PENNA LIBERA TUTTI - n. 1 del 7 ottobre 2012

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Redazione della Casa Circondariale di Villa Fastiggi - Str. di Fontesecco, 88 - 61122 Pesaro (PU) - Numero 1 del 7 ottobre 2012 CONTATTI [email protected] - tel 0721/64052 fax 0721/69453 D opo un mese di corso formativo per aspiranti giornalisti e settimane di preparativi, inizia la nostra avventura. Sotto la guida dei nostri “magnifici” redattori, anche noi siamo una redazione, composta da varie personalità che già hanno proposto diversi argomenti interessanti. Non vogliamo commettere l’errore di fare il passo più lungo della gamba. Con questo numero uno ci limitiamo a presentare il nostro giornale. Il pensiero principale che accomuna tutti noi è il poter avere un colloquio con l’esterno, raccontando le problematiche e le difficoltà che incontriamo quotidianamente. Esprimeremo le paure, le speranze e i sogni che vivono in noi. Cercheremo di raccontarvi questo luogo che non è solo un edificio dove sono reclusi i cattivi, ma anche un istituto dove esistono persone che tra un’angoscia e una speranza, aspettano la fine della propria condanna per potersi reintegrare nella società. Nella vita si può cadere, ma si ha il diritto di avere un’ altra chance per riprendersi la propria vita. Ed ecco che questo strumento sociale ci dà l’opportunità di raccontare la vita carceraria, portando riflessioni e sfatando quei luoghi comuni che non aiutano né voi né noi a comprendere questo mondo. Aiutateci a migliorare. La redazione P amico il nuovo enna libera tutti In dialogo con la città

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PENNA LIBERA TUTTI - n. 1 del 7 ottobre 2012

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Redazione della Casa Circondariale di Villa Fastiggi - Str. di Fontesecco, 88 - 61122 Pesaro (PU) - Numero 1 del 7 ottobre 2012CONTATTI [email protected] - tel 0721/64052 fax 0721/69453

Dopo un mese di corso formativo per aspiranti giornalisti e settimane di preparativi, inizia la nostra avventura. Sotto la guida dei nostri

“magnifici” redattori, anche noi siamo una redazione, composta da varie personalità che già hanno proposto diversi argomenti interessanti.

Non vogliamo commettere l’errore di fare il passo più lungo della gamba. Con questo numero uno ci limitiamo a presentare il nostro giornale. Il pensiero principale che accomuna tutti noi è il poter avere un colloquio con l’esterno, raccontando le problematiche e le difficoltà che incontriamo quotidianamente. Esprimeremo le paure, le speranze e i sogni che vivono in noi. Cercheremo

di raccontarvi questo luogo che non è solo un edificio dove sono reclusi i cattivi, ma anche un istituto dove esistono persone che tra un’angoscia e una speranza, aspettano la fine della propria condanna per potersi reintegrare nella società. Nella vita si può cadere, ma si ha il diritto di avere un’ altra chance per riprendersi la propria vita. Ed ecco che questo strumento sociale ci dà l’opportunità di raccontare la vita carceraria, portando riflessioni e sfatando quei luoghi comuni che non aiutano né voi né noi a comprendere questo mondo. Aiutateci a migliorare.

