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Settembre 2007 - Anno 9 (n° 106) Mensile della Comunità Parrocchiale di Torri del Benaco L L A A L L E E T T T T E E R R A A D D E E L L N N U U O O V V O O V V E E S S C C O O V V O O R R I I N N N N O O V V I I A A M M O O L L A A C C A A T T E E C C H H E E S S I I Ben volentieri pubblichiamo in primo piano la lettera che il nostro nuovo Vescovo, S. E. Mons. Giuseppe Zenti ha indirizzato a quanti sono presenti nella nostra diocesi, sia fedeli che laici. Desideriamo far onore all’illustre mittente leggendo con attenzione, non solo, ma anche cercando di attuare quanto il Vescovo ha nel cuore e desidera che si realizzi nel tessuto concreto della società e nella vita delle comunità Cristiane. Se questo possiamo dire è un intervento a largo respiro, cioè riguarda tutta la diocesi, noi di Torri abbiamo avuto la grazia e l’opportunità di sentire dalla la sua viva voce una parola più puntuale, possiamo dire più personalizzata, e questo è avvenuto quando ci ha fatto visita durante il ferragosto. Nel prossimo numero del nostro giornalino mensile pubblicheremo il testo dell’omelia del Vescovo, da esso trarremo gli orientamenti per il nostro prossimo cammino pastorale. Dopo la lettera del Vescovo, su questo numero vengono riportate alcune nuove proposte sul come fare Catechesi ai fanciulli e ragazzi della nostra parrocchia, lo facciamo per stimolare la riflessione di tutti su una delle sfide che ci interpella con urgenza. Gli orientamenti che vengono riferiti sono quelli che ormai da qualche anno vengono proposti da parte degli uffici pastorali della Diocesi, e che alcune parrocchie hanno già cercato di realizzare. Invito tutti a leggere con attenzione la proposta del passaggio di mentalità che sottostà alla nuova impostazione. Durante il mese di Settembre cercheremo di riflettere su questo argomento con alcuni genitori e con le catechiste, che già dallo scorso anno frequentano corsi appropriati promossi dalla diocesi. Sarebbe bello che già dal nuovo anno catechistico si potesse fare anche nella nostra parrocchia qualche cosa di simile a quello che tanti già fanno con un lusinghiero risultato. Don Giuseppe

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Settembre 2007 - Anno 9 (n° 106)

Mensile della Comunità Parrocchiale di Torri del Benaco

LLAA LLEETTTTEERRAA DDEELL NNUUOOVVOO VVEESSCCOOVVOO RRIINNNNOOVVIIAAMMOO LLAA CCAATTEECCHHEESSII

Ben volentieri pubblichiamo in primo piano la lettera che il nostro nuovo Vescovo, S. E. Mons. Giuseppe Zenti ha indirizzato a quanti sono presenti nella nostra diocesi, sia fedeli che laici. Desideriamo far onore all’illustre mittente leggendo con attenzione, non solo, ma anche cercando di attuare quanto il Vescovo ha nel cuore e desidera che si realizzi nel tessuto concreto della società e nella vita delle comunità Cristiane. Se questo possiamo dire è un intervento a largo respiro, cioè riguarda tutta la diocesi, noi di Torri abbiamo avuto la grazia e l’opportunità di sentire dalla la sua viva voce una parola più puntuale, possiamo dire più personalizzata, e questo è avvenuto quando ci ha fatto visita durante il ferragosto. Nel prossimo numero del nostro giornalino mensile pubblicheremo il testo dell’omelia del Vescovo, da esso trarremo gli orientamenti per il nostro prossimo cammino pastorale. Dopo la lettera del Vescovo, su questo numero vengono riportate alcune nuove proposte sul come fare Catechesi ai fanciulli e ragazzi della nostra parrocchia, lo facciamo per stimolare la riflessione di tutti su una delle sfide che ci interpella con urgenza. Gli orientamenti che vengono riferiti sono quelli che ormai da qualche anno vengono proposti da parte degli uffici pastorali della Diocesi, e che alcune parrocchie hanno già cercato di realizzare. Invito tutti a leggere con

attenzione la proposta del passaggio di mentalità che sottostà alla nuova impostazione. Durante il mese di Settembre cercheremo di riflettere su questo argomento con alcuni genitori e con le catechiste, che già dallo scorso anno frequentano corsi appropriati promossi dalla diocesi. Sarebbe bello che già dal nuovo anno catechistico si potesse fare anche nella nostra parrocchia qualche cosa di simile a quello che tanti già fanno con un lusinghiero risultato.

Don Giuseppe

IL VESCOVO IL VESCOVO di VERONA di VERONA

LLEETTTTEERRAA AAPPEERRTTAA AAII VVEERROONNEESSII

Non mi riconosco alcuna singolare autorità di rivolgermi alla società civile veronese, se non quella di appartenervi, per anagrafe e residenza. A questo dato di partenza, si aggiunge ora la mia responsabilità di vescovo. Per alcuni versi vorrei essere voce anche di molta gente da buon senso. Che è la stragrande maggioranza. Spesso silenziosa perché non messa nella condizione di far sentire la sua voce. La lettera prende origine dal dibattito sorto a riguardo della comunità Rom stanziata a Boscomantico e dalla condivisione del progetto elaborato dal Don Calabria, sostenuto dalla Caritas diocesana, cui va il plauso per il senso di concretezza che lo connota in vista di una soluzione equa in quanto è imperniato su una prospettiva di onorevole integrazione, corredata di strumenti idonei per le famiglie che si rendono disponibili. Ma essa mira ad estendere lo sguardo anche, e soprattutto, oltre. In sintesi: alla necessità di fare squadra operando in sinergia con tutte le realtà civili ed ecclesiali per trovare soluzioni adeguate all’insieme delle problematiche che pesano sulle spalle di Verona e la tengono frenata nei suoi slanci più audaci. Verona, conviene ribadirlo perché entri sempre più nella coscienza collettiva, può contare su inimitabili ed esuberanti risorse umane, culturali artistiche, paesaggistiche, economiche, religiose. Se non ci esponessimo al rischio di essere giudicati scarsamente modesti, non esiteremmo, per amore di verità del reale, a riconoscervi una singolare seminagione di genialità. In tutti i campi. Tali risorse sono un capitale per tutti. Finalizzato al bene-essere dell’intero corpo sociale. Di conseguenza, proprio il

