PAUL K. FEYERABEND (1924-1994) FILOSOFO DELLA SCIENZA · Università degli Studi Dipartimento di di...

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Università degli Studi Dipartimento di di Brescia Economia Aziendale Settembre 2011 Paper numero 117 Isabel COSTANZI PAUL K. FEYERABEND (1924-1994) FILOSOFO DELLA SCIENZA

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Università degli Studi Dipartimento didi Brescia Economia Aziendale

Settembre 2011

Paper numero 117

Isabel COSTANZI

PAUL K. FEYERABEND (1924-1994)FILOSOFO DELLA SCIENZA

Università degli Studi di BresciaDipartimento di Economia AziendaleContrada Santa Chiara, 50 - 25122 Bresciatel. 030.2988.551-552-553-554 - fax 030.295814e-mail: [email protected]

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PAUL KARL FEYERABEND (1924 - 1994)

FILOSOFO DELLA SCIENZA

di Isabel COSTANZI

Dottoranda in Economia Aziendale Università degli Studi di Brescia

“ […] voi non mi credete e dite che io parlo per ironia; se poi vi dico che proprio questo è per l’uomo il bene maggiore,

ragionare ogni giorno della virtù e degli altri argomenti sui quali mi avete udito disputare

e far ricerche su me stesso e sugli altri, e che una vita senza esame è una vita indegna d’esser vissuta:

s’io vi dico questo, mi credete anche meno”.

PLATONE, Apologia di Socrate, 37 e-38 a

“Né, insomma, di verun’altra cosa credo sapere perché si genera o perisce o è,

se io seguito in questo metodo di ricerca; e cerco […] un altro metodo”.

PLATONE, Fedone, 97 b

Indice

Introduzione ............................................................................................... 1

1. Ein Lebensfremd: la vita e la formazione .............................................. 3

1.1. La formazione e i Maestri .............................................................. 3

1.2. L’approccio alla ricerca ................................................................. 6

2. Filosofia, anarchismo metodologico e scopo della scienza ................. 10

2.1. Premessa ...................................................................................... 10

2.2. Karl Popper: falsificazionismo e metodo ipotetico- deduttivo ...................................................................................... 11

2.3. L’anarchismo metodologico: validità e limiti delle regole metodologiche ................................ 15

2.4. La scienza come processo storico ................................................ 18

Conclusioni .............................................................................................. 22

Bibliografia .............................................................................................. 25

Paul Karl Feyerabend (1924- 1994). Filosofo della scienza

1

Introduzione

Il filosofo della scienza Paul Karl Feyerabend1 – forse il più noto e discusso esponente del gruppo dei postpositivisti2

“Einstweilen bis den Bau der Welt Philosophie zusammenhält, erhält sie das Getriebe durch Hunger und durch Liebe”.

- apre la propria autobiografia citando un passo tratto da Die Taten der Philosophen (1795) di Schiller - nota anche con il titolo Die Weltweisen - che recita:

3

Il richiamo al “Poeta della libertà”

4

Cela, infatti, l’idea di <metodo fisso> o di <teoria fissa della razionalità> una visione semplicistica dell’uomo e del suo ambiente sociale, sicché la <conoscenza> non può interpretarsi quale “serie di teorie in sé coerenti che convergono verso una concezione ideale” né, tantomeno, quale “approccio graduale alla verità”. Essa “è piuttosto un oceano, sempre crescente, di alternative reciprocamente incompatibili (o forse anche

non è di poco conto in quanto emblematico del pensiero dell’autore, la cui filosofia della conoscenza rappresenta un invito a “liberare l’intelletto” dalle costrizioni metodologiche e a sviluppare le personali risorse cognitive, prendendo consapevolezza di quel potenziale umano che è stato la base della cosiddetta “rivoluzione scientifica”.

1 Tra le opere principali dell’A. giova ricordare: Problems of Empirism, London, 1965

(trad. it. I problemi dell’empirismo, Milano, 1971); Against Method. Outline of an Anarchistic Theory of Knowledge, London, 1975 (trad. it. Contro il metodo. Abbozzo di una teoria anarchica della conoscenza, Milano, 1979); Science in a Free Society, London, 1978 (trad. it La scienza in una società libera, Milano, 1978); Dialogue on Method, Dordrecht, 1979 (trad. it. Dialogo sul metodo. I, Milano, 1989); Farewell to Reason, London, 1987 (trad. it. Addio alla ragione, Roma, 1990); Ammazzando il tempo. Un’autobiografia, Milano, 1994; Ambiguità e armonia. Lezioni trentine, Roma- Bari, 1996; Il realismo scientifico e l’autorità della scienza, Milano, 1983. Per una trattazione organica dei testi di F., si veda anche: R. CORVI, I fraintendimenti della ragione. Saggio su P. K. Feyerabend, Milano, 1992; J. PRESTON, Feyerabend. Filosofia, Scienza, Società, Milano, 2001; L. TAMBOLO, L’oceano della conoscenza. Il pluralismo libertario di Paul Karl Feyerabend, Milano, 2007.

2 I principali esponenti di tale corrente sono, senza dubbio, oltre a P. K. Feyerabend, T. Kuhn, I. Lakatos, M. Masterman e J. Watkins. Sul significato da essi attribuito alla <scienza> ed alla <filosofia> si veda a titolo esemplificativo la raccolta di saggi in: I. LAKATOS- A. MUSGRAVE A. (a cura di), Critica e crescita della conoscenza, Milano, 1984.

3 P. K. FEYERABEND, Ammazzando il tempo. Un‘autobiografia, Bari, 1994. 4 Tra le opere più celebri del poeta e drammaturgo tedesco Johann Friedrich Christoph

von Schiller (1759- 1805), vere e proprie “apologie della libertà” – da qui la definizione di “Dichter der Freiheit” - si ricordano: An di Freude (1785), Maria Stuart (1800); Wilhelm Tell (1804).

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incommensurabili)”, la cui validità è legata alla cornice storica e temporale nella quale hanno avuto genesi.5

Ne consegue che “solo un principio può essere difeso in tutte le circostanze e in tutte le fasi dello sviluppo umano. È il principio: qualsiasi cosa può andare bene […]”

6, inteso nel senso di approccio svincolato da rigide predeterminazioni schematiche, in grado di promuovere e garantire il <progresso>7

Compito della presente trattazione è analizzare i fondamenti di tale epistemologia, muovendo propriamente dal significato di metodo, scienza e fine – se ve ne è uno - della ricerca scientifica.

.

5 P. K. FEYERABEND, Contro il metodo. Abbozzo di una teoria anarchica della

conoscenza, Milano, 1979, p. 25- 27. V. anche, ID., Dialogo sul metodo cit., p. 91: “Il mondo, comprese le leggi che governano i suoi principali meccanismi, è il risultato di uno sviluppo, le leggi stesse non sono né eterne, né omnicomprensive, ma derivano da un equilibrio dinamico tra forze opposte, sicché c’è sempre il pericolo di un mutamento dirompente”. Ivi, p. 101: “I grandi problemi non sono risolti dalle Grandi Teorie conformi ai Grandi Modelli dei Pezzi Grossi, sono risolti democraticamente informando gli interessati”.

6 Ivi, p. 25. 7 Ivi, pp. 21-22.

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1. Ein Lebensfremd: la vita e la formazione

“[…] circa la natura del Tutto [Socrate] non disputava sì come disputano moltissimi altri,

né indagando quale sia la struttura di quello che i sapienti chiamano cosmo, né per quali necessarie cause si formi ciascuna delle cose celesti in particolare:

riteneva anzi folli coloro che di tali cose si davano pensiero […] Si meravigliava poi come a costoro non fosse chiaro

che non è possibile agli uomini trovare queste cose, tanto più che coloro i quali più degli altri hanno l’alterigia di parlarne,

non hanno la stessa opinione, anzi stanno tra di loro come furiosi […]”8

.

1.1. La formazione e i Maestri Tratteggiare i confini dell’epistemologia feyerabendiana significa

anzitutto cogliere i suoi caratteri personali, rintracciandone da un lato le inclinazioni e motivazioni soggettive, dall’altro indagandone lo Zeitgeist, lo “Spirito del tempo” in cui egli ha operato.

E, forse, “Vorzugschüler”9 – uno studente al di sopra della media – è il termine esatto per definire la complessa personalità del filosofo che già in tenera età si distingue per intelligenza e vivacità di argomentazione10

Nato a Vienna nel 1924 da famiglia piccolo borghese.

11, Paul Karl Feyerabend è senza dubbio figura poliedrica, tesa a percepire ogni sfumatura della realtà12

8 SENOFONTE, Detti memorabili, I 1, 11-6. Cfr. P. K. FEYERABEND, Ammazzando

il tempo. Un’autobiografia, Bari, 1994, p. 54: «Le persone hanno professioni differenti, differenti punti di vista. Sono come osservatori che guardano il mondo attraverso le strette finestre di una struttura per il resto chiusa. A volte essi si incontrano al centro e discutono di quanto hanno visto […] alla fine litigheranno. L’osservatore in cima alla struttura può solo ridere delle loro discussioni, ma per loro le discussioni saranno reali e io sarò un sognatore fuori dal mondo».

. Appassionato di musica, letteratura e teatro, studia

9 Così venivano definiti gli studenti più brillanti e sulla pagella di fine anno se ne dava atto indicando una stella accanto al nome. P. K. FEYERABEND P.K., Ammazzando il tempo cit., p. 27.

10 Impara a leggere dai fumetti prima ancora di iniziare la scuola e a sedici anni “aveva la fama di conoscere la fisica e la matematica meglio dei professori”. Ivi, p. 26.

11 Figlio di un impiegato dell’amministrazione pubblica, Feyerabend ebbe una vita personale travagliata: madre e zia morirono suicida e il filosofo, durante la guerra, subì gravi ferite che compromisero in modo definitivo la sua salute.

