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    Direttore Luca Beltrami Gadola

    numero 22

    14 luglio 2009

    edizione stampabile

    www.arcipealgomilano.org

    In questo numero

    Editoriale LBGMILANO: LA NOTTE DEI GIOVANI, QUELLA DEI VECCHI

    Dal Palazzo adminLA MOVIDA TRA CANCELLI, ALCOOL E PRESEVATIVI

    DallArcipelagoFranco DAlfonso LOPPOSIZIONE MILANESE E I LIBRI DIMENTICATI

    Urbanist. e Archit. Emilio VimercatiEDILIZIA IN REGIONE: MAGGIORANZA ALLA SOGLIA DELLACRISI

    Mobilit Giuseppe UccieroLA FACCIA DI MORETTI E LA STAZIONE CENTRALE DI MILANO

    Approfondimenti Claudio RugarliIL VADEMECUM MILANESE. COSA BENE SAPEREDELLINFLUENZA

    Arte e cultura Antonio PivaPALAZZO REALE E LA MOSTRA DELLA SCAPIGLIATURA

    Metropoli Filippo Beltrami GadolaEXPO: LA DIFFICILE QUADRATURE DEL CERCHIO

    Sanit Ileana AlessoLEGGE 40. ORA UNA VITTORIA DELLA DEMOCRAZIA

    Societ Guido MartinottiCHIESA DEI GIUSTI E CHIESA DEI POTENTI

    In YouTubeIL CONCERO DI SAN SIRO

    Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit in ARTE & SPETTACOLI

    MUSICA a cura diPaolo ViolaARTE - a cura diSilvia DellOrso

    TEATRO a cura diMaria Luisa BianchiCINEMA E TV a cura diSimone Mancuso

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    EditorialeMILANO: LA NOTTE DEI GIOVANI, QUELLA DEI VECCHI

    LBG

    La notte dellestate milanese por-ta in superficie, ci fa vedere, unadelle tante incongruenze della no-stra citt: vecchi e giovani nonsanno vivere insieme, non si a-mano, non si rispettano e la citttrasgredisce alle sue regole. Cheil rapporto giovani-vecchi siasempre stato complicato non una novit ma gli equilibri sonomolto cambiati e linsofferenzareciproca aumentata, compliceunamministrazione che sul pro-blema giovanile continua a sba-gliare. Lultima uscita del sindacodi vietare la vendita dellalcol aiminori di 16 anni, una parte delpopolo della notte, ne la prova:un provvedimento che rincorre ilmale dellalcolismo giovanile sen-za ridurne le cause e con il solorisultato di indurre i giovani a na-sconderne luso e bere dalla bot-tiglia nascosta nel sacchetto. Ilproibizionismo ha unambiguitlontana che cova nelle coscienzemai libere dallipocrisia.

    Con i giovani la nostra citt arrivasempre in ritardo e, dopo aver zit-tito chi da tempo denuncia il lorodisagio, ecco il trionfo della re-pressione. I giovani, blanditi inquanto tali, sono oggetto di pub-blicit perch sono un popolo diconsumatori spesso spensierati,addirittura tenuti colpevolmentenellignoranza del mondo che licirconda e dei suoi problemi. Levicende dei decibel negati e poiconcessi per il concerto a San Si-

    ro della settimana scorsa sonolindice di un atteggiamento ondi-vago tra riconoscimento di un de-siderio di divertimento e condi-scendenza verso gli eccessi so-nori che poco hanno a che vederecon lamore della musica, ancheestrema. Ma i vecchihanno lacoscienza a posto di fronte allanotte dei giovani? S e no. La lorointolleranza verso qualunque ma-nifestazione rumorosa un fattoendemico nella nostra citt, anchequando queste occasioni sianorare come i concerti e sono laspia di un disagio generico checerca soggetti sui quali scaricarele tensioni. I nostri tribunali sonoassediati di cause civili tra viciniper il disturbo acustico, dal piantodei bambini allabbaiare dei cani,dal volume troppo alto della tele-visione al rumore dei condiziona-tori.

    In questo gi teso scenario anchela pubblica amministrazione mila-nese fa la sua parte a cominciare

    dalle pavimentazioni sconnesse,tra queste i famigerati masselli,che sono la causa del rumore darotolamento del traffico automobi-listico, per finire con linquina-mento luminoso: Milano unadelle citt peggio illuminate e lesorgenti di luce colpiscono le fac-ciate delle case persino allal-tezza dei secondi piani e costrin-gono ad abbassare le tapparelleper poter dormire cosa che,sommata alla chiusura dei vetri

    per il rumore, rende lestate untormento e luso dei condizionatoriuna necessit. Ma c ancheloltraggio alla legge: la norma re-gionale che vieta di proiettare fa-sci luminosi verso lalto. Ogni rag-gio luminoso dovrebbe essere di-retto in modo da non superare lalinea dellorizzonte, eppure vi so-no affissioni pubblicitarie illumina-te dal basso, come illustrano al-cune immagini della nostra gal-lery, il tutto con la tacita conni-venza dellufficio affissioni che

    rilascia le autorizzazioni a questiimpianti: una delle tante compia-cenze che avvelenano lo scenariodella nostra citt.

    La norma regionale era stata unsuccesso degli astronomi che nonvolevano un cielo inquinato e gliastri invisibili, e anche dagli am-bientalisti che ritenevano questeilluminazioni un dispendio di e-nergia elettrica inutile, soprattuttonelle ore della notte fonda quandoi potenziali osservatori, e dunque i

    soggetti passivi della pubblicit,sono ridotti alla pattuglia dei not-tambuli. Infine una vittoria indiret-ta per i poeti, per gli amanti dellestelle, per chi nel cielo non imma-gina solo satelliti per telecomuni-cazioni o razzi vettori minacciosima per chi sotto sotto sente frulla-re per la memoria il Leopardi:Vaghe stelle dell'Orsa, io noncredea /tornare ancor per uso acontemplarvi/ .

    Dal PalazzoLA MOVIDA TRA CANCELLI, ALCOOL E PRESERVATIVI

    ADMIN

    Meno male che ci sono i farmaci-sti. Quelli come Ilaria Zavattaro,della farmacia di Corso Sempione5, che hanno deciso di non chiu-dere gli occhi. L, davanti alla lorovetrina, si muove una fetta consi-

    stente di movida milanese. Tutti

    gli altri, di fronte alla fiumana digiovani che si concentrano in zo-na tutte le sere e, soprattutto, lenotti, hanno reagito in due modi. Igestori di locali, con atteggiamen-to rapace: prezzi alti, proposte

    consumistiche, interesse concen-

    trato sulle proprie tasche. I resi-denti con insofferenza crescentenei confronti del rumore, deglischiamazzi, dei bicchieri e dellelattine lasciate ovunque a testi-monianza di notti non indimenti-

    cabili.

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    E loro, i farmacisti, cosa hannofatto? Hanno aperto un dialogocon questi giovani, gli hanno teso

    la mano, li hanno degnati di unpensiero positivo. Hanno distribui-to cinquecento volantini nei localidellArco della Pace per annuncia-re che nella loro farmacia, dalle21 alluna di notte avrebbero co-minciato a distribuire profilatticigratis, per combattere malattie evirus, per rendere il sesso pi si-curo. Un atto semplice, cui nes-suno in questa citt aveva pensa-to. Perch, si sa, questa non una citt per giovani. Non nean-che una citt per vecchi, se vo-gliamo dirla tutta. Ma nei confrontidei giovani particolarmente aci-da, acrimoniosa, ostile.

    Certo, quando si tratta di parlarnein astratto, i suoi amministratoriusano toni incoraggianti. Perfinola movida diventa un valore di cuivantarsi. Di fatto, Milano mette inmostra tutti i limiti di un sistemache non funziona. Malato fin dallefondamenta. Anni di licenzecommerciali distribuite senza cri-terio, di mancata pianificazionedelle funzioni tipiche di una me-

    tropoli, di assenza di strategie peraffrontare le dinamiche di una cit-t in crescita hanno generato mo-stri. I locali frequentabili e fre-quentati dai giovani si sono con-

    centrati in tre-quattro zone almassimo. Al di fuori di quelle zonec il vuoto, la morte civile. La vitaculturale della citt si progressi-

    vamente impoverita e la sua offer-ta di stimoli alla popolazione pigiovane andata sempre pi af-fievolendosi. Risultato: le modeconcentrano un numero inverosi-mile di giovani negli stessi posti. INavigli, lArco della Pace, via Tor-tona, Brera vivono notti false, tira-te, esasperate, mentre il resto del-la citt (per non parlare delle peri-ferie) sprofonda nella banalit delnulla, o nel disastro di una vitascandita dai ritmi imposti dallamalavita. Si chiama movida anchequi da noi. Ma la nostra distanteanni luce dalla movida di Barcel-lona, di Madrid, dalle notti felici dimetropoli come Parigi. Dove ungiovane pu divertirsi anche a po-co prezzo perch tutta la citt glioffre occasioni di divertimento,svago e arricchimento culturale.

    Qualche isola di resistenza, a direil vero, negli ultimi anni qualcunoera riuscito a costruirlo. Bastipensare al palinsesto di un picco-lo network culturale come quelloconcentrato in piazza Oberdan,

    negli anni recenti della gestione diDaniela Benelli, assessore allaCultura della giunta Penati. Men-tre Palazzo Marino rispondevaagli eccessi della movida mene-

    ghina con la filosofia del cancel-lo portata avanti dal vicesindacoRiccardo Marshall De Corato (o-vunque ci sia un problema

    sinterviene o con i cancelli, comein piazza Vetra, o con le transen-ne, come in viale Montenero, op-pure con le forze dellordine), inOberdan si andati avanti peranni proponendo altro: mostre,dibattiti, concerti, rassegne di filmcoordinate dalla Cineteca, incontricon i personaggi che hanno fattogrande Milano. Sostanza, cultura.Non c stata sera in cui le fine-stre e le vetrine di Oberdan nonabbiano illuminato la citt, oltrealle menti e ai cuori di chi lha fre-quentata. Giovani, in maggior par-te.

    Quindi c lalternativa, si direbbe.S che c, anche se lelettoratomilanese non lha premiata: oggi,che anche la giunta di PalazzoIsimbardi si allineata alle altre dicentrodestra, non si sa che finefaranno Spazio Oberdan e glispazi culturali collegati. Questo un problema, sul quale sarebbechiamata a ragionare una sinistrafinalmente capace di distogliere ilpensiero dal proprio ombelico per

    lanciarlo un po pi in l: dove cla vita reale. Prima che sia troppotardi, e che la citt anneghinellultimo bicchiere di birra, paga-to a caro prezzo.

