Parrocchia S. Maria Immacolata – Motte di Luino · Giornalino N. 216 maggio/giugno 2017 stampato...

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Parrocchia S. Maria Immacolata – Motte di Luino Via delle Motte, 21 – 21016 – Luino (Va) – tel. 0332 530306 Sito web: http://parrocchia‐motte‐in‐luino.webnode.it/ email: [email protected] S. Filippo Neri ‐ 26 Maggio

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Parrocchia S. Maria Immacolata – Motte di Luino 

Via delle Motte, 21 – 21016 – Luino (Va) – tel. 0332 530306 

Sito web: http://parrocchia‐motte‐in‐luino.webnode.it/                   email: [email protected] 

S. Filippo Neri ‐ 26 Maggio 

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Riflessioni su fatti dei nostri giorni 4 grazie al Papa per i 4 anni di pontificato

1. Grazie per aver posto al centro del Suo pontificato la Misericordia 

nel volto di Cristo che salva e redime.  2. Grazie  per  il  Suo  esempio,  fatto  di  semplicità  e  vicinanza 

attraverso il quale trasmette la verità del messaggio evangelico. 3. Grazie per le Sue instancabili esortazioni a non lasciarsi trascinare 

in una cultura dell'indifferenza e della disperazione, ma a vivere una prossimità animata da fiducia e speranza.  

4. Grazie infine Santità per la Sua incessante richiesta di preghiera, strumento di benedizione e beneficio spirituale. 

Anche nella nostra parrocchie e a livello decanale ci sono motivi di gioia e speranza: 

Il bel concerto in onore della Madonna e per la vita: “La cosa più bella e che  riempie  il  cuore  è  che  molte  persone  che  non  pregano  o  non praticano  abitualmente  sono  state  profondamente  toccate  da  questa preghiera attraverso la musica, lo Spirito Santo ha toccato molti cuori e come balsamo ha lenito le ferite di molte persone presenti che hanno perso un bambino.  

E  quello  che  il  Papa  ci  chiede  con  l’uscire  e prossimità  ora  abbiamo  davanti  il  mese Mariano, i Sacramenti della Prima Confessione e  Comunione  e  a  livello  decanale  nel centenario delle apparizioni il Pellegrinaggio in Prepositurale della Madonna di Fatima dal 25 giugno al 2 luglio prossimi. 

La visita che ho fatto recentemente con alcuni amici  preti  a  Stresa  sulla  tomba  del  beato mons.  Antonio  Rosmini  ci  aiuti  a  mettere  in pratica il Suo Testamento Spirituale affidato ad Alessandro Manzoni: 

 

TACERE, ASCOLTARE, ADORARE, GODERE  

don Ilario 

Giornalino N. 216 maggio/giugno 2017 

stampato in proprio per uso parrocchiale 

Madonna di Caravaggio

Pellegrini al Santuario di Caravaggio

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Incontro del 14/9/2016 – relatrice: Chiara Vescovi (ausiliaria diocesana)

Quarta relazione: Crescere insieme nella comunione – Includere e valorizzare i ragazzi con disabilità e le loro famiglie nel percorso di iniziazione cristiana.

Lettura del Vangelo di Giovanni (15,9-14) “Come il padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ha osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando.”

Papa Francesco ha avuto un incontro con le persone disabili l’11/6/2016. La Chiesa ha un atteggiamento di grande accoglienza nei confronti di queste persone tenendo presente che ogni soggetto che fa parte della società è unico e irripetibile e ogni volto escluso è un impoverimento della comunità.

Chiara fa una premessa autobiografica che si riferisce alla sua esperienza di vita fatta alcuni anni fa presso il “Piccolo Cottolengo don Orione di Milano – Reparto delle donne idrocefale“. L’episodio era stato così forte che le aveva procurato una forte scossa emotiva e pensava di non ripetere quell’esperienza e, invece, a seguito di una forte meditazione e elaborazione di sentimenti all’interno della sua anima decide di fare l’educatrice professione alla Don Gnocchi. La paura all’inizio l’aveva bloccata perché non conosceva il problema. Infatti, occorre documentarsi, fare esperienza perché le cose vanno vissute al 100% prima di trarre conclusioni affrettate.

