Parrocchia “SS. Pietro e Paolo Apostoli” Torri del Benaco...

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Parrocchia “SS. Pietro e Paolo Apostoli” Torri del Benaco (VR) Aprile 2009 - Anno 2 (n° 4)

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Parrocchia “SS. Pietro e Paolo Apostoli”

Torri del Benaco (VR) Aprile 2009 - Anno 2 (n° 4)

Gentili lettori,

questo numero di Pasqua 2009

l’abbiamo voluto dedicare alla ricerca

del volto di Gesù nella storia, nel tempo e

attraverso gli occhi degli uomini di ogni tempo e luogo.

Per farlo abbiamo consultato testi sacri, testi di

storia, ecc…

Ora ci presentiamo: Beghini Alessia, Bonizzato Giacomo, Cavallari Ilaria, Cavallari Noemi, Galetti Martina, Thennakoon Saduni, Vedovelli Anna.

SOMMARIO:

La Risurrezione secondo i vangeli narrati da Luca e Giovanni pag. 3-4

La Sindone è veramente il telo nel quale è stato avvolto Gesù? pag. 5-6

L’immagine di Cristo nell’arte pag. 7-8

Il panno della Veronica pag. 9

È possibile un dialogo tra Cristiani e Musulmani? pag. 10-11

Come si festeggia la Pasqua nello SryLanka ed in Francia? pag. 12

Da dove nasce l’abitudine di mangiare uova e colombe pasquali? pag. 13-14

Tu sai Tommaso pag. 15

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LA RESURREZIONE DI GESÙ (Luca 23/24)

C’era un uomo di nome Giuseppe membro del Sinedrio, persona buona e giusta. Non era d’accordo sull’operato degli altri. Egli era di Arimatea, una città dei Giudei e aspettava il regno di Dio. Si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Lo calò dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo e lo depose in una tomba scavata nella roccia, nella quale nessuno era stato ancora messo. Era il giorno della Parasceve e già splendevano le luci dell’alba del sabato, giorno di riposo. Il giorno seguente quello che per noi è domenica, ma è il primo giorno della settimana per gli Ebrei, le pie donne si recarono di buon mattino al sepolcro portando gli unguenti, ma videro che la pietra era stata ribaltata ed il sepolcro era vuoto… sepolcro era vuoto… Due uomini dissero loro: - Perché cercate fra i morti colui che è vivo?

Due uomini dissero loro: - Perché cercate fra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto… Non è qui, è risorto… Le donne raccontarono ciò che avevano visto e udito agli undici apostoli, che tuttavia non credettero alle loro parole e Pietro andò al sepolcro e chinatosi a guardare vide solo i panni per terra…

Le donne raccontarono ciò che avevano visto e udito agli undici apostoli, che tuttavia non credettero alle loro parole e Pietro andò al sepolcro e chinatosi a guardare vide solo i panni per terra…

Martina Martina

Ilaria e Martina

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LA RESURREZIONE DI GESÙ: È VIVO!! (Giovanni 22)

Il venerdì sera, dopo la sua morte il corpo di Gesù fu posto nella tomba. Passato il sabato, Maria, Maddalena e alcune donne affrante dal dolore si recarono al giardino perché volevano spargere sul corpo di Gesù delle spezie profumate come si usava a quei tempi. Arrivate, si accorsero che la pietra era stata rimossa e pensarono che Gesù fosse stato rubato. Accorsero anche Pietro e Giovanni e turbati notarono che di Gesù erano rimaste solo le bende e il sudario. Allora Giovanni si ricordò delle parole che il maestro aveva detto loro. Era certo che Gesù fosse vivo!! Pietro invece era sconcertato e titubante. Mentre i due Apostoli si allontanavano, Maria, che era rimasta sulla tomba, disperata dal dolore, ricevette la visita di due angeli splendenti che le chiesero perché piangesse. Lei si accorse che dietro di loro c’era anche un uomo che all’inizio non riconobbe. Quando le chiese: “Perché piangi?” lei si girò e scoprì che era proprio Gesù! Infatti poi lui esclamò: - Maria! Dì ai miei discepoli che sono risorto e che sto andando da Colui che è il mio e loro padre. Maria annunciò a tutti con gioia: - Gesù è veramente vivo!