    DallArcipelagoLOPPOSIZIONE MILANESE E I LIBRI DIMENTICATI

    Franco DAlfonso

    Lo sguardo verso il passato delvostro Giano Bifronte porta que-sta volta alla memoria di un po-meriggio autunnale, auletta Pao-lo Rossi della Statale di Milano (ilnome viene da uno studente mor-to durante scontri con la polizia aRoma in quegli anni) in attesa diascoltare il verbo di uno dei mitidella sinistra del tempo, il filosofoHerbert Marcuse.Il teorico del permissivismo comelibert, lautore di Eros e societin un contesto assolutamente

    consono (lo splendore sotto i ma-

    glioncini in lana grossa delle ra-gazze, magari amplificato dal ri-cordo, difficilmente eguagliabi-le.) rispondeva alle domande digiornalisti democratici e, a sor-presa, di quella su quale fosse ilprincipale problema che avrebbedovuto affrontare la citt del futurorispose: I vecchi e i rifiuti. Scon-certo fra tutti gli ossessionatidallalienazione del lavoro in fab-brica, guerriglieri urbani e affini:come gli venuta una riflessionecos astrusa al compagno Marcu-

    se?

    La difficolt teorico pratica dellasinistra nellaffrontare proprioquesti due problemi, lannasparealla ricerca fonti dispirazione perlarte di amministrare la citt dioggi certificano che lintuizione diMarcuse, ritenuta evidentementesedime secondario del pensiero, stata dimenticata nel magazzinodelle tesi scomode e rimosse del-la sinistra milanese e italiana,perch si occupavano di cosetroppo eccentriche rispetto allebasi teoriche classiche.

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    Cercando fra queste scartoffiedella memoria, di una Milano cu-riosa e cosmopolita, di una culturadi sinistra moderna e non succu-

    be dellindexing politico e cultu-rale di una destra popolarescamente pragmatica, ci simbatteanche ne Il villaggio globale diMarshall Mc Luhan, un altro delquale per un periodo brevissimosembrava non potersene fare ameno: il ruolo dei media nella glo-balizzazione del mondo descrit-to con una tale precisione che, arileggerlo oggi, la teoria della me-tempsicosi o quella di un alieno inviaggio nel tempo che rivela il fu-turo al buon Marshall potrebberiprendere consistenza. Chi aves-se la pazienza di fare una piccolaricerca storica, scoprirebbe pro-prio a Milano, tra lUniversit Cat-

    tolica (e s !), il Circolo Formentini(il nome viene dalla via, non dalsonnolento sindaco leghista inflit-to a Milano dalla seconda repub-

    blica.) e la rivista socialista Criti-ca Sociale, un pi che discretonucleo di elaborazione e ricerca dipurissima cultura di sinistra: an-che quelli, ahim, eccentrici, trop-po eccentrici rispetto alle regoledella sinistra militante, che diffon-de la stampa militante sempremeno letta e considera Mike Bon-giorno loppio del popolo.

    Vedendo gli esponenti dellattualeopposizione di sinistra milanesecercare appigli, orizzonti valorialie cercare di formare pantheon

    altamente improbabili e mal fre-quentati, magari per giustificareladesione a una o laltra candida-

    tura a segretario del Pd, vien dachiedersi perch queste, cometante altre felici intuizioni di cui stata capace in passato, vengono

    omesse, dimenticate o travisate,come fanno gli studenti della Sta-tale di oggi che pensano chelaula nella quale parl Marcusesia intitolata al centravanti dellanazionale italiana di calcio cam-pione del mondo.

    Buttare uno sguardo allindietronella cultura politica ed essereaperti e attenti agli stimoli daqualsiasi parte arrivino, continuo apensare, non un esercizio inuti-le: se no va a finire che i nuovistidi ogni tempo continueranno avedere Mike in televisione e a noncapire come mai non si becca pal-la a ogni scadenza elettorale.

    Urbanistica e architetturaEDILIZIA IN REGIONE: MAGGIORANZA ALLA SOGLIA DELLA CRISI

    Emilio Vimercati

    Come noto di questi tempi ormaisi dimentica in fretta la dinamica

    dei fatti ma vale la pena ricordareche il governo decise alliniziodellanno di annunciare uno spe-ciale piano per la casa in derogaa regolamenti e strumenti urbani-stici, peraltro senza individuare lerisorse conseguenti, cui sono se-guiti vari testi poi ritirati.Le amministrazioni regionali insede di conferenza Stato-Regionihanno ribadito con fermezza lacompetenza di queste ultime alegiferare in materia giungendo aunintesa siglata il 1 aprile ove si

    consentono interventi straordinariper il rilancio non pi di un pianocasa ma delledilizia in generaleper una durata di 18 mesi.In pratica si parla ad altri attori:non certo a chi attende una casama a chi gi la possiede.

    Toscana, Veneto, Campania, so-no state le prime ad adeguarsientro i limiti stabiliti dallaccordo,ognuna in modo un po diverso,cos come presumibilmente fa-ranno anche le altre Regioni, for-mando un eterogeneo quadro dinorme locali, forse federaliste, ma

    non si sa bene quanto costituzio-

    nali.La Lombardia ha presentato untesto di legge un po allargato so-stenendo che trattasi di una dere-golamentazione provvisoria e chein pratica la legge non niente disconvolgente, piccole opere inderoga finalmente fattibili con re-gole semplificate e che eliminanofastidi burocratici.Da superare sono i modelli rigididei piani regolatori preso atto cheanche dalle loro maglie fitte lenorme in passato sono state rag-

    girate comunque, cambi di desti-nazione, lotf, sopralzi, sottotetti,ricostruzioni, varianti, il tutto in-sabbiato da generosi condoni.Ora la tecnica diversa: si con-dona prima autorizzando interven-ti edilizi in deroga.Poi si proclamano come interventia tutela dellambiente e del territo-rio quelli nei parchi, nelle aree a-gricole, nei centri storici, per valo-rizzarli naturalmente; si costruiscedi pi ma con risparmio energeti-co.Vale in particolare la pena di rile-vare una frase contenuta nellin-

    tesa: Tali interventi edilizi nonpossono riferirsi a edifici abusivi onei centri storici o in aree dine -dificabilit assoluta.Lindicazione stata ignorata dal-la Giunta Lombarda che prevedeinterventi sia nei centri storici sianei parchi.Ci ha provocato malumoriallinterno della maggioranza siaper questa scelta che per le se-guenti: il superamento della vec-chia dizione locale seminterratosenza permanenza di personeche ha sconvolto la vita a proget-tisti e operatori, liberalizzando i

    seminterrati che diventano agibiliin deroga alle norme di sicurezza,agibilit, condizioni igieniche. Ilriuso abitativo, dopo i sottotetti, dilogge e porticati, stalle e fienili,sopralzando, allargando, tutto inderoga, come detto, nelle areeagricole, nei parchi, nei centri sto-rici. Per 18 mesi allegria. E scontisugli oneri. Parcheggi, servizi,verde, non si comprende come sifaccia fronte allo standard dovuto.Salvo per il produttivo che deverimanere tale, non c nessun ri-chiamo come prevede la leggeregionale n. 12/05 a mantenere

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    per 10 anni la destinazione dusoresidenziale nei nuovi interventi,n a procedere almenoallaccatastamento delle nuove

    unit. Via col vento e via col ne-ro? E nei quartieri popolari anzi-ch migliorare la qualit della vitasi densifica fino al 40% in piconsumando suolo senza preve-dere compensazioni. Equivocopoi il fatto di promuovere il ri-sparmio energetico aumentando ivolumi. Si richiedono criteri antisi-smici per gli ampliamenti, nullaper lesistente. Molti i dubbi sucome e chi valuta se un edificionon coerente con il contesto neicentri storici. Nessun accenno allaqualit architettonica.Questi sono gli interrogativi emer-si a mezza bocca anche dentro lamaggioranza che governa la Re-gione indotta quindi a disertare leriunioni della competente com-missione consiliare e a rimandarelapprovazione in aula del testo.Persino il Presidente della com-missione territorio ha presentatoben 25 emendamenti ritirati perordine superiore due giorni dopo.La contraddizione politica si sno-da tra il messaggio formigonianodel fare per lo sviluppo e le ansie

    della Lega la cui base locale perplessa di fronte ad unespan-sione edilizia senza regole.

    Eppure dinterventi straordinari cn sarebbe bisogno. Sarebbe

    sufficiente un programma miratoper le periferie e ledilizia residen-ziale pubblica. Per rilanciareledilizia sia pubblica che privata

    innanzitutto sarebbe utile snellirela legge regionale n. 12/05, diven-tata un mostro inapplicato, intro-ducendo semplificazioni perunefficienza immediata deglistrumenti urbanistici. Infatti dacinque anni i piani provinciali nonsono stati adeguati alla 12/05, co-s come mancano i PGT chel80% dei comuni lombardi non haancora, in particolare tutte le cittcapoluogo sono inadempienti.

    Per non parlare dal piano territo-riale regionale che non c, sem-pre per contrasti in seno allamaggioranza, piani darea com-presi (Malpensa/Linate, Monti-chiari, Valtellina).Derogare ha un senso se allespalle c un quadro urbanisticodefinito non se si opera in regimedi transitoriet. Ma questa situa-zione fa comodo altrimenti non sicapirebbe perch resiste una leg-ge urbanistica del 1942 che nes-suno cambia per intero preferen-do che si agisca di volta in voltacon leggi straordinarie in deroga,

    come gradiscono i grandi immobi-liaristi cui piacciono gli accordiindividuali.

    Cosa produrr alla fine questalegge per una nuova, o meglio

    vecchia edilizia? Sicuramente ri-sultati politici di consenso per chiparla alla pancia della gente. Perchi interessato a un mercato

    regolato ed ha una visione com-plessiva del territorio tocca far fin-ta di accettare misure anticrisi esperare nei minor danni possibiliallambiente, risorsa irripetibile eche lunica di cui disponiamo.

    Le nuove norme affidano la ripre-sa economica alla liberalizzazionedinterventi edilizi in deroga aglistrumenti urbanistici e ai regola-menti vigenti per diciotto mesi,fino a met marzo 2011. Conside-rato in tre anni il tempo di esecu-zione delle opere arriviamo al2014, un periodo lungo per darerisposte urgenti a breve. Segue ilday after. Ma non si dica, ai po-steri lardua sentenza, no, preve-nire meglio.

    Le forze politiche di opposizionesi sforzano di rimanere sul temama largomento del buon governonon sar quello prevalente in Re-gione e ogni proposta migliorativanon sar considerata.

    Perch alla fine la maggioranza

    trover un accordo politico e blin-der il testo approvato dalla Giun-ta non dimenticando che lannoprossimo si vota per la Regione eil confronto per equilibrare i poteri gi iniziato.

    MobilitLA FACCIA DI MORETTI E LA STAZIONE CENTRALE DI MILANO

    Giuseppe Ucciero

    Lavete vista la faccia di Moretti,lAD di Trenitalia?

