Paola Zanna - Effetti biochimici e salutistici dell'olio d'oliva

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Università degli Studi di Bari Università del Salento CNR Lecce ________________________________________________ Progetto strategico POR CIP_PS101 Valutazione nutrizionale e salutistica di prodotti agroalimentari TESINA FINALE Responsabile Scientifico: Prof. S.Papa Coordinatore: Prof. M. Lorusso Formanda: Dott.ssa Paola Zanna

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Tesina a cura del dott.ssa Paola Zanna - Corso di formazione "valore nutrizionale e salutistico di prodotti agroalimentari” - Università degli studi di Bari luglio 2012

Transcript of Paola Zanna - Effetti biochimici e salutistici dell'olio d'oliva

Università degli Studi di Bari Università del Salento

CNR Lecce ________________________________________________

Progetto strategico POR CIP_PS101

Valutazione nutrizionale e salutistica di prodotti agroalimentari

TESINA FINALE

Responsabile Scientifico: Prof. S.Papa Coordinatore: Prof. M. Lorusso Formanda: Dott.ssa Paola Zanna

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INDICE 1

1. Procedure per la produzione dell’olio extravergine di oliva 3

1.1. Raccolta e stoccaggio 3

1.2. Defogliazione e lavaggio 4

1.3. Molitura e frangitura 5

1.4. Gramolazione 7

1.5. Estrazione dell’olio 8

1.6. Conservazione e stoccaggio 12

1.7. Filtrazione 12

1.7. Imbottigliamento 13

2. Valutazione organolettica e sensoriale: pregi e difetti dell’olio extravergine di

oliva 15

2.1. Categorie merceologiche dell’olio d’oliva 15

2.2. Cause della variabilità dei giudizi individuali in un panel 17

2.3. Modalità di svolgimento di una degustazione 19

2.4. Attributi positivi dell’olio extravergine di oliva 20

2.5. Attributi negativi dell’olio vergine di oliva 22

3. Analisi chimica dei componenti minori dell’olio d’oliva 26

3.1. Composizione degli oli vergini di oliva 26

3.2. Composti polifenolici 29

3.3. Determinazioni qualitative e quantitative sulla componente polifenolica

dell’olio extravergine di oliva 29

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4. Valutazione biochimica e biologico molecolare del valore antiossidante dei

costituenti minori e dell’impatto sulla bioenergetica cellulare 33

4.1. I radicali liberi 33

4.2. L’olio d’oliva ed i mitocondri 36

4.3. Effetti dei componenti dell’olio d’oliva sull’ossidazione del DNA e di vari

componenti cellulari e sui processi di detossificazione. 41

4.4. Altri effetti dei polifenoli contenuti nell’olio extravergine d’oliva 45

5. Valutazione clinica del potere salutistico degli oli extra-vergine di oliva 46

5.1. Le potenzialità della dieta mediterranea 46

5.2. Effetti anti-aterogenici dell’olio extravergine d’oliva 47

5.3. Ruolo dell’olio vergine d’oliva nella sindrome metabolica 51

5.4. Ruolo dell’olio vergine d’oliva nei processi degenerativi 54

5.5. Altri effetti dei componenti minori dell’olio vergine di oliva 55

5.6. Effetti anti-infiammatori ed anti-microbici dell’olio extravergine d’oliva 56

Bibliografia 58

Ringraziamenti 68

3

1. Procedure per la produzione dell’olio extravergine di oliva.

1.1. Raccolta e stoccaggio.

La prima fase del procedimento per la produzione dell’olio extravergine di oliva consiste

nella raccolta. Essa deve essere effettuata al grado di maturazione opportuno delle olive

in quanto la maggiore o minore invaiatura influisce sulla qualità dell’olio. Tale opzione si

effettua sulla base di vari parametri tra cui la pienezza del frutto, la qualità di olive, la

qualità del terreno, la concimazione, la potatura e l’irrorazione. L’irrorazione non deve

essere effettuata sulle olive nei 20 giorni precedenti alla raccolta, tempo che corrisponde

al decadimento delle sostanze utilizzate, che vengono finalmente allontanate dai processi

di lavaggio delle olive. Come regola generale, la raccolta viene effettuata quando le olive

sono in stato di semi-invaiatura, cioè quando le olive presentano i colori giallo, verde e

viola. L’eccessiva maturazione delle olive determina una successiva piattezza dell’olio

ottenuto.

Le olive vengono raccolte direttamente dalla pianta. Esse devono essere molite entro le

12-24 ore, massimo 48h per evitare l’eccessivo riscaldo dovuto alla progressiva

fermentazione delle olive innescata dal distacco del frutto dalla pianta. Le olive cadute al

suolo non sono utilizzate per la produzione di olio extravergine di oliva ma vengono

vendute ad aziende che ne producono oli lampanti.

I moderni metodi di raccolta prevedono l’utilizzo di scuotitori che, esercitando un’azione

cinetica sugli alberi, determinano la caduta naturale delle olive dalla pianta. Rimangono

comunque tuttora alcuni produttori che raccolgono le olive in maniera tradizionale

utilizzando piccoli rastrelli in grado distaccare le olive dal ramo, olive che cadranno su

appositi teli e da queste stoccate in grossi contenitori. Tali contenitori consistono in

pratiche cassette forate (bins) che contengono intorno a 250 Kg di olive e che

permettono il loro facile spostamento. Tali bins non solo occupano poco spazio (1

m2/bin) in quanto sono facilmente sovrapponibili, ma sono anche ottimali per lo

stoccaggio del frutto in quanto lo strato di olive non supera i 40 cm in ciascun bin

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riducendo quindi la forza pressoria dovuta al peso delle olive. Essi inoltre sono forati

favorendo i processi di areazione e dispersione del calore e riducendo quindi il riscaldo,

cioè la fermentazione delle olive che causa un incremento della temperatura. Tali bins

devono essere coperti per proteggere le olive dal freddo e dalla pioggia che impedisce

una corretta defogliazione. Tali bins hanno soppiantato quasi completamente i sacchi di

iuta all’interno dei quali le olive si rompevano rilasciando acque di vegetazione che si

ossidavano o polimerizzavano innescando processi fermentativi.

Le olive vengono quindi trasportate al frantoio e vengono depositate su un piazzale che

favorisca il rapido defluire dell’acqua in caso di pioggia, ed in molti casi, all’interno di

tramogge di carico. Molto spesso la quantità di olive contenute all’interno delle tramogge

è così elevata che può determinare lo schiacciamento e la fermentazione delle olive,

soprattutto se ultramature. Le olive vengono quindi trasportate su un nastro mobile e

sottoposte ai processi di defogliazione ed in alcuni casi lavaggio.

1.2. Defogliazione e lavaggio.

L’allontanamento delle foglie viene preventivamente svolta a mano per allontanare i

grossi rami e poi effettuata meccanicamente da graticole forate oscillanti. Queste

permettono a terreno e pietrisco di passare attraverso i fori della graticola e cadere per

gravità allontanandoli dalle olive e smuovono le foglie che vengono a loro volta soffiate

via da un potente ventilatore (defogliatore). Le foglie devono essere allontanate dalle

olive in quanto altererebbero il colore ed il sapore dell’olio rendendolo amarognolo e

conferendo il sapore erbaceo di foglia, soprattutto quando i frangitori che si utilizzano

sono meccanici. La sabbia ed il pietrisco invece hanno un’azione usurante sull’acciaio e

possono usurare i decanter. Il terreno inoltre conferisce un sapore particolare all’olio. Le

olive possono avere infine sulla loro superficie residui di fitofarmaci idrosolubili. Per

questi motivi spesso le olive sono lavate, prima con un meccanismo continuo che ricicla

l’acqua (ma che viene spesso cambiata) e poi con un lavaggio finale con acqua pulita.

Queste operazioni sono effettuate fuori al frantoio in quanto sviluppano eccessivo

rumore.

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1.3. Molitura e frangitura.

Una volta depurate le olive dal materiale estraneo esse devono essere rotte e ridotte a

pasta di olive con granulometria fine per rompere i vacuoli cellulari in cui è contenuto

l’olio. I sistemi di molitura e frangitura possono essere di diversi tipi ed importanti ai fini

organolettici in quanto determinano diversi equilibri di frazioni presenti nell’olio che ne

influenzano aroma e sapore.

• Frangitoi a macina. Sistemi tradizionali di rottura delle olive e dei noccioli basati

sullo scorrimento di 4 ruote cilindriche di granito (coniche in nei frangitoi

spagnoli) su una superficie anch’essa di granito (Fig.1). Anche chiamati molazze.

Utilizzati in genere con i sistemi a pressione perché preparano meglio la pasta di

olive per la pressa. Effettuano una rottura non completa delle olive. Il

processamento delle olive tramite questi frangitoi deve essere regolato a seconda

di peso e grandezza delle olive per un intervallo di tempo variabile tra 15 e 20

minuti. Processano circa 3 quintali di olive in tale intervallo di tempo.

Fig. 1: Frangitoio a macina (molazza) in un impianto di spremitura tradizionale

• Frangitoi metallici violenti. Sono dei frangitoi meccanici che determinano una

rottura immediata delle olive e con una maggior capienza rispetto ai frangitoi a

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macina (processano circa 20 quintali rispetto ai 3 della molazza). Si dividono in

vari tipi:

- Frangitoi metallici a martelli fissi. Frangitoi con martelli fissi posti all’interno di

griglie che ruotano ad una velocità di 2500 rivoluzioni per minuto (rpm). I fori

delle griglie possono essere da 7-8 mm o più piccoli ma anche maggiori 10-12

mm,. Le dimensioni dei fori della griglia determinano la granulazione della

pasta di olive. Più piccoli sono i fori, più violenta è la frangitura perché

produce più attrito.

- Frangitori metallici a dischi. Possidono dei dischi con dei denti che servono per la

molitura. Anch’essi ruotano a 1400 rpm.

- Frangitoi a martelli mobili. Costituito da martelli mobili che rientrano quando

incontrano molta resistenza alla frangitura. Hanno una minore violenza di

rottura.

- Frangitoi a coltelli. Caratterizzati da coltelli mobili che rientrano quando

incontrano alti livelli di resistenza. Hanno anch’essi una minore violenza di

rottura.

Tali frangitoi metallici raggiungono temperature che si aggirano intorno ai 25-

30°C (frangitoi a martelli fissi), più alte rispetto a quelle sviluppate dalla macine

(19-20°C). Tali temperature sono compatibili con una buona qualità dell’olio

risultante, in quanto fino a 30-32°C l’olio non altera le sue caratteristiche. Tali

frangitoi metallici determinano non solo una più uniforme granulometria della

pasta di olive rispetto alla molazza ma anche una diversa composizione chimica

dell’olio risultante che presenta una quantità di polifenoli circa doppia rispetto a

quello ottenuto con la molazza, determinando una maggiore amarezza e

piccantezza del prodotto finale. Un olio con caratteristiche intermedie può essere

ottenuto da un’associazione tra i due sistemi di molitura, macinando le olive per 3-

4 minuti con i frangitoi a macina e successivamente processando la pasta di olive

ottenuta con i frangitoi metallici. Questo abbinamento permette di ottenere un

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olio dal sapore più equilibrato, mantenendo però la capacità di produzione molto

elevata, di circa 50 q di pasta di olive all’ora.

Un altro stratagemma per ridurre la violenza della frangitura e diminuire la

granulometria della pasta di olive consiste nell’applicare ben due griglie

concentriche ai frangitori metallici anziché una, con fori di calibro differente (più

grandi quelli della griglia interna e più piccoli quelli della grigli esterna). Tale

processo però non riduce la quantità di polifenoli contenuti nell’olio d’oliva

rispetto all’accoppiamento tra molazza e frangitore metallico. Con l’oliva poco

piccante si può anche usare direttamente un frangitore meccanico per la bassa

quantità di polifenoli contenuta.

La denocciolatura consente di ottenere un olio un po’ più armonico e piccante. Il

denocciolatore toglie il nocciolo prima della frangitura metallica. La quantità di

polifenoli che conferiscono il gusto amaro e piccante all’olio (oleuropeina aglicone

e ligstroside aglicone) sono più abbondanti nell’olio ottenuto dai frangitori

metallici, più limitate per l’olio ottenuto tramite la molazza, mentre sono

intermedie se ottenute tramite i finitori (frangitori non metallici).

1.4. Gramolazione.

Consiste nel lento e continuo rimescolamento della pasta di olive grazie ad

un’elica che ruota senza soluzione di continuità, finalizzato alla formazione di

goccioline di olio di dimensioni maggiori tali da consentire la loro separazione in

fase continua (coalescenza).

L’operazione determina la liberazione dell’olio dalla fase liquida e solida

consentendo un incremento del rendimento in olio. Le goccioline d’olio sono

microscopiche, hanno dimensione di pochi µm e sarebbero difficilmente estraibili.

Tramite la gramolazione, il rimescolamento continuo della pasta di olive

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determina l’incontro delle microscopiche goccioline e la loro unione (Fig. 2). Tali

goccioline di olio aumentano di dimensione ed affiorano. La gramolazione deve

avvenire a temperatura di 28-30°C per circa 40-45 minuti per aumentare la resa

del processo che sarebbe poco produttivo a temperatura ambiente. Le gramole

possono essere anche disposte in serie oltre che in parallelo.

Fig.2: Gramolazione della pasta di olive

1.5. Estrazione dell’olio.

L’olio ottenuto dall’impianto continuo di estrazione si deve separare dalla fase

acquosa e dalla porzione solida della pasta di olive, e questo procedimento si

ottiene tramite un decanter (o estrattore) che ruota a 3500-3700 rpm e crea una

forza centrifuga che separa le varie fasi in funzione del loro peso specifico.

