Paul Valery-Le Cimetiere Marin

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1 Paul Valéry Le Cimetière Marin versione e note di Fiornando Gabbrielli

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Poesia di Paul Valery: Le cimetiere Marin

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Paul Valéry

Le Cimetière Marin

versione e note di Fiornando Gabbrielli

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Marino - o, più esattamente, dei marinai - è il cimitero scavato a mezza costa del Mont St-Clair, lo spuntone roccioso che domina il borgo di Sète, in Linguadoca: bianche case mediterranee, tetti d’ardesia, calli e canali, fra la laguna di Thau e il golfo del Leone, famoso per le sue burrasche improvvise. In quel cimitero sono sepolti i genitori del poeta, e vi sarà sepolto egli stesso, nel 1945. La poesia è del 1920: fu composta a Parigi, trentasei anni dopo la partenza da Sète. Si tratta quindi d’un viaggio immaginario a un luogo reale dell’adolescenza: vialetti che s’inoltrano fra pini e cipressi, oleandri e tombe, lo sguardo che si volge al circostante mare, solcato da vele bianche, e scintillante nella quiete del mezzogiorno: il mare dunque, la terra, e il destino dell’uomo. Mentre l’occhio si perde in quello spazio fulgido e immobile, impassibile, senza storia, la mente ripercorre il suo viaggio nel tempo: il passato sta tutto in un sospiro! Il presente altro non è che attesa d’un futuro che non arriva mai, d’un eco della propria grandeur. E il futuro? Un futuro, certo, ci sarà, lì sotto una lapide, insieme ai cari assenti: sospiri, attese (e anche grandeur...) confluiranno in una ‘magra immortalità, nera e dorata’... Non c’è scampo per il corpo! Né per l’anima, la piè-veloce della natura! Bloccata, ipnotizzata da ragionamenti inconfutabili, in cui s’annidano sofismi, antinomie irrisolvibili dalla pura riflessione. Quand’ecco arriva una burrasca, a rompere l’incantesimo del sole e della luce: il mare s’agita, le onde si frangono sulle rocce: raffiche salmastre ridestano il poeta stordito dalla contemplazione dell’Essere, squadernandogli il libro che ha in mano: tentare di vivere, bisogna, non ragionare sulla vita! Spendere fino all’ultimo spicciolo, finché ne abbiamo in tasca, la nostra cifra di delirio.

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Μη, φιλα ψυχα, βιον αθανατον σπευδε, ταν δ’εµπρακτον αντλει

µαχαναν. Pindare, Pythiques III

I. Ce toit tranquille, où marchent des colombes, Entre les pins palpite, entre les tombes; Midi le juste y compose de feux 1 La mer, la mer, toujours recommencée! O récompense après une pensée Qu’un long regard sur le calme des dieux! II. Quel pur travail de fins éclairs consume Maint diamant d’imperceptible écume, Et quelle paix semble se concevoir! Quand sur l’abîme un soleil se repose, Ouvrages purs d’une éternelle cause, Le Temps scintille et le Songe est savoir. II. Stable trésor, temple simple à Minerve, Masse de calme, et visible réserve, Eau sourcilleuse, Œil qui gardes en toi Tant de sommeil sous un voile de flamme, O mon silence!... Édifice dans l’âme, Mais comble d’or aux mille tuiles, Toit! 2 IV. Temple du Temps, qu’un seul soupir résume, A ce point pur je monte et m’accoutume,

Tout entouré de mon regard marin; Et comme aux dieux mon offrande suprême,3 La scintillation sereine sème Sur l’altitude un dédain souverain.

1 Juste, equidistando da alba e tramonto, il massimo della luce, della giustizia, del giudizio. Ma vedremo via via (VII,XIII,XXI) quali connotazioni ‘negative’ (di severità, indifferenza, crudeltà) possono nascondersi sotto l’aspetto seducente di sole e luce. 2 Comble, culmine, copertura dell’edificio. La superficie del mare come il silenzio dell’anima: a coprire i tesori delle sonnolente profondità. 3 Suprême, estremo, ultimo.

