insalata di coppaaffumicata su trancio di melanzana con salvia fritta e za-baione alla senape.Una cucina del territorio e aperta al mondo, sincre-

tica ma al tempo stesso solida, tanto innovativa quantocapace di citare con intelligenza la tradizione.Tutti i piatti, non escono dalla cucina se non sono

“marchiati” con una minuscola goccia, (quasi un pun-tino), di latte denso, a testimoniare la purezza e la na-turalezza da cui hanno origine i piatti di Isa Mazzocchi,“ma anche per provocare e dare un segnale di distensionea questo mondo - mi dice - siamo adulti, ma non dimen-tichiamoci mai che per prima cosa siamo stati figli e ilprimo alimento che ci ha nutrito è stato il latte”.

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AziendaAgricola Luretta:vini orgoglio della viticolturapiacentinaLa Val Luretta è una piccola vallata formata dal tor-

rente Luretta situata in provincia di Piacenza dove per-mane un ambiente naturale ed integro con un climatemperato privo di sbalzi eccessivi. Questa valle che siincunea tra la Val Trebbia ad est e la Val Tidone adovest, inizia alle pendici del monte Serenda dove ledue valli si riuniscono e si estende su una zona colli-nare che ospita la Cantina Luretta. L’azienda vini-cola, fondata da Felice Salamini e da suo figlio Luciosi trova esattamente a Gazzola, nel cuore dei Colli Pia-centini D.o.c. dove dispone di quattro ap-pezzamenti, per una superficiecomplessiva di circa 50 ettari, suddivisi inquattro distinti appezzamenti, situati partein Val Luretta e parte in Val Nure.Una produzione totale di 250mila botti-

glie, che si fregiano della certificazione

biologica dell’ICEA. Luretta è favoritadalle condizioni geo-climatiche del territo-rio estremamente propenso alla produ-zione di grandi vini, come testimonia lastoria: nel 1873 infatti si conosceva già lapredisposizione di questa zona per il buon vino tant’èche nel testo teatrale “La partita a scacchi” di Giu-seppe Giacosa i due giocatori fanno appositamente unapausa per bersi un buon vino della zona. La CantinaLuretta lavora in modo deciso sulla valorizzazione delterreno, lasciando che le sue viti vadano a cercareacqua e nutrimento in profondità, facendogli produrrepochi grappoli e di piccole dimensioni per ogni pianta

e scegliendo le varietà da impiantare. Tutto qui è cu-rato nei minimi particolari: l’uva viene raccolta a manoe riposta in cassette larghe e basse che consentono dinon sovrapporre i grappoli, viene tenuta a temperaturacontrollata fino al momento della pigiatura per evitareche si inneschino processi di fermentazione e quindiogni uva segue la sua strada verso la bottiglia.Luretta utilizza le cantine del Castello Momeliano

per l’affinamento in barrique un imponente torrionemedievale: un vero spettacolo per gli occhi che pos-

sono godere alla vista di lunghe file di bar-riques allineate, ma anche per il naso. Lebarrique qui riposano sulla terra al riparo:un luogo davvero speciale fatto appostaper far diventare grandi i vini che si pro-ducono in azienda. Dalla tradizione dellabassa Lombardia e l’Emilia dove storica-

mente si è sempre bevuto vino frizzante,nasce l’idea di produrre il Principessa diLuretta: un vino frizzante, di memoriacontadina, da uve chardonnay e trebbiano,naturale reso limpido attraverso le opera-

zioni di remuage e degorgement, caratteristiche delmetodo Champenoise. Di altra caratura il lo Spu-mante On attend les Invités, è questo il suo nome,elaborato partendo da uve pinot nero: è quello che iproduttori francesi definiscono rosé de saignée, vale adire uno spumante rosato il cui colore non è ottenutomediante aggiunta di vino rosso durante la sboccatura,ma dal naturale contatto delle bucce con il mosto.

Azienda Agricola LurettaCastello di Momeliano, 29010 Gazzola - Tel. 0523 971070 - Fax 0523 971589

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Se l’Europa allargata punta a diventare unita nelladiversità, Piacenza, in quanto a cultura gastronomica,lo è già. Terra di confine dove Piemonte, Lombardia edEmilia Romagna rappresentano gli estremi di un pae-saggio sfaccettato e mutevole, a Piacenza si incontra lacultura gastronomica italiana/internazionale, in unasorta di melting pot di tradi-zioni, lingue e prodotti.Una città che ha tracciato

le coordinate di un nodo ne-vralgico della geografia ga-stronomica grazie alla suastoria, ma anche grazie al fa-moso cuoco francese Geo-ges Cogny che nel 1976aprì qui il Ristorante An-tica Osteria del Teatro,divenuto emblema gastrono-mico di Piacenza e d’Italia.Dalla fine del 1985, in cu-

cina dell’Antica Osteria delTeatro, c’è Filippo Chiap-pini Dattilo che di GeorgesCogny mi dice: “quando daragazzino frequentavo questoristorante insieme ai miei ge-nitori Georges mi sembravaun marziano. Devo a lui ingran parte, ma anche ai tantiviaggi gourmet che da gio-vane con mio padre adottivoSalvatore Dattilo facevo ingiro per la Francia e per l’Ita-lia, la mia passione verso que-sta professione”.

Filippo Chiappini Dattilo classe 1961 è un cuoconato per la passione ed un amore profondo che fin daragazzo nutriva per questa professione. Dopo la matu-rità scientifica si iscrive al Politecnico di Milano: vo-leva diventare ingegnere elettronico per una suanaturale inclinazione verso gli studi matematici e

scientifici.Ma ci rimane solo tre

anni, attratto dalla passioneviscerale e più forte verso lacucina.Sì perché Filippo Chiap-

pini Dattilo, in fondo l’hasempre saputo cosa volevafare da grande: il cuoco. Ab-bandonati gli studi scienti-fici si sposta in Francia perimparare il mestiere, con labenedizione della famigliache gli lascia scegliere il suodestino: da Georges Blanc alLa Mère Blanc di Vonnas,all'Auberge des Templiers aSologne, da Paul e MarcHaeberlin all’Auberge del’Ill, e ancora da Emile Jungal Crocodile di Strasburgo.In Francia impara la tec-nica, la disciplina che im-pone il mestiere,l’organizzazione della cucinae di tutte le altre compo-nenti che fanno grande uncuoco, soprattutto l’equili-brio tra intraprendenza ma-

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nageriale e determinazione artigianale.Ha appreso l’ovvio rispetto del prodotto, ma

anche a non lasciarsi mai immobilizzare dal ri-spetto della tradizione. Per niente francesistarivoluzionario, né integralista della tradizione,al suo rientro in Italia Filippo aveva già le ideechiare. E le mette subito in pratica proprioall’Antica Osteria del Teatro, prendendo ilposto di Georges Cogny, che intanto aveva la-

sciato, colla responsabilità di due stelle Michelin chepesavano come un macigno. Dopo un anno, a soli 25anni, con l’intraprendenza di chi vuole dimostrare lapropria capacità ed inclinazione, Filippo ChiappiniDattilo diventa cuoco patron del Ristorante Antica

Osteria del Teatro di Piacenza.Siamo nel 1986. La sua èsubito una cucina per-sonale, impostata sullacultura, sulla ric-chezza dei prodottilocali ed italiani chela compongono: “da

valorizzare e portareavanti con gli strumenti ed

i mezzi che ho assimilato du-rante tutte le mie esperienze” -mi racconta.

Il suo impegno da chefpatron all’Antica Osteriadel Teatro è ben chiaro:

proporre l’alta cucina piacentina fondendo in modo na-turale materie prime d’eccellenza con la fantasia e lacreatività. Un’occasione privilegiata per poter porre aconfronto una cucina creativa proveniente soprattuttodalla propria sfera culturale, motivata da una sensibi-lità particolare: “a Piacenza abbiamo una grandissimatradizione gastronomica ma quello che mi sento di fareda sempre è renderla più vicina a chiunque. La mia èuna cucina italiana, di prodotti d’elite italiani, semprenel rispetto della cultura del territorio” - mi dice.Così animato da passione ed ostinazione, nonostante

approdare al luogo di partenza volesse dire portarsi ap-presso l’ingombrante nome del suo illustre predeces-sore e dover sempre rivendicare la propria autonomia,lo stile personale di Filippo Chiappini Dattilo è statovincente e soprattutto si è legittimato.Non solo per l’audacia spiazzante delle sue ambi-

zioni, ma soprattutto per l’impostazione che ha saputodare alla sua cucina all’insegna della più alta creativitàgastronomica dove curiosi abbinamenti locali e nazio-nali, si fondono a meraviglia. Ma grazie anche allasquadra fedele che compone il suo locale e che Fi-lippo ha saputo rendere orgogliosa e coesa: il suo se-condo Tommaso Negri con gli altri giovani dellabrigata, Giancarlo Grassi il sommelier responsabile

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Antica Osteria del TeatroVia Verdi, 16 - PiacenzaTel. 0523 323777 - Fax 0523 304934

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di Sala coadiuvato da DanieleVolpani e Ilaria Liridi. All’an-tica Osteria del Teatro si possonovivere esperienze gastronomichedi chi alle teorie preferisce il farecome per esempio: La terrina difegato grasso d’anatra con fichi se-napati e gelatina al porto, Il risottomantecato al limone e capperi diPantelleria con scampo reale, “Ilbranzino 2010”, Il filetto di den-tice con insalata di cipolle biancheal forno, Frutti rossi e fave di cacaoall’agro di Gutturnio, Le costolettedi agnello prè-salè con porcini tri-folati e kefir.Ma anche vivere una cucina

del momento.Infatti se è vero che la crisi

economica si riflette inevitabil-mente sui consumi nell’alta risto-razione, all’Antica Osteria delTeatro l’amore per i piccoli piaceridella vita stanno al passo coitempi con il menu BottiglieriaGourmet Lunch.Più informale con due piatti a

scelta tra antipasto, primo e se-condo a 30 euro, il menù è statostudiato in sinergia con l’amicomedico Carlo Carlini: “per stareal passo coi tempi - mi dice Fi-lippo - menu studiato apposta perchi dopo pranzo deve lavorare esentirsi leggero”:Merluzzo mante-cato con crema di mais, Tartare di scottona, olio, sedanoverde e scaglie di grana, Trofie al pesto con seppie patatee pinoli, Tortiglioni con ragout di vitello, Crema di po-modoro con pane croccante, Basilico e mozzarella di bu-fala. Ma non è l’unica novità questa dell’Antica osteriadel Teatro.Il locale, ricavato da un palazzo del quattrocento

dalle splendide sale ricche di particolari storici, que-st’estate è stato rinnovato nello stile e nel pregio, quasi

per sfatare la prigionia stereotipata del vecchio locale esegnare un altro passaggio importante.Rimane intatta invece all’Antica Osteria del Teatro

l’esempio d’una deliziosa tappa dove i metodi di cot-tura, i prodotti, gli accostamenti, le possibili citazionidi modelli precedentemente codificati dalla tradizione,dialogano coerentemente con tutto il resto, ma soprat-tutto anche con la formidabile carta dei vini che perFilippo Chiappini Dattilo è un “normale” prolunga-mento espressivo dei suoi piatti.

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Ponte dell’Olio è un piccolo borgo di origine medie-vale dei Colli Piacentini, proprio all’imboccatura dellaVal Nure. Luogo di strade e di sentieri appenninici cheun tempo scandivano il traffico e gli scambi intensi trala Liguria e le terre padane. A ridosso del Castello me-dievale, in località Riva, a meno di un chilometro dalpaese, si trova il Ristorante Riva di Carla Aradelli,mamma, donna, cuoca, e del maritoMaurizio che sioccupa della sala. Appena laincontro Carla Aradelli, citiene subito a dirmi che non èfiglia di cuochi, né discendeda cuochi, anche se è cre-sciuta nel ristorante di fami-glia specializzato in banchettie quindi ha respirato semprequesto lavoro.Che è stato poi portato

avanti dalla sorella.“Io ero la figlia che non era

bella, non sapeva cucinare eandava male a scuola, in unafamiglia dove il maschio era ilmaschio” - mi dice. I suoi fa-cevano tavolate infinite e a leinon l’aveva nemmeno sfiorataun attimo il pensiero di impe-gnarsi in un ristorante perbanchetti.Un elemento che l’ha posta

in una condizione di rotturacon la famiglia. “L’unica del-l’ambiente da cui ho imparatoveramente qualcosa sulla cu-cina è la signora Vincenza,donna con grande passione perla cucina” - ci tiene a dirmi.Non voleva fare la banchet-

tistica, Carla Aradelli, ma neanche una ristorazioneche punta a essere sempre in competizione con tutti.Da giovanissima, quando ancora aveva le idee con-

fuse su cosa le sarebbe piaciuto fare da grande, incon-tra il famoso compianto chef George Cogny, cometanti suoi colleghi e colleghe di questa terra. E ne ri-mane affascinata soprattutto per gli insegnamenti ri-guardo la disciplina, l’ordine, l’applicazione. Pensa sia

quella la strada che lepuò interessare intra-prendere. Così conduri sacrifici Carladecide di aprire in-sieme al marito unsuo locale.In piena libertà, nel

vero senso del ter-mine, e secondo unascelta di vita al difuori dei rigidi schemiimposti dall’educa-zione ricevuta. Sia infamiglia che nellavita. Rimettono a

RistoranteRiva:cucina personalecuriosa e d’equilibrio

Ristorante RivaVia Riva, 1629028Ponte dell’Olio (PC)Tel. 0523 875193

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sente drogata del “sistema”: dava grande importanza alconfronto, alla comunicazione, alla critica, insomma atutto ciò che riguarda un professionista quando entra afar parte di un conteso sociale, costantemente sotto iriflettori, come quello dei cuochi.Ma di questo “sistema” non si è mai sentita piena-

mente parte. La sofferenza al “sistema” le viene ancorpiù quando diventa mamma.“La scelta della professione di cuoco impone compro-

messi durissimi con l’altra parte del carattere femminile”

posto un locale, l’attuale, che eraprima adibito a bar tabaccheria enegozio alimentare con cucina.Il primo intervento che fanno è

proprio allargare la cucina.Nel suo nuovo locale, con due

raffinate sale e un dehor estivo, sidimostra subito una cuoca di ca-rattere, orgogliosa del suo lavoro,che sa tenere in pugno la cucinacon caparbietà e cocciutaggine.“Tutte le belle cose che si dicono

sull’orto, sulle erbe, sul km 0 io aquel tempo le facevo già, senza ne-anche pensarci su, in modo natu-rale... - mi racconta Carla - eranoanni in cui costringevo mio maritoa venire con me a raccogliere i pru-gnoli, nonostante magari avesse lafebbre, o facevo la marmellata coni petali di rosa canina...Sai quanti ce ne vogliono per

farne un barattolino?”.La sua è sempre stata prima di tutto una cucina

istintiva, anche se concepita con una certa tecnica affi-nata, di cui però non ha mai voluto sbandierare solo ilvalore della territorialità pura, ma quello della naziona-lità. Dei suoi fornitori, fidati e fedeli che la servono daquando ha aperto, infatti, ce ne sono molti di fuori midice: “che mi danno una materia prima eccezionalecome per esempio gli agnelli, o la carne di manzo e al-cuni formaggi che prendo da sempre in Piemonte”.Carla Aradelli ad un certo punto del suo percorso si

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Michelin nel lontano 1997 che tutt’ora mantiene.Il marito Maurizio, in sala sa infondere stima e fidu-

cia nell’ospite e da navigato sommelier offre, con stilediscreto e professionalità, il giusto abbinamento allepreparazioni della cucina attraverso una bella e fornitacarta dei vini.