La redazione

P amicoil nuovo• •

enna libera tutti

In dialogocon la città

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Una redazione giornalistica dal carcere di Villa Fastiggi. Per Il Nuovo Amico non è proprio una novità. Già nel lontano 1994/1995 il nostro settimanale aveva avviato un progetto analogo, grazie all’idea del dott. Aldo Maturo, all’epoca di-rettore. Da allora i nostri lettori hanno continuato periodica-mente a chiederci di riprendere il dialogo con questa parte di città, troppo spesso dimenticata o raccontata grattando appena la superficie. E così, dopo una fase preparatoria di quasi un anno, siamo ripartiti con l’obiettivo di sensibilizza-re l’opinione pubblica sulle tematiche carcerarie. Parleremo di tutto ciò che gravita intorno a questo “pianeta sconosciu-to” ai più: dal sovraffollamento al reinserimento sociale, dal-la prevenzione della devianza all’educazione alla legalità tra i giovani.Vogliamo capire, insieme ai nostri lettori, cos’è davvero il car-cere oggi. Raccontare l’errore, ma anche la voglia di rialzarsi di chi, temporaneamente, vive privato della libertà personale. Ecco perché a scrivere saranno direttamente i detenuti, una volta al mese. Grazie alla direzione della Casa circondariale di Villa Fastiggi, e in particolare alla dottoressa Enrichetta Vilella, ci è stato possibile avviare un vero corso di giornali-smo in carcere, in collaborazione con tanti colleghi ai quali va la nostra riconoscenza: Giorgio Guidelli del “Carlino” di Ancona, Laura Mandolini e Giulia Torbidoni della “Voce Mise-na” di Senigallia e Gianni Rossetti, direttore della Scuola di giornalismo di Urbino. In poche settimane abbiamo macina-to tanto lavoro e costruito una vera redazione composta da una decina di ragazzi fortemente motivati. Il confronto e la discussione, a volte critica e divergente, avviene sempre nel rispetto della linea editoriale scelta e condivisa. Una linea che affonda le radici nella preziosa esperienza di “Ristretti Orizzonti”, l’associazione di Padova che da oltre 15 anni si occupa di giornalismo nelle carceri italiane. È anche grazie a questa realtà che, negli ultimi mesi, è nato il “Coordina-mento Regionale delle testate giornalistiche da e sul carcere” delle Marche. Un tavolo di lavoro che raggruppa il mondo dell’informazione dai penitenziari di Ascoli Piceno, Ancona, Fossombrone e Pesaro. Ora la parola passa ai lettori del Nuovo Amico ai quali non chiediamo di limitarsi a seguire questo nuovo progetto editoriale, ma di adottare queste pa-gine, inviandoci lettere e suggerimenti ([email protected]). Il desiderio è di costruire un dialogo tra detenuti e cittadini.L’appuntamento è al prossimo mese di novembre.

La redazione del Nuovo AmicoP. Enrico Bonfigli, Alvaro Coli, Stefano Danti,

Roberto Mazzoli, Francesco Rinaldi

Il pianetasconosciutoNato dall’amore di una coppia di romani, che a quel

tempo sognavano davanti al Colosseo di come sarebbe stato il loro futuro. Di sicuro (credo) se lo

aspettavano diverso da come poi io l’ho reso.... Insomma, da cosa nasce cosa e così, tra passeggiate romantiche al chiaro di luna e qualche bacetto di troppo, alla fine sono nato io. Era un loro desiderio farmi crescere nella più assoluta tranquillità e fuori da qualsiasi pericolo, anche perché in quegli anni Roma non era proprio una delle città più tranquille d’Italia. Difatti in quel periodo, tra la famosa “banda della Magliana” e le altrettanto tragicamente note

“Brigate rosse”, non c’era tanto da stare tranquilli. Crescevo nell’ovatta, protetto e coccolato da tutti, i nonni, sempre attenti ai miei spostamenti, dalla scuola alle piccole feste organizzate per i compleanni dai miei compagni di scuola, ai vari sport che allora praticavo.Ricordo che mio nonno era un commerciante di vini. A volte mi portava con lui nelle varie cantine dei colli romani per l’acquisto dei vini. Io giocavo fra quelle immense botti di legno, mentre lui contrattava sul prezzo. I suoi amici-clienti lo chiamavano “il principe”, per via del suo modo di vestire, sempre impeccabile: giacca, cravatta e l’immancabile borsalino in testa, proprio come quegli attori famosi degli anni ‘60.Mio padre invece mi dedicava solitamente il fine settimana, anche perché il resto del tempo era fuori per lavoro, in quanto trasportatore, quindi era più la “qualità” del rapporto che la quantità. Sì, certo, capitava anche che nei periodi di vacanza, quando le scuole erano chiuse, mi portava con lui per quei viaggi che all’epoca mi sembravano interminabili. Ecco, credo proprio che questo viaggiare con lui abbia sviluppato in me quel grande spirito d’avventura che tutt’oggi mi porto addosso. La prima volta che andai all’estero, mi sembrava tutto cosi

