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Dirigente Scolastico – Prof.ssa Clara Cocci 1 PARTE 3ª Tratto da Progetto Centaurus – Sintesi Il governo della scuola: complessità, autonomia, qualità La scuola oggi: valori formativi e continuità Gli strumenti della gestione della complessità: la norma giuridica Le capacità relazionali (la comunicazione) La leadership Le nuove tecnologie educative per la scuola La progettazione dell’offerta formativa Conclusioni – Per una cultura dell’autonomia nella scuola Tratto da Scuola e Didattica n° 10 – 1 febbraio 2005 – “L’ambiguità del segno” di Giuliano Minichiello *** 1ª e 2ª Mappa – “Le competenze per un’Europa competitiva e COESA” di F. Brotto 19/5/99 3ª Mappa – “Elenco dei set up mentali e capacità riscontrabili in competenze relative a: la Personalità – l’Interazione sociale o Comunicazione – la Metodologia, Tecnica, Gestione” di F. Brotto 19/5/99 4ª Mappa – “I nodi problematici dei saperi minimi” di F. Brotto 19/5/99 *** Dal Sistema qualità di Anna Maria Piazzola – Euroedizioni – URL – www.euroedizioni.it Esempio di una tabella che rappresenta una mappa dei più importanti processi scolastici *** I progetti per il controllo di gestione

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PARTE 3ª Tratto da Progetto Centaurus – Sintesi

− Il governo della scuola: complessità, autonomia, qualità − La scuola oggi: valori formativi e continuità − Gli strumenti della gestione della complessità: la norma giuridica − Le capacità relazionali (la comunicazione) − La leadership − Le nuove tecnologie educative per la scuola − La progettazione dell’offerta formativa − Conclusioni – Per una cultura dell’autonomia nella scuola

Tratto da Scuola e Didattica n° 10 – 1 febbraio 2005 – “L’ambiguità del segno” di Giuliano Minichiello

***

1ª e 2ª Mappa – “Le competenze per un’Europa competitiva e COESA” di F. Brotto 19/5/99 3ª Mappa – “Elenco dei set up mentali e capacità riscontrabili in competenze relative a: la Personalità –

l’Interazione sociale o Comunicazione – la Metodologia, Tecnica, Gestione” di F. Brotto 19/5/99

4ª Mappa – “I nodi problematici dei saperi minimi” di F. Brotto 19/5/99

***

Dal Sistema qualità di Anna Maria Piazzola – Euroedizioni – URL – www.euroedizioni.it Esempio di una tabella che rappresenta una mappa dei più importanti processi scolastici

*** I progetti per il controllo di gestione

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Il governo della scuola: complessità, autonomia, qualità Tratto da: “Il governo della scuola: complessità, autonomia, qualità” - progetto Centaurus

Liberamente rielaborato sulle sintesi dalla Prof. Clara COCCI – Dir. Scol. I.C. “B.BRIN” – T E R N I Complessità, autonomia, qualità di Piero Romei 1) Introduzione Il legame logico fra i tre concetti: l'autonomia per gestire la complessità in vista dell'erogazione di un servizio scolastico di qualità. 2) Prima parte: L'autonomia Considerazioni proposte: - l'autonomia come tendenza inevitabile (problema di come, non di se); - l'autonomia come "luogo dello spirito" (nella testa, non dalla legge); - l'autonomia come varietà necessaria, quindi come confronto e competizione, da regolare; l'autonomia

deve essere regolata; - l'autonomia come processo, di cui i decreti a venire sono solo una tappa; - l'autonomia come occasione/strumento per le istituzioni (scolastiche) di recuperare la fiducia sociale

(con il PEI come “patto concreto"); - l'autonomia come occasione/strumento per rafforzare l'identità di una scuola protagonista dei processi

culturali e formativi; - l'autonomia come problema non del solo Dirigente Scolastico, ma di tutta la scuola. Implicazione fondamentale: l'autonomia "consegna" alle singole scuole il problema della gestione della complessità. 3) Seconda parte: La complessità Punti del ragionamento: - la complessità come paradigma caratterizzante del mondo postmoderno; - la complessità come scoperta dei limiti della razionalità umana; - la necessità di sviluppare un metodo per muoversi nella complessità; - rinuncia al delirio di onnipotenza, resistenza alla disperazione dell'impotenza; - messa a frutto delle potenzialità umane; - predisposizione ad apprendere continuamente dall'esperienza; cioè: - non possiamo conoscere la realtà, ma possiamo rappresentarla (descriverla, ma anche "metterla in

scena"); - non possiamo scoprire regole oggettive/universali, ma possiamo formulare ipotesi di lavoro e

verificarne la validità; - la complessità nella scuola è legata alla natura probabilistica del nesso tra insegnamento e

apprendimento: (I -/-> A)

- la consapevolezza di ciò è determinante per affrontare (con il metodo esposto) il problema della qualità nella scuola.

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4) Terza parte: la qualità Elementi della proposta logico-metodologica: - la qualità è oggetto di una domanda sociale diffusa; - la qualità - problema complesso - non può essere definita oggettivamente: ne va fatta una

"rappresentazione sensata"; - si propongono, come caratteristiche di qualità di un servizio, l'affidabilità, la rendicontabilità e la

responsabilità; - che cosa deve dunque essere di qualità nella scuola? - nella relazione I->A, l'attenzione di tutti è su A; - ma se il nesso è probabilistico, la scuola non può essere affidabile, rendicontabile, responsabile di A; - occorre allargare l'attenzione progettuale, concentrandola su I; - la domanda diventa: quali sono le caratteristiche di un servizio che sia "in sé" di qualità? di cui

chiamare a rispondere - in modo pertinente, e sanzionato - gli insegnanti? - la qualità dell'insegnamento è un terreno tutto da esplorare; - la qualità dell'Insegnamento è un problema complesso; occorre cominciare a costruire

rappresentazioni sensate e concordate, tramite convinzioni esplicite; - sui comportamenti professionali appropriati del "bravo insegnante"; - sugli attributi delle componenti accessorie del servizio; - ipotesi di lavoro; - la qualità riguarda la quotidianità dell'insegnamento; - fattore centrale della qualità dell'Insegnamento è la collegialità effettiva; - la costruzione di una collegialità effettiva è un problema culturale, strutturale, strumentale; - il Dirigente Scolastico è la "porta" attraverso la quale inevitabilmente passa o non passa l'innovazione

per l'evoluzione culturale, strutturale, strumentale sulla scuola. Key-notes La riflessione sul tema dell'autonomia prende spunto da due ordini di fattori che caratterizzano l'attuale situazione: • La crisi di identità della scuola • La scuola come sistema complesso La scelta strategica dell'autonomia si pone pertanto come: • possibilità di governo della complessità • risorsa per la valorizzazione del fattore qualità Da sottoporre ad analisi: • le apparenti antinomie • gli indicatori • verso il "miglioramento"