- mi dice. “Fare la mamma è una cosa che ho scelto in li-bertà e alla cui libertà, non rinuncerò mai. Libertà, mia,ma anche di chi mi sta vicino”.Così ad un certo punto Carla si allontana dal “si-

stema”, diventa una mamma e una cuoca totale, ma“invisibile”. Decide di fare sul serio. Questa sua sceltacostituisce oggi un’eccezione nella “categoria”.Non si sente più legata ad un animo prettamente ar-

tistico, ma piuttosto ad un’esigenza di esercitare unmestiere che possa sostenere la sua famiglia e far felicii suoi clienti.La cucina di Carla è curiosa, d’equilibrio.Una cucina fondata su di lei.A tratti anche conservatrice, nel momento in cui

tutti innovano, ma sicuramente non banale da cuiescono piatti come per esempio: Baccalà con patate eciccioli di pancetta,Maccheroni fatti all’ago con salsicciapomodorini e zafferano, Crostatina all’uovo con fondutaal grana, capperi e carpaccio di tartufo nero della valNure, Piccione con porcini, mirtilli di montagna e ridu-zione al vino rosso, Cannoncini alla crema pasticcera sumacedonia di frutta secca e mele spadellate al calvados.

“Vorrei essere ricordata come una cuoca qualunque,ma una grande donna” - conclude Carla.Per completezza di cronaca, Carla Aradelli ha solo

42 anni, ma da 23 anni esercita questo mestiere, èdoppiamente mamma, fa parte dell’Associazione Jeu-nes Restaurateurs d’Europe, ed ha conseguito la stella

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RistoranteAnticaOsteriadella Pesa:cucina che si mordefantasiosa e stimolanteClaudio Cesena è un giovane arguto e gioviale che

per natura è portato a far sempre qualcosa.È il cuoco dell’Antica Osteria della Pesa che ha

aperto insieme al fratelloMarco nel 1996 sulle affasci-nanti colline piacentine di Travazzano di Carpaneto, eoggi trasferita in aperta campagna - tra Pontenure eCadeo - a completamento della splendida struttura ricet-tiva a quattro stelle “Cascina Scottina”.La sua storia professionale è lunga ed intensa nono-

stante abbia solo 37 anni. Nato in Germania, da madretedesca e padre italiano, Claudio sceglie la scuola alber-ghiera di Salsomaggiore, orientando inizialmente la suaidea verso l’arte pasticcera - una delle sue passioni - cheperò abbandona per studiare da cuoco tout court.

Durante il periodo scolastico nelle vacanze estive faesperienza presso il ristorante Da Giovanni a Cortinad’Alseno dove inizia a comprendere le dinamiche di cu-cina e soprattutto i ritmi intensi del lavoro di cuoco.Una volta diplomato si mette subito a disposizione del

Ristorante il Cacciatore di Sorbolo, poi del Tre Ville diParma. Ma è l’esperienza triennale al Ristorante Maps diCastell’Arquato, con il conseguimento della stella Mi-chelin, che lo gasa e lo convince che quella è la suastrada. Corsi di aggiornamento in diverse cucine, tra cuiquella di Filippo Chiappini Dattilo dell’Osteria del Tea-tro di Piacenza, e nei vari centri specializzati sparsi ingiro per l’Italia, lo aiutano a completare la sua forma-zione.

Antica Osteria della PesaStrada Comunale del RiglioLoc. Scottina29010 - Cadeo (PC)Tel. 0523 504232

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A Milano, nel 1995, si mette in sfida e si classificaprimo al Concorso nazionale per giovani cuochi organiz-zato dalla “Confrérie de la Chaine des Rotisseurs”, e poiterzo in Finlandia durante lo stesso concorso internazio-nale. I successi ottenuti spingono il fratello Marco aconvincerlo di aprire un loro locale: è così che ha iniziola storia dell’Antica Osteria della Pesa dei fratelli Ce-sena. Claudio in cucina e Marco in sala durante gli 11anni passati sulle colline di Travazzano ottengono nume-rosi successi in termini di clientela e soddisfazioni perso-nali. Ma non è quello il loro destino. Sul loro camminonel 2007 incontrano un imprenditore che li convince aspostare l’Antica Osteria della Pesa a Cascina Scottinache aveva appena rimesso a nuovo.

L’offerta è troppo allettante e il luogo proposto corri-sponde, nell’ambiente e nelle dimensioni, a quello a cuiloro aspiravano da sempre. E non se la lasciano scap-pare. Oggi coadiuvati da collaboratori giovani, i due fra-telli formano una squadra che si misura oltre che con laquotidianità del ristorante e le colazioni dell’albergo,anche con l’organizzazione di catering di qualità.Tutto espressamente preparato da loro.In cucina dell’Antica Osteria della Pesa, Claudio eser-

cita, con profonda competenza, una cucina concreta, maleggera. Una cucina fantasiosa e stimolante “che simorde”, dai gusti distinti, ma in armonia tra essi.Claudio non è più una giovane promessa, ma un pro-

fessionista sicuro e competente.

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Da sempre valorizza il territorio e la tradizione piacen-tina attingendo alle materie prime locali.I piatti che arrivano in tavola sono misurati, realizzati

con tocchi creativi, ma privi di inutili formalismi estetici:come la Crema tiepida di patate con prosciutto di maialenero cotto nella brace e sfoglia di pane croccante, i Panze-rotti a modo nostro con coppa croccante, i Ravioli ripienidi “picula ad caval” con verdura croccant e burro alla noc-ciola, il Cannolo di storione da noi affumicato con ratato-uille di piccole verdure all’olio verde, il Petto di piccionefarcito al tartufo e pistà ad gras, la sua coscia in crosta dipane, mostarda di frutta e verdura”.Ma nei suoi piatti Claudio celebra, per passione anche

il mare, con i leggeri sapori del pesce, come per esempioLa tavolozza di sapori di primavera con bocconcini dipesce spada, oppure I pesci di scoglio alla piastra sulla lorozuppetta con millefoglie di melanzana alla parmigiana.

Dolci da manicomio in cui si erge la zuppetta di fichial porto e cardamomo con gelato al timo.L’anno scorso è uscito in libro (vedi box a lato) intito-

lato “cuo chi due anime in cucina” - in cui Claudio Ce-sena è protagonista insieme alla collega a IsaMazzocchi del Ristorante La Palta di Bilegno. Un libroche racconta una cuoca e un cuoco, le loro scelte, i lorogusti, i desideri per rendere il lavoro di cuoco sempre piùbello, per loro e per chi ne gode i frutti.”

“cuo chidueanimeincucina”Cosa può portare due giovani cuochi, una

donna e un uomo, di uno stesso territorio condue ristoranti da mandare avanti, ad accettaredi stare tutti e due nello stesso libro?Che è un pò come condividere la gloria, un

terno al lotto, una riconoscenza grande, uname-daglia... Me lo sono domandato più volte maquando sono entrato in possesso del libro “cuochi due anime in cucina” ho capito.Tutti e due godono nel cucinare. Tutti e due

godono la “sfida” con se stessi: lo si percepiscequando li conosci personalmente come è capi-

tato a me di vederli all’opera,impegnati ciascuno nel pro-prio ristorante, nella propriacucina. Lei è Isa Mazzochi lacuoca patron del Ristorante LaPalta di Bilegno, lui è ClaudioCesena, cuoco patron dell’An-tica Osteria della Pesa del Re-lais Cascina Scottina.Tutti e due appartengono

alla stessa cultura. Loro duehanno scelto di condividere lascena da protagonisti di unlibro che parla di loro, in modoidentico se pur diverso, edhanno gioito nel condividerela scena. Del resto sono due al-truisti per eccellenza, che ac-cettano di buon grado lapresenza di comprimari. “cuo

chi due anime in cucina”è un volume che rac-conta attraverso le immagini di Fausto Mazza lestorie personali dei due protagonisti esposte amo’di romanzo da Alessandra Locatelli e LuigiFranchi.Un uomo e una donna davanti ai fornelli, con

le loro differenti caratteristiche e idee con duedifferenti approcci nel produrre una ricetta conlo stesso principale ingrediente.Il libro non è solo una food photography in-

tensa ed efficace, che esalta la prelibatezza deipiatti,ma anche il ritratto, umano e professio-nale, dei due cuochi immortalati nella loro ge-stualità quotidiana, tra pentole e fornelli.Isa Mazzocchi e Claudio Cesena con questo

libro secondome hanno dato tanto a se stessi,ma anche al mestiere di cuoco, contribuendo arenderlo un’arte condivisa.Per questo nessun appassionato riuscirà a ri-

manere totalmente indifferente di fronte a unsimile illustre connubio.

“cuo chi due anime in cucina”, isa mazzocchi eclaudio cesena: Foto di Fausto Mazza, GL. Editore,pag. 168, 20,00 euro.

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Vi sono dei luoghi predestinati, scriveva EduardShurè, saggista e poeta francese, che sembrano edifi-cati dalla natura per rappresentare agli occhi dell’uma-nità certe idee fondamentali la cui magia deriva daloro, non solo dalle tradizioni storiche, dalle leggendee dai ricordi che li hanno impregnati del loro pene-trante profumo, ma si direbbero santuari scolpiti daglidèi che vi si venerano per servir loro da abitazioni.Luoghi meravigliosi come l’Isola Serafini, una fra-

zione di Monticelli d’Ongina in provincia di Piacenza,a ridosso dell’unico imponente sbarramento idroelet-trico del corso d’acqua padano e l’unica abitata delGrande Fiume.

Qui nel piccolo borgo che conta una decina di abi-tanti ha affondato le sue radici l’Antica TrattoriaCattivelli.Una trattoria di famiglia, quella dei Cattivelli, in cui

tutti sono coinvolti: da papà Valentino, alla mammaCesira, alle figlieManuela e Claudia.Compresi Luca, il marito di Manuela eMassimi-

liano il marito di Claudia.All’inizio la Trattoria Cattivelli era un “baracchino”

il classico punto di ritrovo per merende a base di frit-ture e salumi. Con la nuova generazione i locali si am-pliano per andare incontro all’esigenza dei numerosiclienti che venivano qui per cercare una cucina casa-

linga e gustosa ad unprezzo assolutamentemodesto oltre che refri-gerio e aria buona.Man mano si allarga

anche il menu, con pro-tagonisti alcuni piattirealizzati con i prodottitipici, prima fra tutti ipesci d’acqua dolce comestorione, anguilla, luccioperca, pesciolino e pescegatto, e i prodotti dellaterra, con verdure e or-taggi di stagione, maanche carni. La trattoriaCattivelli pur essendooggi un locale che samettere a tavola centi-naia di persone, ha man-tenuto alto il valore disana trattoria: quella fon-data sulla cucina di casapropria che apre ai “fore-sti”. Gente alla mano,gentile e onesta, i Catti-velli. Che fa paio con illocale semplice, mamolto curato - nella sala

TrattoriaCattivelli:la cucina delle donnecome punto di forzaassoluto

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semplice e genuina, perfettamente intonata al luogoda cui escono piatti come per esempio l’Anguilla mari-nata della casa, il Luccio perca in salsa della bassa, iTortelli di ricotta ed erbette con burro e salvia, la Zup-petta di pesce d’acqua dolce, la Frittura di anguilla pescegatto e pesciolini, ilMio gelato al profumo di menta esalsa di liquirizia.

grande campeggia un enorme affre-sco sulla vita fluviale degli anni ’50del pittore Giacomo Malfanti, (checredo sia un pò l’orgoglio della fami-glia per come mi hanno chiesto difotografarlo), - come anche l’esternocon un bel pò di verde che ti fa sen-tire bene. La cucina governata datutte le donne Cattivelli è un puntodi forza assoluto di questa Trattoria:una storia generazionale legata allaristorazione, alla trasmissione deisaperi basati anche sulla manualità,sui gesti e i ritmi delle preparazionicon punte di eccellenza nella sele-zione delle materie prime comeanche nell’amore nel preparale.La qualità del cibo è encomiabile,

te ne accorgi da come riesce a sopravvivere la cucinadalle tecniche di cottura tradizionali.Quello della cucina col sapore di una volta dove la

vicinanza del fiume è evidente.Un tratto identitario forte che resiste saldamente,

nonostante la trasformazione dei ritmi di vita, la tecno-logia e la globalizzazione dei consumi. Una cucina

Trattoria CattivelliVia Chiesa di Isola Serafini, 129010 Monticelli d’Ongina (PC)Tel. 0523 829418

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Mai, come in questo lembo diterra tra Piacenza e Parma, ho tro-vato un numero così alto di donnebrave in cucina: alla faccia del notogiornalista britannico Sam Holdendel Daily Mirror che nel suo libro“Diary of a Hapless Househu-sband” sostiene che “le donne noncucinano bene come gli uomini eche anche quando sono cuoche di-screte non escono dal seminato, nonsorprendono e non regalano vereemozioni...”.Se è pur vero che la storia del

rapporto tra grande cucina e cuo-che donne è stata spesso la storiadi un rapporto difficile, tuttavia,dopo essere rimaste a lungo all’om-bra dei loro colleghi uomini suiquali si è spesso concentrata l’at-tenzione dei media, oggi le donnechef stanno rapidamente scalandoposizioni su posizioni e tendono adassumere sempre più spesso ilruolo di guida e di maggiore inno-vazione all'interno dei movimentigastronomici.Patrizia Dadomo, del Risto-

rante La Fiaschetteria nellabassa Piacentina è sicuramenteuna delle voci intriganti della cu-cina di qui, ma anche nazionale:cuoca autodidatta, ha rubato congli occhi il mestiere dalla sua fami-glia che da quattro generazioni ge-stisce la trattoria Vernizzi aFrescarolo di Busseto.Con un diploma da magistrale in

tasca Patrizia Dadomo non ha maipensato di professare l’arte per cuiaveva studiato da giovanissima.

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RistoranteLaFiaschetteria:cucina rivisitata, leggerae del benessere

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Così uscita dal tran, tran di cucinafamigliare, apre con il maritoGianni Rigoni la Trattoria Ver-diana a sant’Agata, poco distantedalla villa di Giuseppe Verdi.Un locale tra il bar-trattoria-ne-

gozio che si rivela subito stretto perle ambizioni professionali che i duerincorrevano. Per lasciare “inalte-rati” gli stili gastronomici a cui iclienti della vecchia Tarttoria Ver-diana erano abituati, e ridefinireuna propria cucina d’autore, i co-niumi Rigoni, aprono La Fiaschet-teria immersa nella tranquillacampagna di Besenzone. “Per fareuna cucina che fosse espressione delterritorio, ma che sapesse anche of-frire originali evoluzioni: una cucinaleggera e del benessere ancorata aiprodotti locali” - mi dice Gianni Ri-goni.In queste ex scuderie di una no-

bile casa di campagna del tardo‘600, Patrizia Dadomo e Gianni Ri-goni, trovano il loro luogo.Riordinano gli ambienti secondo

uno stile attento e rispettoso dellaclassicità del locale: rimangonoinalterati: i tipici soffitti a casset-toni che si fondono con le muraspesse, gli storici camini, le voltebasse e le finestre ampie.Riempiono le stanze da pranzo di

quadri e oggetti di pregio che sifondono in modo naturale con l’ar-redamento ed il tovagliato. Un via-letto di siepe conduce all’interno di

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questa splendida cornice in cuiall’esterno fa bella mostra la lam-pada insegna con incisa “La Fia-schetteria” acquistata dai dueconiugi ad un mercatino e da cuihanno ricavato il nome del loro ri-storante. L’altissimo gradimento trail pubblico e i critici, nel 1996porta La Fiaschetteria a fregiarsidella prestigiosa stella Michelinche tutt’ora mantiene.“La cosa strana è che, prima della

stella, sulla guida non eravamo nep-pure citati... insieme a Vissani,siamo l’unico caso del genere nellastoria della guida” - aggiungeGianni Rigoni.