    Sempre accigliato, quasi astioso,di fronte allinterlocutore che gli sirivolge, poverino, per chiedereinformazioni, spiegazioni, insom-ma notizie dinteresse pubblico,quello stesso interesse per cui ilMoretti risulta ampiamente retri-buito.Eppure non ci meritiamo questafacies, n come cittadini n come

    giornalisti, e non ci va di essereconsiderati importuni, molestatori,disturbatori del manovratore,anche perch, pagando il bigliet-to, desidereremmo sapere dove cista portando, e come.Nondimeno il Moretti, di cui peral-tro si ricorda nel CV un passatoda sindacalista CGIL, assumesempre quellespressione di lesamaest, cui accompagna pseudospiegazioni e commenti cos risi-cate e sgradevoli nei toni, che lo

    fanno assomigliare tanto a quellefigure di meccanico che abbiamoimparato a conoscere fin da pic-coli quando si andava a far siste-mare la bici, e le risposte che ot-tenevamo alle nostre flebili do-mande erano silenzio ostinato egrugniti inintelligibili.Cos anche da ultimo, in occasio-ne del disastro di Viareggio, il Mo-retti si limitato a poche, laconi-che, espressioni infastidite, ac-compagnate da aggrottamento di

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    ciglia e da sguardo severo, il cuicontenuto principale era che leFF.SS. non centrano nulla, il chesignifica in realt, per quelli che

    conoscono i grandi burocrati, nonpensate minimamente di coinvol-germi in questa tragedia, di cuiperaltro non minteressa un ficosecco.Ma noi non siamo daccordo, nsullo stile n sulla sostanza, con-vinti come siamo che sia essen-ziale, per il buon funzionamento diuna grande tecnostruttura di ser-vizi al cittadino, lassumere un at-teggiamento e una prassi impron-tata allampiezzadellinformazione, secondo unostile di accountability secondocui chi riceve incarichi e usa risor-se di altri ne deve rendere contocon la massima trasparenza,completezza e tempestivit, econsapevolezza del proprio ruolodincaricato.

    Niente sguardi corrucciati allora, eniente grugniti in risposta al gior-nalista molesto, ma severit versose stessi in primo luogo, rigoreprogettuale e, perch no, genti-lezza e cortesia verso il pubblicoche al tempo stesso, lo ricor-

    diamo, cliente e finanziatore.

    Seguendo questo filo di ragiona-mento, sarebbe bello allora poterrivolgere al Moretti qualche sem-plice domanda, qualche interroga-tivo sulla nostra povera StazioneCentrale, investita da poderosiinvestimenti ma uscita dalla ri-strutturazione con qualche ossorotto e giuntura dolorante.

    1) Con quale metodo eprocesso di analisi degli

    interessi diffusi e dei cri-teri duso, FF.SS. (oTrenitalia o chi diavolone ha la responsabilit)ha progettato la ristruttu-razione di Stazione Cen-trale?

    2) Ha coinvolto e come, se-condo prassi ampiamen-te diffuse a livello inter-nazionale, i potenzialiclienti nellindividuazionedei loro specifici interes-si, delle loro sensibilit,esigenze, modalit du-so?

    3) Ha in particolare, e co-me, tenuto conto dellespecifiche esigenze diusabilit della nuova sta-

    zione centrale da partedi soggetti particolar-mente sensibili comeanziani, persone con di-sabilit ;

    4) Ha tenuto conto e comedei problemi connessi al-la sicurezza dei passeg-geri e di quanti si trovanoa transitare in stazione?

    5) Come ha tenuto conto etutelato gli interessi deiclienti al comfort?

    Queste domande sorgono infattiinevitabili non appena si affronti lanuova stazione, sia che si arrivisia che si parta.

    Prima della ristrutturazione, lacomprensione da parte del viag-giatore in partenza della alloca-zione delle funzioni e dei serviziessenziali della Stazione erapressoch immediata e cos larispettiva allocazione nella suaarchitettura: al piano basso, im-mediatamente visibili, le bigliette-rie, al piano alto, immediatamente

    raggiungibili da scale mobili daogni punto dingresso, i binari. At-torno, sempre vicino ai binari,servizi vari al cliente.Idem per il viaggiatore in arrivo:dallandrone si dipartivano perogni lato le scale, mobili e non,verso luscita chiaramente indivi-duabili a colpo docchio.Tutta questa semplicit deve es-sere sembrata insopportabile algusto moderno per la complessitdel Moretti e dei suoi progettisti,che hanno cos reso poco o nulla

    intelligibile la struttura della nuovastazione centrale.

    E facile vedere allora poveri an-ziani trascinare borsoni su per lescale, specie quelle laterali, nonavendo compreso che poco oltre,ma ben nascosti dietro gli anfratti,vi sono i tapis roulant.E facile vedere allora passeggeridisorientati allarrivo, in difficoltnel comprendere quale sia la di-rezione giusta da prendere.E facile vedere allora persone difretta perdere la pazienza nel per-correre i lunghi e lenti tapis rou-

    lant, e con la pazienza perdereanche il treno.

    Prima della ristrutturazione, la

    stazione aveva pochi angoli bui,almeno nella parte di libero ac-cesso al pubblico, ora si creatoal piano terra un labirinto che,mentre non rende agevolelorientamento, ha moltiplicato pi-loni, prospettive con scarsa visibi-lit, il cui effetto percettivo e con-creto non favorevole al clientedella stazione. E cos via.

    Si dir: ma sono migliorate, o mi-glioreranno, altre importanti cose.Pu darsi, sar, vedremo. Al mo-mento, si deve registrare in lineadi fatto che i disabili non possonousare i tapis roulants, perch ilgenio della progettazione non hacalcolato (sic!) la larghezza delleruote delle carrozzine, oppure sideve constatare che il sistema disegnaletica e dinformazioni deltutto carente. Per non parlare del-la fruibilit dei servizi di collega-mento con gli aeroporti, di cui si gi detto nel precedente articolosullo stesso tema.

    Sorge allora il grave sospetto che,

    a onta del fiume di denaro pubbli-co (nostro) speso, i criteri di anali-si e di progettazione non abbianotenuto conto, n nelle intenzionin nelle metodologie seguite, de-gli interessi del cliente, del suofondamentale punto di vista.Saremmo peraltro ben lieti disbagliare, saremmo ben lieti diessere informati da FF.SS. (oTrenitalia o chi diavolo ne ha laresponsabilit) sul modo concretocon cui analisi, progettazione ecollaudo sono stati finora condotti,

    saremmo ben lieti di riceveresmentita puntuale e documentatasu questa o quella questione spe-cifica.

    Per parte nostra, saremmo felicidi contribuire alla valutazione se-rena dello stato dellarte, anchecooperando per esempio alla rea-lizzazione di test di collaudo e afocus group di clienti.

    Se i risultati saranno positivi, Mo-retti avr loccasione per fare ap-parire sul suo volto accigliato unbel sorriso per il buon lavoro svol-

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    to. Se non sar cos, dovr corre-re immediatamente ai ripari, rive-dendo a fondo lapproccio meto-dologico e progettuale con cui da

    FF.SS. d corpo al concetto diservizio al cliente e magari, cifacesse il piccolo favore a costozero, togliendosi per sempre dalla

    faccia lespressione di mesto cor-doglio e di avversione con cuiguarda a noi poveri cittadini.

    ApprofondimentiIL VADEMECUM MILANESE. COSA BENE SAPERE DELLINFLUENZA

    Claudio Rugarli

    Recentemente il Comune di Mila-no, per iniziativa dellassessorealla Salute Giampaolo Landi diChiavenna, ha aggiornato un Va-demecum per il viaggiatore cheera gi stato stampato nel 2008,

    completandolo con raccomanda-zioni riguardanti la recente epi-demia di influenza cosiddettasuina. Questo Vademecum unopera meritoria, in quanto e-lenca una serie di raccomanda-zioni per evitare una variet di in-fezioni, dallepatite virale alla tu-bercolosi, dalla diarrea del viag-giatore alla malaria, che possonoessere contratte recandosi in lo-calit esotiche.

    Ma quanto aggiunto a questa rie-

    dizione dice ben poco su cometenersi al riparo dalla nuova formadi influenza, se non le solite rac-comandazioni sullopportunit dievitare i luoghi affollati e di lavarsispesso le mani. La colpa non dellassessore, ma della peculiari-t dellinfluenza che molto con-tagiosa, tanto che nel medio evola sua propagazione era attribuitaa unocculta influenza del cielo(onde il suo nome). Forse sareb-be pi utile avere regolarmenteaggiornata, come si sta facendo

    negli Stati Uniti, una mappa deinuovi casi accertati nelle varie lo-calit del mondo e, se possibile,evitare di recarsi nei luoghi dimassima diffusione.

    Ma per prevenire le malattie meglio conoscerle e perci, cer-cando di evitare i tecnicismi, vor-rei dire qualcosa su questa malat-tia. Esistono tre varianti del virusinfluenzale, indicate con le lettereA, B e C, ma solo la A importan-te, in quanto tende a mutare, an-che radicalmente, nel tempo cosche limmunit acquisita quando

    si viene infettati da un ceppo, ovaccinati, non vale pi per unceppo mutato. Se non fosse cos,la influenza si comporterebbecome il morbillo e altre malattieprevalenti nellinfanzia che, una

    volta fatte, lasciano unimmunitmolto prolungata, tanto che raroche si ripetano. La ragione diquesta propensione a cambiareda parte del virus dellinfluenza Adipende da tre fattori.Il primo rappresentato dal fattoche questo virus, in versioni diffe-renti e adatte alle singole specieche infetta, diffuso non solo tragli esseri umani, ma anche in mol-te specie animali, quali maiali, uc-celli ed equini. La regola chelinfezione avviene tra membri del-

    la stessa specie, ma possono es-serci delle eccezioni. Queste di-pendono dal secondo fattore, cheriguarda la sistemazione partico-lare del materiale geneticoallinterno del virus, che fatto diuna sostanza che sindica con lasigla RNA e che non distribuitoin un solo lungo filamento, ma inotto segmenti separati.

    Perci, se delle cellule di un ani-male sono infettate simultanea-mente da un virus proprio di quel-

    la specie e da un virus di unaspecie differente, per esempioumana, pu avvenire un rimesco-lamento dei segmenti di RNA enascere un nuovo tipo di virus chepu passare da una specieallaltra. I virus cos generati sonouna novit assoluta per il sistemaimmunitario delle specie nellequali possono propagarsi e sonoallorigine delle grandi pandemieinfluenzali che si sono osservatein campo umano. Si temuto chequalcosa di simile potesse verifi-carsi con il virus dellinfluenza a-

    viaria, dopo che si erano osservati

    alcuni casi di contagio di esseriumani a contatto stretto con uc-celli domestici, ma, per fortuna, ilcontagio interumano non si av-venuto e la pandemia temuta nonha avuto luogo.

    Infine, come se non bastasse, an-che indipendentemente da questirimescolamenti genetici, errorinella duplicazione del materialegenetico del virus possono avve-nire casualmente. Sono questevariazioni minori che sonoallorigine delle forme di cosiddet-ta influenza stagionale, che en-demica nei nostri climi nella sta-gione fredda.Per capire se queste alterazionigenetiche si sono verificate i mi-

    crobiologi debbono riconosceredei segnali, i principali dei qualisono rappresentati dalla costitu-zione di due molecole poste allasuperficie del virus e che sonoimportanti nel sollecitare delle re-azioni immunitarie. Queste sonoindicate con le lettere dellalfabetoH (che sta per Haemagglutinin,una sostanza che serve al virusper attaccarsi alle cellule da infet-tare) e N (che sta per Neuramini-dase, che permette al virus dipassare da una cellula allaltra).