L’esperienza in oratorio, i video che proponevano immagini e storie di persone disabili hanno fatto capire a Chiara l’importanza di condividere le differenze con questi soggetti capaci attualmente di riempire la al massimo la sua vita. Sono persone che, nonostante la disabilità, chiedono rispetto, essere accolte, chiedono inclusione nella nostra vita in quanto quello che noi avvertiamo come differenza per loro non esiste. Riescono a fare tutto quello che facciamo noi e meglio di noi grazie alla loro grande forza di volontà.

In questi giorni che si stanno svolgendo le “paraolimpiadi” assistiamo ad esempi di tenacia, di vera professionalità, da parte loro in ogni campo e ad ogni livello agonistico. Sono persone che vanno rispettate in quanto come ogni uomo sono “immagine di Dio” e sono belle agli occhi di Dio.

Jean Vanier dice che ogni persona è importante anche se non si vede. Bisogna credere nella sacralità della storia di ogni persona, nella sua bellezza, nel suo valore perché nell’altro vediamo il volto di Gesù. Ogni essere umano è membro di un corpo che è l’umanità.

Questo lo dice anche San Paolo: Siamo tutti membra e tutte serviamo e siamo indispensabili per formare un unico corpo e per questo occorre fare comunità con tutti gli esseri viventi. Dobbiamo stare vicino alle famiglie che hanno questi problemi. Bisogna farle parlare, non interromperle, mettersi nei loro panni e accogliere anche i loro silenzi senza cercare a tutti i costi di trovare una soluzione. Il più delle volte sanno già, meglio di noi, come risolvere il problema: hanno solo bisogno di essere capite, di essere consolate, di accettare il loro sfogo.

Occorre un ascolto attivo: focalizzare il problema. Dobbiamo creare una rete con la Scuola, associazioni, realtà riabilitative. Dobbiamo istruire anche le persone che interagiscono con il ragazzo disabile. Tutte le persone presenti nella Parrocchia devono mettere in atto strategie educative poiché tutte le tecniche da usare vanno progettate insieme. Il percorso non deve essere fatto solo dalla singola catechista ma da tutta l’equipe. Dice Albert Einstein: “Ognuno è un genio, ma se si giudica un pesce dalla sua abilità ad arrampicarsi su un albero, lui passerà tutta la vita a credersi uno stupido.” Se nell’altro vediamo sempre “un pesce” non riconosceremo mai le sue potenzialità.

Rachele

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Filippo Neri nasce a Firenze il 21 luglio 1515, e riceve il battesimo nel "bel san Giovanni" dei Fiorentini il giorno seguente, festa di S. Maria Maddalena. La famiglia dei Neri, che aveva conosciuto in passato una certa importanza, risentiva allora delle mutate condizioni politiche e viveva in modesto stato economico. Il padre, ser Francesco, era notaio, ma l'esercizio della sua professione era ristretto ad una piccola cerchia di clienti; la madre, Lucrezia da Mosciano, proveniva da una modesta famiglia del contado, e moriva poco dopo aver dato alla luce il quarto figlio.

La famiglia si trovò affidata alle cure della nuova sposa di ser Francesco, Alessandra di Michele Lenzi, che instaurò con tutti un affettuoso rapporto, soprattutto con Filippo, il secondogenito, dotato di un bellissimo carattere, pio e gentile, vivace e lieto, il "Pippo buono" che suscitava affetto ed ammirazione tra tutti i conoscenti.