Una cucina del territorio che Patrizia ha ad-domesticato, importando anche dai ricordidelle esperienze consumate durante le visiteai migliori ristoranti d’Italia per “osservare e ca-pire certe tecniche e gli ingredienti che si pote-vano adattare alla mia cultura” - mi dicePatrizia. Così nel suo menù trovano spazio, tragli altri, le Noci di cappesante rosolate al rosma-rino con passata di piselli e speck, la Terrina difegato grasso d’oca con bieta caramellata e panedolce all’uvetta, i Ravioli ripieni di faraona confonduta al taleggio, la Frittura di fegato di vi-tello tocchetti con porcini freschi, la Sfogliacroccante di mandorle con mousse di cioccolatocaramellia (cioccolate al latte caramellato). Lafiaschetteria è anche una deliziosa locanda dicampagna con tre sole camere da notte, arre-date con pregevoli mobili antichi e massimaattenzione ai dettagli, per un soggiorno silen-zioso e rilassante.

La FiaschetteriaLocalità Bersano, 59 bis29010 Besenzone (PC)Tel e fax 0523 830444

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AziendaAgricolaPizzavacca:prodotti secondo naturaIn provincia di Piacenza, sulle rive del Po, a Soarza di

Villanova sull’Arda, in una cascina dall’ingresso mae-stoso, ha sede l’Azienda Pizzavacca - della famigliaPisaroni che da diverse generazioni è impegnata nellaproduzione agricola tradizionale del territorio piacen-tino. 70 ettari coltivati a cereali, barbabietole da zuc-chero, mais, foraggi e orticole da campo, con i classicisistemi agricoli, a cui - da un pò di tempo - si sono ag-giunte le coltivazioni di ortaggi e piante da frutto per es-sere trasformati, sempre in azienda, in succhi di frutta,nettari di frutta, confetture, salse e conserve...

“Tutto nasce circa tre anni fa’ - mi dice Emanuele Pi-saroni, 30 anni, laureato in scienze agrarie all’Univer-sità Cattolica di Piacenza - quando una mattina almercato generale dove portavamo a vendere i nostri pomo-dori non eravamo riusciti a venderli per colpa della con-correnza di quelli esteri venduti a prezzi stracciati. Scossida questa esperienza, ma consapevoli della qualità dei no-stri, prodotti, l’indomani ci presentammo con dei barattolidi passata di pomodoro preparati da mia mamma... e fuun successone”.Reduci da questa straordinaria esperienza deci-

demmo di affiancare alla produzione agricola, la trasfor-mazione e la vendita diretta. Filiera corta, come si dicein questi casi. Frutta e verdura all’azienda agricola Piz-zavacca sono prodotte e raccolte tenendo in precisaconsiderazione il giusto periodo per ogni diversa varietà

e poi lavorate e trasformate senza conservanti grazie allaqualità degli ingredienti e ai procedimenti di imbotti-gliamento studiati ad hoc.I risultati sono da urlo per salubrità, sapore e gusto.

“Questa attività di trasformazione di prodotti ortofrutticoliè un valore aggiunto che si sta dimostrando sempre piùprezioso per noi” - continua raggiante Emanuele - e statrovando un notevole riscontro sia sul mercato nazionaleche estero”. La trasformazione dei prodotti mantienel’impronta delle antiche ricette della bassa piacentina enon prevede l’utilizzo di conservanti, coloranti e altriprodotti normalmente utilizzati nel settore industriale.Pere, mele, albicocche, susine, ciliegie, pesche è lafrutta prodotta rigorosamente in azienda, mentre ana-nas, arance e pompelmo e frutto di bosco arrivano dacoltivatori selezionati.

Per gli ortaggi solo il carciofo non fa parte della loroproduzione e arriva dalla Sardegna. Un rapporto cor-retto nella trasformazione di prodotti naturali che ancheper questo osiamo definire “puliti”. L’azienda Pizzavaccacrede molto ad una economia che contribuisca allo svi-luppo del territorio ed al lavoro a “dimensione umana”,secondo il principio fondamentale di tradizione.Oltre la sua famiglia, infatti, nella fase produttiva,

sono coinvolte le persone del posto: come la signoraAnna che pulisce le verdure de’ la Giardiniera megliodi una macchina o come la signora Teresa che preparale confezioni come un’artista modellista.“Ogni domenica - aggiunge Emanuele - ci presentiamo

in piazza con i nostri nuovi prodotti per farli assaggiarealla gente del posto: per noi il loro giudizio è fondamen-tale per continuare a crescere”.

Azienda Agricola Pizzavaccavia Po, 129010 Soarza di Villanovasull’Arda (Pc)Tel. 0523 837395

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TrattoriaCampanini:sobria ed intrisadi passioneMadonna dei Prati è un’enclave di campagna solenne

e severa, fatta di grandi spazi e di poca gente, rimasta ru-rale nonostante il 2010, denominata così per il suo san-tuario ove si venera fino dal 1600 un’antica immaginedella Beata Vergine Maria, Santa Madonna dei Prati diBusseto. Su tutto il pae-saggio attorno per parec-chi chilometri troneggia ilprofilo alto quasi 20 metridi questo Santuario distile bramantesco co-struito, così come ora sitrova, negli anni 1690-1696 su progetto dell’ar-chitetto Don FrancescoCallegari di Roncole.Difficile dire se sono i

caratteri a plasmare i luo-ghi o viceversa. Fatto stache questo Santuario inqualche modo ha condi-zionato e condiziona tut-t’ora la TrattoriaCampanini. Si perché te-nuto conto che Madonnadei Prati, non aveva altrarinomanza se non quelladerivata dalle pratiche re-ligiose che si tenevano at-torno alla chiesa e cherichiamavano periodica-mente masse di fedeli chedovevano in qualchemodo anche essere sfa-mati, un certo Don LetoBocelli, nel 1911 decisedi aprire un punto di ri-storo presso la sua chiesa,destinando a questo uso ilportico dell’oratorio.La conduzione del nuovo punto ristoro per i pellegrini,

fu affidata al signor Oristodemo Oppici.Il contratto, della durata di tre anni, però fu disdetto

prima della scadenza perché Oppici non mantenne fedeai doveri contrattuali che riguardavano gli obblighi impo-sti dalla serietà del luogo piuttosto che ai piaceri della

mensa. Oppici lasciò i locali, ma continuò la sua attivitàcoadiuvato dai figli, in un modesto locale costruito apoche decine di metri che è ancora l’attuale locale dellatrattoria Campanini. La nuova attività funzionava ancheda negozio in cui si trovava tutto ciò che poteva essere

utile alla vita quotidiana della gente che a poco a pococompose il primo nucleo di abitanti di Madonna deiPrati. Agli Oppici in seguito successe uno dei nipoti,Romano Campanini, a cui si deve la nascita della“torta fritta” diventata famosa in quasi tutti i ristorantidella Bassa Parmense. Attorno alla fine degli anni ’60 latrattoria passa di nuovo di mano. Tocca agli attuali Cam-

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Trattoria CampaniniVia roncole verdi 136Madonna Dei Prati (Parma)Tel. 0524 92569

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panini - parenti stretti del Romano - portareavanti la tradizione di famiglia. La famiglia diStefano Campanini con mammaMaria, incucina da una vita, e la sorella Franca in sala,rinnovano la gestione e iniziano una graduale enormale evoluzione, tenendo conto delle nuoveesigenze della clientela che comincia a fre-quentare la Trattoria anche la sera. Torta Fritta,pasta tirata a mano, i grandi salumi del territo-rio, selvaggina e animali da cortile ruspantierano le proposte che recitava il “nuovo” menu.Lavorato con lo stile di vita sobrio e intriso di

passione che li distingue.L’ambiente della Trattoria Campanini è rigo-

rosamente da locale di campagna, diquelli che riescono clamorosamente amettere d’accordo tutti: una trattoriadi famiglia degna di questo nome e pergiunta ricca di inusuali accorgimenti.Come quello di aver mantenuto saldala produzione dei migliori salumi, Cu-latelli di Zibello D.o.p. compresi, con-servati in una cantinetta storica afianco del Santuario. Cuoco autodi-datta Stefano apprende il mestieredalla nonna e dalla mamma motivatoda grande passione.Pur definendosi tradizionalista puro,

nell’elaborazione dei suoi piatti ponemassima attenzione anche a quelleche sono le nuove esigenze della clien-tela che lo portano a sconfinare - avolte - verso piatti originali che richia-

mano comunque gli antichi sapori.Come per esempio le “caramelle”

di taleggio (pasta ripiena), con cu-latello di zibello e formai di bruna,lo zabaglione balsamico, (marchioregistrato dai Campanini), con sca-glie di Parmigiano Reggiano 36mesi, la crema rovesciata al ciocco-lato e rhum. A garanzia di una tra-dizione culinaria radicata inveceStefano Campanini e mammaMaria propongono il tagliere di cu-latello di Zibello e spalla di San Se-condo con Torta fritta, la Trippaalla parmigiana, il Guanciale dimaiale al Lambrusco con polenta.Ricca la proposta dei vini con

oltre 250 etichette di cui circa unacinquantina di Champagne.

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Per chi ancora non lo sapesse e identificasseMas-simo Spigaroli solo, (si fa per dire), come il Presidentedel Consorzio del Culatello di Zibello e l’attento alleva-tore o produttore di salumi unici dell’Antica CortePallavicina, si sbaglia di grosso.Infatti Massimo è anche cuoco rinomato, impegnato

non solo nello storico locale di famiglia Il CavallinoBianco, ma oggi anche nel nuovo Ristorante del Re-lais Antica Corte Pallavicina. Oltre che in tutto ilmondo, a rappresentare la migliore cucina della suaterra. Già da bambino le doti culinarie di Massimo sifanno avanti: nelle pause scolastiche si dà da fare al ri-storante di famiglia Il Cavallino Bianc il prossimo annocompie 50 anni: lo aprirono infatti suo padreMar-cello e la mamma Enrica proprio sulla sponda del Po,nelle vicinanze dell’imbarcadero.Da subito il locale cominciò ad attirare clienti tanto

da trasformarsi in un accogliente Lido-Osteria dove sipoteva con pochi quattrini mangiar e bere bene, e, neifestivi, anche ballare. Un ristorante di famiglia in cuiMassimo appena cresce si da subito da fare, aiutandola zia Emilia, cuoca dalle doti culinarie speciali, nei la-vori di cucina. Da lì all’iscrizione alla scuola alberghieradi Salsomaggiore per frequentare i corsi di cucina, ilpasso per Massimo fu naturale. La passione lo spinge,a soli 16 anni, fino a Lione nel ristorante di Paul Bo-cuse: “ne avevo sentito tanto parlare e lo raggiunsi intreno e poi in taxi per approfondire la mia conoscenzasulla nouvelle cuisine, il movimento che in quegli annistava affondando le sue radici anche in Italia - mi dice -fu un’esperienza che segnò il mio percorso futuro in cu-

cina, ma non solo - continua - perché capii che i francesisopra ad un prodotto che aveva poco da dire ci costrui-vano giganteschi monumenti!”.“Mi colpì però molto il fatto che Bocuse facesse

“uscire” in sala i cuochi che portavano in tavola le prepa-razioni, a discapito della professione dei camerieri... Da

AlCavallinoBiancoeRistorantedelRelaisAnticaCortePallavicina:cucine d’eccellenzacon cuore inmovimento

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Ristorante Al Cavallino BiancoVia Sbrisi, 2 - 43010 Polesine Parmense (PR)Tel. 0524-96136 - Fax 0524 96416

Ristorante del Relais Antica Corte PallavicinaStrada del Palazzo Due Torri, 3 - 43010 Polesine Parmense (PR)Tel. 0524 936539

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questa esperienza capii che con il nostro territorio, lenostre professionalità e i nostri prodotti, si poteva faremolto di più di quanto si era fatto fino allora”.Massimo Spigaroli inizia così quindi un percorso di

valorizzazione del patrimonio eno-gastronomico delterritorio, impegnandosi ancor di più sia in cucinacon la preparazione dei piatti sia in azienda nella pro-duzione di salumi. Giovanissimo, al Circolo della

Stampa di Parma, presenta un piatto speciale di suacreazione Il fegato in reticella alla Spigaroli, che diventòsubito il “Piatto del Buon Ricordo” del CavallinoBianco, confermando così la speciale dimestichezza diMassimo Spigaroli tra pentole e fornelli.Il sogno che aveva da bambino di fare il cuoco si

stava avverando. Prima dei vent’anni ha collezionatoesperienze in importanti alberghi a 5 stelle in Italia eall’estero, e la partecipazione a importanti concorsi ga-stronomici lo legittimano come uno dei più autorevoliinterpreti della cucina del territorio.Nel frattempo cura anche l’amore per il culatello che

produce di fronte al suo ristorante e stagiona nellesplendide storiche cantine. La sua ricerca della qualitàestrema anche in questo campo, lo porta in poco

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tempo a diventare il più importante ambasciatore delculatello fino alla carica di presidente del Consorzio.Lavora sempre sodo Massimo Spigaroli, ma non gli

mancano le soddisfazioni: negli anni a seguire incontra- nella duplice veste di cuoco e produttore di salumi -presidenti di Repubblica, principi, personaggi famosied illustri. Al Cavallino Bianco la sua cucina rimaneancorata alla tradizione, con alcuni piatti evoluti chehanno segnato la crescita di questo ristorante come peresempio il Tagliere di Culatello di Zibello di 20 mesi, iTortelli alle erbette alla parmigiana, il Filettino nero in-tramezzato di Tosone e Culatello, il Semifreddo di Giu-seppe Verde.Qui il valore fondamentale sono i clienti che cer-

cano i piatti dell’identità del Cavallino Bianco, il ser-vizio fatto in un certo modo, che frequentano illocale perché rappresenta anche la storiadel patrimonio della Bassa Parmense.Massimo Spigaroli nel nuovo Ri-storante del Relais Antica CortePallavicina, invece, si concentraper rafforzare questa identità diterritorio e va oltre: “la vastità e laqualità dei prodotti di questa terra,

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mi offre la possibilità di ricercarequotidianamente nuove vie chesiano in grado di suggerire combi-nazioni di gusto, magari fin’orainespresse” mi dice.Con l’esperienza, la sua cucina

ha assunto dimensioni diverse ediversificate. Qui si impegna inuna cucina di ricerca, di costru-zione e di elaborazione. Anche seil riferimento di fondo rimanequello originale, quello che glihanno insegnato i suoi genitori:della filiera corta che attinge dalleproduzioni proprie come quelledell’orto a fianco - o al massimolocali - per tutto ciò che serve aprodurre quotidianamente ilmenu.“Il punto di congiunzione sta nel

fatto che la tradizione non è affattoconservazione - mi dice - la tradi-zione per me significa radici ed è lafondamenta su cui costruisco ilmio lavoro in cucina….che peròattualizzo nel mondo in cui vi-viamo, con la realtà odierna, con ilnuovo, con l'occhio rivolto almondo che cambia ogni giorno. Edio cerco di impegnarmi per cam-biarlo in meglio”.È questa la grande sfida! “Pren-

diamo per esempio la nuova cucinache ho allestito per il ristorante Re-lais Antica Corte Pallavicina -

continua ancora Massimo - non a caso è attrezzata ditutto punto, con macchine in grado di farci svolgere me-glio il nostro lavoro, con piani cottura all’avanguardia,con cappe d’aspirazione ultima generazione e perfinol’aria condizionata... Cose - continua - che ci permettonodi lavorare in un ambiente anche più sano, con pentoledi ogni materiale e forma in grado di cuocere con ognitecnica e frigoriferi adatti ad ospitare diversi prodotti chenecessitano di stare a temperature differenti” - conclude.Ma questa filosofia si esprime anche ai tavoli, con la

posateria d’argento, il tovagliato di lino, il servizio pro-fessionale ed attento, svolto con calore e rapporto

umano, che sono alla base del modo di interpre-tare la ristorazione di Massimo Spigaroli.

La tangibilità di una cucina seria equalificata che offre motivi e

spunti che vanno oltre il cibo,attraverso il cibo come l’An-guilla marinata con uvettae ratatouille di melan-zana e pomodoro, ilCrudo di Bue con ver-dure, i Ravioli di Luma-che, il Petto d’anatra, ilCaramello.

