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Anno accademico: 2011/2012 Docente: GEOFFREY ALLEN PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO MODULO 2

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Anno accademico: 2011/2012

Docente: GEOFFREY ALLEN

PANORAMA DELL’ANTICO

TESTAMENTO MODULO 2

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO

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2. LIBRI STORICI DELL’ANTICO TESTAMENTO – I

a cura di Geoffrey Allen

BIBLIOGRAFIA

Marchall, I. et al. (a cura di) Nuovo Dizionario Biblico (ed. GBU). Archer G.L. La Parola del Signore 1, pagg. 307-337 Guthrie D./Motyer J.A. (a cura di) Commentario Biblico vol. 1, pagg. 279-390 Walvoord J. / Zuck R. Investigare le Scritture: Antico Testamento

1. IL LIBRO DI GIOSUÈ

1.1 Introduzione

Il libro di Giosuè è così chiamato dal suo protagonista, capo degli Israeliti durante

la conquista della Terra Promessa. Già presente nel Pentateuco come servo,

aiutante e successore designato di Mosè (Es. 24:13; Num. 27:18-23; Deut.

31:3,7,14,23; 34:9, ecc.), Giosuè fu con Caleb uno dei due esploratori di Canaan a

prendere una posizione di fede (Num. 14:6) e quindi a sopravvivere ai 40 anni nel

deserto. Il nome “Giosuè” è un’italianizzazione dell’ebraico “Yehoshua”, lo stesso

nome come “Gesù”.

Autore, autenticità e data: La critica moderna di tendenza liberale (di cui fu

caposcuola Julius Wellhausen) applica al libro gli stessi criteri come al Pentateuco

(alcuni parlano di “Esateuco”, cioè “sei libri” anziché “cinque”), dividendolo tra le

stesse quattro fonti (la cosiddetta “ipotesi documentaria”):

J = “Jahvista” } dal nome usato per Dio nei brani attribuiti alle E = “Elohista” } rispettive ipotetiche fonti; D = “Deuteronomista” P = “Sacerdotale” (ing. “Priestly”, ted. “Priestlich”) – la supposta redazione

finale al tempo del re Giosia (2° Re 22).

Per contro, alcuni particolari indicano una data di composizione assai antica: 1) Le città cananee sono chiamate con i nomi che portavano prima della conquista

(15:9,13,49);

2) Sidone è presentata come la città principale della Fenicia (13:4-6,19:28), posizione occupata invece da Tiro dal sec. 12 a.C. in poi.

3) Si ripete spesso la frase “sino al dì d’oggi”, di situazioni non più esistenti dopo il tempo di Davide e Salomone: a) La menzione di Rahab (6:25) suggerisce che era ancora in vita quando si

scriveva (ma potrebbe trattarsi solo dei suoi discendenti);

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b) Si parla dei Gabaoniti (9:27) in termini che suggeriscono una data antecedente il massacro ordinato da Saul (2° Sam. 21:1-9);

c) 15:63 suggerisce una data precedente la cattura di Gerusalemme da parte di Davide (2° Sam. 5);

d) 16:10 impone una data precedente il tempo di Salomone (1° Re 9:16).

Alcuni brani contengono informazioni che potevano derivare solo dallo stesso

Giosuè (1:1-9, ecc.), e 24:26 dice che egli “scrisse queste cose [forse i termini del

patto di Sichem] nel libro della legge di Dio”. Comunque il libro racconta della sua

morte e di altri fatti accaduti dopo di essa (cfr. 24:31). Dobbiamo quindi attribuire

il libro, nella sua forma attuale, ad un redattore ignoto, probabilmente durante il

periodo dei Giudici.

La chiara distinzione tra Giosuè e il Pentateuco, poi, è confermata dal fatto che i

Samaritani non lo abbiano mai considerato sacro, sebbene contenga molto

materiale che potrebbe far comodo alle loro tesi (v. Archer, pag. 309-310).

1.2 Il mandato di Giosuè: cap. 1

Le note parole rivolte da Dio a Giosuè consistono in promesse (vv. 3-5) e in

esortazioni al coraggio e alla fedeltà alla Legge e al patto di Dio (vv. 6-9). Si può

presumere che Dio abbia dato anche delle istruzioni precise sul modo di

procedere, ma queste si sottintendono soltanto dalle istruzioni date da Giosuè al

popolo (1:10-11, 3:1-6,9-13).

v.2: “Mosè... è morto”: Dio conferma così la morte di M., il cui corpo non fu mai

trovato (Deut. 34:5-6).

1.3 Missione delle due spie – Rahab: cap. 2

La missione dura più di 3 giorni, per cui devono essere stati inviati prima

dell’ordine di 1:10-11.

Rahab viene lodata nel N.T. (Ebr. 11:31, Giac. 2:25) non per la sua moralità

(meretrice e bugiarda!) ma per la sua fede nella supremazia e potenza del Dio

d’Israele (v.9-11). Più tardi ella diventa progenitrice di Davide, e così di Gesù (Mt.

1:5).

1.4 Passaggio del Giordano: capp. 3-4

Giosuè preannuncia un miracolo (v.5), ma la sua natura è tenuta segreta fino

all’ultimo momento (3:13). Notiamo che il Giordano si può passare a guado (2:7),

anche quando è in piena (3:15); ma presumibilmente i guadi erano difesi o

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comunque sorvegliati. Ma il prosciugamento del fiume ha valore di segno (3:10,

cfr. 1:5), oltre a facilitare e accelerare il passaggio. Alcuni hanno suggerito che il

“meccanismo” del miracolo sia stata una frana, come accadde negli anni 1266 e

1927; ma il v.16 rende difficile questa ipotesi.

Le pietre commemorative (12 tolte dal fiume e altre 12 poste nel fiume) dovevano

ricordare alle generazioni successive l’intervento straordinario di Dio (4:21-24).

1.5 La Pasqua a Ghilgal: cap. 5

La circoncisione della nuova generazione (5:2-9) indicava il ripristino della

relazione di patto con Dio dopo la morte di tutta la generazione disubbidiente.

La cessazione della manna segna la fine del passaggio attraverso il deserto e

l’inizio di una nuova era nella storia di Israele.

L’incontro di Giosuè con “il capo dell’esercito del SIGNORE” (vv. 13-15) è

estremamente significativo. Si tratta certamente di una “teofania” (cfr. il v.15 con

Es. 3:5), e che c’è quindi continuità con il cap. 6. Molti hanno visto però la stessa

figura chiamata “l’angelo del SIGNORE”, che sarebbe un’apparizione di Dio il Figlio

prima dell’incarnazione. Da notare che egli rifiuta di dire che è “dei nostri” (vv. 13-

14): Dio è “con noi” solo fino a quando noi siamo “con Lui”.