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BIBLIOGRAFIA G. ALMOND - G.POWELL, Politica Comparata, Il Mulino, Bologna, 1985 C. ARGYRIS - D. A. SCHOEN, Organizational Learning: a Theory of Action Perspective, Addison-

Wesley, Reading, Mass., 1981 A. CALVANI (a cura di), Scuola, computer, linguaggio, Loescher, Torino, 1989 A. CALVANI, Iperscuola, Tecnologia e futuro dell'educazione, Muzzio, Padova, 1994 M. CERUTI - G. BOCCH.I (a cura di), La sfida della complessità, Feltrinelli, Milano, 1985 M. CROZIER, Stato modesto, stato moderno, Edizioni Lavoro, Roma, 1988 N. DANIELE, "La riforma delle strutture delle istituzioni scolastiche", in Rivista giuridica della scuola,

1994 M. DOUGLAS, Come pensano le istituzioni, Il Mulino, Bologna, 1990 A. ETZIONI, Sociologia dell'organizzazione, Il Mulino, Bologna, 1967 R. FISHER - W. URY, L'arte del negoziato, Mondadori, Milano P. GAGLIARDI, (a cura di), Le imprese come culture, Isedi, Torino, 1986 J. G. MARCH - J. P. OLSEN, Riscoprire le istituzioni, Il Mulino, Bologna, 1992 E. MORIN, Il metodo. Ordine, disordine, organizzazione, Feltrinelli, Milano, 1988 V. MORTARA, Introduzione alla pubblica amministrazione italiana, F. Angeli, Milano, 1981. P. ROMEI, La qualità nella scuola. Idee ed esperienze per una politica di gestione, McGraw-Hill,

Milano, 1991 P. ROMEI, Autonomia e progettualità, la scuola come laboratorio di gestione delle complessità sociale,

La Nuova Italia, Firenze, 1995 R. W. SCOTT, Le organizzazioni, Il Mulino, Bologna, 1985 C. SCURATI, Umanesimo della scuola oggi, La Scuola, Brescia, 1983 C. SCURATI, Punteggiature e discorsi, La Scuola, Brescia, 1989 P. WATZLAWICK, Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio, Roma, 1971 P. WATZLAWICK, Il codino del Barone di Munchhausen, Feltrinelli, Milano K. WEICK, Le organizzazioni scolastiche come sistemi a legame debole, in S. ZAN (a cura di), Logiche

di azione organizzativa, Il Mulino, Bologna, 1988 K. WEICK, Organizzare. La psicologia sociale dei processi organizzativi, Isedi, Torino, 1992

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Valori formativi della scuola LA SCUOLA OGGI: VALORI FORMATIVI E CONTINUITÀ di Cesare Scurati 0. Confronto fra i paradigmi della continuità e della discontinuità: - tematica della discontinuità negativa: conflitto, contraddizione, contrasto - tematica della discontinuità positiva: cambiamento di esperienza, utilizzazione di nuovi apporti,

variazione dei linguaggi formativi. 1. Le grandi continuità Idea centrale: la qualità della scuola come esperienza interiorizzata * alfabetizzazione: - significato tradizionale e significato nuovo

alfabetizzazione: non acquisizione di pura strumentalità tecnica ma ingresso nella vita della ragione, nei sentieri della cultura - distinzione fra sapere cristallizzato e sapere fluido: alfabetizzazione come introduzione alle visioni avanzate della ricerca, ai significati umani, alle strategie procedurali

* accoglienza: la scuola come espansione dell'esperienza vitale, luogo di 'abilitazione' all'adattamento profondo alla vita, tempo in cui 'apprendo' ad essere-a dirmi-ad esistere. La scuola come luogo di accoglienza integrale dell'essere giovanile.

* non intrusività: la scuola aiuta ma non colonizza, non sottopone a irresistibilità, ma lavora su tracciati di carattere costruttivo, procedurale, volto alla conquista dell'autonomia: imparo a capire, imparo ad apprendere.

* valutazione: a scuola entro nel mondo della 'misura' di me, del senso profondo del successo e dell'insuccesso, dell'autostima, della costruzione progressiva dell'immagine/del concetto/del progetto di sé.

2. L'organizzazione della continuità Tre schemi fondamentali: a - la sequenzialità b - la ciclicità c - la reinvenzione Ciascuno di questi schemi può trovare la sua realizzazione a diversi livelli: -attraverso i Programmi nazionali; -nei piani curricolari di scuola; -in momenti particolari di interazione e di comunicazione. 3. Le condizioni della continuità * la preparazione di base degli insegnanti: impianto di una professionalità di ingresso costruita su valori

comuni e su competenze universali * l'autoriflessività in situazione: prospettiva dell'autoanalisi di istituto e della valutazione continua.

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Key-notes Le problematiche connesse ai valori formativi nella scuola di oggi suscitano la domanda di fondo: • Perché il problema valoriale Ad essa si collega il seguente nucleo di questioni relative al tema della continuità • Confronto fra i paradigmi della continuità e della discontinuità • Le grandi continuità fra i diversi gradi di scuola • Si può organizzare la continuità? Attorno a quali assi? • Le condizioni della continuità nella scuola autonoma

INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE

V. CESAREO - C. SCURATI (a cura di), Infanzia e continuità educativa, Angeli, Milano, 1986; G. GENOVESI, e altri, Continuità educativa e scuola di base, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli,

1988; G. BERTAGNA, Educazione, continuità e scuola, La Scuola, Brescia, 1994; M. e P. CALIDONI, Continuità educativa, La Scuola, Brescia, 1995.

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Gli strumenti della gestione della complessità: la norma giuridica FORMA E VALORE DELL' AUTONOMIA SCOLASTICA. SPAZI, VINCOLI E RESPONSABILITÀ di Laura Paolucci AUTONOMIA SCOLASTICA A - Forma dell'autonomia scolastica 1) Autonomia scolastica e personalità giuridica 2) Autonomia scolastica: i suoi aspetti giuridico-formali:

a) autonomia finanziaria b) autonomia organizzativa c) autonomia didattica

B - Valore dell'autonomia scolastica 1) Autonomia e discrezionalità 2) Discrezionalità: tipologia e contenuto

***** A. 1. Autonomia scolastica e personalità giuridica * Concetto di PERSONA GIURIDICA Nell'organizzazione amministrativa sono molte le persone giuridiche (Stato, Ente pubblico)

→ l'Ente pubblico tende ad essere persona giuridica pubblica → persone fisiche

Soggetti giuridici → persone giuridiche → enti di fatto

* Disciplina giuridica (art. 11 c.c.) * Come si DIVENTA una persona giuridica pubblica (legge o atto deleg.: art. 4 L. n° 70/75) * Come AGISCE una persona giuridica pubblica A. 2. Autonomia scolastica: i suoi aspetti giuridico-formali Uniformità delle strutture scolastiche con attribuzione dello STESSO GRADO DI AUTONOMIA: il problema dei limiti dell'autonomia