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RelaisAnticaCortePallavicina:dimora di campagnaper soggiorni ispiratiL’Antica Corte Pallavicina è uno degli esempi di

straordinario recupero di una dimora storica a tu-tela di un territorio che conserva, lungo il suogrande fiume che lo segna, il Po, alcuni fra i più im-portanti e inimitabili patrimoni di saperi, sapori eprofumi d’Italia. L’opera di risanamento dell’AnticaCorte Pallavicna, compiuta negli anni dai fratelliMassimo e Luciano Spi-garoli ha dato vita aqualcosa di assoluta-mente straordinario:una testimonianza sto-rica di assoluto rilievo,che fu dimora del ramolocale dei Pallavicino eluogo d’ispirazione perGiuseppe Verdi durantela creazione di Aida.L’Antica Corte Pallavi-

cina è stata riportataagli antichi splendori incombinazione alla suaoriginale funzione chesvolgeva in antichità:nei suoi terreni, traprati e boschi, infatti, vi-vono tutti gli animalidella bassa e dell’altacorte, dall’anatra all’oca,dalla vacca al maiale,che con cura e nel ri-spetto del benessereanimale vengono alle-vati secondo natura peressere poi trasformati in straordinarie prelibatezzelocali. Ma l’Antica Corte Pallavicina, è anche relais edospitalità. Le 6 esclusive camere, di cui 2 Suite, sonotutte al primo piano servite da ascensore. Sonosemplicemente eleganti, corredate da tutti i com-fort e curate al dettaglio, con grandi vasche dabagno ed arredamenti d’ epoca alleggeriti da insertimoderni, con saponi sempre artigianali. Dotate dicamini funzionanti, presentano bagni ricercati conlavabi realizzati dagli artigiani del posto, con stuoiedelle docce in legno di pioppo, un piccolo bar e unamoscarola sempre rifornita di buon Parmigiano-Reggiano, pane, salame e vino, per un soggiorno al-l’insegna del piacere a 360°.

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IlCulatellodiZibellopassione di gusto garantitoLa Denominazione di Origine Protetta “Culatello

di Zibello” DOP, è riservata esclusivamente al pro-dotto di salumeria che risponde alle condizioni ed airequisiti stabiliti nel discipli-nare di produzione.Il Consorzio ha stabilito

che la lavorazione deve avve-nire solo ed esclusivamentenel periodo tra ottobre e feb-braio, quando la bassa è av-volta dalla nebbia e dalfreddo. È in quel periodo chela parte di carne ricavatadalla coscia dei suini adulti,allevati secondo metodi tradi-zionali nei territori di compe-tenza definiti nello stessodisciplinare, viene decoten-nata, sgrassata, disossata, se-parata dal fiocchetto e rifilataa mano, così da conferirle la

caratteristica forma “a pera”. La massa muscolare cosìottenuta viene salata manualmente a secco. L’opera-zione di salagione ha una durata che va da uno a sei

giorni mentre la fase di stagiona-tura non deve durare meno di 10mesi a partire dalla fase di sala-tura. Durante tale periodo è con-sentita la ventilazione,l’esposizione alla luce ed all’umi-dità naturale tenuto conto dei fat-tori climatici presenti nella zonatipica di produzione. Alla fine ilculatello si presenta con un pesoche varia dai 3 ai 5 kg, imbrigliatoin giri di spago tali da formareuna sorta di rete a maglie larghe,dal profuno intenso e caratteri-stico. In bocca è morbido, dolce,delicato e persistente. Così buonoche una fetta tira l’altra senzastancare mai.

Ogni anno solo 13.000 pezzi si possono fregiare della DOP e del marchio dei produttori aderenti al Consorzio del Culatello di Zibello.

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Se dovessi riassumere l’esperienza consumataall’Hostaria da Ivan di Roccabianca lo farei con ladescrizione di Cuccagna: paese favoloso dove regnanol’abbondanza e le delizie del bere e del mangiare e diogni altro facile piacere e godimento dei sensi (Batta-glia S., Grande dizionariodella lingua italiana, UTET).L’Hostaria da Ivan è un’oasi

di civiltà conviviale creata daun mancato “modellista” -Ivan Albertelli - con unamore viscerale verso il vino eil cibo, e da una mancata in-fermiera - sua moglie Bar-bara - cuciniera dal caratteremite. Che un pò è costrettaad assecondare il marito so-gnatore.Tutti e due hanno deciso

nel 1994 di mettersi a fare gliosti, uno dei mestieri più vec-chi del mondo, si potrebbedire e a primo acchito, un me-stiere su cui, si pensa male,non c’è niente da imparare.E invece... Così rilevano il

Bar di Fontanelle a Rocca-bianca per ricreare l’osteriavera, quella di una volta: vinie salumi innanzitutto.

La costruzione dell’immagine dell’Hostaria da Ivan èassoluta e assolutamente originale fin dall’inizio.Grazie soprattutto al lucido sguardo laico di un oste

come lui che esalta le cose in cui crede (primo fra tuttiil piacere del vino), e restituisce ai commensali le coor-

dinate del piacere intenso,alto. L’Hostaria da Ivan cosìcom’è all’inizio affascina, facapire subito ai suoi ospitiche qui possono trovarecibi e vini buoni.Ivan lo fa anche per allu-

sione accompagnandoli permano in un contesto digioia esistenziale: fino aquando non la si incontraquest’osteria, e il suo Oste,soprattutto, rimane un sen-

HostariadaIvan:felicità enogastronomicalaica e generosa

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timento sconosciuto per molti. Nel 2005 l’Hostaria daIvan cambia sede: si trasferisce nella casa di fronte ediventa anche Locanda.Nei nuovi spaziosi ambienti, prende forma anche

una cucina più strutturata in cui Barbara cucina i piattidella tradizione, quelli delle “rezdore” della zona, conimpegno e devozione, ma soprattutto mai in manierabanale. Una cucina che richiede molto tempo ricca diingredienti e materie prime della zona.Una cucina mai dimenticata, e riproposta nella ma-

niera più fedele, ma anche alleggerita dove si può: ilTosone fritto avvolto in pancetta, le Lasagnette di pastaall’uovo con ragù di manzo e fonduta di parmigiano, iPisarei (gnocchetti di pane e latte) con sugo ai fagioliborlotti, la Crema di zucchine con timo e olio extra ver-

gine d’oliva ligure, i Tortelli intrecciati con ripieno diprezzemolo e ricotta, al burro e salvia, gli Stracci dipasta alle biete, con Sugo ai peperoni e acciughe susalsa delicata di taleggio, gli Gnocchi di patate con pestoleggero e julienne di pecorino, la Trippa alla parmigiana,il Polletto alla cacciatora con verdure, le Costine di ma-iale grigliate con patate e senape la crudità di carne pie-montese di fassona.E ovviamente i salumi tipici con Culatello del Con-

sorzio di Zibello, Prosciutto Crudo di Parma 28-30mesi di stagionatura, coppa di testa di maiale, Strol-ghino, ecc... Quando si entra all’Hostaria Da Ivan lecasse di vini e le immense bottiglie accatastate in ognidove ti fanno già avvertire che qui il bere è una praticamolto importante collegata al mangiare.

Hostaria da IvanStrada Villa - Fontanelle, 2243010 Roccabianca (PR)Tel. 0521 870113

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Si avverte, dalla mole di tappi a fungo - ap-pesi a formare una scultura - che le bollicine,qui, sono di casa. In numero considerevole dietichette e abbondanti scorte nazionali e fran-cesi. Qui tutto si apre, tutto si beve, tutto si fi-nisce fino all’ultima goccia.E se non lo si fa seduti comodamente ai ta-

voli della spaziosa e luminosa sala da pranzocon vista su un giardinetto all’italiana curatis-simo, Ivan ci invita nel suo chiosco cantina.Un locale raccolto in cui regna un disordine

controllato con libri e riviste chespuntano ovunque tra le bottiglieesposte (stupisce la raccolta di bolli-cine….) e i salumi appesi, in cui allepareti sfoggiano, tra le altre cose,una bandiera italiana e le elucubra-zioni firmate da vignaioli e amici.Qui l’oste accoglie i commensali e

gli amici con un buon bicchiere divino, solitamente Champagne, e liinduce a chiacchiere e a socializzare.E immersi tra tutti questi simboli delvino si trae solo linfa per un’allegriadisincantata comune, oltre che go-dere della generosità assoluta del-l’oste.Ivan è un oste evoluto e credo che

abbia anche anticipato i tempi in al-cune forme di comunicazione del-l’eno-gastronomia che per moltotempo è stata suddita di false retori-che modaiole-culturali. Informatevisulla sua “Salumoterapia”: unasorta di viaggio full immersion tra ilpiacere delle bollicine e i salumidella bassa, proposto a tutti coloro iquali vogliono vivere il cibo e il vinocon maggior leggerezza per una feli-cità eno-gastronomica più vera.

LaSpallaCottadi SanSecondoLa Spalla Cotta di San Secondo, è un altro formidabile

prodotto di questo territorio che merita di essere de-scritto. Uno dei salumi preferiti dal grande GiuseppeVerdi. La Spalla Cotta di San Secondo è prodotta su

un’area ben circo-scritta della pia-nura parmensecompresa tra Fon-tanellato, Rocca-bianca ePieveottoville, dicui San Secondocostituisce l’epi-centro. I quantita-tivi che qui siproducono sonoestremamente li-mitati: oggi nellazona tipica si regi-stra una produ-

zione di circa 20.000 spallel’anno, che viene assorbita dalconsumo famigliare e dai ri-stornati e trattorie della zona.Già conosciuta e apprezzatagin epoca romana per la suaprelibatezza la spalla cotta diSan Secondo era utilizzata avolte comemoneta di scam-bio. La fabbricazione (che unavolta non prevedeva l’asporta-zione dell’osso, oggi intro-

dotta per ragioni pratiche e di consumo) inizia con larifilatura della spalla (parte superiore della coscia ante-riore del maiale), cui segue la salatura e la “concia” conpepe, cannella, aglio e noce moscata. Dopo un paio disettimane di “riposo” in ambiente freddo, il trancio vienearrotolato e legato prima di procedere all’insacco nellevesciche di maiale e ad una seconda legatura. La stagio-natura minima prevista è di unmese e mezzo poi laspalla viene lavata in acqua e aceto e quindi cotta per 4fino a 8 ore a secondo della grandezza. Il risultato è unsalume particolarmente profumato e tenero, il suo sa-pore è dolce e delicato. Può essere consumato anchefreddo,ma dà il meglio di sé quando viene gustato tie-pido e tagliato a fette grossolane. Tradizionalmente laspalla veniva consumata nel periodo estivo, quando ter-minava il processo di stagionatura, nel periodo in cui ca-deva a San Secondo la Fiera Grande, oggi trasformatanella Fiera della Spalla e della Fortanina (il vino-bibitalocale che ben s’accompagna alla spalla).

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La prima sensazione che si ha nell’en-trare a “La Stella d’Oro” è quella cheperfino l’aria che si respira sia pervasadalla tradizione della ristorazione. Chesprigiona anche da colui che con forza epassione gestisce il locale.Te ne accorgi infatti quando il patron

del ristorante lo vedi intento nelle opera-zioni di religiosa stappatura di una “bolli-cina” per dei clienti che si fidano: un veroe proprio anfitrione capace di far starbene chi si siede ai suoi tavoli.Lui èMarco Della Bona 52 anni, di cui

20 anni trascorsi in un ristorante a Parmache condivideva con un socio. Prima an-cora scuola all’Alberghiero di Salsomag-giore, stage su è giù per la Francia el’incontro con George Cogny.Tanta storia.Come quella di Soragna - dov’è nato

Marco e in cui si trova il ristorante Stellad’Oro - le cui origini risalgono ai longo-bardi: all’epoca del re Liutprando il borgoera un feudo imperiale dei Pallavicino, poimarchesato, infine principato, “e potevaanche battere moneta”.In questo piccolo borgo antico immerso

nella campagna emiliana vicinissimo aParma e Fidenza Marco Della Bona tornaalle sue origini dopo l’esperienza par-mense e una stella Michelin alle spalle.Ci ritorna per, e con, la sua famiglia, mo-glie e figlia. Ma anche per ritrovare quel-l’intimità contadina da cui egli proviene.L’idea è quella di rilevare un vecchio lo-

cale per mettere su una cucina da tratto-ria: salumi - di cui Marco è un grandeintenditore soprattutto di Culatelli - for-

RistoranteStellad’Oro:cucina ricercata, applicataalpatrimonio locale

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cere del cliente, comincia a meditare su quelcommento. E a tornare un pò indietro, applicandocerti principi di ricerca al patrimonio della tradi-zione, alle materie prime locali.Le sue conoscenze tecniche e professionali di

cucina, da quel momento le usa soprattutto a fa-vore dell’equilibrio, della difesa della memoria edell’identità del territorio. E, attraverso una cu-cina di grande classe, dove preparazioni tipicheparmensi e materie prime locali riescono a fon-dersi con grande naturalezza insieme alla sua fan-

maggi e qualche piatto caldo abbinato a vino buono.Ma la sua caratteristica lo dirotta nuovamente verso

una ristorazione di un certo livello “non ci stavo coiprezzi da trattoria - mi dice - per quello che offrivo”.Per forza: già solo le bottiglie di vino che circolano

in carta a La Stella d’Oro - oltre 1.500 etichette fra imigliori nazionali ed internazionali, soprattutto Cham-pagne - lasciano trasparire le ambizioni di Marco. Chesono quelle di proporre alla sua clientela solo il me-glio! Così il locale viene rimesso a nuovo, con inter-venti curati da cui si ricavano due sale luminose,

raffinate ed accoglienti, più un cor-tile interno per la sosta convivialedurante il periodo estivo. Nel tran,tran quotidiano che si consumavaall’inizio a La Stella d’Oro ad uncerto punto la sua indole di cuoco dicucina “moderna”, che si porta dietrodalla città, viene messa in discus-sione da un suo cliente che dopo unpranzo gli dice: “potevi fare a meno didarmi forchetta e coltello per mangiaretutte ‘ste pappette”.Lui che cercava di mettere nel

piatto originalità, col dovere della ri-cerca, ma sempre guardando al pia-

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tasia, riconquista ilsuo cliente, cosìcome tanti altri, oltreche i riconoscimentidella critica.Sono anni di

grandi soddisfazioniin sintonia anchecon l’euforia del set-tore che tira.Tant’è che da

buon imprenditore,oltre che cuoco pa-tron, Marco DellaBona ristruttura lecamere ai piani su-periori de La Stellad’oro per farne una“locanda” di un certolivello, formandoanche la squadra cheporta avanti oggil’impresa: oltre lui, lamoglie, la figlia, ilgenero e 5 dipen-denti, impegnati tracucina e sala. Forni-tori fidati, capaci di

sostenere il giusto rapporto tra qualità e quantità deiprodotti, mettono in mano a Marco una materia primache qui, a La Stella d’Oro, con grande sapienza vienemodellata secondo una cucina della “forchetta”, dellatradizione rivista e alleggerita, piena di forza, fantasia esapore. Come la Tartare di carne cavallo, sanato e chia-nina, il Savarin di riso con salsa di funghi porcini e pol-pettine di carne, laMazzancolla con patate allozafferano e salsa calda rosa, la Suprema di faraona cara-mellata all’aceto balsamico con sedano, mele e ribesrosso, la Zuppa inglese.