Ilaria

Ilaria e Martina

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LA SINDONE

Storia ed iconografia dimostrano che un modello di Cristo dalle caratteristiche del volto impresso nella Sindone di Torino è noto specialmente in Oriente (vedi articolo su l’immagine di Gesù – pag. 7). Che sia veramente il lenzuolo nel quale è stato deposto Gesù? Oltre un secolo di indagini scientifiche non hanno ancora potuto determinare la causa e le modalità della formazione dell’immagine umana impressa sul telo sindonico. Di certo tutte le analisi fatte sul telo escludono che quell’immagine sia un dipinto. Il telo è di lino tessuto a spina di pesce lungo cm 436 e largo cm 110 compresa una striscia longitudinale di circa 8 cm. Ha su una sola faccia impresse l’impronta frontale e dorsale di un uomo morto dopo essere stato crocifisso. Un’antica tradizione identifica questa Sindone come: - Documento in perfetto accordo con la Passione, Crocifissione e morte di Gesù come descritta nei Vangeli. Tutti e quattro gli evangelisti (Mc 15,42-47; Mt 27,57-61; Lc 23,50-56; Gv 19,38-42) narrano la deposizione di Gesù nel vicino sepolcro nuovo che Giuseppe di Arimatea aveva fatto scavare nella roccia e i primi tre evangelisti dicono che…dopo averlo calato giù…lo avvolsero in un lenzuolo…la pietra era stata rotolata via (Mc 16,4).

Giacomo

I VIAGGI DEL TELO SINDONICO

Prima di arrivare a Torino la Sindone ha fatto un lungo percorso. È passata da Gerusalemme, poi Urfa, Istambul, Atene, Lirey, Chanbéry e infine Torino. Ad Urfa, oggi Edessa in Turchia, nel 544 era conservata una straordinaria immagine ”non fatta da mano d’uomo” che molti studiosi odierni identificano con la Sindone ripiegata in modo tale da presentare

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all’osservatore solo il volto. Nel 944 l’immagine da Edessa viene trasferita a Costantinopoli. Nel 1147 Ludovico VII re di Francia venera la Sindone ivi custodita. Nel 1204 esistono testimonianze scritte di Crociati che dicono di aver visto la “Sindone del Signore”. Nel 1353 la Sindone risulta in possesso di Goffredo di Charny a Lirey in Francia e da questo momento il Sacro Lenzuolo rimane in Occidente e viene rigorosamente documentata. Nel 1453 diviene proprietà del duca Ludovico di Savoia. Nel 1578 da Chambery arriva a Torino. La prima ostensione è del 1898. Dal 1969 cominciano altri esami più specifici: vengono prelevate attraverso nastri adesivi campionature delle polveri e delle spore depositatesi nel tempo sul telo. Vengono disposte ricerche ematologiche e microscopiche. Questi i risultati: le impronte della Sin- done sono immagini negative di un corpo umano sottoposto a flagellazione e cro- cifissione e si sareb- bero impresse sul lenzuolo per la re- azione dell’aloe (mi- sto a mirra) di cui il corpo era cosparso con conseguente trasformazione in materia colorante; più tracce corporee, sangue, sudore, urea. Da queste tracce di sangue, nel 1982, si è risaliti al gruppo sanguigno che è di gruppo AB, mentre gli studi fatti sulle polveri e spore hanno stabilito che provengono da piante desertiche che crescono in Palestina, alcuni pollini vengono fatti risalire a sedimenti del lago di Genezaret di 2000 anni fa; poi ci sono altri granuli che sono di origine francese e italiana. C’è un’altra scoperta fatta di recente con l’uso dell’informatica. Infatti con l’uso del computer si è riusciti ad evidenziare particolari non visibili ad occhio nudo come la evidente impronta circolare sulla palpebra destra dovuta ad una monetina coniata da Ponzio Pilato alla fine dell’anno 29 d.C. Ora prepariamoci ad andare a vedere la Sacra Sindone nella primavera del 2010 come già preannunciato dal papa Benedetto XVI.