12 I molteplici interessi emergono con viva chiarezza in tutti i suoi saggi, ricchi di riferimenti artistici e letterari. Scrive di se stesso e della sua attenzione al mondo esterno: “Mancando di un carattere ben definito (non avendo un sistema di riferimento proprio,

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fisica teorica presso l’Università di Vienna e successivamente consegue un Ph. D. in filosofia13

Del suo interesse per gli studi filosofici scrive: .

“La filosofia arrivò per puro caso. (…) Mi resi presto conto delle possibilità drammatiche del ragionamento e rimasi affascinato dal potere che le argomentazioni sembravano esercitare sulla gente”14

Parole queste che rimandano inconsciamente ai dialoghi socratici e all’antica convinzione per cui:

.

“[è] opera molto più bella quando uno, servendosi dell’arte dialettica, prendendo un’anima adatta, vi pianta e vi semina con sapienza discorsi che son sempre capaci di venire in aiuto a sé e a chi li ha piantati o che non sono sterili, ma chiudono in sé un germe donde scaturiranno altri discorsi, piantati in altre anime […]”15

Ed è probabilmente tale celebrato ruolo educativo del “dialogo” che induce lo stesso Feyerabend a fondare nel 1949, insieme ad altri studenti di scienze e ingegneria, il “Circolo Kraft”, attivo sino al 1951- 1952.

.

Dai temi sollevati nell’ambito dei seminari presieduti dal Professor Kraft – illustre esponente del “Circolo di Vienna” 16 - Feyerabend trae elementi utili per elaborare una propria personale concezione della “filosofia della scienza” espressa poi in modo compiuto nella tesi di dottorato del 195117

Tra i vari oratori che parteciparono al “Circolo Kraft”, Feyerabend rimane colpito in particolare da Ludwig Wittgenstein

.

18

come dicono gli psicologi), adottavo prontamente abitudini e modi di parlare [di coloro che mi circondavano]”. Ivi, p. 28.

, col quale condivide l’intento di procedere a ricerche concrete, e accetta di tradurre le sue riflessioni in una recensione pubblicata nel 1955 in Philosophical Review con il titolo di Wittgenstein’s Philosophical Investigations.

13 Consegue il dottorato di ricerca in filosofia nel 1951 con una dissertazione intitolata “Zur Theorie der Basissätze”, preparata sotto la supervisione del Prof. Kraft.

14 Ivi, pp. 31- 32. 15 PLATONE, Fedro, 275 a-b.d- 276 a-c, 277 a. 16 Il Circolo di Vienna nacque in Austria negli Anni Venti del Novecento e riuniva

filosofi e scienziati. V. J. PRESTON, Feyerabend, cit., p. 18.; R. CORVI, I fraintendimenti della ragione, cit., p. 34.

17 P. K. FEYERABEND, Il realismo scientifico e l’autorità della scienza, cit., pp. 41-43.

18 E’ Elizabeth Anscombe a guidare F. nella lettura delle opere di Wittgenstein. Di quest’ultimo F. scrive: “Wittgenstein fece una considerevole impressione con il suo modo di presentare casi concreti, come le amebe viste al microscopio […]. Poi però se ne andò, lasciandoci con il dubbio irrisolto se il mondo esterno esistesse o no, e su quali fossero gli argomenti che avrebbero potuto suffragare l’ipotesi della sua esistenza”: P. K. FEYERABEND, La scienza in una società libera, cit., pp. 4 e ss.

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L’attrazione per il pensiero del Maestro è tale che lo spinge, nel 1952, a fare richiesta di partecipare quale visiting student al corso di lezioni impartite dallo stesso Wittgenstein a Londra. Tuttavia, ironia del caso, Wittgenstein muore prima che vengano formalizzate le pratiche di assegnazione della borsa di studio e Karl Popper prende il suo posto.

Tra il 1952 e il 1955 studia quindi filosofia della meccanica quantistica con Karl Popper presso la London School of Economics 19

Del primo incontro tra i due, avvenuto nel 1948, in occasione del seminario estivo internazionale dell’Österreichisches Kollegium di Alpbach, Feyerabend scrive:

e, benché Feyerabend venga considerato il suo più audace oppositore, profonda stima reciproca li lega.

“Ammirai la [sua] libertà di pensiero che traspariva nei modi […] la sua capacità di riformulare ponderose questioni in un linguaggio semplice e giornalistico. Era un libero pensatore, che enunciava gioiosamente le sue idee, senza preoccuparsi delle reazioni degli addetti ai lavori”20

Popper, a sua volta affascinato dalla vivacità di argomentazione del giovane Feyerabend, lo sceglie, nel 1953, come assistente e si adopera personalmente per fargli ottenere un prolungamento della borsa di studio. Fayerabend decide tuttavia di tornare a Vienna e cura, su richiesta espressa dell’autore, la traduzione e pubblicazione di Open Society

.

21

L’influenza esercitata dalla filosofia popperiana sul modello feyerabendiano emerge in modo nitido nei suoi primi scritti ed è così forte da averlo indotto a confessare di aver tratto ampio spunto dal modo con cui il Maestro si destreggia con i principi dell’universo e di averlo infine “imitato”

.

22

In particolare, i testi pubblicati tra il 1955 e il 1970 sono tesi all’elaborazione di uno schema astratto per l’acquisizione della conoscenza e abbracciano alcune affermazioni di base proprie del cosiddetto

.

19 P. K. FEYERABEND, Il realismo scientifico e l’autorità della scienza, pp. 41- 45. 20 P. K. FEYERABEND, La scienza in una società libera, cit., p. 115. V. anche: ID.,

Ammazzando il tempo cit., pp. 81- 82. E’ proprio Popper che, colpito dalla vivacità di argomentazione del giovane Feyerabend, lo invita ad intrattenere una lunga chiacchierata con lui.

21 Nel 1955 Feyerabend riceve il primo incarico di insegnamento presso l’Università di Bristol e confessa: “[…] ero un pivello, senza pubblicazioni o lavori anteriori darmi lustro e perdipiù straniero. Immagino che Popper abbia un po’ contribuito a farmi avere quel posto”: P. K. FEYERABEND, Ammazzando il tempo cit., p. 118. V. anche, J. PRESTON, op. cit., pp. 18 e ss..

22 P. K. FEYERABEND, Ammazzando il tempo cit., pp. 44 e ss. ID., Dialogo sul metodo cit., p. 4.

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“falsificazionismo”, fra le quali, tra l’altro, la concezione normativa della metodologia e la supremazia “del” metodo scientifico quale necessario paradigma ai fini della ricerca23

Infatti, riprendendo Popper, il primo Feyerabend ritiene che nel “gioco” della scienza, al pari di quello degli scacchi, non ci sia alcun insieme di regole in grado di spiegare ogni mossa, mentre esistono regole che impediscono con precisione che vengano fatte certe mosse e che possiamo semplicemente definire “regole del metodo scientifico”.

.

Da questa concezione Feyerabend ben presto si allontanerà, tuttavia pare fondata l’osservazione di Hans Albert, secondo cui la filosofia feyerabendiana “potrebbe non essere molto distante dalla concezione di fondo di Popper”, in quanto trova in essa la propria premessa ovvero base ontologica.24

1.2. L’approccio alla ricerca

Alcune indicazioni circa la personalità di Feyerabend, presentate dallo stesso autore, possono chiarire i contenuti della sua originale epistemologia e gli esiti a cui è pervenuta.

Egli stesso sostiene come convivano in lui “spirito di contraddizione e tendenza al conformismo”, sicché già in giovane età “un giudizio critico o una sensazione spiacevole potevano essere ridotti al silenzio o trasformati

23 P. K. FEYERABEND, Due lettere di Paul Feyerabend a Thomas Kuhn in seguito

alla lettura di una bozza di La Struttura delle Rivoluzioni scientifiche, in T. KUHN, Dogma contro critica. Mondi possibili nella storia della scienza, Milano, 2000, pp. 233 e ss., in part. pp. 257- 259: “Il fatto che le teorie non vengano abbandonate nel momento in cui sorgono delle difficoltà non dimostra affatto che la pratica scientifica non sia conforme allo stereotipo della falsificazione. Al contrario: rinunciare subito ad una teoria, non appena venga percepita la prima difficoltà, significherebbe che si adotta un atteggiamento acritico verso la stessa asserzione di controllo, cosa che un falsificazionita non permetterebbe mai. Concludendo allora dicendo che la tua affermazione secondo cui “nessun processo messo in luce finora dallo studio storico dello sviluppo scientifico assomiglia minimamente allo stereotipo metodologico della falsificazione mediante un confronto diretto con la natura” è sia falsa (…), sia irrilevante”. E ancora: “Ciò che distingue la ragione dalla follia è il tipo di procedura adottata. (…) Non c’è mai ricerca senza un paradigma”.

24 L’osservazione è riportata nel saggio di H. Albert Kritische Vernunft und menschliche Praxis (1977): P. K. FEYERABEND, Il realismo scientifico e l’autorità della scienza, pp. 44 - 46. Cfr. I. LAKATOS – A. MUSGRAVE (a cura di), op. cit., p. 164 e ss., dove Lakatos sostiene che Feyerabend “[…] probabilmente ha contribuito più di ogni altro alla diffusione delle idee di Popper” anche se poi “è passato al campo nemico”. Nello stesso senso, R. CORVI, op. cit., p. 37: “La posizione di [Feyerabend] porta ancora le stigmate dell’influenza popperiana”.

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nel loro contrario da una forza che agiva in senso opposto ma si notava appena” 25

Quella medesima forza che, unita ad una profonda curiosità, lo induce ad interessarsi sia di aspetti particolari e tecnici, sia di quelli più generali della fisica e dell’astronomia senza fare distinzioni, rinvenendo la grandezza di scienziati della portata di Eddington, Mach e Dingler proprio nella capacità di muoversi liberamente da un capo all’altro del loro ambito, convinto, a differenza dei colleghi, che un vero filosofo abbia il preciso dovere di interessarsi di ogni aspetto del mondo, cercando di osservarlo con la corretta prospettiva, senza vincolare il prossimo o essere vincolati dalle interpretazioni altrui

.