Dal padre, probabilmente, Filippo ricevette la prima istruzione, che lasciò in lui soprattutto il gusto dei libri e della lettura, una passione che lo accompagnò per tutta la vita, testimoniata dall'inventario della sua biblioteca privata, lasciata in morte alla Congregazione romana, e costituita di un notevole numero di volumi. La formazione religiosa del ragazzo ebbe nel convento dei Domenicani di San Marco un centro forte e fecondo. Si respirava, in quell'ambiente, il clima spirituale del movimento savonaroliano, e per fra Girolamo Savonarola Filippo nutrì devozione lungo tutto l'arco della vita, pur nella evidente distanza dai metodi e dalle scelte del focoso predicatore apocalittico. intorno ai diciotto anni, su consiglio del padre, desideroso di offrire a quel figlio delle possibilità che egli non poteva garantire, Filippo si recò da un parente, avviato commerciante e senza prole, a San Germano, l'attuale Cassino. Ma l'esperienza della mercatura durò pochissimo tempo: erano altre le aspirazioni del cuore, e non riuscirono a trattenerlo l'affetto della nuova famiglia e le prospettive di un'agiata situazione economica.

Lo troviamo infatti a Roma, a partire dal 1534. Vi si recò, probabilmente, senza un progetto preciso. Roma, la città santa delle memorie cristiane, la terra benedetta dal sangue dei martiri, ma anche allettatrice di tanti uomini desiderio di carriera e di successo, attrasse il suo desiderio di intensa vita spirituale: Filippo vi giunse come pellegrino, e con l'animo del pellegrino penitente, del "monaco della città" per usare un'espressione oggi di moda, visse gli anni della sua giovinezza, austero e lieto al tempo stesso, tutto dedito a coltivare lo spirito.

La casa del fiorentino Galeotto Caccia, capo della Dogana, gli offrì una modesta ospitalità - una piccola camera ed un ridottissimo vitto - ricambiata da Filippo con l'incarico di precettore dei figli del Caccia. Lo studio lo attira - frequenta le lezioni di filosofia e di teologia dagli Agostiniani ed alla Sapienza - ma ben maggiore è l'attrazione della vita contemplativa che impedisce talora a Filippo persino di concentrarsi sugli argomenti delle lezioni.

La vita contemplativa che egli attua è vissuta nella libertà del laico che poteva scegliere, fuori dai recinti di un chiostro, i modi ed i luoghi della sua preghiera: Filippo predilesse le chiese solitarie, i luoghi sacri delle catacombe, memoria dei primi tempi della Chiesa apostolica, il sagrato delle chiese durante le notti silenziose. Coltivò per tutta la vita questo spirito di contemplazione, alimentato anche da fenomeni straordinari, come quello della Pentecoste del 1544, quando Filippo, nelle catacombe si san Sebastiano, durante una notte di intensa preghiera, ricevette in forma sensibile il dono dello Spirito Santo che gli dilatò il cuore infiammandolo di un fuoco che arderà nel petto del santo fino al termine dei suoi giorni.

Questa intensissima vita contemplativa si sposava nel giovane Filippo ad un altrettanto intensa, quanto discreta nelle forme e libera nei metodi, attività di apostolato nei confronti di coloro che egli incontrava nelle piazze e per le vie di Roma, nel servizio della carità presso gli Ospedali degli incurabili, nella partecipazione alla vita di alcune confraternite, tra le quali, in modo speciale, quella della Trinità dei Pellegrini, di cui Filippo, se non il fondatore, fu sicuramente il principale artefice insieme al suo confessore P. Persiano Rosa.