grande e diverso da quello che facevo abitualmente, che rimasi affascinato, tanto da volere poi pretendere, con noiosi piagnistei, di andare continuamente con lui. Tutti i racconti che potevo vantare al ritorno con i miei compagni di scuola mi facevano sentire importante. I primi successi con le ragazze arrivavano proprio dal saperne di più grazie a questi viaggi e allora, così facendo, aumentava “pericolosamente” la mia popolarità. Con una attenta valutazione, forse, qualsiasi psicologa direbbe che l’essere narcisista oggi, nasce proprio da quei

tempi lontani.Con il passare del tempo, mi sono accorto che quello che mi circondava non mi bastava più. Certo, rimanevo legato a tutti quei valori che mi avevano insegnato i miei da piccolo: il rispetto per gli altri, l’affetto per la famiglia e per le donne in generale, l’amore per gli animali e una buona educazione come galateo comanda, che non guasta mai. D o m a n d a r m i oggi come tutto il passato possa aver influenzato la mia

vita è veramente inutile, in quanto non è andata proprio come avrei voluto. Se fossi stato, o meglio, se fossi rimasto quel “bravo ragazzo” di un tempo, ubbidiente e riflessivo, molto probabilmente tanti errori non li avrei commessi. Ma purtroppo la vita mi si è presentata in diverse sfaccettature, piena di tentazioni alle quali ho sempre fatto molta fatica a resistere. Ho sempre voluto passare il limite, come quando attraversavo il confine nei miei primi viaggi con papà. Quando si è bambini si sogna di diventare “qualcuno”, dall’astronauta, al pilota d’aereo, all’architetto che sogna con gli occhi della mamma una casa più grande, al primario chirurgo o meglio ancora ginecologo per guardare con tutta libertà fra le cosce delle donne. Ma in realtà poi difficilmente si arriva dove ci si era prefissi.

Spartaco

ᐓ PERquiSA: perquisizione generale della cella per cercare oggetti non consentiti dalla direzione

ᐓ CoNtA: conteggio dei detenuti ad ogni cambio di guardia

ᐓ APPuNtà: chiamare l’agente penitenziario per fare qualche richiesta

ᐓ DoMANDiNA: modulo prestampato per qualsiasi esigenza, Esempio: richiesta di colloquio con educatrice, assistenti sociali, psicologi, telefonate etc. etc.

ᐓ SBoBBA: pasto del pranzo e della cena

pIccolo dIzIonarIo

EDitoRiALE

Mi rendo conto di quanta difficoltà ci sia ad avere un dialogo costruttivo tra chi

emigra e chi ospita. Lo sfruttamento delle persone emigranti crea un business, ad esempio a scafisti e imprenditori che ne sfruttano la manodopera. E’ vero anche che molti emigranti delinquono.Quando sono arrivato in Italia era per studiare, cercarmi un futuro, rendere orgogliosa la mia famiglia che mi ha trasmesso sani valori. Sono arrivato ad iscrivermi all’università di Milano. Questo è il punto di partenza: uno zaino con dentro i miei sogni, la mia incoscienza dell’età, le raccomandazioni dei miei genitori. Persone cresciute all’insegna del lavoro e dell’onestà che, con i propri sacrifici, avrebbero dato un futuro migliore a me e ai miei fratelli, avendo a loro volta vissuto la distruzione dell’Albania (il mio Paese). Fino all’età di 19 anni è andato tutto

bene.Lo zaino che portavo con me via via si riempiva di speranze e di sogni. Di lì a poco invece sono andati in frantumi. Fui arrestato per spaccio di sostanze stupefacenti. Solo oggi a 32 anni mi rendo conto con quanta facilità si possono distruggere le nostre ambizioni, e quanto realmente costa ricostruirle. Oggi mi sento come una goccia nel mare. E non sono l’unica, purtroppo. Tutti quanti potrebbero, con un piccolo gesto di solidarietà, cambiare la mentalità a coloro che ci discriminano. Credo sia proprio questo il problema principale, sia per chi ci ospita, sia per chi è emigrato dal suo paese. Aprire un attimo gli occhi e accorgerci che intorno a noi esiste già l’integrazione. Se imparassimo ad essere più uniti, anche i problemi della società si potrebbero affrontare meglio.