→ finanziaria Tipi di autonomia → organizzativa

→ didattica es. Università ed Istituti tecnici e professionali (aut. patrimoniale e finanziaria, non didattica)

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A. 2. 1. Autonomia finanziaria * Disponibilità di BENI PATRIMONIALI

* RISORSE FINANZIARIE

* contributi statali * tasse scolastiche * forme di autofinanziamento

→ capacità di ricevere donazioni e mortis causa

* in quanto persona giuridica ha → capacità negoziale → capacità e legittimazione processuale

A. 2. 2. Autonomia organizzativa * La LEGGE deve stabilire:

* la STRUTTURA ORGANIZZATIVA delle scuole * la predeterminazione di UFFICI e apparati * le QUALIFICHE DEL PERSONALE assegnato

Alla legge spetta la riforma degli ORGANI COLLEGIALI e della attribuzione delle funzioni (importanza primaria deve essere attribuita ai COMPITI DI GESTIONE). A. 2. 3. Autonomia didattica Secondo il regime attuale, l'autonomia riguarda

* i metodi di insegnamento e * NON le materie e i programmi

* PROGETTI DI ISTITUTO di organizzazione modulare e FLESSIBILITÀ CURRICULARE come

iniziative non del singolo docente, ma del Consiglio di Istituto

* In un sistema di titolo legali di studio, l'autonomia didattica degli Istituti scolastici non può che essere limitata

* l'autonomia circa la valutazione degli alunni è limitata alle PROCEDURE (rimangono così non modificati i tempi e i criteri di valutazione)

* rimane anche invariata la disciplina degli esami

*****

B. 1. Autonomia e discrezionalità * Ruolo e responsabilità della scuola "autonoma" * Rapporto di gerarchia (fra organi e fra enti): suoi limiti * Valore della circolare ministeriale * Rapporto diretto e primario tra l'organo scolastico e la fonte del diritto

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B. 2. Discrezionalità: tipologia e contenuto * La discrezionalità nel processo decisionale amministrativo * potere VINCOLATO * potere DISCREZIONALE * Discrezionalità TECNICA e AMMINISTRATIVA * INTERPRETAZIONE della norma ed individuazione dei CONFINI DELLO SPAZIO

DECISIONALE lasciato da questa all'azione amministrativa che può riguardare di questa: * l'AN (se ricorrono le condizioni per l'esercizio del potere) * il QUID (scelta dell'oggetto dell'azione amministrativa) * il QUANDO (scelta del momento dell'azione amministrativa) * il QUOMODO (scelta delle modalità dell'azione amministrativa) IL DIRIGENTE SCOLASTICO

il passato * D.P.R. N° 417/74 (art. 3) → compiti di

* coordinamento e promozione delle attività didattiche * di esecuzione delle delibere degli organi collegiali * specifiche funzioni amministrative, escluse quelle contabili e di economato tassativamente

indicate

il futuro * Dopo la riforma della P.A. → al fine di migliorare l'efficienza della p.a. occorre: * delimitare le competenze deliberative degli ORGANI COLLEGIALI * delimitare le RESPONSABILITÀ in campo amministrativo * riformare i REQUISITI DI ACCESSO alla funzione direttiva in ragione dei maggiori compiti in

campo amm.vo e gestionale * specificare i compiti di VALUTAZIONE e GESTIONE del PERSONALE

* rispetto della libertà di insegnamento * responsabilità per la migliore utilizzazione del personale * valorizzazione delle risorse umane

* D.Lgs. n° 29/93 e la L. 724/1994 (art. 23, 4° e 5° comma) Key-notes L'autonomia è fattore di riforma che contribuisce a ridefinire: • un nuovo ruolo della scuola • un nuovo ruolo del dirigente scolastico in relazione ai rapporti esterni e ai rapporti interni Gli aspetti giuridico-formali dell'autonomia scolastica sono: • l'autonomia finanziaria (Istituti con personalità giuridica / senza personalità giuridica) • l'autonomia organizzativa (D. Lgs. 29/93 - Riorg. della P.A.) • l'autonomia didattica (valore legale dei titoli di studio)

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L'autonomia comporta la discrezionalità che richiede: • la norma come perimetro formale • la possibilità di interpretazione della norma la quale ultima chiama in causa valori meta-giuridici quali: • capacità organizzative • capacità di mediazione • sensibilità umana • inventiva Ambito di riferimento: Diritto amministrativo. Proposta: Preside come “uomo di cultura organizzativa e gestionale”

NOTE BIBLIOGRAFICHE AA VV (a cura di CARINCI), Il lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, Milano, 1995 MOLINARI, Il Sistema delle responsabilità nella scuola, Milano, 1995 PENNISI, La responsabilità e le garanzie per il personale della scuola, Milano, 1994 DANIELE, La riforma delle strutture delle istituzioni scolastiche, in Riv. giur. scuola, 1994, 207 CLARICH-IARIA, La riforma del pubblico impiego, Rimini, 1994 MAZZAROLLI-PERICU-ROMANO-ROVERSI MONACO-SCOCA, Diritto amministrativo, Bologna,

1993, volumi I e II SEVIERI, Elementi di responsabilità nella gestione amministrativa e contabile della scuola, Genova,

1993 DALLE FRATTE, La scuola fra autonomia e cambiamento, in Riv. giur. scuola, 1993, p. 43 DI GIOVANNI, A proposito dell'autonomia scolastica, in Riv. giur. scuola, 1989, 179 PECORARO, L'autonomia amministrativa degli organi collegiali della scuola, in Riv. giur. scuola, 1983,

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Gli strumenti della gestione della complessità: le capacità relazionali DINAMICHE INTERPERSONALI E DI GRUPPO di Paolo Vergnani INTRODUZIONE

* Perché vi vogliamo insegnare la comunicazione.

AUTOMATISMI * Tendiamo a reagire sempre nello stesso modo * Vantaggi e svantaggi

1° ASSIOMA DELLA COMUNICAZIONE:

* 30" senza comunicare. * Realtà esterna ed interna * Non si può non comunicare * Influenza sul ritmo

2° ASSIOMA DELLA COMUNICAZIONE

* Contenuto e relazione * Perché diamo più credito all'aspetto di relazione

3° ASSIOMA DELLA COMUNICAZIONE

* La punteggiatura * Comunicazione lineare e circolare

4° ASSIOMA DELLA COMUNICAZIONE

* Relazioni simmetriche e complementari

PROFEZIA CHE SI AUTOAVVERA

* Aspetti cognitivi * Aspetti comportamentali * Nel contesto interpersonale e in quello istituzionale * Legge del contrasto

DISTORSIONE DELLE INFORMAZIONI

* 2 esercizi di percezione * Cancellazione, deformazione, generalizzazione

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SOLUZIONI

* Comunicazione a una via e a due vie * Maieutica * Ascolto attivo

CONTRASTO CONFLITTO

* Definizione * Luoghi comuni

STRATEGIE DI GESTIONE DEL CONFLITTO

* Metacomunicazione * Rivolgersi a un terzo * Disarmo univaterale * Ristrutturazione