Giacomo

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L’IMMAGINE DI CRISTO NELL’ARTE

Molti libri sono stati scritti sull’immagine di Cristo. Nessun personaggio storico al pari di Gesù Cristo ha influenzato in modo così stimolante gli artisti. Questa circostanza dipende dalla fede cristiana. Cristo non è soltanto il fondatore di una religione; per chi crede in Lui Egli è al tempo stesso Dio e uomo. Il Figlio di Dio risuscitato dai morti è presente in tutti i tempi e in tutti i contesti culturali. Per questo per noi cristiani, è sì un personaggio che è vissuto in un certo periodo storico, ma è soprattutto il Signore di tutti i tempi e di tutti i luo- ghi perennemente presente.

Anna

Quando un artista raffigura Cristo, agisce su di lui la ta- cita attesa da parte dei fe- deli. L’artista che intende creare un’immagine di Cristo si trova di fronte alla neces- sità di non rappresentare una persona del passato, bensì il Signore dell’intera storia, sempre presente: - Dove due o tre si riuniscono nel suo nome (Matteo 18,20) anche Dio è presente. L’immagine di Cristo va anche cercata in ognuno di noi e perciò ha molti nomi e molti volti: quello dell’africano, del cinese…ma anche dell’uomo sofferente o felice. Questa idea di Dio ci rimanda alla Sacra Scrittura e precisamente alla frase: - Ciò che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli l’avete fatto a me. (Matteo 25,40). E ancora: - In ogni malato o morente che assisto, vedo e tocco Gesù. (Madre Teresa di Calcutta). Le prime raffigurazioni di Gesù le troviamo a partire dal 300 dopo Cristo in una casa nel nord della Siria dove troviamo dei dipinti murali raffiguranti il Buon Pastore, Adamo ed Eva nel giardino dell’Eden, Davide che uccide Golia e due miracoli di Gesù: Gesù che cammina sulle acque e

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GESÙ COREANO – Autore Yangyang (Corea del Sud)

Immagine liberamente tratta dal libretto della Via Crucis presieduta da Benedetto XVI il Venerdì Santo del 2008

la guarigione del paralitico. Le immagini purtroppo sono molto rovinate e non ci dicono molto. Dobbiamo aspettare il IV secolo a Roma per vedere una rappresentazione di Gesù dove compare in vesti realistiche nelle catacombe di Commodilla. In questa meravigliosa immagine Gesù è vero Dio e vero uomo e addirittura si è voluto seguire la tipologia etnica di Gesù di Nazareth, presumibilmente quella palestinese. Prima, nei secoli precedenti, Cristo era rappresentato come un ragazzo sbarbato, molto simile all’immagine pagana di Apollo, ora la tipologia di Gesù muta radicalmente e mostra un uomo coi capelli lunghi e la barba folta. Questo mutamento viene fatto risalire ad un testo attribuito ad un funzionario romano della Giudea contemporanea di Gesù che lo descrive così: - È un uomo dalla statura alta, ben proporzionata, dallo sguardo improntato a severità. I suoi capelli hanno i colori delle noci di Sorrento ben mature e discendono diritti quasi fino alle orecchie, dalle orecchie in poi sono increspati e a ricci alquanto più chiari, lucenti, ondeggianti sulle spalle. La sua fronte è liscia e serenissima, il suo viso non ha né rughe né macchie ed è abbellito da un rossore. Il naso e la bocca sono perfettamente regolari. Ha barba abbondante, dello stesso colore dei capelli, non è lunga e sul mento è biforcuta. Il suo aspetto è semplice e maturo. I suoi occhi sono azzurri, vivaci e brillanti: è questa l’immagine destinata a diffondersi sempre di più nella cristianità, ma passeranno secoli prima che insieme alla severità si rappresenti anche la sofferenza. La croce, quando compare è simbolo non della Passione e della morte, ma della risurrezione e del trionfo tant’è che è sempre realizzata in oro tempestato di pietre preziose.

Tutti

Anna e Martina

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È IL VOLTO DI CRISTO

QUELLO SUL PANNO DI VERONICA?

