#14 - February 2009

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BASTA!! AVANTI!!

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stampato su carta riciclata

[email protected] PASS

IL MAGAZINE DEGLI STUDENTI DELL’UNIVERSITÀ DI VERONA

anno 4numero 14

febbraio 2009

BAST

AAVANTI

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PASS 2

PRODOTTO CON IL CONTRIBUTO DELL’UNIVERSITÀ DI VERONA

PASSWORLDWALL STREET CRASH!1929: Crolla lo Stock Market statunitense .....................8DOWN IN ALBIONUn vero amore non sa parlare ........................................ 9QUEL CHE È TUO...DIVENTERÀ MIOStrane magie di prestiti fra amici ..................................9UNO SGUARDO SU GAZARiflettori sul territorio palestinese .......................... 10/11IL FU TG1Nostalgia di un modello idealizzato ............................. 12LETTERA DI "EROINA"The sun also rises ...................................................... 13

PASSATEMPOMUSIC MADE IN VERONAArriva Jacopo Gobber ................................................. 14DEGUSTIBUS DEL 2008 / PLAYLISTAscolti di Redazione / Consigli musicali ....................... 15IO SOSTENGO SCHERMI D'AMORERassegna cinematografica a Verona ............................ 16CRASH CONTATTO CRITICOConcorso per la critica di un film ................................. 17LIBRIGeronimo Stilton, chi era costui? ................................. 17GUARDAMI GUARDACI GUARDATIIn mostra ................................................................... 18NERO RUBRICA DI PAROLEDue poesie notturne ................................................... 19APPUNTAMENTI DEL MESEIl meglio di Febbraio ................................................... 20

PASSATENEORITORNO AL FUTURO / ISICCentenario futurista / Carta per studenti viaggiatori ........4CLA-USURAIl Centro Linguistico d’Ateneo .......................................5ATENEO NEWSLa Scatenata / Un Gas all'Università ..............................6LOCALI A VERONATutti al Tre Deseos ........................................................6BESTIARIONon vi piacerebbe un grande parco all'Università ...........7

SOMMARIO

Registrazione Tribunale di Verona n° 1748 del 31.3.2007Direttore responsabile: Angelo PerantoniProprietario: Associazione Onda Studentesca Editore: Associazione Onda StudentescaRedazione chiusa il: 29 Gennaio 2009 HANNO SCRITTO: Juliette Ferdinand, Federico Longoni, Fabrizio Capo, Francesco Greco, Clara Ramazzotti, Davide Spillari, Irene Pasquetto, Enrica Innocente, Erica Ganz, Marta Poli, Ste, Associazione ISIC, Carolina Pernigo, Elisa Zanola, Damiano Fermo. FOTOGRAFIE E ILLUSTRAZIONI (OVE NON INDICATO):Google, Flickr, Gettyimages, iStockphoto, Wikimedia PROGETTO GRAFICO:Eugenio Belgieri (www.whatgrafica.com) e Giuliano FasoliLA COPERTINA È DI:Eugenio Belgieri (www.whatgrafica.com), grazie a Juliette e Alessio per le fantastiche pose urlate.STAMPA: Tipografia CIERRE - Sommacampagna (VR)

Copyright: Le condizioni di utilizzo di testi e immagini, laddove è stato possibile, sono state concordate con gli autori. Tutti i diritti sono riservati, testi, grafiche e fotografie sono coperte da copyright. Ogni copia degli stessi è illecita. Si ricorda che il contenuto del singolo articolo non definisce il pensiero della redazione e dell’editore. Grazie a tutti coloro che hanno collaborato, ma che sono stati dimenticati nei ringraziamenti.

PASSIL MAGAZINE DEGLI STUDENTI DELL’UNIVERSITÀ DI VERONA

EDIT

OR

IALE

JULIETTE

Basta. Basta. Basta. Un mondo alla rovescia. Il peggio di noi posto come modello, e il meglio deriso. Questo mese la voglia era talmente grande di insorgere contro la valanga di notizie di cronaca, di guerre e di politica più schifose le une dalle al-tre, che questo grido è diventato carta, un grido fissato per qualche giorno sulla copertina. C'era anche un'altra voglia. Mettere il ritratto di Barack. L'idea di vederlo in giro per i corridoi dell'uni mi tentava tantissimo... Dopo tutto la sua elezione è forse l'unica buona notizia che ci è pervenuta dal mondo in questi ultimi mesi (anni?). Allora per ricordare questo evento non abbiamo scritto solo un “BASTA”, ma anche un grido più ottimista, “AVANTI”, e tutte le parole che ci vorrete associare.

Questo mese troverete in Primo Piano un articolo che mi sta particolarmente a cuore, una descri-zione della parte nascosta della città con gli occhi della Ronda della carità. Per gli studenti di lingue un pezzo di critica al grandioso CLA da loro tanto amato, e una scoperta, la ciclofficina e il G.A.S. universitario. Infine vi lascio tuffarvi nella parte cultura con, tra l'altro, un appello di sostegno a Schermi d'Amore, e una mostra molto “hot”...

Buona lettura

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PRIMO PIANOIl viaggio nella città invisibile comincia dal voler vedere Verona di notte, con occhi di bambino, e con sguardo sem-plice imparare a scavalcare la linea orizzontale tracciata dal naso.

Uscii per la prima volta con la Ronda della Carità in una notte di inizio Novembre. Fino a quel momento la mia conoscenza del mondo dei senza tetto si fermava alle “panchine anti-barbone” e alle “ronde volontarie per la sicurezza” (orgogli della padanità) ai barboni e ai rom che chiedono l’elemosina ai semafori (“che poi i’ gira col Mercedes”, recita l’adagio popolare), agli zingari e i furtarelli, lo spaccio di stupefacenti, gli stupri: questa era la mia ignoranza.

Quella sera di Novembre arrivai alle 21 nella sede della Ronda, in Z.A.I., a 2 passi da casa; tutti i volontari si presentarono con simpatia, e l’imbarazzo tipico di trovarsi in un ambiente nuovo senza sapere che fare durò vera-mente poco, grazie al lavoro di cernita dei vestiti che mi venne subito affidato. Preparammo tre file di sacchi e contenitori, una per ogni mezzo a disposizione dell’associazione: c’erano con-tenitori di pasta, the caldo, ac-qua, dolci, pane, sacchi di ma-glioni, pantaloni, coperte, giacconi, biancheria intima e altri generi di prima necessità. Ci dividemmo in 3 squadre, poi via, ciascuna sul suo furgone, ciascun furgone per il suo percorso.

Io fui assegnato sul “bianco”, un Fiat Ducato (bianco per l’appun-to) con altri otto volontari.

La prima tappa furono i Mercati Finanziari, quegli edifici che si trovano dietro le mura di via Pallone, i cui uffici ospitano la vita finanziaria veronese di giorno, e i cui portici offrono riparo a vari senzatetto la notte; quella sera erano una decina.Arrivati col furgone scendemmo e li andammo a chiamare, loro vennero a prendersi il pasto e chi ne aveva bisogno chiese vestiti. La cosa che mi stupì di più fu il vederli, parlarci e giudicarli non come una statistica, ma come persone – res cogitans – con cui mi trovavo ad interagire: esseri umani, forse anche più di me. Erano di varie nazionalità, anche italiani e veronesi (6 i dialettofoni incon-trati, veronesi “de soca”); qualcuno con problemi psichici, qualche sieropositivo, altri lavoratori ma senza casa, qualcuno tossicodipen-dente e/o alcolizzato, comunque figli della disperazione.

Il giro continuò poi: Porta Vescovo, una quindicina di persone, Giarina, circa quattro persone, San Giorgio, una persona, Borgo Trento, 4 persone, Z.A.I., una ventina di ragazze. Finito il giro si tornò in sede a scaricare e pulire i furgoni. Si erano fatte le 3.

Da due mesi ogni sabato riparte l’avventura, e si salta sui furgoni per dare poco, ma ricevere molto da questo spaccato di umanità dimenticata. E le persone incontrate sono state molte, varie le sto-rie, molte le emozioni. La maggior parte di loro sono per strada per povertà, per malattie o problemi psichici, alcuni per droga, pochi (storici vagabondi) per scelta. In 2 mesi ho visto di tutto, anche comportamenti spiacevoli, ma tante sono state le cose che mi hanno colpito e fatto pensare.

Mila, una ragazza serba, con-serva tutto con cura nella sua borsa, e la mattina con scopa e paletta pulisce il posto dove ha dormito. Sandro, detto “el Conte”, lascia l’elemosina agli altri mendicanti.

Le ragazze africane della Z.AI. (che per lavoro volenti o nolen-ti si prostituiscono) sorridono sempre, hanno voglia di chiac-chierare, scherzare, sono molto giovani, alcune adolescenti.

Un’altra sera abbiamo trova-to due nordafricani, un uomo robusto, da vent’anni in Italia, e dall’approvazione della legge “Bossi-Fini” senza più il lavoro in Galtarossa, che accompagna e accudisce il suo amico ritardato come un fratello minore. E Mohamed poi, da poco ex muratore, che scoppia a piangere e ci confessa “io avevo i schei, ora sono disperato”.

Questi sono spaccati veri della città invisibile. Anche loro sono nostri cittadini, ma vengono spesso visti con fastidio e nascosti.Quella prima sera è sembrata un sogno, realtà e fantasia sembrava-no mescolati nello stesso calderone: veri i luoghi, ma le persone no, il pomeriggio prima sembrava non esistessero!! Invece era proprio tutto vero.