senso dell’organicità del vivere sociale civile ci indirizza a mettere insieme le risorse disponibili per garantire il senso del bene-essere per i singoli e la collettività. Come avviene nelle membra del corpo umano, non basta che alcuni, privilegiati, stiano bene. Tutti hanno diritto a star bene. A vivere nella dignità di persone umane. Tutti di fatto hanno interesse a che tutti stiano bene. Perchè chi non sta bene, o chi sta male e molto male, è sempre sorgente di inquietudine e di destabilizzazione per tutto il corpo sociale. Se poi le situazioni problematiche coinvolgono una molteplicità di persone creando un arcipelago di realtà varie e differenziate, allora si rende ancor più necessario un raccordo convergente di tutte le risorse disponibili per cercare soluzioni adeguate, benché non miracolistiche. In modo analogo a quanto avviene quando un corpo ha subito un trauma: il sangue vi confluisce abbondante da ogni parte, pur di soccorrere la ferita che mina la salute dell’organismo. Resta sempre vero che i grandi problemi si risolvono solo con la collaborazione di tutti. In definitiva occorre guardare in faccia le sacche di povertà materiale, morale e spirituale presenti sul territorio, per escogitare ed elaborare soluzioni idonee. Penso alla condizione dei Rom, a quella dei senza fissa dimora, a chi non ha occupazione stabile remunerativa, a chi

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non è in grado di pagarsi un appartamento oltre una certa cifra, all’immigrato in balia di se stesso, all’anziano in stato di abbandono… fino a chi viene risucchiato dal circuito a spirale di una vita senza senso, a chi si lascia travolgere dal miraggio della tossicodipendenza, o a chi viene catapultato sulla strada della prostituzione… Pericolose polveriere del disagio che da un momento all’altro possono implodere e, non di rado, esplodere. Alla minima scintilla. Con conseguenze imprevedibili sul piano della convivenza e con gravi ricadute sociali ed economiche. A nessuno è consentito, e conviene, sentirsi estraneo a queste problematiche. Sono realtà che ci toccano da vicino e ci domandano, come cittadini, di concorrere, ognuno dal proprio versante di competenza, alla loro soluzione e a prevenirne le cause per il futuro. Alla radice sta una precisa cultura, con la sua logica e le sue regole. È la cultura della solidarietà senza la quale rimane spazio solo per la visione individualista dello star bene da soli. Ma è anche la cultura della legalità, come forma della mente e parametro del vivere civile. Da apprendere ed assimilare in famiglia, a scuola, in parrocchia, nelle organizzazioni del volontariato. Per adeguarvisi tutti insieme e concordi. Non si tratta di omologare persone e culture, ma di farle convergere in unità di intenti, affiancando alla cultura dei diritti quella prioritaria del rispetto dei doveri, uguali ed esigenti per tutti. Il bene di ciascuno infatti coincide con il bene dell’insieme e viceversa. I ghetti non giovano a nessuno. E come ogni problematica irrisolta e lasciata incubare ce la ritroviamo ingigantita appena riemerge, a danno di tutti, così ogni problematica risolta immette nel tessuto sociale nuove risorse innovative e rinnovatrici. Per questo amo pensare che tutti i Veronesi sentano come un punto di onore, di cui essere orgogliosi, contribuire, ognuno secondo le possibilità e competenze, allo stato di salute sociale civile di Verona, nella sua dimensione urbana e provinciale.

Ecco perché, libero come sono da ogni appartenenza politica, ma cosciente di non poter essere estraneo alle vicende della città, e amando Verona più di me stesso, mi sono sentito interpellato dalle situazioni problematiche a scendere in campo aperto. Mettendomi accanto alle varie ed articolate espressioni di autorità istituzionali poste a servizio del nostro territorio. Come compagno di viaggio. Non ci resta che lasciar sprigionare le risorse di cui disponiamo, immettendole nel medesimo alveo, per governarle. Finalizzandole ad un progetto ambizioso: fare di Verona non solo un crocevia di Europa ma anche un significativo modello di avanzata modernità civile. Grazie pure alla matrice cristiana dei suoi valori che stanno a radice sana della sua civiltà.

+ Giuseppe Zenti

SOMMARIO Pag 02 Il Vescovo Lettera aperta ai Veronesi

Pag 04 (Proposte per il rinnovamento…

Pag 05 della Catechesi in Parrocchia…

Pag 06 Iniziazione Cristiana e…

Pag 07 Metodo a quattro tempi)

Pag 08 Una Proposta per I Ragazzi…

Pag 09 (Angelus di Luglio…

Pag 10 Angelus…

Pag 11 Angelus)

Pag 12 (Sant’Alfonso…

Pag 13 Amico del Popolo)

Pag 14 Frasi guida per i Vangeli

Pag 15 Celebrazioni della Liturgia “orari”

Pag 15 Defunti / Nascite

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PPRROOPPOOSSTTEE PPEERR IILL RRIINNNNOOVVAAMMEENNTTOO

DDEELLLLAA CCAATTEECCHHEESSII IINN PPAARRRROOCCCCHHIIAA

INIZIAZIONE CRISTIANA E METODO

A QUATTRO TEMPI Noi catechiste durante l’inverno abbiamo partecipato a tre incontri a Garda insieme alle parrocchie vicine con i sacerdoti del Centro Pastorale Ragazzi di Verona. Ci è stato illustrato il nuovo metodo catechistico che si vuole attuare in tutte le parrocchie della diocesi veronese e che è già partito in alcune. Se con l’insegnamento del catechismo fino ad adesso si puntava solo sui ragazzi, con questo nuovo metodo si vuole pensare all’iniziazione cristiana partendo soprattutto dai genitori, dagli adulti, affinché anche loro siano impegnati in prima persona a rivedere il contenuto della fede. Si vuole adottare un lavoro di equipe tra parroci, catechiste, genitori e chiunque abbia esperienze positive di vita; si vuole arricchire l’immagine di Chiesa comunitaria; ma soprattutto una delle cose più interessanti è la fede che riprende parola in famiglia.