Il Volto Santo è un'immagine di tema religioso conservata a Manoppello (PE). Si tratta di un velo tenue che ritrae l'immagine di un volto maschile, ritenuto essere quello di Cristo. L'immagine è visibile identicamente da ambedue le parti. Questo panno è stato tessuto semplicemente e le sue misure sono 17 x 24 cm. Il gesuita Heinrich Pfeiffer, docente di Iconologia e Storia dell'Arte Cristiana alla Pontificia Università Gregoriana, dopo 13 anni di studi è convinto si tratti del velo del la Veronica, la donna che secondo la tradizione cattolica asciugò il volto di Cristo sulla via del calvario. Secondo il prof. Donato Vittori, dell'università di Bari, che ha eseguito nel 1997 un esame con gli ultravioletti, risulta che le fibre del Velo non presentano nessun tipo di colore, quindi risulta essere, questa reliquia, né dipinta né colorata. Altre analisi hanno dato risultati diversi, il prof. Giulio Fanti, dell'università di Padova, che ha studiato il velo nel 2001, ha rivelato che "al microscopio ottico appaiono sostanze di apporto colorate in vari particolari anatomici". Fanti resta però incline a credere che l'immagine sia comunque "Acheropita" cioè un'immagine non disegnata o dipinta da mano umana. Il 1° settembre 2006, Papa Benedetto XVI, primo pontefice nella storia, in forma privata, ma accolto dal vescovo di Chieti Vasto, Mons. Bruno Forte, dai vescovi di Abruzzo e Molise, dai sacerdoti della diocesi e da 7000 fedeli, ha fatto visita al santuario di Manoppello per venerare l'immagine, senza pronunciarsi sul fatto che il Volto possa essere o meno un'immagine Acheropita e che possa essere identificato con la Veronica.

Giacomo

Albrecht Dürer (1471-1528), Il velo della Veronica tenuto da due angeli, Vienna, Albertina, incisione su rame.

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È POSSIBILE UN DIALOGO TRA CRISTIANI E MUSULMANI?

Nel nostro precedente giornalino di Natale abbiamo parlato della persecuzione dei Cristiani da parte dei Musulmani e di altre confessioni religiose. La nostra risposta non può che essere “dialogo” per favorire la comprensione reciproca e la reciproca conoscenza. Noi temiamo solo ciò che non conosciamo. Un dialogo interreligioso nel senso stretto della parola, ha detto Benedetto XVI, non è possibile, mentre urge tanto più il dialogo interculturale che approfondisce le conseguenze culturali della decisione di fondo. Cioè se l’incontro con gli altri non è possibile sul piano teologico perché le differenze dottrinali sono per forza di cose insuperabili, sui temi pratici dei punti di incontro si possono trovare. Quali sono questi punti di incontro? Dal 4 al 6 novembre 2008 in Vaticano si è tenuto il primo forum o gruppo di studio cattolico- musulmano nel quale si è parlato non degli aspetti dottrinali perché su quel piano non esiste dialogo possibile, ma degli aspetti della vita: la dignità dell’uomo, la libertà religiosa e una sana laicità su cui, come dice Benedetto XVI ”cercare punti di incontro è una necessità vitale”. È stato un evento molto importante nel dialogo tra la Chiesa di Roma ed il variegato mondo musulmano. Risultato della lettera aperta “Una parola comune” inviata da 138 intellettuali islamici ai leader cristiani e dalla pronta risposta del Cardinal Bertone a nome di Benedetto XVI. Il forum ha messo al centro del suo primo incontro il tema “Amore di Dio e amore del prossimo, la dignità della persona umana ed il rispetto reciproco”. Un titolo che indica il terreno su cui cattolici e musulmani intendono incontrarsi, confrontarsi e collaborare. Tra i delegati a rappresentare il cristianesimo c’era padre Miguel Ayuso Guixot, sacerdote comboniano per anni missionario in Egitto ed in Sudan ed ora preside del Pontificio Istituto di Studi Arabi e d’Islamistica. È lui che ci racconta che nel primo giorno di seminario si è parlato di un tema centrale per entrambe le religioni: “L’amore di Dio e l’amore del