Ciascuna di esse fuoriesce da un’apposita apertura. A seconda del numero delle

fasi separate si distinguono estrattori a due ed a tre fasi. Negli estrattori a due fasi

non è necessario aggiungere acqua dall’esterno alla pasta di olive se essa ha

un’umidità alta (60-70%) e si producono due sole fasi, una costituita da olio e

l’altra costituita da acque di vegetazione e sansa.

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Fig. 3: Separazione delle fasi all’uscita da un estrattore. La camera di uscita è chiusa ed

illuminata da diodi UV per ridurre i processi di ossidazione dell’olio.

Fig. 4: Separatore verticale. Separa l’olio dalle acque di vegetazione contaminanti.

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Nell’estrattore a tre fasi è necessario aggiungere dell’acqua dall’esterno per

diminuire la viscosità e migliorare la separazione delle fasi in olio, acque di

vegetazione e sansa in 3 canali distinti. L’aggiunta dell’acqua esterna però

determina una diluizione e conseguentemente una perdita di polifenoli nelle acque

di vegetazione. Nei moderni estrattori, l’olio alla sua estrazione viene condotto in

un ambiente chiuso e con dei a diodi UV, perché queste particolari luci e la

chiusura rallentano la sua ossidazione (Fig. 3).

Dall’estrattore l’olio è condotto in vasche che ne veicolano la quantità opportuna

a dei separatori verticali, centrifughe verticali che ruotano con una velocità interna

di 2500-3000 rpm e che processano mediante centrifugazione il mosto oleoso

separando olio ed acque di vegetazione sfruttando il loro differente peso specifico

(Fig. 4).

Dalla pasta di sansa successivamente si può effettuare una rimozione del

nocciolino (nocciolo tritato) con appositi macchinari che separano i resti di polpa

della sansa dal nocciolo tritato (Fig.5). il nocciolino è costituito da lignina che

funge da ottimo combustibile, è privo di sali e non lascia cenere. Si producono

circa 10-15 Kg di nocciolino per quintale di olive. La pasta di sansa a sua volta

può essere o smaltita in maniera speciale (perché ancora contiene una parte di

olio), o ceduta a sansifici che ne ricavano l’olio di sansa.

Fig. 5: Nocciolino estratto dalla sansa.

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Negli impianti tradizionali invece la pasta di olive ottenuta dalla gramolazione

viene immessa in quantità costanti tramite un dosatore su dei fiscoli di sparto o di

nylon (Fig. 6). I fiscoli vengono impilati con la pasta di olive intorno ad un asse

centrale. Ogni 5 fiscoli su cui è depositata la pasta di olive se ne inserisce uno

vuoto e quindi uno di ferro per aumentare la rigidità della struttura e favorire la

spremitura della pasta di olive. Tali cilindri costituiti da fiscoli inframezzati dalla

pasta di olive vengono inseriti in presse idrauliche che raggiungono dall’inizio del

processo alla fina una pressione totale di 350-450 fino a 500 atmosfere. Questo

processo di spremitura sviluppa anche una notevole quantità di calore, intorno ai

70-80°C.

Fig. 6: La pasta di olive viene adagiata su dei fiscoli nell’impianto tradizionale.

Il mosto oleoso ottenuto viene immesso in un canale e diretto verso un filtro ed

un separatore verticale che allontana l’olio dall’acqua di vegetazione contaminante

tramite centrifugazione. Tra i fiscoli rimane un materiale stoppaccioso

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rappresentato dalla sansa secca. Questa è particolarmente asciutta quindi può

essere processata da sansifici per produrre olio di sansa solo dopo aggiunta di

acqua esterna.

1.6. Filtrazione.

Gli oli sono torbidi a 27°C e tale torbidità può essere dovuta a particelle presenti

nell’olio. Per allontanare tali particelle si possono usare dei filtri, che possono

essere di vari tipi:

- filtro alla barese o a cotone. Consiste in una rete di acciaio con una rete bucata

con 2-3 strati di cotone idrofilo. Nel cotone rimangono assorbite le

mucillaggini e l’acqua che rende torbido l’olio. Nei filtri l’olio si può ossidare

per cui il cotone all’interno deve essere cambiato spesso

- filtro a cartone. Filtro fatto con dei cartoni (dimensioni di 40x40 cm o 60x60

cm) che inframezzano circa 70 piastre. Si fa passare l’olio attraverso gli strati di

cartone.

- a farine fossili. Inerti trattengono le impurezze. Consiste in una campana con

circa 6 griglie al suo interno su cui sono formati dei pre-pannelli di farine

fossili su cui si fa passare l’olio.

1.7. Conservazione e stoccaggio dell’olio.

- Le grosse quantità di olio prodotte possono essere stoccate in vasche interrate

(aperte durante la produzione dell’olio per favorire il suo abbassamento di

temperatura). Tali vasche mantengono l’olio lontano dalla luce ed assicurano

una temperatura ideale per la conservazione (tra 12 e 20°C). Per grosse

quantità di olio lo stoccaggio può essere effettuato in grossi silos di acciaio

mantenuti al fresco ed a temperatura costante, in cui l’aria sia stata eliminata

per insufflamento di azoto.

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1.8. Imbottigliamento.

Il termine della produzione consiste nell’imbottigliamento.

Fig. 7: Imbottigliamento manuale dell’olio extravergine di oliva.

Fig. 8: Impianto di imbottigliamento automatizzato.

Per essere ben conservato l’olio deve essere inserito in lattine per la

commercializzazione di vari formati, o in bottiglie con vetro scuro per impedire

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azioni di ossidazione dovute alla luce solare, il tutto debitamente sigillato.

L’imbottigliamento può essere effettuato manualmente (Fig. 7) o meccanicamente

(Fig. 8), ed etichettato con le diciture opportune per legge. L’etichetta sul retro infatti

deve riportare:

-denominazione del prodotto (olio d’oliva extra vergine o vergine)

-quantità (in volume e non in peso)

-termine minimo di conservazione (calcolato dall’imbottigliatore a seconda del tipo

di olio imbottigliato)

-indicazione dell’origine (se prodotto da olive italiane, comunitarie, extracomunitarie)

-la procedura di ottenimento (estrazione esclusivamente con mezzi meccanici per

l’olio extravergine e vergine di oliva)

- sede di imbottigliamento (obbligatorio indicarlo in Italia ma non in Europa).

- numero di lotto

- modalità di conservazione.

Devono mancare sulle etichette tutti i riferimenti che facciano riferimento a luoghi

specifici.

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2. Valutazione organolettica e sensoriale: pregi e difetti dell’olio

extravergine d’oliva

2.1. Categorie merceologiche degli oli d’oliva vergini.

Precedentemente al 1991 non c’era una vera regolazione sull’olio. Successivamente il

regolamento CE 1513/01 entrato in vigore nel 2003 ha regolamentato questo

settore. L’olio d’oliva vergine derivato dalle olive è ottenuto esclusivamente mediante

un’estrazione meccanica e senza l’utilizzo di solventi. Esistono tre tipi di olio d’oliva

vergine derivato dalle olive:

• extravergine di oliva: olio con acidità inferiore allo 0,8% in bottiglia e gusto

organolettico perfetto;

• vergine di oliva: acidità dallo 0,8% al 2% in bottiglia. Presenta difetti organolettici

leggeri;

• olio lampante: acidità superiore al 2%. Ottenuto da olive rimaste molto tempo a

fermentare prima della macerazione. Non edibile e non commerciabile dalla grande

distribuzione.

Gli oli vergini vengono ottenuti esclusivamente con procedimenti meccanici e si

distinguono anche in base all’analisi organolettica che rappresenta uno tra i 32

parametri valutabili dell’olio d’oliva.

L’analisi organolettica è stata regolamentata dal regolamento CE 2568/91 (allegato

XII), che definiva le linee guida sia per un’analisi chimica corretta dell’olio che delle

sue caratteristiche organolettiche. Attualmente è in vigore il successivo Reg. CE

640/08, associato alla scheda che deve essere compilata dall’assaggiatore in tutte le

sue parti (Fig. 9). Tale regolamento stabilisce che un olio extravergine deve avere la

mediana dei pregi superiore a zero e quella dei difetti pari a zero; un olio vergine

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Fig. 9: Scheda di assaggio contenente pregi e difetti dell’olio per la compilazione da parte dei

membri di un panel, contenuta nel reg. CE 640/08.

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deve avere la mediana del fruttato superiore a zero e quella dei difetti inferiore a 3,5;

un olio viene invece declassato a lampante quando la la mediana dei difetti superiore

a 3,5 oppure la stessa inferiore a 3,5 ma associata ad una mediana di fruttato pari a

zero. L’analisi organolettica deve essere effettuata da un gruppo di 10 persone

(minimo 8 persone, massimo 12) allenate all’assaggio di oli ed iscritti all’albo degli

assaggiatori di olio d’oliva (gruppo panel), guidato da un capo panel, un esperto ed

intenditore di vari tipi di olio, responsabile del gruppo. Egli si occupa

dell’organizzazione del panel, del suo funzionamento, oltre che della preparazione,

codificazione e presentazione dei dei campioni agli assaggiatori, nonché dell’analisi

dei risultati ottenuti. Il gruppo panel deve essere quanto più omogeneo possibile,

costantemente allenato all’assaggio, e quindi in grado di valutare le caratteristiche

organolettiche positive (pregi) e negative (difetti) dell’olio relativamente all’assaggio,

distinguendo anche oli con caratteristiche simili. Il gruppo panel può essere aperto

(quando i membri del panel possono comunicare) o chiuso (quando la degustazione

viene effettuata da individui isolati).

Le schede contenute nel reg. CE 640/08 sono contraddistinte dall’avere delle linee

che rappresentano un’ampiezza pari a 10 cm. Il membro del panel deve annotare su

tale linea l’intensità alla quale percepisce l’attributo, definendo così un valore

variabile da 0 a 10. Il capo panel è incaricato di misurare tutte le valutazioni di

ciascun membro del panel, e di inserirle in un programma informatico che ne

determina la mediana. Se l’errore è superiore al 20% la degustazione non è valida.

Per questo il panel deve essere un gruppo omogeneo e la degustazione deve essere

riproducibile in tempi e luoghi diversi.

Un olio extravergine deve avere la mediana dei difetti pari a zero. Se ad un olio

d’oliva viene attribuito un difetto anche lieve esso deve essere declassato da

extravergine a vergine.

2.2. Cause della variabilità dei giudizi individuali in un panel

Ci sono molti fattori che giocano su una certa variabilità di giudizi da parte degli

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assaggiatori. Tra questi ci sono:

1. aspettativa. Quando si vogliono avere informazioni troppo dettagliate sugli oli da

degustare che possono generare preconcetti che si ripercuotono sulla obiettività

dell’analisi sensoriale.

2. adattamento. Decremento della sensibilità dovuto al tempo di esposizione, ad

esempio a determinati odori.

3. abitudine. Noia dovuta alla costante ripetizione delle analisi. Il degustatore deve

essere motivato.

4. errore logico. Si verifica quando si associano alcune caratteristiche ad altre in

maniera automatica, modificando i giudizi sulla propria percezione.

5. effetto alone. Quando le valutazioni di un attributo possono influenzare altre

caratteristiche positive o negative. E’ importante in un olio trovare il difetto

principale.

6. stimoli esterni. Quando si è influenzati dal colore dell’olio o dalla confezione

esterna.

7. errori determinati dall’ordine di presentazione del campione. Il codice deve essere

costituito sempre da consonanti. Le vocali devono essere al centro della sigla e non

agli estremi.

8. errore di miglioramento. Si ha quando una sostanza può aumentare la percezione

di un’altra.

9. errore di sinergia. Si ha quando l’accoppiamento di una o più sostanze possono

fare aumentare la sensibilità su una sola caratteristica.

10. errore di soppressione. Si ha quando una caratteristica copre

completamente l’altra che risulta quindi difficilmente percepibile.

11. errore di suggestione. Si ha quando un leader si esprime chiaramente su un

olio condizionando gli altri membri di un panel.

12. errore per mancanza di motivazione. Provoca un’eccessiva superficialità nel

giudizio.

13. errori determinati da manifestazioni di ermetismo o minimalismo nei

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giudizi. Si hanno quando piccoli segni o suoni fatti da un elemento leader vengono

presi per giudizi sull’olio.

Altri aspetti rilevanti che agiscono sulla variazione di percezione di un componente

di un panel sono i seguenti:

1. età (varia le percezioni);

2. condizioni psicologiche (persone con problemi o non serene, non hanno la

lucidità necessaria per effettuare l’analisi);

3. ora della prova;

4. potenzialità percettive tra mattina e pomeriggio (migliori durante la mattina);

5. rumore e fumo (non bisogna fumare per almeno 2 ore priva della prova e durante

tutto il suo svolgimento).

2.3. Modalità di svolgimento di una degustazione

La degustazione viene effettuata seguendo delle procedure standard. Ciascun

membro del panel può (gruppo aperto) o no (gruppo chiuso) comunicare con gli

altri membri del gruppo panel. Nel caso del gruppo chiuso gli assaggiatori sono

isolati grazie all’utilizzo di appositi separatori.

La degustazione viene effettuata in bicchieri colorati (azzurri o marroni) in maniera

tale che i membri del gruppo panel non siano condizionati dal colore dell’olio nella

propria valutazione.

I bicchieri sono posti su appositi riscaldatori alla temperatura di 30°C e coperti con

un vetrino (Fig. 10). Quando si procede con la valutazione di toglie il vetrino in

maniera da percepire velocemente la sensazione odorosa e non saturare i recettori

olfattivi. Si agita il bicchiere per permettere il distacco dei componenti minori e

favorirne l’evaporazione e si procede con l’analisi olfattiva per valutare l’aroma.