Questa è una parte della città che formalmente non esiste, perché noi la ignoriamo e lei si lascia ignorare; fingiamo che non ci sia, ma c’è: Orwell lo chiamava bipensiero.

Se, come dice Weber, la politica è Responsabilità, a questi cittadini anche, bisogna rispondere. E anche da loro imparare qualcosa.

nella cittÀ invisibileSTE

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Sconti record per gli studenti di Verona che girano il mondoSi chiama ISIC (International Student Identity Card) ed è l’unico documento internazionale, patrocinato dall’UNESCO e distribuito in Italia dall’Asso-ciazione CTS (Centro Turistico Studentesco e giovanile) che attesta lo status di studente. Ai possessori la possibilità di beneficiare di sconti ed agevolazioni in 116 paesi, dagli Stati Uniti all’Europa, dall’Africa all’Oriente al solo costo di 10 euro. Trasporti interni, bus, treni e traghetti, ingressi nei più importanti musei e siti culturali del mondo, attrazioni, ostelli e hotel, ristoranti, ma anche carta prepagata e ricaricabile che consente allo studente di risparmiare fino al 70% sulle chiamate internazionali verso più di 200 paesi in tutto il mondo, ed il servizio Emercency Help line, che fornisce assistenza gratuita in caso di necessità!Maggiori informazioni presso le sedi del CTS di Verona in Via Oriani, n. 2 (Tel. 045 8030951) ed in Via Gaetano Trezza, 32/a – parallela Via XX Settembre (Tel. 045 8012617). Nel Web: www.cts.it/cartadellostudente & www.isic.org.

ISIC: LA CARTA INTERNAZIONALE PER GLI STUDENTI

ASSOCIAZIONE ISIC

Ho sempre ammirato del Futurismo, la capacità di mettere in di-scussione il passato, smascherando l'ipocrisia di ogni falso morali-smo e quindi la pesantezza della cultura italiana. E soprattutto la ricerca di un uomo/donna “vitale”, privo dell'immobilismo che spesso affonda l'uomo europeo. L'importanza del futurismo nella cultura italiana, è passata inosservata, a causa di anni di ostracismo della sinistra e di tanto strumentalismo della destra. C'è molto di quel che affermarono Filippo Tommaso Marinetti, Giacomo Balla, Umberto Boccioni, Gino Severini, Luigi Russolo e Carlo Carrà, che dovrebbe far riflettere sul morbo della cultura “immobile”, o meglio la clausura, che ammorba la nostra università. La cultura (per i futuristi e anche per noi) è agitazione, vero atto di ribellione. “L'immobilità penosa” è il fulcro del male contro il quale ci si dovrebbe scagliare! Non solo, il sapere da esposizione, ma soprattutto, come afferma Marinetti nel Manifesto del Futu-rismo, pubblicato su Le Figaro del 20 febbraio 1909, la cultura priva di fuoco sociale. Vale a dire, quella di cui veniamo nutriti nel nostro ateneo. Mi spiego meglio. Non c'è giorno, che non senta studenti lamen-tarsi sull'inadeguatezza dei corsi di studio, molto spesso percepiti come vecchi e sciatti, sulla piattezza della vita universitaria, etc. ... e non c'è da stupirsi. I corsi sono vetusti, poiché non hanno alcuna prospettiva del futuro e la società si muove più in fretta dell'ateneo. E questo è evidente nel fatto che i corsi di studio, non corrispon-dono alle reali esigenze del mercato e dello studente. La cultura ha il collo stretto nel cappio del tradizionalismo, che equivale al baronismo! Difatti, il vero motivo per cui vengono mantenuti dei corsi improponibili, è che cancellandoli si farebbe un torto a chi detiene quella cattedra da anni. Questo è tanto passatista, e poco futurista! Gli americani sono da anni futuristi (almeno in certi campi, e in materia universitaria in primis). Difatti danno ampia possibilità allo studente di modellare il proprio curriculum di studi e il campus universitario, è animato da centinaia di associazioni studentesche. La cultura è perciò agitazione. Nel nostro ateneo manca questa

libertà. E questo è molto censorio, e poco futurista! In ultimo, che cos'è la cultura, se non il più grande atto di ribellio-ne per un individuo. Il coraggio di chi non s'arrende allo spettro del passato e si arma della sapienza, per liberarsi. Questo si do-vrebbe insegnare agli studenti, che il sapere non è mezzo, ma fine; bisogna tornare ad odiare il passato, e ad amare il futuro!

Ritorno Futuroal

< Riflessioni e critiche per il centenario del Futurismo

"Ogni uomo con la pancia piena di classici, è un ne-mico della razza umana" (Henry Miller)

Nella foto: Filippo Tom

maso M

arinetti

FRANCESCO GRECO [email protected]

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Il CLA-usura è chiuso, quanto le gam-be delle monache. Perché? Perché, no-nostante questa sua aurea di interna-zionalità e d’apertura, il nostro Centro Linguistico D’ateneo è ben lontano da essere aperto al confronto; insomma il cuore pulsante dello studio linguistico, è in realtà una clausura per gli studenti. Già le lingue queste sconosciute (almeno per chi vorrebbe frequentarle più assidua-mente). Sì, perché non si può pensare di studiarle senza un vero e proprio scambio di idee, di prospettive e d’intenti. Questa è la clausura del CLA, il permettere che la pratica, sia fumosa teoria. Gestire le sorti degli studenti, con un metodo d’apertura, anziché di chiusura e uno “scambio lingui-stico” effettivo- e mi riferisco alle lezioni frontali, utilissime sì, ma insufficienti, poi-ché lo afferma anche V. Cook (vedi Second Language Learning and Language Teaching) e qualunque linguista può confermarlo, lo studente necessita più di output che di input. Gli esempi non mancano. Le aule inanzi tutto: sovraffollate e dove è impossibile per

in uso, il più odiato su questa Terra dopo il Pomo della Discordia: l’informatizzato. Sebbene dai docenti agli studenti, tutti si lamentino di un test che nel campo dell’in-formatica ha del medioevale (da che un programma è un programma, con buona pace di Bill Gates&Co, in un test si deve dare la possibilità di cambiare le risposte, anche se si passa alla schermata successiva), perché nessuno alza la testa? Perché si vuo-le fare le persone rigorose, a discapito degli altri, o per essere più diretti, si vuole “fare i froci col culo degli altri”. Tanto sono gli studenti che lo devono fare e a noi non im-porta. Oltretutto, un metodo di valutazio-ne così “duro” (o meglio, ottuso) sarebbe giustificabile, se la certificazione di lingua avesse un valore spendibile sia sul mercato del lavoro che “dello studio”. Al contrario, qualsiasi certificato del CLA, non ha alcun valore fuori dalla facoltà. Questa è clausura.

E allora, si potrebbe dire, chi critica deve anche proporre delle soluzioni. Niente di più sbagliato. Ogni persona critica pone dei problemi. Sta ai responsabili, cercare le soluzioni o starsene in CLA-usura.

il docente organizzare un esercizio di con-versazione, non solo con lo studente, ma tra gli studenti. Ragion percui le lezioni si svolgono molto spesso (con pochi casi felici) in un mutismo consapevole dello studente, con il docente che parla a ruo-ta contro un muro volti impassibili, man-co fossimo al museo delle cere di Madame Tussauds. Questa è la clausura. Ancora, servono spazi per gli studenti, un luogo dove questi si possano incontrare, trovare materiale utile allo studio, scam-biarsi consigli e perché no, intavolare delle conversazioni in lingua. Insomma, manca una comunità di studenti che si ritrovi in-torno a un vero Centro Linguistico; delle persone che possano “agitare” la vita cul-turale. Certo, c’è stato l’allargamento in via Paradiso, ma sembra più un ripiego, che una soluzione. In breve, manca un Polo Linguistico. Basterebbe anche solo destina-re dei locali capienti ad attività facoltative, quali la visione di un film in lingua oppure discussioni in lingua su svariati argomenti, etc. Al contrario c’è la CLA-usura. Veniamo infine al metodo di valutazione

FRAN

CESC

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grec

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JUSTE PICCOLI

Durante le mie peregrinazioni in città alla ricerca di un posto accogliente e in cui si possa bere una sana birra in compagnia, mi sono imbattuto in un locale che merita una nota di merito,di cui vi faccio partecipi cari lettori di Pass. Questo posto fantastico e accogliente si chiama Tres Deseos ed è situato dietro piazza Isolo, a pochi passi dall’università.

Il bar si presenta con un arredamento sobrio e dai colori caldi, che invogliano l’avventore assetato a rilassarsi e sedersi su comode poltrone, presenti in loco. I gestori sono cordiali e la birra non è per niente male,cosa da non sottovalutare. Tra l’altro, è un locale ottimo per gli aperitivi come per i dopocena. Inoltre durante la settimana nel bar si può ascoltare del buon jazz, che so-litamente fa ambiente e crea quell’atmosfera conviviale che noi tutti cerchiamo. Per cui non vi resta che provare per credere.