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A questo degnissimo sacerdote, che viveva a san Girolamo della Carità, e con il quale Filippo aveva profonde sintonie di temperamento lieto e di impostazione spirituale, il giovane, che ormai si avviava all'età adulta, aveva affidato la cura della sua anima. Ed è sotto la direzione spirituale di P. Persiano che maturò lentamente la chiamata alla vita sacerdotale. Filippo se ne sentiva indegno, ma sapeva il valore dell'obbedienza fiduciosa ad un padre spirituale che gli dava tanti esempi di santità. A trentasei anni, il 23 maggio del 1551, dopo aver ricevuto gli ordini minori, il suddiaconato ed il diaconato, nella chiesa parrocchiale di S. Tommaso in Parione, il vicegerente di Roma, Mons. Sebastiano Lunel, lo ordinava sacerdote.

Messer Filippo Neri continuò da sacerdote l'intensa vita apostolica che già lo aveva caratterizzato da laico. Andò ad abitare nella Casa di san Girolamo, sede della Confraternita della Carità, che ospitava a pigione un certo numero di sacerdoti secolari, dotati di ottimo spirito evangelico, i quali attendevano alla annessa chiesa. Qui il suo principale ministero divenne l'esercizio del confessionale, ed è proprio con i suoi penitenti che Filippo iniziò, nella semplicità della sua piccola camera, quegli incontri di meditazione, di dialogo spirituale, di preghiera, che costituiscono l'anima ed il metodo dell'Oratorio. Ben presto quella cameretta non bastò al numero crescente di amici spirituali, e Filippo ottenne da "quelli della Carità" di poterli radunare in un locale, situato sopra una nave della chiesa, prima destinato a conservare il grano che i confratelli distribuivano ai poveri.

Tra i discepoli del santo, alcuni - ricordiamo tra tutti Cesare Baronio e Francesco Maria Tarugi, i futuri cardinali - maturarono la vocazione sacerdotale, innamorati del metodo e dell'azione pastorale di P. Filippo. Nacque così, senza un progetto preordinato, la "Congregazione dell'Oratorio": la comunità dei preti che nell'Oratorio avevano non solo il centro della loro vita spirituale, ma anche il più fecondo campo di apostolato. Insieme ad altri discepoli di Filippo, nel frattempo divenuti sacerdoti, questi andarono ad abitare a San Giovanni dei Fiorentini, di cui P. Filippo aveva dovuto accettare la Rettoria per le pressioni dei suoi connazionali sostenuti dal Papa. E qui iniziò tra i discepoli di Filippo quella semplice vita famigliare, retta da poche regole essenziali, che fu la culla della futura Congregazione.

Nel 1575 Papa Gregorio XIII affidò a Filippo ed ai suoi preti la piccola e fatiscente chiesa di S. Maria in Vallicella, a due passi da S. Girolamo e da S. Giovanni dei Fiorentini, erigendo al tempo stesso con la Bolla "Copiosus in misericordia Deus" la "Congregatio presbyterorm saecularium de Oratorio nuncupanda". Filippo, che continuò a vivere nell'amata cameretta di San Girolamo fino al 1583, e che si trasferì, solo per obbedienza al Papa, nella nuova residenza dei suoi preti, si diede con tutto l'impegno a ricostruire in dimensioni grandiose ed in bellezza la piccola chiesa della Vallicella.

Qui trascorse gli ultimi dodici anni della sua vita, nell'esercizio del suo prediletto apostolato di sempre: l'incontro paterno e dolcissimo, ma al tempo stesso forte ed impegnativo, con ogni categoria di persone, nell'intento di condurre a Dio ogni anima non attraverso difficili sentieri, ma nella semplicità evangelica, nella fiduciosa certezza dell'infallibile amore divino, nella letizia dello spirito che sgorga dall'unione con Dio. Si spense nelle prime ore del 26 maggio 1595, all'età di ottant'anni, amato dai suoi e da tutta Roma di un amore carico di stima e di affezione.

La sua vita è chiaramente suddivisa in due periodi di pressoché identica durata: trentasei anni di vita laicale, quarantaquattro di vita sacerdotale. Ma Filippo Neri, fiorentino di nascita - e quanto amava ricordarlo! - e romano di adozione - tanto egli aveva adottato Roma, quanto Roma aveva adottato lui! - fu sempre quel prodigio di carità apostolica vissuta in una mirabile unione con Dio, che la Grazia divina operò in un uomo originalissimo ed affascinante.