Key-notes L'attenzione alle dinamiche interpersonali e di gruppo è determinata dalla consapevolezza della: * crucialità della comunicazione nella gestione dell'Istituto scolastico (fattore di crisi e successo del

progetto) Fra gli elementi della teoria e della pratica della comunicazione è essenziale tener conto di: * il livello dei contenuti e quello della relazione * il non detto * la gestione del conflitto/contrasto * le strategie di risoluzione

"Col tono giusto, si può dire tutto col tono sbagliato, nulla. L'unica difficoltà consiste nel trovare il tono" (George Bernard Shaw)

Esercitazione: La leadership Elemento cruciale del "cambiamento culturale" è il Preside. Egli dunque non può non porsi il problema della leadership. Il Preside ha, fra le altre, la responsabilità della gestione delle risorse umane. Ciò comporta una ridefinizione della ⇒ Autorità/potere

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fondato su basi • gerarchico-formali (investitura dall'alto) • professionali (il Preside è stato prima insegnante) • personali (in termini di conoscenze, esperienze, modi di organizzazione) in termini di ⇒ Autorevolezza/credibilità fondata su basi come la • capacità di mobilitare il personale su obiettivi concreti e concordati Pertanto si rende necessaria la scelta di uno fra le seguenti alternative di stili di guida: • autoritario / partecipativo • concentrato sull'obiettivo / sul clima Tale scelta si realizzerà in termini di flessibilità mediante uno sviluppo della capacità manageriali.

Determinazione dello stile e dell'ampiezza della leadership

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NOTE BIBLIOGRAFICHE ALLEN R. E., Winnie puh per i manager, 1995, Guanda. ARGYLE M., Il corpo e il suo linguaggio, 1975, Zanichelli. BANDLER R. GRINDER J., Programmazione neuro linguistica, 1981, Astrolabio. BERNE E., A che gioco giochiamo, 1967, Bompiani. BLANCHARD K. et al., Costruire gruppi di successo, 1991, F. Angeli. BLANCHARD K., HERSEY P., Leadership situazionale, 1984, Sperling & Kupfer. FISHER R., URY W., L'arte del negoziato, 1985, Mondadori. HAGEMANN G., Eccellenza nella motivazione, 1992, F. Angeli. MADDUX R. B., Come delegare e avere ottimi risultati, 1993, F. Angeli. MORGAN G., Images, 1988, F. Angeli. WATZLAWICK P. et al., Pragmatica della comunicazione umana, 1971, Astrolabio. WATZLAWICK P. et al., Change, 1974, Astrolabio.

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Gli strumenti della gestione della complessità: le nuove tecnologie NUOVE TECNOLOGIE EDUCATIVE PER LA SCUOLA di Antonio Calvani Tra i profondi cambiamenti in atto nella società in cui viviamo, uno dei più significativi è costituito dallo sviluppo delle cosiddette "nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione". Interrogandoci sulla possibile collocazione e sul significato educativo di tali tecnologie all'interno della scuola, ci troviamo davanti ad almeno tre ambiti di riflessione: 1) Natura ed evoluzione delle nuove tecnologie. 2) Rapporto tra tecnologia, processi cognitivi, aspetti della cultura. 3) Nuove tecnologie come chiave di analisi e di rilettura del sistema scuola. 1) Natura ed evoluzione delle nuove tecnologie Il computer ha avuto un'evoluzione che è rimasta dietro le quinte per una trentina d'anni; dalla fine degli anni Settanta, è apparso al grande pubblico, iniziando un processo sempre più rapido di trasformazione, diversificazione, miniaturizzazione di cui è difficile vedere il punto d'arrivo. Oltre alle modificazioni tecniche, si sono verificati profondi mutamenti nelle valenze, nei significati d'uso delle tecnologie informatiche. Tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta, si assiste essenzialmente all'impiego del computer come automa che allevia l'uomo da compiti ripetitivi. Questo periodo, nella scuola, corrisponde alla fase dei tutoriali e dell'istruzione programmata. Nella seconda metà degli anni Ottanta l'attenzione si sposta da un'ottica comportamentista, più meccanicistica ed orientata al controllo delle acquisizioni individuali, ad un approccio cognitivistico-costruttivistico: è la fase del computer come "tool" per potenziare le attività di strutturazione dello studente, attraverso l'impiego di software "general purpose". L'inizio degli anni '90 si caratterizza per i cambiamenti nelle interfacce e per l'avvento della ipertestualità e multimedialità: i computer diventano tools collettivi non limitati alla elaborazione personale, ma centrati sull'apprendimento cooperativo: si tende a favorire, attraverso la telematica, la produzione collaborativa della conoscenza con il supporto di grandi banche di dati. 2) Rapporto tra tecnologia, processi cognitivi, aspetti della cultura. Utensili cognitivi. Solitamente si è portati a considerare la tecnologia come qualcosa di esterno a noi, come una serie di oggetti staccati dalla mente, senza considerare invece quanto la tecnologia sia una parte fondamentale della nostra coscienza, e quanto il linguaggio e gli strumenti concettuali siano in buona parte introiezione di una tecnologia (ad esempio la scrittura). Uno dei principali oggetti di studio della tecnologia cognitiva o tecnopsicologia, che si occupa dell'interazione tra tecnologia e mente, è rappresentato dalla scrittura elettronica. Mentre prima degli anni Settanta, in tutti i modelli psicologici, la scrittura veniva descritta come un'attività sequenziale a stadi rigidi (pianificazione, messa in carta, correzione), oggi gli psicologi cognitivisti la considerano un processo circolare, ricorsivo, complesso, per cui scrivere significa pensare, dialogare con sé stessi per cercare un senso nella nostra visione delle cose. Questa nuova concezione dell'attività dello scrivere può avere importanti ricadute sul piano didattico, ambito in cui l'impiego del word processor può dare risalto ad alcune funzioni cognitive in linea con i nuovi modelli teorici.