LA SCATENATA!Hai problemi con la tua bici? Vuoi imparare a metterla a posto o hai bisogno di attrezzi per farlo da solo? Vieni alla ciclofficina !! Ti aspettano Andrea e amici in via Maffi 1, una traversa di via XX settembre.Sito: http://scatenata.blogspot.comE-mail: [email protected] di apertura : Martedì: 17.00 - 20.00 / Giovedì: 17.00 - 20.00 / Sabato: 16.00 - 19.00

UN G.A.S. ALL’UNIVERSITÀ?!Da novembre scorso è attivo il gruppo di acquisto solidale universitario “Gasdotto”.Cos’è? Un gruppo di studenti che vuole riflettere sulla società dei consumi e agire organizzando acquisti di gruppo di prodotti locali e biologici, ma anche eventi e conferenze sul tema del consumo critico.Perché? Per cercare di consumare in modo etico, e perché acquistare in gruppo direttamente dal produttore abbassa i costi e migliora la qualità. Come funziona? Ogni membro ordina sul sito del G.A.S. i prodotti desiderati (per esempio la cassetta di frutta e verdura da 8, 10 o 12 chili) e va a prendere la spesa il martedì dalle 18 alle 20 nella sede della ciclofficina a due passi dal polo Zanotto, via Maffi 1 (traversa di via XX settembre). Il 26 Febbraio alle 21 andrà in scena in Aula Magna uno spettacolo sul consumo critico, “Quanto basta”, per partecipare scrivi alla mail seguente.Per maggiori informazioni scrivi a: [email protected]

locali a verona

ateneonewsateneonews

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Ce l'avevamo quasi fatta, ma poi...

Zona Passalacqua, avete presente no? ...il nuovo parcheggio con la navetta perennemente vuota che scorre per via dell'Artiglie-re, tutta quella zona ex-militare comprata dal Comune di Vero-na, da destinare all'Università e alla cittadinanza per realizzare un quartiere aperto, con un grande parco fruibile da stu-denti e cittadinanza, per ri-dare qualità alla vita in que-sta zona? Ecco questo era il senso, bello, che avremmo voluto fosse intrapreso. E invece, guarda un po', il Comune ha girato la gestio-ne della zona all'Agec (azienda gestione edifici pubblici) che si appresta ad assegnare l'appalto per la costru-zione del triplo degli appartamenti previsti dal vecchio progetto. Insomma l'ennesima bella espansione edilizia destinata a costru-zioni abitative.

Per gli studenti universitari e per le famiglie di Veronetta, questo do-veva essere il luogo di sfogo di un quartiere bello e vivace, ma com-presso su se stesso, con le colline a nord e un'intensa viabilità a sud. Un'area finalmente destinata a parco per lo sport individuale, il re-lax, l'incontro e confronto fra le diversità culturali e generazionali. Un luogo di arrivo e scambio anche dal punto di vista logistico per chi arriva dall'est veronese, in macchina, in treno o in bus.

Ma il mattone tira sempre, soprattutto quello nuovo di zecca, che porta soldini suonanti a tanta brava gente.

Una corsetta all'aria aperta? Basterà prendere la macchi-

na, mezz'oretta per uscire dalla città, e il gioco è fatto.

In città bisogna costruire, come si fa a perdere l'occa-sione di edificare su un terreno che vale oro?

E allora “quando l'ul-timo albero sarà stato abbattuto, l'ultimo fiu-me avvelenato, l'ultimo pesce pescato, vi accor-gerete che non si può mangiare il denaro”. “Si ma al manco i decide qual-

c o s a questi” dice il passante... Certo, sono certo che sapremo trovare tutte le giustificazioni per accettare con disciplina tutte le decisioni, perché mai pensare ad un mondo migliore, ci stanno già pensando altri...

E invece no! Se volete provare a recuperare questi spazi o almeno a sussurrare la vostra posizione critica scrivete a PASS [email protected] per poter firmare la petizione che stiamo preparando...

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BESTIARIOrubrica sul_ nostro_ ateneo _osservazioni_ lamentele_ aneddoti...

DAMIANO FERMO (PRESIDENTE USCENTE CONSIGLIO DEGLI STUDENTI)

Non vi piacerebbe un grandeparco all'Università ?Di fronte al Polo Zanotto ?

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19 dicembre 1929Consumerò la voce di Nat Shilkret credo. Tutto ciò che mi è rimasto da quando ci hanno pignorato la villa, l’auto e il resto. Mami me lo ripete da ormai tre settimane di smetterla con questa “musica negra”, così la chiama. “Alexis, togli immediatamente quella sfacciata canzonetta negra”, così dice. Vorrei spiegarle che canta un figlio d’immigrati australiani, ma non cambierebbe nul-la. Ha da ridire sugli italiani, sui negri che suonano al Cotton, sul mio modo di portare i vestiti senza pizzi. Non accenna a papà, mai. L’unico motivo per cui, da poco più di un mese, Mami lustra i calzini a quelli del quartiere. E la ragione per cui ho venduto le mie perle in cambio di quattro girocolli fasulli. Me lo ricordo, papà intendo, che entra nervoso e sudaticcio in casa, quando ancora potevamo metterci piede a Gramercy Park, scosso da ore passate in mezzo a cifre e conti. “Mi ha cercato Ricy?” – “Puzzi d’alcol” – “Sì, mi sono bevuto l’ultimo nicheli-no…Whisky” sorrideva schioccando le labbra. Da giovedì i gior-nali urlavano che era crollata, che l’America era finita, avevo capi-to, ecco. Non sto dicendo che sapevo che mi avrebbe abbracciato, quel martedì, regalandomi il suo disco di Shilkret, sia chiaro. Non sapevo si sarebbe impiccato nel bagno subito prima della cena (tacchino ripieno, come al Ringraziamento. Forse Mami voleva trovare una scusa per affaccendare la cuoca), appena persi tutti i nostri risparmi e titoli in Borsa. Che morte ingloriosa, a pensarci, per un uomo che aveva passato metà della sua vita ad accatastare denaro e regalare sigari ai suoi amici. Amici come quel Richard “Ricy” Withney che aveva pro-messo di fare tutto il possibile e poi, dopo una misera condoglianza funebre, aveva bofonchiato che “l’unico a cui dovrebbe chiedere aiuto è il Signore Altissimo, Miss Simmons”. Mami col Signore non ci parla più ormai, ritiene inutile scomoda-re Lui per un guaio di papà.Leggevo che una cosa simile era accaduta nel 1907, il tasso delle proroghe era salito al 125% per carenza di liquidità. Non so cosa voglia dire, esattamente, ma se ci sono stati altri “disperati vigliac-chi”, come li definisce Mami, forse è grave, forse l’economia è una cosa seria. Comincio a credere che il papà non abbia sbagliato a chiudere con questa vita in cui conti qualcosa se hai qualcosa, e difatti lui (e di conseguenza noi) non era più nessuno. Un ometto triste e imbottito di Jack Daniel’s che mormorava “non perderemo nulla, tranquilli”. Come molti prima di lui si era riempito il cervello di balle, vagava confuso bevendo frottole e alcolici.Ho anche scoperto che la signora Anderson non trova lavoro, “Ma devo sfamare i miei figli” – “Anch’io miss e qui non c’è niente da fare. Lo vada a raccontare a quei tizi, là, che giocano con il nostro denaro e speculano sulle nostre spalle”. Non è l’unica, neppure Mami riesce a racimolare granché.Assicurano che le cose stanno cambiando, aria di Presidente capa-

ce e ri-solleva-mento del capita l i smo. Spero sia vero e, soprattutto, che non accada più. Non vorrei che una ragazzina americana si ritrovasse senza futuro come me, tra ottant’anni.

Tra ottant’anni andrà tutto bene, e suo-neranno ancora al Cotton.

(alcune notizie riprendono avvenimenti e/o personaggi realmente esistiti, ma ciò che leggete è del tutto romanzato e frutto di fantasia)

CLAR

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down

in albion

Con l’inizio del 2009, nel Regno Unito s’è scoperto che il vero amore esisterebbe davvero. La scoperta, che ha da subito occupa-to la maggior parte dei talk-show nazionali (in fascia housewi-ves ovviamente, cioè tra le 14.00 e le 16.00), sarebbe il frutto di un intenso lavoro di un team di ricerca newyorchese, trasferi-tosi in Inghilterra a studiare: “dopo gli italiani, uno dei popo-li più romantici del pianeta” avrebbe dichiarato uno scienziato. E che s’è scoperto? S’è scoperto che la passione amorosa non subi-rebbe un calo rispetto ai primi anni dell’innamoramento, anzi. I test condotti su persone in coppia da più di dieci o venti anni, hanno dimostrato che l’amore per il partner sarebbe rimasto immutato ri-spetto agli inizi della relazione. “Com’è possibile? I soggetti che noi chiamiamo swans (n.d.a cigni), hanno schemi mentali simili a quelli di animali conosciuti per passare tutta la vita con il partner, ad esem-pio i cigni e le volpi grige”.

Una terribile scoperta ha invece tenuto incollati alle finestre i cittadini di Langley, un paesino nei pressi di Birmingham. L’allarme era stato dato nelle prime ore del mattino, quando, a causa di un incendio in una fabbrica locale, un’enorme nube tossica di fosforo era stata avvistata. Presto avrebbe investito la cittadina delle West-Midlands, e, dall’uomo

della strada al sindaco, sta vano tutti col naso a l l ’ i n s ù , in attesa della ca-tastrofe. In realtà, la nu-vola di fosforo è passata senza alcuna conseguen-za, a parte l’aver in-naffiato le abitazioni e i campi di una sottile polveri-na che ha costretto gli abitanti a non poter usare la doccia per giorni. Difatti il fosforo a contatto con l’acqua, può provocare bruciore agli occhi, irritazioni cutanee e mancanza d’aria. Una settimana dopo, in un annuncio televisivo a lungo atteso, un poliziotto ha detto: “Gli abitanti di Langley tireranno un respiro si sollievo, nel venire a co-noscenza che ora possono tornare a farsi la doccia”.