Ariol

I miei desideri in uno zaino

7 ottobre 201212 P enna libera tutti

Gli ultimi sogni da bambino

Si svolgerà venerdì 26 ottobre dalle ore 10 alle 16,30 presso l’Auditorium della Regione Emilia Romagna, Viale Aldo Moro 18 a Bologna. questo il programma:

ore 10 Saluti delle Autorità: teresa Marzocchi - Assessore alle Politiche Sociali Regione Emilia – Romagna; Francesco Maisto - Presidente del tribunale di Sorveglianza di Bologna; Paola Cigarini – Referente Conferenza Regionale Volontariato Giustizia E-Romagna. ore 10,20: “il lavoro delle redazioni all’interno del carcere: valore educativo e criticità”. intervengono: Pietro Buffa – Provveditore alle carceri dell’Emilia-Romagna; ornella Favero – Direttore di Ristretti orizzonti. Contributi di: teresa Valiani giornalista direttore de “io e Caino” giornale del carcere di Ascoli Piceno e Adriana Lorenzi esperta in scritture autobiografiche e direttore editoriale di “Alterego” giornale del carcere di Bergamo. ore 11,30: “il lavoro delle redazioni all’esterno: rapporti coi media e sensibilizzazione dei territori”. intervengono: Gerardo Bombonato, Presidente oDG Emilia Romagna. Mario Consani giornalista di cronaca giudiziaria del quotidiano “il Giorno”. Andrea Volterrani docente università tor Vergata,

esperto di “Comunicazione sociale”. Contributi di: Susanna Ripamonti direttore di “Carte Bollate” che presenta le prossime iniziative della Carta di Milano. Elton Kalika e altri redattori di Ristretti che raccontano l’esperienza di Padova. ore 15,30: “L’impegno delle redazioni nella tutela dei diritti: suggerimenti e sollecitazioni” Desi Bruno, Garante dei Diritti delle persone private della libertà della Regione Emilia Romagna.ore 15,50: Redazione di comunicato stampa. ore 16: Conclusione della giornata. Conduce i lavori: Carla Chiappini vice-presidente OdG Emilia Romagna, direttore del giornale del carcere di Piacenza “Sosta Forzata”.

La giornata è gratuita e aperta a tutte le realtà dell’informazione dal/sul carcere ma si raccomanda iscrizione presso segreteria di Ristretti orizzonti: [email protected] collaborazione con:Fondazione dell’Ordine dei Giornalisti dell’Emilia RomagnaRistretti Orizzonti

V Giornata nazionale dell’informazione dal/sul carcere

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Ci piace pensare che il rinnovato interesse da parte della redazione de Il Nuovo Amico nei confronti del carcere di Pesaro sia frutto anche del grande

impegno profuso dagli operatori penitenziari di Villa Fastiggi a favore di una apertura del carcere alla città. Da sempre attento alla cura dei rapporti con il territorio, l’Istituto pesarese ha rinforzato negli ultimi dieci anni tale vocazione, tramite l’ideazione, l’attuazione e lo sviluppo di progetti socio-pedagogici fortemente caratterizzati dalla ricerca dello scambio tra cittadine/i incarcerati e cittadine/i liberi, in uno sforzo comune e condiviso con le realtà pesaresi, istituzionali e non. Emblema di questa tensione è la manifestazione estiva denominata “l’Arte Sprigionata”, luogo-evento che

detenzione: un tema scivoloso

le mie vacanze estive Non è la prima volta che impegno il

tempo in compagnia della penna. La cosa mi alletta sempre più. Questa

volta la mia riflessione cade sull’estate. Molto strano parlarne dal carcere di Pesaro, dove le stagioni non promettono certo cambi degni di nota. Le stagioni si allungano, si accorciano, ma qui l’unica cosa che muta è l’abbigliamento. Per il resto tutto accade come nulla. In inverno muori dal freddo, ma ti puoi coprire solo quando hai di che metterti addosso. D’estate invece muori e basta. Qualsiasi movimento rimane lento e molto faticoso. Quindi sotto con i bagni refrigeranti, ma niente sabbia sotto i piedi anche se, per chi vuole, si può prendere il sole. Il problema però sono gli orari assurdi e il conseguente rischio di insolazione. E così si vedono pance spropositate e gonfie