    Alle lettere H e N viene fatto se-guire un numero, che muta perindicare un radicale cambiamentodella molecola, anche senellambito di una stessa varianteindicata con un dato numero, sipossono avere diverse costituzio-ni molecolari.

    E anche importante ricordare chela comparsa di un nuovo tipo divirus influenzale provoca unapandemia che tende poi a esau-rirsi e questo dipende dal fattoche la maggior parte della popo-

    lazione viene infettata e sviluppa

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    immunit. I casi di influenza cheseguono sono dovuti a quelle al-terazioni minori del materiale ge-netico del virus che si verificano

    casualmente. Questo avviene fin-ch non arriva un virus nuovo,totalmente mutato, che provocauna nuova pandemia.

    La prima pandemia influenzaleregistrata storicamente quelladella cosiddetta Spagnola che siverific tra il 1918 e il 1919 e cheprovoc pi morti che per causebelliche nella prima guerra mon-diali (6 milioni di morti in guerra,20 milioni per linfluenza). Il virusdi questa epidemia fu chiamato, aposteriori, H1N1, ma studi siero-logici in coloro che erano stati in-fettati dimostrarono che nella mo-lecola H1 doveva esserci unacomponente di origine suin

    Il virus H1N1, in una forma moltopi benigna di quella che avevaprovocato la Spagnola rimaseendemico fino al 1956, quandocomparve una nuova pandemia,la cosiddetta Asiatica, provocatada un virus mutato radicalmentein entrambe le sue componentipi importanti e chiamato perci

    H2N2. Nel 1968 vi fu una nuovapandemia dovuta a una virus indi-cato come H3N2 e chiamato AHong-Kong.Cosa era successo nel frattempodel virus H1N1? Sembrava scom-parso e sostituito dai virus H2N2e H3N2 quando, nel 1978, ina-spettatamente ricomparve. Il fattointeressante che furono colpitisoprattutto giovani, nati prevalen-temente poco prima o dopo il1956. La spiegazione che fu data che quelli nati prima avevano

    quasi tutti gi sperimentatolinfezione con il virus H1N1 ederano immuni.

    Adesso per, dalle prime due set-timane di aprile, sembra delinear-si una nuova pandemia, provoca-ta sempre dal virus H1N1, ma concaratteristiche diverse da quelle

    prevalenti tra la fine della Spa-gnola e linizio della Asiatica eda quelle dello stesso virus cheaveva provocato lepidemia tra i

    giovani nel 1978. Questa volta ilvirus una tripla combinazione divirus influenzale umano, degli uc-celli e suino e rappresenta unanovit per il sistema immunitariodegli umani. E sempre classifi-cato come H1N1, ma con unaspecificazione sua propria indica-ta con la sigla S-OIV (swine-origininfluenza A virus). Dal 15 aprile al5 maggio 2009 ne sono stati ac-certati in 41 stati degli Stati Uniti642 casi con 2 decessi: un bam-bino di 22 mesi affetto dalla nasci-ta da una grave malattia muscola-re e una donna gravida di 33 an-ni. Sembra che le malattie croni-che persistenti e lo stato di gravi-danza rendano pi grave questainfezione. Tutti gli altri pazientiguarirono perfettamente, ma al-meno 36 richiesero una ospeda-lizzazione per problemi respirato-ri. Non sembra che i soggetti pianziani, che avevano gi speri-mentato contatti con il virus H1N1del passato, fossero immuni daquesta nuova infezione, comerasuccesso nel 1979, in quanto let

    dei pazienti colpiti da questa for-ma di influenza era compresa tra3 mesi e 81 anni, anche se preva-levano i soggetti giovani.

    Il quadro clinico della malattia risultato simile a quello della co-mune influenza stagionale, con unperiodo di incubazione di 1-7giorni, con febbre, tosse e mal digola, ma in aggiunta nel 38% deicasi anche con sintomi gastroen-terici, come vomito e diarrea.Leliminazione del virus e la con-

    tagiosit attraverso le gocciolinedi saliva o materiale contaminatoavveniva tra 1 giorno prima e 5-7giorni dopo la comparsa dei sin-tomi.Anche se questo nuovo virus mi-naccia unimportante pandemianon bisogna temere una ripetizio-ne dellecatombe del 1918-19. A

    quei tempi non esistevano gli an-tibiotici e la maggior parte dellemorti era provocata da polmoniticausate da microbi diversi dai vi-

    rus influenzali, ma che interveni-vano a dare complicanze dellamalattia. E poi oggi esistono deifarmaci, come loseltamivir e lozanamivir, che agiscono diretta-mente sul virus influenzale.Limportante riconoscere tem-pestivamente linfezione da partedel nuovo virus e questo resopossibile con tecniche di biologiamolecolare che sono estrema-mente rapide e riproducibili.

    Deve anche essere detto che leautorit sanitarie mondiali si sonomosse tempestivamente per cir-coscrivere i focolai di infezione equesto ha limitato molto la diffu-sione della malattia. I 642 casidescritti negli Stati Uniti in menodi un mese non debbono indurrea estrapolazioni catastrofiche per imesi seguenti, perch questi sonostati i casi che hanno permesso ilriconoscimento e la caratterizza-zione della malattia. Attualmentesono in atto negli Stati Uniti e nelmondo misure disolamento degliinfetti e dei cosiddetti contatti

    (persone che sono venute in con-tatto con gli ammalati) che sono diuna certa efficacia. In Italia sonofinora pochi i casi di influenza davirus S-OIV (meglio non chiamar-lo semplicemente H1N1 perch,come abbiamo visto, non tutti gliH1N1 sono ugualmente pericolo-si). In Lombardia dal 15 aprile sene sono avuti in tutto 15, dei qualitutti tranne 2 avevano contratto lamalattia in viaggi allestero.

    E tuttavia difficile che, con

    larrivo della stagione fredda, an-che questo virus non arrivi ad a-vere anche da noi unimportantediffusione. Ma in atto una garacontro il tempo per la produzionedi un vaccino specifico contro ilvirus S-OIV ed sperabile che infuturo si possa contrastarlo conuna efficace prevenzione.

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    ARTE E CULTURAPALAZZO REALE E LA MOSTRA SULLA SCAPIGLIATURA

    Antonio PivaLapertura della mostra sulla Sca-pigliatura, movimento artistico eletterario che aveva avuto i suoisviluppi in Lombardia nella se-conda met dell800, mi ha offertoloccasione di ripercorrere, dopoun p di tempo che non lo facevo,gli spazi del piano terreno di Pa-lazzo Reale di Milano dedicatoalle mostre temporanee.

    I due studi di architettura BBPR e

    Albini, Helg, Piva, si erano occu-pati congiuntamente di questistessi spazi nel 1980 dopo aversteso un progetto nel 1977 di tuttala ristrutturazione di Palazzo Rea-le che avrebbe dovuto diventareMuseo dArte Contemporanea. Ilpiano terreno aveva ricuperato,per primo, gran parte di quellanobilt architettonica che gene-ralmente il vanto dei luoghi de-stinati a rappresentare la citt conle sue attivit di maggior visibilit.Senza togliere nulla alle sceltemuseologiche che non metto in

    discussione perch non fannoparte delle mie competenze, entronel merito invece sullo stato attua-le dello spazio che si presenta oraal peggio delle sue potenzialit.

    Gli stessi ambienti che vediamooggi erano stati predisposti, giallora, per ospitare mostre tempo-ranee, dotati di sistemi espositiviflessibili, impianti di illuminazione,controllo dellumidit, godevano diun restauro non solo spaziale, maanche del ricupero di materiali e

    di finiture adeguate alla importan-za della fabbrica. Pavimenti di

    cotto, intonaci, imbotti delle portee dei varchi, colori, ricostituivanoquel lessico architettonico checontribuisce, generalmente, acreare quelle differenze qualitati-ve che fanno emergere uno spa-zio per i valori della sua identit.La valorizzazione delle finestreche collegano spazialmente lin-terno con lesterno e viceversaaveva avuto anche lo scopo diintrodurre la luce naturale allin-

    terno degli ambienti, luce che non dannosa, se opportunamenteschermata, ma necessaria pervalorizzare il cromatismo delleopere pittoriche e per creare om-bre, chiari e scuri nelle opere discultura. Il rapporto tra interno edesterno fa parte di una ricerca an-tica che nellarchitettura non hamai cessato di cimentare gli archi-tetti di tutte le epoche che hannotentato sempre di portare dentroallo spazio le viste delle corti, deipaesaggi urbani e della naturacreando prospettive come faceva

    anche Piermarini che a Milano halasciato molte tracce.

    La mostra sulla Scapiglatura siarticola negli stessi spazi cui hofatto cenno che nel tempo hannosubito un degrado imbarazzanteper le cancellazioni che lo hannoprivato della sua veste senza ave-re avuto in cambio alcunch senon qualche straccio polveroso.Gli ambienti hanno perduto le fi-nestre con le viste e la luce, tam-ponate con pannelli, i pavimenti

    sono stati rivestiti con una mo-quette della peggiore qualit

    commerciale che cambia di pocoil colore in ogni stanza e non siraccorda mai nemmeno con ilbianco delle pareti che invadeprofili di ferro, zoccolini, imbottidelle porte senza distinzione.I lavori di restauro di PalazzoReale non sono ancora ultimati egi il piano terreno ha perso lasua identit trasformato in un luo-go anonimo pi simile ad una offi-cina meccanica dove non cos

    indispensabile la qualit architet-tonica.

    Naturalmente i protagonisti dellaScapigliatura ne risentono perchle loro opere, allineate ed equidi-stanti luna dallaltra, non suggeri-scono riflessioni e tanto meno go-dono della bellezza di uno spaziotanto misero da rendere pococredibili anche le opere esposte.Le luci uniformi, per concludere,azzerano quelle suggestioni pitto-riche che colgono lattimo del ra-pimento dellispirazione e della

    creativit.Sono uscito dalla mostra mortifi-cato: alcuni per erano felici comei prestatori perch avevano rivistoi loro quadri al museo, i galleristidi Milano e provincia che potran-no esibire un catalogo con le loroopere pubblicate, i loro clienti chesi sono sottoposti ad una codainterminabile sotto il sole di unagiornata calda e afosa.A me rimaneva lo sconfortodaver visto anche la sculturamarmorea di un bambino con una

    mano tesa delle cui dita erano ri-masti solo i ferri della struttura.

    MetropoliEXPO: LA DIFFICILE QUADRATURA DEL CERCHIO

    Filippo Beltrami Gadola

    Si avvicina lora di quelli che forsea sproposito sono stati chiamatigli Stati Generali dellExpo. E

    troppo presto per fare alcun tipodi considerazione sul successo osullutilit delloperazione. Fidia-

    moci e crediamo che nel loro col-pevole ritardo e nella loro palesearroganza, gli attori coinvolti

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    nellallestimento di questa mani-festazione vogliano confrontarsicon la citt e i cittadini su questotema cos dibattuto e controverso

    e che finalmente si presenti il pri-mo reale tentativo di far capire atutti noi cosa bolle in pentola.Non si sa bene chi avr diritto didire la sua, di mostrare idee edalternative ad un programma chetutti conoscono solo per grandilinee: il cartoncino di partecipa-zione inviato a pochi - non chiaro ma, come detto, attendia-mo i risultati.