26

Ne consegue che il campo di applicazione dell’epistemologia feyerabendiana coincide - almeno nelle intenzioni - con la totalità dell’esperienza umana; il termine stesso di “teoria” è utilizzato in un’accezione ampia e non è limitato al mero quadro della filosofia della scienza.

.

Riflessioni quelle esposte sinora che non stupiscono in quanto elaborate da chi, al pari di Popper27

“Non ho una filosofia, se per filosofia si intende un corredo di principi uniti alle loro applicazioni, oppure un immutabile atteggiamento di fondo. In un altro senso anch’io ho una filosofia, una visione del mondo, ma non so esporla in modo lineare, si mostra da sola, quando mi imbatto in qualcosa con cui entra in conflitto; è soggetta a mutamenti ed è più una disposizione che una teoria, a meno che per teoria non si intenda una storia il cui contenuto non è mai identico”

, non si sente un <filosofo> o meglio, un <filosofo- accademico>, per le ragioni che lo stesso Feyerabend chiarisce:

28

Da qui deriva un atteggiamento critico nei confronti della ricerca scientifica, libero da predeterminazioni di ogni sorta, legato ai fatti reali, guidato dall’ironia

.

29 e dal gusto per la provocazione30

25 “[…] era come una fragile nuvola dispersa dal calore. In altre occasioni non ascoltavo

né la voce della ragione né le solite banalità e aderivo a idee impopolari. Sembra che questa ambivalenza fosse collegata con la mia ambivalenza verso le persone: volevo star loro vicino, ma volevo anche essere lasciato solo”. P. K. FEYERABEND, Ammazzando il tempo cit., p. 46.

,

26 Ibidem. 27 Popper nel suo intervento ad Alpbach dice con tono provocatorio: “Se per filosofo

intendete uno di quei signori che occupano le cattedre di filosofia in Germania, allora di sicuro non sono un filosofo”. Ivi, p. 81.

28 P. K. FEYERABEND, Dialogo sul metodo cit., p. 141. 29 “Seguendo Nestroy e i dadaisti evitai i sistemi accademici di presentare un’opinione e

usai piuttosto espressioni comuni e il linguaggio dell’industria dello spettacolo e della stampa scandalistica”. Ivi, p. 163. V. anche P. K. FEYERABEND, Il realismo scientifico e l’autorità della scienza, cit., pp. 44- 46. Inoltre, F. suggeriva ai suoi studenti: “Non

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Benché già Socrate ed Aristofane insegnino come lo humour sia uno degli espedienti protettivi più grandi ed umani31, è soprattutto dal teatro di Brecht e Dürrenmatt che Feyerabend apprende l’arte del grottesco, arma tanto sottile quanto efficace, in grado di smascherare i formalismi in favore di una visione aderente alla “realtà” profonda dei fatti32

Feyerabend è filosofo che guarda “il mondo” e “al mondo”, attratto dalla musica e dal palcoscenico, luogo nel quale “va in scena” il sentire umano

.

33, e che utilizza spesso “metafore visive”34 per rendere espliciti i concetti da lui elaborati, certo, diversamente da Hermann Hesse35, che “linguaggio osservativo” e teoria possano integrarsi a vicenda36

Feyerabend mette in scena dunque una “commedia” in grado di indurre gli uomini alla riflessione

.

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identificatevi con il vostro lavoro! Se volete ottenere qualcosa, se volete scrivere un libro, dipingere un quadro, assicuratevi che il centro della vostra esistenza sia altrove e che sia piantato solidamente, solo così potrete mantenervi distaccati e ridere degli attacchi che sono destinati ad arrivare”.

, lontano dall’imposizione di regole procedurali vincolanti in quanto ciò non terrebbe conto della complessità delle condizioni nelle quali si svolge l’indagine del mondo naturale e dei limiti di validità di tutte le norme metodologiche. “Ogni soppressione della discussione è una presunzione di infallibilità” e il sottrarsi al conflitto intellettuale circa le proprie opinioni più radicate significa rinunciare alla ragione stessa. In altri termini, la razionalità vera e, di conseguenza, l’autentica autorità scientifica, consiste nel saper confrontare e analizzare

30 L’a. si proponeva di “mettere alla prova” le idee insolite “estremizzandole”. ID., Dialogo sul metodo cit., p. 3.

31 P. K. FEYERABEND, op. ult. cit., pp. 44- 45, 102-103. 32 L’incontro con Brecht, dietro le quinte delle prove di Madre Coraggio, e i dialoghi

con Dürrenmatt, l’autore de Die Physiker, segnano in modo profondo la filosofia dell’autore.

33 Feyerabend, partecipando a diversi convegni, in La scienza in una società libera, giunge persino ad affermare, con riferimento alle argomentazioni filosofiche, che “in una discussione pubblica non contano gli argomenti, ma certe doti teatrali”. Da qui il senso della potenza delle immagini e della parola nella vita reale quali mezzi di trasmissione delle idee.

34 Ad es. paragona la rigidità del metodo popperiano all’arte bizantina. Inoltre i suoi lavori sono segnati da schemi, schizzi ed immagini volte a sollecitare la scoperta delle potenzialità della logica umana.

35 “Il pensiero non ha proprio nulla a che fare con le rappresentazioni. Esso non si compie in immagini, ma in concetti e in forme. Proprio là dove cessano le immagini comincia la filosofia”. H. HESSE, Narciso e Boccadoro, Milano, 1989, p. 252.

36 J. PRESTON, op. cit., p. 61, cita P. K. FEYERABEND, I problemi dell’empirismo, Milano, 1971.

37 Ivi, pp. 5, 8.

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criticamente i diversi punti di vista, analizzandone le immancabili contraddizioni.38

Tale “pluralismo intellettuale” ha valso a Feyerabend l’accusa di eccessivo relativismo e di essere un Lebensfremd

39

“Cosa intendete con vita? (…) le vere connessioni tra le cose si rilevano al pensatore solitario, non a persone che sono affascinate dal rumore”

. Da qui la sua replica pungente:

40

E ancora: .

“La vita reale è così. Ciascuno ha le sue opinioni ben definite che colorano la porzione di mondo da lui percepita. E quando la gente si riunisce, quando prova a scoprire la natura del tutto al quale appartiene, è inevitabile che i loro discorsi rimangano del tutto sconnessi: non comprenderanno né se stessi né gli altri. Ho provato spesso, in modo doloroso, questa impenetrabilità degli esseri umani: qualsiasi cosa accada, qualsiasi cosa venga detta, rimbalza sulla liscia superficie che separa gli uni dagli altri”41

Pertanto, come ricordato in Contro il metodo, .

“Se desideriamo comprendere la natura, se vogliamo padroneggiare il nostro ambiente fisico, dobbiamo usare tutte le idee, tutti i metodi e non soltanto una piccola scelta di essi”42

Solo accogliendo tale proposizione gli scienziati potranno dunque porsi in “cima alla collina” e comprendere la natura delle cose. Di contro,

.

38 Il rifiuto dei dogmi e l’approccio critico alla ricerca sono in parte ispirati al pensiero

dell’illuminista Lessing del quale Feyerabend scrive: “Era un pensatore senza dottrine e uno studioso senza scuole; […] ogni problema, ogni fenomeno cui si avvicinò era per lui una situazione unica che doveva essere spiegata e illuminata in un modo unico. Non c’erano frontiere per la sua curiosità e nessun criterio limitava il suo pensiero: permetteva che pensiero ed emozioni, fede e conoscenza collaborassero in ogni singola ricerca. […] Lo ammiro perché non era soddisfatto della finta chiarezza, ma capì che la comprensione era spesso ottenuta tramite un offuscamento delle cose, tramite un processo in cui «quello che pareva vedersi chiaramente si perde in una distanza infinita»”. P. K. FEYERABEND, Dialogo sul metodo cit., pp. 103- 104.

39 “Le persone hanno professioni differenti, differenti punti di vista. Sono come osservatori che guardano il mondo attraverso le strette finestre di una struttura per il resto chiusa. A volte essi si incontrano al centro e discutono di quanto hanno visto … alla fine litigheranno. L’osservatore in cima alla struttura può solo ridere delle loro discussioni, ma per loro le discussioni saranno reali e io sarò un sognatore fuori dal mondo”. P. K. FEYERABEND, Ammazzando il tempo cit., p. 54.

40 Ibidem 41 Ibidem 42 P. K. FEYERABEND, Contro il metodo, cit., p. 249.

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rimarranno come “osservatori che guardano il mondo attraverso le strette finestre di una struttura per il resto chiusa”43

2. Filosofia, anarchismo metodologico e scopo della scienza

.

«Vernunft und Wissenschaft gehen oft verschiedene Wege.

Ein heiterer Anarchismus ist auch menschenfreundlicher und eher geeignet, zum Fortschritt anzuregen, als “Gesetz und Ordnungs„ Konzeptionen»44

«Kein Gedanke ist so alt oder absurd, dass er nicht unser Wissen verbessern könnte.

Die gesamte Geistesgeschichte wird in die Wissenschaft einbezogen und zur Verbesserung jeder einzelnen Theorie verwendet»45

2.1. Premessa Premessa necessaria ad un’interpretazione autentica delle proposizioni

feyerabendiane è la lettura congiunta del pensiero di coloro che ne furono gli ispiratori. Di contro, Feyerabend risulterebbe un semplice irrazionalista, svincolato dal mondo reale, un Lebensfremd come si è detto, appunto, nel capitolo che precede.

Contro il metodo del 1970 rappresenta la testimonianza più vivida delle tesi dell’autore e, in particolare, di quel maturo distacco dalle argomentazioni popperiane che hanno costituito il nucleo teorico delle sue prime riflessioni. Nei primi scritti, risalenti al periodo tra il 1955 e il 1970, Feyerabend abbraccia infatti il razionalismo critico di Popper e si schiera a favore della concezione della metodologia come disciplina “normativa” e “aprioristica”.