Questo nuovo metodo si chiama: Metodo a 4 tempi - esso si compone di quattro tempi appunto:

1. Incontro solo con Genitori;

2. Incontro di catechesi in Famiglia; 3. Incontro solo dei Ragazzi;

4. Incontro domenicale di tutta la Famiglia.

Questi incontri verranno preparati insieme con le catechiste e i parroci. Non saranno un semplice parlare di catechesi, ma incontri di approfondimento, confronto esperienze vissute, gioco, canto, preghiera, testimonianze forti,.. . ecc. Nel nostro ultimo incontro a Garda, alcuni delegati di una parrocchia che già da quattro anni ha adottato questo metodo ci hanno portato la loro esperienza. Certo problemi ci sono stati, ma anche un riscontro da parte dei genitori inaspettato! Il cammino è lungo e difficile, l’impegno tanto da parte di tutti, ma il risultato premia.

Anna

GENITORI FAMIGLIA

CATECHISTI ASSEMBLEA FESTIVA

Il metodo a 4 tempi per l’Iniziazione Cristiana dei bambini

Il “Metodo a quattro tempi” non è nato a tavolino: al contrario, è stato elaborato a partire dalla osservazione di alcune sperimentazioni messe in atto in alcune parrocchie della diocesi: sono tentativi, realizzati in modi diversi e con accentuazioni diverse, per riformulare l’Iniziazione Cristiana dei piccoli, uscendo dallo schema scolastico, coinvolgendo i genitori e valorizzando la domenica. Dopo aver seguito e verificato queste esperienze, l’Ufficio Catechistico, ha deciso di provare a riformulare il modo tradizionale di fare catechismo secondo questo metodo, che più che un metodo è un nuovo orizzonte in cui collocare il cammino della Iniziazione Cristiana. Il tutto è partito dalla constatazione che la nostra prassi attuale dell’Iniziazione Cristiana, di fatto non inizia.

OBIETTIVI

A partire dalla riflessione magisteriale e catechistica di questi ultimi anni, questo metodo intende raggiungere alcuni

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obiettivi che nell’impianto tradizionale restano un po’ in ombra: - recuperare il ruolo centrale della famiglia nella comunicazione della fede, aiutando i genitori a riscoprire una fede adulta in vista della testimonianza ai loro figli; - valorizzare meglio il Giorno del Signore e l’Anno Liturgico all’interno del cammino di iniziazione; - favorire il passaggio dal catechista “single” ad una “squadra” e far interagire maggiormente la comunità cristiana; - offrire ai bambini un’esperienza (non una lezione!) di catechismo vivibile per tempi e modi, uscendo dall’impossibile costrizione della mezz’oretta dopo il doposcuola.

IN PRATICA

Praticamente il cammino dell’Iniziazione Cristiana viene ad articolarsi per ogni annata, secondo delle tappe mensili, ritmate secondo questa scansione settimanale:

1. Incontro dei genitori: consiste in una proposta di riscoperta della fede da parte degli adulti. Inoltre suggerisce come comunicare in famiglia quanto maturato nel gruppo. 2. Incontro in famiglia: con l’aiuto di alcuni semplici proposte e materiali, si sostiene il tentativo di aiutare i genitori a testimoniare la fede ai figli, anche con momenti espliciti di dialogo, di preghiera, di esperienze. 3. Incontro dei bambini: viene collocato in un momento disteso (sabato mattina o altro orario da concordare) che suppone un paio d’ore: - prima di tutto per poter vivere un’accoglienza decente, - poi per dare uno spazio ai bambini per condividere ciò che hanno vissuto in famiglia, - infine per una animazione gestita dai catechisti e per una preghiera. Questo incontro si apre alla eventuale presenza-intervento del parroco, di genitori volontari (stabili o a rotazione), di giovani, di ministri dell’eucaristia, di nonni o di altre figure che facciano “squadra” con i catechisti e portino il loro

contributo “carismatico” specifico (caritativo, musicale, ludico...). L’esperienza ci suggerisce che questo momento dei bambini è opportuno doppiarlo con un altro di tipo sintetico-riassuntivo a fine tappa. 4. Domenica: idealmente si tiene la domenica mattina un’ora circa prima della celebrazione della messa. Si propone di suggerire ogni domenica una verifica dell’esperienza vissuta in famiglia e per approfondire le questioni aperte. I bambini possono preparare o una preghiera, o un gesto, o un segno per riesprimere nella messa qualcosa del cammino fatto nella tappa coinvolgendo l’assemblea.