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prossimo” e dice:- Sono emersi punti di similitudine e di diversità che riflettono lo specifico genio distintivo delle due religioni. Leggiamo nella dichiarazione condivisa: - Per parecchi secoli ci si è fermati spesso alle differenze sviluppando una cultura volta a discreditare la visione dell’altro per affermare la propria. Ma qui non si tratta di vedere chi ha ragione e chi ha torto, come vorrebbe qualcuno, ma piuttosto di individuare i valori in comune per creare un mondo migliore. Il forum si è concluso con un documento di quindici punti che delineano la piattaforma concreta su cui cattolici e musulmani sono chiamati a proseguire il dialogo anche nei confronti delle rispettive società, comunità o istituzioni politiche. Padre Ayuso sottolinea tre punti per poter continuare questo dialogo: unità, vita e libertà: “L’unità perché nel contesto globalizzato di oggi i credenti devono sentirsi insieme nell’affermare il fattore religioso ed evitare la deriva nella quale si cerca di relegare Dio. Come credenti dobbiamo contribuire a costruire la nostra società: la nostra fede non deve escludere nessuno ma deve sempre essere rispettosa verso gli altri e deve esserci reciprocità. Per quanto riguarda la vita, si parla della necessità di essere uniti per promuovere la vita che viene definita “Dono preziosissimo di Dio” e si parla di “dignità umana” che deriva dal fatto che ogni persona è creata da un Dio amorevole e si sottolinea la pari dignità di uomo e donna e si ribadisce il diritto di ogni individuo e comunità a praticare la propria religione sia in pubblico che in privato. La dignità umana deve essere alla radice del nostro impegno comune. Questo tipo di lavoro ci dovrebbe portare a vivere in un clima di libertà e costruire una società più libera e giusta. È scaturita anche la necessità di avere dei libri proposti dai cattolici ai musulmani e viceversa come base di conoscenza reciproca. Da questo primo passo possono nascere la stima e la simpatia. “Conoscendo l’altro, riscopro me stesso. Il mio rapporto con l’altro non è ambiguo se rimango ancorato alla mia fede e identità. Questo è essenziale” (Padre Ayuso).

Giacomo & C.

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PASQUA IN FRANCIA

Pasqua in francese si dice “Pâques”. Si racconta una strana storia nel paese francese dove abitano le mie zie. Nella Settimana Santa, dal venerdì alla domenica le campane rimangono silenziose per la morte di Gesù così in Francia come in tutti i paesi cristiani, ma c’è un motivo in più perché le campane sono silenziose, infatti si dice che sono tutte volate a Roma e se al mattino di Pasqua esci di casa presto le vedi tornare da Roma sulle nuvole. Per Pasqua c’è anche l’abitudine di nascondere in casa ed in giardino uova di cioccolata. Così dopo la Messa, io e le mie cugine ci divertiamo ad andarle a cercare mentre viene ora di sederci a tavola e mangiare le tante cose buone preparate, visto che è finita la Quaresima.

Anna

COME SI RICORDA LA PASQUA NELLO SRYLANKA

Nello Srylanka, il mio paese natale, il giorno di Pasqua è un giorno molto speciale. La mattina di Pasqua tutta la gente si veste di bianco e va in chiesa per la Messa. Dopo la Messa incomincia la Via Crucis, che altro non è che la rappresentazione degli ultimi giorni di Gesù. Quindi vengono scelti tra le persone presenti chi farà Gesù, chi Pilato, chi gli Apostoli o la Madonna, ecc… La rievocazione è così suggestiva che alla fine quando arrivano sopra la montagna dove chi fa la parte di Gesù viene legato alla croce e fa finta di morire tutta la gente commossa piange.