Le basi teoriche di Contro il metodo, vero manifesto intellettuale, sono poste tuttavia non solo in Popper, bensì anche in Mill, Carnap e persino in Hegel, Kirkegaard e Aristotele.

In particolare, di Mill Feyerabend elogia incondizionatamente il saggio “On liberty”, in quanto espressione della metodologia pluralista, del

43 P. K. FEYERABEND, Ammazzando il tempo, cit., p. 54 44 P. K. FEYERABEND, Contro il metodo cit., p. 15. 45 Ivi, p. 40.

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“principio di proliferazione”, nonché dell’idea del carattere fallibile46 e parziale47

La logica hegeliana, invece, mostra l’assenza di concetti stabili e immutabili nel processo conoscitivo e coglie viceversa la sottile interazione tra fatti e concetti. Diversi inoltre i riferimenti alla libertà dell’individuo proposta da Kirkegaard

della conoscenza umana.

48

Quanto alla gnoseologia popperiana è opportuno svolgere qualche approfondimento, costituendo essa il principale termine di paragone e causa del mutato approccio alla conoscenza ed alla scienza.

.

2.2. Karl Popper: falsificazionismo e metodo ipotetico- deduttivo Se Feyerabend è l’artefice de l’<anarchismo metodologico>, Karl Popper

è generalmente definito <filosofo del metodo>. Nato a Vienna nel 1902, Karl Raimund Popper studia, al pari di

Feyerabend, filosofia, matematica e fisica. Tale eclettismo determina quella stessa “visione aperta” della conoscenza

accolta da Feyerabend, il quale sostiene che “tutti gli uomini sono filosofi, perché in un modo o nell’altro assumono un atteggiamento nei confronti della vita e della morte” e, di conseguenza, la filosofia ha sempre a che fare con la conoscenza della realtà e non con “vuote parole”49. La ricerca “non si rivolge soltanto alla teoria della conoscenza scientifica, bensì alla teoria della conoscenza in generale”50, con la consapevolezza che “lo studio della conoscenza scientifica (…) [rimane pur sempre] il modo più proficuo di studiare l’accrescersi della conoscenza”51

Nel 1934, Popper pubblica in tedesco la sua opera fondamentale La logica della ricerca, edita successivamente in inglese con il titolo Logica

.

46 Secondo Mill “la certezza assoluta non esiste, ma esiste una sicurezza sufficiente ai

fini della vita umana. […] E’ proprio la completa libertà di contraddire e discutere la nostra opinione che ci giustifica quando ne presumiamo la verità ai fini della nostra azione”.

47 “L’uomo, abitualmente si basa, con fiducia assoluta sull’infallibilità del mondo in generale. E il mondo significa, per ciascuno, la parte di esso con cui è in contatto”. L. TAMBOLO, L’oceano della conoscenza cit., p. 39, nota 28.

48 Ivi, p. 142- 143 49 K. POPPER, Congetture e confutazioni, Bologna, 1972, pp. 235-236: “C’è almeno un

problema cui sono interessati tutti gli uomini che pensano: quello di comprendere il mondo in cui viviamo; e quindi noi stessi (che siamo parte di quel mondo) e la conoscenza che ne abbiamo. (…) tanto la filosofia che la scienza perdono ogni attrattiva quando abbandonano questo genere di ricerca – quando, cioè, diventano specialistiche e cessano di osservare e interrogare gli enigmi del mondo. La specializzazione può essere una tentazione per lo scienziato; per il filosofo è un peccato mortale”.

50 K. POPPER , Congetture e confutazioni, Bologna, 1972, p. 370 51 Ibidem; V. anche: ID., La scienza normale e i suoi pericoli, in I. LAKATOS – A.

MUSGRAVE (a cura di), op. cit., p. 128 e ss.

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della scoperta scientifica (1959). “Epistemologo di frontiera”, così come rappresentato da illustre critica, accoglie le tesi neopositivistiche del Circolo di Vienna e nel contempo le supera, elaborando una linea di pensiero originale. In particolare fa proprie le idee dell’unità della scienza e dell’unicità del metodo scientifico, nonché l’ipotesi di un linguaggio osservativo neutrale, e ancora la concezione della scienza come “miglior esempio di condotta intellettuale”.

Il nucleo centrale del suo pensiero è rappresentato dalla teoria della relatività di Einstein, dalla quale estrapola i concetti di <falsificazionismo> e <fallibilismo> 52. La formulazione di previsioni “rischiose” da parte di Einstein, ossia il fatto che le sue teorie fossero programmaticamente organizzate non in vista di conferme (o “verificazioni”)53

<Falsicabilità> significa infatti che una teoria è scientifica nella misura in cui può venire smentita, in linea di principio, dall’esperienza, ovvero se i suoi enunciati risultano in potenziale conflitto con eventuali osservazioni. In altri termini, “un’asserzione o teoria è falsificabile se e solo se esiste almeno un falsificatore potenziale, almeno un possibile asserto di base che entri logicamente in conflitto con essa”.

, bensì in vista di possibili smentite (“falsificazioni”), induce il filosofo alla conclusione che le teorie scientifiche non siano verità assolute, ma semplici ipotesi o congetture destinate a rimanere tali.

Ne consegue che la scienza non è il mondo delle verità certe e definitivamente <verificate>, bensì l’universo delle <ipotesi> che, per il momento, non sono ancora <falsificate> oppure sono state <corroborate>, ovvero possono aver superato il confronto con un’esperienza potenzialmente falsificante54

52 In La ricerca non ha fine è lo stesso Popper che afferma che “l’influenza dominante”

e “ a lungo andare, forse, l’influenza più importante di tutte” l’ha esercitata Einstein. Luigi Lentini in Popper. Fallibilismo e razionalismo critico puntualizza come il filosofo, proprio con riferimento ad Einstein, formuli “i suoi problemi teorici fondamentali – quello della demarcazione tra scienza e pseudoscienza e quello della certezza del sapere scientifico – ed elabori il nucleo centrale del suo pensiero epistemologico con le idee di fallibilismo e falsificazione, e imposti il suo programma di ricerca come il tentativo di chiarire che cosa significasse la rivoluzione einsteiniana per la teoria della conoscenza”. Si può dunque affermare, prosegue Lentini, che “la rivoluzione epistemologica di Popper rappresenta il riflesso, in filosofia, della rivoluzione scientifica compiuta da Einstein in fisica. In altre parole, Popper sta ad Einstein come Kant sta a Newton”. V. K. POPPER La ricerca non ha fine. Autobiografia intellettuale, Roma, 1997.

. Secondo tale impostazione, la metafisica, non

53 Secondo il neopositivismo una teoria risulta scientifica nella misura in cui può essere “verificata” dall’esperienza.

54 “Una teoria si dice empirica o falsificabile quando divide in modo non ambiguo la classe di tutte le possibili asserzioni- base in due sottoclassi non vuote. Primo, la classe di tutte quelle asserzioni- base con le quali è contraddittoria (o che esclude o vieta): chiamiamo questa classe la classe dei falsificatori potenziali della teoria; secondo, la classe

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essendo falsificabile, non è una scienza. Può tuttavia, a differenza di quanto sostenuto dai neopositivisti, esercitare una funzione propulsiva nei confronti della scienza, in quanto la ricerca scientifica rimarrebbe paralizzata senza la fede in idee metafisiche generali, ossia in idee che “determinano non solo quali problemi esplicativi sceglieremo di affrontare, ma anche quali tipi di risposte considereremo idonee, soddisfacenti o accettabili”.55

Tuttavia, se da una parte la scienza non è, secondo Popper, un sistema infallibile di verità certe

56, dall’altra esiste, in quanto procedimento razionale, <un metodo> di ricerca 57

“consiste di questi tre passi: 1) inciampiamo in qualche problema; 2) tentiamo di risolverlo, per esempio proponendo qualche nuova teoria; 3) impariamo dai nostri errori, in particolare da quelli su cui ci richiama la discussione critica dei nostri tentativi di soluzione, una discussione che tende a condurci a nuovi problemi. O per dirla in tre parole: problemi – teorie – critica”.

che

Il punto di partenza della ricerca scientifica non è allora costituito dai <nudi fatti>58 secondo un <procedimento di tipo induttivo>59

delle asserzioni- base che essa non contraddice (o che permette). Possiamo formulare più brevemente questa definizione dicendo: una teoria è falsificabile se la classe dei suoi falsificatori potenziali non è vuota”: K. POPPER, Logica della scoperta scientifica, Torino, 1995.

, bensì muove

55 K. POPPER, Poscritto alla logica della scoperta scientifica, Milano, 1984, Vol. III, p. 169 cit. anche in: K. POPPER, La scienza normale e i suoi pericoli, in I. LAKATOS – A. MUSGRAVE (a cura di), op. cit., pp. 121- 128, spec. p. 128.

56 Popper distingue tra “episteme” (termine utilizzato per alludere all’ideale di un sapere certo, stabile e fondato, ossia dotato di garanzie incontrovertibili di verità) e “doxa” (termine usato da Popper per indicare la propria concezione del sapere come insieme di congetture o ipotesi). La scienza è “doxa”, cioè un insieme di congetture suscettibili di rettifica e di confutazione ove l’errore è parte integrante del pensiero scientifico al punto che “fare scienza” significa, in concreto, incorrere in errori e imparare dai propri sbagli. V. K. POPPER, Congetture e confutazioni, cit., p. 80 e ss.

57 Popper era solito principiare le sue lezioni come segue: “Sono un professore di metodo scientifico, ma ho un problema: il metodo scientifico non esiste. Comunque vi sono alcune regole pratiche assai utili”: P. K. FEYERABEND , Ammazzando il tempo cit., pp. 103 e ss.