    Da una parte quindi il CDAdellExpo e dallaltra i cittadini conil compito di partorire un abbozzodi piano il pi possibile condivisi-bile e condiviso. Si parlato moltodella possibilit di realizzare unExpo diffusa, ossia di non utiliz-zare un bene prezioso e limitatocome i terreni agricoli a nord diMilano,come prevede il progettoufficiale, quanto piuttosto scom-porre levento in locations diffe-renti, oggi vuote o non del tuttoutilizzate. Unottima idea.

    Da qui tuttavia sorgono una seriedi questioni ed interrogativi che

    coinvolgono anche la storia dellosviluppo morfologico della nostracitt. E vero, Milano gi per duevolte stata sede di esposizioniinternazionali ma da allora moltecose sono cambiate: da un latolaccesso alle informazioni da par-te dei visitatori poteva avvenirequasi esclusivamente visitandolevento, dallaltro la citt (quasiun paese rispetto alle dimensioniodierne) aveva a disposizionigrandi spazi liberi periurbani fa-cilmente raggiungibili che ben si

    adattavano alle esigenze esposi-tive. In unepoca poi dove la me-raviglia tecnologica del progressoera una molla capace di coinvol-gere linteresse di migliaia, se non

    milioni di individui, la citt italianaindustriale per eccellenza rappre-sentava allora una forte attrattivaanche per i visitatori stranieri.

    Si pensi poi al fatto che Milanonon e non mai stata conside-rata una citt darte; per una se-rie di ragioni storiche esclusa daipercorsi dei primi gran tours set-te-ottocenteschi, le poche vestigiadella nostra passata romanithanno tenuto sempre distanti ituristi darte; si aggiunga poi il suodivenire citt industriale, il climanon esattamente mediterraneo, legrandi demolizioni del XIX secolo,e i bombardamenti della guerra:insomma Milano rappresentaunanomalia per il turista contem-poraneo che fino a pochi anni fala prendeva in considerazionequasi esclusivamente per loshopping, polverizzato poi dallaglobalizzazione (quanti EmporiArmani ci saranno in Cina o inGiappone?) e dalla possibilit difare qualsiasi tipo di acquisto viainternet. Infine possiamo afferma-re che la pessima gestione deinostri musei pi importanti hacontribuito a consolidare una cer-ta immagine: una citt di passag-

    gio, di transito, dove la maggiorparte dei turisti sono business-people.

    Tutto questo per dire che se i turi-sti paganti effettivamente sceglie-ranno di passare qualche giorno aMilano per visitare lExpo, nono-stante la carezza dei nostri hotel,bisogna presentare loro un com-plesso di elementi attrattivi orga-nizzato e coerente.

    Se si osserva una carta di Milano

    e dei suoi immediati dintorni cheindividua possibili locations spar-se per la citt, se ne ricava unim-magine simile al groviera: decinee decine dei micrositi sparsi o-

    vunque senza soluzione di conti-nuit tuttavia spesso molto di-stanti tra loro. Non possiamo pen-sare che improvvisamente Milano

    si popoli di migliaia di disgraziativisitatori mentre viaggiano sper-duti sulla nostra scalcagnata esovraffollata rete di trasporti pub-blici, in trasferimento dal padiglio-ne del Togo collocato, per esem-pio, a Piazzale Corvetto, versolarea espositiva della Francia neicapannoni della Bovisa. Su que-sto il BIE non ha tutti i torti, lExpose non la si vuole realizzata in ununico luogo deve trovare alloraun numero sufficiente di spazicontigui allinterno di un percorsodefinito.

    Si potrebbe allora immaginareuna Expo interamente contenutanelle aree allinterno delle muraspagnole, dove tra laltro sorgonoanche tutti i nostri musei pi im-portanti: gli spostamenti dei visita-tori potrebbero avvenire a piedi inuna cornice urbanistica decorosa(o quasi). Tuttavia non disponia-mo di spazio sufficiente, e questaipotesi non certo facilmentepercorribile.

    La verit che esiste unareaprossima alla citt storica, giservita dai mezzi pubblici e dotatadi aree per il parcheggio delle au-tomobili, ed ironia della sorte proprio larea occupata dallavecchia fiera ormai demolita. For-se su questarea che il CDAdellExpo potrebbe rivolgere lapropria attenzione.

    I protagonisti di un possibile pianodi acquisizione temporanea della-rea (gli stessi per intenderci an-

    che dei terreni di Rho), avrebberolarghi spazi di mediazione. Maforse questa solo una idea pe-regrina, dotata per di un briciolodi buon senso.

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    SanitLEGGE 40. ORA UNA VITTORIA DELLA DEMOCRAZIA

    Ileana Alesso

    Fa piacere ricordare che statoun giudice costituzionale, A.M.Sandulli, a dire tempo fa che laCorte Costituzionale ha comescopo quello di proteggere lademocrazia da se stessa.

    Ed ci che ha fatto la Consultacon la recente sentenza, n. 151,in tema di procreazione

    medicalmente assistita: haeliminato dallordinamentorilevanti vincoli ideologici cheinficiavano la legge n. 40 del 2004ribadendo che, se pur rimaneferma la discrezionalit del poterelegislativo per la autonomadeterminazione politica, la legge subordinata ai diritti e alla giustamisura del potere esercitato.

    Con una sentenza semplice e li-neare la Consulta ha ricordatoche la tutela dellembrione non

    assoluta, ma limitata dalla ne-cessit di individuare un giustobilanciamento con la tutela delleesigenze della procreazione eperaltro la stessa Corte aveva af-fermato con una importante sen-tenza del 1975 che sulla base deiprincipi del nostro ordinamentonon esiste equivalenza tra dirittonon solo alla vita ma anche allasalute di chi gi persona e lasalvaguardia dellembrione chepersonadeve ancora diventare.

    Da qui, dal predetto sbilanciamen-

    to legislativo, ora rimosso, di-scendevano norme irragionevoli elesive del diritto alla salute.

    Norme irragionevoli nel rapportotra mezzi e fini poich le modali-t prescritte dalla legge n. 40, a

    partire dal divieto di creare unnumero di embrioni superiore atre ritenuto dal legislatore qualenumerostrettamente necessarioal fine di un unico e contempora-neo impianto, si sostanziavano inmodalit rigide e inidonee a risol-vere i problemi di sterilit e inferti-lit in un gran numero di casi incui la soluzioni mirata e differen-

    ziata richiedeva invece, secondole migliori pratiche mediche, lacreazione di un numero di em-brioni superiore a tre e la criocon-servazione degli embrioni so-prannumerari in vista di un suc-cessivo trasferimento ove il primonon avesse avuto lesito sperato.

    Norme lesive del diritto alla salutepoich a causa del vincolo dei treembrioni si rendeva di fatto ne-cessaria la ripetizione del ciclo distimolazione ovarica ai fini della

    produzione di ulteriori embrionigenerando cos il rischio di insor-genza di patologie gravi e perma-nenti.

    Ora, dopo la declaratoria di inco-stituzionalit del limite dei tre em-brioni e dellunico e contempora-neo impianto la Corte ha afferma-to che una coppia ha diritto al trat-tamento pi adatto sulla base del-le proprie specifiche condizioniconcordando con il medico la te-rapia da seguire senza che unalegge possa imporre a priori una

    procedura terapeutica piuttostoche unaltra.

    In materia di pratica terapeutica,la regola di fondo, afferma laCorte deve essere la autonomiae la responsabilit del medico nel-

    la scelta della migliore terapiache, con il consenso della pazien-te, opera le necessarie scelte pro-fessionali. E al riguardo la Cortericorda al legislatore che la giuri-sprudenza costituzionale ha ripe-tutamente posto laccento sui limi-ti che alla discrezionalit legislati-va pongono le acquisizioni scienti-fiche e sperimentali.

    Torna dunque ad essere respon-sabilit del medico proporre lamigliore terapia e informare i pa-zienti affinch possano esercitareil proprio diritto al consenso in-formato e torna nellambito deiconfini costituzionali suoi proprilattivit legislativa come la Corteha ripetutamente ricordato .

    Peraltro, come componente delcollegio che insieme ai colleghi

    Clara, Costantini, prof. DAmico,Papandrea, ha difeso lordinanzache ha prospettato la soluzioneconcretamente accolta dalla Cortemi fa piacere che il richiamo allaautonomia e responsabilit delmedico nella scelta della terapiada seguire, con il consenso delpaziente, sia destinato a pesareanche sulle future scelte in mate-ria di bioetica, non ultima quellarelativa al testamento biologicopoich come al riguardo ha evi-denziato in un recente convegnonazionale il prof. Rodot la sen-

    tenza ricorda quale il perimetrocostituzionale dellattivit del legi-slatore ed ha una portata note-vole rispetto alla autonomia dellapersona e al governo del propriocorpo.

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    SocietCHIESA DEI GIUSTI E CHIESA DEI POTENTI.

    Guido MartinottiSarebbe, in verit, pi esatto par-lare di chiese al plurale, perchquesti problemi riguardano tutte lechiese organizzate, ma in Italia,dove esiste una religione semiuf-ficialmente di stato, possiamo li-mitarci al singolare. I recenti pro-nunciamenti del Cardinale Tetta-manzi prima e del Pontefice poi,contro le politiche discriminatoriedella maggioranza di governo,hanno riscosso approvazione damolte parti e anche da parte dilaici di sinistra che, in altre occa-sioni avevano criticato le gerar-chie cattoliche, soprattutto per laveemenza, quasi volgare a tratti,della campagna contro BeppinoEnglaro o per la tiepidezza neiconfronti delle volgarit del Presi-dente del Consiglio. Immancabil-mente, i confezionatori di pensie-ri-cetriolo della destra hanno tiratofuori laccusa di cattocomunismo,che viene disinvoltamente rivoltaanche a persone come me chenon sono n cattolici n comuni-

    sti.

    Ecco vedi? Finch la Chiesa, o ilVaticano, erano a favore di Berlu-sconi voi eravate contro, quandolo critica voi siete a favore.. Em-b? Verrebbe voglia di dire, cherazza di ragionamento questo?Se il Vaticano prende posizioniche non condivido non sono poiobbligato a criticarlo se su altrequestioni si esprime in modo cheio trovo congeniale. Ah, ma alloratu sei daccordo che la Chiesa in-

    terferisca solo quando fa comodoa te! Ma no, mio bel cetriolone! In

    generale io preferirei che il Vati-cano si tenesse fuori il pi possi-bile, ma capisco che sulle que-stioni di importanza etica generalelautorit morale della Chiesa,come si dice, non possa fare ameno di esercitarsi. Per - oltre alfatto che il cetriolo (che spessointellettualmente anche trinari-ciuto) non si rende conto chelargomento vale esattamente acontrariis, perch se incoerentela sinistra, lo altrettanto la de-stra, per le ragioni complemen-tarmente opposte - esiste tuttaviauna chiara asimmetria aggiuntiva.