CRITERI GUIDA

• Un criterio di fondo è stato quello di mettere al centro le famiglie e non solo i bambini, privilegiando gli adulti a partire dal loro ruolo di genitori: per questo viene loro proposto un cammino di fede ritmato sull’Iniziazione Cristiana dei figli (e non per esempio sul Catechismo degli Adulti...). • Per questo motivo si è deciso di mantenere gli itinerari diocesani, ritenendo ancora valido il loro impianto di fondo, e riformulandoli secondo la dinamica “a quattro tempi”. È il cammino dei piccoli dunque che ritma quello dei grandi. • Così, si è cercato di mettere a fuoco i passaggi fondamentali di ogni annata, secondo un criterio di “essenzializzazione” che tenga conto di rivolgersi a grandi e piccoli in un orizzonte di “primo annuncio”. • Per questo motivo, non viene richiesta alcuna “condizione” (se un genitore non viene, niente comunione a suo figlio!) e l’esperienza è proposta in un clima di totale gratuità. Anche i bambini i cui genitori scelgono di non aderire, possono venire al catechismo quando è previsto il momento per loro (che funziona lo stesso, anche se al minimo ovviamente!). E’ stato cronometricamente dimostrato comunque che anche così i bambini non sono penalizzati perché non fanno meno catechismo, anzi, ne fanno di più per quantità e qualità.

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• Ai bambini non possiamo chiedere di reggere il catechismo settimanale costretto a forza tra il doposcuola e magari altre attività: è cosa buona e giusta creare per i bambini spazi “umani” di incontro vero, di ascolto vero, di dialogo vero, di esperienza vera (basti pensare cosa significherebbe qualche volta far uscire i nostri bambini che si preparano alla prima comunione con un ministro dell’eucaristia da qualche nonno!!! Sono esperienze impossibili da vivere nella mezz’oretta pomeridiana). • Ci è sembrato fondamentale non perdere la presenza e la funzione dei catechisti (forse in qualche sperimentazione sono stati troppo ridimensionati, investendo esclusivamente sul ruolo dei genitori, i quali sono invece chiamati ad essere prima di tutto testimoni). • A loro, viene offerta la formazione proposta nel laboratorio dell’annata corrispondente, proprio per aiutarli in questa riscoperta e riformulazione della fede, e per non lasciarli soli nel passaggio da catechisti solo dei bambini, a compagni di viaggio anche dei loro genitori. • Il momento celebrativo domenicale ci sembra di particolare valore perché permette di inserirsi nel percorso dell’anno liturgico (solennità e tempi forti). Un secondo aspetto prezioso di questa scelta ci sembra quello di riuscire un po’ più spesso a proporre dei momenti comunitari festivi nel Giorno del Signore non solo limitati alla messa ma anche ad esperienze di condivisione e fraternità che lo fanno vivere anche come Giorno della Comunità (“Dopo messa ci fermiamo a mangiare insieme tra famiglie? La parrocchia prepara la pasta e poi si condivide ciò che si porta da casa.”). • In questi percorsi, si ribadisce con forza che i sacramenti sono “lungo la via” e non sono la “meta” della via: questa meta è la maturità cristiana relativa ad ogni età, sia dei piccoli come dei grandi. Tenendo conto di una fase di transizione e della forte socializzazione religiosa della nostra diocesi, si cerca di non impedire a nessuno la celebrazione dei sacramenti

(finché non si rinnova la prassi battesimale è praticamente impossibile!) proponendo però un serio cammino di fede per chi vuole, anche adattandosi alle reali possibilità della gente. La riflessione sulle esperienze ci aiuterà a precisare nuovi criteri maturati con chi sta lavorando con coraggio ed intelligenza nelle nostre parrocchie. Accogliamo tutti i suggerimenti e gli stimoli che possono aiutarci a migliorare la proposta.

OSSERVAZIONI E CONDIZIONI

• È decisivo il fatto di non imporre, ma di aiutare la comunità a maturare queste scelte con i tempi necessari. Va accettato un principio di gradualità. • Quando un genitore vede che la proposta è valida, è capace di impegnarsi per suo figlio... tanto più quanto questi è piccolo. • Si assiste ad una gratificazione progressiva dei genitori che riscoprono con gusto un rapporto più ricco con i loro figli. • È interessante constatare che le maggiori riserve e critiche circa il metodo “a quattro tempi” vengono mosse da chi non ne ha fatto l’esperienza: chi invece finora l’ha messo in atto è deciso a proseguire su questa strada. • L’esperienza insegna che dove i catechisti sono formati ed accompagnati, sanno essere “mediazione” ecclesiale per i genitori meglio dei parroci, questo non per demerito dei preti, ma per la risorsa comunicativa che deriva ai catechisti dal fatto di essere laici e genitori loro stessi (la parola di una mamma, per un’altra mamma vale tanto!). • Le catechiste confermano che posto in un momento disteso l’incontro di catechismo è tutta un’altra cosa, per quantità ma soprattutto per qualità! • Sono interessanti le ricadute positive anche sulla comunità (messe più animate...). • Non bisogna trascurare dei momenti di verifica secondo il criterio del 3 x 3 (catechesi, liturgia, carità x famiglia, bambini, comunità). • È importante che l’autorità incoraggi e orienti nella direzione decisa, altrimenti si crea confusione e confronti tra prassi

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assai diverse anche tra parrocchie confinanti. Sarà importante in tal senso chiarirsi a livello vicariale. Riteniamo provvidenziale la scelta operata in questa direzione da una intera “unità pastorale”. • Per chi sceglie di percorrere queste nuove strade è richiesto un supplemento di spiritualità da “Esodo” contro le tentazioni di fermarsi lungo il cammino, di cercare continuamente segni e conferme divine, di rimpiangere le cipolle d’Egitto... • Le tre resistenze più forti

vanno operate: - Contro la logica dei numeri (Tutti o

nessuno!) perché non è evangelica. - Contro l’offerta di servizi religiosi e stop (Io i

sacramenti glieli ho dati e basta!) - Contro il rischio di lasciare gli adulti in una

perenne indifferenza perché temiamo le loro scelte (E se qualcuno dice di no?)

INIZIAZIONE CRISTIANA: COSA STIAMO IMPARANDO

PREMESSE

1° Ripensare l’Iniziazione Cristiana 2° Iniziazione Cristiana un invito alla speranza La comunità è il grembo generatore della fede. L’iniziazione come “apprendistato” e non come “leva sacramentale”. I primi passi a livello diocesano: assunzione della logica di transizione. Prime esperienze: tra profezia e autogol.