Quindi si procede alla degustazione ponendo circa 3gr. di olio sul palato e

permettere che arrivi alla giusta temperatura per valutare le qualità organolettiche

dell’olio.

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Fig. 10:Bicchiere da degustazione con vetrino (tratto da www.aceiteoliva.com)

Quindi si procede all’operazione di strippaggio di aria che consiste nel fare passare

aria sulla lingua facendola poi defluire dal naso per 2, massimo 3 volte e quindi si

procede alla eliminazione dell’olio ed all’analisi del gusto rimanente sulle papille

gustative. S verifica in questo momento la sensazione che lascia l’olio, se di bocca

pulita od unta.

Per armonizzare il gruppo si procede prima all’analisi di un olio standard e

successivamente all’analisi dei vari campioni.

2.4. Attributi positivi dell’olio extravergine di oliva

• FRUTTATO. Il fruttato è l’insieme delle caratteristiche olfattive e gustative

dell’olio, determinate dalle caratteristiche del frutto e dalla varietà delle olive. Può

essere:

INTENSO= intenso, forte, selvaggio (valutazione superiore a 6);

MEDIO=armonico, tenue (valutazione compresa tra 3 e 6);

LEGGERO= soave, maturo spento (valutazione inferiore a 3);

a seconda della varietà e del grado di maturazione delle olive, ma dipende anche dalle

tecniche di molitura delle olive nel frantoio. Infatti la molitura con la molazza a

pietra determina un fruttato meno intenso (quindi un più basso contenuto in

polifenoli dell’olio che si va a ricavare) rispetto alla della frangitura metallica, che

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permette di ottenere un olio ricco in polifenoli.

Il fruttato inoltre si definisce verde quando le sensazioni olfattive e gustative

richiamano quelle dei frutti verdi, mentre viene definito maturo quando le

caratteristiche ricordano quelle delle olive con un grado di invaiatura superiore.

• ARMONICO. E’ una sensazione positiva che definisce la presenza di equilibrio

nel gusto.

• DOLCE. E’ una sensazione che definisce l’assenza di amaro, od un suo valore

inferiore a 2.

• FRESCO/LISCIO. E’ una sensazione positiva che contraddistingue un olio

appena estratto e lascia la bocca pulita e non untuosa.

• FLUIDITA’. E’ una sensazione che definisce la corposità dell’olio. Essa può

essere alta, media o bassa a seconda della varietà di olive utilizzate e del grado si

maturazione delle olive stesse. Ad esempio la varietà locale delle coratine è associata

ad un basso grado di fluidità mentre le olive taggiasche sono contraddistinte da un

grado di fluidità maggiore.

• MANDORLATO. Viene definito il retrogusto di mandorla spesso associato a

determinate varietà di olive.

• PIZZICORE. Sensazione analoga al fruttato. E’ il caratteristico pizzicore alla gola

dovuto al basso grado di acidità ed alla ricchezza in polifenoli.

• PICCANTE. Sensazione tattile pungente associata ad alcuni oli prodotti all’inizio

della campagna, principalmente da olive verdi, che può essere percepito in tutta la

cavità orale, ed in gola.

• GUSTO VEGETALE. Gusto associabile a specie vegetali presente solo negli oli

buoni e senza difetto e caratteristico della varietà delle olive, delle caratteristiche del

terreno e microclima. Spesso il gusto di carciofo è associato alla varietà coratina,

quello di pomodoro alle varietà siciliane (biancolilla, cellara), e quello di mandorla ad

alcune varietà pugliesi.

22

2.5. Attributi negativi dell’olio vergine di oliva

I difetti dell’olio possono essere imputabili all’olivicoltore, al frantoiano o a problemi

di conservazione dell’olio.

a) Difetti attribuibili al produttore:

sentore di verme. Sensazione sgradevole di putrido dovuta all’ossidazione interna

delle olive ed ascrivibile all’attacco delle stesse da parte della mosca olearia. E’ una

caratteristica negativa che non rimane invariata nell’olio ma aumenta con il tempo. A

seguito dell’attacco della mosca cambiano alcune caratteristiche dell’olio come le

percentuali di stigmosterolo che passano da un massimo di 0,6 a valori all’incirca di

1,2-1,4. Anche il colesterolo aumenta a seguito dell’attacco della mosca olearia.

sentore di muffa. Si sprigiona quando si raccolgono le olive da terra e le stesse sono

parzialmente ammuffite sviluppando funghi o lieviti. Esse non si utilizzano per

produrre l’olio extravergine ma quello lampante. Oppure si sprigiona quando le olive

si tengono ammassate nei sacchi di juta con poca ventilazione o quando in generale

le olive restano ammassate per diversi giorni.

sentore di riscaldo. Si sprigiona dalla fermentazione delle olive che non sono state

molite nelle 12-24h (massimo 48h) dopo la raccolta. In questo caso si sviluppa acido

lattico o butirrico.

sentore di avvinato. Si sprigiona quando per fermentazione aerobica si produce

acido acetico, etanolo, acetato di etile. Questo sentore si ottiene quando gli oliveti

sono situati a poca distanza dal mare oppure quando le olive sono state molite molto

mature.

sentore di secco. Si sprigiona quando le olive sono state coltivate in condizioni di

particolare siccità. L’olio con questo difetto risulta con un gusto particolarmente

23

legnoso e la componente amarognola diventa significativa aumentando con il tempo

e risultando sgradevole. Il gusto legnoso deriva dal fatto che le olive hanno assorbito

poca acqua, e che maturano prima.

sentore di morchia o acqua di vegetazione. Si sprigiona quando le olive

fermentano in sacchi di plastica (fermentazione anaerobica) o sostano sui piazzali dei

frantoi oppure quando dopo la pioggia non defluisce bene l’acqua sui piazzali dei

frantoi. Oppure quando con lo scuotitore si percuotono troppo le olive.

sentore di gelato. E’ dovuto alla gelata delle olive a temperature molto basse.

Sottoposte a questo stress le olive si ossidano internamente e fermentano in quanto

si formano dei cristalli che danneggiano i vacuoli lipidici del frutto. Quando poi le

olive si scongelano inizia un processo fermentativo che porta ad un aumento di

acidità e di numero di perossidi e determinando un abbassamento della qualità

dell’olio. Dopo una gelata anche la raccolta dopo 3-4 giorni delle olive porta a dei

danni che si ripercuotono sull’olio prodotto.

Ci sono dei difetti dell’olio semplici e composti. I difetti semplici possono essere

presenti da soli, i composti sono associati ad altri difetti. Il difetto muffa è composto

n quanto automaticamente è associato al riscaldo/avvinato in quanto è avvenuto un

processo fermentativo. La morchia lo stesso, può essere dovuta a fermentazione e

muffa. Il verme può essere associato al putrido ed al riscaldo. Il riscaldo si associa

come sapore al lievito di birra , mentre l’avvinato si associa olfattivamente all’aceto.

b) Difetti attribuibili al frantoiano:

sentore di fiscolo (sparto). Deriva dall’utilizzo di fiscoli nuovi con l’impianto

tradizionale. Esso può avere caratteristiche diverse se il fiscolo era verde o secco.

sentore di cotto. Dovuta all’eccessiva temperatura di gramolazione. La temperatura

24

più alta agevola il processo di gramolazione ma l’olio risulta di qualità inferiore

perché cotto.

sentore di metallico. Dovuto all’utilizzo di frangitori meccanici piuttosto che

macine a pietra per la produzione della pasta di olive. Negli impianti continui talvolta

i frangitori meccanici se sottoposti a sforzo possono dare attrito con la griglia e

liberare particelle di ferro che se non allontanate da una calamita possono essere

processate con l’olio. Negli impianti tradizionali a fiscoli tale effetto può essere dato

dai dischi metallici che chiudono i fiscoli.

sentore di morchia. Può essere causato quando i fiscoli di un impianto tradizionale

non sono stati ben asciugati dopo un processo di lavaggio. Nell’impianto continuo

invece può essere causato dalla permanenza di acque di vegetazione nella gramola,

che portano allo sviluppo di un sentore di morchia. Può essere ovviato ripulendo

l’impianto con un po’ di pasta di olive che viene allontanata dopo aver pulito

l’impianto. Se non si pulisce l’impianto il sentore di morchia contamina tutto l’olio

prodotto ed incrementa con il tempo.

sentore di foglia. deriva dalla macinazione delle foglie assieme alle olive. Dà all’olio

una particolare amarezza.

sentore di muffa. Dovuto alla fermentazione della pasta di olive all’interno delle

maglie dei fiscoli nell’impianto tradizionale.

sentore di fecce. Difetto dell’olio dovuto ad un impianto molto sporco.

sentore di grasso di macchina. Alterazione del gusto dell’olio ascrivibile alla

rottura di qualche tubo di olio idraulico, anche appartenente allo scuotitore. Le olive

accidentalmente bagnate dal grasso di macchina devono essere allontanate in quanto

25

l’olio idraulico reagisce chimicamente con l’olio extravergine di oliva .

c) Difetti attribuibili alla conservazione dell’olio:

sentore di cetriolo. Determinato dalla banda stagnata delle lattine a seguito di

condizionamento ermetico prolungato che trasmette all’olio questo retrogusto

particolare provocato dalla formazione di 2,6-nonadienale.

sentore di rancido. Presente nell’olio vecchio o ossidato. All’interno di recipienti

ben conservati l’olio può durare 18-20 mesi, ma dipende dalla sua ricchezza in

polifenoli. Se l’oliva è raccolta troppo in ritardo rispetto al grado di maturazione essa

darà un olio che, anche se ben conservato, avrà una durata più breve, intorno ai 12-

14 mesi.

sentore di morchia. Fermentazione di depositi di particelle sul fondale del

contenitore ed in assenza di travaso.

sentore di vecchio. Gusto fruttato spento dovuto ad un olio già vecchio.

3. Analisi dei componenti minori dell’olio d’oliva

3.1. Composizione degli oli vergini di oliva

L’olio è un alimento prevalentemente grasso.

trigliceridi che formano la sua frazione saponificabile

viene condotta a caldo, in presenza di sostanze altamente basiche

porta all’idrolisi dei trigliceridi in glicerolo e sali sodic

a lunga catena (saponi). I

a seconda delle catene di acido grasso legato al glicerolo e le loro percentuali variano

in funzione della varietà di olive.

Circa l’83% degli acidi grassi presenti nell’olio vergine di oliva sono rappresentati da

acido oleico (C18:1), un acido grasso monoinsaturo a 18 atomi di carbonio.

contenuto in acidi grassi nono insaturi è una delle proprietà che caratterizza l’olio

d’oliva rispetto agli altri oli vegetali.

Gli altri acidi grassi sono rappresentati in percentuali minori. L’acido palmitico

(C16:0) e l’acido stearico (C18:0) sono grassi saturi le cui percentuali vari

d’oliva dal 7 al 15% nel

stearico.

Analisi dei componenti minori dell’olio d’oliva

Composizione degli oli vergini di oliva

L’olio è un alimento prevalentemente grasso. E’ quasi interamente

trigliceridi che formano la sua frazione saponificabile (98% circa)

viene condotta a caldo, in presenza di sostanze altamente basiche

porta all’idrolisi dei trigliceridi in glicerolo e sali sodici o potassici di acidi carbossilici

triesteri del glicerolo con acidi grassi sono di differenti tipi

a seconda delle catene di acido grasso legato al glicerolo e le loro percentuali variano

in funzione della varietà di olive.

rca l’83% degli acidi grassi presenti nell’olio vergine di oliva sono rappresentati da

acido oleico (C18:1), un acido grasso monoinsaturo a 18 atomi di carbonio.

contenuto in acidi grassi nono insaturi è una delle proprietà che caratterizza l’olio

’oliva rispetto agli altri oli vegetali.

Acido oleico

sono rappresentati in percentuali minori. L’acido palmitico

(C16:0) e l’acido stearico (C18:0) sono grassi saturi le cui percentuali vari

% nel caso dell’acido palmitico, dal 2 al 6%nel caso dell’acido

Acido palmitico

Acido stearico.

26

quasi interamente costituito da

(98% circa). Tale reazione

viene condotta a caldo, in presenza di sostanze altamente basiche (NaOH, KOH) e

i o potassici di acidi carbossilici

triesteri del glicerolo con acidi grassi sono di differenti tipi

a seconda delle catene di acido grasso legato al glicerolo e le loro percentuali variano

rca l’83% degli acidi grassi presenti nell’olio vergine di oliva sono rappresentati da

acido oleico (C18:1), un acido grasso monoinsaturo a 18 atomi di carbonio. L’alto

contenuto in acidi grassi nono insaturi è una delle proprietà che caratterizza l’olio

sono rappresentati in percentuali minori. L’acido palmitico

(C16:0) e l’acido stearico (C18:0) sono grassi saturi le cui percentuali variano nell’olio

%nel caso dell’acido

27

L’acido linoleico e linolenico sono invece acido grassi polinsaturi. L’acido linolenico

(C18:3) possiede tre insaturazioni e la sua percentuale nell’olio d’oliva vergine varia

da 0,1 a 0,6%, mentre l’acido linoleico è molto più rappresentato (dal 4 al 12%) ed è

caratterizzato dall’avere solo due insaturazioni (18:2).

Acido linoleico e linolenico

Questi ultimi sono acidi grassi essenziali (AGE), che devono essere assunti

esclusivamente con la dieta perché l’uomo non è in grado di sintetizzarli. Un

rapporto tra acido linoleico ed oleico paro ad 1:7 è considerato indice di buona

qualità dell’olio. Nell’olio d’oliva inoltre è d’uopo ricordare che gli atomi di carbonio

adiacenti ai doppi legami sono sempre in conformazione cis, mentre la presenza di

doppi legami in trans è indice di sofisticazione dell’olio.