58 K. POPPER, Logica della scoperta scientifica, cit., p. 5 e ss. : “Secondo un punto di vista largamente accettato – a cui mi opporrò in questo libro – le scienze empiriche possono essere caratterizzate dal fatto di usare i cosiddetti “metodi induttivi”. Stando a questo punto di vista la logica della scoperta scientifica sarebbe identica alla logica induttiva, cioè all’analisi logica di questi metodi induttivi (…). Già dall’opera di Hume si sarebbe dovuto vedere chiaramente che in relazione al principio d’induzione possono facilmente sorgere contraddizioni; […] infatti il principio d’induzione dev’essere a sua volta un’asserzione universale. Dunque, se tentiamo di considerare la sua verità come nota per esperienza, risorgono esattamente gli stessi problemi che hanno dato occasione alla sua introduzione

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da <congetture> o <ipotesi> da cui vengono deduttivamente ricavate delle conclusioni da sottoporre al responso dell’<esperienza>60

Se Popper, abbandonando il metodo puramente induttivo, scalfisce le basi dell’empirismo e si fa propulsore di una nuova via di ricerca, quella ipotetico- deduttiva, Feyerabend, dal canto suo, va oltre: l’<esperienza scientifica> costruita in laboratorio in base a precisi presupposti teorici non è un termine di confronto naturale, pertanto le teorie scientifiche così elaborate <non> sono pienamente <oggettive>.

.

Al pari dell’arte bizantina, ove i volti erano realizzati in modo schematicamente rigido, tutti posti in un’unica posizione frontale e privi di dettagli, “allo stesso modo le regole di Popper possono produrre una scienza di tipo bizantino, nel senso che non sono del tutto infruttuose, ma i loro esiti sono ben lontani dalla scienza di Newton, Einstein e Bohr”61

Feyerabend dissolve quindi la base del metodo popperiano, ovvero la rigida demarcazione tra “scienza” e “non scienza”, muovendo da due considerazioni fondamentali. Da un lato, rileva come l’epistemologia abbia sostenuto l’idea di un metodo universalmente valido basandosi sull’equazione tra scienza e razionalità. Dall’altro, come i filosofi per primi abbiano spesso violato le norme canoniche, oppure le abbiano sostenute in base a convinzioni metafisiche e non razionali.

.

Date tali premesse il passo verso il cosiddetto <anarchismo metodologico> è breve.

(…). In tal modo il tentativo di basare il principio d’induzione sull’esperienza fallisce, perché conduce necessariamente a un regresso infinito”.

59 Sul cosiddetto metodo induttivo: “Coloro che pongono l’accento sul sostegno empirico, diceva Popper, ci consigliano di rimanere vicino ai fatti, il che significa che essi cercano di essere il più ad hoc possibile. Ma questa caratteristica è fuori moda, quindi bisogna sostituire il requisito di una corrispondenza empirica stretta con quello di andare il più possibile oltre l’evidenza. La metafisica va davvero oltre i fatti noti e spesso li contraddice. A differenza dei sistemi metafisici le ipotesi scientifiche possono essere confutate”. P. K. FEYERABEND, Ammazzando il tempo cit. pp. 102 e ss.

60 L’originalità del pensiero di Karl Popper sta nel rifiuto dell’idea che l’esperienza sia un insieme di dati immutabili e nell’aver ribaltato il classico rapporto baconiano tra osservazione e teoria, negando che la seconda derivi dalla prima e attribuendole, viceversa, una funzione guida nell’acquisizione delle esperienze necessarie per controllare i risultati della ricerca.

61 La citazione ripresa da Feyerabend è di Otto Neurath. P. K. FEYERABEND, Ammazzando il tempo cit., pp. 102 e ss.

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2.3. L’anarchismo metodologico: validità e limiti delle regole metodologiche

“Oggigiorno l’ordine si trova perlopiù là dove non c’è nulla. È un fenomeno di assenza”62

È altresì infondata, secondo l’autore, la concezione per cui “il progresso continuo delle scienze fu possibile soltanto perché gli scienziati ritennero inammissibile proporre nuove idee prima che fossero confutate le concezioni precedenti”

. La citazione - tratta da un’opera di Brecht e posta in apertura del decimo capitolo de Il realismo scientifico e l’autorità della scienza - riassume l’opinione del filosofo intorno al cosiddetto <metodo scientifico>: non esistono regole alle quali debba ubbidire ogni atto conoscitivo e ogni ricerca scientifica. Anzi, l’esistenza di una simile costruzione ovvero di una <logica della scoperta scientifica>, è inverosimile.

63, nonché l’idea che “l’introduzione di nuovi strumenti nella scienza, come nell’industria, è ritenuta una stravaganza a cui si ricorre solo quando le circostanze lo richiedono”64

I procedimenti della scienza non si conformano ad alcuno schema comune: essi non sono cioè “razionali” bensì “opportunisti”, ossia utilizzano i mezzi mentali e materiali che all’interno di una determinata situazione, si rivelano i più idonei al raggiungimento del proprio fine”

.

65

La Weltanschauung feyerabendiana si concretizza pertanto nella proposta di una <epistemologia anarchica> o <dadaista> - che nega l’esistenza di un <metodo scientifico> o <regola unica> o <criterio di eccellenza> che stia alla base di ogni progetto di ricerca e che lo renda <scientifico>, perciò fidato – e, infine, nella condivisione del principio polemico de <anything goes> (tutto può andar bene).

.

62 P. K. FEYERABEND, Il realismo scientifico e l’autorità della scienza, p. 253. 63Ivi, p. 254. Il riferimento è tratto da Schücking e Heckmann (Schücking e Heckmann,

World Models, Bruxelles, 1958). Tale concetto è altresì ripreso da Kuhn (KUHN, The Structure of Scientific Revolutions).

64 Ibidem. Nello stesso senso: Newton: “Nella filosofia sperimentale le proposizioni ricavate per induzione dai fenomeni, malgrado le ipotesi contrarie, devono essere considerate vere o rigorosamente o quanto più possibile, fino a che non si presentino altri fenomeni mediante i quali o sono rese più rigorose o fatte suscettibili di eccezioni”.

65 F. pone l’accento sulla circostanza secondo cui i filosofi tendono con estrema leggerezza ad elevare ogni sistema di regole che risulti – secondo una logica verificazionista – vincitore di un confronto al rango di “fondamento della scienza” o della “ragione”, senza chiedersi se principi e disposizioni metodologiche siano adatte a guidare il processo storico. Dice F.: “È come se si fosse così affascinati dall’immagine astratta della danza da svilupparla e costruirla in dettaglio, senza dedicare mai una sola parola alle peculiarità anatomiche e fisiologiche dei corpi umani”. Ivi, p. 274.

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Ai critici che lo accusano di eccessivo relativismo, il filosofo replica definendoli “illiterates”66

“non esiste neppure una regola, per quanto plausibile e «logica» possa sembrare, che non sia stata spesso violata durante lo sviluppo delle singole scienze. Tali violazioni non furono eventi accidentali o conseguenze evitabili dell’ignoranza e della disattenzione. Esse erano necessarie perché nelle condizioni date, si potesse conseguire il progresso […] o qualsiasi altro risultato desiderabile […] eventi come l’invenzione della teoria atomica nell’antichità (Leucippo), la rivoluzione copernicana, lo sviluppo dell’atomismo moderno (Dalton; la teoria cinetica dei gas; la teoria della dispersione; la stereochimica; la teoria quantistica), la graduale affermazione della teoria ondulatoria della luce si verificarono solo perché alcuni ricercatori o si decisero a non seguire regole «ovvie» o perché le «violarono inconsciamente»”

, cioè analfabeti, oppure “lettori della domenica”, poiché non si sono resi conto che l’epistemologia anarchica non è altro che la cruda presa di coscienza del fatto storico secondo cui:

67

Difendere l’epistemologia anarchica e il conseguente pluralismo teorico e metodologico non significa, come hanno inteso gli “illiterates”, distruggere regole o criteri nell’ambito della pratica scientifica, ma farsi paladini della libera inventività della scienza.

.

68 In ultima analisi la lotta contro il metodo vuole essere, di fatto, una lotta per la <libertà del metodo>69, contro ogni forma di omologazione e appiattimento intellettuale70

66 V. ad es. l’aspra critica ai cosiddetti illitterati in P. K. FEYERABEND, Dialogo sul

metodo cit., p. 26.

.

67 “La pratica scientifica è solo raramente in accordo con le esigenze logiche e conoscitive. Infatti, non c’è principio che nella stria della scienza non sia stato ripetutamente violato, ivi compresi principi così “basilari” ed “evidenti” come quello di non contraddizione. Le teorie scientifiche, così come si trovano nella storia della scienza, non sono solamente incerte e perennemente esposte alla confutazione, ma piuttosto sono in ogni momento della loro esistenza, già confutate, si dibattono fra difficoltà numeriche, mostrano gravi difetti qualitativi, ipotesi ad hoc colmano lacune delle argomentazioni (…) non vengono quasi mai evitate contraddizioni interne”. P. K. FEYERABEND, Il realismo scientifico e l’autorità della scienza, p. 272.

68“Io non raccomando alcuna metodologia, ma al contrario affermo che l’invenzione, la verifica, l’applicazione di regole e criteri metodologici sono di competenza della ricerca scientifica concreta”. Ibidem.

69 L’a. accusa i filosofi e gli scienziati, da Platone a Sartre, e da Pitagora a Monod, di aver cercato di fissare le leggi morali e le leggi fisiche in schemi rigidi, deplorando in tal modo la varietà (di valori, credenze e teorie). Secondo tali pensatori inoltre esistono dei limiti alla varietà rappresentati dalle leggi morali (che regolano le azioni umane) e dalle leggi fisiche (che definiscono la nostra posizione nella natura). P. K. FEYERABEND, Addio alla ragione, cit., p. 7.