"Apostolo di Roma" lo definirono immediatamente i Pontefici ed il popolo Romano, attribuendogli il titolo riservato a Pietro e Paolo, titolo che Roma non diede a nessun altro dei pur grandissimi santi che, contemporaneamente a Filippo, aveva vissuto ed operato tra le mura della Città Eterna. Il cuore di Padre Filippo, ardente del fuoco dello Spirito, cessava di battere in terra in quella bella notte estiva, ma lasciava in eredità alla sua Congregazione ed alla Chiesa intera il dono di una vita a cui la Chiesa non cessa di guardare con gioioso stupore. Ne è forte testimonianza anche il Magistero del Santo Padre Giovanni Paolo II che in varie occasioni ha lumeggiato la figura di san Filippo Neri e lo ha citato, unico dei santi che compaiano esplicitamente con il loro nome, nella Bolla di indizione del Grande Giubileo del 2000.

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Carissimi amici,

mi sembra di essere appena tornato in Tailandia e invece siamo già a Natale, il che significa che sono già passati due mesi. Sono stati due mesi intensi, riempiti dagli avvenimenti piccoli e grandi di cui è intessuta la vita quotidiana di ognuno di noi. Senza dubbio, l’avvenimento che mi ha preso di più è quello, recentissimo, della morte del nostro superiore generale, il p. Luigi Menegazzo, avvenuta domenica scorsa a Roma. (Vi allego la comunicazione della nostra Direzione Generale che potete trovare, insieme anche a un bell’editoriale e ad alcuni articoli di quotidiani che avevano dato la notizia, nel sito web dei saveriani: www.saveriani.org). Negli ultimi mesi non era stato bene ed era stato anche ricoverato in ospedale, ma la sua morte ci ha colto tutti di sorpresa. Io ho avuto l’occasione di incontrarlo e di farmi una bella chiacchierata con lui proprio prima del mio ritorno in Tailandia, in ottobre. In quel momento era in convalescenza dopo il primo ricovero in ospedale e si stava riprendendo bene. Per noi saveriani questa è una bella botta, che si aggiunge a quella della morte del p. Carlo Girola (che era stato mio compagno di classe e di ordinazione in teologia), avvenuta due mesi fa in Cameroon per incidente ferroviario. Vi chiedo di pregare per noi, perché abbiamo bisogno di leggere questi avvenimenti alla luce della fede, per capire che cosa il Signore sta dicendo e chiedendo alla nostra congregazione in questo momento. Come potrete ben capire, il resto, tutto quello che avrei voluto raccontarvi, passa tutto in secondo piano. Ci stiamo preparando a celebrare il Natale portando il Bambin Gesù nelle case dei nostri parrocchiani. Abbiamo iniziato l’11 dicembre. Ogni sera passiamo 8-10 famiglie, insieme con un bel gruppo di fedeli (70-80 persone, tra adulti e bambini). In ogni casa facciamo alcuni canti natalizi, una breve lettura dal vangelo, un momento di preghiera per la famiglia, a cui poi diamo un regalino simbolico, e infine terminiamo

Auguri dalla Tailandia

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con la benedizione alla famiglia e alla casa. Domenica scorsa siamo andati a visitare le 6 famiglie cattoliche che abitano fuori del nostro villaggio e, date le distanze, abbiamo iniziato nel pomeriggio. Eravamo in una delle loro case quando ci è arrivata la notizia della morte di p. Luigi. Il brano del vangelo che abbiamo letto subito dopo era il racconto dell’apparizione dell’angelo ai pastori di Betlemme, con l’annuncio della nascita di Gesù: “Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore”. In questi giorni sento il bisogno di tenermi nel cuore queste parole, che mi sembrano piene di significato più delle altre volte, e mi sembrano dirette proprio a noi saveriani. Sento che mi incoraggiano e mi danno forza. Tenetele anche voi nel vostro cuore e non dimenticatevi di fare una preghiera per noi. Buon Natale e Buon Anno Nuovo. Un abbraccio

p. GiovanniMatteazzi

 