come grossi cocomeri che diventano rosse e che poi vengono sfoggiate con noncuranza. Pance che creano una sorta di zona d’ombra al di sotto della vita e che non fa abbronzare i piedi. Pancione rosso e piedi bianchi: “combinazione” perfetta per passeggiare in via Solferino. La ricerca di un’isola felice, un’oasi estiva è praticamente un sogno. Per questo noi carcerati, anche se all’aria aperta, non siamo propriamente felici. Per paradosso i giorni memorabili rimangono quelli marcati col segno del lampo (i temporali). Un giorno sul calendario di un detenuto che segnava con una perfetta X la data passata trovai il simbolo di un fulmine. Quando chiesi cos’era quella saetta mi rispose “un lampo”. Trovai un che di poetico in quel gesto, segnare anche il maltempo è roba da scienziati. In estate l’aria che passa tra le sbarre è bollente. Un metodo

infallibile per trovare sollievo è passare qualche ora in compagnia del mio secchio. Ho un bel rapporto con lui e passo parecchie ore in sua compagnia. Non è mai fuori luogo e quando serve c’è sempre. Così lo riempio con acqua fredda (ma calda considerata l’alta temperatura) e poi, come carcere insegna, buco una bomboletta del gas da campeggio che usualmente si utilizza per cucinare. La immergo ancora piena nell’acqua che si raffredda fin quasi a ghiacciarsi. Fatta questa operazione immergo i piedi e lì rimango finchè non diventa brodo per i tortellini. Posso effettuare questa operazione anche due o tre volte al giorno, per un costo di 1,20 euro ogni volta (se penso che una brandina ne costa 10, alla fine ci sto dentro). E così, coi piedi al gelo, aspetto che il sangue circolando raffreddi il corpo provando un leggero sollievo, poi mi

appoggio al cancello di ferro che dovrebbe aumentare la sensazione di benessere. Infine, per non lasciarmi coinvolgere dall’ambiente in cui mi trovo, chiudo gli occhi e mi immagino in spiaggia. Cosi anch’io ho trascorso le mie vacanze estive di questo 2012.

Marco Conti

nelle gabbie della ThailandiaIl paradiso, per un tossicodipendente

d’eroina, è la Thailandia. Per questo anni fa ci sono stato, in compagnia di un amico.

A pensarci bene “amico” è una parola grossa, visto che l’unica cosa che ci accomunava era lei: “la roba”. Fatto sta che appena arrivati, per una settimana, mi sono sentito davvero in paradiso... Poi, mentre un giorno mi ciondolavo su di un’amaca fra due palme a due passi dal mare, arrivarono due guardie. Il mio “amico” aveva fatto qualcosa che non doveva ed aveva fatto anche il mio nome. Io ero strafatto e non riuscivo a capire cosa volessero da me. Mi afferrarono e trovarono nelle mie tasche 2 grammi di eroina. Ingenuamente pensai che non ci avrebbero dato peso, visto che si trattava di uso personale. Invece stavo rischiando dai 6 ai 12 anni di reclusione. Le due guardie continuavano a parlare, ma io non capivo e ridevo, finché uno di loro mi ha detto in italiano: “adesso te lo togliamo noi quel sorrisetto del c...o” ed hanno iniziato a massacrarmi di botte finchè non sono svenuto. Quando mi sono ripreso, prima di aprire gli occhi, vomitavo sangue. Ero tutto bagnato, probabilmente mi avevano fatto la doccia con l’idrante dell’antincendio. È così infatti che ci lavavano. Arrivavano davanti alla cella e ci spruzzavano addosso il getto d’acqua con l’idrante. Non so quanti metri quadrati fosse la cella, ma ricordo che vi erano solo tre mura, il quarto lato erano le sbarre. In quel buco era stipata gente di ogni etnia; non c’era altro, niente. Nessuna branda, tv,