Oltre ai trigliceridi possono essere presenti nell’olio anche digliceridi formati a causa

di un’incorretta sintesi dei trigliceridi o della rottura di una molecola di acido grasso

dai trigliceridi. La loro concentrazione nell’olio è molto bassa rispetto ai trigliceridi. I

monogliceridi sono poco abbondanti nell’olio e si generano dai processi di

irrancidimento dello stesso.

La frazione insaponificabile dell’olio, che rappresenta circa il 2% della sua quantità

totale ed è formata da svariate sostanze di diversa natura. E’ quasi interamente

costituita da idrocarburi, principalmente rappresentati da βcarotene e squalene. La

frazione insaponificabile è anche formata da:

• tocoferoli, divisibili anch’essi in due classi: tocotrieni (α, β, γ, δ detti vitamina T) e

tocoferoli (α, β, γ, δ, vitamina E). Circa il 90% dei tocoferoli sono costituiti da α-

tocoferolo, che tra tutti i tocoferoli ha il potere antiossidante più forte.

28

• pigmenti, sostanze che conferiscono la classica colorazione all’olio d’oliva e

dipendono dalla qualità di olive e dal loro stadio di maturazione. Sono

prevalentemente costituiti da clorofilla e carotenoidi (luteina e β-carotene). In

presenza di luce determinano una progressiva ossidazione dell’olio mentre in assenza

di luce lo proteggono dall’ossidazione.

• alcoli, di natura alifatica o aromatica possono trovarsi in forma libera o

esterificata. Gli alcoli grassi hanno lunghe catene alifatiche apolari a numero pari di

atomi di carbonio, e possono essere esterificati a formare le cere.

• steroli, precursori del colesterolo possono essere divisi in quattro classi:

-steroli comuni;

-4°-metilsteroli;

- triterpene alcoli,

- triterpene dialcoli.

Tra gli steroli dell’olio d’oliva di particolare importanza sono il colesterolo (presente

solo in tracce), campesterolo, stigmasterolo, clorosterolo e β-sitosterolo.

• acidi triterpenici, componenti della buccia della drupa sono poco abbondanti

nell’olio.

• composti volatili, circa 280 di diversa natura in grado di determinare le

caratteristiche olfattive dell’olio, circa 67 di questi coinvolti nel determinare l’aroma

dell’olio.

Composti molto importanti ma presenti anch’essi in modeste quantità nell’olio sono

i fosfolipidi presenti in tracce ed composti polifenolici. I Fosfolipidi possono

coadiuvare l’azione antiossidante di alcune vitamine favorendo la rigenerazione della

molecola e possono fungere da scavenger di radicali liberi. I composti fenolici polari,

anche chiamati polifenoli, sono quelle molecole contenenti gruppi fenolici estraibili

dall’olio in una miscela di metanolo ed acqua. Essi sono antiossidanti e scavenger di

radicali liberi proteggendo l’olio dai processi ossidativi e quindi dal suo progressivo

irrancidimento.

29

3.2. Composti polifenolici

Costituiscono la frazione fenolica polare dell’olio d’oliva (frazione polifenolica),

molto simile a quella presente in altre matrici alimentari. Hanno una porzione polare

ed una apolare (Fig. 11) e si dividono prevalentemente in quattro classi:

1. tirosolo e suoi derivati

2. derivati dell’acido benzoico

3. lignani

4. flavonoidi

Della prima classe i più importanti dal punto di vista biochimico sono tirosolo ed

idrossitirosolo, più polari rispetto ai componenti delle altre classi. Sono delle

sostanze con alto potere antiossidante, particolarmente abbondanti nelle foglie di

Olea europaea, molto spesso eliminati nelle acque di vegetazione durante l’estrazione

dell’olio. La loro abbondanza nell’olio dipende dalle metodiche di coltivazione, dalla

varietà di olive e dal loro grado di maturazione, dal processo di molitura utilizzato.

Per il loro potere antiossidante fungono da scavenger di radicali liberi e riducono i

processi di lipoperossidazione dell’olio aumentandone quindi la stabilità e la durata.

Molti di questi polifenoli possono essere presenti in forma glicata ed aglicata

(oleuropeina, ligstroside), e le rispettive percentuali sono variabili a seconda del

grado di maturazione delle olive.

3.3. Determinazioni qualitative e quantitative sulla componente polifenolica

dell’olio extravergine di oliva

La determinazione della concentrazione di composti fenolici presente nell’olio

extravergine di oliva può essere effettuata con il metodo che di basa sul reattivo di

Folin-Ciocalteau. L’olio d’oliva viene miscelato con esano e successivamente si

effettuano varie estrazioni con metanolo:H2O (60:40).

Fig. 11: Composti fenolici polari conte

L’estratto idroalcolico ottenuto contiene

allontanano le eventuali contaminazioni lipidiche con una seconda estrazione con

esano che viene allontanato tramite evaporazione sotto vuoto a

ottenuta viene ricostituita con metanolo

La quantificazione della frazione polifenolica si effettua utilizzando

Folin-Ciocalteau, una miscela di acido

(H3PMo12O40) che in ambiente basico (garantito dall’Na

riducendosi, e generando una miscela di ossidi di tungsteno (W

(Mo8O23) in grado di assorbire la luce a 750

un’ora a riparo dalla luce ed a temperatura ambiente.

1: Composti fenolici polari contenuti nell’olio vergine di oliva.

ottenuto contiene i composti fenolici polari da cui si

allontanano le eventuali contaminazioni lipidiche con una seconda estrazione con

esano che viene allontanato tramite evaporazione sotto vuoto a

ottenuta viene ricostituita con metanolo-acqua (50:50) filtrata e congelat

La quantificazione della frazione polifenolica si effettua utilizzando

Ciocalteau, una miscela di acido fosfotungstico (H3PW12O40

in ambiente basico (garantito dall’Na2CO3) ossidano i

riducendosi, e generando una miscela di ossidi di tungsteno (W

grado di assorbire la luce a 750 nm. La reazione viene fatta avve

un’ora a riparo dalla luce ed a temperatura ambiente.

30

nuti nell’olio vergine di oliva.

i composti fenolici polari da cui si

allontanano le eventuali contaminazioni lipidiche con una seconda estrazione con

esano che viene allontanato tramite evaporazione sotto vuoto a 35°C. La frazione

congelata a -20°C

La quantificazione della frazione polifenolica si effettua utilizzando il reattivo di

40) e fosfomobildico

) ossidano i polifenoli

riducendosi, e generando una miscela di ossidi di tungsteno (W8O23) e molibdeno

. La reazione viene fatta avvenire per

31

Il valore ottenuto può essere interpolato in una retta di taratura precedentemente

costruita su diluizioni progressive di una quantità nota di uno standard polifenolico

(ad esempio acido gallico) e riportando la quantità ottenuta in funzione della quantità

del materiale di partenza utilizzato.

I polifenoli possono essere concentrati e successivamente sottoposti ad un’ulteriore

analisi qualitativa e quantitativa tramite un’analisi cromatografica ad alta pressione

(HPLC). Tale tecnica si basa sulla ripartizione del campione tra fase stazionaria e fase

mobile, utilizzando come fase stazionaria una colonna di silice finemente impaccata.

La granulometria della silice che costituisce una fase stazionaria è così fine che sono

necessarie alte pressioni per permettere il passaggio della fase mobile, e

conseguentemente del campione, attraverso la colonna stessa. Tale pressione elevata

viene assicurata da un sistema di pompe meccaniche che classifica anche la tipologia

di HPLC in base ai flussi di lavoro in impianti:

- analitici/preparativi (pompano nell’ordine di ml/min di solvente);

- capillari (pompano nell’ordine di µl/min di solvente);

- nano HPLC (pompano nell’ordine di nl/min di solvente).

Inoltre ci sono anche le ultra HPLC che raggiungono pressioni di lavoro elevatissime

permettondo una migliore separazione nel minor tempo possibile. Le pompe

possono essere di vario numero. Due pompe danno un sistema binario, tre uno

ternario e quattro uno quaternario.

Esse possono funzionare a siringa e quindi costituite da siringhe con interno e

pistone in quarzo, o essere pompe reciprocitanti e funzionare in alternanza.

I polifenoli hanno diversi gruppi idrossilici e quindi devono essere analizzati con fasi

stazionarie che abbiano gruppi idrofili. Si usano quindi delle colonne di SiO2

derivatizzate con gruppi aminici, con dei pori di 5µm di diametro e lughezza di 25

cm/larghezza interna di 4,6mm. La fase mobile e le caratteristiche della colonna

determinano una ritenzione all’interno della colonna maggiore o minore di sostanze

con determinate caratteristiche.

32

Oltre al sistema di pompe, l’apparecchio HPLC è dotato anche di un detector

costituito da uno spettrofotometro UV-Vis (i polifenoli assorbono radiazione a 280

nm).

Tale spettrofotometro a sua volta è composto da un monocromatore a λ fissa, un

rilevatore a diodi che effettua degli screenings ad intervalli di lunghezze d’onda.

All’inizio dell’analisi si stabilizza il flusso all’interno della colonna con una miscela

composta dal 90% di soluzione A (H20 ultrapura con lo 0.5% di acido acetico) e dal

10% di soluzione B (metanolo) con una pressione pari a 2000-2400 PSI. Quindi

definiamo le modalità di ripartizione delle soluzioni A e B durante tutta la corsa del

campione all’interno della colonna. Tale ripartizione può essere:

- isocratica. Si ha quando la concentrazione della fase mobile rimane fissa durante

tutta la corsa cromatografica. Viene utilizzata con miscele poco complesse di

campione e quando si vuole effettuare un’analisi prettamente qualitativa.

- mediante gradiente cromatografico. I gradienti possono essere di vari tipi ed

espressi in funzione del ∆t. Normalmente suggeriti dal COI.

Mano mano che i vari componenti del campione vengono eluiti dalla colonna essi

vengono analizzati dallo spettrofotometro Uv-Vis settato ad una λ di 280nm.

Il grafico che si ottiene rappresenta le unità di assorbimento a 280 nm in funzione

del tempo. Il valore temporale corrispondente a ciascun picco di assorbimento viene

chiamato tempo di ritenzione (tempo necessario perché l’eluente distacchi il

composto dalla fase stazionaria). L’area sottesa all’interno del picco può essere

misurata e comparata con l’area sottesa all’interno di uno standard quantitativo a

concentrazione nota.

33

4. Valutazione biochimica e biologico molecolare del valore

antiossidante dei costituenti minori e dell’impatto sulla

bioenergetica cellulare

4.1. I radicali liberi

I radicali liberi sono specie reattive caratterizzate dall’avere elettroni spaiati negli

orbitali più esterni. Il loro alto grado di reattività è dovuto alla particolare tendenza

che hanno queste molecole di sequestrare elettroni ad altri atomi o molecole per

raggiungere la stabilità completando il livello elettronico negli orbitali più esterni.

Molto spesso sono legati all’ossigeno (ROS, specie reattive dell’ossigeno) e sono

prodotti da una riduzione non completa dell’ossigeno durante i processi

infiammatori cronici e respirazione mitocondriale (radicale superossido), da processi

enzimatici dovuti a delle ossidasi (radicale superossido, perossido di idrogeno) o

superossido dismutasi (perossido di idrogeno), o da un’errata idrolisi dell’acqua

(radicale idrossido). Esistono anche specie radicaliche dell’azoto (RNS, specie

reattive dell’azoto) prodotte comunemente da enzimi come la ossido nitrico sintetasi

(ossido nitrico), o mediante interazione chimica dell’ossido nitrico con anione

superossido per formare perossinitriti.

La particolare reattività dei radicali liberi li rende specie altamente pericolose per la

salute in quanto in grado di attaccare e danneggiare DNA generando mutazioni, di

modificare la struttura e l’attività di proteine ed enzimi determinando la loro

alterazione strutturale o perdita di funzione, di modificare la struttura molecole

lipidiche che vengono danneggiate da processi di lipoperossidazione alterando la

struttura delle membrane cellulari.

Il danno dei radicali liberi al DNA genera molto spesso mutazioni di singoli

nucleotidi, con formazione di nucleotidi modificati (8-idrossideossiguanosina) o

alterazioni che coinvolgono frammenti più grandi con rotture, delezioni ed

inserzioni. I radicali liberi possono anche portare all’inserimento di addotti intra-elica

e generare alterate interazioni tra DNA e proteine. Alcuni di questi processi sono

34

reversibili dal momento che ci sono nella cellula sistemi di escissione di nucleotidi e

riparo (BER e NER coinvolti nell’escissione e sostituzione di un singolo nucleotide

errato o di filamenti più lunghi , da 2 a 30 nucleotidi, rispettivamente), ma talvolta i

sistemi di riparo non sono completamente efficaci per revertire le mutazioni. Sulle

proteine i radicali liberi portano ad una modificazione reversibile dei loro gruppi

funzionali (nitrosazione, formazione di ponti disolfuro, sulfossidazione delle

metionine, glutationilazione, acido sulfenico su residui di cisteina) o irreversibile

(nitrazione dei residui di tirosina, di-tirosinazione, carbonilazione, clorinazione della

titosina, di-clorinazione, acido sulfenilico/solfonico su residui di cisteina) che porta

alla perdita di funzione della proteina inducendo alla sua degradazione tramite

proteasoma. I radicali liberi interagiscono anche con i lipidi delle membrane

scatenando fenomeni di perossidazione lipidica che forma delle aldeidi

(malondialdeide, MDA) che a loro volta reagiscono con i gruppi aminici e sulfidrilici

delle proteine e con i gruppi aminici dei componenti del DNA. Tale interazione tra

aldeidi e proteine determina la formazione di aggregati macromolecolari che

prendono il nome di lipofuscine. L’interazione tra specie reattive dell’ossigeno (ROS)

e carboidrati porta alla formazione di composti di carbonilici che si legano tramite

legami crociati alle proteine generando proteine glicossidate o prodotti di glicazione

avanzata.