1.6 La presa di Gerico: cap. 6

Gerico, per la sua posizione strategica e ben fortificabile e le sue sorgenti

perenni, è uno degli insediamenti più antichi noti all’archeologia (alcuni parlano di

resti risalenti all’ottavo millennio a.C.). Sono stati scavati resti di città, con

imponenti mura, appartenenti a diversi periodi archeologici; ma non si è scoperto

nulla di sicuro sulla conquista da parte di Giosuè. Ciò non sorprende se si

considera che, dopo la distruzione completa e l’incendio della città, il luogo

rimase disabitato per più di 500 anni, esposto agli elementi e alle depredazioni.

La conquista della città si differenzia da tutto il resto della campagna di Giosuè

per il fatto che avviene, non per mezzi militari, ma per un intervento

soprannaturale di Dio. In questo possiamo discernere un principio spirituale

applicabile alla nostra vita personale: Dio ci aiuta sempre, ma non sempre

continua a farlo allo stesso modo come all’inizio.

La distruzione totale della città e lo sterminio dei suoi abitanti (fatta eccezione per

la famiglia di Rahab) ricorda le leggi sulle primizie (Es. 23:19, 18:4) e sui

primogeniti (Es. 13:11-16, Deut. 15:19, ecc.): Gerico viene “consacrata” e offerta a

Dio come “olocausto”. La sua distruzione illustra anche il giudizio spietato di Dio

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contro il peccato e l’idolatria (cfr. Gen. 15:16, Deut. 9:4-5), e costituisce un

ammonimento contro la corruzione religiosa (Deut. 7:1-6). Si noti anche la

maledizione su Gerico (v.26, cfr. 1° Re 16:34).

Notiamo che non viene mai dato a Giosuè un ordine generale di sterminare tutti

gli abitanti del Canaan, ma soltanto i loro culti religiosi.

1.7 Il peccato di Acan: cap. 7

La disubbidienza e la punizione di Acan illustrano di nuovo la gravità del peccato

agli occhi di Dio, e il fatto che il peccato del singolo corrompe “tutta la pasta” (cfr.

1° Cor. 5:6). La sconfitta davanti ad Ai fu però determinata anche da una certa

leggerezza e presunzione da parte di Giosuè e degli altri capi, che agirono senza

consultare il Signore.

vv. 6,10: Dio non s’affretta a rispondere a Giosuè!

vv. 14-18: notare l’uso delle sorti (Urim e Tummim), cfr. 1° Sam. 10:20-21, At.

1:26.

vv. 11,21: il progresso del peccato è simile a quello di Gen. 3:6.

vv. 24-25: per la colpevolezza e punizione dell’intera famiglia, cfr. Rm. 5:15-19.

Tuttavia, difficilmente quelli che abitavano nella stessa tenda avrebbero potuto

ignorare l’azione di Acan.

1.8 La presa di Ai: 8:1-29

Per il problema archeologico-geografico di Ai/Bethel, si veda CB pag. 292. Questa

volta l’ordine è di sterminare gli abitanti, mentre invece le cose possono essere

prese.

1.9 Il patto rinnovato: 8:30-35

La cerimonia qui descritta era stata ordinata da Mosè (Deut. 27-28) per “quando

avrete passato il Giordano per entrare nel paese” (27:2), e viene eseguita alla

prima occasione utile. I due monti si trovano a N. e a S. di Sichem, che però non

risulta essere stata ancora conquistata. (Nel cap. 24 si racconta di una nuova

assemblea del popolo e rinnovamento del patto a Sichem, alla fine della vita di

Giosuè e a conquista ultimata.) Poi l’esercito ritorna al campo-base di Ghilgal (cfr.

9:6, 10:6).

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1.10 L’inganno dei Gabaoniti: cap. 9

L’astuzia riesce perché gli Israeliti “non consultarono il SIGNORE” (v.14). Una volta

fatto il patto con giuramento, però, è vincolante (vv. 19-20). I Gabaoniti vengono

però ridotti in schiavitù e destinati al servizio del culto di Yahweh (v.27).

1.11 Battaglia di Gabaon: cap. 10

Il patto dei Gabaoniti con gli invasori mette in allarme i re del Sud, che formano

una confederazione contro i “traditori”, anche per scoraggiare altre “diserzioni”.

Con una marcia forzata da Ghilgal, dove gli Israeliti erano ritornati, Giosuè

sconfigge e distrugge l’esercito unito (7-21); uccide i cinque re (22-27) e

conquista le loro città (28-43).

Il “lungo giorno” della battaglia (vedi PdS p. 317-318, CB p. 296-297, per

discussione e varie soluzioni). In assenza di orologi (cioè quando il passaggio del

tempo si misurava, appunto, con il movimento del sole e delle ombre), il

prolungamento del giorno può essere stato “soggettivo”. L’interpretazione

suggerita in CB (prolungamento dell’oscurità anziché della luce) non convince

perché avrebbe favorito la fuga e non l’inseguimento. Nei vv.12-13 c’è un

frammento poetico, forse da una composizione di Giosuè, citato dal “libro del

Giusto” (non più esistente).

1.12 La conquista del paese: 11:1 – 13:7

11:1-15: viene sconfitta una confederazione che rappresenta una vasta zona fino

al N. del lago di Galilea (Kinnereth) sui confini del Libano.

11:16-23: viene presentato in forma brevissima un riassunto delle guerre di

conquista, che richiesero “lungo tempo” (v. 18) e terminarono senza che tutto il

paese fosse stato conquistato (13:1). Viene posto particolarmente in risalto la

sconfitta degli Anakiti, la razza gigantesca (cfr. Deut. 2:10-11, 20-21, 2° Sam.

16:16-22) che aveva tanto spaventato le 10 spie (Num. 13:28,33).

Il cap. 12 è un catalogo dei re vinti da Mosè e Giosuè, diviso in due sezioni: le

conquiste ad Est del Giordano, otto Mosè (vv. 1-6) e quelle ad Ovest compiute da

Giosuè (vv. 7-24). Pare che l’elenco sia cronologico.

La conquista comunque rimane incompleta (13:1-7). Dio comunque dà a Giosuè

l’ordine di procedere alla spartizione della terra, perché potrebbe non vivere

abbastanza a lungo per completarla in prima persona (v.1). Le zone non

conquistate si trovano nella pianura litoranea e a Nord, nel Libano.

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1.13 La spartizione del paese: 13:8 – 21:45

Si inizia con una ricapitolazione dei territori già assegnati da Mosè (13:8-32),

prima di descrivere i territori assegnati alle altre tribù.