“Un vero amore non sa parlare” (William Shakespeare)

FRANCES

CO GRECO fra

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cogre

co22

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“Ok, te lo presto! Ma mi racco-mando, riportamelo, ci tengo!”.

E poi finisce lì, a far bella mostra sul tuo comodino, sulla tua li-breria, nell'armadio, tra la polve-re, il caos, le vecchie bollette da pagare.. Ogni volta che lo rivedi ripensi a lui. No, non all'ogget-to in sè, ma al tuo amico, povera anima, che sta ancora aspettando la restituzione dell'oggetto pre-stato. E tu, ingenuamente, te ne sei appropriato, zitto zitto, senza far rumore. Magari era quel li-bro che tanto desideravi leggere. Lo sfogli, lo guardi, lo leggi. Poi,

come per magia, cancelli il suo nome a matita dalla prima pagi-na e aggiungi il tuo. Anzi, prima ci scrivi “proprietà di…restituire a…”, così, tanto per essere sicuri. A volte, quando osservo quella pila di 3 (o forse 4 cd) che ho in camera mi ricordo che non sono miei. È che son lì, mischiati tra le mie centinaia di cd di buona mu-sica. E direi anche che 4 in più fanno una bella figura. Peccato che non sono miei. Peccato che ho sempre detto “te li riporto!”. Peccato che non ho più con-tatti con il mio amico a cui ap-

partengono. Peccato. Direi che, facendo due calcoli, sono passati più o meno 7/8 anni e che forse lui se ne sarà già dimenticato. E poi, in fin dei conti, dopo un po' che il proprietario non reclama l'oggetto direi che ce ne possia-mo tranquillamente impossessare.

Forse però non funziona esatta-mente così…beh, poco importa, ne farò una nuova filosofia presti-to/restituzione. E con l'occasione mi scuso per l'inconveniente con il mio amico Luca: belli i cd. An-che se saranno almeno 7 anni che non li ascolto.

ERICA GANZ [email protected]

S t r a n e m a g i e d i p r e s t i t i f r a a m i c i

Quel che è tuo...

diventerà mio!

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PASS 10

FABRIZIO CAPO

Si è parlato tanto, forse troppo di Gaza.... Ora che la tregua sembra essere arrivata, che la pace sembra essere ristabilita, i riflettori si sono abbassati, come al solito... Perchè carat-teristica peculiare dell'informazione moder-na, specialmente dell'informazione televisiva, anche in quelle trasmissioni di pseudo-ap-profondimento, è il suo consumo: veloce, rapido, immediato. Peccato che, tranne in rari casi, non si entra quasi mai nel vivo del problema, non si cerca quasi mai di capire e spesso si cede a facili e sterili campanilismi, da una parte e dall'altra. E allora cerchiamo, per quanto possibile, di capire, sperando di non cedere anche noi al fascino macabro del dito puntato, che sa, o pretende di sapere, dove sta la ragione. In una guerra, la pri-ma vittima è sempre la verità. Ogni parte ha notoriamente la sua, e si serve dei mezzi di propaganda di cui dispone per proporla (o casomai per imporla, se la potenza dei mezzi che ha a disposizione glielo consente).

Sarebbe facile giustificare il lancio di razzi Qassam dalla Striscia di Gaza verso Israele, ricorrendo alla vuota motivazione che chi non ha gli F16, i B52 o le bombe intelli-genti, in qualche modo deve pur difendersi. Simone Weil in alcuni saggi sulla guerra ha spiegato mirabilmente il perchè del ricorso ad atti terroristici, il perchè della violenza: è una questione di "prestigio nazionale", laddove lei intende con il termine "pre-stigio nazionale" l'agire in maniera tale da dar sempre agli altri Paesi l'impressione che, nell'eventualità di una guerra, si dispone del-la forza necessaria a sopraffare l'avversario. Quindi per la Weil mantenere il prestigio significa mantenere la capacità di offendere: senza questa capacità il peso nelle trattative è nullo. Seguendo questa logica aberrante, i miliziani di Hamas non hanno mai smes-so di terrorizzare gli ebrei delle città attigue alla Striscia con lanci continui di razzi e con attentati suicidi. Ogni atto terrorista, anzi, orrorista (cioè rivolto verso il "qualunque", verso l'inerme, senza discriminazione alcu-na), come lo ha definito Adriana Cavarero con un felice neologismo, va condannato in assoluto. Qui non si tratta di attentati di militari contro altri militari, o al limite di combattenti contro altri combattenti (come

ad esempio i partigiani in Italia durante la resistenza), ma di vili attentati contro gli inermi, contro coloro che non si possono difendere. Hamas deve cessare immediata-mente il lancio di razzi, gli attentati suicidi e, in generale, il ricorso alla violenza; deve riconoscere lo stato di Israele e cancellare la parola "annientamento" dal proprio vocabo-lario. Diversamente la strage degli inermi di-venta un criterio che giustifica, anzi impone, in una reciproca corsa al massacro, la strage di altri inermi. Detto questo, non si può non criticare totalmente la politica dello stato di Israele, anzitutto per un motivo tecnico. Se contro gli attentati suicidi non c'è strategia che tenga, contro i razzi di Hamas e di Hez-bollah, l'arma esiste, e si chiama Skyguard. Si tratta di un dispositivo a raggio laser ca-pace di abbattere ancora in volo i vettori a corto e cortissimo raggio, cosa che i sistemi antimissile israeliani tradizionali non posso-no fare. Un solo esemplare protegge un'area

UNOSGUARDOSUGAZA

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PASS11

di 10 km, con 4-5 postazioni si coprirebbe l'intero confine di Gaza... Perchè non viene usato? Andreotti diceva che a pensare male si fa peccato, ma spesso si ha ragione. Non è che la scusa dei Quassam, dei Katyusha, dei Grad, che tra l'altro non fanno per for-tuna quasi mai vittime, è stata utilizzata da Israele per giustificare il terribile attacco al cuore della Striscia di Gaza del mese scorso, proprio per dimostrare, e non certo o non solo ai palestinesi abitanti della Striscia, la propria potenza distruttiva, tornando così al discorso della Weil sulla dimostrazione del-la propria capacità di offendere ("prestigio nazionale"), utilizzata come deterrente? Ma-gari in questo caso nei confronti di Iran e Siria? Sicuro è che in moltissime guerre è stata usata in passato una terribile strategia che non può che scandalizzare e offendere chi è a digiuno di tattiche di guerra: veniva-no deliberatamente lanciati missili contro la propria popolazione, al fine di terrorizzarla e accrescere in lei l'odio verso il nemico.... Dopo l'utilizzo di una vergognosa tecnica psicologica come quella descritta, ogni azio-ne contro il nemico sarebbe stata giustificata e appoggiata dalla popolazione duramente colpita... Se l'Uomo è stato ed è in grado di fare una cosa del genere, perchè stupirsi se Israele non adotta il sistema antimissile Sky-guard? Quale migliore giustificazione per un attacco in grande stile?

Eppure negli articoli dei quotidiani di quei giorni, queste ipotesi non vengono mai neanche sfiorate, anzi, alcune frasi di par-lamentari italiani non possono che lasciare di stucco. Capisco che si possa partecipare ad una manifestazione bipartisan pro-israele a Montecitorio, ma che si possa sostenere, come ha fatto Fiamma Nirenstein, vice-presidente della commissione Esteri del Pdl, che "è indispensabile rimarcare il ruolo di vittima dello stato di Israele e di carnefice rappresentato dalle milizie di Hamas", que-sto no, è troppo. Israele sembra essersi appro-priato del ruolo di vittima da Auschwitz ab eterno. Questo non può essere condivisibile, nè giustificabile. Quella di "vittima" è infat-ti una categoria piuttosto instabile e può, a distanza di pochi minuti, essere attribuita sia agli ebrei uccisi sugli autobus dagli orroristi

di Hamas, che alle centinaia di bambini pa-lestinesi trucidati dal fuoco israeliano. Essere contro la politica del governo israeliano non significa essere antisemita, l'accusa a cui si espone sempre chi critica tale politica. Gli ebrei sono una cosa, la politica dello Stato d'Israele un'altra; le due entità debbono re-stare totalmente distinte. Ma lo si vuole ca-pire una volta per tutte? Il mondo è pieno di associazioni di ebrei che criticano duramente la politica dello Stato di Israele. Per scendere nel particolare, in Italia ad esempio c'è Ro-setta Loy, negli USA la filosofa ebrea Judith Butler. "Come si fa a difendere con forza l'idea che l'occupazione israeliana è ingiusta e brutale e che l'autodeterminazione dei pa-lestinesi è un bene necessario, se dare voce a queste opinioni, porta con se la tremenda accusa di antisemitismo?" si chiede la Butler. Già, come si fa? Lei e molte altre migliaia di ebrei sostengono che lo Stato d'Israele, sot-toponendo 3 milioni e mezzo di palestinesi ad un'occupazione militare, rappresenti gli