Quali sono i sistemi tramite i quali le cellule si proteggono dall’azione dei radicali

liberi? Esistono degli enzimi che sono in grado di diminuire il potenziale tossico dei

radicali liberi:

1. Superossido dismutasi. Dismuta due radicali superossido (O2-) in presenza di ioni

idrogeno (2H+) in una molecola di ossigeno (O2) ed una di perossido di idrogeno

(H2O2). Esiste una forma mitocondriale della superossido dismutasi (MnSOD) ed

una citoplasmatica CuZn SOD, oltre che una forma CuZnSOD extracellulare

secreta.

2. Perossidasi. Enzimi con diverse localizzazioni cellulari che convertono i perossidi

in H2O in presenza di agenti riducenti.

35

3. Glutatione perossidasi. Riduce H2O2 in 2H2O ossidando due molecole di

glutatione ridotto (2GSH) a glutatione ossidato GSSG. Ha diverse localizzazioni

cellulari.

4. Catalasi. Agisce a partire da 2H2O2 per generare O2 e 2H2O. Presente sia nei

mitocondri che nei perossisomi. Sia catalasi che perossidasi sono le difese primarie

per annientare la tossicità dell’H2O2.

Oltre alle difese enzimatiche, la cellula si difende dai radicali liberi anche grazie al

supporto di specie che reagiscono con i radicali liberi inattivandoli (scavengers di

radicali liberi). Esse reagiscono con le specie radicaliche nel seguente modo:

ROO● + AH→ROOH + A●

A● + A● →A2

ROO● + A●→ ROOA

Tali scavenger di radicali liberi sono sostanze antiossidanti in grado di donare un

atomo di idrogeno ai ROS diventando esse stesse specie radicaliche.

Fig. 12: Molecole antiossidanti contenute negli oli di oliva vergini.

36

Una molecola di questo tipo è rappresentata dalla vitamina E (contenuta nell’olio

extravergine d’oliva) ed una volta ossidata (radicali tocoferolo e tocoferossili) può

essere riformata grazie all’interazione con la vitamina C. Un’altra vitamina che agisce

con azione antiossidante è la vitamina A, derivata dalla scissione a livello epatico dei

carotenoidi (anch’essi facenti parte dei componenti minori dell’olio extravergine

d’oliva) da parte della carotenasi. La vitamina A agisce in sinergia con la vitamina E e

selenio per limitare i processi di perossidazione lipidica tramite inibizione dei radicali

perossili. Tra i componenti minori dell’olio vergine di oliva spiccano per il loro

potere antiossidante anche i polifenoli (Fig. 12), in particolare idrossitirosolo e

tirosolo, sostanze protettive che limitano i processi di perossidazione dell’olio e

fungono da molecole antiossidanti anche all’interno delle cellule.

4.2. L’Olio d’oliva ed i mitocondri

I mitocondri sono gli organuli cellulari deputati alla respirazione ed all’ossidazione

degli acidi grassi. La biogenesi mitocondriale è un evento complesso poiché la

maggior parte delle proteine mitocondriali sono codificate dal genoma nucleare ma

in piccola parte (13 subunità dei complessi della catena respiratoria) anche a livello

mitocondriale. La biogenesi mitocondriale comporta quindi l’espressione di entrambi

i genomi, tenendo in considerazione che per il rinnovo dei complessi della catena

respiratoria è necessario che le subunità siano espresse in maniera stechiometrica. Il

controllo della coordinazione dell’espressione è mantenuto dal fattore di trascrizione

PGC-1α che, legandosi ai promotori sia del genoma nucleare che di quello

mitocondriale, stimola la trascrizione dei geni che codificano per le proteine

mitocondriali in maniera coordinata nei due genomi. L’espressione di PGC-1α è

controllata da vari fattori tra cui la fame, l’esercizio fisico e la dieta i cui effetti sono

mostrati in Fig. 13.

Lo stimolo della fame determina la produzione di cAMP, un piccolo secondo

messaggero cellulare che, attivando la PKA, porta alla fosforilazione dei fattori di

trascrizione CREB. Quando attivati, i fattori CREB legano le sequenze CRE

localizzate nel promotore di molti geni tra cui PGC1α. L’acido oleico ed altri acidi

37

grassi insaturi stimolano l’espressione del PGC1α. Il PGC1α a sua volta attiva due

fattori nucleari, NRF1 ed NRF2 che sono attivatori trascrizionali di alcune delle

subunità della catena respiratoria. Questi fattori attivano anche la trascrizione, fra gli

altri, del fattore di trascrizione mitocondriale mtTFA, membro della famiglia dei

TFAM, che stimola la trascrizione dei geni presenti sul DNA mitocondriale

(mtDNA) (Hao et al., 2010). Inoltre il fattore CREB è in grado anche di entrare nel

mitocondrio dove stimola l’espressione dei geni mitocondriali.

Fig. 13: Ruolo centrale di PGC1α nella regolazione della biogenesi mitocondriale.

Oltre all’attivazione di PGC1α tramite CREB, la restrizione calorica incrementa il

rapporto NAD+/NADH che agisce su un’istone/proteina deacetilasi, la sirtuina-1

(SIRT1) che deacetila il PGC-1α attivandolo (Lagouge et al., 2006; Nemoto et al.,

2005; Rodgers et al., 2005) come mostrato in Fig. 14. La SIRT1 è anche attivata dal

resveratrolo, noto antiossidante presente nel vino. La SIRT1 ed il PGC-1α sono

localizzati anche nei mitocondri.

Il PGC-1α, oltre a coordinare la regolazione della biogenesi mitocondriale, agisce

anche da attivatore trascrizionale di geni che codificano per enzimi coinvolti nella

detossificazione dai ROS (St. Pierre et al., 2006).

38

Fig. 14: Regolazione dell’attività di PGC-1α in funzione degli stati energetici della cellula.

Anche l’esercizio fisico attiva l’espressione di PGC-1α tramite invece un’altra

chinasi, l’AMPK (chinasi ATP-dipendente). Tale enzima è attivato tramite

fosforilazione da quando il rapporto AMP/ATP aumenta (Hardie et al., 2000),

quando cioè l’ATP non viene prodotto ad alti livelli, come per esempio in caso di

ipossia o consumo elevato di ATP dovuto a sforzo fisico. L’attivazione dell’AMPK

determina un’inibizione coordinata dei pathways biosintetici non necessari per la

sopravvivenza ed all’attivazione di quelli che promuovono la rigenerazione dell’ATP,

inclusa la captazione del glucosio ed il suo utilizzo a livello tissutale, così come la

ossidazione degli acidi grassi, diminuendo invece quei processi che implicano il

consumo di energia, come sintesi di proteine e lipidi (Richter and Ruderman, 2009).

L’attivazione dell’AMPK avviene tramite fosforilazione da parte della chinasi LKB1

(Hawley et al., 2003; Woods et al., 2008), ma anche altre chinasi sono in grado di

stimolare l’AMPK e sono la CAMKK (Hawley et al., 2005; Jensen et al., 2007;

Woods et al., 2005) , TAK1 (Xie et al., 2006) e SIRT1 che recentemente è stata

ipotizzato potrebbe deacetilare LKB-1 attivandolo e quindi attivando l’AMPK

(Michan and Sinclair, 2007). L’idrossitirosolo, uno dei più importanti antiossidanti

contenuto nell’olio extravergine di oliva e nelle foglie di Olea europaea, aumenta la

39

funzionalità mitocondriale, aumenta l’espressione e la funzionalità dei complessi

mitocondriali I, II, III e V, aumenta il consumo di ossigeno e diminuisce il

contenuto in acidi grassi liberi negli adipociti 3T3 (Hao et al., 2010). Inoltre

l’idrossitirosolo è un attivatore della AMPK mediante fosforilazione e stimola

l’espressione genica di PPARα, CPT-1 e PPARγ. Quindi l’idrossitirosolo è in grado

di promuovere la funzionalità mitocondriale stimolando la biogenesi dei mitocondri

(Hao et al., 2010). L’drossitirosolo aumenta i livelli di fosforilazione del fattore di

trascrizione FOXO3a (forkhead transcription factor 3a) in cellule endoteliali porcine

di arterie polmonari (VECs) indotte tramite H2O2 a produrre specie reattive

dell’ossigeno (Zrelli et al., 2011). La famiglia dei forkhead box O transcription factors è

costituita da varie isoforme, caratterizzate dall’avere un dominio di legame al DNA

del tipo fork head. Esse sono coinvolte in processi di regolazione della resistenza allo

stress, metabolismo, arresto del ciclo cellulare ed apoptosi (Calnan & Brunet, 2008).

Esse possono essere regolate da vari stimoli che ne possono variare la localizzazione

subcellulare, i livelli di proteina, ma anche le proprietà di legame al DNA e l’attività

trascrizionale (Calnan & Brunet, 2008). La regolazione di queste proteine è

finemente regolata tramite una serie di varie modificazioni post-traduzionali tra cui

acetilazioni, fosforilazioni, ubiquitinazione (Calnan & Brunet, 2008) e metilazioni.

Esse possono essere fosforilate su vari siti da varie chinasi, tra cui AKT ed AMPK, e

tali eventi di fosforilazione sono importanti per la loro attività.

E’ stato dimostrato che l’idrossitirosolo in cellule VECs aumenta anche i livelli di

fosforilazione di AMPK che fosforila FOXO3a e lo trasloca nel nucleo (Zrelli et al.,

2011). Ciò determina un incremento dell’espressione di catalasi in cellule endoteliali,

che riduce notevolmente le specie reattive dell’ossigeno indotte da H2O2

aumentando quindi le difese antiossidanti in cellule VECs (Zrelli et al., 2011).

Oltre ad aumentare l’espressione della catalasi, la fosforilazione da parte di AKT del

fattore FOXO3 protegge dallo stress ossidativo incrementando l’espressione della

manganese superossido dismutasi (MnSOD) (Kops et al., 2002; Chung et al., 2011).

La MnSOD è un enzima codificato a livello nucleare che è importato nella matrice

40

mitocondriale dove catalizza la dismutazione di anioni superossido in perossido di

idrogeno ed ossigeno (Weisenger & Fridovich, 1973; Fridovich, 1995).

I fattori di trascrizione FOXO sono anche regolati da processi di deacetilazione da

parte delle sirtuine. La SIRT1 forma un complesso con FOXO3 nella cellula in

risposta a stress ossidativi ed inoltre SIRT1 deacetila FOXO3 sia in vitro che nelle

cellule (Brunet et al., 2004). SIRT1 ha in effetto dualistico su FOXO3: ne aumenta la

sua abilità di fermare il ciclo cellulare ed aumentare le difese antiossidanti della cellula

mentre ne inibisce le proprietà pro-apoptotiche (Brunet et al., 2004).

Anche la SIRT3 agisce su FOXO3 in colture primarie di cardiomiociti murini. In tali

cellule infatti si è dimostrato un effetto attivatore mediato da SIRT3 su FOXO3 che

aumenta le difese antiossidanti di MnSOD e catalasi, diminuendo i livelli cellulari di

ROS (Sundaresan et al., 2009).

Ma FOXO3 può essere anche regolato tramite metilazione da parte della

metiltransferasi Set9 che direttamente metila FOXO3 in vitro ed in sistemi cellulari,

sul residuo di Lisina 271, lo stesso aminoacido su cui avviene la deacetilazione da

parte della SIRT1 (Calnan et al., 2012). La metilazione di FOXO3 da parte della Set9

ne diminuisce la stabilità, incrementandone solo leggermente l’attività trascrizionale.

La traslocasi carnitina/acetilcarnitina (CACT) è un traslocatore di acidi grassi

dipendente dalla carnitina, localizzato nella membrana mitocondriale interna. Esso

permette il trasporto verso la matrice mitocondriale (dove avviene la β-ossidazione

degli acidi grassi) di acilcarnitina. Una dieta ricca gli acidi grassi monoinsaturi

(MUFA) contenuti nell’olio d’oliva induce una diminuzione sia dell’espressione che

dell’attività della CACT (Priore et al., 2012). Una dieta ricca in olio d’oliva induce

una diminuzione dello splicing dell’ultimo esone del trascritto della CACT, ed una

riduzione della sua estremità in 3’ in epatociti di ratto isolati, determinando una

diminuzione della stabilità del trascritto stesso (Priore et al., 2012). Questo implica

una minore attività del trasportatore CACT che si riflette in una riduzione della β-

ossidazione degli acidi grassi in ratti nutriti con dieta ricca in MUFA (Priore et al.,

2012). Di contro, una dieta ricca di acidi grassi polinsaturi (PUFA) regola

41

negativamente l’espressione del trasportatore mitocondriale del citrato che trasporta

Acil-CoA nel citoplasma per la sintesi di acidi grassi e colesterolo. L’espressione del

trasportatore del citrato viene negativamente regolata in cellule di epatoma grazie ad

una regione del promotore del gene in grado di rispondere ad una dieta ricca di

PUFA (Damiano et al., 2009).

4.3. Effetti dei componenti dell’olio d’oliva sull’ossidazione del DNA e di vari

componenti cellulari e sui processi di detossificazione.