Il carradore Parola che indica il mestiere di chi costruisce o ripara carri, carretti/e, carrozze, birocci e simili. Il vocabolo deriva dal latino carpentarius, con il significato, appunto, di costruttore o riparatore di carri. Mestiere molto difficile e complesso, perché chi vi metteva mano doveva essere un po’ fabbro, con attrezzature e competenze specifiche per questa attività; un po’ falegname, con conoscenza del legno nelle sue varietà, prerogative e modalità di trattamento; un po’ maestro d’ascia, per dare al legno le forme e le movenze dovute. Costruire un carro in tutti gli svariati modelli e per tutte le diverse necessità, insomma, non costituiva un problema da poco, ma esigeva abilità, precisione, talento e conoscenze tecniche. Il carro può collocarsi tra i simboli principali della civiltà contadina. Il suo impiego era di una versatilità unica e costituiva un elemento indispensabile per i lavori della campagna durante tutto l’arco dell’anno. A cominciare dal periodo invernale, quando veniva utilizzato per la sistemazione di strade, la ripulitura dei campi dai sassi, o trasporto di legna o di altri materiali. In primavera, per smistare il letame ed altri concimi; in estate per il trasporto di foraggio, la rimessa dei covoni di grano e la sistemazione dei preziosi chicchi; in autunno ancora per trasportare il letame, sementi, legna ed altri prodotti, ma soprattutto per “celebrare”, con le sue tradizioni e i suoi riti, il più gioioso lavoro della campagna: la vendemmia. Insomma, questo prezioso strumento, scandiva lo scorrere delle stagioni con i prodotti che trasportava. Senza parlare dei momenti nei quali rimaneva inutilizzato, quando diveniva il luogo più ricercato dai bambini per i loro giochi innocenti. 

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Le tante testimonianze di Luinesi partiti dal Verbano per incontrare il 

pontefice. Don Sergio: "È stato un soffio di serenità" 

Il Decanato di Luino ha partecipato con 

centinaia di fedeli e diversi pullman sia alla 

messa di Papa Francesco a Monza, sia a quello 

riservato ai cresimandi e ai loro educatori allo 

stadio di San Siro. 

Ecco  qui  come  è  stata  vissuta  la  magnifica 

giornata  di  ieri  dal  prevosto  e  decano  di 

Luino, don Sergio Zambenetti, e da Clea, Elena, 

Laura  e  Norma,  che  sono  quattro  volontarie 

della  Parrocchia  Nostra  Signora  di  Lourdes  di 

Creva di Luino.  

Commenta don Sergio: “La visita di Papa Francesco a Milano è stata on soffio di serenità, ma anche 

di incoraggiamento e stimolo a vivere la propria fede nei diversi luoghi dell’esistenza umana, quelli 

che egli chiama le “periferie” dove la gente vive.  

Mi sembra che la sua parola abbia raggiunto tutti: piccoli, grandi, poveri, ricchi, religiosi, laici, santi 

e peccatori, sani e malati, perché la sua è la parola del Vangelo che chiede di incarnarsi nella storia 

degli uomini, così come vuole Gesù.  

Non mi sembra neanche che egli abbia dato ricette particolari per affrontare le sfide della nostra 

realtà contemporanea, perché quelle sono nel Vangelo ed hanno una sintesi e sono raccolte in una 

parola: “misericordia”.  