    Laccordo con il Vaticano fatto dalBerlusconi e dalla sua maggio-ranza di per se un fatto politicodi peso ben maggiore e con piserie conseguenze per tutti, dellaoccasionale convergenza di ideetra Tettamanzi e parte della sini-stra. E unasimmetria che si riflet-te molto chiaramente nella qualitdegli interventi e delle manifesta-

    zioni: non mi risulta che il card.Tettamanzi abbia accusato Calde-roli o Maroni di essere degli as-sassini, n che abbia organizzatofiaccolate di zeloti sotto i domicilidi Borghezio e Salvini, come il Va-ticano ha fatto contro BeppinoEnglaro. Piuttosto vero il contra-rio, sono i leghisti ad aver orga-nizzato a Varese una squadracciacontro il cardinale, e crepilautorit morale.

    In realt, anche allinterno della

    stessa Chiesa cattolica, ci sonodiverse chiese: in particolare c

    una Chiesa dei giusti, fatta didonne e uomini disposti a sacrifi-care se stessi per testimoniare ilvangelo sposando le cause cheaccrescono la libert e la dignitdelle persone. Ma c anche, ec-come, la Chiesa dei potenti; unachiesa che essa stessa una po-tenza e, nel caso unico del Vati-cano, una potenza terrena e tem-porale, incorporata in uno Statoteocratico e dispotico, con i suoiinteressi colossali, difesi in pi diunoccasione, anche recente, conferoce determinazione.

    Una chiesa che non ha esitato adassociarsi a individui e governimolto lontani dal vangelo e, in nonpochi casi, anche dal comunesenso della decenza e della lega-lit (si vedano le frasi accorate eapparentemente non molto ascol-tate, rivolte da Angelo Caloja alPontefice, per denunciare le tor-bide pratiche dello IOR, in Vatica-no S.P.A. di Gianluigi Nuzzi, usci-

    to da poco per Chiare lettere).

    Che quanti credono negli idealifondamentali incorporati nella no-stra costituzione (chiamiamoli pu-re, di sinistra, se vogliamo) si tro-vino a condividerli con la Chiesadei giusti, non pu stupire e non vi alcuna contraddizione se poiqueste stesse persone contesta-no (talvolta con lappoggio di nonpochi credenti) le azioni non sem-pre limpide e le posizioni spessosfacciatamente opportunistiche

    della Chiesa dei potenti.

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    RUBRICHE

    ARTE

    Questa rubrica curata da Silvia DellOrso

    Il British Council possiede unacollezione darte decisamente co-spicua. Circa 8mila opere acquisi-te a partire dalla met degli anni30. Per festeggiare i suoi 75 annidi attivit e altrettanti di acquisi-zioni di opere di pittura, scultura,fotografia e di installazioni, il Bri-tish Council ha organizzato dap-

    prima una mostra alla Whitecha-pel di Londra e adesso una ras-segna a Milano, nella quale pre-senta una selezione dei lavoriraccolti in questi anni.Lattenzione puntata sullartebritannica del XX e XXI secolo,esponendo le opere corredate dipassaporto: il che non significasolo sapere in quali musei e galle-rie sono state ospitate negli anni,ma anche il prezzo pagato peresse dal British Council. Si noterla differenza! Nel 1948, 158 sterli-

    ne bastavano per un quadro diLucien Freud, oggi uno dei piquotati artisti viventi. Nel casospecifico si tratta di un ritratto diKitty, la prima moglie dellartista,un dipinto che ha viaggiato in pidi 25 paesi ed stato esposto inoltre 80 mostre da che nellemani del British Council. Ma cisono anche opere di HenryMoore, Anish Kapoor, DavidHockney, Gilbert & George, Ri-chard Long, Steve McQueen,Sean Scully, Damien Hirst e nonsolo.Passports. In viaggio con larte.75 anni di pittura, scultura, fo-tografia e installazioni dalla col-lezione del British Council.Padiglione dArte Contemporane-a, via Palestro 16 - orario: luned14.30/19.30; marted-domenica9.30/19.30; gioved 9.30/22.30.Fino al 13 settembre.

    A met strada tra grafica pubblici-taria e fotografia, ma anche duemodi antitetici di testimoniare una

    stagione cruciale della storia ame-

    ricana, quella compresa tra laGrande crisi del 1929 e le riformedel New Deal rooseveltiano. Aquel periodo dedicata la mostradella Fondazione Mazzotta, a cu-ra di Pietro Bellasi e Uliano Lu-cas. Una cinquantina di manifestilitografici di grande formatorestituiscono, nel loro slancio

    propagandistico, lo spiritodellefficientismo americano unattimo prima del venerd nero diWall Street. Di contro, la sezionededicata alla fotografia, forte di 70immagini dei massimi protagonistidi quegli anni, tra cronaca, docu-mentazione e innovazione foto-grafica, indugia efficacemente sulcrollo della Borsa di New York,sulla disoccupazione, sulla de-pressione nelle campagne ameri-cane, sullinfrangersi del sognodellAmerican Way of Life. Paral-

    lelamente, la 3 edizione dellaFiera del poster darte: in venditaoltre 50 manifesti e pi di 100 po-ster di artisti del XIX e XX secolo,ma anche cartoline, segnalibri,miniprint e libri.USA 1929-1939. Dalla Grandecrisi al New Deal.Fondazione Antonio Mazzotta.Foro Buonaparte 50 orario:9.30/18.30, gioved fino alle 22.Fino al 4 ottobre (chiuso da 17luglio al 7 settembre).

    Milano culla della Scapigliatura.Movimento artistico e letterario cui dedicata lampia rassegna a cu-ra di Annie-Paule Quinsac e di unvariegato comitato scientifico co-stituito da esperti di musica, lette-ratura, teatro e architettura. Unadenominazione che rinviando achiome disordinate, allude in real-t a vite dissolute e scapestrate.Ribelli, appunto, come i protago-nisti del romanzo di Cletto Arrighi La Scapigliatura e il 6 febbraio(1861-62) che ha dato il nome a

    questo mix di fermento intellettua-

    le, impegno socio-politico e arte,destinato a scompigliare comeun pandemonio la Milano tardoottocentesca. La mostra docu-menta lintera stagione, a partiredagli anni 60 dell800 finoallinizio del 900. 250 opere, tradipinti, sculture e lavori grafici,dalla pittura sfumata del Piccio

    allintensit coloristica di Faruffini,alle innovazioni di Carcano, finoRanzoni, Cremona, Grandi chesegnano il momento doro dellaScapigliatura, ma anche PaoloTroubetzkoy, Leonardo Bistolfi,Medardo Rosso, Eugenio Pellini,Camillo Rapetti. Una sezione del-la mostra ricostruisce la vicendadel travagliato progetto del Mo-numento alle Cinque Giornate diGiuseppe Grandi, gessi compresi.Ulteriori approfondimenti, in ambi-to letterario e giornalistico, si tro-

    vano alla Biblioteca di via Senatoche espone il Fondo delleditoreAngelo Sommaruga, ricco di lette-re, biglietti postali, cartoline, vo-lumi e riviste, oltre una sezionededicata alla caricatura e ad alcu-ne opere di artisti fra cui Ranzoni,Troubetzkoy e Conconi.Scapigliatura. Un pandemo-nio per cambiare larte.Palazzo Reale, piazza Duomo 12 orario: luned 14.30/19.30; mar-ted-domenica 9.30/19.30; gioved9.30/22.30.La Scapigliatura e Angelo

    Sommaruga. Dalla bohme mi-lanese alla Roma bizantina.Fondazione Biblioteca di via Se-nato, via Senato 14 orario: mar-ted- domenica: 10/18.Fino al 22 novembre.

    Una mostra che si pu visitareanche on-line sul sito della galle-ria (www.galleriaforni.it), ma che sempre consigliabile vedere dipersona. A confronto le opere di

    due artisti che, in modo diverso,

    http://www.galleriaforni.it/http://www.galleriaforni.it/http://www.galleriaforni.it/http://www.galleriaforni.it/
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    ma con non dissimile intensit,hanno cercato di catturare atmo-sfere assolute e stati danimo.Oggetti senza apparente significa-

    to, ma che suggeriscono le emo-zioni di una vita. Per Ferroni li-vornese, morto a Bergamo nel2001 gli strumenti del mestiere,dalle matite al cavalletto, ordinatisu un tavolino, coperto da undrappo bianco: composizioniessenziali e metafiisiche,sprofondate nel silenzio. PerSesia artista cinquataquattrenneoriginario di Magenta oggettiormai in disuso che richiamano ilpassato, riscattandolo dalloblio.Gianfranco Ferroni si servitocon grande maestria, nellarco

    della sua vicenda creativa, diacquaforte e litografia, mediaimpiegati anche nelle operegrafiche in mostra. Sono tecnichemiste su base fotografica quelleadottate da Sesia; entrambiesplorano il tema della naturamorta e la poetica delloggetto.Gianfranco Ferroni e GiovanniSesia. Silenzi.Studio Forni, via Fatebenefratelli13 orario: 10/13 e 16/19.30,chiuso domenica e luned.Fino al 31 luglio.

    Un nuovo appuntamentonellambito delle celebrazioni peril bicentenario della fondazionedella Pinacoteca di Brera.Loccasione sta suggerendo unmodus operandi che si vorrebbeappartenere alla quotidianit di unmuseo, tra scavo e ricerca sulproprio patrimonio, ma anche ca-pacit di dare conto dei risultaticon attitudine divulgativa.

    Lattenzione si sposta questa vol-ta su Giuseppe Bossi, figura chia-ve della storia braidense, uno deiprimi segretari dellAccademia diBelle Arti succeduto a CarloBianconi, sospettato di sentimentifilo austriaci cui si deve, fralaltro, la presenza nelle collezionidi Brera del Cristo morto del Man-tegna e dello Sposalizio dellaVerginedi Raffaello, al cui acqui-sto partecip attivamente. Larassegna ricostruisce la raccoltadi ritratti e autoritratti di artisti cheBossi concep come incentivo allaricognizione storica degli antichi

    maestri della scuola milanese pergli allievi dellAccademia. In tutto34 ritratti, 25 dei quali raffigurava-no infatti maestri lombardi o loro

    familiari, dei quali si presto per-sa memoria, se vero che gi nelcatalogo della Pinacoteca del1816 non sono pi registrati comenucleo autonomo. Le curatrici del-la mostra, Simonetta Coppa eMariolina Olivari, li hanno rintrac-ciati, spesso dimenticati in ufficipubblici e ne presentano 24, re-staurati per loccasione, oltre a unAutoritrattodi Giuseppe Bossi.Il Gabinetto dei ritratti dei pit-tori di Giuseppe Bossi.Pinacoteca di Brera, via Brera 28,Sala XV orario: 8.30/19.15,chiuso luned (la biglietteria chiu-de 45 minuti prima).Fino al 20 settembre.

    dedicata alla lunga stagionetrascorsa da Monet a Giverny lamostra di Palazzo Reale. Unarassegna che allinea 20 granditele dellartista provenienti dalMuseo Marmottan di Parigi, dipin-te tra il 1887 e il 1923 quando lacostruzione del giardino di Gi-

    verny, con i salici piangenti, i sen-tieri delimitati dai roseti, lo stagnocon le ninfee, il ponte giapponese,i fiori di ciliegio e gli iris trova pie-no corrispettivo nella tavolozzamulticolore di Monet, portandoalle estreme conseguenzequellattitudine innata che lo indu-ceva, ancora ragazzino, a dise-gnare dal vivo il porto di Le Havre,piuttosto che seguire in studio lelezioni dei maestri. Il tempo dellamagnifica ossessione di Giverny -una piccola citt sulle rive della

    Senna dove Monet spese la mag-gior parte del suo tempo e dovecostru il suo pi volte immortalatogiardino - le cui immagini si pos-sono confrontare con una serie difotografie ottocentesche di giardi-ni giapponesi. Non senza perce-pirne la familiarit con la tradizio-ne giapponese dellukiyo-e, rap-presentata da 56 stampe di Ho-kusai e Hiroshige, prestate dalMuseo Guimet di Parigi ed espo-ste a rotazione per ragioni con-servative.Monet. Il tempo delle ninfee.