Alla vita immortale, anima cara, non ambire, ma vuota la misura

di quello che è fattibile. Pindaro, Pitica III

I Quel tetto quieto, corso da colombe, In mezzo ai pini palpita, alle tombe; Mezzodì il giusto in fuochi vi ricrea II mare, il mare, sempre rinnovato! Che ristoro a un pensiero è un lungo sguardo Posato sulla calma degli dèi! II Che fine luccichìo tesse e consuma Tanti diamanti d’impalpabil schiuma, E quale pace sembra in gestazione! Quando un sole si posa sull’abisso, Opere pure d’un principio fisso, Scintilla è il Tempo e il Sogno cognizione. III Saldo tesoro, spoglia ara a Minerva, Massa di calma, e limpida riserva, Acqua accigliata, Occhio che in te serbi Così gran sonno sotto un vel di fiamma, O mio silenzio!... Edificio nell’anima, Ma colmo d’oro in mille embrici, Tetto! IV Tempio del Tempo, che un sospir riassume, Salgo e m’abituo a questo puro punto, Circondato dal mio sguardo marino; E come estrema offerta mia agli dèi, Dissemina lo scintillio sereno Sull’altitudine un sovrano sdegno.

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V. Comme le fruit se fond en jouissance, Comme en délice il change son absence Dans une bouche où sa forme se meurt, Je hume ici ma future fumée, Et le ciel chante à l’âme consumée Le changement des rives en rumeur. VI. Beau ciel, vrai ciel, regarde-moi qui change! Après tant d’orgueil, après tant d’étrange Oisiveté, mais pleine de pouvoir, Je m’abandonne à ce brillant espace, Sur les maisons des morts mon ombre passe Qui m’apprivoise à son frêle mouvoir. 4

VII. L’âme exposée aux torches du solstice, Je te soutiens, admirable justice De la lumière aux armes sans pitié! Je te rends pure à ta place première: Regarde-toi!... Mais rendre la lumière Suppose d’ombre une morne moitié.5 VIII. O pour moi seul, à moi seul, en moi-même, Auprès d’un cœur, aux sources du poème, Entre le vide et l’événement pur, J’attends l’écho de ma grandeur interne, Amère, sombre et sonore citerne, Sonnant dans l’âme un creux toujours futur!

4 “Sulle case dei morti la mia ombra passa / Che m’assuefà al suo esile movimento.” Apprivoiser, addomesticare, rendere mansueto, abituare. Ma è il gioco frissonnant delle “r” che informa di sé il distico. 5 Comodo, per gli esegeti, disquisire a paginate d’Essere e di Non-Essere, e poi non dare un senso preciso, non esporsi a interpretare, lasciare nell’ambiguità il colloquiale invito (oggi diremmo un vaffa) che il poeta rivolge alla divina luce: regarde-toi!

V Come il frutto si scioglie in godimento, Come in delizia cambia la sua assenza Dentro una bocca in cui la forma muore, Così qui annuso il mio futuro fumo, E il cielo canta all’anima consunta Le rive che si cambiano in rumore. VI Guardami, cielo bello, cielo vero, Come cambio! Io che ero così altero, Pieno di strana, oziosa onnipotenza, A questo spazio fulgido m’arrendo: Per le case dei morti vo inseguendo La mia ombra, che m’ha addomesticato. VII L’anima esposta ai fuochi del solstizio, Reggo la tua mirabile giustizia, Luce, e le armi tue senza pietà! Ti rendo pura a dove fosti in nuce: Pensa per te!... Anche se, render la luce, Implica d’ombra una cupa metà. VIII Oh per me solo, solo mio, in me stesso, Accanto a un cuore, alle fonti del verso, Tra il vuoto, attendo, e il divenire puro, Un eco della mia grandezza intema, Amara, cupa e sonora cisterna, Che un rimbombo dà in me, sempre futuro!