ebrei in un modo non solo discutibile, ma assolutamente insopportabile. E proprio in quanto ebrei, o persino in nome di un fu-turo diverso per il popolo ebraico, invocano un'altra via, affermano la loro totale man-canza di identificazione con quella politica, sostengono una politica israeliana altra e cercano di ampliare la spaccatura fra lo Stato di Israele e il popolo ebraico, al fine di pro-durre una concezione alternativa. Lo spet-tro dell'accusa di antisemitismo viene stra-tegicamente utilizzato dallo Stato di Israele (che abbiamo visto non identificarsi, se non in parte, con il popolo ebraico) per imbava-gliare la critica politica a una nazione civile. Non si addice ad una nazione civile com-piere atti terroristici come quelli che tutti i telegiornali ci hanno mostrato nei giorni scorsi. Non si addice ad una nazione civile bombardare la sede delle Nazioni Unite e l'ospedale della Croce Rossa. Non si addice a una nazione civile vietare l'ingresso di am-bulanze, aiuti umanitari, giornalisti e osser-vatori indipendenti. Combattere un'oppres-sione barbara schiacciando i palestinesi sotto il peso di un massacro ancora più barbaro, significa estendere sotto un'altra forma il re-gime che si vuole abbattere. Una guerra di queste proporzioni, anzi, di queste spropor-zioni, non abolisce, ma rafforza ed estende le cause che rendono la pace tra i due popoli attualmente impossibile. E gli israeliani sono troppo intelligenti per non averlo capito. Il dato di fatto di una sofferenza enorme (dalla Shoah a oggi) non autorizza la vendetta, nè legittima la violenza, ma dev'essere messo al servizio di una politica che tenda a ridurre tale sofferenza a livello universale, sforzan-dosi di riconoscere il valore estremo e al contempo l'estrema vulnerabilità della vita, di ogni vita. Israele dalla guerra del 2006 contro gli Hezbollah libanesi ha migliorato le sue tattiche militari, e le sue eccellenti for-ze armate (qualcuno le definisce le migliori del mondo) si sono adattate egregiamente. Ma schiacciando Gaza con la sua enorme potenza militare, massacrando centinaia di inermi e di bambini, negando l'ingresso del-le associazioni umanitarie ha fornito, volon-tariamente o involontariamente ai mullah proprio quello che cercavano: il pretesto ideologico.

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MARTA POLI

Quanti di noi non hanno mai provato prima quella strana sensazione mista a disorientamento, senso dell’ abbando-no e diffi denza, di fronte alla sostituzione della voce che doppiava il nostro attore di telenovele preferito?Un sentore analogo qualcuno l’avrà percepito tra un servi-zio e l’ altro di telegiornali nei quali confi dava ciecamente. Una volta li seguiva con orgoglio, snobbando i teatrini di Studio Aperto con le sue canzoncine strappa lacrime e le improbabili rubriche culinarie tenute da un’ inedita Be-nedetta Parodi. Per non parlare di Emilio Fede; si mettano il cuore in pace coloro che ora non stimano la sua “impronta giorna-listica” : arriverà il giorno in cui non cambierete più canale infasti-diti e indignati, ma vi farete delle grasse risate. Rantolerete a terra in preda alle convulsioni.Stando così le cose, comples-sivamente risultava tutto sotto controllo. Volevi un TG “se-rio”?Bastava che pigiassi un tasto.Non è più così: c’era una volta il TG1, garbato, affi -dabile, a tratti algido ma co-munque degno di stima. Ogni tanto si concedeva una ventata di freschezza con le incursioni del mitico Ga-briele Paolini, ma era tutto nella norma. Sorrisi garbati, toni garbati, giacche e cravatte garbate.Poi, il baratro. E dopo una parentesi splatter degna di un Cronenberg o un Romero, dominata da sangue e budella ciondolanti come salami appesi al soffi tto, che imperver-savano in una buona percentuale dei servizi trasmessi, è giunta l’ora pure per il TG1. Non siamo ancora a certi li-velli, il gradino più alto del podio spetta sempre e comun-que ad Italia Uno, sia ben chiaro, ma la via del peccato è

così breve ed ecco che con orrore ti capita di sorprendere il povero e indifeso Francesco Giorgino (peraltro diviso alla nascita dal gemello Emanuele Filiberto di Savoia, che ora piroetta vestito da torero), il quale palesemente a disa-gio cerca di commentare il servizio dedicato alla mise sul giallognolo andante di Michelle Obama.C’era una volta il TG1. Che bei tempi. Stavamo così bene insieme. Ma era un amore nato sotto cattiva stella e desti-nato a tragica fi ne. E’ quindi normale che talvolta i tele-spettatori credano d’ aver le allucinazioni. No: non è Fede quello. E no: non è il TG5 (l’alter ego storpio del TG1 che

cerca di conservare una parvenza di decoro in quel di Mediaset). E invece sì: non vi sbaglia-

te se vi sembra che il vento prima tirasse da una parte ed ora tiri da un’ altra. In tutti i

sensi.E’ il TG1 posseduto che necessita urgen-temente d’un esorci-smo. LUI, l’onnipotente sempre vivente incera-to questo può ed altro. LUI possiede detta di-rotta sibila insinua seduce ammicca. Ma fortunata-mente o sfortunatamente (dipende dai punti di vista),

qualcuno lo sa, qualcuno se ne rende conto. Non creda di farci tutti fessi. Il fatto che lo si continui ad eleggere è poi un altro paio di maniche. E’ probabile che dipenda da una questione ancestrale, di sicuro ci azzecca Freud.In conclusione: ne mancano due. In attesa della versione leghista-padana del TG3 e di veder il TG2 condotto da Pupo, imploriamo la grazia. Abbiate pietà di noi.

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IL FU NOSTALGIE DI UN MODELLO IDEALIZZATOTG1

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“I mesi invernali sono stati mesi caldi qui in Grecia”-mi scrive una mia amica greca, alla quale mi riferirò

da qui in poi come Celeste-“un adolescente di quindici anni è stato ucciso da un proiettile esploso

dall’automatica di un poliziotto! Alcuni testimoni hanno detto di aver visto l’agente di polizia pun-

tare la sua pistola contro il ragazzino, al contrario di quello sostenuto dalle autorità, cioè che il

colpo d’arma da fuoco sarebbe stato deviato dall’asfalto?!”.

La vittima si chiamava Alexandros Grigoropoulus. Quella mattina di dicembre si svegliò presto come al solito, fece colazione e

corse a protestare con alcuni compagni nel quartiere di Exarchia (uno dei quartieri più popolosi e malfamati di Atene ). Guarda

caso per protestare contro la nuova riforma dell’istruzione. Probabilmente anche il suo assassino, Epaminondas Korkoneas,

si svegliò nelle prime ore del giorno per prendere servizio alla locale stazione di polizia. La mini-protesta di Alexandros

e i suoi amici continuò fi no a sera. Poi lo studente decise di prendersi un caffè con gli amici. E’ qui che entra in campo il

suo omicida, il quale una volta avvistato il gruppo di ragazzi, esplode due colpi che colpiscono Alexandros in pieno petto.

Lo studente s’accascia a terra in un bagno di sangue. La corsa in ospedale non servirà a salvargli la vita.

Nei giorni successivi all’omicidio, le proteste studentesche hanno subito una recrudescenza. Perché? Perché un metodo

politico ben oliato dagli anni ‘60 in poi, è quello di servirsi di tutti i mezzi possibili per creare la Minaccia. Si prendono gli

studenti e si trasformano in manifestanti; poi i manifestanti divengono dei facinorosi e così via. Il che equivale, in parole

povere, a far di tutta un’erba un fascio. Scrive Celeste: “Più tardi, la sera dell’omicidio, arrivai nel quartiere di

Exarchia. C’era già una folla di ragazzi, chi per protestare, chi per deporre un fi ore. C’era chi però

era lì per provocare uno scontro tra manifestanti e polizia. Alla fi ne sono dovuta scappare dal

lancio di molotov e di sassi. Il giorno seguente l’intero paese andava a fuoco! Ogni singola città

era come fosse in guerra! Qui ad Atene la situazione è più che pericolosa . Durante il giorno e

la notte, da quel maledetto sabato, ci sono sommosse, si da fuoco ai negozi, alle banc

he e alle

università. Anche qualche ministero è stato colpito”.

“Non sono riuscita a prendere sonno questa settimana.

Durante le manifestazioni sono stata picchiata dalla po-

lizia, sono stata colpita da una pietra, ho inalato grandi

quantità di gas-lacrimogeno, tanto che gli occhi mi bru-

ciano a distanza di ore, giorni! Quel che è successo è

che la nostra lotta come studenti è stata compromessa

da frange anarchiche che non fanno che bruciare i nego-

zi, distruggere le automobili in sosta e lanciare sassi e

bombe. Questo ha portato l’opinione pubblica a pensare

che noi fossimo tutti degli anarco-terroristi, lasciandoci

praticamente senza nessuno che volesse sposare la nostra

causa, dando alla nostra protesta un signifi cato speciale.

Perché, voglio dire, non è solo un ragazzino che è stato

ucciso, chiunque di noi quel giorno poteva essere al suo

posto!”“Ciò che è peggio è che adesso ci fanno occupare le

scuole e i partiti politici sono da biasimare per questo,

perché sono loro ad aver dato “segretamente” l’ordine di

iniziare le occupazioni. Così tutte le persone senza cer-

vello, a cui non frega niente dell’istruzione, ne hanno ese-

guito gli ordini e peggio ancora pensano di dar iniz

io ad una rivoluzione, occupando le scuole e le

università!E alla fi ne sono giunta alla conclusione che è in parte colpa nostra

. Non c’è nessuno in

questo schifo di società che pensi veramente ai giovani. Al contrario, cercano di rovinare le nostre

prospettive future, dall’istruzione al mondo del lavoro; e anche questo è un modo per controllar-

ci. E lo sai chi ha l’altra parte della colpa? I nostri genitori, i nostri

educatori, i maestri, i preti

e i professori! Ci hanno cresciuto con una mentalità fondata sulla colpa per cose di cui sono

loro i responsabili, perché noi non possiamo avere quelle possibilità materiali che ci permettano

di essere responsabili per qualcosa”.