tavolino, sgabelli, fornelli per cucinare, pentole etc. Cose che si trovano invece in un carcere Italiano, anche se sovraffollato. In Thailandia, quando ci portavano il “cibo”, lo gettavano direttamente in terra. Io stavo accucciato in un angolo e vedevo i miei “concellini” gettarsi su quella melmaglia a mangiare direttamente dal pavimento come maiali. Per le guardie noi eravamo nient’altro che carne da macello. Per tre mesi ho digiunato, poi sono diventato bestia anche io. Ero convinto di morirci in quella cella, mi ero completamente lasciato andare ai miei istinti primordiali; perché lì era “morte tua, vita mia”. Nonostante ne sia uscito vivo per vie burocratiche, a tutt’oggi rimangono indelebili nella mia mente i ricordi di tutte quelle persone che si sono impiccate, o di chi si è tagliato la gola. Ho visto con i miei occhi un detenuto prendere a testate il muro fino ad aprirsi il cranio e pure io avrei voluto farla finita, ma non ne ho avuto il coraggio. A farmi forza era una scritta incisa sul muro della mia gabbia che diceva: “Per attraversare l’inferno bisogna passarci in mezzo”. Io sono riuscito ad attraversarlo, ma ancora mi chiedo che fine abbia fatto il mio “amico”. Ora sono qui, a Pesaro e mi verrebbe da dire che questo non è un carcere. Certo anche qui c’è gente che muore e i nostri diritti umani vengono continuamente calpestati a causa del sovraffollamento. Anche se in modo diverso credo che anche noi, ai vostri occhi, rimaniamo bestie.

emi

Io ricomincio da quiNell’ultimo incontro con i nostri tutor abbiamo discusso l’avvio del progetto e ci è stato chiesto quali fossero le nostre aspettative. Beh, di aspettative vere e proprie non ne ho. Sarà che nella mia vita i risultati non sono mai stati all’altezza di ciò che mi aspettavo, però quando mi hanno comunicato la possibilità di partecipare a questa iniziativa mi si è aperto il cuore. Non so se riuscirò a essere un bravo giornalista, per me essere parte di questo gruppo è già un buon punto di arrivo. Perciò non mi importa nemmeno se i miei scritti verranno pubblicati; sicuramente mi impegnerò con tutto me stesso per ringraziare queste persone che hanno creduto in noi e hanno dedicato parte del loro tempo a insegnarci le tecniche e i “trucchi” del giornalismo.Essere membro di una redazione mi ha fatto sentire di nuovo vivo, partecipe di un gruppo che si appresta a intraprendere qualcosa di concreto. Avevo bisogno di quella spinta che mi inducesse a cambiare e scegliere di essere altro. Sfidare i limiti, riprendere la marcia e rialzarmi dopo essere caduto, invece di lasciarsi morire dalla solitudine, farsi ingannare dall’attesa speranzosa e lasciare che il dolore corroda lo spirito. Per me questo giornalino è consapevolezza di ciò che oramai è andato perduto, ma è anche un impegno concreto di desiderare ancora una nuova vita, che comprende quella forma di perdono interiore che devo sapermi dare per non soccombere al dolore del passato. Io ricomincio da qui!

Alessandro

Oggi mi sono svegliato alle sette con l’ansia, in attesa che arrivassero le ore nove. Già, perché dovevo scendere e dico “scendere” perché sono in una sezione del primo piano

e i nostri incontri avvengono al pianterreno. Oggi sono assieme a tutti coloro che partecipano per dare un contributo letterario per il “Nuovo Amico”, il nostro giornale. Oggi il numero zero è in

preparazione. Per questo motivo è un giorno diverso. Grazie alle autorità del penitenziario che ci permettono di poterci esprimere lasciando libero il nostro pensiero senza censura.Un sentito ringraziamento a tutti coloro che hanno avuto questa brillante idea di dare voce a chi non ne ha.