È difficile conciliare questo racconto della conquista di Ebron e Debir da parte di

Caleb (14:6-15, 15:13-19) con quello di 10:36-39. Forse questa distribuzione

ebbe luogo prima della battaglia di Gabaon (cap. 10), o forse la campagna

descritta schematicamente là ebbe luogo realmente a più riprese in un periodo

più lungo. Sono trascorsi già 5 anni dal passaggio del Giordano (14:7,10). Caleb è

un bell’esempio di fedeltà, coraggio e fede.

Per Othniel, vedi Giud. 3:9: diventa il primo dei giudici dopo la morte di Giosuè.

Giuda, Efraim e Manasse (15:1-17:18): a Ghilgal viene stabilita l’eredità di queste

due tribù e mezza. Da notare:

15:63: nel momento in cui l’autore scrive, Gerusalemme è ancora in mano ai

Gebusei (cfr. 2° Sam. 5:6-9).

17:14-18: la protesta dei discendenti di Giuseppe.

Spartizione tra le rimanenti sette tribù a Silo (capp. 18-19). Da notare:

18:1: il centro del culto rimane per lungo tempo a Silo, cfr. 1° Sam. 1:3, 4:3, ecc.

18:2-10: ricognizione e perizia del paese da rappresentanti delle 7 tribù.

19:47: l’emigrazione dei Daniti viene descritta più dettagliatamente in Giudici

cap. 18.

Nel cap. 20 c’è la designazione delle città di rifugio (cfr. Num. 35:9-15), e nel cap.

21 le città assegnate ai Leviti.

1.14 Partenza delle tribù orientali e il malinteso dell’altare: cap. 22

In questo periodo storico si nota il timore di Dio e lo zelo mostrato dagli Israeliti,

che fa contrasto con la generazione precedente e con quelle successive. Fanno

anche bene ad accertarsi dei fatti prima di agire, anziché muoversi in base al

sentito dire.

1.15 Ultime raccomandazioni di Giosuè: capp. 23-24

Da notare le previsioni pessimistiche di Giosuè (24:19-20), poi confermate dai

fatti; e il carattere volontario dell’accettazione del patto (24:15-18,21-22).

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2. IL LIBRO DEI GIUDICI

2.1 Introduzione

Il libro dei Giudici abbraccia il periodo storico dalla fine della guerra di conquista

(dai dati biblici, ca. 1380 a.C.; secondo alcuni studiosi, più influenzati da dati

storico-archeologici, ca. 1250), fino al tempo di Samuele (ca. 1075).

Il libro non mira a dare un completo racconto storico del periodo, ma piuttosto a

proporne un’interpretazione in chiave profetica (ricordiamo che, nella

classificazione ebraica, il libro è incluso tra i “Profeti anteriori”). Illustra perciò il

rapido declino religioso e morale degli Israeliti, le conseguenti invasioni ed

oppressioni straniere (cfr. Deut. 28:15-68), e come, in risposta alle supplicazioni

del popolo, Dio suscita una serie di liberatori, capi militari unti da Dio detti

“giudici” (ebr. shofetim), le cui imprese costituiscono la sostanza del libro. Come

Mosè e Giosuè, essi hanno il compito di guidare e comandare il popolo, ma anche,

nella maggior parte dei casi, di risolverne le controversie, da cui la traduzione

“giudici”. Il tema principale del libro è dunque il giudizio e la grazia di Dio.

Non è possibile costruire una precisa cronologia dalle informazioni date in

Giudici, perché alcune delle oppressioni avevano carattere piuttosto locale e, a

quanto pare, alcuni dei giudici furono contemporanei fra loro (cfr. 3:30-4:1).

Il libro inizia con una raccolta piuttosto sconnessa di informazioni storiche

frammentarie (1:1-2:5) e termina con due “appendici” che raccontano episodi di

data imprecisata (17:1-21:25).

2.2 La conquista incompiuta: 1:1 - 2:5

“Dopo la morte di Giosuè”: sembra che queste parole dovrebbero essere un titolo,

non parte del testo, perché i fatti di questa prima sezione ebbero luogo durante la

vita di Giosuè (2:6-8, e cfr. 1:10-15 con Gios. 15:13-19).

Dopo alcuni particolari sulla conquista, si pone in rilievo l’incompletezza della

conquista (1:21,27-36), e la conseguente disapprovazione di Dio (2:1-5). In 1:18,

la versione dei LXX, invece di “prese anche”, ha “non prese”, il che sembra

combaciare meglio col v.19 e con la situazione storica successiva.

2.3 Riassunto del periodo dei Giudici: 2:6 – 3:6

Il ciclo qui descritto (apostasia - oppressione - pentimento - liberazione) si ripete

poi più volte sotto i vari giudici. Notiamo che vengono qui date tre ragioni per la

permanenza delle tribù cananee:

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1) per punire l’infedeltà (2:20-22); 2) per mettere alla prova la fedeltà (3:1,4); 3) perché le generazioni successive potessero imparare la guerra (3:2).

2.4 Otniel: 3:7-11

La prima oppressione, da parte del re di Mesopotamia, avviene a poco tempo

dalla conquista, alla quale Otniel, nipote e genero di Caleb, aveva partecipato

(1:12-15, Gios. 15:15-19).

2.5 Eud e Samgar: 3:12-31

La seconda oppressione è opera dei Moabiti, in alleanza con gli Ammoniti e gli

Amalechiti, che occupano Gerico (“la città delle palme”, 3:13), dove Eglon

stabilisce la sua capitale (cfr. vv. 19,28), senza però ricostruirla come città

fortificata (cfr. Gios. 6:26). L’assassinio di Eglon, raccontato vivacemente nel

dettaglio, è il segnale per una ribellione generale che pone fine al dominio

Moabita.

Samgar pare essere un contemporaneo di Ehud, sebbene sorga successivamente.

Egli opera nella parte sud-occidentale del paese, contro i Filistei, seppure in

maniera meno decisiva.

2.6 Debora e Barac: capp. 4 e 5

La terza oppressione avviene a Nord, da parte del re cananeo Iabin di Asor –

presumibilmente un successore dello Iabin ucciso da Giosuè (Gios. 11:1-15), che

ne aveva parzialmente ricostruito la città (dato confermato dall’archeologia).

Riguarda particolarmente le tribù settentrionali di Zabulon e Neftali (4:10).