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IX. Sais-tu, fausse captive des feuillages, 6 Golfe mangeur de ces maigres grillages,7 Sur mes yeux clos, secrets éblouissants, Quel corps me traine à sa fin paresseuse, Quel front l’attire à cette terre osseuse? Une étincelle y pense à mes absents. 8 X. Fermé, sacré, plein d’un feu sans matière, Fragment terrestre offert à la lumière, Ce lieu me plait, dominé de flambeaux, Composé d’or, de pierre et d’arbres sombres, Ou tant de marbre est tremblant sur tant d’ombres; La mer fidèle y dort sur mes tombeaux! XI. Chienne splendide, écarte l’idolâtre! Quand solitaire au sourire de pâtre, Je pais longtemps, moutons mystérieux, Le blanc troupeau de mes tranquilles tombes, Eloignes-en les prudentes colombes, Les songes vains, les anges curieux! XII. Ici venu, l’avenir est paresse. L’insecte net gratte la sécheresse; Tout est brûlé, défait, reçu dans l’air A je ne sais quelle sévère essence... 9 La vie est vaste, étant ivre d’absence Et l’amertume est douce, et l’esprit clair.

6 Captive, prigioniera, come poi Chienne, cagna, dato che mer, mare, è femminile in francese. 7 Grillages potrebbe essere la ringhiera di protezione, o il cancello del cimitero. Ulteriori metamorfosi del mare: passivo prigioniero delle fronde, o aggressivo divoratore di grate. 8 Considero secrets éblouissants anticipazione di corps e front, non predicato di yeux. Il corpo, e la fronte (sineddoche per ‘mente’), lo attraggono all’abbandono mistico, e alla riunione coi cari assenti: una scintilla personale, nell’abbacinante visione del nulla (o del tutto, dipende). 9 Recevoir (quelqu’un) à, ricevere, accogliere, ammettere qualcuno (alla propria presenza, tavola, congrega, ecc.)

IX Sai tu, falso recluso del fogliame, Golfo, che mangi queste grate grame, Segreti lampi, sui miei occhi chiusi, Che corpo mi trascina alla sua fine oziosa, Quale fronte l’attira a questa terra ossosa? 10 Una scintilla in lei pensa ai miei assenti. X Sacro recinto a un fuoco che non brucia, Scheggia terrestre offerta alla luce, Questo luogo mi piace, irto di fiaccole, Composto d’oro, pietra, alberi scuri, Tanti marmi tremanti su tante ombre, E il mar che dorme sopra le mie tombe! XI Splendida cagna, scaccia l’idolatra! Quando, pastore lieto e solitario, Pascolo i miei montoni misteriosi, Il bianco gregge di tranquille tombe, Tieni a bada le pavide colombe, I sogni vani, gli angeli curiosi! XII Venuto qui, l’avvenire è pigrezza. L’insetto netto gratta la secchezza. Tutto è bruciato, sfatto, a non so quale Severa essenza ammesso, su nell’aria... La vita è vasta, ebbra com’è d’assenza, La mente chiara, e dolce l’amarezza.

10 Noterà il lettore qua e là versi anomali, qui alessandrini: li ho preferiti a contorsioni e arcaismi: mica è Omero il buon Valéry.

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XIII. Les morts cachés sont bien dans cette terre Qui les rechauffe et sèche leur mystère. Midi là-haut, Midi sans mouvement En soi se pense et convient à soi-même... Tête complète et parfait diadème Je suis en toi le secret changement. XIV. Tu n’as que moi pour contenir tes craintes!11 Mes repentirs, mes doutes, mes contraintes Sont le défaut de ton grand diamant... Mais dans leur nuit toute lourde de marbres Un peuple vague aux racines des arbres 12 A pris déjà ton parti lentement. XV. Ils ont fondu dans une absence épaisse L’argile rouge a bu la blanche espèce, Le don de vivre a passé dans les fleurs! Où sont des morts les phrases familières, L’art personnel, les âmes singulières? La larve file où se formaient des pleurs. XVI. Les cris aigus des filles chatouillées Les yeux, les dents, les paupières mouillées, Le sein charmant qui joue avec le feu, Le sang qui brille aux lèvres qui se rendent, Les derniers dons, les doigts qui les défendent, Tout va sous terre et rentre dans le jeu! 13