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Ristorante Stella d’OroVia Mazzini, 8 - SoragnaTel. 0524 597122

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al consumatore”. Con un rapporto diretto con le filiereagroalimentari e quindi di facile rintracciabilità.All’inizio aveva la funzione di un vero e proprio spac-

cio di un caseificio, poi nel 2003, grazie alla direzionedi Silvano Romani, Agrinascente ampia la gammadella proposta dei prodotti uscendo anche dai confinilocali, pur mantenendo alto - con oltre l’80% - la quotadi quelli del territorio.Quando si entra all’Agrinascente lo stupefacente as-

sortimento di prodotti di qualità, (circa 4.000 refe-renze), i rutilanti scaffali ricolmi di prosciutti e

formaggi, i banconi frigo a vetrina, a cui ci siaccosta per farsi servire dal personale alta-mente qualificato e di maturata esperienza, cisi rende conto che questo negozio è davveroun concentrato di genuino amore per il cibo eper i suoi processi produttivi.Qui si è immersi tra straordinarie varietà di

salumi, parmigiano, formaggi di ogni sorta,confetture e vini. Il tutto su una superficie di500 metri quadri a forma ottagonale che lorende ancor più suggestivo e unico.Il negozio Agrinascente oggi è diretto da

Aurelio Burlenghi, professionista impegnatonel settore della selezione e vendita di prodottiagro-alimentari di qualità da oltre vent’anni: “èun negozio unicamente dedicato ai prodottid’eccellenza dell’alta gastronomia con una varie-gata proposta di vini, il tutto all’insegna del

buono e garantito a prezzi inte-ressanti proprio perché la filieracommerciale è corta” - mi dice.Ma l’Agrinascente, oltre cheuna realtà commerciale èanche un’abilissima operazionedi marketing del territorio: unluogo dove riscoprire un rap-porto naturale ed autentico colcibo legato fortemente al terri-torio. Prenotando preventiva-mente, infatti il personalequalificato dell’Agrinascenteaccompagna i propri clienti inun percorso didattico con visitealle realtà produttive, per ap-

prendere, approfondire e conoscere la storia dei pro-dotti, dei produttori e delle tecniche di fabbricazione.

Sull’autostrada A1, Milano-Bologna si esce al casellodi Fidenza/Salsomaggiore Terme per due motivi: perun giro all’Outlet “grandi firme”, che sta viaggiando sunumeri di presenze annue esorbitanti, e per il negoziodi Agrinascente dove si trova il meglio della vocazioneagroalimentare della Food Valley parmigiana.In questa terra che è la sintesi di arte - con la via

Francigena e i percorsi verdiani, e di benessere - con ilsistema termale che comprende Salsomaggiore e Ta-biano, il negozio di Agrinascente, nasce dieci anni fa -in tempi non sospetti - con l’intento di offrire ai suoi

clienti un’offerta ampia especializzata di prodottiagro-alimentari di qualitàdel territorio.Ma nello stesso tempo

anche per integrare gliaspetti commerciali del ciboa quelli culturali. Un grandeappeal enogastronomicoche, in più, al sistema com-merciale, affianca un si-stema produttivo impostatocon regole etiche condivise con i propri fornitori e coni propri clienti, in un’ottica di servizio “dal produttore

Agrinascentenegozio gourmet specchiodel territorio

Agrinascentevia San Michele Campagna, 2243036 FidenzaTel. 0524 522334

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Il Parmigiano Reggiano è uno dei più importantisimboli del made in Italy e rappresenta una delle ec-cellenze agro-alimentare italiane nel mondo.Il prodotto è il risultato di un

disciplinare di produzione assai ri-goroso: la qualità inizia fin dallastalla, con l’alimentazione control-lata dei bovini, e continua nei ca-seifici con l’attenta e rigorosatrasformazione.Nel cuore della zona tipica del

Parmigiano Reggiano, il Caseifi-cio sociale Coduro interpretaquesta filosofia nel pieno rispettodi tutte le regole. Sorge intornoalla metà degli anni ’60, in localitàCoduro di Fidenza in provincia diParma e dal 1984 è condotto dallafamiglia Serventi, casari da unavita. Una lunga tradizione fami-liare oggi in mano a Fabio Ser-venti, quarantenne animato daun forte impegno nel migliora-mento qualitativo della lavorazione del latte.Il maestro casaro Fabio Serventi infatti ha im-

parato l’arte della trasformazione del latte a soli14 anni, ma non disdegna dell’aiuto delle nuovetecnologie per produrre sempre formaggi migliorisotto tutti i punti di vista. Oggi insieme a lui lavo-rano sua madre, sua moglie e due giovani aiutanti.Due generazioni di casari, quella della famiglia

Serventi, che come dicevonon rinunciano all’uso dellemoderne tecnologie, pur rima-nendo sempre ancorati al ri-spetto della tradizione.Ogni giorno Fabio Serventi

con i suoi collaboratori lavorain qualità di “casaro appalta-tore” il latte raccolto dai 5 sociconferenti, trasformandolo informaggio.

CaseificioCoduro:saperi e saporidell’arte casearia

Caseificio Sociale CoduroVia Coduro,43036 FidenzaTel. 0524 523720

35-37.000 quintali di latte all’anno, utilizzati in mas-sima parte per la produzione del Parmigiano Reggianodop, ricotta e il tipico tosone (una striscia lunga e sot-

tile dalle forti sensazioni lattiche,privo di sapidità e dalla caratteristicastruttura compatta e particolarmenteelastica). Il Parmigiano Reggiano quiaffronta tutte le fasi di lavorazionefino alla stagionatura per almeno 24mesi, prima di essere marchiato ecommercializzato.“Questo mestiere si tramanda in fa-miglia, ma oggi c’è il rischio di perderequesta conoscenza” - mi dice FabioServenti - c’è bisogno di una scuola diformazione che sappia trasmettere,oltre che i saperi della tradizione,anche una professionalità a passo coitempi”.

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serva intatto il suo arredamento originario e trasmettelo spirito del tempo, con i profumi ed il gusto della tra-dizione. La porta d’ingresso si apre su un’intera paretedi legno di noce e radica con tantissime mensole apiani ognuna delle quali contiene barattoli di cara-melle, confetture, tè, pasta, farina, liquori, distillati,caffè, cioccolatini, tonno, ecc.ecc.Come anche i piani degli scaffali di lato che conten-

gono i vini, spumanti e champagne soprattutto. Il ne-gozio di Negrotti è interamente avvolto dal legnooriginale dell’epoca, compreso il lungo bancone su cuifa bella mostra di sé un macina caffè d’epoca pronto asminuzzare profumati chicchi di caffè.Quando arrivo qui in un tardo pomeriggio d’agosto il

signor Negrotti è curvo sul bancone, intentoa pesare per una sua cliente una polvere gial-lastra presa da una brocchetta di ceramicabianca con la scritta in blu “Antica Droghe-ria Negrotti” e sopra un’etichetta sbiadita:senape. L’eleganza che mette Giorgio Ne-grotti in quei suoi gesti lenti, meccanici ètale da conferire all'ambiente un aspetto deltutto surreale, come una favola, un raccontodi un tempo passato, un universo parallelo emisterioso. Quasi magico. Dove si respira an-cora l’atmosfera dei tempi passati, con quelgusto d’antan che trasmette anche l’appa-rente ordine che caratterizza tutto il negozio.

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Da secoli la drogheria Negrotti è l’ombelico di Fi-denza grazie alla posizione privilegiata con le sue stori-che vetrine che si affacciano fra via Bernini e lacentrale piazza Garibaldi. La prima individuazione delnegozio si ha nel 1885: risulta infatti che qui all’angolodell’edificio del Banco di Roma a quel tempo esistevala drogheria Vergiati: assai rinomata per un particolaremistrà, liquore di anice stellato, e un delicato rosoliochiamato acqua dello Stirone. L’Antica Drogheria Ver-giani fu acquistata ad inizio secolo dalla zia di GiorgioNegrotti - l’attuale proprietario - e fino agli anni 80 ri-mase un emporio dove si vendeva di tutto: chiunqueentrasse nel negozio, trovava gli scaffali colmi da granquantità di vasi e vetri e poteva assaporare quel carat-teristico profumo delle spezieoltre a quelli tipici dei prodottitradizionali da drogheria, come ichimici, i dedicati alla pulizia, gliolii, le caramelle, i biscotti.Oggi, dopo più di cent’anni di

vita, la Drogheria Negrotti con-

EnotecaDrogheriaNegrotti:atmosfere passate di gusto

Negrotti vini e liquoriVia Giuseppe Mazzini, 2943036 Fidenza (PR)Tel. 0524 522308

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A Fidenza, gli amanti della buona tavola che vo-gliono sedersi a tavola senza tanti formalismi per con-sumare anche solo un tagliere di salumi o formaggipossono darsi appuntamento alla “Mangeria-Salumie Compagnia”, gestita dal giovane Enrico Rizzi cheha aperto i battenti due anni fa.La passione, l’onestà, l’amore per le tradizioni e la

buona cucina hanno portato il 28enne Enrico Rizzi adisegnare un progetto che partendo dalla precedenteesperienza di gestore di un bar, sempre qui a Fidenza,potesse offrire una proposta gastronomica locale, pertutte le tasche: una sorta di osteria all’insegna degliantichi piaceri della mensa e della gola.Raffinata semplicità, parmigianità, alta qualità delle

materie prime al giusto prezzo: è questa quindi la cifragastronomica della Mangeria, Salumi e Compagnia diFidenza. Esplicita e significativa l’unione dei due ter-mini: Mangeria Salumi e Compagnia che caratteriz-

zano al meglio il concept del locale. Il primo evoca au-tenticità, informalità con gli affettati appesi che scen-dono sul bancone o appoggiati su un tavolo della salada pranzo - ma anche la scelta di un decoro generale,curato, semplice ed essenziale. Il secondo, richiama ilpiacere di poter consumare non solo l’eccellenza delterritorio (i salumi), ma anche tutti quelli che fanno

parte della tradizione diquesta terra d’eccezionee che, cucinati, compon-gono il menu de LaMangeria.Alla Mangeria voluta-

LaMangeriaSalumieCompagnia:informalità e gusto

La MangeriaSalumi e CompagniaVia Bacchini, 18FidenzaTel. 0524 202365

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mente, è stato scelto di por-tare la tradizione culinariaparmense ed i suoi straordi-nari patrimoni al centro del-l’attenzione, in maniera nonstereotipata, ma attingendoalla semplicità della tradizionerurale ed, insieme, alle ricettedei piatti delle “redzore” ca-pace di offrire sostanza egusto. La cucina de La Man-geria nasce centrata sull’ec-

cellenza degli ingredienti proposta in modo filologi-camente attuale.Come in una casa privata, qui non si propone una

cucina d’autore e non è esasperata nemmeno la ri-cerca della presentazione del piatto.

Fondamentale, invece, l’importanza della stagiona-lità, la scelta degli ingredienti di base che seguono ilcambiamento del tempo e l’offerta della terra conprotagonista la cucina parmense tradizionale, e al-cune sottozone locali, sia per ricette che per materieprime. Tra questi il semplice tagliere di salumi e for-maggi di qualità, i tortelli di erbetta con burro fuso eparmigiano reggiano, la tartare di filetto di manzo econtorno di verdure fresche, la tagliata classica con-dita con aceto balsamico, la ratatouille di verdure epatate al forno, la pesca ripiena con crema di ciocco-lato, nocciole e amaretti e la sbrisolona.Piatti semplici, uniti a genuinità e freschezza sono

all’ordine del giorno de “La Mangeria, salumi e com-pagnia”. Un trionfo di sapori in abbinamento a vinilocali e non, al giusto prezzo.Come vuole il suo patron Enrico Rizzi.

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cune delle specialità che si possono acquistare allaLatteria ‘55 di Fidenza. Arrivati davanti alla vetrinadella latteria ’55 si resta sorpresi per due importanti ra-gioni: per la quantità di clienti che la affolla e per laspropositata offerta di prodotti di qualità che la riem-piono. Roba d’altri tempi! Il negozio fa parte di “Noi daParma”: si tratta di una catena, a marchio Errefood

S.p.A., ideato per dare un’identità pre-cisa alla qualità dei prodotti e che rac-chiude punti vendita selezionati con lagaranzia, per tutti i clienti, di proporrearticoli provenienti direttamente dallaproduzione. L’alta qualità dei prodottiche si possono trovare alla Latteria ‘55 èquindi il risultato di quest’attenta ricercache parte dalla selezione dei contadini eallevatori che meglio sanno rispettare latradizione per arrivare a prodotti eccel-lenti per gusto e genuinità. La riscopertadel prodotto a misura d’uomo, attraversoil fascino e la valorizzazione di prodottigenuini e la proposta di un rapporto piùequilibrato fra alimentazione-salute-co-noscenza, sottende all’impegno di Ro-berto Rizzi. Che ha deciso di impegnarsiper portare avanti questo storico negoziodi Fidenza nel segno del profondo ri-spetto per i processi produttivi naturali,la passione per i prodotti “di una volta” el’amore per i profumi e i sapori prelibati.Nel negozio di Roberto Rizzi, infatti èconservata una cultura di antiche me-

morie e qui, ogni giorno, i clienti trovano cortesia, qua-lità e la sicurezza dei prodotti di qualità oltre che unaricca offerta di essi. Non solo salumi e formaggi allaLatteria ’55, ma anche miele, marmellate, confetture,salse, dolci, paste. Tutti prodotti gentili dal gusto au-tentico, persistente e raffinato, come anche quelli dellagastronomia fresca a base di ricette “rustiche”, ma al-leggerite che la Latteria ’55 varia e propone ognigiorno. In più, come una volta, l’assaggio di salumi eformaggi proposto prima della vendita alla propriaclientela alla Latteria ’55 è ancora un gesto che si com-pie: saggio e civile.

A Fidenza esiste ancora un luogo dove i clienti golosipossono respirare il gusto e goderne a pieno.È la Latteria ‘55 dove dalla data della sua fonda-

zione, il 1955 appunto, si respira il gusto e la genuinitàdei prodotti che propone. Salumeria storica di Fidenza,nata da un’iniziativa di Nello Ghirardi, la Latteria ’55 èstata rilevata nel 2004 da Roberto Rizzi che, prove-

nendo dallo stesso settore, ha trovato naturale prose-guire l’attività di successo, confermando la Latteria ‘55come punto vendita di generi alimentari tipici del terri-torio emiliano e mantenendo all’attività la denomina-zione originale. Salumi e Parmigiano Reggianoinnanzitutto: sono questi i protagonisti indiscussi cheriempiono di profumi ogni scaffale della Latteria ‘55.Prosciutto di Parma, Culatello DOP di Zibello, Fiocco diCulatello, Coppa di Parma, Salame di Felino, SpallaCotta di San Secondo, Lardo di Colonnata, ma ancheMozzarella di Putignano e un vasto assortimento di for-maggi a latte crudo francesi e piemontesi, sono solo al-

Latteria ’55:emporio gastronomicodi cultura e serviziod’altri tempi

Latteria '55 Agrifidenza SrlVia Camillo Benso Conte di Cavour, 16 - FidenzaTel. 0524 534513

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Borghetto dista pochissimo da Fidenza e meno diventi minuti da Parma, ma è già un mondo a parte.C’è il campanile di una chiesa, qualche casetta

bassa con un pò di orto, tanto verde tutto attorno eanche più in là. Questo territorio evoca un passato in-trinseco di storia rurale e dioce-sana, caratterizzato dalla culturae dalla cordialità della gente checi vive.Sulla via di ingresso al paesino

capita di imbattersi in un’insegnaal neon che occupa in larghezzatutta una facciata, ma che in re-altà identifica un locale da se-gnarsi sul taccuino prezioso delletavole fidate.Sto parlando dell’Osteria

della Posta. Da fuori con il de-hors estivo le sembianze sono piùda bar che da schietta osteria,come denota anche l’interno ap-pena si entra che svela una salacon pochi tavoli anonimi, alcunidistributori di bevande e di gelati,il bancone in stile moderno e laparete a mobile luminosa checontiene gli alcolici.Ma oltre questa, e la saletta

giochi, si apre un altro mondo,quello dell’osteria curata e sem-plice con non più di venti posti asedere. La storia dell’Osteriadella Posta è la storia soprattuttodi una donna, Giuseppina Mez-zadri in Aldigeri, che rimasta ve-dova ha dovuto fare subito iconti con le difficoltà di far cre-scere i figli e trovarsi un lavoroche le garantisse uno stipendiodignitoso.Con tre figli a carico Giusep-

pina, da moglie di casaro qua-l’era, non potendo portare avantil’azienda del marito da sola, de-cide di andare a lavorare in unaPizzeria di Fontevivo.