70 “L’imposizione della scuola, dell’alfabetizzazione e di un’informazione «oggettiva»,

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Feyerabend ricorda peraltro come siano stati gli stessi scienziati a doversi allontanare dalle dottrine convenzionali al fine di avvicinarsi alla “scoperta”: Darwin ascoltò pareri di allevatori e naturalisti; Descartes, Newton, Thomson prescelsero motivazioni religiose per le loro ipotesi più importanti; antropologi e sociologi osservarono e presero esempio dalle popolazioni locali primitive71

Seguendo l’impostazione Kantiana della conoscenza quale interazione complessa tra soggetto ed oggetto

.

72, Feyerabend ritiene inoltre che i fatti non esistono “nudi” - ovvero al di fuori delle teorie - ma soltanto nell’ambito di determinati “quadri” mentali, in quanto lo scienziato vede solo ciò che questi ultimi lo inducono a vedere. Da ciò discende la pratica impossibilità di distinguere (neopositivisticamente) fra <termini di osservazione> e <termini teorici>: neppure le nozioni più semplici o apparentemente “neutrali” della scienza possono venir considerate in modo universale e oggettivo, poiché i loro significati risultano intrinsecamente connessi ai differenti contesti teorici entro i quali sono stati formulati. Ad esempio, il termine “massa” assume accezioni diverse a seconda che si tratti della fisica di Newton o di Einstein73

.

separata dalle preferenze e dai problemi locali ha svuotato l’esistenza dei suoi ingredienti epistemici e l’ha resa arida e priva di senso. Anche in questo l’Occidente ha fatto da guida, separando la scuola dalla vita e sottomettendo la vita a regole scolastiche”. Ivi, p. 9.

71Ivi, p. 164-165. 72 Kant aveva superato il tradizionale dualismo tra razionalismo ed empirismo,

dimostrando come non sia sostenibile la tesi che afferma la possibilità di una conoscenza assolutamente oggettiva della realtà, in quanto la conoscenza scaturisce da un’interazione complessa tra soggetto e oggetto, tra i dati sensibili dell’esperienza e la mente che ha il compito di interpretarli.

73Muovendo dall’analisi de Le basi matematiche della meccanica quantistica di Von Neumann, F. si interroga circa il rapporto tra la rete concettuale in essa espressa e la realtà. Si interroga cioè circa la correlazione tra gli “operatori ipermassimali della teoria” e gli strumenti di misurazione concreti ed il controllo delle predizioni. Di conseguenza, rileva F., “la chiarezza, la precisione e la semplicità che ravvisiamo nel libro di Von Neumann e in altri manuali di fisica teorica è mera apparenza. È a questa apparenza che si applicano le considerazioni logico- formali e i giochetti della logica dialogica ed è su di essa che la teoria della scienza sviluppa la sua immagine della scienza come sistema di enunciati non contraddittorio e logicamente ordinato”. Da qui ne deriva che “la dimostrazione che un sistema di regole o una «Logica» (Metodologia) porta in questo ambito a risultati interessanti, non ha quasi nulla a che fare con la questione della sua utilità nella scienza, ovvero nell’incoerente edificio complessivo: teoria precisa più ipotesi ausiliari, più premesse vaghe, più regole di corrispondenza, più spiegazioni operative, più approssimazioni, più errori qualitativi, più teoria degli apparati, più esperienza, più atmosfera filosofica” . P. K. FEYERABEND, Il realismo scientifico e l’autorità della scienza, pp. 271-273.

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La descritta “teoria dei quadri” offre lo spunto per una riflessione ulteriore circa l’incommensurabilità delle teorie, ovvero la constatazione dell’impossibilità di valutare comparativamente teorie sorte in momenti diversi; che non utilizzano cioè gli stessi termini o li adoperano con significati diversi; che non parlano degli stessi fatti o ne parlano in modo differente; che non hanno il medesimo fine o scopo. Il concetto esposto - ripreso da Kuhn74

In questo modo, parallelamente alla descritta distruzione del <mito della ragione>

- conduce al rifiuto della visione della scienza quale “accumulazione” progressiva di conoscenze (positivisti e neopositivisti) o come “approssimazione” graduale alla verità (Popper) e all’adesione ad una prospettiva che affida a criteri di tipo pragmatico - quali l’efficacia, il successo e la capacità di persuasione - la preferenza fra teorie in competizione.

75

“solo uno dei molti strumenti inventati dall’uomo per far fronte al suo ambiente”,

, Feyerabend perviene ad una distruzione del <mito della scienza>, intesa come

mentre, al di là della scienza, “esistono miti, esistono i dogmi della teologia, esiste la metafisica, e ci sono molti altri modi di costruire una concezione del mondo. È chiaro che uno scambio fecondo tra la scienza e tali concezioni del mondo “non scientifiche” avrà bisogno dell’anarchismo ancora più di quanto ne ha bisogno la scienza. L’anarchismo è quindi non soltanto possibile, ma necessario tanto per il progresso interno della scienza quanto per lo sviluppo della nostra cultura nel suo complesso”76

2.4. La scienza come processo storico

.

Le <teorie> non sono entità senza tempo, perfette ed egualmente accessibili: esse risultano strettamente connesse agli eventi che hanno

74 Circa il rapporto con Kuhn, si veda: P. K. FEYERABEND, Dialogo sul metodo, cit.,

p. 142-143. 75 “La Ragione si unisce infine alla sorte di tutti quegli altri mostri astratti come

l’Obbligo, il Dovere, la Morale, la Verità e i loro predecessori più concreti, gli Dei, che furono usati un tempo per incutere timore nell’uomo e per limitarne il libero e felice sviluppo: svanisce”. ID., Contro il metodo, cit., p. 139. Sulla distruzione del mito della ragione, in particolare si v. “Addio alla ragione”, in cui l’a. critica due idee alla base dell’espansione intellettuale dell’Occidente: l’idea stessa di Ragione e l’idea di <oggettività>.

76 Ivi, p. 246. V. anche, P. K. FEYERABEND, Dialogo sul metodo cit., pp. 29- 30: “Ogni parte della scienza è periferica e […] l’appello alla conoscenza degli esperti non è mai un argomento valido”.

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guidato la loro scoperta nonché alla <Weltanschauung> in esse espressa77, sicché, ad esempio, la portata innovativa della dottrina copernicana78 e, nel contempo, l’aspra critica che suscitò, può essere compresa a fondo solo alla luce della nuova immagine del mondo e dell’uomo da essa proposta79

Ne consegue che <Idea> e <Valutazione dell’idea> - i nuclei attorno ai quali Feyerabend elabora il proprio pensiero anarchico – non sono piani perfettamente sovrapponibili, giacché da un lato

.

“la ragione, che si presenta sempre in compagnia di un certo metodo, concede che le idee che introduciamo per migliorare e espandere le nostre conoscenze possano nascere, in certi casi, in modo molto caotico, e che l’origine storica di una cosmologia possa anche dipendere da pregiudizi di classe, passioni, idiosincrasie personali e questioni di stile”80

77 “E’ un errore ipotizzare che l’essenza di un periodo storico che inizia in un

determinato posto possa essere trasferita in un altro. Ci saranno degli influssi, è vero: per esempio, l’Illuminismo francese influenzò la Germania, ma le tendenze che ne sorgono hanno soltanto il nome in comune con le loro cause. Infine, è un errore valutare i fatti a confronto di un ideale. Molti scrittori deplorano il modo in cui la Chiesa cattolica trasformò i “buoni germani” durante il Medioevo e oltre, costringendoli a comportamenti e credenze innaturali. Ora, le azioni “innaturali” non provengono dal centro di una persona o di un gruppo, bensì dalla mente che crea degli aggregati anziché delle totalità armoniche. Svolgendo un’attività puramente formale, essa lavora tramite analisi e ricombinazione. Ma l’arte gotica produsse unità armoniche, non aggregati: ciò dimostra che le forme della Chiesa non erano di tipo estraneo, e che all’epoca i tedeschi erano cristiani convinti, non schiavi riottosi e codardi”. P. K. FEYERABEND, Ammazzando il tempo cit., p. 55.

.

78 “Copernico vuol dire progresso anche in altri campi, è un simbolo degli ideali di una nuova classe che guarda indietro all’età classica di Platone e di Cicerone, e avanti verso una società più libera e più aperta. L’associazione dell’astronomia a tendenze storiche e di classe non produce, dunque, nuovi argomenti e neppure determina la forma delle nuove leggi”: P. K. FEYERABEND, Il realismo scientifico e l’autorità della scienza, p. 294.

79 Ivi, p. 292. Sul tema del legame tra scienza e concezione dell’uomo e dell’universo, esemplificativo è il dialogo tra Fulgenzio e Galileo in Vita di Galileo di Bertold Brecht nel quale Fulgenzio, riferendosi ai suoi genitori si interroga: “Sono cresciuto in campagna, figlio di genitori contadini […]. Quando osservo le fasi di Venere, ho sempre loro dinanzi agli occhi. […] Si son sentiti dire e ripetere che l’occhio di Dio è su di loro, indagatore quasi ansioso; che intorno a loro è stato costruito il grande teatro del mondo perché vi facciano buona prova recitando ciascuno la grande o piccola parte che gli è assegnata […] come la prenderebbero ora, se andassi a dirgli che vivono su un frammento di roccia che rotola ininterrottamente attraverso lo spazio vuoto e gire intorno a un astro, uno fra tanti, e neppure molto importante? Che scopo avrebbe tutta la loro pazienza, la loro sopportazione di tanta infelicità? Quella Sacra Scrittura, che tutto spiega e di tutto mostra la necessità: il sudore, la pazienza, la fame, l’oppressione, a che potrebbe ancora servire se scoprissero che è piena di errori?”.