LE SPERIMENTAZIONI

- Perché qualcuno ha cominciato a cambiare.

- All’ascolto di ciò che sta cambiando. - Primi risultati: guadagni e perdite. - I due pilastri: adulti al centro e logica

del primo annuncio.

TIPOLOGIE: IL METODO A 4 TEMPI 1. Incontro solo dei genitori:

contenutistico-pedagogico. 2. Incontro di catechesi in famiglia. 3. Incontro solo dei ragazzi (2 ore il

sabato mattino: racconto e confronto delle esperienze vissute in famiglia, sintesi ed approfondimento dell’équipe catechisti, gioco-compagnia, canto -

preghiera, testimonianze forti, esperienze di protagonismo (es. con i ministri dell’Eucaristia...)

4. Incontro domenicale di tutta la famiglia:

genitori ± confronto ed approfondimento, ragazzi ± preparazione della liturgia (con riespressione del cammino) insieme ± celebrazione della messa, festa, pranzo o cena

± Resta il problema di chi non accetta il percorso!

Questo metodo funziona di più con le elementari; con i ragazzi delle medie va valorizzato di più l’apporto affiancato di figure giovanili, ridimensionando un po’ lo spazio predominante dei genitori.

PRIMI BILANCI - Nascita di gruppi adulti (con

testimonianza nei confronti delle nuove generazioni).

- Crescita “gustosa” di attenzione ai figli e dialogo intensificato.

- Valorizzazione della domenica. - Mobilitazione e riflussi comunitari (es.

animazione delle messe festive). - Sacramenti dati sulla fiducia (gratuità e

responsabilità senza condizioni!). - Accostamento di gente “fuori dal coro” e

corresponsabilizzazione dei genitori in forme di “padrinato” (adozioni catechistiche).

- Passaggio graduale dei catechisti verso un accompagnamento degli adulti, oltre che dei bambini.

PROBLEMI APERTI • Superamento dell’automatismo

sacramentale scolastico. • La formazione dei formatori degli adulti

(catechisti e formatori). • L’acquisizione di un orizzonte formativo a

laboratorio (né solo informazione, né solo addestramento).

• Le resistenze di alcuni genitori “utenti” di servizi religiosi.

• Il coinvolgimento dell’intera parrocchia: è un affare che riguarda tutti.

• Il ripensamento degli itinerari: priorità agli iniziandi od agli iniziatori. < - >

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UNA PROPOSTA PER I RAGAZZI DELLE MEDIE

PER L’INIZIAZIONE CRISTIANA

La preadolescenza è la fase della preparazione delle condizioni di libertà perché i ragazzi possano maturare in capacità adulte di operare scelte consapevoli, anche nella fede. Perciò parlare di Iniziazione Cristiana per i ragazzi vuol dire agire su questo ben sapendo che i ragazzi sono coinvolti in 2 fondamentali iniziazioni: quella cristiana ma anche quella culturale. Fino a 40 anni fa c’era una simbiosi tra entrambe, oggi c’è una forbice evidente, differenza che, più che suscitare nostalgie o arrabbiature, può essere vista come molto stimolante a far emergere la differenza cristiana. Questo soprattutto per gli adulti. Mentre, per una pastorale dei ragazzi, è richiesta una capacità di restringimento della forbice. Se non si assume tale sfida consapevolmente, si rischia la non comunicabilità dell’evento cristiano, perché le parole della fede rischiano di essere insignificanti per loro. Ci siamo accorti che si impongono alcuni passaggi a proposito di Iniziazione Cristiana: - Da un impianto di iniziazione centrato sui piccoli e sacramentalizzato, a un

processo di iniziazione che ha come perno gli adulti e non è finalizzato ai sacramenti, ma alla vita cristiana. - Da una “catechesi per la vita cristiana” a una catechesi per l’evangelizzazione e la proposta di fede. Va ricuperato un annuncio finalizzato a proporre in senso forte la fede (infatti si parla di “primo annuncio”) e centrato sull’evento pasquale. Con i ragazzi va proposta un’iniziazione che faccia leva sulla conoscenza non intellettuale/dottrinale e basta, ma emotivo/affettiva, perché è questo il canale che loro ascoltano meglio e permette di dire il cuore della fede, la persona di Cristo, che deve rivestire un grande fascino, senza dimenticare la dimensione della paternità di Dio e quella dello Spirito. Questo è un tempo nel quale si imprimono nei preadolescenti dei punti di riferimento e dei valori, si offre una grammatica della fede, e degli atteggiamenti positivi nei riguardi della comunità ecclesiale. Questi elementi non sono ancora la decisione per la fede cristiana. Il lavoro fatto con i ragazzi va considerato importante: offre loro i materiali per le loro future decisioni. Linee promettenti: - Aprire finestre sulla realtà (ecclesiale anzitutto, ma anche sociale) che allarghi i loro orizzonti mettendoli in relazione con giovani e adulti che hanno messo il Vangelo come criterio delle loro scelte. - Favorire esperienze dove i ragazzi stessi sono protagonisti di azioni evangeliche ed ecclesiali (dalla carità alla liturgia, dalla animazione ai mass media). - La domenica è dunque il giorno mistagogico fondamentale. L’anno liturgico deve sempre più diventare (come è da sempre) l’esperienza unificante e integrante di tutta la pastorale ecclesiale.

d.G.