LETTERA DI “EROINA”The Sun also Rises

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FRANCESCO GRECO [email protected]

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MADE IN VERONA VOL. 4ECCO A VOI JACOPO GOBBER

FEDERICO LONGONI [email protected]

Saper comporre musica non è per tutti, è una dote che pochi fortunati possiedono. E solo una minima parte di loro riesce poi ad avere successo grazie alla loro capacità.Tra questi c’è Jacopo Gobber, un ra-gazzo di 25 anni che ha tutte le carte in regola per poter diventare qualcuno nel mondo della musica. E Inoltre, possiede una buona dose di ironia (e soprattutto di autoironia) che non fa mai male. Leggete l’intervista e capirete di cosa sto parlan-do.

Ascoltando alcuni tuoi brani, mi è balenata in Ascoltando alcuni tuoi brani, mi è balenata in testa una sola parola: “poliedrico”. Non sono testa una sola parola: “poliedrico”. Non sono riuscito subito a dare una defi nizione precisa riuscito subito a dare una defi nizione precisa del genere che fai, proprio perché mescoli due del genere che fai, proprio perché mescoli due generi, ne unisci un terzo, poi ne tagli uno e ne generi, ne unisci un terzo, poi ne tagli uno e ne incolli un altro ancora diverso. Come defi niresti incolli un altro ancora diverso. Come defi niresti il tuo stile e a quali artisti ti ispiri maggior-il tuo stile e a quali artisti ti ispiri maggior-mente?mente?Se volessi comporre musica che sia stret-tamente musicale, farei colonne sonore: creare ambientazioni sonore è la cosa che mi riesce meglio. Ma come cantautore, sensibile alle dinamiche politiche e so-ciali o chessò al cambio di stagione, non mi interessa troppo far bella musica, o far qualcosa di piacevole per me o per altri, io faccio quello che mi sento di fare, però ci tengo che questo sia una puttanata, quello si! La cosa che mi dispiacerebbe di più è dar a vedere che sono bravo davvero. Non lascio mai che la mia vena artistica prenda il sopravvento, io punto all’umiltà! Una cosa che ritrovo molto in Syd Barrett, nei Blur, in Beck, nei Pavement, nei Beastie Boys e nei Liars.Ho letto sulla tua biografi a che ti sei autopro-dotto un tuo album, hai fatto tutto da solo. perchè hai optato per questa scelta non facile? una volta fi nito l’album cosa hai provato?Quando ho fi nito il disco ho provato ad ascoltarlo. Ho scelto di autoprodurmi perchè le mie qualità migliori sono com-porre e dirigere, sono una specie di ditta-

tore. Suonare per me è più che altro una rottura di palle, ma non avendo soldi per pagare dei musicisti, mi sono messo a fru-stare me stesso. Come Walt Disney sono uno che vuole gestire personalmente le proprie cose. Se invece non potessi creare a 360° la mia musica allora preferirei fare il dipendente della Sony e sottostare alle loro decisioni, basta che però, caccino il grano!

Quando hai capito che cantare sarebbe diven-tato, oltre che la tua passione, anche la tua pro-fessione?Cantare mi diverte, soprattutto dal vivo,

ma io preferirei fare il dittatore. Ma forse è meglio puntare a un mestiere più tran-quillo, chessò il bidello, con la laurea che sto prendendo potrei puntare a vincere la concorrenza (anche se non mi sto laure-ando in bidellologia).

In futuro ti vedi come cantante a tempo pie-no oppure aspiri ad un’altra occupazione più redditizia?Aspiro ad una occupazione più redditizia: essere la versione maschile di Madonna, Madonno.Mi sono sempre chiesto come caspita si fa a scrivere un testo di una canzone. Tu quando senti l’ispirazione? E come ti vengono certe frasi così geniali e irriverenti?Quando parlo o quando scrivo, voglio sempre che il cuore del messaggio sia mandare affanculo qualcuno, ma sicco-me sarebbe troppo ripetitiva la questione allora penso a qualche stratagemma per mascherare tutto ciò.

Quali sono stati secondo te i dischi migliori del 2008?Ascolto poca musica industriale (com-merciale) e poca musica indipendente, perchè molta secondo me è ugualmen-te industriale. Quindi dico il mio disco Bianco & Nero, la colonna sonora del libro di Massimiliano Nuzzolo Tre Metri Sotto Terra fatta da me (che però uscirà in libre-ria nel 2009 ma chissenefrega), e uno a caso di Stravinsky uscito nel 2008, perchè lui era un artigiano.

Per fi nire diamo ai lettori di Pass la possibilità di poterti ascoltare live…Boh, su www.myspace.com/jaco-pogobber trovate tutto, li potete anche ascoltare il mio ultimo singolo Mc Do-nald’s. Ma scrivetemi anche su Facebook! Sembro stronzo come un chihuahua, ma invece sono socievole e disponibile, pro-vare per credere...

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DAVIDE SPILLARI

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Or dunque è gennaio, e potremmo sinteticamente descriverlo così: pioggia, neve, freddo, buio, studio. Ma un velo di ottimismo si posa tra me e gennaio, cosa sia questo velo non lo so bene, forse il leg-gero aumentare delle ore di sole e il leggero decrescere delle ore di buio? Forse l’avvicinarsi della bella stagione? Non so, a voi l’ardua sentenza. So solo che in fondo mi sento ottimista malgrado tutto, forse è l’anno nuovo, 2009, è un bel numero e poi se sommiamo 2+9 risulta 11 che è un bellissimo numero. Ma questa non è la ru-brica di astronomia e di oroscopi di Donna Moderna. Purtroppo o per fortuna non lo è, quindi tralasciando varie congiunzioni astrali e numeri magici mi pare giunta l’ora di parlare, o meglio di scrivere di musica.Ma perchè limitarsi sempre a parlare di sola musica? D’altronde la musica non è una manifestazione artistica che potremmo defi ni-re chiusa, ora mi spiego (dal mio modesto punto di vista e parere scientifi co), la musica è aperta, è aperta perchè muta, si adatta e cam-bia con chi l’ascolta, e poi è sempre con noi (soggetto sottinteso la musica sopra citata), questo adattarsi e cambiare potrebbe far sorgere un ‘altra domanda: innanzitutto cosa signifi ca adattarsi e cambiare? E poi un’altra questione che è fondamentale, è la musica che si fa ascoltare o noi che la ascoltiamo, si adatta perchè noi la scegliamo o la nostra scelta non avviene ed è invece la musica a scegliere il suo ascoltatore? In breve: quando ascolto una canzone e mi piace sono io che decido di ascoltarla o è lei che si impone al mio ascolto, poi nella nostra epoca questa cosa si accentua perchè c’è musica ovunque, al supermercato, in macchina, dal dentista e in altri centinaia di posti. Quindi perchè mi piace una canzone? Non lo so, so solo che la mia libertà di scelta è incredibilmente limitata anche se penso sempre di essere libero di ascoltare quello che mi pare. Rileggendo queste ultime righe mi sono accorto di essere orribilmente palloso, e for-se poco chiaro, probabilmente un tantino ripetitivo, e sicuramente poco piacevole.Ma sentivo il bisogno di dire che ciò che ascolto non e necessariamente una mia scelta (questa non è tanto una con-clusione positiva), e che il bello della musica (questo è positivo ma banale) è anche quello che quando si parla di lei non ci si può limi-tare, ma si deve per forza coinvolgere ciò che gravita intorno ossia il mondo (questo però vale per qualsiasi cosa).Volevo solo ribadire la mia incapacità di parlare solo di musica. Bene. Dopo una quantità demenziale di ragionamenti apparente-mente e non solo apparentemente sconclusionati mi sembra il dovu-to caso di porre la mia playlista per concludere questo articolo.Quindi, evviva l’elettronica minimale con gusto retrò che ricorda un gameboy! Crystal Castles e il loro primo e ononimo cd, li ho ascoltati e mi sono veramente piaciuti, e consiglio a chiunque, ma proprio a tutti, gioite del loro operato.Poi (apro una parentesi dentro una parentesi) ho fatto un tuffo nel passato ultimanente, ho riscoperto il punk, cioè più che riscoper-to, perchè l’avevo già scoperto, ma in italiano ri scoprire vuol dire scoprire di nuovo, però non si può ri-scoprire una cosa perhè la scoperta è unica, si può ri-ascoltare, ri-verere, ri-leggere,ri-sentire, e quindi ho riascoltato i miei vecchi cd di quando ero un picco-lo monello con la fi onda nelle tasche dei pantaloni e andavo sullo skate (no quello è Bart Simpson) però andavo sullo skate e ascoltavo punk, poi c’era Napster e ci si mettevano 7 ore per scaricare una canzone di 2 minuti, era il tempo in cui si compravano i cd, e tanti ne ho comprati, quindi EMI e BMG e UNIVERSAL e VIRGIN perdonatemi se ora non compro più niente anche perche 20.000 lire non sono mica 20 euro (o come direbbe la regina d’Inghilter-ra: non cagatemi il cazzo). Aperte e chiuse una decina di parentesi vorrei citare 2 dei gruppi (a parte i Clash che quella è una storia a parte) che mi hanno cambiato la vita, o meglio che mi hanno fatto entrare nell’universo della musica e sono i Sex Pistols, Anarchia nel Regno Unito e i più contemporanei NOFX. E proprio ultimamente li ho riascoltati e come una maddalenina proustiana mi hanno fatto ricordare il bel tempo passato.

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La redazione di Pass ha voluto dire la sua sulla musica del 2008. Ogni redattore

mi ha dato le proprie preferenze e unendo il tutto è nata questa playlist degli

album più belli dell’anno secondo i “passisti”.