    Palazzo Reale orario: luned14.30/19.30, marted-domenica9.30/19.30, gioved 9.30/22.30.Fino al 27 settembre.

    A cura di Philippe Daverio conElena Agudio e Jean Blanchaert,la rassegna propone tuttaltro cheuna lettura univoca e compiutadellarte sudamericana; semmaiun ritratto dautore che ricorda ar-tisti di ieri e protagonisti delle ul-time generazioni, insistendo sualcuni temi condivisi: sangue,morte, anima, natura, citt. Esempre e comunque con grandepassione sociale e attenzione perla storia. Non ununica AmericaLatina, ma tante Americhe Latine,cos come molto diversificato evariegato il panorama artistico delcontinente sudamericano. Arriva-no dal Brasile, da Cuba, dalla Co-lombia, dal Cile, dal Venezuela edal Messico le oltre cento opereesposte. Una cinquantina gli arti-sti rappresentati, concettuali, a-stratti, figurativi nel senso pi tra-dizionale del termine, pittori, scul-tori, fotografi o amanti delle spe-rimentazioni linguistiche. Ecco,

    dunque, la cubana Tania Brugue-ra, largentina Nicola Costantino,la brasiliana Adriana Varejo finoa Beatriz Milhares, Vik Muniz, alfotografo guatemalteco LouisGonzales Palma, al cileno De-mian Schopf. C anche Alessan-dro Kokocinsky, cresciuto in Ar-gentina, ma nato in Italia dove tut-tora vive e lavora, che trasferiscenelle sue opere dolenti i tormentivissuti in prima persona. Nella sa-la cinematografica dello SpazioOberdan la sezione video cura-

    ta da Paz A. Guevara e ElenaAgudio.Americas Latinas. Las fatigasdel querce.Spazio Oberdan, via Vittorio Ve-neto 2 - orario: 10/19.30, martede gioved fino alle 22, chiuso lu-ned.Fino al 4 ottobre.

    Si fa sempre pi fitto il dialogo traarte antica e moderna, almenoquanto a iniziative che vedono aconfronto tradizione e modernit.

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    Come la mostra allestita in questigiorni allAccademia Tadini di Lo-vere. Una rassegna nata dallacollaborazione tra il museo lom-

    bardo, aperto nel 1828 da un col-lezionista di allora, il conte LuigiTadini, e tre galleristi/collezionistidi oggi, Claudia Gian Ferrari,Massimo Minini e Luciano Bilinelli.Ecco dunque che le opere di An-tonio Canova, Francesco Hayez,Jacopo Bellini, Fra Galgario, ilPitocchetto, Francesco Benaglio eParis Bordon, conservate in per-manenza allAccademia Tadini, sitrovano per qualche mese facciaa faccia con quelle di Giulio Pao-lini, Carla Accardi, Lucio Fontana,Luigi Ontani, Arturo Martini, SolLeWitt e molti altri maestri del XXe XXI secolo.Accademia Tadini. Quattrocollezionisti a confrontoLovere (Bergamo), Accademia diBelle Arti Tadini, Palazzo dell'Ac-cademia, via Tadini 40 (Lungola-go) - orario: marted-sabato15/19, domenica 10/12 e 15/19.Fino al 4 ottobre.

    I temi sono tutti indiscutibilmenteponderosi e decisamente univer-sali: Potere, Quotidiano, Vita,Morte, Mente, Corpo, Odio, Amo-re. Ognuno di questi rinvia a unadelle 8 sezioni in cui si articola lamostra bergamasca il cui titolo,Esposizione Universale, sembraironizzare su uno degli argomentipi frequentati e ineludibili delmomento. Qui per lExpo rigo-rosamente artistico, con una car-rellata di un centinaio di opere dal400 ai giorni nostri, forte innanz i-

    tutto del patrimoniodellAccademia Carrara di Ber-gamo, ma non solo. Si va da Gio-vanni Bellini, Bergognone, Botti-celli, Carpaccio, Foppa, Pisanello,Tiziano a Casorati, Duchamp, DeChirico, Christo, De Dominicis,Ontani, Clemente, Kabakov, Gil-bert & George, Maria Lai, Spallet-ti, Arienti, Cuoghi e molti altri, tracui Ben Vautier le cui opere-testoricorrono in tutte le sale. A cura diGiacinto Di Pietrantonio, non laprima volta che il direttore della

    Galleria dArte moderna e con-temporanea di Bergamo mette aconfronto larte antica con quellamoderna. Lo ha fatto ragionando

    sulle Dinamiche della vitadellarte, una rassegna di qualcheanno fa e continua a riproporreanche in questo caso la sua vi-sione unitaria dellarte, tutta con-temporanea, perch con gli oc-chi di oggi che si rilegge larte diieri.Esposizione UniversaleLartealla prova del tempo.Bergamo, Galleria darte modernae contemporanea, via San Toma-so 53 orario: marted-domenica10/19, gioved 11/22.Fino al 26 luglio.

    A sei anni dalla morte di EnricoBaj, la sua produzione artisticanon cessa di riservare sorprese enuovi filoni dindagine. Non solo ledonne fiume, i monumenti idrauli-ci, le dame, i generali, a molti gifamiliari, ma anche i mobili anima-ti, in linea con lineludibile tenden-za allantropomorfizzazionedellartista milanese. Un libro, a

    cura di Germano Celant, edito daSkira, e una mostra alla Fonda-zione Marconi propongono questoversante della feconda produzio-ne artistica del padre del Movi-mento Nucleare e della PatafisicaMediolanense. Sono una cinquan-tina le opere eseguite agli inizidegli anni 60, presentate in colla-borazione con lArchivio Baj. Allabase, lidea tipicamente surreali-sta e venata dironia che qualsiasicosa possa trasformarsi in altro.Ecco, dunque, come gi stato

    per i personaggi, una serie di mo-bili bizzarri ma anche eleganti,confezionati con ovatta pressata eapplicata a collage sul fondo distoffa da tappezzeria, su cui Bajsistemava cornici, pomelli, pas-samanerie e fregi di serrature aevocarne i tratti somatici; via via ilmobile si precisa, si fa di legnograzie a fogli dimpiallacciatureopportunamente impreziositi e siavvia a esibire la sua naturaKitsch.Enrico Baj. Mobili animati.

    Fondazione Marconi, via Tadino15 - orario: marted-sabato10.30/12.30 e 15.30/19. Fino al24 luglio.

    I suoi celebri Bleuhanno addirittu-ra richiesto una tonalit di blucreata ad hoc, che porta atuttoggi il suo nome (InternationalKlein Blue). Laspirazione alla pu-rezza e allassoluto hanno con-traddistinto lintera e brevissimavicenda creativa di Yves Klein,suggerendo pi di unaffinit conPiero Manzoni, e non soltantoperch sono morti, quasi coeta-nei, a un anno di distanza lunodallaltro: nel 62, a Parigi, iltrentaquattrenne Klein; nel 63, aMilano, Manzoni appena ventino-venne. A Yves Klein, capofila delNouveau Ralisme, sebbene nesia uscito un anno dopo la fonda-zione e antesignano della pitturamonocroma, dedicata unampiaretrospettiva che oltre a presenta-re un centinaio di opere del mae-stro francese, provenientidallArchivio Yves Klein di Parigi eda collezioni internazionali, affian-ca loro, nelle piazze e nei giardini

    della citt, una selezione di scul-ture metalliche della moglieRotraut Uecker che con Kleincondivise anche la vocazioneartistica e immaginifica. Sui trepiani del museo, le opere di Kleinsono presentate per nuclei tema-tici: i Monochrome realizzati conpigmenti puri fino ad arrivare alsolo blu, alternato con loro in fo-glia; i quadri realizzati con il fuocoa contatto diretto con la tela; leAnthropomtrie, tele su cui sonoimpressi i corpi delle modelle co-

    sparse di colore dallartista duran-te veri e propri happening; e an-cora i Relief plantaire, le Sculp-ture ponge, insieme a filmati efotografie a documentarne le a-zioni, mentre un ricco apparatodocumentario permetter di se-guire le tappe del percorso artisti-co e personale di Klein.Yves Klein & RotrautLugano, Museo dArte, Riva Cac-cia 5 orario: marted-domenica10/18, luned chiuso. Fino al 13settembre.

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    MUSICAQuesta rubrica curata da Palo Viola

    Concerti estivi allaperto

    Questa la stagione dei concertiallaperto, normalmente nei grandicortili settecenteschi o nelle piazzepi belle dei centri storici. Nobilis-sime iniziative per avvicinare allagrande musica il pubblico menoavvezzo, come spesso (ma nonsempre) i giovani, le persone a-vanti negli anni (che hanno scarseoccasioni di ascolto), o semplice-mente il pubblico di paesi e cittadi-

    ne che non vengono mai raggiuntedalle tourne artistiche; talvoltaservono a qualificare lofferta turi-stica delle localit che desideranoalzare il livello dei propri ospiti.

    Nel quadro di queste iniziative,probabilmente volto a tutti gli obiet-tivi che abbiamo postulato, si inse-risce il Festival Citt di Cernobbio a tutti nota come la gemma dellago di Como, con la Villa dEste(or ora eletta il pi bellalbergo delmondo!) e la Villa Erba (che fu lamagione adorata di Luchino Vi-sconti) alla sua prima edizioneproposta e curata da Enrica Cicca-relli, che presenta cinque straordi-nari concerti in piazza: abbiamogi ascoltato Uto Ughi con la Stut-tgarter Philarmoniker, Paul Badu-ra-Skoda ed Olga Kern; nei pros-simi giorni ascolteremo Fazil Say eSalvatore Accardo con lOrchestrada Camera Italiana.

    Magnifico, viene subito da dire,bravissimi tutti e che fortuna per iCernobbiesi ed i loro illustri ospiti

    estivi ..... ma ovviamente - come intutte le prime che si rispettano -alcune cose sono sfuggite nellapreparazione, o non hanno funzio-nato a dovere, o non sono state

    baciate dalla fortuna che merita-vano.