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AANNGGEELLUUSS

Lorenzago di Cadore (BL), 15 luglio 2007

Cari fratelli e sorelle, ringrazio il Signore che anche quest'anno mi offre la possibilità di trascorrere alcuni giorni di riposo in montagna, e sono grato a quanti mi hanno accolto qui, a Lorenzago, in questo panorama incantevole a cui fanno da sfondo le cime del Cadore e dove è venuto più volte anche il mio amato Predecessore Papa Giovanni Paolo II. Un ringraziamento speciale rivolgo al Vescovo di Treviso e a quello di Belluno-Feltre, e a tutti coloro che in vario modo contribuiscono ad assicurarmi un soggiorno sereno e proficuo. Davanti a questo spettacolo di prati, di boschi, di vette protese verso il cielo, sale spontaneo nell'animo il desiderio di lodare Dio per le meraviglie delle sue opere, e la nostra ammirazione per queste bellezze naturali si trasforma facilmente in preghiera. Ogni buon cristiano sa che le vacanze sono tempo opportuno per distendere il fisico ed anche per nutrire lo spirito attraverso spazi più ampi di preghiera e di meditazione, per crescere nel rapporto personale con Cristo e conformarsi sempre più ai suoi insegnamenti. Quest'oggi, ad esempio, la liturgia ci invita a riflettere sulla celebre parabola del buon samaritano (cfr Lc 10,25-37), che introduce nel cuore del messaggio evangelico: l'amore verso Dio e l'amore verso il prossimo. Ma chi è il mio prossimo? - chiede l'interlocutore a Gesù.

E il Signore risponde ribaltando la domanda, mostrando, attraverso il racconto del buon samaritano, che ciascuno di noi deve farsi prossimo di ogni persona che incontra. "Va' e anche tu fa' lo stesso!" (Lc 10,37). Amare, dice Gesù, è comportarsi come il buon samaritano. Noi sappiamo, del resto, che Buon Samaritano per eccellenza è proprio Lui: pur essendo Dio, non ha esitato ad abbassarsi sino a farsi uomo e a dare la vita per noi. L'amore è dunque il "cuore" della vita cristiana; infatti solo l’amore, suscitato in noi dallo Spirito Santo, ci rende testimoni di Cristo. Ho voluto riproporre quest'importante verità spirituale nel Messaggio per la XXIII Giornata Mondiale della Gioventù, che verrà reso noto venerdì prossimo, 20 luglio: "Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni"(At 1,8). Questo il terra su cui, cari giovani, vi invito a riflettere nei prossimi mesi, per prepararvi al grande appuntamento che avrà luogo a Sydney, in Australia, tra un anno, proprio in questi giorni di luglio. Le comunità cristiane di quell'amata Nazione stanno attivamente lavorando per accogliervi e sono loro grato per gli sforzi organizzativi che stanno compiendo. Affidiamo a Maria, che domani invocheremo come Vergine del Monte Carmelo, il cammino di preparazione e lo svolgimento del prossimo incontro della gioventù del mondo intero, al quale vi invito, cari amici di ogni Continente, a partecipare numerosi.

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Lorenzago di Cadore (BL), 22 luglio 2007

Cari fratelli e sorelle! In questi giorni di riposo che, grazie a Dio, sto trascorrendo qui in Cadore, sento ancor più intensamente l'impatto doloroso delle notizie che mi pervengono circa gli scontri sanguinosi e gli episodi di violenza che si verificano in tante parti del mondo. Questo mi induce a riflettere oggi ancora una volta sul dramma della libertà umana nel mondo. La bellezza della natura ci ricorda che siamo stati posti da Dio a "coltivare e custodire" questo "giardino" che è la Terra (cfr Gn 2, 8-17): e vedo come realmente voi coltivate e custodite questo bel giardino di Dio, un vero paradiso. Ecco, se gli uomini vivono in pace con Dio e tra di loro, la Terra assomiglia veramente a un "paradiso". Il peccato purtroppo rovina sempre di nuovo questo progetto divino, generando divisioni e facendo entrare nel mondo la morte. Avviene così che gli uomini cedono alle tentazioni del Maligno e si fanno guerra gli uni gli altri. La conseguenza è che, in questo stupendo "giardino" che è il mondo, si aprono anche spazi di "inferno". In mezzo a questa bellezza non dobbiamo dimenticare le situazioni nelle quali si trovano, a volte, dei nostri fratelli e delle nostre sorelle. La guerra, con il suo strascico di lutti e di distruzioni, è da sempre giustamente considerata una calamità che contrasta con il progetto di Dio, il quale ha creato tutto per l'esistenza e, in particolare, vuole fare del genere umano una famiglia. Non posso, in questo momento, non andare col pensiero ad una data significativa: il 1° agosto 1917 - giusto 90 anni or sono - il mio venerato predecessore, Papa Benedetto XV, indirizzò la sua celebre Nota alle potenze belligeranti, domandando che ponessero fine alla prima guerra mondiale (cfr AAS 9 [1917], 417-420). Mentre imperversava quell'immane conflitto, il Papa ebbe il

coraggio di affermare che si trattava di un'"inutile strage". Questa sua espressione si è incisa nella storia. Essa si giustificava nella situazione concreta di quell'estate 1917, specialmente su questo fronte veneto. Ma quelle parole, "inutile strage", contengono anche un valore più ampio, profetico, e si possono applicare a tanti altri conflitti che hanno stroncato innumerevoli vite umane. Proprio queste terre in cui ci troviamo, che di

per se parlano di pace, di armonia, della bontà del Creatore, sono state teatro della prima guerra mondiale, come ancora rievocano tante testimonianze ed alcuni commoventi canti degli Alpini. Sono vicende da non dimenticare! Bisogna fare tesoro delle esperienze negative che purtroppo i nostri padri hanno sofferto, per non ripeterle. La Nota del Papa Benedetto XV non si limitava a condannare la guerra; essa indicava, su un piano giuridico, le vie per costruire una pace equa e duratura: la forza morale del diritto, il disarmo bilanciato e controllato, l'arbitrato nelle controversie, la libertà dei mari, il reciproco condono delle spese belliche, la restituzione dei territori occupati ed eque trattative per dirimere le questioni. La proposta della Santa Sede era orientata al futuro dell'Europa e del mondo, secondo un progetto cristiano nell'ispirazione, ma condivisibile da tutti perché fondato sul diritto delle genti. È la stessa impostazione che i Servi di Dio Paolo VI e Giovanni Paolo II hanno seguito nei loro memorabili discorsi all'Assemblea delle Nazioni Unite, ripetendo, a nome della Chiesa: "Mai più la guerra!". Da questo luogo di pace, in cui anche più vivamente si avvertono come inaccettabili gli orrori delle "inutili stragi", rinnovo l'appello a perseguire con tenacia la via del diritto, a rifiutare con determinazione la corsa