Ci rimane per diversi anni, affinando le sue doti dicuciniera, fino a quando nel 2000 non si presenta l’oc-casione di rilevare questo posto. “Era un locale non piùtanto frequentato” - mi dice la figlia Pamela che si oc-cupa del bar, mentre prepara alcuni panini strapieni di

OsteriadellaPosta:cucina di principioe passione

Osteria della PostaVia Borghetto, 40Loc. Borghetto di Noceto(PR)Tel. 0521 629258

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essere della famiglia Aldi-geri: cordiale, allegra e di-sponibile. All’Osteria dellaPosta la qualifica “osteria“non è soltanto un orpelloper infiorare l’insegna: èun’indicazione rigorosa cheha pieno riscontro nella so-stanza.Giuseppina con il figlio

Andrea guida una cucinadai prodotti genuini offertidalla terra: una cucinasemplice che non si disco-sta mai dalla tradizione.Il menu tipicamente

trattoresco, recitato a vocedalla figlia Romina insala, propone le classichericette del luogo qui maidimenticate: le paste fattein casa “comediocomanda”come i tortelli di erbetta odi patate “annegati nelburro e asciugati col parmi-giano”, le lavagnette con ifunghi, gli gnocchi al tar-tufo, la bomba parmigiana(un risotto allo zafferanoripieno di petto di pic-cione), la lepre alla caccia-tora con polenta, lo stincodi maiale al forno.Tanto per citarne alcuni.

Una cucina che comunicala sua identità attraversotutti i sensi e che qui, so-prattutto, ti lasciano man-giare in santa pace senzamenartela coi prodotti deipresìdi, senza imbarazzantidecori del piatto, senza lastratosferica carta deivini...Ecco, i vini! Qui da sce-

gliere dallo scaffale o dalmobiletto climatizzato, nonc’è una vasta selezione, maquel che è sufficiente peraccompagnare il pasto.La selezione delle eti-

chette è stata suggerita allafamiglia Aldigeri da BeppeSiliprandi, noto perso-naggio locale ambasciatoredell’eno-gastronomia diqualità, che ha adottato findall’inizio questo locale eda esso è stato adottato.L’osteria non è morta. Viva

spalla cotta di San secondo e pro-sciutti crudi stagionati. Insieme aifigli, ormai cresciuti e in età da la-voro, Giuseppina decide di rinno-vare qui il rito della vecchia osteriadel paese riproponendo un luogo diritrovo per tutti, anziani e giovani.Un posto dove alla mattina e nelprimo pomeriggio nel bar si possonoanche ritrovare per discutere, pergiocare a carte e per divertirsi.L’Osteria della Posta se la fre-

quenti la senti subito come luogodel cuore, che racconta le personeche la conducono, ma anche quelleche la frequentano.Qui si trova questa cucina di

principio e passione si vive soprat-tutto anche una bella prove di uma-nità.Soprattutto perché è riprodotta,

senza falsi stereotipi, l’atmosfera fa-migliare che rappresenta il modo di

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Da tre generazioni nelle mani della famiglia Pe-trini, il Ristorante Aquila Romana di Noceto permolto tempo è stato uno dei simboli gastronomicidella “bassa”. Arrivati da Verona qui a Noceto nel do-poguerra per motivi di lavoro, i Petrini lo rilevaronoquando ancora si chiamava solamente Ristorantedell’Aquila ed era chiuso da tempo.Lo riaprirono i nonni paterni di Beatrice l’attuale

cuoca patron, 42 anni di cui 25 anni pas-sati in cucina: “mia sorella Fiorenza ed io cisiamo caricate un bello zaino di responsabi-lità sulle spalle..., sarebbe stato più facileavessimo aperto un locale ex novo” - esordi-sce quando mi parla del suo ristorante edel suo percorso professionale.Sì perché, come si diceva all’inizio,

l’Aquila Romana ha ricoperto un ruolo im-portante nella ristorazione del territorio edè stato per molto tempo un riferimento co-stante per i clienti, i fornitori, le realtà pro-duttive ed economiche del territorio.Ma andiamo per ordine.Nei primi anni di vita l’Aquila Romana

attira i suoi clienti con una cucina moltosemplice, impostata su piatti tipicamenteveneti come pasta e fagioli, brasati, arrosti,e qualche selvaggina, cucinati dalla nonnapaterna di Beatrice: autodidatta, ma conuna dote innata per la cucina.A queste proposte si aggiungono via, via,

i formaggi, soprattutto Parmigiano che arri-vava dal casaro in cui lavorava Giorgio, ilpadre di Beatrice, e alcuni salumi dellazona. Il tran tran dell’Aquila Romana pro-cede spedito con un bel successo. E so-prattutto i conti tornano.

Tanto da convincere Giorgio a lasciare il caseificio esua moglie Giacoma (mamma di Beatrice) ad abban-donare il lavoro di sarta ed entrare a far parte dellasquadra del Ristorante.Uno in sala ad aiutare il padre e l’altra tra i fornelli

ad aiutare la suocera. Mamma Giacoma, originaria delposto con una gran voglia di dimostrare di saperci fareanche tra pentole e fornelli, introduce piano, piano,

RistoranteAquilaRomana:storica cucina ereditatae domata

RistoranteAquila Romanavia Gramsci 643015 Noceto (PR)Tel. 0521625398

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Beatrice e sua sorella Fiorenza. Entrare all’Aquila Ro-mana è tuffarsi nella storia, avvolti da quadri alle pa-reti, enormi specchi, tovagliato fine e comode sedie.Beatrice Petrini è cuoca autodidatta naturalmente in-fluenzata dagli insegnamenti della nonna e dellamamma che le hanno tramandato la bontà e la genia-lità delle loro ricette, di una cucina semplice e ge-nuina. Un pezzo straordinario di cultura tramandatanel tempo di cui fa sempre tesoro. Ovviamente Bea-trice tende a personalizzare, evolvere e spesso “addo-mesticare”, la cucina tradizionale che ha ereditato, per

renderla il più possibile proponi-bile alla clientela di oggi. Nelcaso specifico non c’è alcunostravolgimento rispetto alla tradi-zione, semmai entra in gioco lasua personalità. La sua voglia diinnovare, la sua fantasia e la suasensibilità. E anche le nuove tec-niche. Nello scorrere delle paroledi Beatrice emerge la forza di unaidea che ha accompagnato questosuo percorso: ogni generazione hafatto tesoro della esperienza dellaprecedente e ha cercato di prose-guire migliorando e arricchendofin dove possibile il metodo e ilrisultato del proprio lavoro. Leista facendo questo. Una cucinaispirata quindi, anche se derivadalla tradizione, senza accosta-menti arditi confezionata con mi-

sura e conoscenza delle propriecapacità che la porta a non stra-fare: spuma di ricotta alle erbe conpomodori freschi, pollo alle erbe incroccante di parmigiano e acetobalsamico tradizionale, tortello dierbetta con parmigiano, cappel-letto croccante con pomodoro fre-sco acciughe e capperi, budino dilimone con frutta fresca e mirtilli.

nel menu dell’Aquila Romana, le paste ripiene fatte incasa ed alcuni altri piatti della tradizione.Papà Giorgio invece si occupa oltre che della sala

anche dell’approvvigionamento delle materie prime.Inoltre spinto da una forte passione introduce i

primi vini in bottiglia a fianco del solito “vino dellacasa” che a poco a poco lascerà per dar spazio alle eti-chette italiani delle migliori aree enologiche, ai grandifrancesi con Champagne su tutti.Oltre che ad importanti liquori e distillati.I cambiamenti apportati dalle nuove leve sono fo-

rieri di ulteriori successi per il lo-cale, tanto che all’Aquila Romanale professionalità crescono, adat-tandosi anche alla nuova clientelaattirata dalle innovative propostee dal servizio impeccabile.Oggi la storia continua con

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Dal nostro allevamento alla vostra tavola, qualità e selezione dei tagli migliori.

AMBROSINI CARNE. GUSTO E TENEREZZA.

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La tradizione dei Cocchi “osti” appartiene ad untempo antico ed è ben radicata nella storia e nella cul-tura popolare del territorio parmense.Me lo racconta Corrado

Cocchi, 72 enne, - oste eanfitrione di straordinariaesperienza e umanità - chegestisce con la sua famigliail Ristorante Cocchidell’Hotel Daniel a Parma.Si hanno notizie della

prima Osteria aperta in

zona da un Cocchi già dal 1850. La tradizione poi con-tinua. Nel corso degli anni a venire, infatti, nascono esi sviluppano altre osterie gestite dai Cocchi, soprat-tutto nella Bassa parmense, tra Sissa, Roccabianca eColorno. Fino ad arrivare ai giorni nostri, “con quello

che aprì mio padre qui a Parma rilevando una vecchiaosteria famosa che si chiamava “i tre scalini” - mi dice.L’Osteria dei Tre Scalini era sistemata in una

delle ultime case prima dellacittà, crocevia di gente che proce-deva per la città o ne usciva. Nelrispetto della tradizione, in unambiente spartano, qui venivaservito del vino della casa - pro-dotto dagli stessi Cocchi - propo-sto con i salumi della zona,qualche formaggio, qualche mi-

nestra e poco più. Fino a quando la nuova generazionenon prese in mano la gestione e lo trasformò in un veroe proprio ristorante, allargando sia la proposta delmenu che gli ambienti.“Nel 1971 causa lo sfratto dovemmo lasciare quel posto

RistoranteCocchi:esaltazione di gusti locali

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e approdammo qui, nell’attualestruttura che ospitava già un al-bergo che abbiamo mantenuto” -continua Corrado Cocchi. Oggi ilsuo ristorante è uno di quei postiin cui, quando si entra, sembra diessere tornati a quel mondo sem-plice e casalingo che, purtroppo,oggi è ovunque pressoché sparito.Gli ambienti sono arredati concura, con pregevoli opere d’artecontemporanea alle pareti, fruttodel gusto dei proprietari.Da Cocchi si è al sicuro: per la

convivialità che si respira, altrafondamentale caratteristica, perl’arredamento che ti avvolge conle boisserie e le luci soffuse, oltreche per l’impeccabile e lindo to-vagliato.Tutto in sintonia per creare

un’atmosfera accogliente, capacedi stimolare sia condizioni d’intimità che conviviali allegrie. In cucina untempo qui dai Cocchi ci stava la mamma di Corrado, Jolanda, cuocaesperta, poi fu il tempo di sua moglie, la signora Laura che oggi supervi-siona l’instancabile lavoro di tre baldi giovani professionisti in cucina conlei da oltre 10 anni: Lorenzo Rizzi, Damiano De Candia e Carlo Pi-ronti. La giovane squadra di cuochi mantiene viva la cucina della tradi-zione che i Cocchi hanno sempre interpretato, tenendo salde lecaratteristiche principali di qualità, attraverso esaltazioni di gusti locali chehanno reso immortale una certa cultura gastronomica di queste parti: bolitimisti, gnocchi, paste fatte in casa, brasati, zuppe, funghi….

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Ristorante CocchiVia Gramsci, 16/A - 43100 ParmaTel. 0521 995147

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Fedeli e coerenti alla tradizionela cucina del Ristorante Cocchiattinge al meglio che si trova quo-tidianamente sul mercato e daifornitori fidati.Il clima che si respira in cucina

durante l’orario di servizio è di as-soluta concentrazione e professio-nalità. Le comande che arrivano

dalla sala, gestita con garbo e raf-finatezza da Corrado e dal figlioDaniele, sono evase dai tre cuo-chi in modo impeccabile e profes-sionale con preparazioni e cottureespresse. Piatti squisiti rispettosidel territorio come i “tagliolini conzucchine, zafferano e prosciuttocroccante”, “la zuppetta di porcini

con patate e lamelle di parmi-giano”, “la melanzana alla par-migiana con cialda diparmigiano croccante”, “il ro-gnone trifolato con patate”, “ilfiletto ai porcini con crostone dipane”, “i tagliolini ai porcini”.Preciso che la pasta viene

fatta a mano sul momento dauna signora impegnatissimatra impastarla, tirarla a mano emodellarla a macchina e, cheoltre ai piatti cucinati, il Risto-rante Cocchi serve ancheun’accurata selezione di sa-lumi tipici e Parmigiano stra-vecchio che conserva nellasua fiera cantina, super fornitaanche di straordinari vini.

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SalumeriaVerdi:eccellenze di qualità, serviziopersonalizzato e cura nei dettagliParma è una delle città più belle

d’Italia. Ci si va per curiosità, perl’arte, per la musica, per la cultura ingenerale, ma anche per appagare inmaniera sublime tutti sensi del nostropalato. Questi sono i luoghi di Giu-seppe Verdi, luoghi in cui la musica sirespira nell’aria e nelle cose, maanche nei prelibati salumi e formaggidi cui è patria. Non è un caso cheParma sia la capitale mondiale dellamusica, ma anche di alcuni prodottid’eccellenza della nostra gastronomiacome Parmigiano Reggiano e Pro-sciutto di Parma tanto per citare solodue “superstar” del territorio.La Salumeria Verdi nasce nel

1991, un negozio facente parte di ungruppo di salumerie organizzate daSilvano Romani, energico imprendi-tore parmense con passione ed amoreinnato verso le cose semplici e ge-nuine, che seleziona per i propri locali ogni prodotto direttamente presso iproduttori e ne diventa distributore esclusivo per la città.Il locale accogliente e tipico, caratterizzato da pareti ricolme di salumi e

formaggi che ti avvolgono con anche il profumo intenso che inondano è ge-stito da Cristina Guardiani e Francesco Galvani, soci nell’impresa in-sieme a Silvano Romani. La Salumeria Verdi offre tutta la familiarità delpiccolo negozio di una volta nel rapporto diretto, semplice, ma estremamenteattento e professionale, con il cliente, privilegiando il servizio personalizzatoe la cura dei dettagli. “L’impegno che ogni giorno mettiamo nel nostro lavoro,che amiamo profondamente, ci ha fatto acquisire una certa esperienza nel trat-tare i prodotti che ci permette di servirli con precisione e professionalità nel ri-spetto per il cliente e attenzione verso le sue esigenze”.La qualità eccellente dei prodotti offerti è completa per quanto riguarda la

varietà del territorio soprattutto e vadai migliori prosciutti crudo e cotti, aiculatelli, ai fiocchetti, agli strolghinifino alla selezione di salumi di maialenero. Per quanto riguarda i formaggi,prima di tutto Parmigiano Reggiano didiverse stagionature, ma mai inferioriai 24 mesi e tutti i D.o.p. d’Italia.Completa l’offerta di prodotti della

Salumeria Verdi anche una piccolagastronomia dove spiccano i tortelli dipasta fresca tirati a mano.