La profetessa Debora non conduce in persona l’esercito, ma dà gli ordini e la

strategia di Dio al capo militare Barac. La sconfitta dell’esercito di Sisera con i suoi

900 carri di ferro – arma normalmente invincibile – è dovuta ad un’improvvisa e

provvidenziale tempesta che trasforma il letto asciutto del torrente Chison in

fango (4:7,14-15, 5:4,20-21). Come predetto da Debora (4:9), Sisera viene ucciso

“a tradimento” da Iael, moglie di un Cheneo emigrato verso Nord (cfr. 1:16, Num.

10:29-32). La “coperta” (4:18) potrebbe essere piuttosto una zanzariera.

Il vivace “Cantico di Debora” (un “salmo” – 5:2-31), che commemora la vittoria, è la

parte più antica del libro (usa infatti un linguaggio arcaico); sarà stato conservato

in qualche raccolta come il “Libro del Giusto” (Gios. 10:13).

v.6: sembra che Samgar sia ancora in vita, o da poco scomparso. vv. 14-19: si

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lodano le tribù che hanno risposto all’appello e si biasimano quelle che sono

mancate.

2.7 Chiamata di Gedeone: cap. 6

I Madianiti erano nomadi del deserto, discendenti di Ismaele (8:24, Gen. 37:25,28)

e forse di Madian figlio d’Abramo (Gen. 25:2). Furono i primi a fare grande uso

del cammello addomesticato. Gli Amalechiti, discendenti di Esaù (Gen. 36:12,16),

anch’essi nomadi, furono particolari nemici d’Israele (Es. 17:8-16, Deut. 25:17-19,

ecc.) Le loro invasioni interessano tutto il paese “fino a Gaza” (v.4) e fino alla valle

di Izreel e il monte Tabor (6:33, 8:18), e sono particolarmente oppressive (vv. 2-

6).

Il messaggio dell’anonimo profeta (vv. 7-10) non propone soluzioni, ma mette a

fuoco la causa dei loro problemi.

La teofania dell’“Angelo del SIGNORE” (cfr. vv. 11,14) a Gedeone. Il saluto

sembrerebbe quasi ironico (vv. 11,12). Gedeone non ascolta bene: cfr. “con te”

(v.12) con “con noi” (v.13). Il Signore non risponde al suo “Perché?”, ma lo chiama

ad essere la soluzione del problema (v.14). La domanda “con che?” (v.15) ricorda il

“come?” di Maria (Lc. 1:34). Il “segno” (v.17) gli viene concesso (v.21, cfr. vv. 36-

40). Gedeone è un esempio classico di uno che dalla debolezza naturale, “per

fede... divenne forte in guerra” (Ebr. 11:33-34).

Dio continua a parlare, anche dopo essere scomparso dalla vista (vv. 21,23,25). La

prima azione di Gedeone è la distruzione del culto idolatrico in casa di suo padre,

seppure con timore (vv. 25-27); ma Ioas prende le parti del figlio (28-32).

Gedeone forma un esercito (vv. 33-35). Da notare l’omissione fra i convocati degli

Efraimiti, la più forte delle tribù settentrionali (cfr. 8:1-3). Il doppio miracolo del

vello (vv. 36-40) illustra l’indulgenza di Dio verso uno che è titubante nella fede.

2.8 Vittoria sui Madianiti: 7:1 - 8:21

A differenza di altre volte, la vittoria non si otterrà con i mezzi militari (v.2). Per la

prima selezione (vv. 2-3), cfr. Deut. 20:8. “Carod” (v.1) significa “tremore” (v.3). La

seconda selezione dei 300 potrebbe essere basata sulla superiore vigilanza di chi

non si mette in ginocchio ma porta l’acqua alla bocca con le mani; ma potrebbe

essere anche una prova del tutto arbitraria.

Notiamo il numero notevole dell’esercito madianita: 135.000 uomini (8:10). Il

“pane d’orzo” (v.13), cibo della gente comune, simboleggia l’umiltà delle origini di

Gedeone. Le insolite armi (fiaccole e trombe) mettono il panico nell’esercito

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madianita. Poi tutti gli Israeliti partecipano all’inseguimento (v.23), e gli Efraimiti

sono chiamati a prendere il controllo dei guadi del Giordano (vv. 24-25).

La contestazione degli Efraimiti viene calmata dall’umiltà delle risposte di

Gedeone (cfr. Prov. 15:1, e in contrasto con Jefte, 12:1-7). Diverso è invece il

trattamento riservato agli abitanti di Succot che gli rifiutano le provviste (vv. 4-9,

13-17). Nella Transgiordania, Gedeone e i suoi 300 completano la distruzione dei

Madianiti che sono riusciti a passare il Giordano (vv. 10-12).

2.9 Carriera successiva di Gedeone: 8:22-35

Gedeone rifiuta enfaticamente di istituire una monarchia ereditaria (vv. 22-23); ma

l’idea viene ripresa successivamente da suo figlio illegittimo (cap. 9). Fa però dal

bottino un efod d’oro (vv. 24-27) che diventa causa di sviamento: probabilmente

fu usato per la divinazione. E dal moltiplicarsi delle sue mogli e i suoi figli

nascono conflitti dopo la sua morte: cfr. Davide e Salomone.

2.10 Abimelec: cap. 9

Il grande prestigio di Gedeone rende convincente per i Sichemiti la prospettiva di

un dominio esercitato dai suoi figli (v.2); Abimelec vi fa leva per proporre il

proprio dominio. Sichem, già diventato centro religioso (Gios. 8:30-35, 24:1), ha

ormai un “tempio” dedicato a “Baal-Berit” (Signore del patto): evidentemente

un’immagine rappresentante il Dio del patto là rinnovato (cfr. Es. 32). Questo

tempio è stato scavato dagli archeologi moderni.

v.5: Abimelec uccide tutti i suoi fratellastri, meno uno, in un luogo di esecuzione

pubblica, o forse di sacrificio umano.

vv. 7-20: la parabola-maledizione di Iotam si verifica negli anni successivi.

vv. 22-49: guerra tra Abimelec e Sichem. Per Hamor (v.28) v. Gen. 34. Thebets (vv.

50-55) dipendeva da Sichem e evidentemente aveva aderito alla ribellione di Gaal.

La distruzione di Sichem nel 12° sec. a.C. è stata confermata dall’archeologia: fu

ricostruita da Geroboamo I dopo la scissione della monarchia (1° Re 12:25).

2.11 Tola e Iair: 10:1-5

Di questi giudici non sono raccontate imprese militari: può darsi che il loro ruolo

sia stato quello di “giudici” piuttosto che “generali”. È comunque scritto di Tola

che “liberò Israele”, non sappiamo da chi.

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2.12 Iefte: 10:6 – 11:40

Come conseguenza della diffusa idolatria (v.6), Israele è oppresso

simultaneamente da nemici da Ovest, i Filistei, e da Est, gli Ammoniti. Solo dopo

18 anni c’è il pentimento generale e la riforma religiosa.