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agli armamenti, a respingere più in generale la tentazione di affrontare nuove situazioni con vecchi sistemi. Con nel cuore questi pensieri e questi auspici che questa sia sempre, come è adesso grazie a Dio, una terra della pace e dell'ospitalità, eleviamo ora una speciale preghiera per la pace nel mondo, affidandola a Maria Santissima, Regina della Pace. Castel Gandolfo, Domenica 29 luglio 2007 Cari fratelli e sorelle! Rientrato l'altro ieri da Lorenzago, sono lieto di trovarmi nuovamente qui, a Castel Gandolfo, nell'ambiente familiare di questa bella cittadina, dove conto di fermarmi, a Dio piacendo, per il resto del periodo estivo. Sento il vivo desiderio di ringraziare ancora una volta il Signore per aver potuto trascorrere giorni sereni tra le montagne del Cadore, e sono riconoscente a tutti coloro che hanno organizzato efficacemente questo mio soggiorno e vegliato con cura su di esso. Con uguale affetto vorrei salutare ed esprimere i miei grati sentimenti a voi, cari pellegrini, e soprattutto a voi, cari abitanti di Castel Gandolfo, che mi avete accolto con la vostra tipica cordialità e mi accompagnate sempre con discrezione durante il tempo che trascorro tra voi. Domenica scorsa, ricordando la "Nota" che il 1° agosto di 90 anni fa il Papa Benedetto XV indirizzò ai Paesi belligeranti nella prima guerra mondiale, mi sono soffermato sul tema della pace. Ora una nuova occasione mi invita a riflettere su un altro importante argomento connesso con tale tema. Proprio oggi, infatti, ricorre il 50° anniversario dell'entrata in vigore dello Statuto dell'A.I.E.A., l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica, istituita con il mandato di "sollecitare ed accrescere il contributo dell'energia atomica alle cause della pace, della salute e della prosperità in tutto il mondo" (art. II dello Statuto). La Santa Sede, approvando pienamente le finalità di tale Organismo, ne è membro fin dalla sua fondazione e continua a sostenerne

l'attività. I cambiamenti epocali avvenuti negli ultimi 50 anni evidenziano come, nel difficile crocevia in cui l'umanità si trova, sia sempre più attuale e urgente l'impegno di incoraggiare la non proliferazione di armi nucleari, promuovere un progressivo e concordato disarmo nucleare e favorire l'uso pacifico e sicuro della tecnologia nucleare per un autentico sviluppo, rispettoso dell'ambiente e sempre attento alle popolazioni più svantaggiate. Auspico pertanto che vadano a buon fine gli sforzi di coloro che lavorano per perseguire con determinazione questi tre obiettivi, nell'intento di far sì che "le risorse in tal modo risparmiate possano essere impiegate in progetti di sviluppo a vantaggio di tutti gli abitanti e, in primo luogo, dei più poveri" (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2006, n. 13). È bene infatti ribadire anche in questa occasione come "alla corsa agli armamenti si deve sostituire uno sforzo comune per mobilitare le risorse verso obiettivi di sviluppo morale, culturale ed economico, ridefinendo le priorità e le scale di valori" (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2.438). Affidiamo nuovamente all'intercessione di Maria Santissima la nostra preghiera per la pace, in particolare affinché le conoscenze scientifiche e tecniche vengano sempre applicate con senso di responsabilità e per il bene comune, nel pieno rispetto del diritto internazionale. Preghiamo perché gli uomini vivano in pace, e si sentano tutti fratelli, figli di un unico Padre: Dio. < - >

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S. Alfonso Maria de’ Liguori nacque il 27 settembre del 1696 a Marianella, zona a nord di Napoli. Le chiavi di volta per capire la vita, la missione e le opere di Alfonso sono due: Cristo e il popolo. Cristo, come centro. Ma Cristo, per Alfonso, non è un’evasione dalla realtà. La realtà di Cristo, il sacramento di Cristo, sono i poveri. Il volto dei più poveri rivelò a S. Alfonso: - Il Cristo servo degli schiavi: la Napoli di

s. Alfonso conobbe la schiavitù. Si calcola che vi fossero almeno 10.000 schiavi. Si trattava per lo più di negri, turchi e pirati, resi prigionieri sulle navi corsare, nel Mediterraneo. In casa di Alfonso, come nelle case della nobiltà e della borghesia, se ne trovavano diversi a servizio. Fu il suo primo incontro con i poveri.

- Il Cristo Carcerato dei condannati a

morte; li assisteva con immenso amore, diceva: sono gli abbandonati di tutti, compresi parenti e amici.

- Il Cristo Nudo degli orfani e delle vedove; raccoglieva elemosine.

- Il Cristo Assetato dei remiganti delle

galere; - Il Cristo Crocifisso negli ospedali; - Il Cristo Abbandonato della povera

gente. S. Alfonso appartenne alla nobiltà, nonostante ciò, lesse il Vangelo dalla prospettiva del povero e si fece egli stesso povero. E nella gente povera e dimenticata impiegò tutte le sue possibilità di realizzazione umana ed ecclesiale. La vicinanza del povero lo costrinse a cambiare i suoi schemi culturali per divenire servizio, incarnazione. Gli storici attuali dell’Italia meridionale sottolineano con forza che la pietà popolare trova in s. Alfonso la più universale delle articolazioni assunte dal cattolicesimo nell’intero mezzogiorno. Nell’epoca di Alfonso, la cultura e la spiritualità – che allora si chiamavano perfezione – erano privilegio di pochi. S. Alfonso popolarizzò la spiritualità.