Salumeria VerdiStrada Giuseppe Garibaldi, 6943121 Parma - Tel. 0521 208100

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La gloria gastronomica par-mense vanta origini remote grazieagli apporti di Principi e Duchi.Il segno lasciato dai Farnese,

signori fastosi del Ducato diParma e i Borbone avvezzi allemaniere francesi, impressero allacittà una importante cultura dellegioie della vita ed in particolarmodo quelle della tavola. Lo fe-cero attraverso raccolte di scrittie ricettari che spiegano moltobene la sofisticata storia, nobile eplebea al tempo stesso, della cu-cina della corte Borbonica che

da una parte imponeva pie-tanze “europee” con un parti-colare riguardo per quelleaustriache e dall’altra strave-deva per la cucina popolarefino ad allora considerata in-degna di una mensa regale.Al ristorante La Greppia

di Parma a due passi dalDuomo dalla splendida cu-pola affrescata dal Correggio,Paola Cavazzini, cuoca pa-tron, ha deciso di mettere inpratica gli aspetti culturali delpassato culinario di Parma

RistoranteLaGreppia:piacere gastronomicoantico e genuino

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creando dei piatti che nascono dalle ricette del Na-scia, il cuoco di origine siciliana al servizio dellacorte dei Farnese dal 1659 e specializzato in piatti abase di verdure, e di Dalli, altro cuoco famoso pre-sente a corte dal 1690, il quale propone piatti in cuila frutta è parte integrante di primi e secondi. “Fortu-natamente hanno lasciato molto di scritto: ricette sucui bisogna lavorarci sopra per interpretarle al me-glio…., non smetto mai di studiare e di documen-tarmi” - mi dice con umiltà e un filo di voce mentre ètutta intenta a preparare un risotto alle fragole.Per Paola Cavazzini, cuoca autodidatta, diventare

cuoca professionista è stata la logica conseguenzadell’essere cresciuta accanto ad una mamma, an-ch’essa cuoca, al servizio presso un’importante fami-glia di Parma, da cui ha appreso fin da bambina ifondamenti basilari della cucina della tradizione edin particolare il rispetto verso i prodotti del territorioe la loro stagionalità. “Alla Greppia si fa una cucinadelle donne” - aggiungeMaurizio Rossi, il marito,che ha fatto dell’arte dell’accoglienza, elegante e di-screta, il motivo conduttore della sua professionalità.“Solo la cucina delle donne sa offrire il sapore dellacucina di famiglia” - aggiunge.Il Ristorante La Greppia è stato aperto dai coniugi

Rossi nel 1980. Il nome della rastrelliera di legno peril fieno, posta sopra la mangiatoia, riprende un pòl’origine della destinazione d’uso che avevano antica- 71

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mente questi locali adibiti astalle.Il ristorante ha un ingresso in-

timo che si apre su una salalunga: un locale tra il rustico el’elegante, curato e molto acco-gliente. Alla fine della sala unaenorme vetrata si affaccia sullacucina con in primo piano unaspettacolare sfilata di paste mat-tarellate a mano dalle sapientimani delle donne della piccolabrigata secondo la miglior tradi-zione locale.È qui che Paola Cavalchina

mantiene viva la cultura gastrono-mica parmense, personalizzan-dola dove è possibile, attraversocotture espresse della tradizioneche esprimono un piacere gastro-nomico genuino.Con anche alcune tracce di

gusto di tempi lontani. Piattibuoni per davvero, di tradizione e,soprattutto, di sostanza e classi-cità: come il Baccalà in rosso conpatate, le Cipolle ripiene con tar-tufo nero di Fragno, la Parmigianadi vitello con tartufo nero di Fra-gno, il Risotto alle fragole fresche,Pasta al pettine con fave piccanti,il Brasato di manzo estivo, il Ge-lato allo zenzero.E poi il carrello dei dolci che è

un inno alle marmellate fatte incasa, come pure le mostarde e ilmiele.

Ristorante La GreppiaStrada Giuseppe Garibaldi, 3943121 ParmaTel. 0521 233686

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Parma è una città che, seppur di medie dimensioni,sembra un piccolo borgo con la sua bella piazza gre-mita di gente, l’acciottolato sulle strade, i palazzi nobi-liari, le torri, i campanili, le vecchie case del centro.In via Repubblica, proprio di fronte alla Chiesa di

San Sepolcro che custodisce numerose tele del ‘400 ei bellissimi affreschi di pittori come Cesare Baglioni eFerdinando Galli Bibiena, si trova il ristorante Pa-rizzi che rappresenta un importante pezzo di storiadella ristorazione parmigiana.“Il ristorante Parizzi fu aperto da mio nonno Pietro nel

1956” - mi raccontaMarco Parizzi, 41 enne cuocopatron al timone del Ristorante Parizzi di oggi con lamoglie Cristina, sommelier responsabile dell’acco-glienza in sala oltre che della cantina.“Una volta era la tipica trattoria con cucina casalingae pochi tavoli - continua - e nel 1968 mio padre e miamadre lo convertirono in un vero e proprio ristorante”.Al Ristorante Parizzi di oggi quando entri ti colpisce

l’eleganza minimalista degli ambienti: due salette in-time appena entrati e, prima della cucina, una grandesala illuminata dalla luce solare che entra dal soffitto

RistoranteParizzi:trait-d’union fra cucinamoderna e tradizionale

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a raggiungere prestigiosi riconoscimenti: inclusa lastella Michelin che dal 1979 ancora mantiene.Marco Parizzi in quegli anni entra in cucina in

punta di piedi, consapevole del mestiere che avrebbevoluto fare da “grande”. Sotto l’egida di chef “maestri”che hanno ruotato nelle cucine del suo ristorante.Con loro Marco Parizzi arricchisce il suo già buon

bagaglio tecnico e professionale, traendo, dalle matu-rate esperienze, nozioni e concetti che segneranno il

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in vetro con esposte alcune opere di arte contempora-nea e pop che la rendono accogliente e suggestiva.Marco Parizzi è cresciuto, professionalmente qui.Prima gli studi da ragioniere, nel caso in cui il lavoro

dei genitori gli fosse stato stretto, poi appena finito mi-litare, a vent’anni, entra in pista impegnandosi nel ser-vizio in sala. Allora la cucina del ristorante Parizzi erain mano a degli ottimi chef che, con la supervisione ela gestione dei suoi genitori, l’hanno perfezionata fino

Ristorante ParizziVia Repubblica, 7143100 ParmaTel. 0521 285 952

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sici originali piatti parmigiani. Un giusto trait-d’unionfra la cucina moderna e quella tradizionale, quella diMarco Parizzi, dove anche alcuni piatti a base di pescedi mare trovano un importante spazio nel suo menu.La stessa cosa la fa anche mescolando alle tecniche

dello spadellamento e ad altre più innovative, quelladello spiedo: “me lo sono studiato e fatto fare su misuraapposta per me” mi dice con una punta di orgogliomentre me lo mostra in funzione.La cottura allo spiedo Marco Parizzi l’alterna infatti

a quelle tradizionali senza contraddizione: “la cotturaallo spiedo è la formula più arcaica della cucina ingrado di concentrare le proteine, del cibo che vienecotto, e rilasciare invece i grassi... è particolarmente leg-gera e digeribile...” - continua Marco.In cucina modella in questo modo ricette fresche

come tra le altre: le Uova di seppia impanate al basilicocon pinzimonio ai crostacei, la Composizione di manzocrudo agli oli aromatici e piccolo hamburger, gli Stri-chetti bianchi e neri con battuto di baccalà e asparagiverdi, il Piccione cotto allo spiedo e disossato con couscous alle verdure e salsa alle olive nere.

suo stile. Dopo qualche anno prende il pieno con-trollo della cucina del suo ristorante perché sisente pronto, professionalmente parlando, perperseguire il suo personale modello di gastrono-mia. Abbandona, ma non del tutto, la cucina tra-dizionale emiliana strettamente collegata alterritorio, per proporre ai suoi ospiti una cucina“alleggerita” - come la definisce lui - in cui ilsenso del gusto rimane, come anche alcuni clas-

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Lorenzo Dondi pittore, (vedi Box dedi-cato), con il fratello Franz, anche lui artista,ma della musica condivide la passione perl’eno-gastronomia. Ad un certo punto dellaloro vita che li portava ad essere divisi impe-gnati nelle diverse arti, decidono di aprire, aParma la loro città, “La Corriera Strava-gante”: in via Preti, una via che agli inizidegli anni ’80 non ci si arrivava lì per caso enemmeno per sbaglio. La Corriera Strava-gante si pone subito come una sorta di pubdall’atmosfera internazionale e piacevol-

propone la musica dal vivo in un ambiente ristretto edintimo. È stato il ritrovo capostipite di un certo tipo didivertimento e di aggregazione, grazie ai tavolacci in cuipotevano sedere circa una decina di persone e cono-scersi tra un “crudo e mozzarella”, una birra e tanta mu-sica. Il locale d’altronde era nato proprio con l’intentodi fondere i due elementi: da un lato la convivialitàsemplice fatta di panini e bevande, dall’altro promuo-

mente intimista. Si rifà nel nome e nella filosofia allibro di John Steinbeck, ambientato in America nellaprima metà del secolo scorso, che narra le vicissitudinidi alcune persone che dopo essersi incontrate in un ri-storante con pompa di benzina, in un luogo di passag-gio di numerosi viaggiatori, sono destinate a vivereinsieme un’avventura. Ma La Corriera Stravagante deifratelli Dondi è anche un locale che per primo a Parma

LaCorrieraStravagante:birreria semplice e panineriasincera

Corriera StravaganteVia Platone, 3 - Parma - Tel. 0521481481

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vere la cultura musicalededicati ad un pubblicogiovane. Oltre 1000 con-certi con punte di 2, 3 lasettimana.Tante canzoni e tante

voci che qui a La CorrieraStravagante hanno segnatola storia della musica ita-liana e non solo. TuttaParma e non solo è passatada qui. Come anche unasfilza infinita di cantantisul suo palco: da VinicioCapossela a Andy Forrest,da Flaco Biondini a Ric-cardo Fogli. Poi, quando glialtri locali sull’onda dellaloro felice intuizione deci-dono di attivarsi in talesenso, i fratelli Dondismettono.Colpa anche del fatto

che i proprietari del vec-chio locale decidono di ri-strutturare gli ambienti: ilche voleva dire chiudereLa Corriera Stravaganteper più di un anno.I fratelli Dondi riaprono

poco dopo in via Platone,una laterale di via XXIVMaggio, di fianco a un su-permercato, che è il postodi oggi de La Corriera Stra-vagante.Un ampio parcheggio

esterno ti guida all’ingressodel locale con la cucina avista dove Donatella, lamoglie di Lorenzo, preparasuperbi panini espressi,eseguiti con la stessa pre-mura e con la stessa fre-schezza che richiedono deipiatti cucinati.Il resto del locale è infor-

male, slow, con i tavoli dilegno e alle pareti alcuneimmagini dei tempi che fu-rono con le foto storichedel vecchio locale e qual-che quadro di Lorenzo. Unluogo sincero, semplice edaccogliente, dove regna lastessa atmosfera ed il climaconfidenziale della Cor-riera vecchia maniera:segni distintivi del carat-tere dei fratelli Dondi.

LorenzoDondiIl Pittore StravaganteLorenzo Dondi é un pittore par-

mense dalle umili origini, concepitoin un campo di concentramentodov’erano reclusi durante la secondaguerra mondiale il papà Bruno e lamamma Slavita che lì si erano incon-trati e uniti in matrimonio. Forse perquesta sua particolare origine, Lo-renzo Dondi, ha sviluppato una sensi-bilità artistica che lo fa pittore,scultore e architetto autodidatta.Di cultura fine, di carattere schietto

e di intelletto scaltro, Lorenzo Dondi èanche uomo di sani e onesti principi.Durante tutta la sua attività arti-

stica, ormai datata, è riuscito a realiz-zare opere straordinarie che peròpochi in Italia e nel mondo hanno po-tuto conoscere. Probabilmente per-ché il Maestro non hamai accettatoquei condizionamenti dettati dallemode, dai capricci del mercato, ed hasempre schivato l’esibizionismo cheinvece rimane uno dei corridoi più fa-cili da percorrere per l’ingresso allanotorietà.Lorenzo Dondi nelle sue opere in-

terpreta con la più genuina libertà diespressione gli argomenti dell’at-tuale società con i suoi vizi e le suevirtù. Le sue pennellate, in tanti annidi pittura, sono alternate da fasi vio-lente di colori scuri, forti, e fasi solaricon colori più blandi quasi a descri-verne il degrado sociale dei tempi checorrono. Quel che è straordinario diquesto artista è che tutta la sua pit-tura riesce ad esprimere sempre unconcetto di arte museale.E quando l’artista è in meditazione,

viene fuori la penna del poeta conuna prosa a volte anche satirica.Pungente e precisa a colpire di

volta in volta i politici, il potere, etutto quanto minaccia il cammino diuna normale vita, senza alcuna reti-cenza. Lorenzo Dondi è un gran ta-lento, un uomo di spirito nobile conun gran senso cromatico e soprat-tutto con una felice e grottesca per-sonalità. In più, è un gran gourmet.E mi fermo qui.

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Antonio Di Vita, 52anni è il cuoco patrondel ristorante “ParmaRotta” di via Langhi-rano a Parma.Il suo percorso pro-

fessionale, come anchequello umano, è statosegnato già in teneraetà: figlio di genitoriseparati, quando an-cora la legge sul divor-zio non esisteva, ècresciuto senza padrein un collegio a Fonta-nellato ed ha iniziato alavorare prestissimo.“Ho incominciato afare questo mestiere perbisogno di lavorare - midice - prima come gar-zone nel negozio di ali-mentari di BrunoMontali a disossare iprosciutti, poi daMaini, fino a quandotrovai un posto da aiu-tante in cucina presso ilristorante San Marco diPontetaro”.A quel tempo Anto-

nio Di Vita aveva ap-pena 16 anni e nonostante le sue prime esperienze incucina fossero limitate a lavare i piatti e a pelare pa-tate, il suo carattere determinato, e la passione versoquesto lavoro che vedeva svolgere con tanta volontà espirito di sacrificio dai cuochi al suo fianco, fecerocrescere in lui l’ambizione di voler esercitare.

“Devo ringraziare tutticoloro con i quali hoavuto modo di lavorare:sono stati loro che mihanno orientato a farebene e trasmesso la pas-sione per questo mestiere- continua Antonio -una passione che ho ri-cevuto per riflesso”.Orientato a continuaresu questa strada, percrescere professional-mente, Antonio Di Vitasceglie da giovane difare esperienza in cu-cina allo Stendhal diCastello di Torrechiara,al Moro di Sant’Ilario,famoso per la cotturaalla griglia e allo spiedo,dove apprende le tecni-che specifiche.Ma è alla Greppia di

Parma che Antonio DiVita si forma in manieradefinitiva togliendosianche delle belle soddi-sfazione. Anche perchéil ristorante ricevette laprima stella Michelinproprio nel periodo in

cui lui faceva il cuoco. La svolta avvenne nel 1984quando assieme a due soci decide di aprire il suo at-tuale ristorante “Parma Rotta”: il nome è anche delluogo, e deriva dal fatto che in tempi remoti il torrenteParma in piena rompeva gli argini allagando tutta que-sta zona.

RistoranteParmarotta:cucina locale del fuocosalutare e dietetica

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mestiere, corregge delle imperfezioni, per produrreuna cucina del fuoco salutare e dietetica.Per trovare il modo di far coesistere, nei limiti del

possibile, due esigenze diverse ed egualmente impor-tanti: il piacere di gustare cose buone e la necessitàdi difendere la salute.Qui per cucinare si arriva a consumare 3 quintali

di legna al giorno composta in parti più o menouguali da castagno, carpano e faggio - legnami cheprincipalmente compongono l’ Appennino.Esaltano al meglio le carni che Antonio cuoce alla

griglia: come fiorentine, costate, agnello, maiale,polli, oltre che verdure di stagione, e allo spiedo stin-chi di maiale, cosce d’oca e spiedoni assortiti di co-stine, lombatine, salsicce, fegati...“Tutto servito senza l’aggiunta di salse o salsine: almassimo solo olio extravergine d’oliva e sale pregiato” -mi dice. Il lavoro gira bene in quegli anni e in brevecon i soci Antonio Di vita arrivò a gestire fino a sei ri-storanti, con un numero impressionante di dipen-denti.Dopo cotanta gavetta si sente pronto e nel 1999

decide di mettersi in proprio rilevando totalmente ilParma Rotta. Antonio di Vita è ormai un professioni-sta, anche se non smette mai di studiare, innovare,

Il locale nasce subito con lo scopo di valo-rizzare soprattutto la tecnica di cottura piùantica del mondo: quella a fuoco di legna.Che, come dicevo sopra, lui aveva ben ap-preso al Moro di Sant’Ilario.In breve il Ristorante Parma Rotta diventa

il tempio della cottura alla brace o allo spiedoin Parma e dintorni. Antonio ristruttura e mo-difica gli elementi e le attrezzature che avevaa disposizione e con alcuni accorgimenti del

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interpretare l’universo gastrono-mico.Così allarga le proprie cono-

scenze e si specializza anche suidolci, sul cioccolato, sulla prali-neria.Oggi il suo Parma Rotta è un

ristorante di famiglia, tenutoconto che il personale è formatodalla moglie Lorella, le sue duefiglie Lara e Jessica e qualcheaiutanti. Già, la famiglia! Unbene prezioso ancor più per luiche da piccolo non l’ha maiavuta.“Per la mia famiglia ho lottatoper realizzare questo ristorante esono orgoglioso nel vedere che siamia moglie che le mie due figlie,

seppur giovanissime, si impegnanocon grande volontà e passione”.Lara, dopo tre anni di econo-

mia e commercio ha deciso di la-sciare l’università, per dedicarsial ristorante e aiutare la mammaLorella in sala, mentre Jessica,appena 19enne, conseguito il di-ploma alle superiori, si è aggiunta in cucina espri-mendo grande professionalità nelle preparazioni.Soprattutto dei piatti della tradizione, dove le paste

di ogni forma, anolini e tortelli conditi con i sughidella nonna la fanno da padroni, ma anche trippa allaparmigiana e stracotto, oltre gli immancabili salumi.“Sono cresciute praticamente qui - continua Antonio -sono figlie d’arte ed hanno appreso poco a poco i segretidel mestiere..., il nostro è un rapporto basato sullo sti-molo reciproco e sulla passione condivisa”. Passione cheAntonio Di Vita è stato capace di trasmettere a loro

Ristorante Parma RottaStrada Langhirano, 15843124 ParmaTel. 0521.966738

come ai suoi clienti, e da loro, viceversa, è capaceanche di ricevere.I locali del ristorante Parma Rotta possiedono tutto

il fascino di una trattoria di campagna con travi a vistache profumano di casa e trasmettono calore. Gli anti-chi e spessi muri sono pieni di arte e cultura ad espri-mere le altre grandi passioni di Antonio Di Vita: quadridi artisti appesi alle pareti, libri stampati a mano coninchiostri antichi su carte pregiate, fotografie d’autore,ma anche oggetti di design del tempo passato, rare eti-chette, preziosi distillati e ottimi sigari.