Io  ho  vissuto  l’incontro  con  Papa  Francesco,  prima  in  Duomo  e  poi  al  parco  di  Monza  per  la 

celebrazione eucaristica e in ambedue i momenti ho percepito in lui una forza straordinaria e una 

capacità di raggiungere il cuore di chi lo ascoltava con la semplicità e la concretezza, che nascono da 

una familiarità con il Vangelo e da un incontro personale con Gesù, sperimentati da lui nel corso 

degli anni. Il tutto segnato da una fiducia in Dio, che è carica di abbandono capace di smorzare gli 

affanni,  umanamente  comprensibili,  di  chi  desidera  affrontare  le  fatiche  della  vita  e  della 

testimonianza cristiana.  

In modo particolare, ho percepito un grande incoraggiamento per noi sacerdoti e per i religiosi e 

religiose  impegnati  nel ministero  pastorale  e  nelle  opere  di  servizio  e  di  carità,  nei  vari  ambiti 

dell’azione ecclesiale.  

“Non  cedere  alla  rassegnazione”,  ma  ritrovare  piste  nuove  di  evangelizzazione,  che  nascono 

dall’incontro rinnovato con Gesù, perché da lì è partita la vocazione di ciascuno di noi, dall’essere 

innamorati di Lui, che ci ha inviati come ha fatto con i suoi discepoli, richiamandoli in Galilea, dopo 

la sua risurrezione, per riscoprire l’origine della loro chiamata, ma con la forza nuova dello Spirito 

santo che Egli aveva donato loro. Ripartire, dunque, mettendo al centro Gesù, questo è ciò che ha 

chiesto alla folla intervenuta per la S. Messa a Monza, Solo così potremo raggiungere le periferie del 

mondo, che sono anche i vicini di casa con le loro gioie ma anche con le loro ferite.  

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Ora è  il momento di  rileggere e meditare gli  interventi di Papa Francesco per mediarli nella vita 

personale di ciascuno e per quella delle Comunità cristiane nelle quali viviamo, certi che, comunque, 

vale la pena di vivere il Vangelo e di trasmetterlo con gioia con le parole e con le opere.” 

Per  le  quattro  volontarie  di  Luino la  giornata  del  volontario  tipo  al  Parco  di  Monza  si 

chiama #tiportoviaconme.  

Ecco le riflessioni di Clea, Elena, Laura, Norma:  

“Sacco a pelo, aspettative, torcia, pass e pettorina… Si parte venerdì alle 20:00 direzione oratorio 

San Luigi di Vedano al Lambro in cui ci saremmo incontrati con altri 300 volontari. Sveglia alle 4:15 

e poi dritti al Parco di Monza dove ci hanno affidato l’incarico del presidio della Cappella Eucaristica 

XI  nella  quale  avremmo  accolto  durante  la  giornata  il  Diacono Massimo  e  i  ministri  eucaristici 

straordinari.  

La nostra Cappella era molto lontana dal palco, perciò le nostre speranze di vedere il Santo Padre 

erano minime ma, trovandoci vicino a una delle entrate, abbiamo avuto la possibilità di condividere 

la gioia, la speranza, l’emozione di tutti quei fedeli che sin dalle 8:00 del mattino hanno iniziato a 

riempire il parco. Col passare delle ore l’affluenza è aumentata a tal punto che sembrava di vedere 

una grande processione che ha  reso  tutti un’unica comunità, una  famiglia unita nella gioia della 

fede.  

Il correre e vociare dei presenti ci ha fatto capire che il Papa stava facendo il suo ingresso: l’emozione 

era palpabile,  le nostre speranze diventavano realtà, Francesco era con noi. Durante  la messa,  il 

momento della comunione è stato per noi particolarmente significativo non solo perché ci siamo 

sentite utili, accompagnando ministri e volontari nel settore loro assegnato, ma anche e soprattutto 

perché è stata un’opportunità unica di essere ancora più vicine sia alle persone sia al Signore. Una 

delle emozioni più grandi è stata vedere centinaia di ombrelli bianchi che si muovevano per portare 

Gesù in ognuno di noi.  