    Il cattivo tempo ha funestato la se-rata con Ughi, obbligandolo a in-terrompere a met del primo tem-po il concerto per violino e orche-stra di Tschaikowskij e a riprender-lo poi daccapo, alla fine del con-certo, fra tuoni e lampi e sopratuttofra i sibili del vento vigliaccamente

    amplificati dagli altoparlanti(linevitabile croce dei concertiallaperto); il meraviglioso pianofor-te di Badura-Skoda stato mortifi-cato dagli urli gioiosi dei bambini(nessuno aveva pensato di chiude-re il vicino campo-giochi primadellinizio del concerto), dai motoridelle barche dei curiosi e delle for-ze dellordine (che si avvicinavanoimpunemente alla riva attratti daluci e musica) e persino dal latratodi cani (lasciati avvicinare troppo).

    La povera Olga Kern, che gi nonera in serata giusta, sentendo isuoni del suo pianoforte disper-dersi nellaere, e non essendo co-sciente della potente amplificazio-ne, si messa subito ed restataper lintera serata molto sopra lerighe, letteralmente assordando ilpubblico e ovviamente la-sciando svanire ogni possibile ten-sione o intenzione interpretativa.

    Per non dire del pubblico che - congrande entusiasmo ma minorepreparazione - non solo chiacchie-

    ra, tossisce e si soffia il naso intutte le tonalit, ma sopratutto hala frenesia dellapplauso che amascatenare alla fine di ogni movi-mento (e sapete bene come non cisia di peggio che interrompere

    lesecutore quando ha appenaraggiunto la necessaria concentra-zione e gliela fanno perdere pro-prio nel momento in cui ne servedellaltra per passare allatmosferadellAllegro a quella del Largo odellAndante!).

    Infine non si capisce perch, a dif-ferenza delle sale da concerto se-rie, dove normalmente nessuno

    apre bocca e si lascia parlare solola musica, quando si suona inchiesa o in piazza, e sopratutto seil concerto gratuito, c semprequalcuno che sfoggiando un pro-tagonismo provinciale ed irritante -deve presentare, ringraziare (i soli-ti sponsor che non ne hanno biso-gno), dichiararsi commosso, spie-gare inutilmente al pubblico (rite-nuto evidentemente analfabeta)quello che gi scritto (o dovreb-be esserlo) nei programmi di sala.

    Detto ci non possiamo non esse-re comunque grati a tutti coloroche si adoperano per diffondere labuona musica (musica vincetsemper!) senza tornaconto perso-nale, a questi artisti grandi, me-no grandi, non ancora grandi checon sacrificio personale sfidanotante difficolt per raggiungerepubblici nuovi, ed anche agli am-ministratori locali che si mettonopoliticamente in gioco promuoven-do eventi che popolari purtropponon lo sono mai o - ci auguriamo -non lo sono ancora.

    Grazie dunque a tutti, che nessunosi scoraggi, e si continui facendotesoro dellesperienza.

    14 luglio

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    Cinema & Televisione

    Questa rubrica curata da Simone Mancuso

    Crossing Over di Wayne KramerQuasi riuscita questa copia, al-meno per quanto riguarda la sce-neggiatura, del filone lanciato dalpi bravo degli sceneggiatori oggiin attivit ad Hollywood Paul Hag-gis, che con il suo Crash lavevaavviato per poi farsi seguire dafilm come Babel o per ricordarciscene come quelle di Traffic.

    Peccato che il resto, a partire dal-la regia di Kramer alla sua terzaopera, non sia allaltezza dei pre-decessori. Mancano quei piccolielementi sceneggiativi, chiamatiindizi, che consentono allo spet-tatore di intuire il parallelismo del-le storie e non ti fanno avere lasenzazione che siano completa-mente disconnesse, come accadequi. Lunico elemento che fa dacollante in questo film la musi-ca, che non sar al livello di Ba-bel, ma al di sopra del film chedescrive.Mi sono, per, particolarmentepiaciute due attrici. Una la se-misconosciuta Summer Bishil,che qui interpreta la musulmanaTaslima, che ha unocchio di ri-guardo verso i terroristi che sacri-ficano la loro vita, e quella deglialtri, per la loro causa. Laltra, hapartecipato gi ad alcuni film co-me Io sono leggenda, ed AliceBraga che ha un piccolo ruolo,quello di Mireya Sanchez, unaclandestina che al momentodellarresto chiede aiuto per suo

    figlio allagente dellimmigrazioneHarrison Ford. Entrambe moltopassionali nellesprimere ladrammaticit dei loro ruoli, in ma-niera particolare Summer Bishil.Per il resto un film che ha avutogrosse pretese senza avere lequalit produttive per soddisfarle,ma che comunque sviluppa, an-che se in maniera pedestre, temimolto attuali che riguardano tutti.Transformers La vendetta delcaduto di Michael BayOttimo lavoro produttivo per que-

    sto sequel che per da qualsiasi

    altro aspetto lo si guardi, non siesime dalla maledizione dei se-condi. Iniziamo dalla sceneggia-tura. La cosa che salta allocchio lincapacit di legare, gli aspettiche mettono in risalto i robot conle scene che riguardano gli uma-ni. Come se ci fossero storie pa-rallele che debbano convivere perforza. Inoltre, nel primo film, tra i

    soggettisti partecipava John Ro-gers, gi soggettista di Catwo-man, il quale stato escluso inquesto. Mentre viene aggiunto, trai sceneggiatori, Ehren Krugen,scelta molto pi versatile. Che siaquesto uno dei motivi? Tra laltrodalla sceneggiatura viene fuorilincapacit di scrivere una parte,per la bellissima attira masse ma-schili Megan Fox, capace di farlarecitare invece di darle delle pose.La maggior parte delle inquadra-ture e scene di Megan Fox sonodelle foto legate al suo aspettofisico, basta considerare la primascena in cui appare. Peccato,perch a mio avviso nel primo filmaveva dimostrato una recitazioneallaltezza della produzione, cheovviamente deve comprenderequesto genere di cose, ma nonlimitarsi solo a quelle.La regia e la fotografia sono, co-me nel precedente, esattamente ilclich che ci si aspetta per unpolpettone commerciale senzagrosse pretese, se non quelle fi-nora elencate.

    Il montaggio, forse, lunica cosache si salva oltre alla produzione,visto che in questi film comunque una delle parti fondamentali, egli si presta sempre molta atten-zione. Non a caso viene affidato aquattro dei pi famosi e capacimontatori della Hollywood che fa isoldi.Se poi, come ultima considera-zione, prendiamo il fatto che duradue ore e mezzaBeh, diventaun po complicato seguirlo. Perrientra sicuramente tra quei film

    che bisogna vedere solo al cine-

    ma, e se siete alla ricerca di unottimo livello di effetti speciali, iltutto con una spruzzatina di azio-ne qui e curve mozzafiato l, in-somma di puro intrattenimento,allora il film per voi.I love Radio Rock di RichardCurtisSe fossi un produttore di unamajor hollywoodiana avrei acqui-

    stato i diritti prima delluscita delfilm e lavrei pompato nel circuitocommerciale con pubblicitallaltezza. Perch questo prodot-to puramente inglese, uno stra-ordinario lavoro dello sceneggia-tore di Quattro matrimoni e unfunerale e Notting Hill, il qualetiene alta la sua reputazione dasoggettista e sceneggiatore, emigliora il pensiero generale ver-so di lui, firmando anche la regia.Certo , che quando un autorefirma queste tre fasi della produ-zione, si pu certamente dire nonsolo che sia una sua opera, maquasi che sia unestensione delsuo pensiero. E quello che neviene fuori un dolcissimo ricordoverso una musica che ha fissato icriteri di quella contemporanea,ma al contempo, un fermo puntodi vista sulle asiprazioni ed i sognidi una societ che pare smarrita.Radio Rock il nome di una navepirata che trasmette a tutta laGran Bretagna dal Mare del NordRockn roll tutto il tempo, da dei djche vivono lass isolati dal mon-

    do, in un epoca in cui vi era il mo-nopolio della BBC controllata dalMinistero delle Telecomunicazioniche trasmetteva solo musicaclassica. Questo rende la pellicolaimpregnata di musica anni60, conuna scelta delle musiche che me-rita da sola il prezzo del biglietto,e una costruzione dei personaggiperfettamente tipica di quegli an-ni, come The Count, il conte,interpretato egregiamente dalpremio Oscar Philip Seymour Hof-fman. Dunque un inno al sesso,

    droga e rockn roll fino alla fine,

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    che non stato messo in rilievocome avrebbe meritato, visto imolti elementi commerciali, comeil montaggio, e con interessanti

    motivi per andarlo a vedere per inostalgici, ma anche per chi amala musica e le commedie scritteper il cinema.TerminatorSalvation di McgSe si potesse, descrivere il filmsoltanto con le musiche di DannyElfman, mettendo sotto il titolo unfile mp3 con lincalzante tema lofarei. Questo a mio avviso baste-rebbe a descrivere la potenza diquesto film, che arriva allo spetta-tore come londa durto di unabomba atomica, supportando conla musica scene come il ritorno diun T-600(il primo Terminator, perintenderci, il governatore dellaCalifornia) completamente fatto alcomputer, primo stile(vedi Conanil barbaro), come mostro finale.

    Terminators che, forse giusta-mente, rubano la scena al prota-gonista Connor, interpretato ma-gnificamente da Bale, come il T-

    800, lultima invezione delle mac-chine con una parte sostanzialeumana, e lo scheletro robotico,con lo scopo dinfiltrarsi nella res i-stenza. Questi elementi denotanolattenzione da parte dei soggetti-sti, tra cui lonnipresente JamesCameron, per lo sviluppo di unastoria mai che versi sul banale,ma che anzi, cerchi unevoluzioneproprio come i suoi personaggi.Elemento, questo, ricorrente intutti i film della saga, che a mioavviso una delle poche a man-tenere lo stesso livello qualitativoin quasi tutti i suoi cloni. Il motivo,forse, dovuto allattenzione ver-so la crew che collabora con i variregisti, mantenendo nei ruoli piudeterminanti, gli stessi operatori.

    Come gi detto per le musiche,ma anche nel montaggio, il mon-tatore di James Cameron, ConradBuff, o lo stesso Cameron, mes-

    sosi da parte come regista perdedicarsi al soggetto(forse erameglio che lo dirigesse lui questoepisodio). Insomma, stessatroupe stesso successo, un filmche decisamente non delude leaspettative, ne dei fans della sa-ga, ne degli altri spettatori e cheanzi crea gi lattesa per il pros-simo episodio, Terminator 5, at-tualmente in sviluppo e che do-vrebbe esser pronto per il 2011.Se dovessi trovare una pecca, secos si pu dire,di questo film sicuramente la regia, improntatapiu sugli spot e i music videosche sul cinema. Ma questo,si sa, un altro discorso(mp3)

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  • 8/3/2019 PDF n 22 14-7-2009

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    http://www.youtube.com/watch?v=URC1egWLEok