80 Cfr. B. BRECHT, Vita di Galileo, Milano, 1994, p. 54: Galileo, sollecitato da Andrea afferma: “Non credo che la pratica della scienza possa andar disgiunta dal coraggio. Essa

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mentre, dall’altro, solamente una imprescindibile elasticità nella <valutazione dell’idea> garantisce la sopravvivenza della medesima81

“perché pregiudizi, passioni, cecità, presunzione, errori, ottusa pervicacia – in breve, tutti gli elementi che caratterizzano il «contesto della scoperta» – si opposero ai dettami della ragione e perché, alla fine, questi elementi irrazionali prevalsero”, cioè “il copernicanesimo e altre idee «razionali» esistono oggi solo perché, nel loro passato, la «ragione» è stata spesso sopraffatta”

. Non è casuale infatti che le teorie di Copernico e Galileo si siano proiettate nel tempo proprio

82

In estrema sintesi, dunque, la scienza altro non è che un <processo storico> complesso e non omogeneo, in cui accenni di coraggiose ideologie future si sviluppano accanto a sistemi teorici estremamente sofisticati e forme di pensiero cristallizzate

.

83, secondo l’assunto caro all’epistemologia postpositivistica84 di Kuhn per la quale il progresso si realizza non perché ci si approssimi sempre di più a qualche meta assoluta (la “Verità” o le “verità”), ma perché ci si allontana sempre di più da stadi di ricerca primitivi: nella scienza non c’è crescita “verso” qualcosa, bensì “a partire da” qualcosa85

Peraltro, se è vero che la scienza non si occupa solo di <proposizioni> ma anche e soprattutto di <asserzioni>, pare condivisibile sostenere l’esistenza di un rapporto privilegiato - benché apparentemente antinomico -

.

tratta il sapere, che e' un prodotto del dubbio; e col procacciare sapere a tutti su ogni cosa tende a destare il dubbio in tutti”.

81 “Ci sono situazioni in cui anche la più liberale delle metodologie e la più liberale concezione delle leggi della ragione avrebbe eliminato un’idea che, più tardi, avrebbe giocato un ruolo essenziale nella scienza”: P. K. FEYERABEND, Il realismo scientifico e l’autorità della scienza, p. 294 -295.

82 Ibidem. 83Ivi, pp. 188, 288 e ss. Circa l’influenza della storia e della sociologia sulla filosofia

della scienza, si veda anche: T. KUHN, Riflessioni sui miei critici, in I. LAKATOS – A. MUSGRAVE (a cura di), op. cit., pp. 318- 324. Imre Lakatos sostiene che “la filosofia della scienza senza la storia della scienza è vuota”, in quanto la scienza è fortemente condizionata da fattori extra- scientifici (sociali, pratici, metafisici, …) che la allontanano dalla “pura” speculazione teorica.

84 Alcuni studiosi reputano equivoca l’espressione <epistemologia postpositivistica>, in quanto presuppone un uso generalizzato del termine <positivismo>, il quale peraltro ha valenze storicamente più circoscritte, e preferiscono parlare di <epistemologia post-neopositivistica o post-popperiana>. Altri ancora, per meglio evidenziare il rifiuto della matrice empiristica del verificazionismo neopositivistico e del falsificazionismo popperiano, parlano di <post- empirismo>.

85 T. KUHN, Riflessioni sui miei critici, in I. LAKATOS – A. MUSGRAVE, op. cit, pp. 344- 364. Dove l’a. riprende quanto esposto in La struttura delle rivoluzioni scientifiche (1962, riedito nel 1969).

Paul Karl Feyerabend (1924- 1994). Filosofo della scienza

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tra “ragione”, “irrazionalità”, “metodo” ed “anarchia intellettuale” 86, in forza del quale – come correttamente sottolineato da Feyerabend e anticipato, sebbene in termini meno radicali, da Lakatos87

“le regole metodologiche devono essere adattate alle circostanze e reinventate sempre di nuovo. Ciò aumenta la libertà, la dignità e la speranza di successo”

– allo scienziato è richiesta una forma mentis fluida in quanto

88

86 P. K. FEYERABEDN, Il realismo scientifico e l’autorità della scienza, p. 289 – 294.

.

87 Imre Lakatos vede nell’avanzamento del progresso la semplice sostituzione di un “programma di ricerca” con un altro, dove per “programma di ricerca scientifico” si intende una “costellazione di teorie scientifiche coerenti fra loro e obbedienti ad alcune regole metodologiche fissate da una determinata comunità scientifica - quindi non vere in assoluto – tant’è che, precisa il filosofo in merito al confronto tra diversi programmi, “nessun vantaggio per una delle due parti può venir considerato come definitivo in modo assoluto. Non vi è nulla di inevitabile nella sua sconfitta”. I. LAKATOS – A. MUSGRAVE, op. cit., pp. 164-276, 366- 408.

88 Ivi, p. 298. Cfr. Secondo Kuhn, senza comunque imporre un <metodo fisso> del sapere ovvero imporre una rigida demarcazione della scienza rispetto alle altre attività umane, i <fatti> debbono essere collocati all’interno di determinati quadri teorici o concettuali in grado di darne sistematicità, senza per questo imporre un <metodo fisso> del sapere ovvero imporre una rigida demarcazione della scienza rispetto alle altre attività umane.

Isabel Costanzi

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Conclusioni

«Wir müssen versuchen, das Vernünftige zu finden. Wir haben alle drei das gleiche Ziel im Auge,

doch unsere Tatik ist verschieden. Das Ziel

ist der Fortgang der Physik. Sie wollen ihr die Freiheit bewahren,

und streiten ihr die Verantwortung ab»89

«Possiamo noi ripudiare la massa e conservarci ugualmente uomini di scienza?

Io credo che la scienza non possa proporsi altro scopo

che quello di alleviare la fatica della esistenza umana»90

.

Il filosofo dell’anarchismo epistemologico è stato sovente accusato di eccessivo irrazionalismo e soggettivismo. Tale definizione risulta tuttavia riduttiva, né coglie probabilmente l’essenza della filosofia feyerabendiana. E’ lo stesso Feyerabend in Ammazzando il tempo - opera che si pone simbolicamente a conclusione del percorso di vita e di pensiero91

“Non ho mai denigrato la ragione, qualsiasi cosa sia, ma solo alcune sue versioni pietrificate e tiranniche, né avevo presupposto che la mia critica ponesse fine alla questione. Si trattava di un inizio, un inizio molto difficile, ma di cosa? Di una migliore comprensione delle scienze, di migliori assetti della società, migliori relazioni tra gli individui, un teatro migliore, un cinema migliore e così via”

– che precisa il proprio intento:

92

Pura reazione alle costrizioni e formalismi che offuscano la vita intellettuale dunque è l’attacco ironico e, a volte, irriverente ai dogmi della

.

89 F. DÜRRENMATT (1921- 1990), Die Physiker. 90 B. BRECHT, Vita di Galileo. 91 Quasi a sancire una profonda coerenza interiore, Feyerabend, in Dialogo sul metodo

del 1989 afferma: “[…] intendo scrivere un’autobiografia, il cui titolo sarà Ammazzando il tempo, perché, sfortunatamente, ogni parte della mia vita si è risolta in un inutile ciondolare e aspettare. Ma dopo, te lo prometto, starò zitto e manterrò il silenzio per sempre”. E così fu: Il filosofo muore nel 1994 e la sua autobiografia rimane l’ultima testimonianza del suo genio. P. K. FEYERABEND, Dialogo sul metodo, p. 147.

92 P. K. FEYERABEND, Ammazzando il tempo cit., pp. 152- 153.

Paul Karl Feyerabend (1924- 1994). Filosofo della scienza

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scienza ed alle regole metodologiche ad essi legate. Una lucida presa di coscienza del pluralismo93 e complessità dell’esistenza94

Infatti quel relativismo esasperato che alcuni critici hanno contestato altro non è che un approccio personale e critico alla scienza ed alla filosofia della scienza, unico mezzo adatto a “risvegliare” nell’essere umano la stessa fiducia nell’intraprendenza umana che è stata la base della rivoluzione scientifica.

che racchiude infine un’implicita fiducia nel potenziale umano.

<Anarchismo epistemologico>, come illustrato da Feyerabend nella sua fase matura, non implica il rifiuto di ogni regola, ma soltanto l’esclusione di una normativa precostituita e vincolante, in quanto sostenere che tutte le regole presentano dei limiti, non equivale a procedere senza regole.

Il discorso è più ampio e si estende oltre il campo della scienza, invadendo il sistema delle relazioni tra individui, dal momento che una netta visione morale determina necessariamente delle semplificazioni e, con esse, atti di ingiustizia e crudeltà95

Avverso le convenzioni e preconcetti che offuscano lo sviluppo umano.

96

93 Pluralismo inteso anche come libertà di scelta tra più alternative possibili. Ad

esempio, nelle discipline mediche, secondo l’a., l’essere umano dovrebbe essere lasciato libero di scegliere tra le varie terapie possibili fra le quali anche quelle non convenzionali. In particolare, i risultati dei trattamenti “alternativi” dovrebbero essere resi pubblici al fine di consentire un paragone con la medicina scientifica e valutarne l’efficacia. In altre parole, “il rispetto per le opinioni altrui, la scelta del male minore: P. K. FEYERABEND, Dialogo sul metodo cit., pp. 33-35.

, Feyerabend sostiene – forse parafrasando il Lessing illuminista - che “un buon maestro non solo farà accettare agli altri una forma di vita, ma fornirà loro anche i mezzi perché possano vederla in prospettiva e forse persino

94 “La gente deve essere in grado di vedere questa ricchezza, deve imparare come trattarla; ciò significa che la gente deve ricevere un’educazione che vada oltre gli sterili precetti o, per esprimersi negativamente, le persone devono essere protette da coloro che vogliono ridurle a copie fedeli del proprio squallore mentale”. Per questo motivo considera “l’educazione – il giusto tipo di educazione - come l’aiuto più necessario alla vita”: Ivi, pp. 8, 43.