È stata sicuramente un’esperienza stancante e impegnativa, ma che ha lasciato un segno profondo 

in tutte noi, un ricordo che difficilmente riusciremo a cancellare.”  

Un’esperienza che è stata unica per tutti i partecipanti, e che è ben spiegata da queste riflessioni. 

 

Preghiera antica e sempre nuova alla Madonna x il trascorrere della Vita

"Non ti scordar di me Madonnina mia, non ti scordar di me in mezzo alla via, quando la vita si fa triste e dura, non ti scordar di me Vergine pura, e quando si fa sera, e mi circonda la bufera.

Non ti scordar di me nel Paradiso, mi vieni a prender Tu col tuo sorriso, mi porti in grembo al Creatore, non ti scordar di me, Mamma d'Amore.

Ho sentito dire che i soldi che lassù portiamo, sono quelli che ai poveri doniamo, dobbiamo darci da fare, se il nostro gruzzoletto Lassù vogliam trovare, aiutando delle povere persone, all' Aldilà avremo la pensione. Se così avrai dato, avrai il Paradiso anticipato".

Amedea S. Poetessa senza età 

Page 12: Parrocchia S. Maria Immacolata – Motte di Luino · Giornalino N. 216 maggio/giugno 2017 stampato in proprio per uso parrocchiale Madonna di Caravaggio Pellegrini al Santuario di

Il mese di maggio preparato dal concerto mariano in parrocchia Domenica 19 marzo si è svolto in parrocchia un bellissimo concerto mariano. É 

stato  significativo per  vari motivi  l’esecuzione bella  ed  affascinante di  tutti  i 

protagonisti:  dai  Cori  dei  Giovani  di  Voldomino  a  quello  di  Germignaga,  già 

nostri ospiti più volte, ai giovani musicisti del Liceo Musicale di Luino con il loro 

maestro,  al  mezzosoprano  Cossi  Adele  ed  al  balletto.  Una  collaborazione 

fraterna  e  gratuita  a  cui  va  il  grazie  della  nostra 

comunità delle Motte. 

Significativa è anche la motivazione a favore della 

Cultura della Vita  secondo  lo stile Evangelico della vicinanza, aiuto e 

promozione, ci ha suggerito che ci sono molti modi di pregare e lodare 

Dio:  con  l’arte,  la musica,  il  canto  e  la  danza. Molti  erano  giovani  e 

persino ragazzine di diverse parrocchie che ci hanno dimostrato che la 

Chiesa e la Fede possono essere qualcosa di bello, di vivo e vitale.  

 

 

 

Le funzioni del mese di maggio si svolgeranno ogni domenica sera alle ore 20,30 presso: 

  7 maggio ‐ Cucco (sorelle Ballinari)    

14 maggio ‐ Barozzo (casa Righetto) 

21 maggio ‐ Poppino (Casa Ferrari Jessica)      

28 maggio – Bonga 

Inoltre, alle date sottostanti, sono elencate le funzioni che si svolgeranno nella chiesa parrocchiale 

delle Motte: 

14 maggio alle ore 15 Prime Sante Confessioni  

4 giugno alle ore 11 Prima Santa Comunione 

Dal  giorno  25  giugno  al  giorno  2  luglio  alla  Chiesa  Prepositurale  di  Luino  ci  sarà  la  Madonna 

Pellegrina  di  Fatima  per  il  centenario.  Il  programma  delle manifestazioni  sarà  pubblicato  con  il 

prossimo giornalino.  

 

“Quale dignità potrà mai trovare una persona che non ha il cibo, o il minimo essenziale per vivere, o peggio, che non ha il lavoro che lo unge di dignità?” (Papa Francesco).

I nostri occhi vedono sulla spinta delle emozioni. La bellezza e il fascino delle cose che noi ammiriamo è certamente in esse, ma soprattutto in noi.