Il danno ossidativo al DNA, per la sua capacità di generare mutazioni nocive per

l’organismo, è uno dei fattori scatenanti della carcinogenesi. Il danno ossidativo è in

genere dovuto alla formazione di radicali liberi, che potrebbero essere contrastati

grazie agli antiossidanti assunti con la dieta. Sono stati effettuati vari studi in cui è

stato saggiato il potere protettivo dei polifenoli contenuti nell’olio d’oliva sul danno

ossidativo a carico degli acidi nucleici. Uno studio effettuato sulla popolazione del

nord, centro e sud Europa ha valutato la capacità di oli d’oliva al alto, medio e basso

contenuto in polifenoli, di determinare danni ossidativi al DNA ed all’RNA

mediante analisi dell’8-idrossiguanosina (danni all’RNA) o 8-idrossideossiguanosina

(danni al DNA) escreti dalle urine come markers del danno ossidativo agli acidi

nucleici. Tale studio (Machowetz et al., 2007) ha determinato una riduzione di tali

prodotti di ossidazione dopo l’utilizzo per almeno 2 settimane di olio d’oliva a

variabile contenuto di polifenoli, calcolando una riduzione del danno al DNA di

circa il 13% dovuta all’assunzione di olio d’oliva contenente polifenoli.

Lo stress ossidativo è anche misurato attraverso la quantificazione di appositi markers

di ossidazione come F2-isoprostani (derivati dall’ossidazione da parte di radicali liberi

di acidi grassi polinsaturi presenti nelle biomembrane), lipoperossidi (LPO, derivati

da processi di ossidazione degli acidi grassi), livelli di glutatione ossidato GSSG

(rispetto al ridotto GSH) e livelli di attività della glutatione perossidasi (GSH-Px)

oltre che di altri enzimi con proprietà antiossidanti. Uno studio basato sul

trattamento con olii d’oliva vergini a diverso contenuto in polifenoli (basso, medio,

elevato) su una coorte di 12 uomini sani, ha dimostrato come tali oli d’oliva

42

diminuissero le LDL ossidate del plasma, la 8-oxo-dG nel DNA mitocondriale e

nelle urine, la malondialdeide (indicatore dello stato di lipoperossidazione lipidica)

nelle urine, oltre che un incremento nell’attività della glutatione perossidasi in

maniera dipendente dal contenuto fenolico dell’olio d’oliva amministrato

(Weinbrenner et al., 2004).

Come abbiamo visto in precedenza, l’idrossitirosolo induce l’attivazione di enzimi

che agiscono come scavenger di radicali liberi. Ma l’idrossitirosolo agisce anche

aumentando le difese contro sostanze tossiche come l’acroleina in cellule epiteliali di

retina ARPE-19 (Liu et al., 2007). L’acroleina è un composto molto tossico generato

dal fumo di sigaretta e la meccanismi di perossidazione lipidica. Tale composto causa

diminuzione del potenziale mitocondriale, dei mitocondri vitali, del consumo di

ossigeno, e dell’attività dei complessi mitocondriali ed incrementa notevolmente i

livelli di calcio (Liu et al., 2007). Tutti questi effetti dell’acroleina su cellule ARPE-19

sono prevenuti dalla preincubazione con idrossitirosolo, che protegge quindi i

mitocondri dall’attacco ossidativo (Liu et al., 2007). Inoltre il pretrattamento delle

cellule ARPE con idrossitirosolo inibisce tutti gli effetti dannosi causati dall’acroleina

diminuendo il livello di sostanze ossidanti ed il danno ossidativo al DNA,

aumentando il potere antiossidante, il livello di glutatione ridotto (GSH) e l’attività di

enzimi antiossidanti come la superossido dismutasi (SOD) e la Glutatione

perossidasi (Liu et al., 2007). Un meccanismo di azione dell’idrossitirosolo potrebbe

essere l’attivazione del pathway di Keap1/Nrf2 (Liu et al., 2007). Nrf2 è una proteina

chiave nella regolazione in risposta ad agenti antiossidanti, e della induzione degli

enzimi detossificanti di fase 2, come SOD o GST, che si occupano di determinare

modificazioni nelle sostanze tossiche (glucuronazione, acetilazione, metilazione,

solfatazione..) in grado di inattivare il loro effetto tossico convertendoli in composti

meno dannosi per la salute. Mentre quindi l’acroleina determina una riduzione

dell’espressione di Nrf2, il pretrattamento con idrossitirosolo rimuove tale blocco ed

eleva i livelli di antiossidanti totali e GSH (Liu et al., 2007).

43

L’Nrf2 si può legare a sequenze ARE del DNA che sono sequenze di risposta allo

stress ossidativo. In uno stato normale Nrf2 è legato a Keap1 (Fig. 3) e tale legame

porta alla degradazione proteasomiale di Nrf2. In situazioni di stress ossidativo,

modificazioni postraduzionali determinano l’inibizione del legame tra Nrf2 e Keap1,

quindi Nrf2 si lega alle sequenze ARE ed induce l’espressione di enzimi

antiossidanti. Tali modificazioni possono essere fosforilazioni da parte di varie

chinasi tra cui PERK, o modificazioni delle cisteine di Keap1 che inibiscono il

legame con Nrf2. Se non si ha la formazione del complesso Keap1/Nrf2, Nrf2

migra nel nucleo dove si lega alle sequenze ARE stimolando la trascrizione. Esiste

anche un inibitore (Bach1) che è associato con MAF1 che è a sua volta legato alle

sequenze ARE e quindi reprime l’espressione di questi geni. Il meccanismo di

spegnimento di questo segnale si ottiene tramite la glicogeno sintetasi chinasi 3β

(GSK3β) che viene attivata tramite fosforilazione da parte di una tirosin chinasi

sconosciuta. Una volta attivata, la GSK3β fosforila la proteina Finn attivandola. La

proteina Finn è a sua volta una chinasi che va a fosforilare Nrf2 la quale si lega di

nuovo a Keap1. Una volta riformatosi il complesso Nrf2/Keap1 l’Nrf2 viene

distrutto via proteasoma.

L’effetto protettivo dei polifenoli nei confronti di sostanze nocive non è limitato

solo all’acroleina. Idrossitirosolo ed acido omovanillico (un metabolita

dell’idrossitirosolo) sono in grado di contrastare gli effetti dannosi del tert-butil-

idroperossido (TBH) sui componenti lipidici in sistemi cellulari con caratteristiche

simili a quelle degli enterociti, le cellule Caco-2. Idrossitirosolo ed acido

omovanidico, somministrati alle cellule prima del trattamento con TBH, sono in

grado di proteggere le cellule Caco-2 dal danno ossidativo (incremento dei livelli di

malondialdeide, formazione di idroperossidi di acidi grassi e 7-chetocolesterolo,

diminuzione dei livelli di α-tocoferolo) indotto da TBH (Deiana et al., 2010).

Inoltre l’idrossitirosolo agisce anche diminuendo l’effetto citotossico del 2,3,7,8-

TCDD sulle cellule mononucleate periferiche del sangue (PBMC) ristabilendo la

44

normale vitalità cellulare, aumentando i valori di attività di catalasi e glutatione

perossidasi e diminuendo i livelli di SOD, di glutatione reduttasi, dei livelli di

perossidazione lipidica, di carbonilazione proteica e di specie reattive dell’ossigeno

(ROS) indotte dal TCDD in queste cellule (IIavarasi et al., 2011).

Studi sulla linea di epatociti Hep2 (Goya et al., 2007) hanno dimostrato un’azione

dell’idrossitirosolo sul danno cellulare indotto da ter-butil-idroperossido (t-BOOH).

Inoltre in questa linea cellulare, il pretrattamento con idrossitirosolo preveniva la

diminuzione i livelli di glutatione ridotto e l’incremento della malondialdeide

provocata da t-BOOH, riducendo anche la generazione di ROS e l’aumento

dell’attività glutatione perossidasica (Goya et al., 2007). Inoltre anche nel caso di ratti

trattati con acido 2,4-diclorofenossiacetico, l’olio d’oliva extravergine e la sua

frazione idrofilica erano in grado di limitare i danni epatici causati da quest’agente

(Nakbi et al., 2011).

Un’analisi di linee cellulari di carcinoma mammario MCF7 ed MDA-MB-231 rispetto

a cellule epiteliali mammarie MCF10A (Warleta et al., 2011) ha mostrato come gli

effetti di idrossitirosolo e tirosolo sulla produzione di ROS non sono sempre

eclatanti ed uguali per i tre tipi cellulari analizzati, mentre l’idrossitirosolo sembrava

efficace in tutti e tre i tipi cellulari nel proteggere le cellule da danni cellulari

determinati da un aumento dello stress ossidativo indotto da H2O2.

Studi effettuati su topi con senescenza accelerata (SAMP8) nutriti per 4,5 mesi con

una dieta semisintetica al 10% di olio d’oliva ad elevato o basso contenuto in

polifenoli, sono stati effettuati da Bayram e collaboratori (Bayram et al., 2012). Il

risultato di questo studio ha mostrato come i topi nutriti con alte quantità di

polifenoli presentavano minori concentrazioni di markers di danno ossidativo e di

carbonilazione proteica a livello cardiaco, mentre l’attività proteasomiale era simile

nei due gruppi.

Anche Nrf2 ed i suoi targets di espressione genica sono stati misurati nel cuore di

questi topi e si è visto che i loro mRNA erano più elevati in topi nutriti con oli ad

45

alto contenuto in polifenoli. Inoltre in questi topi l’attività della paraoxonasi 1

(PON1) oltre che l’mRNA della SIRT1 risultavano aumentati. Quindi una dieta ricca

in polifenoli potrebbe prevenire lo stress ossidativo nel cuore di topi SAMP8 tramite

modulazione di Nrf2 e dei geni da esso regolati (Bayram et al., 2012).

4.4. Altri effetti dei polifenoli contenuti nell’olio extravergine d’oliva

L’idrossitirosolo, un antiossidante naturale presente nell’olio d’oliva, ha molteplici

qualità. Esso aumenta la capacità di resistenza allo sforzo fisico prolungato ed

intenso e previene danni al sistema renale ed immunitario da esso determinati in ratti

sottoposti a stress fisico (Feng et al., 2011). L’idrossitirosolo inoltre inibisce anche

fenomeni di autofagia e fissione mitocondriale stimolati da tale stress fisico

prolungato ed aumenta l’espressione di PGC-1α (Feng et al., 2011). Inoltre

l’idrossitirosolo aumenterebbe la resa dell’esercizio fisico aumentando la fusione

mitocondriale e l’attività dei complessi I e II della catena respiratoria (Feng et al.,

2011). I mitocondri infatti possono dividersi o fondersi insieme e questi processi di

fissione o fusione regolano la funzionalità mitocondriale: mitocondri in fusione sono

associati ad un buon stato cellulare mentre mitocondri in fissione indicano una

situazione di stress.

46

5. Valutazione clinica del potere salutistico degli oli extra-vergine di

oliva

5.1. Le potenzialità della dieta mediterranea.

La dieta mediterranea consiste in uno stile alimentare basato sul consumo prevalente

di cibi di origine vegetale rispetto a quelli di origine animale, rappresentati questi

ultimi soprattutto da pesce, finemente conditi con olio extravergine d’oliva ed

accompagnati da modiche quantità di vino. Il termine dieta mediterranea fu coniato

negli anni ‘40 da Ancel Keys, medico americano che stazionò durante la seconda

guerra mondiale in Cilento e che per primo notò che questa dieta, ricorrente nei

paesi del mediterraneo, poteva essere responsabile del minore rischio cardiovascolare

riscontrato in queste regioni. A tutt’oggi tale termine che più che essere associato una

dieta in senso stretto può essere utilizzato per identificare uno stile di vita volto ad

affrontare la vita in maniera salutare. Successivamente fu avviato uno studio sulla

correlazione tra dieta e stili di vita con l’insorgenza di malattie cardiovascolari

chiamato “Seven country study”, condotto in vari paesi del mondo, coordinato proprio

da Ancel Keys. Nel 2010 la dieta mediterranea, come insieme di comportamenti

salutistici, è stata dichiarata dall’UNESCO patrimonio dell’Umanità. Ancel Keys è

stato quindi il primo medico ad intuire le potenzialità della nutrizione sulla salute

umana, aprendo la porta alle scienze emergenti, quali le scienze nutrizionistiche e la

nutrigenomica. In particolare, la nutrigenomica si basa sulla possibilità dei nutrienti

assunti con la dieta di modificare il pattern di espressione genico, e quindi non solo di

modulare la probabilità di sviluppare una determinata patologia, ma anche la

suscettibilità personale alla stessa in termini di tempi di insorgenza, progressione e

severità dei sintomi. La dieta comunque agisce su una situazione genetica dipendente

dall’individuo e determinata da mutazioni e polimorfismi nucleari (SNPs), che

possono determinare cambiamenti nella proteina che ne possono alterare le

caratteristiche (la funzionalità o le capacità di interazione con i substrati nel caso di

enzimi).

47

5.2. Effetti anti-aterogenici dell’olio extravergine d’oliva

Vari studi sono stati condotti sull’associazione tra dieta mediterranea ed un ridotto

rischio di sviluppare malattie cardiovascolari.

Uno degli studi più longevi è rappresentato dal“Seven country study” su citato, che ha

coinvolto 11479 uomini in buona salute tra i 40 ed i 59 anni di varie coorti in USA,

Olanda, Italia, Grecia, paesi della ex Yugoslavia, Giappone, Finlandia per un

intervallo di tempo di 15 anni. Ne emergeva un rapporto diretto positivo tra

mortalità ed assunzione di acidi grassi saturi ed una correlazione negativa con

l’assunzione di acidi grassi monoinsaturi. L’acido oleico era stato preso in

considerazione come acido grasso monoinsaturo principale dato che tutti i tassi di

mortalità erano più bassi nelle popolazioni nutrite con olio d’oliva come fonte

principale di grassi (Keys et al., 1986). Tale studio continua tuttora.