11 Non i timori che ha, ma che incute il “Tu”: la fifa del trascendente. 12 Vague vale incerto, vago, ma anche vuoto, abbandonato: terrain vague è un terreno incolto. Non è che il popolo dei morti vada vagando fra le radici: è già divenuto parte di quel Tu. 13 Quadretto erotico à la Boucher. Quanto più inquietante l’analogo pensiero di Fet: Fin quando questo mio petto terreno / Sia pure con affanno

avrà un respiro,/ Tutto il fremito d’una vita giovane / Per

tutte le mie membra apparirà./ Poi, obbedienti al sole,

muoveranno / Le radici sul fondo della fossa:/ Là, nella

morte, cercheranno forza / D’andare incontro al dì di

primavera.

XIII Son ben nascosti i morti in questa terra Che li riscalda e asciuga il lor mistero. Mezzogiorno, lassù, non si dà pena: In sé si pensa e si confà a se stesso... Testa completa e perfetto diadema, Io sono in te il segreto cambiamento. XIV Non hai che me di fronte ai tuoi timori! I miei ritegni, i dubbi, i pentimenti Sono il difetto del tuo gran diamante... Ma nella loro notte, sotto i marmi, Un popolo indistinto alle radici Degli alberi è schierato già con te. XV Si sono sciolti in una spessa assenza, L’argilla rossa bevve il bianco aspetto, Nei fiori trapassò il dono di vivere! Ma dove son le frasi familiari, Le anime, gli ingegni personali? La larva fila dove furon pianti. XVI I gridi delle donne accarezzate, Gli occhi, i denti, le palpebre bagnate, II vago seno che scherza col fuoco, II sangue acceso in labbra che s’arrendono, Le dita, i doni estremi che difendono, Tutto va sottoterra e torna in gioco!

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XVII. Et vous, grande âme, espérez-vous un songe Qui n’aura plus ces couleurs de mensonge Qu’aux yeux de chair l’onde et l’or font ici? 14 Chanterez-vous quand serez vaporeuse? Allez! Tout fuit! Ma présence est poreuse, La sainte impatience meurt aussi! 15 XVIII. Maigre immortalité noire et dorée, Consolatrice affreusement laurée, Qui de la mort fais un sein maternel, Le beau mensonge et la pieuse ruse! Qui ne connaît, et qui ne les refuse, Ce crâne vide et ce rire éternel! XIX. Pères profonds, têtes inhabitées, Qui sous le poids de tant de pelletées, Etes la terre et confondez nos pas, Le vrai rongeur, le ver irréfutable N’est point pour vous qui dormez sous la table, II vit de vie, il ne me quitte pas! XX. Amour, peut-être, ou de moi-même haine? Sa dent secrète est de moi si prochaine Que tous le noms lui peuvent convenir! Qu’importe! il voit, il veut, il songe, il touche! Ma chair lui plaît, et jusque sur ma couche, A ce vivant je vis d’appartenir!