Al primo posto, neanche a dirlo, ci sono gli onnipresenti Coldplay, con

il loro album Viva La Vida Or Death And All His Friends. Il disco del 2008

più venduto al mondo (oltre sei milioni e mezzo di copie!) è stato votato da

sei redattori, anzi redattrici, visto che nessun maschietto lo ha inserito nella

propria playlist.

Secondo posto per i grandissimi RADIOHEAD, ovviamente con l’immenso

In Rainbows. Uscito in realtà solo 3 giorni prima dell’inizio del 2008, l’album

piace a 5 redattori, me compreso. Quindi non poteva rimanere fuori. Anche

la musica italiana ha avuto la sua parte nella nostra playlist, e infatti ecco che

al terzo posto, con 4 voti arriva Amen dei BAUSTELLE.

Uno scalino più sotto ci sono due album che si sono presi 3 voti ciascuno, e

sono Dig Out Your Soul degli OASIS e Day & Age dei THE KILLERS.

A seguire c’è l’album di JOVANOTTI, Safari. É questo l’album più commer-

ciale votato dalla redazione, e anche in questo caso votato solo dalle donzelle

della redazione. Settimo e ultimo posto per un album che non mi sarei mai aspet-

tato di vedere: e invece, con 2 voti, ecco il bellissimo Third dei PORTISHEAD.

Questi erano i sette album del 2008 preferiti dalla redazione di Pass. Ma prima

di congedarmi, voglio dare un piccolo spazio a quei dischi citati solo da un

redattore: ad esempio Contatti di Bugo, oppure ancora due colonne sonore,

quella di Juno e quella di Mamma Mia! e pure Evolution di Giovanni Alle-

vi. E poi, chiedo scusa ma proprio non resisto, non posso farne a meno, mi

pizzicano i polpastrelli...devo per forza scrivere anche i miei album preferiti

in assoluto, che, ahimè, nessun altro redattore ha menzionato. Il superbo (e

impronunciabile) disco dei Sigur Rós, Með Suð Í Eyrum Við Spilum Endalaust; il grandioso ritorno dei Metallica con il durissimo Death Magnetic e infi ne, la

rivelazione della musica italiana, ossia Le Luci Della Centrale Elettrica con

il disco d’esordio, Canzoni Da Spiaggia Deturpata.

Ecco, questo è tutto. Da tutta la redazione di Pass, buon 2009 e mi raccoman-

do, ascoltate tanta tanta musica!

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Una rosa rossa che appassisce. Ecco l’immagine che negli ultimi giorni sta accompagnando, nella stampa locale, il dibattito sulla realizzazione della 13ma edizione di Schermi d’Amore, Festival del cinema sentimentale e melò. Sembrava ormai un evento indiscusso del calendario veronese, invece quest’anno, a pochi mesi dal tradizionale periodo in cui si svolge, ne è stata messa in dubbio l’organizzazione, scatenando le proteste dei cittadini e soprattutto degli Ami-ci del Verona Film Festival, gruppo sorto proprio per sostenere la manifestazione quando, nel 2003, si era presentato un problema analogo.Con giustifi cazioni di tipo prettamente economico, l’Amministrazione comu-nale ha deciso infatti di ridurre drastica-mente i fondi a disposizione di Schermi d’Amore e, a rendere più problemati-co questo quadro, si aggiunge il ritiro del main sponsor Calzedonia, che non parteciperà più con il suo importante contributo. Si è parlato di una versione ridotta del Festival (6 giorni invece di 10), con molte meno proiezioni (circa 30, rispetto alle 60 dell’anno scorso), l’assenza di ospiti e soltanto due giurie a premiare il miglior fi lm in concor-so (Giuria Giovani e Giuria Popolare),

tramite un riconoscimento meramente formale. La manifestazione dovrà inoltre rinun-ciare alla sua tradizionale location, il Cinema Filarmonico, sala storica del cen-tro città, da tempo inspiegabilmente chiusa al pubblico se non in rarissime occasioni, e trasferirsi al periferico ci-nema K2. È più capiente, spiega l’Asses-sore alla Cultura Ermina Perbellini, e ci è stato concesso dai proprietari, coinvolti nella manifestazione, senza oneri a carico del Co-mune. Il Festival è sempre stato ospitato dal Filarmonico, con una spesa annua di 15 mila euro per la sala; ora l’Ammini-strazione comunale non è più disposta a spendere questa cifra, ma preferisce pro-gettare una sistemazione defi nitiva dello storico cinema, operazione che costerà circa 500 mila euro. Quest’anno però le risorse non permettono tanto e l’Asses-sore non se la sente di offrire garanzie neppure per la successiva edizione. Ave-vamo due scelte: o non fare niente e aspettare l’anno prossimo o proseguire in condizioni di ristrettezza cercando di garantire comunque l’alta qualità delle pellicole. Abbiamo scelto la seconda.Dopo aver inviato alcune lettere al Sindaco Tosi e all’ Ass.re Perbellini per chiedere chiarimenti in merito al futuro

di Schermi d’Amore, senza però otte-nere risposta, gli Amici del Festival han-no deciso di promuovere una raccolta di fi rme a sostegno dell’evento, che ha riscosso già nei primi giorni un note-vole successo. È inoltre stato apposita-mente creato un gruppo Facebook, al quale hanno aderito più di 500 persone in poco più di una settimana. Successivamente ha preso avvio anche la campagna on-line Io sostengo Schermi d’Amore, alla quale hanno partecipato moltissimi cittadini veronesi, inviando una mail di protesta direttamente agli indirizzi di Sindaco e Assessore. Chiun-que lo desideri può prendervi parte, se-guendo le indicazioni che si trovano nel sito del gruppo www.amicidelfestival.com.Questo ha permesso di attirare l’atten-zione della Perbellini, che ha subito ri-chiesto di poter incontrare gli Amici, ricevuti in Municipio martedì 13 gen-naio 2009. L’Assessore ha riconosciuto l’importanza di Schermi d’Amore per la città di Verona, ma ha risposto negati-vamente a tutte le richieste dell’associa-zione, presentando come motivazione la necessità di un cospicuo impegno eco-nomico, soprattutto per il ripristino del Cinema Filarmonico. Gli Amici però non si arrendono.

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Dopo il grande successo della prima edizione, riparte anche quest’anno il concorso Crash Contatto Critico, organizzato dagli Amici del Verona Film Festival, in collabo-razione con Fnac Verona. Partecipare è semplice: basta assistere alle proiezioni dei “Mar-tedì del Festival”, presso il cinema K2, scrivere fi no a un massimo di due recensioni inedite, relative ai fi lm in programma, e inviarle all’indirizzo [email protected] entro e non oltre il 21 febbraio 2009. L’iscrizione è gratuita e i partecipanti sono chiamati a cimentarsi come giovani Mere-ghetti o Morandini, coniugando passione per la scrittura e per il grande schermo. Tanti i premi che saranno assegnati alle migliori interpretazioni critiche: buoni Fnac da 100, 60 e 40 Euro, per arricchire la propria videoteca, e biglietti omaggio per gli appuntamenti della rassegna dei “Martedì del Festival”. Potete trovare regolamento, informazioni e scheda d’iscrizione all’indirizzo www.amicidelfestival.com.

Mi vedo costretta ad avvisare il lettore, che segui-rà una digressione sui principi. Per Manzoni aveva funzionato, tanto vale provare. Certo, non avrei mai immaginato che, alla veneranda età di 21,5 anni, mi sarei trovata a parlare come mia nonna quando, scuo-tendo vagamente la testa in segno di di-sapprovazione, mi borbotta il vecchio, ma sempre effi cace, motto “gioventù brucia-ta.”. Eppure non posso che ardere di sacro sdegno, giustifi cato in verità, quando la mia cuginetta dodicenne mi informa estasiata di aver appena fi nito l’ultimo libro di Ge-ronimo Stilton. Ebbene, Geronimo Stilton non è un autore di grido di romanzi rosa per adolescenti (in questo senso persino Moccia sarebbe me-glio), non è neppure una pop star che scri-ve le sue memorie per orde di ragazzine deliranti: Geronimo Stilton è un topo. Ora, io ardo, brucio, divampo, mentre mi chiedo se io sono stata l’unica adolescente a cui hanno fatto leggere cose tipo Piccole Donne, Pattini d’argento o Le avventure di Tom Sawyer. No, come non credo di essere stata l’unica ad aver odiato 20.000 leghe sotto i mari o ad aver pianto per giorni su Incompreso, Senza famiglia o I ragazzi della via Pal.A questo punto, avverto quasi come un dovere civico la necessità di parlare di li-bri per ragazzi. Non classici, per carità, non osiamo troppo. Ma cosa offre la contempo-

raneità in alternativa a Geronimo Stilton?