Tra gli studi sull’associazione tra consumo di olio d’oliva e mortalità ne emerge uno

effettuato su 40622 uomini e donne tra i 29 ed i 69 anni reclutati in cinque regioni

spagnole tra il 1992 ed il 1996 (Buckland et al., 2012). Come risultato dello studio si

otteneva una riduzione del 26% sul rischio complessivo di mortalità, e nello specifico

una diminuzione del 44% del rischio di mortalità per malattie cardiovascolari, in

individui con una dieta ricca in olio d’oliva (Buckland et al., 2012). Per ciascun

incremento in olio d’oliva di 10 grammi si aveva una diminuzione del 7% sul rischio

complessivo di mortalità e del 13% sul rischio di mortalità per malattie

cardiovascolari (Buckland et al., 2012). Questo studio non trovava correlazioni

significative tra consumo di olio d’oliva a mortalità per cancro (Buckland et al.,

2012).

Una diminuzione del 47% della probabilità di andare incontro ad una sindrome

coronarica acuta nei pazienti greci che facevano uso di olio d’oliva rispetto ai

controlli è il risultato di uno studio effettuato su 700 uomini e 148 donne che

avevano già avuto un primo evento di sindrome coronarica acuta rispetto a 1078

controlli nell’ambito dello studio Cardio2000 (Kontogianni et al., 2007).

Elevati livelli di colesterolo, accompagnati da elevati livelli plasmatici di LDL

(lipoproteine a bassa densità) ricche in colesterolo che si accumulano nelle placche

48

aterosclerotiche dove vanno incontro facilmente a processi di ossidazione, sono

associati ad un maggiore rischio cardiovascolare. Le HDL (lipoproteine a maggiore

densità) sono meno ricche di colesterolo che viene traghettato nel fegato per il suo

smaltimento. Vari studi sono stati effettuati sull’effetto dell’olio d’oliva vergine ed

extravergine in trials randomizzati sulla popolazione, e molti di questi risultati sono

stati rivisti ed analizzati da Cicerale et al. (Cicerale et al., 2009; Cicerale et al., 2010),

in parallelo con studi su animali. Studi si ratti hanno dimostrato che oli d’oliva ricchi

in sostanze fenoliche diminuivano i livelli di colesterolo totale, colesterolo associato

alle LDL (LDL-C) e trigliceridi (Gorinstein et al., 2002); questi risultati si associano

con un incremento in colesterolo associato alle HDL (HDL-C) rispetto a ratti nutriti

con olio di girasole (Mangas Cruz et al., 2001). Inoltre studi su conigli effettuati da

Gonzalez-Santiago et al., nel 2006 riscontravano un aumento in HDL-C ed una

riduzione del colesterolo totale e dei trigliceridi a seguito dell’assunzione di oli ricchi

in polifenoli. In un altro studio su conigli (Coni et al., 2000) alimentati con una dieta

standard, ed arricchita con il 10% di olio extravergine di oliva o oleuropeina, sono

stati verificati gli effetti antiossidanti sia dell’olio d’oliva che dell’oleuropeina. Inoltre

l’oleuropeina aumentava la capacità delle LDL di questi conigli a resistere

all’ossidazione (misurata come la capacità di formare dieni coniugati) riducendo nel

contempo i livelli di colesterolo totale, libero ed esterificato e determinando diversa

composizione e dimensioni delle LDL (Coni et al., 2000).

In uno studio EUROLIVE condotto su 200 soggetti sani a cui venivano

somministrati 25ml di olio d’oliva al giorno per tre settimane, l’analisi delle LDL

plasmatiche dimostrava un diverso rapporto dei lipidi delle LDL con un maggiore

rapporto di acidi grassi monoinsaturi/polinsaturi e di acido oleico/linoleico. Inoltre

all’aumentare del rapporto acido oleico/linoleico diminuivano gli isoprostani

plasmatici, biomarkers dello stress ossidativo (Cicero et al., 2008).

In uno studio EUROLIVE effettuato su 200 uomini volontari sani di sesso maschile

a cui sono stati somministrati oli vergini a crescente contenuto di polifenoli, l’analisi

delle lipoproteine plasmatiche ha mostrato un incremento lineare nella quantità di

HDL plasmatiche rispetto al contenuto iniziale in polifenoli dell’olio (Covas et al.,

49

2006a). Dallo stesso studio emergeva un decremento nel rapporto Colesterolo

totale/HDL che diminuiva linearmente con il contenuto fenolico dell’olio d’oliva

utilizzato, così come i markers di stress ossidativo (Covas et al., 2006a). La

sostituzione nella dieta di olio di girasole con olio vergine d’oliva per 10 settimane, in

uno studio su 154 uomini, dimostrava una diminuzione del colesterolo totale ed

associato ad LDL ed ad HDL oltre che una diminuzione nel livello totale dei

trigliceridi, mentre incrementava il rapporto colesterolo totale/HDL-C mentre i

valori ematici di lipoproteina A rimanevano invariati (Casasnovas Lenguas et al.,

1997). Anche in uno studio del 2002 effettuato su 16 volontari in buono stato di

salute dopo trattamento con olio d’oliva vergine per una settimana si otteneva un

diminuzione del colesterolo associato alle LDL, che risultavano più ricche in

composti fenolici, acido oleico e vitamina E associate ad un minore livello di

ossidazione delle LDL stesse (Gimeno et al., 2002). L’ossidazione delle LDL

rappresenta un fattore di rischio aterosclerotico molto elevato, in quanto causa il

danneggiamento della parete vascolare, favorisce il richiamo dei monociti e la loro

trasformazione in cellule schiumose, che a loro volta contribuiscono alla

degenerazione della placca aterosclerotica (Witztum, 1994; Meisinger et al., 2005).

L’olio vergine di oliva aumenta la quantità di polifenoli presenti nelle LDL e

diminuisce il loro stato di ossidazione (Gimeno et al., 2002; de la Torre Carbot et al.,

2010, Ramirez-Tortosa et al., 1999; Covas et al., 2006a,b; Nicolaiew et al., 1998;

Weinbrenner et al., 2004). In uno studio EUROLIVE a 200 volontari sani erano stati

somministrati 25ml al giorno di olio d’oliva ad alto, medio e basso contenuto in

polifenoli per tre settimane, al fine di testare l’effetto dei polifenoli

sull’immunogenicità delle LDL ossidate e nella produzione di autoanticorpi (OLAB)

che sembrano avere un ruolo protettivo nei processi aterosclerotici. La produzione

di autoanticorpi risultava inversamente correlata allo stato di ossidazione delle LDL

ed il contenuto fenolico aumentava la produzione di autoanticorpi in maniera

dipendente dalla quantità di polifenoli somministrati (Castañer et al., 2011).

Anche Marrugat e collaboratori, in uno studio su 30 pazienti con oli a diverso

contenuto in polifenoli, trovavano una diminuzione nei livelli di ossidazione delle

50

LDL plasmatiche, così come un incremento nel colesterolo contenuto nella HDL

(HDL-C) (Marrugat et al., 2004; Weinbrenner et al., 2004). Di contro in altri studi è

sì stato trovato un incremento in idrossitirosolo nelle LDL dopo trattamento con

questo polifenolo, e tale concentrazione dipendeva da quella ematica, ma non si è

riscontrato nessuna variazione nelle proprietà antiossidanti complessive o nei

fenomeni di lipoperossidazione (Gonzales-Santiago et al., 2010). Di contro ci sono

anche articoli in cui non si nota una variazione nelle lipoproteine plasmatiche dopo

assunzione di olio (Ramirez-Tortosa et al., 1999; Visioli et al., 2005; Vissers et al.,

2001) o del loro stato di ossidazione (Vissiers et al., 2001; Buonanome et al., 2000;

Moscheandreas et al., 2002).

In uno studio sulla somministrazione di olio di oleastro ad una coorte di 40 uomini

in buono stato di salute si otteneva un significativo decremento della concentrazione

plasmatica di trigliceridi, di colesterolo totale, e di colesterolo associato alle LDL

(LDL-C) (Belarbi et al., 2011). Inoltre si otteneva un incremento di colesterolo

associato alle HDL (HDL-C), associando l’assunzione di olio di oleastro a valori

ematici più positivi rispetto al rischio aterosclerotico (Belarbi et al., 2011).

Sono stati anche descritti effetti dell’olio d’oliva sulla pressione arteriosa. Recenti

studi effettuati su una coorte di 24 donne normotese o con un’ipertensione

essenziale di stadio 1, nutrite per due mesi con una dieta supplementata con olio

d’oliva ricco o privo di polifenoli. Le donne sottoposte a dieta con olio ricco in

polifenoli avevano un significativo abbassamento della pressione sistolica e

diastolica, oltre che della dimetilarginina asimmetrica serica, delle LDL ossidate e

della proteina C reattiva plasmatica. Inoltre in tali donne erano incrementati i

rapporti plasmatici di nitriti/nitrati e le aree iperemiche dopo ischemia. Quindi in

giovani donne una dieta con olio d’oliva ricco in polifenoli può ridurre la pressione

sanguigna ed incrementare la funzione endoteliale (Moreno-Luna et al., 2012).

Vari esperimenti sul ruolo protettivo dei polifenoli nei processi aterosclerotici sono

stati effettuati da Carluccio e collaboratori (Carluccio et al., 2003). In tali studi è

emerso il ruolo esercitato da oleuropeina, idrossitirosolo e resveratrolo sull’inibizione

dell’espressione di VCAM1 da cellule endoteliali primarie estratte da cordone

51

ombelicale, dopo stimolazione dell’espressione di molecole di adesione con LPS

(lipopolisaccaride batterico) o citochine. Tale inibizione sull’espressione di VCAM1

era mediata da NF-kB e dall’activator protein1 (Carluccio et al., 2003). VCAM1 è molto

importante nei processi aterosclerotici in quanto la sua espressione da parte delle

cellule endoteliali determina un reclutamento dal sangue di monociti e leucociti

circolanti nella regione della placca aterosclerotica, che successivamente si

convertono in cellule schiumose, contribuendo così alla degenerazione della placca.

Gli effetti di alcuni polifenoli dell’olio d’oliva (oleuropeina ed idrossitirosolo) sulla

capacità angiogenica di cellule endoteliali primarie di cordone ombelicale sono stati

studiati da Scoditti et al. (2012). Tale capacità neoangiogenica ricopre un ruolo

fondamentale nella formazione dei vasa vasorum all’interno della placca

aterosclerotica. Tali vasa vasorum sono neovasi che invadono lo strato lipidico della

placca, ma, essendo privi del supporto strutturale di cellule muscolari lisce, possono

facilmente andare incontro a processi di rottura generando ematomi e trombi. La

preincubazione con i polifenoli dell’olio d’oliva (oleuropeina ed idrossitirosolo)

prima dell’induzione con esteri del forbolo (PMA) riduceva la risposta angiogenica

delle cellule endoteliali. Questa risposta è stata collegata sia ad un diminuzione della

espressione di citocromo ossidasi 2 (COX-2) indotta da PMA (esteri del forbolo) e

della produzione di prostanoidi, così come del rilascio di metalloproteinasi-9 (MMP-

9) (Scoditti et al., 2012). Quindi i polifenoli dell’olio d’oliva sono in grado di ridurre

l’angiogenesi infiammatoria in cellule endoteliali in coltura suggerendo un ruolo

protettivo dei polifenoli nelle malattie aterosclerotico vascolari e nel cancro (Scoditti

et al., 2012).

5.3. Ruolo dell’olio vergine d’oliva nella sindrome metabolica

La sindrome metabolica è una condizione associata ad una resistenza dell’organismo

all’insulina, che viene diagnosticata quando risultano presenti almeno 3 delle seguenti

alterazioni:

-elevate quantità di grasso addominale (circonferenza vita superiore a 94 cm

nell’uomo e 80 cm nella donna);

52

-bassi livelli di colesterolo HDL: meno di 40 mg/dl nell’uomo e di 50 mg/dL nella

donna);

-alti livelli di trigliceridi: valori superiori a 150 mg/dL;

-pressione arteriosa: superiore a 135/85 mmHg;

-glicemia elevata: superiore a digiuno a 100 mg/dL.

L’insieme di questi fattori determina un aumentato rischio di danno

cardiocircolatorio, ictus, diabete.

La dieta mediterranea, con l’olio d’oliva come grasso principale, è stata testata su 110

donne con sindrome metabolica dai 55 agli 80 anni d’età nell’ambito dello studio

PREDIMED per studiare i suoi effetti sulla modulazione del rischio cardiovascolare.

Queste donne sono state sottoposte ad una dieta a basso contenuto di grassi o ad

una dieta mediterranea con olio d’oliva o noci. Cambi nella concentrazione di F2

isoprostani (indice del danno ossidativo sui lipidi) ed 8-ossi-7,8-diidro-2’-

deossiguanosina (8-oxo-dG, indice del danno ossidativo sul DNA) nelle urine sono

stati valutati ad un anno dall’inizio del trattamento. In tutte le pazienti si aveva una

riduzione di F2 isoprostani ed 8-oxo-dG, quindi del danno ossidativo su lipidi e

DNA, con maggiori riduzioni nelle pazienti sottoposte alla dieta mediterranea,

dimostrando un ruolo positivo di questa dieta nel trattamento della sindrome

metabolica (Mitjavila et al., 2012). Lo stesso studio PREDIMED effettuato qualche

anno prima su 1224 partecipanti, di cui il 61.4% affetti da sindrome metabolica,

dimostrava che la odd ratio di regeressione della sindrome metabolica era pari a d 1.3

per pazienti sottoposti a dieta mediterranea arricchita con olio vergine di oliva, di 1.7

per pazienti sottoposti a dieta mediterranea supplementata con noci (Salas-Salvadò et

al., 2008).