14 L’ambizione all’immortalità, di cui all’epigrafe pindarica. 15 Impatience, di dare fondo alla misura del fattibile.

XVII E tu, grand’anima, in un sogno speri Senza più quei colori menzogneri, Che fanno qui, a questi occhi, l’onda e l’oro? Canterai quando sarai vaporosa? Breve è il dì! La presenza mia è porosa, E la santa impazienza, anch’essa muore! XVIII Magra immortalità nera e dorata, Consolatrice orrendamente ornata, Che della morte fai un seno materno: Che pietosa bugia, che fola astuta! Chi non conosce, e chi non li rifiuta, Quel cranio vuoto e quel ridere eterno! XIX Padri profondi, teste inabitate, Che sotto il peso di tante palate Siete la terra e c’intricate i passi, II vero tarlo, il verme irrefutabile, Non è per voi, dal sonno imperturbabile: Vive di vita, e non mi lascia mai! XX Amore, forse, o odio di me stesso? Ho il suo dente segreto così appresso Che un nome o l’altro, tanto, gli va bene! Lui vede, vuole, sogna, tocca! Giace Con me a letto, la mia carne gli piace: La mia vita al suo vivere appartiene.

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XXI. Zenon! Cruel Zenon! Zenon d’Elée! M’as-tu percé de cette flèche ailée Qui vibre, vole, et qui ne vole pas! Le son m’enfante et la flèche me tue! 16

Ah! le soleil... Quelle ombre de tortue Pour l’âme, Achille immobile à grands pas! 17 XXII. Non, non!... Debout! Dans l’ère successive! Brisez, mon corps, cette forme pensive! Buvez, mon sein, la naissance du vent! Une fraîcheur, de la mer exhalée, Me rend mon âme... O puissance salée! Courons à l’onde en rejaillir vivant! XXIII. Oui! Grande mer de délires douée, Peau de panthère et chlamyde trouée De mille et mille idoles du soleil, Hydre absolue, ivre de ta chair bleue, Qui te remords l’étincelante queue Dans un tumulte au silence pareil. 18 XXIV. Le vent se lève... II faut tenter de vivre! L’air immense ouvre et renferme mon livre, La vague en poudre ose jaillir des rocs! Envolez-vous, pages tout éblouies! Rompez, vagues! Rompez d’eaux réjouies Ce toit tranquille où picoraient des focs!19

16 “La sensazione mi crea coscienza – (mi desta). La riflessione, il senso che la segue mi trafigge.” (Cahiers, Ego scriptor). 17 Il sole, ombra di tartaruga in confronto all’anima-Achille, immobile nella corsa. L’anima, la rapida per eccellenza, è immobilizzata dal dubbio metafisico. 18 Il vento, agitando il mare, spezza l’incantesimo, e sprona l’anima, lui ànemos, a tentare di vivere, nonostante l’impasse della riflessione. Ma «... tentatives qui toujours avortent... » scriverà Céline, «La vérité de ce monde c'est

la mort. Il faut choisir, mourir ou mentir.» Beau mensonge, allora, anche il Cimetière? Conforto unico, sola medicina, una paroletta, sulla quale concordano i due scrittori: la somme suffisante de délire... la grande mer de délires

douée. 19 Picorer, razzolare. Foc, flocco, vela di bompresso: le colombe sono tornate ad essere bianche vele, di barche che beccheggiano. Spazzate via, onde, quel tetto dai mille embrici d’oro!

XXI Crudel Zenone, Zenone eleata! M’hai trafitto con questa freccia alata Che vibra, vola, e che non vola affatto! Al suo scoccar son nato, e già m’uccide! Ombra di tartaruga, il sole irride L’anima-Achille, ferma nello scatto! XXII No, no!... Sveglia! Nell’era successiva! Spezza, corpo, quest’aura riflessiva! Bevi, petto, la nascita del vento! Una freschezza, dal mare esalata, Mi rende l’anima... O forza salata! Corriamo all’onda, a uscirne via vivendo! XXIII Sì, mare grande! Immensità invasata, Pelle di pardo e clamide bucata Da mille e mille idoli solari, Idra assoluta, in te stessa baccante, Che ti mordi la coda scintillante In un’orgia di blu al silenzio pari. XXIV S’alza il vento... Bisogna osar di vivere! L’aria immensa apre e chiude il mio quaderno, Fra le rocce osa l’onda, e si frantuma! Volate via, pagine accecate! Rompete, flutti, di festose ondate, Quel quieto tetto in cui beccavan fiocchi!