Saduni

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L’UOVO PASQUALE

Un tempo la domenica di Risurrezione era chiamata anche Pasqua d’uovo perché la si festeggiava donando e mangiando uova sode colorate che erano state benedette il Sabato Santo in chiesa e spesso si regalavano uova smaltate o in porcellana o in lapislazzuli o in vetro o addirittura in oro o in argento decorate con scritte e simboli pasquali. Anche oggi c’è l’usanza di regalare uova specie a noi bimbi che ovviamente gradiamo molto. Il giorno di Pasqua non vediamo l’ora di terminare il pranzo per poi poterle aprire e scoprire le sorprese che nascondono. L’uovo è il simbolo del Cristo risorto, della vita che si rinnova, cioè della vita dopo la morte per chi crede in Lui. Anche in altre culture l’uovo è simbolo di nascita. Un mito indiano narra che nella notte dei tempi tutte le cose erano immerse nelle tenebre e sepolte in un sonno profondo. Una divinità prima creò l’acqua dove pose un uovo splendente come il sole. Dentro l’uovo galleggiante nacque Brahmà che vi rimase nascosto un anno intero, poi il dio divise l’uovo in due parti formando il cielo e la terra, lasciando nel mezzo l’acqua. L’uovo simboleggia anche il sepolcro dal quale si sprigiona la vita di luce eterna, è per questo motivo che nelle tombe dei martiri a Roma si sono ritrovate uova simboliche di marmo come per esempio nei sepolcri di santa Balbina e santa Teodora.

Alessia

Saduni

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LA COLOMBA

Alla fine del pranzo pasquale durante il quale si mangia l’agnello, secondo l’antica usanza ebraica, è d’obbligo un dolce a forma di colomba che in questa occasione può simboleggiare sia il Cristo sia lo Spirito Santo, nonostante si pensi soprattutto alla seconda ipotesi in quanto nel Vangelo secondo Giovanni leggiamo: - Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di Lui. In molte lucerne dei primi secoli è incisa una colomba posata su un calice e adorata da colombelle, agnellini e pesciolini, tutte immagini del Cristo che offre ai fedeli l’Eucaristia. Un’altra scena abbastanza frequente nell’arte cristiana primitiva raffigura due colombe che ne adorano una più grande posta in cima alla Croce per significare che i cristiani devono imitarle. Allo stesso modo se una colomba con un ramoscello di ulivo nel becco si posa sulla poppa di una barca stilizzata significava il Salvatore che viene a proteggere la Chiesa nella sua navigazione attraverso i secoli. Se la colomba viene raffigurata mentre si avvicina ad un’arca sulla quale un uomo protende le mani è il Cristo che porta la pace all’anima di un defunto. Anche nel Medioevo la colomba continua a simboleggiare sia lo Spirito Santo che Cristo. Scrive Philippe de Thaũn, nel suo “Bestiaire”: - La colomba significa Gesù, figlio di Maria e noi siamo le sue colombe”. E comunque, per concludere, la colomba di pan dolce è il simbolo di Cristo che porta la pace agli uomini di buona volontà, ed il simbolo dello Spirito Santo che scende sui fedeli grazie alla morte del Redentore, come insegnano la liturgia del Battesimo e della Confermazione, strettamente collegate alla Pasqua. Certo è che il dolce fatto in tanti modi a forma di colomba che si mangia a Pasqua a me piace tanto. E a voi?

Alessia

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«Pure per noi sia Pasqua, Signore:

vieni ed entra nei nostri cenacoli,

abbiamo tutti e di tutto paura,

paura di credere, paura a non credere...

Paura di essere liberi e grandi!

Vieni ed abbatti le porte dei cuori,

le diffidenze, i molti sospetti:

tutti cintati in antichi steccati!

Entra e ripeti ancora il saluto:

«Pace a tutti», perché sei risorto;

e più nessuno ti fermi: tu libero

di apparire a chi vuoi e ti crede!

Torna e alita ancora il tuo spirito

come il Padre alitò su Adamo:

e dal peccato sia sciolta la terra,

che tutti vedano in noi il Risorto.

Credere senza l'orgoglio di credere,

credere senza vedere e toccare!...

Tu sai, Tommaso, il dramma degli atei,

tu il più difficile a dirsi beato!»

(David Maria Turoldo)

Capo Redattore: Cestari Addea – Giornalisti: Beghini Alessia, Bonizzato Giacomo, Cavallari Ilaria, Cavallari Noemi, Galetti Martina, Thennakoon Saduni, Vedovelli Anna. Impaginato da: Pippa Daniela – Stampato da: Loncrini Paolo

Noemi