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Brainframes. De Kerckhove ritiene che dalla tecnologia derivino "brainframes", ovvero "cornici della mente", che strutturano l'attività percettiva e cognitiva. Egli sostiene che negli ultimi 10-15 anni i ragazzi sono passati da una cornice alfabetica (modalità sequenziale ed analitica di processare i dati) ad un brainframe televisivo (del tipo "mordi e fuggi"), ad una cornice cibernetica. Quest'ultima implica un apprendimento, in ambiente artificiale, basato sulla percezione-azione, con caratteristiche proprie della lettura televisiva, a sguardo diffuso, ma anche con una riscoperta dell'abilità dell'agire. Aspetti culturali. Ogni prodotto tecnologico rimanda alla cultura sotto due versanti, in quanto è un condensato della cultura del tempo ed in quanto entra nei giochi culturali attraverso le particolari teorie d'uso; nello stesso tempo, la tecnologia è nell'attività simbolica e nelle stesse istituzioni culturali. I cambiamenti subentrati nella tecnologia della parola (scrittura, stampa) hanno cambiato le forme del linguaggio orale e del pensiero. L'avvento della scrittura, ad esempio, ha permesso al linguaggio di diventare oggetto rappresentabile e analizzabile, di operare su di esso a livello retrospettivo: questa possibilità ha consentito la nascita della filosofia, della storiografia, della grammatica, di gran parte delle discipline scientifiche così come oggi noi le conosciamo. In sostanza, la tecnologia invisibile si è concretizzata nell'organizzazione della cultura. 3) Tecnologia come chiave di analisi e di rilettura del sistema scuola L'ingresso delle nuove tecnologie nella scuola offre l'occasione per una rilettura dei modelli formativi, permettendo di individuare certe dimensioni, eventuali squilibri, dal cui esame si possono prospettare nuovi scenari, nuove forme di educazione. Qualunque sistema formativo può essere ricondotto a due modalità fondamentali: dirette e mediate. Le modalità dirette, a loro volta, possono sostanzialmente suddividersi in:

− esperenziale (azione, manipolazione); − orale (dialogo, narrazione, racconto); − imitativa (agire osservando un modello che agisce, come accadeva nella bottega artigiana).

Anche le modalità mediate si possono distinguere in tre tipi, secondo uno schema mutuato da De Kerckhove: -alfabetica; -televisiva; -cibernetica. Fino ad oggi, la scuola ha sviluppato soprattutto le modalità orale e alfabetica, tagliando quasi completamente fuori tutte le altre. Inoltre, anche queste due modalità non sono state impiegate al massimo delle loro potenzialità. La modalità orale, ad esempio, ha ben poco della vivacità e interattività che caratterizzava le antiche culture orali, i racconti dei cantastorie, modelli di didattica multimediale ante litteram, in cui veniva data grandissima importanza alla musica che accompagna il testo, alla gestualità, all'immagine. A sua volta, la modalità alfabetica nella scuola ha fatto sì che il libro si sovraccaricasse di schede, apparati, questionari che hanno tolto all'allievo il gusto della lettura. Una grave mancanza del sistema scolastico, infine, è stata l'abdicazione rispetto alla grossa fetta della formazione dei giovani che avviene attraverso il canale televisivo. Gusti, atteggiamenti, linguaggio dei giovani si formano attraverso il messaggio della televisione: qui deve inserirsi la scuola per insegnare a decostruire il messaggio, ad analizzarlo per comprendere la differenza tra finzione e realtà.

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La progettazione dell’offerta formativa Quello che segue è il possibile "indice" di un documento contenente un'offerta formativa progettata secondo i criteri proposti. 1) I criteri ispiratori di fondo. È la premessa culturale ed etico-valoriale, nella quale vengono esplicitati i punti di riferimento condivisi dal personale di una scuola, posti dichiaratamente alla base dell’azione progettuale collegiale e capaci di connotare, in termini generali ma già orientativi, l’identità della scuola stessa. 2) I profili formativi in uscita. Esprimono le finalità a cui è progettualmente diretta l'azione formativa della scuola in termini di modelli di riferimento, in cui gli obiettivi di apprendimento disciplinari e non disciplinari saranno ovviamente declinati ma collegati tra di loro con una tendenziale coerenza rispetto alle intenzioni e alle competenze degli insegnanti, e alle aspettative dei vari interlocutori direttamente e indirettamente interessati. 3) I "pacchetti" di insegnamento disciplinare garantiti. Contengono i nuclei tematici di ciascuna disciplina selezionati dagli insegnanti della stessa disciplina in base al valore formativo riconosciuto ad essi tramite l'analisi e la riflessione collegiale. Costituiscono oggetto di impegno concordato di insegnamento da parte di ciascun docente, che ne garantisce il rispetto inserendoli irrinunciabilmente all'interno della propria programmazione didattica individuale. 4) Le priorità non disciplinari. I singoli consigli di classe dovranno attrezzarsi per gestire la specificità delle singole situazioni di classe, tramite un'osservazione collegiale sistematica. Queste priorità sono altrettanti aspetti critici giudicati meritevoli di interesse a seguito di un'analisi generale del contesto socioambientale collegialmente condivisa delle problematicità e delle potenzialità che esso presenta. In quanto tali, vengono indicati all'attenzione dei consigli di classe e dei singoli docenti come priorità di cui riscontrare la fondatezza nelle situazioni specifiche. 5) Le componenti accessorie del servizio scolastico. "Stricto sensu", il servizio offerto dalla scuola è l'insegnamento; in senso più ampio, è tutto ciò che la scuola offre alla fruizione degli studenti. Mensa, bar, trasporti, attività variamente integrative; aperture pomeridiane. Anch'esse contribuiscono a qualificare l'azione formativa della scuola, e vanno dunque esplicitamente indicate nell'offerta complessiva, insieme alle modalità di fruizione. 6) Gli interventi prospettati nelle emergenze educative. La scuola sembra diventata il contenitore di tutte le emergenze sociali, generalmente reinterpretate come educative quindi "scaricate" sulla scuola. Ogni scuola deve imparare a selezionare; dichiarando ancora una volta esplicitamente quali problemi considera da un lato prioritari nel proprio contesto socioambientale, dall'altro tali da poter essere utilmente affrontati con le competenze effettivamente disponibili al proprio interno, nell'ambito di interventi appositamente progettati. 7) Le regole per l'accesso e la fruizione del servizio scolastico. Sono le regole comportamentali che la scuola si impegna a rispettare per facilitare l'utilizzo da parte dei destinatari delle varie componenti del servizio. Orari, modulistica, tempi di risposta relativi all'attività sia didattica sia tecnico-amministrativa prospettati come modalità esplicitamente garantite, in modo che gli interlocutori possano impostare i propri rapporti con la scuola su basi di significativa certezza. 8) Il calendario dei momenti di verifica. Sono i momenti in cui chi si è impegnato nelle scelte progettuali e chi ne è destinatario interessato si incontrano - in itinere e alla scadenza finale - per fare il punto della situazione, raccontarsi come è andata, cosa ha funzionato e cosa no, quali provvedimenti è il caso di adottare per aggiustare il tiro o per fare tesoro dell'esperienza. Sono momenti fondamentali ed irrinunciabili di qualunque azione progettuale intesa in senso metodologicamente corretto: consentono di chiudere il cerchio progettuale, e rendono possibile l'apprendimento sistematico dall'esperienza necessario per muoversi sempre più agevolmente nella complessità scolastica. Questo "indice" non pretende in alcun modo di dare una risposta necessariamente giusta né definitiva al problema, ma di essere uno strumento di sistematizzazione delle esperienze finora maturate, e di stimolo per l'affinamento progressivo delle capacità progettuali collegiali.