Leonardo Basiricò

Un giorno diverso

Inizio dicendo che la cosiddetta tanto “sventolata” rieducazione non esiste nella maggior parte

delle carceri italiane (troppi detenuti rispetto al personale addetto), la vita neanche, la sofferenza sì. Il giornalismo dovrebbe raccontare la vita... e allora? Cosa scriviamo? Solo di sofferenze?Ma chi è fuori, libero, secondo la mia pur scarsa esperienza, con sporadiche

eccezioni, anche se non conosce quella carceraria, crede di saperne abbastanza della sofferenza. E a volte gli basta la sua, tanto che si sentono spesso frasi come “buttare via la chiave” o “deve marcire in galera”, e altre simili amenità. Allora preferisco non scrivere di cose personali che poi quasi nessuno legge. No. Meglio tentare di fare qualche opinabile considerazione sulla realtà, così come mi viene ogni

volta secondo le notizie e i discorsi che “mi giungono all’orecchio” da fonti diverse. Questa volta vorrei proporre una specie di “provocazione”. Ho visto in tv che troppi nostri politici stanno approvando un provvedimento che stabilisce che, chi è stato condannato in via definitiva, non potrà candidarsi in politica. Immagino che molti lettori si trovino d’accordo con una simile linea di condotta. Tuttavia vi chiedo

se è giusto che un condannato, una volta scontata la sua pena, debba essere bollato per sempre ed essergli impedito il reinserimento completo nella vita. È un provvedimento che serve solo per avere più voti? E gente come Ghandi, Mandela, gli Apostoli e altri che dopo la prigionia hanno migliorato la società? Ditemi dove sbaglio..

roberto9

iL PuNto

emi

emi

dal 2003 vede la città raccogliersi intorno a detenute e detenuti che portano “in piazza” i propri prodotti artistici, artigianali, agricoli, il loro pensiero, le loro storie. Nell’edizione 2012, è stato chiesto ai pesaresi di votare un elenco di titoli per dare nome ad una testata giornalistica dei detenuti. La scelta è sotto i nostri occhi. Ma l’avventura era cominciata qualche mese prima, quando il caporedattore del Nuovo Amico, Roberto Mazzoli, insieme a Francesco Rinaldi e Alvaro Coli, si sono presentati in carcere lanciando l’idea di uno spazio dedicato, all’interno del settimanale interdiocesano. L’idea era ottima e ben si adattava agli orientamenti della direzione col vantaggio di essere veicolata su di un giornale prestigioso e molto letto a Pesaro e provincia.

La motivazione dell’inserto è quella di avviare un dialogo, su un tema tanto scivoloso come quello della detenzione, tra chi il carcere lo vive e chi lo immagina solo, o addirittura lo ignora. Le pagine di un giornale consentono alle persone di esprimersi, di informare ed informarsi. Le pagine di un giornale rappresentano una potente agenzia educativa, dove si formano opinioni, si orientano mentalità, in un confronto continuo tra esperienze, competenze, narrazioni. Saper esprimere quello che si vuol comunicare; saper riconoscere le parti più pregnanti di un discorso e di un fatto; saper ascoltare; saper guardare; saper compromettersi per cercare, conoscere, crescere: questi gli obiettivi del progetto “Penna libera tutti”, de Il Nuovo Amico, del carcere di Pesaro e… della città che lo contiene.La Direzione della Casa Circondariale di Villa Fastiggi

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7 ottobre 2012 13 P enna libera tutti

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7 ottobre 2012 P enna libera tutti

CONVEGNO ANNUALE DEL NUOVO AMICO

«Penna Libera Tutti» GIORNALISMO IN CARCERE

INTERVIENE

Ornella FaveroDirettore di “Ristretti Orizzonti”

ALLA QUALE VERRA’ ASSEGNATO IL

Premio giornalistico Volpini 8ª EDIZIONE

VENERDI’ 5 OTTOBRE 2012 - ORE 10TEATRO DELLA CASA CIRCONDARIALE DI VILLA FASTIGGI

STR. FONTESECCO 88 - PESARO

In collaborazione con la Casa Circondariale di Villa Fastiggi

Patrocinio di:Federazione Italiana Settimanali Cattolici / Presidenza del Consiglio Provinciale di Pesaro e Urbino / Comune di Pesaro

Ombudsman delle Marche / UCSI Marche

Dipartimento Amministrazione PenitenziariaDDIIRREEZZIIOONNEE CCAASSAA CCIIRRCCOONNDDAARRIIAALLEE

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA

PESARO

Si ringrazia per la gentile collaborazione

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