Iefte, come Abimelec, è figlio illegittimo in rivalità con i fratellastri e diventa capo

di una banda di diseredati e avventurieri. Solo dietro promesse di riconoscimento,

accetta di capeggiare le forze galaadite (11:4-11). Dallo scambio di messaggi con

il re ammonita, si vede che entrambe le parti accampavano diritti sul territorio ad

Est del Giordano.

Il sacrificio della figlia di Iefte, che ha altri paralleli nella storia e nella leggenda (v.

anche 2° Re 3:27), non è approvato dal narratore, ma semplicemente riferito. Il

sacrificio umano era vietato nella legge mosaica, ma d’altra parte il mantenimento

dei voti è anche inculcato.

Il conflitto tra Iefte e gli Efraimiti (12:1-6) illustra ancora il carattere turbolento e

sanguinario del giudice, segno di un calo nella qualità di questi capi. La parola

“scibbolet” (“fiume in piena”) segnava una differenza dialettale di pronuncia tra

abitanti delle diverse zone.

2.13 Ibsan, Elon e Abdon: 12:8-15

Non è raccontato nulla di significativo delle imprese di questi giudici.

2.14 Nascita di Sansone: cap. 13

Sansone, l’ultimo “Giudice” del libro, è il solo a non operare una liberazione

completa (cfr. 13:5): i “40 anni” di oppressione filistea (13:1) terminano solo al

tempo di Davide. Sansone è il classico esempio biblico di un uomo la cui unzione

da Dio è viziata, e in parte vanificata, dai difetti di carattere. La sua storia è una

lezione salutare sul fatto che la chiamata e l’unzione di Dio non sono garanzia né

di santità, né del successo finale.

La sua storia è vicina nel tempo al libro di 1° Samuele: infatti per mezzo di lui Dio

“comincia a liberare Israele dai Filistei”, opera poi compiuta da Samuele, Saul e

Davide. I capitoli successivi invece si collocano probabilmente in un periodo

storico anteriore.

v.2: Sorea è nel territorio originale dei Daniti, sui confini di Giuda. L’emigrazione

di gran parte dei Daniti al Nord (Gios. 19:47, Giud. 18) probabilmente era già

avvenuta (cfr. 13:25 con 18:12). La nascita di Sansone, a una donna fino allora

sterile, somiglia a quella di Isacco, Samuele e Giovanni Battista.

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vv. 4-5: per il nazireato (ebr. nazir, “consacrato”) – che poteva essere temporaneo

o, come qui, permanente – vedi Num. 6:2-21. L’apparizione dell’“angelo del

SIGNORE” è molto simile a quella a Gedeone (cap. 6).

v.18: cfr. Gen. 32:29-30. La parola tradotta “meraviglioso” è la stessa di Is. 9:6 (e

Sal. 139:6) e può significare “segreto, nascosto”.

2.15 Matrimonio e prime imprese di Sansone: cap. 14

Timna (v.1) faceva parte del territorio assegnato ai Daniti (Gios. 19:43), ma era

ancora occupata dai Filistei. Dio, nella sua sovranità, permette e fa uso della

disubbidienza di Sansone alla Sua legge (Deut. 7:3 ecc.) per compiere i Suoi

disegni (v.4). I genitori di Sansone, che non sanno questo, acconsentono con solo

deboli proteste al suo proposito. Sembra che si sia trattato di un tipo di

matrimonio o concubinato detto sadiqa (cfr. 8:31), in cui la sposa restava in casa

del padre, ricevendo saltuarie visite del marito (14:10, 15:1), e i figli

appartenevano alla famiglia della madre.

v.3: i Filistei – che erano originari della Creta – a differenza di tutti gli altri popoli

della regione (Egiziani, Cananei, ecc.), non praticavano la circoncisione.

v.6: questa prima prodezza già dimostra come in Sansone, a differenza di tutti gli

altri personaggi biblici, l’unzione di Dio produceva soprattutto una straordinaria

forza fisica.

v.9: Sansone viola la legge del nazireato (Num. 6:6, Lev. 11:27): forse per questo

non dice nulla ai genitori.

vv. 12-20: l’indovinello di Sansone mette in luce le scarse basi del matrimonio, e

la debolezza di Sansone di fronte alle manipolazioni femminili. Pare che il

matrimonio non sia stato consumato: cfr. 15:1-2.

2.16 Altre prodezze di Sansone: 15:1 – 16:3

Si noti la brutalità dei costumi dei Filistei: 14:15, 15:6. I Giudei hanno paura di

ribellarsi al dominio filisteo (vv. 11-13). Sansone dimostra di nuovo il suo gusto

per indovinelli e giochi di parole (v.16).

16:1-3: Sansone dimostra di nuovo il suo debole per le donne.

2.17 Tradimento di Dalila e morte di Sansone: 16:4-31

Qui egli illustra anche il detto che “l’amore è cieco”! Non sospetta della sincerità

di Dalila negli insistenti tentativi di legarlo, e alla fine si fa prendere nella

trappola; pecca anche di presunzione (v.20). Nella prigione è obbligato a fare un

lavoro da schiavo o da bestia da soma (v.21). Il dio filisteo Dagon era forse una

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divinità dei raccolti (ebr. dagan = “grano”). La struttura dei templi filistei è

confermata da scoperte archeologiche.

2.18 L’idolo di Mica e i Daniti: capp. 17-18

I rimanenti capitoli formano un specie di “appendice” al libro. Provengono forse da

una fonte diversa dal resto del libro e raccontano episodi di un periodo

precedente Sansone: vi si ripete come un ritornello la frase: “In quel tempo non

v’era re in Israele...” (17:6, 18:1, 19:1, 21:25). Devono essere dunque stati scritti

durante la monarchia. Gli episodi servono per illustrare la corruzione dei costumi

in quel periodo.

Da un furto in famiglia nasce il “santuario” idolatrico di Mica. L’efod e gli “idoli”

(terafim), o divinità domestiche (v.5), servivano per la divinazione (cfr. 8:27). Al

posto del figlio (v.5), subentra poi un “vero” sacerdote levitico, un nipote di Mosè

(vv. 7-13, 18:30). L’ignoranza della Parola di Dio è tale che Mica crede di ottenere

la benedizione di Dio da queste disposizioni (v.13)!

Invece (cap. 18) il tutto gli viene portato via dai Daniti che, abbandonando

l’impresa difficile di strappare ai Filistei il territorio assegnato loro da Dio, vanno

in cerca di conquiste più facili. Il “santuario” idolatrico persiste tra i Daniti per

tutta la storia successiva di Israele (v.30, nota che indica una tarda data di

recensione finale di questo brano; cfr. anche 1° Re 12:26-30).