Azzarderò tre pro-poste. Silvana De Mari, innanzitutto. L’ultimo elfo è una storia fantasy origi-nale, densa di con-cetti importanti, di buone idee, ma

soprattutto densa di ironia e freschezza. Il lettore (che non esiterei a collocare in un range

piuttosto vasto, dall’adolescen-

za alla piena maturità) trascorrerà la prima metà del libro a ridere di fronte a questa fi gura di protagonista particolare, delica-ta e strana come il suo modo di vedere il mondo; la seconda invece a porsi domande, forse anche a commuoversi. Da ogni riga, infatti, traspare la tensione morale dell’au-trice, il senso alto dell’esistenza, il vigore e al contempo la sensibilità con cui riesce a trattare tematiche sempre attuali e vive nella nostra quotidianità. Poi, Michael Ende in un romanzo forse meno conosciuto di altri, La notte dei de-sideri, che ancora una volta vede come re-ale protagonista il tempo. In questo caso, il tempo di una notte, una notte fonda-mentale e in qualche modo eterna, in cui si decidono le sorti della lotta tra il Bene e il Male. A giocare un ruolo determinante, in questa notte vorticosa di fughe, pozio-ni, magie, streghe, demoni, santi e incanti, due insoliti antieroi – il gatto Maurice e lo spelacchiato corvo Jacob - per una favola moderna con un prevedibile (forse troppo) lieto fi ne. Per concludere, con un po’ di dispiacere per non aver potuto includere nella lista autrici a me care come Astrid Lindgren (ma quella di Vacanze all’isola dei gabbiani e I fratelli Cuordileone, perché di Pippi Cal-zelunghe proprio non se ne può più), o la sempre poliedrica Bianca Pitzorno, chia-merei in causa Daniel Pennac. E, nell’af-frontare questo autore sagace e fantasioso, non porrei limiti all’iniziativa individuale, a seconda dell’età: da L’occhio del lupo o Ab-baiare stanca a Kamo, L’agenzia Babele, fi no a Il paradiso degli orchi e poi, a seguire – se il lettore è intraprendente -, lungo tutta la saga incredibile e mirabolante della famiglia Malaussène, senza rimpianti di sorta. Sorvo-lando su un lessico particolarmente colori-to e su alcune vicende piuttosto scabrose, ci si trova di fronte a un universo colorato e inimmaginabile, prodotto di un’immagi-nazione di cui, a dispetto di ogni possibi-le critica, bisogna se non altro riconoscere l’esuberanza e la vivacità.

GERONIMO STILTON, CHI ERA COSTUI? a cura di Carolina Pernigo

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Cosa guardi?. Questo il titolo impertinente della

mostra a tema erotico esposta nella sede della tipografi a

“Grafi che Aurora”, in via della Scienza 21, Verona. Location

inedita per un tema forte. E’ il terzo anno consecutivo che

l’arte contemporanea viene accolta

ed ospitata dall’azienda di Bassona,

e a colpire è soprattutto la modalità in

cui l’esposizione è presentata. Quadri,

statue, fotografi e...ogni opera è posta,

anzi si direbbe delicatamente “appoggiata”, all’interno degli

spazi dove i dipendenti lavorano, li circondano durante tutta

la giornata senza lasciarli mai; le opere se ne stanno li appese

negli uffi ci, nel magazzino, negli atri ac-

canto agli operai e alle possenti macchi-

ne tipografi che, ferme durante il passag-

gio dei muletti tra gli scarti dei ritagli e le

stampe fresche fresche. Ecco che l’arte

rompe i muri delle sale d’esposizione e si

umanizza, si fa compagna di vita. E non è

un’arte qualunque, bensì è l’erotismo

a fare da padrone. Il corpo, in tutte le sue

sfumature. Corpi di donne, corpi di gio-

vani uomini, corpi possenti, corpi spiati,

donne che giocano con i propri corpi, sessi in mostra, sessi

nascosti, sessi messi a confronto. Il tema principale, tenero

quanto inquietante fi lo conduttore, resta

il voyerismo, la curiosità, i sensi. In questa collezione le tecni-

che usate sono molteplici e

molteplici i signifi cati. L’oc-

chio arrossisce e si imbaraz-

za un istante ma poi curioso

spia i dipinti e le immagini in-

capace di restarne indiffe-

rente. L’interpretazione dei

soggetti dipenderà poi dalla

sensibilità di ognuno.

info 0458511447

ARTE

GUARDAMI GUARDACI GUARDATIIRENE PASQUETTO

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NERO✒

rubrica di parole

a c

ura

di: E

lisa Z

an

ola

INVIATE I VOSTRI RACCONTI, POESIE, CITAZIONI A: [email protected]

Due poesie notturne, nelle quali due studenti impastano stimoli cerebrali ed emozioni, accordandoli con la loro sensibilità che trabocca di domande e denunce, dolorosamente attuali...

NOTTAMBULO

Come poter credere di pensare così blu,

profondo di notti e di mari che mai e sempre sono senzienti nell’essere stato e nel essente;

fragilità umana che ne forgia la forza viva e lucida dell’esistere crescente,

ha spazio infi nito nella ridicola vanità dei fatti comuni,

viva unità dell’umano essere,

in grado di trasformare le cose, le più piccole cose in esseri viventi...

costrutti dell’anima, vagano, errano senza meta nell’infi nito spazio della mente...

viziano il più innocente dei piaceri e crescono la vita in sé.

Cosa é l’essere non vivente, non creante?

Un’ anima senza cuore si rifugia negli abissi della logica;

un cuore senza anima vive di puro sentimento limitato dall’intelletto;

una mente senza anima aborre il cuore e il sentimento.

L’intelletto domina l’anima che forgia il cuore;

l’anima spinge l’intelletto ad addolcirsi con l’amore

ed il cuore spinge l’anima a tradire l’intelletto;

per donare a sé l’egoismo della passione.

Mattia Mazza

NOTTE DEI FUOCHI

Odo l’odore di morte nell’aria della mia terra.

Il cuore si chiude, il caldo sangue non scorre più in me,

come nei corpi distrutti che saranno.

Gli occhi si chiudono con una maledetta lacrima,

che segna líinizio della sofferenza.

Gli occhi non vogliono sentire, vedere,

non vogliono sorgere,

per vedere la distruzione,

per vedere corpi scarni di bambini in lacrime,

sotto lampi che piovono da zanzare metalliche.

I miei sostegni tremano,

hanno paura di percorrere la strada oramai non più battuta.

Le mani si uniscono in una profonda speranza.

Il viso guarda il sole,

l’unico che vedrà la distruzione,

che vedrà le mattine mortuarie

dopo la notte dei fuochi.

Carlotta Giraldi

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IDEM - Percorsi di relazioneDieci incontri con personalità dai diversi orizzonti, arte, politica o sport per parlare

del tema del futuro, É il programma offertoci da IDEM al Palazzo della Gran Guardia.

Quest’associazione culturale, nuova di zecca, vuole offrire la cultura “in piazza” secondo

le parole del suo presidente Giulio Fezzi, e coinvolgere soprattutto i giovani, noi (sì sì!).

In effetti non si può dire che Verona ci offra una vita culturale soddisfacente: pochi con-

certi dal vivo, pochi incontri dibattito, pochi festival/rassegne... Insomma ogni iniziativa

nel senso della cultura è la benvenuta, ecco perché siamo andati agli incontri scorsi.

Con Alessandro Baricco che presentava il suo libro I barbari, saggio sulla mutazione; con

Luigi Lo Cascio si è parlato del percorso di attore, e infi ne Francesco Baccini e Marco

Ongaro hanno suonato. Piacevoli e interessanti serate, che però non hanno toccato

tanto il tema del futuro...vedremo se i prossimi appuntamenti saranno un po’ più in linea

con il programma fi ssato!

I prossimi incontri saranno (ore 21 al Palazzo della Granguardia):

13/02: Umberto Galimberti

26/02: Tania Cagnotto e Antonio Rossi

04/03: Valeria Golino e Giuseppe Piccioni

13/03: Fiamma Nirenstein

26/03: Philippe Daverio

Indirizzo del sito: www.idem-on.net

APPUNTAMENTI DEL MESE

Art. 186 - Guida sotto l’infl uenza dell’[email protected]

Chi guida in stato di ebbrezza alcolica commette un reato ed è punito con le seguenti sanzioni:

Tasso alcolemico Sanzione Tra 0,5 g/l e 0,8 g/l Ammenda da 500 a 2.000 euro. Sospensione della patente da 3 a 6 mesi.

Tra 0,8 e 1,5g/l Ammenda da 800 a 3.200 euro e arresto fi no a 6 mesi. Sospensione della patente da 6 mesi ad 1 anno.

Oltre 1,5 g/l Ammenda tra 1.500 e 6.000 euro ed arresto da 3 mesi ad 1 anno. Sospensione della patente da 1 a 2 anni. Con la sentenza di condanna è sempre

disposta la confi sca del veicolo con il quale è stato commesso il reato, salvo che il veicolo stesso appartenga a persona estranea al reato.

Punti Decurtazione di 10 punti dalla patente di chi ha commesso la violazione (il doppio per chi ha conseguito la patente da meno di 3 anni).

Il veicolo, qualora non possa essere guidato da altra persona idonea, può essere fatto trasportare fi no al luogo indicato dall’interessato o fi no alla più vicina autorimessa e lasciato in consegna al proprietario o al gestore

di essa con le normali garanzie per la custodia. Le spese per il recupero ed il trasporto sono interamente a carico del trasgressore. Si possono eff ettuare test di screening su tutti i conducenti per poter verifi care l’abuso di

alcool; i risultati non sono fonte di prova ma snelliscono i tempi e, nel caso risultino positivi, consentono l’eff ettuazione di test con etilometri di tipo omologato. Il conducente nei confronti del quale sia accertato il reato

di guida in stato di ebbrezza, prima di riottenere la patente sospesa, deve in ogni caso sottoporsi ad un esame specialistico (presso la Commissione Medica Locale) per verifi care che non sia etilista cronico o che faccia

abitualmente abuso di alcool.

Nei prossimi appuntamenti mensili ulteriori approfondimenti in particolare sul rifi uto di sottoporsi ai controlli e sul coinvolgimento in incidente stradale sotto l’eff etto di sostanze alcoliche.

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