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Va posto in evidenza che la sua attuazione non è lavoro dì pochi mesi, fatto per rispettare adempimenti formali da assolvere una volta per tutte. Esso in realtà prefigura un vero e proprio programma di lavoro destinato ad informare di sé il modo di fare scuola di tutta un'unità scolastica orientandone l'azione collegiale su coordinate operative che - pur traducibili in documenti progettuali centrati su traguardi temporalmente definiti secondo i tempi e le scadenze formali della scuola e delle sue norme - vanno considerate a tempo indeterminato. E durano fino a quando dura la scuola. Né la sequenza indicata è tassativa: la logica che collega le varie "voci" è circolare, e la scelta eventuale del punto di partenza va rinviata alle caratteristiche delle situazioni specifiche delle singole scuole, con le opportunità, i problemi e le conseguenti possibilità di azione che in ciascuna di esse si prospettano. Un programma di lavoro impegnativo, tale da indurre - se preso in considerazione come ipotesi concreta -una revisione della struttura formale delle unità scolastiche, con un rafforzamento dei gruppi di lavoro collegiali - gruppi per disciplina e consigli di classe, principalmente; gruppi di lavoro ad hoc su specifici temi - da considerare davvero come elementi portanti permanenti della struttura stessa. Uno specifico elemento di consolidamento di questi gruppi consiste nell'affidarli alla conduzione di figure dotate di compiti e competenze di coordinamento; figure innovative, da introdurre come interpretazione davvero profittevole delle "figure di sistema" previste dalle recenti norme contrattuali. Un programma di lavoro, tuttavia, per il quale vale la pena di impegnarsi se si vuole riempire di contenuti significativi e socialmente apprezzabili una parola come professionalità, altrimenti destinata a restare un'occasione ricorrente per esercitazioni che quanto sterili. Key-notes La progettazione dell'offerta formativa comporta: • La concretizzazione dell'autonomia progettuale/organizzativa della scuola • La risposta all'esigenza di definire l'offerta formativa in sintonia con il contesto di riferimento della

scuola Essa è altresì • Lo strumento che consente di evidenziare l'identità dell'Istituto • La promessa impegnativa di qualità in termini di

• affidabilità • rendicontabilità • responsabilità

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CONCLUSIONI PER UNA CULTURA DELL'AUTONOMIA NELLA SCUOLA di Piero Romei Il governo delle strutture scolastiche

Il problema della qualità La gestione progettuale La collegialità effettiva Le regole uniformanti La verificabilità La cultura organizzativa

Le condizioni del cambiamento culturale

Rafforzamento formalizzato delle unità organizzative di base (CdC e GD) Apprendimento organizzativo Traduzione in comportamenti effettivi

Un approccio praticabile

I valori di fondo I progetti di esperienze di successo La conoscenza delle iniziative Formalizzazione delle procedure per renderle routines Leadership "forte"

Lo "stile" di direzione

Atteggiamento verso il personale Orientamento finalistico Comportamenti professionali Recupero della credibilità Progettualità – collegialità - codecisione = impresa organizzativa

Le metafore

Dirigente Scolastico come: "giunto elastico" "parafulmine" "regista" "lievito" "giardiniere"

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Dirigente Scolastico come: Coordinatore di educatori Gestore di processi, strutture e risorse per l'educazione Uomo di cultura organizzativa e gestionale

Key-notes Per definire una cultura dell'autonomia della scuola sono necessarie: • Una riflessione sulle condizioni del cambiamento culturale nella scuola • Una ridefinizione del ruolo del Dirigente Scolastico - uomo di cultura organizzativa e gestionale • Una configurazione della nuova professionalità del dirigente scolastico Di qui la necessità della costruzione e gestione di • Un nuovo quadro di regole (comportamentali e strutturali) • per un servizio di qualità

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L’ambiguità del segno di Giuliano Minichiello

Tratto da: “Scuola e… Comunicazione” A cura della Prof. Clara COCCI

Dir. Scol. I.C. “B.BRIN” – T E R N I Una relazione comunicativa tra persone è un atto in cui ci si espone allo sguardo altrui. Come tale, implica un doppio movimento: uno, attraverso il quale ci si offre a questo sguardo, oltrepassando la soglia che ci costituisce come “isole”, mettendo a rischio il nostro suolo “natale” e predisponendolo a una sorta di invasione esterna; un altro, con cui, collocati su questa sporgenza, ritorniamo a noi stessi, cerchiamo di salvaguardare il nucleo remoto della nostra personalità da ogni intrusione e, inavvertitamente, indossiamo una maschera, ci rifugiamo in un ruolo come indossando una divisa. L'offerta e il diniego agli altri formano una coppia contraddittoria tipica di ogni situazione comunicativa. Immaginiamo un oratore che parla dinanzi a un uditorio. Egli si espone a un atteggiamento neutro -che non significa “neutrale” -, cioè a un insieme di attese di individui non necessariamente interessati o benevoli, non identificabili come un "tu", ma, tuttavia, costitutivi di una relazione personale, cioè fondata sull'apertura e sullo scambio che fa del discorso dell'oratore una possibile terra di conquista o di esplorazione. Dall'altro lato, il parlante, mentre si apre al pubblico, si isola nella fortezza dei propri enunciati, allestisce una catena di segni che hanno lo scopo di distogliere da sé le pretese degli ascoltatori e di dirottarle verso qualcosa di impersonale, si rifugia nella sostanza impalpabile della frase. Alla fine, tuttavia, gli ascoltatori avranno immaginato di aver “dialogato” con l'oratore, e questi, al contrario, sarà convinto che il successo o l'insuccesso del discorso “impersonale” che ha tessuto siano il successo o l'insuccesso non della maschera ma del volto che quella maschera avrebbe dovuto coprire. Un tale effetto di scivolamento comunicativo è facilmente riscontrabile anche nel discorso personale, quando un io e un tu si confrontano, si cercano o si affrontano, o in quello oggettivo, quando in linea di principio ogni singolo soggetto si mette tra parentesi per consentire il raggiungimento di una piena oggettività o intersoggettività in uno spazio comunicativo neutro. La contraddizione tra apertura e chiusura comunicativa è una realtà indagata da tempo da psicologi, pedagogisti, filosofi, studiosi di scienze umane in generale. Essa contraddistingue anche la comunicazione educativa1, che si presenta come una modulazione e una integrazione dei tre tipi di discorso accennati: il discorso collettivo, quello oggettivo e quello personale, nei quali la relazione maestro-allievo, intesa nella sua generalità e nella sua simbolicità, coinvolge sia l'apertura comune al sapere, che la ricerca di un contatto interiore e personale, che il raggiungimento di un consenso collettivo intorno ai fini della relazione stessa. Nelle situazioni comunicative corrispondenti ai tre tipi di discorso è facile riscontrare quel fenomeno di scivolamento comunicativo che emerge con evidenza dalla situazione di un parlante rivolto a un uditorio, che caratterizza il discorso collettivo. Anche quando un io si rivolge a un tu o molti soggetti tentano di neutralizzare le proprie idiosincrasie per formulare un giudizio oggettivo su una questione, è inevitabile il presentarsi del dualismo maschera/volto, che non è necessariamente un sintomo di malafede comunicativa, ma risiede nella struttura stessa del linguaggio. Il principio dialogico affermato da Martin Buber, che rientra nella situazione comunicativa “privata” per cui un io si rivolge a un tu e costituisce, in un certo senso, il modello platonico di tale situazione, non mostra come sia possibile oltrepassare lo scoglio del linguaggio nel quale il dialogo si realizza. La parola rivolta a Dio dal credente – sostiene Buber - impone che Dio sia inteso non come un terzo, non come una realtà impersonale, con cui non potremmo instaurare nessun dialogo, ma come un “tu”, una persona, alla quale ci rivolgiamo per attenderne la risposta. Ora, fatto salvo il principio, non è lecito sottovalutare la circostanza - dolorosamente esemplificata dalla parola di Cristo nell'orto di Getsemani, che non trova ascolto nei discepoli - che il dialogo tentato risulti come intrappolato in una parola e non ha nessuna garanzia di significare e limitarsi a funzionare come un biglietto sola andata. 1 Cfr. M. Gennari, Pedagogia e semiotica, 2ª ed., La Scuola, Brescia 1998.