2.19 L’oltraggio di Ghibea e la guerra contro i Beniamiti: capp. 19-21

Il racconto lungo e circostanziato dell’oltraggio di Ghibea (più tardi città nativa e

capitale di Saul, 1° Sam. 10:26) è notevolmente simile a quello di Sodoma (Gen.

19:4-8). L’unico a offrire ospitalità al viaggiatore è un suo connazionale Efraimita

(v.16). Anche il viaggiatore mostra una notevole vigliaccheria (v.25), che

minimizza nel suo racconto dell’accaduto (20:5). L’episodio divenne esempio

proverbiale di malvagità (Os. 9:9, 10:9).

Tutta la tribù di Beniamino prende le parti dei colpevoli, indice forse di una

crescente “campanilismo” e la perdita del senso dell’unità nazionale come popolo

di Dio (20:13). Solo alla terza giornata di battaglia le altre tribù riescono a

sconfiggere i molto meno numerosi Beniamiti, usando una tattica simile a quella

di Ai (Gios. 8). La distruzione della città è stata confermata dagli scavi

archeologici.

cap. 21: i restanti Israeliti trovano il modo di raggirare il voto fatto da loro stessi

in un momento di passione, trattando ferocemente anche i “disertori” di Iabes in

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Galaad, e suggerendo ai 200 superstiti ancora senza moglie un modo per avere

moglie senza avere la responsabilità di dargliela!

3. IL LIBRO DI RUT

3.1 Introduzione

Questo breve libro, pieno di interesse umano oltre che storico, si colloca nella

Bibbia ebraica tra gli “Scritti”, o al primo posto o subito dopo i Salmi; sembra che

alcuni l’abbiano anche considerato parte del libro dei Giudici. La data degli

avvenimenti raccontati non è precisata meglio che “al tempo dei giudici” (1:1). La

genealogia di 4:18-22 evidentemente “salta” alcune generazioni (9 generazioni

per 800 anni circa), ma è più probabile che i “salti” siano nelle generazioni

precedenti Boaz, il che collocherebbe il racconto intorno al 1150 a.C. La data di

composizione è ancora più incerta, ma certamente durante la monarchia: vedi 4:7

e 17-22.

Centrali al racconto sono le leggi del levirato (Deut. 25:5-10) e del riscatto (Lev.

25). Boaz, però, va oltre i requisiti della legge e diventa così esempio della grazia,

concetto espresso anche nei riferimenti al Signore (1:8, 2:20, 3:10).

Gli scopi dell’autore sono: 1) narrare un episodio interessante perché riguarda le

origini del grande re Davide; 2) esaltare i valori della fedeltà e dell’integrità; 3)

dimostrare che il popolo di Dio non si identifica strettamente nella discendenza

fisica di Abramo, ma in coloro che adorano il Dio di Abramo.

3.2 Presentazione storica: il ritorno di Naomi con Rut (cap. 1)

Come altrove, “Bethlehem di Giuda” è distinta dall’altra Bethlehem del nord, nel

territorio di Zabulon (Gios. 19:15). Il nome significa, ironicamente, “casa del

pane”. Il territorio di Moab, ad Est del Mar Morto, consiste in gran parte di colline

rocciose, per cui “le campagne” sarebbero probabilmente il fertile altopiano a sud

del fiume Arnon.

È bello notare il sincero affetto esistente tra la suocera e le due nuore (vv. 8-10).

Nei vv. 11-13, Naomi spiega che non potrà estendersi a loro la legge del levirato,

limitata ai fratelli carnali del defunto.

I vv. 16-17 sono una classica espressione del patto di fedeltà. Aderire a Naomi

significava anche identificarsi con Israele e servire il Dio d’Israele, per il quale

giura (v.17).

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Naomi attribuisce le sue disgrazie alla mano di Dio (vv. 13, 20-21), forse come

punizione per aver abbandonato il suo popolo e la sua terra.

3.3 Rut incontra il favore di Boaz: cap. 2

La spigolatura era prevista e regolamentata in Lev. 23:22 e Deut. 24:19, che fanno

menzione specifica dello “straniero” come possibile beneficiario; si trattava di una

forma di “previdenza sociale”. Rut si offre alacremente di spigolare a favore della

suocera, più anziana e forse fisicamente meno forte.

Quello che produce in Boaz la prima impressione favorevole di Rut non è il suo

aspetto (mai descritto nel libro), ma il suo carattere: la diligenza nel lavoro,

l’affetto dimostrato verso la suocera, e l’abbandono del proprio paese e della

parentela per aderire ad Israele (vv. 7, 11-12). Boaz risponde con una

manifestazione di generosità (vv. 9, 14-16).

Naomi vede in questi avvenimenti non un caso fortunato, ma la mano di Dio, e

spera in un intervento più completo di Boaz. La parola tradotta “parente stretto”

(v.20) è go’el (“redentore”). Pare che già in passato Boaz fosse stato un

benefattore di Elimelec (v.20).

3.4 Approccio di Rut a Boaz: cap. 3

Naomi, che conosce i luoghi e le usanze, consiglia Rut sul modo di fare il suo

approccio a Boaz, il quale, dopo il tradizionale festino per la conclusione della

mietitura, avrebbe passato la notte sull’aia a fare la guardia al grano. “Stendere il

lembo del mantello su di lei” (v.9) era un gesto simbolico che esprimeva una

promessa di matrimonio; cfr. Ez. 16:8. Boaz ha notato anche la sobrietà e il

contegno del comportamento di Rut (v.10). Evidentemente egli stesso non era più

tanto giovane.

3.5 Matrimonio tra Boaz e Rut: cap. 4

Il “parente più prossimo” non aveva l’obbligo legale di sposare la vedova, obbligo

dato solo ai fratelli del defunto residenti nella stessa località (Deut. 25:5). Ma,

facendo valere il diritto di riscatto o di acquisto sulle proprietà, si assumeva anche

il dovere morale (se non strettamente legale) di far nascere un erede alla proprietà

stessa. Il parente più prossimo si rifiuta di farlo, adducendo motivi di interesse

(v.6): avrebbe avuto un’altra famiglia da mantenere, e la proprietà acquistata non

sarebbe passata ai figli che già aveva.

La legge prevedeva per il cognato che rifiutasse l’obbligo del levirato la vergogna

pubblica (Dt. 25:9-10). In questo caso non è esposto a questo obbrobrio, tuttavia

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appare in una luce sfavorevole di fronte al generoso Boaz, la cui azione suscita

grande approvazione da parte degli anziani della città (v.11). Il sandalo (vv.7-8)

simboleggiava la proprietà (cfr. Gios. 1:3, Sal. 108:9).