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È raro immaginare bottiglie di vinovendute in un locale che non trattaspecificatamente l’argomento eno-ga-stronomico. Ancora più improbabile èimmaginarlo in vendita tra impiantistereo o multicanale o tra altri partico-lari diffusori di musica.

“Hi Fi News Musica da Tavola”è l’incontro tra il suono ad Alta-Fe-deltà e vini per un originale nuovo co-dice di piacere del lifestyle.Nasce grazie all’intuizione dei co-

niugi Guido Cerioni, da 25 anni nelsettore dell’Hi-Fi , eMariella Gen-nari cuoca patron della Locanda Ma-riella di Fragnolo di Calestano.

Hi-Fi News lo apre Guido a Fidenza nel 1986: all’ini-zio era solo un negozio specializzato esclusivamentenella vendita di impianti Hi-Fi di cui lui è grande inten-ditore. L’idea di trasferirlo nel 1999 a Parma e farlo di-ventare Hi Fi News Musica da Tavola, col matrimoniodi impianti hi-fi musicali e i migliori vini di tutto ilmondo, viene ad entrambi in maniera naturale, quasiper gioco, e concilia le passioni e le professioni di en-trambi. Un negozio, diventato subito culto a Parma,

che sa coniugare l’emo-zione dell’ascolto adalta fedeltà con il pia-cere del bere, vini o di-stillati che siano.Ma non solo, anche

la vendita di libri e di-schi da Hi-Fi NewsMusica da Tavola tra-sformano questo belposto in una sorta diconcetto umanistico,dove il piacere è finaliz-zato ad un emozionepersonale, non massifi-cata: il filo conduttorecomune che unisce gliargomenti di cui tratta.

Ciascuno volto a rappresentare il corretto rapportoverso prodotti naturali: la musica con concetti di ripro-duzione diversi da un Mp3 capaci di trasmettere sensa-zioni di naturalezza e in grado di sorprendere esoddisfare anche gli audiofili più esigenti, dove la per-cezione del suono è sorprendentemente chiara e natu-rale. Lo stesso vale per il vino da cui si cerca lanaturalezza, la bontà e il giusto rapporto che esso hacon la terra.

Hi FiNewsMusicada tavola:emozioni al naturale

Hi Fi News Musica da TavolaBorgo Onorato, 21 - 43100 Parma - Tel. 0521 503071

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Il Premio Antica Corte Pallavicina, ideato daifratelli Spigaroli quest’anno è giunto alla quinta edi-zione. Si svolge nel contesto della manifestazione “LaNotte dei Culatelli”, nella cornice straordinaria delcastello quattrocentesco Antica Corte Pallavicina,l’unico rimasto in Italia a ridosso del Po nel cuoredella Bassa Parmense. La storica dimora è stata sa-pientemente recuperata dalla famiglia Spigaroli, fa-mosi per i loro straordinari Culatelli, che lo hannofatto diventare, dopo 20 anni di cure e restauri, unodei complessi più interessanti capace di raccogliere inun’unica sede l’azienda gioiello e un Relais Chateauxcon poche stanze deliziose per soggiorni all’insegnadel relax di piacere. Con Angelo Agnelli, rampollo

Lanottedei CulatelliPremioAntica CortePallavicina

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dell’azienda di pentole di famigliaBaldassare Agnelli a condividerequesta magica notte, c’erano al-cuni rappresentanti di spiccodella cultura, dell’economia, dellapolitica e del giornalismo, chehanno ricevuto anch’essi il PremioAntica Corte Pallavicina: il fa-moso cuoco francese Alain Du-casse, pluristellato Michelin, chesi divide tra i ristoranti di Parigi eMontecarlo,Max Bergami, di-rettore di Alma Graduate Schooldell’Università di Bologna, il

cuocoMassimo Bottura delRistorante La Francescana diModena anch’esso pluristel-lato Michelin, Oscar Fari-netti, imprenditore efondatore di Eataly, Pa-squale Forte, industriale eagricoltore,Maria CristinaAllegri, cuoca e rezdora delleTerre del Po, Federico Qua-ranta, conduttore radiofo-nico titolare, insieme a “Tinto” della rubrica seraleDecanter in onda ogni giorno su Radio Rai 2. A presen-tare la manifestazione assieme ai fratelli Spigaroli, il

giornalista Rai Alfredo Antonaros cheha spiegato ai presenti il valore ed ilsignificato di questo premio: “un tri-buto della famiglia nei confronti degliamici, dei clienti, dei sapori e delle tra-dizioni più autentiche della Bassa Par-mense, attraverso un riconoscimento apersonalità significative del mondodella cultura, dell’economia, della poli-tica e del giornalismo, testimoniandocosì il rapporto vitale tra innovazione eorigine, tradizione e progresso.Ma anche un’occasione per sosteneredirettamente un progetto internazio-

nale di tutela della terra e del paesag-gio”. Oltre alla celebrazione deisuddetti personaggi che si sono di-stinti per il loro operato, il PremioAntica Corte Pallavicina infattiquest’anno ha devoluto una sommacospicua in denaro a sostegno del-l’apicoltura in Etiopia: il pro-getto targato Slow Food, iniziato daqualche anno, mira a proteggere ilmiele del vulcano Wenchi e il miele

bianco di Wukro (Tigray), prodotti eccellenti che pos-sono divenire un’ottima opportunità commerciale perla popolazione dello stesso territorio.

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Trovare in una cucina moderna la casseruola dirame, bassa conmanico e “ceramicata”all’interno, èun’opportunità intrigante.Gli chef della NIC hanno sposato da subito

quest’attrezzatura che meglio esprimi i valori tec-nici della conducibilità del rame edella qualità culinaria e gastrono-mica che viene offerta con l’ag-giunta del “Copper Ceramik”.L’idea era di eseguire un condi-

mento semplice, a base di ortaggitrifolati nella casseruola ceramicata,per poter osservare con attenzionedue valori: il primo definito grado diconduzione del calore; il secondo ca-pire l’impiego dei grassi da aggiun-gere e il grado di assorbimentodell’alimento in rapporto all’olio.Ricordando che il rame è il con-

duttore leader delle attrezzature dicucina per la trasformazione, ag-giungendo il ceramicato all’interno“Copper Ceramik”otteniamo unaprocedura di trasformazione otti-male, perché si permette l’impiegodi meno grassi in cottura e una

minor aderenze, nel senso che gli alimenti attaccatomeno al fondo. È un grande vantaggio per il cuocoche spesso deve eseguire trasformazioni multiplesullo stesso piano di cottura, gestire più padelle epentole durante il servizio con alimenti diversi. Conquesto sistema nuovo con rame in Copper Ceramikgarantiamo una facilitazione del lavoro,minore at-taccamento al fondo delle padella-casseruola perqualsiasi alimento. Nel caso presentato, gli ortaggisi sono colorati in modo uniforme, hanno bevutomeno olio del solito, non si sono attaccati al fondo.Suggeriamo allo chef di prestare attenzione al ge-stire con sapienza il fuoco sottostante. Una cotturadolce, o media, è da preferire a quelle con fiamma li-bera al massimo. Gli strumenti da impiegare per ilmescolamento all’interno della Copper Ceramik de-vono essere adeguati, il legno o in gommato,maanche il metallo non crea problemi, se viene fatto incottura. Provate per credere.

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La Baldassare Agnelli, leadernella produzione di strumenti di cot-tura professionali, arricchisce la pro-pria produzione con una nuova lineadi pentole all’avanguardia nei sistemidi cottura tradizionali: Copper Cera-mik by Baldassare Agnelli. Sì, questavolta è toccato al rame! Le pentole di questo straordina-rio metallo sono state rivestite di ceramica ed hanno as-sunto, agli occhi di chef professionisti, un significatospeciale: la perfezione della cottura. La linea CopperCeramik by Baldassare Agnelli è il frutto della continuaricerca e sperimentazione promossa dall’azienda Baldas-sare Agnelli, sia in collaborazione con i più importantichef della cucina italiana, sia attraverso il Centro di Ri-cerca e Formazione Saps di Lallio (Bg), associazionefondata da Angelo Agnelli con lo scopo di studiare e ap-profondire le forme e i materiali degli strumenti di cot-tura. La Linea Copper Ceramik by Baldassare Agnelli,unica ed esclusiva, sta conquistando in poco tempo unposto d’onore nei templi della gastronomia in Italia:conduce il calore 25 volte meglio rispetto all’acciaio.Tradizionalmente per le pentole in rame viene usato ilrivestimento in stagno che però può creare difficoltànella manutenzione quotidiana del prodotto. Invece conla ceramica vengono mantenuti gli stessi vantaggi di dif-fusione di calore e le proprietà del rame senza nessunproblema nel lavaggio e nella manutenzione. La Baldassare Agnelli hacreato questa linea con il rivestimento B-Ceramik per avere un perfettoprodotto professionale con i vantaggi del rivestimento naturale B-Ceramik.Chef, gourmet e appassionati hanno voluto arricchire la propria cucina conquesto strumento pregevole ed unico, che viene prodotto in esclusiva dal-l’azienda Baldassare Agnelli Professional Cooking. La produzione delle

pentole professionali Baldassare Agnelli ancora oggi ècontraddistinta dalla lavorazione artigianale del

prodotto, che viene realizzato comecent’anni fa lavorando a freddo il ma-

teriale, in modo da risponderealle richieste e ai desideri deglichef più esigenti. Un modello dilavorazione che unisce tradizionee modernità, ricerca e tecnologia,cura dei particolari e professiona-lità: fattori determinanti chehanno portato l’azienda BaldassareAgnelli ad essere leader nella pro-duzione di pentole professionali.

CopperCeramikbyBaldassareAgnellila nuova linea di strumenti di cotturaprofessionali in rame e ceramica

AcuradiMarcoValletta

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Steelite Intl., azienda leader a livello interna-zionale per la produzione di servizi per la tavola inporcellana vetrificata inglese, ha deciso di pun-tare sul mercato italiano dando nuovo impulsoalla sua offerta con un ufficio Steelite Italia enuove entusiasmanti linee. Dopo oltre quaran-t’anni dalla nascita del marchio Steelite, la presti-giosa azienda di porcellana vetrificata inglese hadato vita ad un ufficio Italia.Il tutto è stato reso possibile dalla collabora-

zione nata con la F.s.g. Italia S.r.l. (www.fsg-ita-lia.it), che sarà responsabile del marchio sulterritorio nazionale.Con una produzione di circa cinquecentomila

pezzi a settimana, oggi Steelite può vantare di es-sere una delle più grandi produttrici di piatti pro-fessionali in Europa, con un giro d’affarimondiale di 56 milioni di Sterline. Tutto questoavviene da un’unica unità produttiva situata aBurslem, una tra le più antiche aree manifattu-riere dell’Inghilterra. Burslem è un mix di altatecnologia, di innovazione e di tradizionali pro-cessi produttivi. “La scelta delle attrezzature de-nota l’immagine che il locale, sia esso hotel oristorante, vuole dare di sé. Questa scelta, fatta inmodo corretto, denota la professionalità del risto-rante, della struttura alberghiera e del personalepreposto - spiega il Key Accounts Manager ItaliaStefano Alfonso - la scelta di un piatto deve te-nere in considerazione il design, che sarà in gradodi caratterizzare l’ambiente e di esaltare la creati-vità dello Chef, ma anche della redditività che ilprodotto consente di avere. Gli effetti di rotturemeccaniche, maldestri accatastamenti, stoccaggi etrasporti effettuati con contenitori non idonei,shock termici o altre situazioni dettate dal normaleutilizzo, possono comportare importanti spese di ge-stione e riassortimento nel medio periodo. Tali con-siderazioni sono alla base della produzioneSteelite.” La produzione Steelite si può suddivi-dere in quattro grandi famiglie. La prima è laDistinction, consigliata per i ristoranti e labanchettistica negli hotel di medio alto livello,è la giusta combinazione tra design, innova-zione, funzionalità e durata nel tempo. La se-conda famiglia è la Performance, ideale perristoranti, società di ristorazione e per la ban-chettistica, nasce dal perfetto connubio trapraticità e resistenza anche in condizioni di uti-lizzo estreme. La terza è la Creations Glass,oggetti in vetro con forme accattivanti ed originali

per la tavola ed i buffet. La quarta ed ultima fa-miglia Buffet service & Presentation riguardainvece due importanti novità: la nuovissima lineadi alzate Rosselli Risers e gli innovativi scaldavi-vande Canyon Chafer. L’inserimento di questedue nuove linee, aggiunto alle novità degli scorsimesi, denotano quanto la Steelite Internationalsia vicina alle esigenze del mercato, delle nuovemode ed anche delle singole realtà. Questo haportato ad un notevole sviluppo di articoli “ru-stici” e “retro” con la necessità però di trovare unperfetto equilibrio tra tendenza e design. La ri-sposta è stata la creazione della linea Terramesa:destinata a chi ama uno stile caldo e rurale abbi-nato ad elevate prestazioni e qualità. Inoltre,come se non bastasse, da qualche settimana lecostanti innovazioni in fase produttiva hanno por-tato ad un grande risultato: la garanzia a vita con-tro le sbeccature del bordo per tutti gli articolidelle famiglie Distinction e Performace. “La qua-lità del prodotto, la soddisfazione dell’utilizzatore edel suo cliente sono per noi della Steelite l’obiettivoda perseguire. Sotto questo marchio abbiamo infattitradizione, versatilità, innovazione, possibilità didecori sottosmalto di altissima qualità e durata -continua S.A. - siamo infatti in grado di soddisfareogni tipo di esigenza, dalla banchettistica di alto li-vello a chi cerca il giusto compromesso tra praticità,prezzo e qualità”. Con la Steelite Italia sarà ancorapiù facile avvicinarsi a questo prestigioso brand.Basterà contattare telefonicamente gli uffici allo0522 902051 o scrivere una mail all’[email protected] per richiedere una visita, uncampione, un catalogo od una consulenza.

Obiettivo ItaliaSteelite Internationalcrea la divisione Italia

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Tra piacentinoe parmense:i sapori delle Terre Verdiane

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