95 “Se però consideriamo gli interessi dell’uomo e, soprattutto, il problema della sua libertà (libertà dalla fame, dalla disperazione, dalla tirannia di sistemi di pensiero stitici, e non l’accademica «libertà del volere»), allora stiamo procedendo nel peggior modo possibile. Non può darsi infatti che la scienza quale la conosciamo oggi, ovvero una «ricerca della verità» nello stile della filosofia tradizionale, sia destinata a creare un mostro? Non è possibile che essa nuoccia all’uomo, che lo trasformi in un meccanismo miserevole, freddo, ipocrita, privo di fascino e di humour? «Non può essere», si chiede Kierkegaard, «che la mia attività di osservatore obiettivo [o critico-razionale] della natura indebolisca la mia forza come essere umano?»”. P. K. FEYERABEND, Contro il metodo, pp. 142-143.

96 P. K. FEYERABEND, Ammazzando il tempo cit., p. 63.

Isabel Costanzi

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rifiutarla”97

“Considerando quanto le culture hanno imparato le une dalle altre e quanto ingegnosamente hanno assemblato il materiale così ottenuto, […] ogni cultura è in potenza tutte le culture e che tratti culturali particolari sono manifestazioni intercambiabili di una singola natura umana”

. Giunge persino ad affermare in merito alla Società intesa nel suo complesso che:

98

ovvero: ;

“dobbiamo fare attenzione ai desideri, opinioni, abitudini, suggerimenti della gente con cui stiamo per entrare in contatto e dobbiamo ottenere le nostre informazioni attraverso l’estensione di contatti personali, non da lontano, non attraverso il tentativo di essere obiettivi, non bazzicando i cosiddetti leader”.99

Il <non- metodo> di Feyerabend cela quindi una profonda umanità ed è un modo, almeno nelle intenzioni dell’autore, di contribuire ad “alleviare la fatica della esistenza umana” sollecitando il progresso sociale e scientifico.

97 P. K. FEYERABEND, Dialogo sul metodo cit., p. 37. Cfr. Lessing, al quale si è

ispirato, sosteneva: “Da un giudice non si può pretendere altro che egli si schieri con quella parte che sembra avere il maggiore diritto. [Per le controversie che hanno per oggetto la verità questa non appartiene al vincitore per diritto, così che il perdente può correggere gli errori e partecipare alla verità di chi ha vinto. Il filosofo deve essere onesto e non deve mettere da parte quei dati che possono contestare il suo sistema a vantaggio del sistema altrui.] Se si comporta diversamente, allora è chiaro che egli stravolge la verità a proprio tornaconto e la vuole rinchiudere negli angusti limiti della propria pretesa infallibilità”(G. E. Lessing, Riabilitazione di G. Cardano).

98 P. K. FEYERABEND, Ammazzando il tempo cit., pp. 170- 171. 99 Ibidem. V. anche, ID. Dialogo sul metodo cit., p. 100.

Paul Karl Feyerabend (1924- 1994). Filosofo della scienza

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DIPARTIMENTO DI ECONOMIA AZIENDALE PAPERS PUBBLICATI DAL 2008 AL 2011∗

74- Giuseppina GANDINI, Raffaella CASSANO, Sistemi giuridici a confronto: modelli di corporate governance e comunicazione aziendale, maggio 2008.

:

75- Giuseppe BERTOLI, Bruno BUSACCA, Michela APOSTOLO, Dominanza della marca e successo del co-branding: una verifica sperimentale, maggio 2008.

76- Alberto MARCHESE, Il ricambio generazionale nell’impresa: il patto di famiglia, maggio 2008.

77- Pierpaolo FERRARI, Leasing, factoring e credito al consumo: business maturi e in declino o “cash cow”?, giugno 2008.

78- Giuseppe BERTOLI, Globalizzazione dei mercati e sviluppo dell’economia cinese, giugno 2008.

79- Arnaldo CANZIANI, Giovanni Demaria (1899-1998) nei ricordi di un allievo, ottobre 2008.

80- Guido ABATE, I fondi comuni e l’approccio multimanager: modelli a confronto, novembre 2008.

81- Paolo BOGARELLI, Unità e controllo economico nel governo dell’impresa: il contributo degli studiosi italiani nella prima metà del XX secolo, dicembre 2008.

82- Marco BERGAMASCHI, Marchi, imprese e sociologia dell’abbigliamento d’alta moda, dicembre 2008.

83- Marta Maria PEDRINOLA, I gruppi societari e le loro politiche tributarie: il dividend washing, dicembre 2008.

84- Federico MANFRIN, La natura economico-aziendale dell’istituto societario, dicembre 2008.

85- Sergio ALBERTINI, Caterina MUZZI, La diffusione delle ICT nei sistemi produttivi locali: una riflessione teorica ed una proposta metodologica, dicembre 2008.

86- Giuseppina GANDINI, Francesca GENNARI, Funzione di compliance e responsabilità di governance, dicembre 2008.

87- Sante MAIOLICA, Il mezzanine finance: evoluzione strutturale alla luce delle nuove dinamiche di mercato, febbraio 2009.

88- Giuseppe BERTOLI, Bruno BUSACCA, Brand extension, counterextension, cobranding, febbraio 2009.

89- Luisa BOSETTI, Corporate Governance and Internal Control: Evidence from Local Public Utilities, febbraio 2009.

90- Roberto RUOZI, Pierpaolo FERRARI, Il rischio di liquidità nelle banche: aspetti economici e profili regolamentari, febbraio 2009.

91- Richard BAKER, Yuri BIONDI, Qiusheng ZHANG, Should Merger Accounting be Reconsidered?: A Discussion Based on the Chinese Approach to Accounting for Business Combinations, maggio 2009.

92- Giuseppe PROVENZANO, Crisi finanziaria o crisi dell’economia reale?, maggio 2009.

93- Arnaldo CANZIANI, Le rivoluzioni zappiane— reddito, economia aziendale — agli inizî del secolo XXI, giugno 2009.

94- Annalisa BALDISSERA, Profili critici relativi al recesso nelle società a responsabilità limitata dopo la riforma del 2003, luglio 2009.

95- Marco BERGAMASCHI, Analisi ambientale della Cina e strategie di localizzazione delle imprese italiane, novembre 2009.

96- Alberto FALINI, Stefania PRIMAVERA, Processi di risanamento e finalità ∗ Serie depositata a norma di legge. L’elenco completo dei paper è disponibile al

seguente indirizzo internet http://www.deaz.unibs.it

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d’impresa nelle procedure di amministrazione straordinaria, dicembre 2009. 97- Riccardo ASTORI, Luisa BOSETTI, Crisi economica e modelli di corporate

governance, dicembre 2009. 98- Marco BERGAMASCHI, Imitazione e concorrenza nell’abbigliamento di moda:

un’interpretazione economico-aziendale della normativa vigente, dicembre 2009. 99- Claudio TEODORI, Monica VENEZIANI, Intangibile assets in annual reports: a

disclosure index, gennaio 2010. 100- Arnaldo CANZIANI, Renato CAMODECA, Il Bilancio dello Stato nel pensiero degli

aziendalisti italiani 1880-1970, febbraio 2010. 101- Giuseppe BERTOLI, Bruno BUSACCA, Roberto GRAZIANO, La determinazione

del “Royalty Rate” negli accordi di licesing, marzo 2010. 102- Antonio PORTERI, La crisi, le banche e i mercati finanziari, aprile 2010. 103- Elisabetta CORVI, Emozioniamoci! L’imperativo del terzo millennio?, maggio 2010. 104- Sergio ALBERTINI, Caterina MUZZI, Innovation networking and SMEs: Open

communities and absorptive capacity. Two case studies along a continuum in the innovative process, ottobre 2010.

105- Guido ABATE, Lo sviluppo e le prospettive delle SGR immobiliari italiane, ottobre 2010.

106- Ilaria GREZZINI, Il bilancio d’esercizio e la fiscalità asincrona: norme civilistiche, eterointegrazione, Ias, ottobre 2010.

107- Ilaria GREZZINI, Finanziamento dell’economia e <partite incagliate>: la Comit 1933-1935 nella perizia di Gino Zappa, ottobre 2010.

108- Mario MAZZOLENI, Elisa CHIAF, Davide GIACOMINI, Le cooperative mutualistiche tra eccellenza economica e sociale, novembre 2010.

109- Annalisa ZANOLA, The Annual Report: an Interdisciplinary Approach to a ‘Contaminated’ New Genre, novembre 2010.

110- Elisa CHIAF, Le imprese sociali di inserimento lavorativo e la creazione di valore: uno studio di casi, dicembre 2010.

111- Francesca GENNARI, Luisa BOSETTI, La governance delle agenzie di rating: prime considerazioni alla luce delle riforme, dicembre 2010.

112- Roberto RUOZI, Pierpaolo FERRARI, Verso la “deglobalizzazione” del sistema bancario internazionale?, dicembre 2010.

113- Paolo BOGARELLI, L’apprezzamento dell’economicità nelle cooperative sociali: il caso della cooperativa di Bessimo, dicembre 2010.

114- Annalisa BALDISSERA, Continuità d’impresa e soci recedenti nella S.r.l.: convenienze antitetiche delle aziende di produzione e familiari, dicembre 2010.

115- Sonia Rachele PIOTTI, On the Trail of the Vocabulary of Mathematical Science in Early Modern English, giugno 2011.

116- Alberto MAZZOLENI, Elisa GIACOSA, Il progetto di risanamento dell’impresa in crisi: la recente esperienza italiana, giugno 2011.

Università degli Studi Dipartimento didi Brescia Economia Aziendale

Settembre 2011

Paper numero 117

Isabel COSTANZI

PAUL K. FEYERABEND (1924-1994)FILOSOFO DELLA SCIENZA

Università degli Studi di BresciaDipartimento di Economia AziendaleContrada Santa Chiara, 50 - 25122 Bresciatel. 030.2988.551-552-553-554 - fax 030.295814e-mail: [email protected]

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