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In termini generali, l'ambiguità del linguaggio, che risulta essere contemporaneamente unico mezzo e fondamentale ostacolo alla comunicazione, deriva dalla strutturale costituzione del segno. Le nuvole sono il segno di una pioggia imminente. Una parola è segno di un oggetto o di un'emozione o di un sentimento o, ancora, di un concetto. Il rapporto che intercorre tra segno e significato è un classico e antico problema, che è progressivamente transitato dalla sua sede naturale (filosofica) a contesti “scientifici” (linguistica, etologia, biologia), fino a costituire l'oggetto di una disciplina autonoma che si occupa specificamente di ciò che si intende per “segno”. La semiotica, pur nelle sue numerose versioni teoriche, concorda nel considerare il processo di “significazione” come un triangolo immaginario, i cui vertici sono costituiti da tre elementi di base. Se prendiamo in considerazione la terminologia di Peirce, tali elementi sono il segno (“qualcosa che sta al posto di qualcos’altro o per qualcos'altro”), l'oggetto (ciò che il segno rappresenta, o il significato del segno), l'interpretante (il “punto di vista” rispetto al quale il segno ha un certo significato)2. L'elemento più controverso del triangolo semiotico è senza dubbio il terzo. Esso non deve essere scambiato con “qualcuno” in carne ed ossa o con qualcosa che sia esterna alla relazione segnica. «Ma l'interpretante allora cos'è?», si chiede Carlo Sini e risponde: «esso manifesta la sua presenza e la sua funzione nel triangolo semiotico sotto forma di abito di risposta. L'abito di pendere l'ombrello al momento di uscire di casa mostra l'essere accaduto in atto quel tipo di relazione che assume le nuvole come segno della pioggia, ossia come segni che significano che probabilmente pioverà»3. Tale risposta, tuttavia, ci dice semplicemente che alcune cose o fatti (le nuvole dell'esempio) significano altre cose o fatti (l'imminenza della pioggia) per il fatto che spiegano alcuni comportamenti (il prendere l'ombrello prima di uscire di casa). Lo stesso Sini si pone con chiarezza il problema della circolarità di tale argomentazione: «In certo modo l'abito di risposta (l'interpretante) fa accadere la relazione, ma come fa a farlo? L'unica risposta preliminarmente possibile è: perché l'ha già fatto. In generale ogni interpretazione, cioè ogni attivazione dell'interpretante nel triangolo semiotico, si basa sul fatto dell'aver già interpretato. Non è dunque coerentemente immaginabile un punto zero dell'interpretazione o un momento inaugurale assoluto. L'abito che costituisce l'interpretante nell'atto della sua interpretazione è un'eredità di abiti che sfumano illimitatamente all'indietro, senza soluzione di continuità»4. Tale analisi comporta l'assimilazione di ciò che si definisce interpretante a ciò che, nel mondo animale, si chiama “istinto”. Alla vista di un gatto un topo risponde con la fuga, realizzando il triangolo Gatto=Predatore=Fuga; noi spieghiamo la risposta del topo, ipotizzando che per lui il significato del gatto sia quello di animale predatore. Un cane, di converso, dal momento che attribuisce al gatto il significato di preda, è portato ad aggredirlo (in questo caso il triangolo sarebbe: Gatto=Preda=Aggressione). L'abito di risposta - in un caso la fuga, nell'altro, l'aggressione - attualizza due significati diversi dello stesso segno; contemporaneamente, i due significati spiegano le due diverse risposte: il topo fugge perchè, per lui, il gatto ha il significato di “predatore”; al contrario, il cane aggredisce perchè, per lui, il gatto ha il significato di “preda”. Così, si prende l'ombrello perchè, per noi, le nuvole significano “pioggia” e, contemporaneamente, le nuvole significano “pioggia” perché noi prendiamo l'ombrello, cioè, in quanto segno, entrano a costituire il triangolo: Nuvole=Pioggia=Ombrello. Non c'è dubbio che nello spesso sostrato di risposte codificate le cose stiano effettivamente in questo modo e che, quindi, l'abitudine nel mondo umano corrisponde all'istinto del mondo animale (etologia della comunicazione). Ma, per quel che riguarda il mondo umano, si deve mettere in dubbio che le cose stiano solo in questo modo. All'ingresso dell'insegnante in aula, gli alunni rispondono in certi modi, diversi per ciascuno di essi (attesa fiduciosa, timore, interesse, noia, ecc.), tutti da considerare come abiti di risposta stabilizzati variamente intrecciati e diversamente incidenti e, di conseguenza, tali da attivare molteplici legami significativi. Tuttavia, questi abiti, pur essendo in qualche modo socialmente codificati, sono soggetti a notevoli cambiamenti nel corso del tempo; la risposta “noia”, ad esempio, può convertirsi nella risposta “interesse”, o viceversa. Ora, questa possibilità di rispondere in modo differente allo stesso segno mette in dubbio che l'interpretante sia scevro da una sostanziale ambiguità e che l'“attuazione” del significato sia legato esclusivamente all'abito di risposta - descrivibile dall'esterno - di volta in volta 2 C.S. Peirce, Collected papers, Harvard Un. Press, Cambridge 1931-1935, 2.228. Diversi classificatori utilizzano diverse categorie: per un confronto tra esse, cfr. U. Eco, Segno, ISEDI, Milano 1978, p. 26. 3 C. Sini, L'origine ... del significato. Filosofia ed etologia, Jaca Book, Milano 2004, p. 27. 4 Ibidem.