In particolare, l’assunzione dei polifenoli dell’olio d’oliva con la dieta è stata valutata

da Jimenez-Morales et al. nel 2011 su 57 pazienti con sindrome metabolica a cui

sono state somministrate colazioni con olio vergine di oliva con contenuti differenti

in polifenoli e caratterizzate per la presenza di mutazioni nel gene NOS3 (che

codifica per la eNOS) Glu298Asp, associate ad un maggiore rischio di ipertensione e

malattie coronariche. Come risultato, in presenza di una compromissione endoteliale,

53

la concentrazione di fenoli nell’olio vergine di oliva, interagiva col fenotipo mutato

della NOS3 Glu298Asp per migliorare la disfunzione endoteliale associata con

quest’ultimo in omozigosi.

Gli effetti dei polifenoli sulla espressione genica in vivo su pazienti con sindrome

metabolica sono stati valutato con uno studio su 20 pazienti affetti a cui è stata

somministrata una dieta povera di grassi e ricca in carboidrati ed una colazione con

olio vergine di oliva ricco (398ppm) in polifenoli o con basso contenuto (70ppm) in

polifenoli (Camargo et al., 2010). L’analisi di espressione nelle cellula mononucleate

periferiche del sangue mostrava la diversa espressione di 98 geni nei pazienti trattati

con olio ad alto contenuto in polifenoli rispetto a quelli trattati con olio a basso

contenuto in polifenoli. Molti di tali geni erano legati ad obesità, dislipidemia, e

diabete mellito di tipo 2, oltre che geni implicati in processi infiammatori, citochine.

I polifenoli dell’olio d’oliva hanno quindi un ruolo importante nella repressione di

geni proinfiammatori, abbassando quindi il il rischio associato all’infiammazione nel

rischio cardiovascolare (Camargo et al., 2010).

Questo risultato completa uno studio precedente sulla somministrazione di 50 ml di

olio d’oliva vergine ad 11 volontari sani ed analisi dei parametri sanguigni a 0, 1 e 6

ore dall’assunzione (Konstantinidou et al., 2009). Ad 1h dall’assunzione i valori

plasmatici di glucosio, insulina ed idrossitirosolo aumentavano, diminuendo alle 6

ore quando aumentava il danno ossidativo sui lipidi. Alcuni geni (O-linked-

Nacetilglucosammina transferasi e arachidonato-5-lipossigenasi) risultavano

inversamente correlati ai livelli di glucosio ed insulina ad un’ora dal trattamento,

mentre la disintegrino e dominio 17 della metallo proteinasi (ADAM17)e recettore

adrenergico beta-2 (ADRB2) si correlavano inversamente con le LDL ossidate alle

6h. Questi risultati potrebbero indicare l’effetto di una singola dose di olio vergine di

oliva nella modulazione di geni importanti nella sensibilità all’insulina e nella

sindrome metabolica (Konstantinidou et al., 2009).

Già nel 2007 si erano valutati gli effetti di una dieta ricca in olio d’oliva sull’insulino-

resistenza in 11 pazienti (7uomini e 4 donne) obesi o diabetici di tipo 2, divisi in tre

gruppi e sottoposti per 28 giorni ad una dieta ricca in acidi grassi saturi, monoinsaturi

54

o ricca di carboidrati. Da questo studio emergeva che una dieta ricca in acidi grassi

monoinsaturi diminuiva le concentrazioni di glucosio postprandiale e di insulina, ed

aumentava i livelli di HDL-C e GPL1 rispetto ad una dieta ricca di carboidrati

(Paniagua et al., 2007a). Inoltre una dieta ricca di acidi grassi monoinsaturi

diminuisce l’espressione dell’adiponectina periferica e l’insulino-resistenza insotta da

una dieta ricca di carboidrati in soggetti insulino-resistenti (Paniagua et al., 2007b)

5.4. Ruolo dell’olio vergine d’oliva nei processi degenerativi

I polifenoli contenuti nell’olio extravergine di oliva sono stati anche studiati in

relazione a processi degenerativi del sistema nervoso. Idrossitirosolo, oleuropeina ed

oleuropeina aglicone sono stati studiati nei processi che coinvolgono le proteine Tau

(proteine associate ai microtubuli che ne determinano la polimerizzazione) le quali,

nella patologia di Alzheimer ed in altre patologie, si aggregano a formare i fibrillary

tangles che caratterizzano tale patologia. Idrossitirosolo, oleuropeina ma soprattutto

l’oleuropeina aglicone inibiscono l’aggregazione delle proteine Tau in vitro,

suggerendo un ruolo protettivo nei confronti di questa patologia (Daccache et al.,

2011). Un ruolo chiave in questo processo sarebbe svolto dall’oleocantale che

determinerebbe modificazioni covalenti del frammento fibrillogenico K18 della

proteina tau (Monti et al., 2011). Questi risultati si aggiungono a quelli ottenuti da

recentissimi studi su topi, che dalla mezz’età fino alla senescenza sono stati nutriti

con una dieta arricchita del 10% in olio extravergine di oliva ricco in polifenoli. E’

stato dimostrato che il trattamento con olio d’oliva extravergine di oliva riportava la

memoria contestuale ai livelli degli individui giovani (effetto non messo in relazione

con i livelli di ossidazione a livello cerebrale o parametri infiammatori) e preveniva il

disaccoppiamento della coordinazione motoria correlato all’età, effetto che è stato

correlato con una ridotta perossidazione lipidica a livello cerebrale in topi nutriti con

supplemento di olio extravergine d’oliva (Pitozzi et al., 2012).

Nell’uomo studi su uomini anziani soggetti a rischio cardiovascolare e sottoposti ad

una dieta contenente polifenoli hanno dimostrato come l’olio d’oliva sia importante

55

nella memoria verbale immediata, mentre l’extravergine di oliva invece nella

memoria verbale ritardata (Valls-Pedret et al., 2012).

5.5. Altri effetti dei componenti minori dell’olio vergine di oliva

Recentissimi studi sull’effetto dell’oleuropeina sul metabolismo proteico in ratti

nutriti con differenti livelli di proteine hanno dimostrato che dopo 28 giorni di

somministrazione di questo polifenolo aumentavano i livelli di testosterone nel

testicolo e diminuivano quelli di corticosterone plasmatico (Oi-Kano et al., 2012).

Inoltre in questi ratti aumentavano i livelli urinari di noradrenalina, l’equilibrio di

azoto, e l’attività dell’arginasi epatica (Oi-Kano et al., 2012). Analoghi esperimenti

con oleuropeina aglicone su ratti anestetizzati dimostravano un incremento nei livelli

plasmatici di ormone luteinizzante, regolatore della produzione di testosterone a

livello testicolare, in maniera dose-dipendente rispetto i livelli di somministrazione di

oleuropeina aglicone (Oi-Kano et al., 2012). Questi risultati suggeriscono un effetto

dei polifenoli contenuti nell’olio extravergine d’oliva sul metabolismo delle proteine

in ratti nutriti con una dieta ad alto contenuto proteico (Oi-Kano et al., 2012).

Inoltre studi su 127 uomini anziani sottoposti per due anni ad una dieta mediterranea

supplementata con olio vergine di oliva dimostrava come essi avessero livelli più

elevati di osteocalcina serica e concentrazioni più alte di propeptide N-terminale del

procollagene I (P1NP), un marcatore della formazione ossea, suggerendo degli effetti

benefici dell’olio d’oliva anche sulla formazione ossea (Fernàndez-Real et al., 2012).

Inoltre l’oleuropeina aglicone, somministrata a topi a cui era provocata da un’artrite

indotta da collagene (CIA), al momento dello sviluppo della patologia ne migliorava i

segni clinici, lo stato istologico e diminuiva danno nitrosativo oltre che il livello

plasmatico di citochine proinfiammatorie (Impellizzeri et al., 2011). Gli effetti

benefici dell’oleuropeina aglicone erano anche riscontrabili se somministrata dopo

l’inizio della malattia (Impellizzeri et al., 2011).

Gli effetti dei secoroidi dell’olio extravergine di oliva (oleuropeina aglicone e

carbossimetil-oleuropeina aglicone) sono stati studiati anche in riferimento alle

interazioni cellula-cellula ed alla transizione epitelio-mesenchima (EMT), di

56

fondamentale importanza nei processi metastatici. I secoroidi dell’olio d’oliva

extravergine inibiscono la perdita di E-caderine e della sintesi ex-novo di proteine

implicate nella migrazione mesenchimale, come le vimentine. Essi agiscono tramite

una segnalizzazione indotta da TGF-β attraverso il blocco della sovra-regolazione di

SMAD4 ed il suo cofattore Slug, oltre a TCF4, Vimentina, fibronectina, serpina1

suggerendo un ruolo dei polifenoli nei processi di invecchiamento (Vazquez-Martin

et al., 2012).

L’olio d’oliva agisce anche da agente proapoptotico determinando un’attivazione

delle caspasi 2, 8, 9 e 3, oltre che determinare un’attivazione delle mieloperossidasi e

dell’ossido nitrico sintetasi inducibile (iNOS) quando applicato sia localmente che

somministrato per via orale a conigli con impianti al femore al titanio (Odabasoglu et

al., 2012). Inoltre, se presomministrato a topi in una dieta fatta seguire da colite

indotta da DSS, l’olio extravergine di oliva attenuava i segni di danno clinico ed

istologico, riducendo la mortalità murina del 50% circa. Risultati migliori sono stati

ottenuti usando l’idrossitirosolo aggiunto all’olio d’oliva. Tali trattamenti

incrementavano il livello di IL-10 in maniera significativa ed abbassavano i livelli di

COX-2 ed iNOS, riducendo inoltre l’attivazione della p38 MAPK (Sanchez-Fidalgo

et al., 2012).

5.6. Effetti anti-infiammatori ed anti-microbici dell’olio extravergine

d’oliva

Studi sulle proprietà dell’olio d’oliva vergine sulla modulazione dei processi

infiammatori, hanno dimostrato che esso inibisce l’aggregazione piastrinica indotta in

vitro da sostanze chimiche, oltre che l’accumulo serico di trombossano (un agente

pro-aggregante) e la produzione di leucotrieni pro-infiammatori da parte di leucociti

umani attivati ed infine inibisce l’attività dell’arachidonico lipo-ossigenasi (Petroni et

al., 1994; Petroni et al., 1995; Correa et al., 2009; Bogani et al., 2007; Lèger et al.,

2005; Oubiña et al., 2001; de Roos et al., 2011). Trattamenti con olio d’oliva vergine

determinano anche un abbassamento di markers infiammatori serici come IL6 ed i

recettori per Tumor necrosis factor 60 ed 80 (Urpi-Sarda et al., 2012), oltre alla proteina

57

C-reattiva, a molecole di adesione endoteliali/monocitarie e chemochine (Estruch,

2010). In modelli murini di obesità indotta da dieta, la sostituzione degli acidi grassi

con olio d’oliva corregge l’infiammazione ipotalamica, l’insulino-resistenza

ipotalamica e total-body, e l’adiposità corporea (Cintra et al., 2012).

La frazione acquosa dell’olio d’oliva ha anche dimostrato di possedere un forte

potere battericida sui germi patogeni del cibo (Medina et al., 2007). L’olio presenta

un forte potere battericida nei confronti di un ampio spettro di microorganismi

gram-positivi e gram-negativi, sia nocivi (Clostridium perfringens, Listeria monocytogenes,

Staphylococcus aureus, Salmonella enterica, Yersinia sp., Shigella sonnei ed Escherichia coli) che

benefici per la salute umana (Lactobacillus acidophylus e Bifidobacterium bifidum) (Medina

et al., 2006; Karaosmanoglu et al., 2010). Tali effetti antibiotici sono dovuti ai

polifenoli contenuti nell’olio, in particolare alla forma dialdeidica del decarbossimetil

ligstroside aglicone (Medina et al., 2006) e l’acido cinnamico (nei confronti della

Listeria monocytogenes) o un effetto sinergistico dei vari componenti polifenolici

nell’azione antibatterica verso la Salmonella enteridis (Karaosmanoglu et al., 2010).

Inoltre, essendo resistenti ad ambienti acidi ed a bassi pH, i polifenoli dell’olio

d’oliva hanno un potere antibattericida in vitro nei confronti dell’Helicobacter pilori con

un ruolo principe svolto anche in questo caso dalla forma di aldeidica del

decarbossimetil ligstroside aglicone (Romero et al., 2007), oltre che una moderata

efficienza nell’eradicazione dell’Helicobacter pilori su pazienti affetti (Castro et al.,

2012).

58

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Ringraziamenti

Gradirei porgere i miei ringraziamenti alla Regione Puglia ed alle unità operative che

hanno reso possibile lo svolgimento di questo corso. La frequenza dello stesso mi ha

dato la possibilità, di ampliare la mia formazione e di approfondire temi di estremo

interesse per tutta la nostra comunità. La coltivazione dell’Olea aeuropea L. è infatti

una delle realtà agricole più produttive del territorio, ma senza dubbio quella che

meglio rappresenta la Regione Puglia a livello sia nazionale che internazionale.

Ringrazio inoltre i frantoi Galantino (Biceglie), Di Molfetta (Bisceglie), e l’impianto

di imbottigliamento intensivo Oleifici d’Italia (Andria) per l’ospitalità presso le loro

strutture, ottime rappresentanti di realtà produttive di alto livello integrate nel

territorio.