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Così, a 26 anni s. Alfonso intraprende un processo spirituale irreversibile. Gli esercizi spirituali della Settimana Santa del 1722 segnarono un prima e un dopo. Il giorno di Pasqua comincia una vita nuova: smette di frequentare il teatro, il gioco, e annulla i progetti di matrimonio allestiti da suo padre. s. Alfonso abbandona la professione di avvocato. “Per salvare l’anima si deve abbandonarla”, come avrebbe detto più tardi, e si dedica alla preghiera più profonda. Il 21 dicembre del 1726 s. Alfonso ricevette il sacerdozio. Ha 30 anni. Si mette subito all’opera tra i poveri nei sobborghi di Napoli e si identifica sempre più con Cristo, dedicando la sua vita ad annunciare loro la Buona Novella. In piccoli gruppi cantano insieme, pregano insieme e dialogano nel loro linguaggio e ambiente, quello delle strade e delle piazze. Nascono così le cappelle serotine. Si moltiplicano in maniera straordinaria. Tannoia, primo biografo di s. Alfonso, non solo descrive il fatto, ma riporta i nomi di molti partecipanti “ben noti in tutta Napoli…come veri innamorati di Gesù Cristo: venditori di farina, di castagne, di sapone…ed il resto, poveri senza volto, piccoli artigiani, disoccupati, bisognosi…”. S. Alfonso dedicherà loro sei anni della sua vita, dal 1727 al 1732, fino a quando non incontrerà altri “poveri” spiritualmente più abbandonati e deciderà di rimanere con questi. T. Rey-Mermet, uno degli ultimi biografi di s. Alfonso, scrive a proposito della cappella serotina: - I destinatari della Buona Novella sono i

più poveri, gli emarginati dalla morale e dal ministero della Chiesa.

- Ogni gruppo dava vita ad un luogo di

conversione e una scuola di santità. Non si trattava di farfugliare preghiere, ma di meditare, di approfondire insieme. E infine la cosa più singolare di allora e di oggi: le cappelle serotine costituiscono una opportunità per il

Cristiano semplice e povero della strada. Incontri per i laici, guidati dai laici stessi. Il sacerdote era un semplice assistente. Una chiamata alla santità per tutti i battezzati ed una affermazione del ruolo del povero e del laico nella Chiesa. e tutto questo in pieno XVIII secolo!

Le cappelle serotine sono il suo primo atto di fede nelle possibilità del popolo. Seguirono la missione, la musica, l’affermazione della dignità di quel popolo che i potenti, in quel momento storico, rifiutavano ed umiliavano. La congregazione dei Redentoristi nasce per “seguitare l’esempio del nostro comun Salvatore Gesù Cristo annunciando ai poveri la Buona Novella”. Più concretamente: per annunciare il Vangelo “alle anime sperdute nei paesi di campagna più destituiti di soccorsi spirituali”.

Nadia

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FFRRAASSII GGUUIIDDAA PPEERR II VVAANNGGEELLII DDEELLLLAA DDOOMMEENNIICCAA

Domenica 2 Settembre, XXII del Tempo Ordinario: “Chi si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato” (Lc. 14,11) Domenica 9 Settembre, XXIII del Tempo Ordinario: “Chi non odia la propria vita non può essere mio discepolo” (Lc. 14,26) Domenica 16 Settembre, XXIV del Tempo Ordinario: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta” (Lc. 15,6) Domenica 23 Settembre, XXV del Tempo Ordinario: “Nessun servo può servire a due padroni” (Lc. 16,13) Domenica 30 Settembre, XXVI del Tempo Ordinario: “Tendi alla giustizia, alla pietà, alla carità, alla pazienza, alla mitezza” (1 Tim. 6,11)

-- IINNTTEENNZZIIOONNII DDII PPRREEGGHHIIEERRAA --

Cuore divino di Gesù, io ti offro per mezzo del Cuore Immacolato di Maria, madre

della Chiesa, in unione al Sacrificio Eucaristico, le preghiere e le azioni, le gioie e le sofferenze di questo giorno: in riparazione dei peccati, per la salvezza di tutti gli uomini, nella grazia dello Spirito Santo, a gloria del divin Padre.

-- IINNTTEENNZZIIOONNII PPAARRTTIICCOOLLAARRII --

IN COMUNIONE CON IL SANTO PADRE

• Perché l’assemblea ecumenica di Sibiu in Romania contribuisca all’unità dei Cristiani.

• Perché tutti i missionari e le missionarie, gioiosi in Cristo, superino le difficoltà che incontrano.

IN COMUNIONE CON I VESCOVI ITALIANI

• Perché ritroviamo il senso autentico dell’amore che Dio ci dona e che dobbiamo comunicare agli altri.

Cuore di Gesù, fioriscano nella purezza e nel sacrificio le vocazioni sacerdotali e religiose.

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CCEELLEEBBRRAAZZIIOONNII DDEELLLLAA LLIITTUURRGGIIAA

ORARIO FESTIVO - DOMENICALE

Sabato o Vigilia Domenica o Festa ore 17.00 S. Messa ore 07.00 S. Messa

ore 19.30 S. Messa ore 08.30 S. Messa

ore 10.00 S. Messa ore 11.15 S. Messa ore 17.00 Vespero ore 19.30 S. Messa

ORARIO - FERIALE SETTIMANALE

ore

È nata SOFIA Congratulazioni

a mamma Patrizia e a papà Massimiliano

È nata ELISA Congratulazioni a mamma Lara e a papà Cristian

07.00Lodi

É TORNATO

ALLA CASA

DEL PADRE

Arturo