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corrispondente (come nella relazione: Insegnante=Giudice=Senso di colpa; oppure: Insegnante=Madre=Fiducia). In termini provvisori, ci sembra che nel triangolo semiotico non si possa fare a meno di includere un quarto vertice, che potremmo definire Presenza significante, che non ha rapporto tanto o soltanto con la infinità degli abiti di risposta possibili rispetto ad un segno, ma con il modo in cui, all'interno della struttura della persona, essa è correlata ad altre presenze significative e ai processi con cui la correlazione si realizza. È plausibile ipotizzare che questa Presenza esista in una forma “prima” nella persona e che, soltanto in un secondo momento, quando cioè, è pensata può diventare una forma definita e “denominabile”5. Se si ammette che l'abito di risposta è preceduto da una Presenza non ancora definibile, occorre riconoscere che esso è in ritardo rispetto al segno e al significato e che, per fare un esempio, tra il legame: Insegnante=Madre e l'abito di risposta: Fiducia esiste una spaziatura, un'alea, legata a ciò che il significato è prima che assuma una forma identificabile e inscrivibile in una rete di abiti di risposta analoghi. «Ogni forma di vita - scrive Hans Blumenberg - tende a dare senza indugio e senza scrupolo le risposte alle domande che le si pongono. Lo schema di stimolo/reazione è una semplificazione troppo grande dei dati e dei fatti, eppure sembra essere il segreto ideale per la buona funzionalità del comportamento organico. Solo l'uomo si permette la tendenza opposta. È l’essere che esita»6. La descrizione oggettiva di un segno non è, dunque sufficiente a rendere compiutamente l'indecisione di fondo (che non va confusa con la semplice polisemia, cioè con il fatto banale che lo stesso segno può racchiudere una molteplicità indefinita di significati e alimentare una “semiosi illimitata”), che rende ogni “risposta” non semplicemente assimilabile a un “abito di risposta”. La caratteristica dell'“animale che esita” è definita da Blumenberg pensosità: questa consiste nella possibilità che non si percepiscano solo “segnali” ma “cose” e significa «che abbiamo imparato ad attendere quello che di volta in volta si manifesterà ancora»7. L'intervallo di tempo che si riscontra tra la rappresentazione di uno stimolo e la risposta adeguata induce a ritenere che il nesso segno/significato rimanga in una condizione di sospensione, di assenza di significato, che è fonte, nella comunicazione sociale, di scivolamenti e di chiusure comunicative, ma anche di pensiero. Occorre tenere presente una tale possibilità soprattutto quando la comunicazione avviene in un contesto educativo. La questione centrale è di vedere nelle caratteristiche della ambiguità del segno, della esitazione della risposta, della pensosità rispetto allo stimolo qualità emergenti di una non sottovalutabile profondità dei processi di apprendimento.

5 Questa ipotesi, che ci pare di notevole suggestione, è presentata da Antonio Giorgio Jreneus, nel saggio Segno, Disegno, Sintomo e Simbolo, in corso di pubblicazione. 6 H. Blumenberg, Pensosità, Discorso di ringraziamento per il premio di prosa "Sigmund Freud", tr. It. in In forma di parole, Libro Terzo, 1981, p. 5. (Ritorneremo sulle basi biologiche di tale esitazione). 7 Ivi, pp. 5-6.

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Le competenze per un’Europa competitiva e coesa Mappa 1

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Mappa 2

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Elenco dei set up mentali e capacità riscontrabili in competenze relative a: Mappa 3

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I nodi problematici nella definizione dei saperi minimi (doc. "saggi") Mappa 4

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GESTIONE PER PROCESSI

Tratto da “Il sistema qualità” di Anna Maria Piazzolla

Cerchiamo di capire in modo schematico qual è il significato di questa parola: Il processo è un insieme strutturato di attività per raggiungere un obiettivo prefissato. La figura seguente evidenzia in modo schematico il significato di questa parola.

Entità in ingresso PROCESSO Entità in uscita

Tutto il lavoro in ogni scuola è realizzato tramite processi relativi all'area educativa didattica, amministrativa, ausiliaria e tecnica. Per un' efficace gestione dei processi occorre: 1) Individuare i principali processi presenti nella struttura. 2) Stabilire: attività, risorse, tempi, input / output, le funzioni coinvolte nei processi e quelle

responsabili. 3) Esplicitare i risultati dei processi (prodotti fisici, interventi, documenti tecnici, informazioni ecc.). 4) Definire gli indicatori ed attività di monitoraggio (confronto tra quanto pianificato e quanto erogato). Affinché un Sistema Qualità sia efficace occorre che i processi e le relative responsabilità, autorità, procedure e risorse siano definiti in modo coerente; i processi siano coordinati e compatibili e siano definite le interfacce ed i responsabili dei più importanti processi scolastici (amministrativo, didattico ecc.).

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Esempio di una mappa dei più importanti processi scolastici:

MAPPA DEI MACRO-MICRO PROCESSI

Pertanto non solo devono essere individuati tutti i processi, ma ognuno deve essere scomposto in

attività e per ogni singola attività devono essere definiti i compiti che sono alla base del servizio. Inoltre, in relazione alla tipologia del processo, bisogna stabilire con precisione le modalità di

controllo per avere la garanzia che il servizio sia erogato e percepito secondo quanto progettato.

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I Progetti per il controllo di gestione DEFINIZIONE DI PROGETTO

Un progetto è un'attività che ha un inizio e una fine ed è svolta per conseguire obiettivi stabiliti rispettando vincoli di costo, tempo e qualità dati.

[HAYENS M. E., 1999, p. 14].

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IL CICLO DI VITA DI UN PROGETTO

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LA PIANIFICAZIONE DI UN PROGETTO

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WORK BREACKDOWN STRUCTURE

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STUDIO DEI BENEFICI 1. Benefici validi per tutti i tipi di progetto

➢ Benefici operativi

➢ Benefici organizzativi

• Apprendimento organizzativo

➢ Benefici politici

• Miglioramento dell'immagine esterna dell'istituto

• Miglioramento della relazionalità all'interno dell'istituto

2. Benefici validi per le attività economiche e commerciali

➢ Ricavi

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CONTROLLO ANTECEDENTE 1. Studio della legittimità

➢ L'ordinamento giuridico consente di farlo?

➢ Se sì, quali sono i procedimenti previsti dalle fonti normative di riferimento?

2. Studio della fattibilità

➢ Quali risorse necessitano?

• Umane

• Strumentali

➢ Le risorse necessarie esistono?

➢ Se no, esistono le risorse finanziare per acquistare le risorse umane e quelle materiali?

2. Studio della convenienza Se l'ordinamento giuridico consente di farlo ed le risorse necessarie esistono o possono essere acquistate, conviene farlo?

➢ Analisi costi/benefici,

➢ Analisi criticità (dei rischi),

➢ Analisi della desiderabilità.

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PIANIFICAZIONE CONTROLLO CONCOMITANTE

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PROSPETTO DI CONTROLLO DELLE PIETRE MINLIARI

NUCLEO CENTRALE COMPLETAMENTO

PROGRAMMATO

COMPLETAMENTO

EFFETTIVO

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PIANIFICAZIONE CONTROLLO CONSEGUENTE

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