Il figlio di Rut (vv. 13-17) diventa erede legale di Elimelec, ma nella genealogia

(v.21) è iscritto come figlio di Boaz, forse perché il caso non rientra strettamente

nella legge del levirato. Egli diventa poi nonno del re Davide (v.22).

4. 1° SAMUELE: SAMUELE, SAUL e DAVIDE

4.1 Introduzione

Nel testo ebraico 1° e 2° Samuele formano un unico libro: la divisione è dovuta al

semplice fatto che era troppo lungo per essere contenuto in un unico rotolo

maneggevole. I LXX, ritenendo che costituisse un tutt’uno con i libri dei Re, li

divise in quattro sezioni, che denominarono “Libri dei Regni”; da qui la Volgata li

chiamò “Libri dei Re 1-4”. Il titolo “Samuele” deriva dal personaggio centrale della

prima parte del libro.

Non si conosce l’identità dell’autore (o degli autori). La data di composizione o di

redazione finale è a distanza di tempo dagli avvenimenti narrati, come suggerisce

la frase ricorrente “fino al dì d’oggi”. In 1° Sam. 27:6, si parla dei “re di Giuda” in

modo da implicare la successione di diversi re dopo la divisione del regno sotto

Roboamo. Tra le fonti usate, comunque, devono essere stati fondamentali “il libro

di Samuele, il veggente, il libro di Natan, il profeta, e il libro di Gad, il veggente”

(1° Cron. 29:29).

Il testo ebraico (masoretico) non ci è stato trasmesso in buone condizioni, e in

diversi punti la traduzione esatta è quindi incerta. I LXX offrono quasi sempre un

senso migliore, che può riflettere un testo più genuino oppure un’interpretazione

soggettiva del traduttore. Comunque alcuni frammenti di Samuele tra i rotoli del

Mar Morto dimostrano varianti molto simili alla versione dei LXX.

La morte di Saul e l’insediamento di Davide sul trono sono datate con notevole

certezza al 1010 a.C., per cui la storia narrata copre il periodo che va all’incirca

dal 1075-970.

4.2 Nascita e infanzia di Samuele: capp. 1 - 3

Samuele è Levita per discendenza (1° Cron. 6:33-38), per cui “Efraimita” (1:1) deve

riferirsi alla residenza, non alla genealogia del padre. Come Sansone, Samuele

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nasce a una donna sterile per intervento divino, ed è consacrato a Dio (nazireo)

prima della nascita.

Intravediamo qui qualcosa della vita religiosa d’Israele nel tardo periodo dei

Giudici. Elcana visita il Tabernacolo a Silo annualmente (1:3,7,21, 2:19), benché

Es. 23:17 stabilisse tre volte l’anno. Ofni e Fineas, “sacerdoti del SIGNORE” sotto il

padre Eli, Sommo Sacerdote (e anche giudice, 4:18) ormai vecchio, sono corrotti e

immorali.

Il cantico di Anna (2:1-10) è un “salmo” che ricorda per vari aspetti quello di Maria

(Lc. 1:46-55). Il riferimento al “re” (v.10) ha indotto molti commentatori a pensare

che si tratti di una composizione successiva; ma possiamo anche interpretarlo

come una parola profetica che si pone bene all’inizio di questo libro, e che guarda

anche più lontano, alla venuta dell’Unto (meshiha) per eccellenza.

Condanna della famiglia di Eli: gli inefficaci rimproveri di Eli (2:22-25) non sono

ascoltati dai figli. Un profeta ignoto pronuncia il giudizio divino contro la casa di

Eli. Il v.31 è adempiuto nel cap. 22, i vv. 32 e 34 nel cap. 4, il v.35 in 1° Re

2:27,35. Notiamo la nuova predizione della venuta dell’“Unto” (v.35).

La chiamata di Samuele (cap. 3): la relativa mancanza di rivelazione profetica (v.1)

è sintomo della triste condizione spirituale d’Israele. Forse il fatto che Samuele

dormiva nel “tempio” (il tabernacolo, v.3) è simbolo della sua devozione al

Signore. Come Paolo alla sua vocazione, Samuele sente una voce udibile, che

scambia per quella di Eli. Il v.10 sembra indicare una manifestazione anche

visibile della Sua presenza (teofania).

Il messaggio comunicato a Samuele ripete sostanzialmente quello dell’altro

profeta, e segna l’inizio di un potente ministero profetico che diventa noto a tutto

Israele (vv. 19-21).

4.3 Sconfitta di Israele e cattura dell’Arca: capp. 4-5

Dopo l’iniziale sconfitta inflitta dai Filistei (vv. 1-2), gli Israeliti – con il consenso di

Ofni e Fineas – portano l’Arca sul campo di battaglia, mostrando una fede

superstiziosa nei simboli della presenza di Dio. I vv. 7-9 illustrano vividamente il

politeismo dei Filistei e le loro confuse idee sulla religione e la storia d’Israele.

Dio, che guarda i cuori, permette una sconfitta ancora più pesante e la cattura

dell’Arca. Le profezie contro la famiglia di Eli si compiono alla lettera. Gli scavi

archeologici indicano che anche Silo fu poi saccheggiata dai Filistei, come sembra

essere accennato in Ger. 7:12, 26:6.

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Dio non aveva risposto alla “fede” superstiziosa degli Israeliti, ma ora difende il

Suo onore giudicando anche i Filistei. L’idolo di Dagon (dio della natura e della

messe) si prostra davanti all’Arca, e la seconda volta viene anche rotto. Le

“emorroidi” mortali (vv. 6,9,11,12) associate ai topi (6:4, e anche 5:6 nei LXX)

fanno pensare a un’epidemia di peste. Da trofeo di guerra ambito, l’Arca diventa

causa di terrore e di costernazione e viene rimandata in Israele.

4.4 L’Arca restituita: cap. 6

I consigli degli indovini filistei riconoscono la superiorità del Dio d’Israele, e

ricordano i suoi miracoli nella liberazione dall’Egitto (vv. 5-6). Le “vacche che

allattano”, non essendo abituate al traino di carri, non avrebbero potuto seguire

una strada già a loro nota. Se si fossero allontanate dai loro vitelli (cosa assai

innaturale, come indicano anche i loro muggiti! – v.12), questo doveva essere

preso come segno della volontà divina.

I Leviti, i soli autorizzati a toccare l’Arca (v.15) abitavano Bet-Semes (Gios. 21:16),

città situata a pochi km da Ekron. Ma alcuni non autorizzati, presi dalla curiosità,

toccano l’Arca e muoiono: essa si rivela così pericolosa anche per gli Israeliti!

Allora viene rimossa fino a Chiriat-Iearim, a 15 km da Bet-Semes in direzione N-E

(quindi verso Silo), dove rimane per molti anni.

4.5 Riforma religiosa e vittoria sui Filistei: cap. 7

Come nel libro dei Giudici, del quale questo potrebbe essere considerato un

ultimo capitolo, si ripete il ciclo “oppressione straniera – richiesta di aiuto –

pentimento nazionale – vittoria sugli oppressori”. Il ruolo di Samuele è quello di

giudice e di profeta-intercessore (vv. 8-9).

4.6 Israele chiede un re: cap. 8

La lunga vita di Samuele passa senza avvenimenti degni di nota. Non sappiamo

che cosa lo abbia portato ad adottare il principio ereditario, “costituendo giudici

d’Israele i suoi figli” (v.1). Il loro comportamento disonesto contribuisce alla

richiesta degli Israeliti di avere un re. Notiamo però che il primogenito, Ioel,

diventa poi padre di Eman, capo dei cantanti profetici presso il tabernacolo di

Davide (1° Cron. 6:33, 25:1).

La richiesta di un re (v.5) – prevista nella Legge mosaica (Deut. 17:14-20) e

avanzata già al tempo di Gedeone (Giud. 8:22) – è motivata da:

1) il desiderio di una sana amministrazione della giustizia (ma avrebbero potuto chiedere “giudici” non ereditari; anzi, sarebbe stato più logico farlo!);

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2) il desiderio di seguire il modello delle altre nazioni; 3) la ricerca della sicurezza militare (v. 20).

Sembra che sia il primo motivo a dispiacere a Samuele (v.6), per il discredito

gettato sulla sua famiglia; ma è il secondo che dispiace a Dio (v.7). Egli consente

alla richiesta, pur sapendo che non è per il loro bene (v.9); cfr. Num. 11, Sal.

78:21,29. Le predizioni di Samuele sul modo di agire del re si compiono alla

lettera al tempo di Salomone (1° Re 5:13-18, 9:15-23, 10:14-15 e specialmente

12:4). La richiesta di un re costituisce un rifiuto del Signore in quanto diminuisce

la dipendenza di Israele da Lui, che doveva “suscitare” conduttori carismatici, e

che lo faceva solo in risposta al ravvedimento e all’obbedienza del popolo.

Samuele, accettata la richiesta del popolo, a quanto pare aspetta ulteriori

istruzioni da Dio (v.22).

4.7 Saul scelto come re: capp. 9 -10

Mentre Samuele cerca il re scelto da Dio (9:15-17), Saul cerca delle asine smarrite

di suo padre. Deve essere convinto dal servo a interrogare Samuele, del quale

sembra non conoscere la fama (v.6) e che non riconosce quando lo vede (v.18).

Saul all’inizio è privo di ambizioni politiche, anzi, sembra restìo ad accettare il

ruolo assegnatogli (cfr. 10:16,22,26), in contrasto con il suo comportamento

successivo.

Da notare:

• Suf (v.5) è il paese natale di Samuele (vedi 1:1).

• L’uso dell’“alto luogo” per il sacrificio (vv. 12-13), cosa contraria alla legge di Mosè, e più tardi motivo di tante polemiche nei libri dei Re e nei Profeti.

• La tribù di Beniamino (v.21) forse era ancora mal vista dopo l’episodio di Giudici 20 e 21.

I segni dati da Samuele a Saul erano garanzia del fatto che Dio era con lui (cfr.

Gedeone). L’investitura dello Spirito profetico (10:6,10-12) è simile a quella degli

altri giudici, ma con l’aggiunta del fatto di profetizzare. Sembra che in questo

periodo cominciassero a formarsi le “scuole” dei profeti che incontriamo anche

più tardi nella storia d’Israele.

Il v. 10:8 sembra fuori luogo qui, perché si riferisce a 13:8, mentre già in 11:14-

15 Samuele e Saul erano andati insieme a Ghilgal. Forse l’ordine del testo è stato

disturbato.

Successivamente Saul è designato pubblicamente re dal sorteggio (10:17-27). Il

sorteggio rituale (probabilmente tramite l’Urim e il Tummim) – cfr. Gios. 7 –

designa l’uomo già unto da Samuele; Saul e Samuele, ovviamente, sono gli unici a

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conoscerne anticipatamente l’esito. Alcuni Israeliti lo contestano, ma Saul non

sostiene le proprie ragioni (v.27). Egli già comincia a formare il nucleo di un

esercito per combattere contro i Filistei (v.26).

4.8 Sconfitta degli Ammoniti e consolidamento della monarchia: cap. 11

La prima guerra, però, avviene contro un altro nemico, al di là del Giordano. Il

comportamento di Saul è molto simile a quello dei giudici precedenti. Dopo la

vittoria, mostra magnanimità nei confronti dei suoi critici (vv. 12-13).

4.9 Discorso di addio di Samuele: cap. 12

Con una ricapitolazione delle lezioni della storia (vv. 6-11), Samuele ora si ritira

dalla scena, lasciando il posto a Saul; ma continuerà a dedicarsi al ministero della

preghiera e dell’intercessione (v.23). Non sembra riconoscere il cattivo

comportamento dei figli, protestando solo la propria innocenza (3-5) e insistendo

sull’errore degli Israeliti nel chiedere un re (v.17), che attribuisce alla loro paura di

Nahas (v.12). Al v.11, i LXX hanno “Sansone” al posto di “Samuele”.

4.10 Guerra contro i Filistei e prima disubbidienza di Saul: cap. 13

Saul incrementa il suo esercito (v.2) e si prepara alla guerra contro i Filistei, che

invadono il paese con un esercito numeroso, anche se il numero dei carri è più

verosimilmente 3000 (LXX) che 30.000 (Ebr.). Gli Ebrei, impauriti, cominciano a

fuggire, e Saul perde la fede, non aspetta fino alla fine del settimo giorno come

stabilito da Samuele (10:8), perdendo così la benedizione di Dio. È molto

significativa la progressione: “Siccome vedevo... mi sono detto... così, mi sono

fatto forza [o “violenza”] e ho offerto...” (vv. 11-12). Viene già preannunciata da

Samuele la caduta della dinastia di Saul, e che è stato già scelto da Dio il suo

successore (13-14).

Il monopolio filisteo della lavorazione del ferro riflette le condizioni storiche

dell’epoca, e aveva due scopi: militare ed economico (vedi le elevate tariffe

praticate, v.21).

4.11 Vittoria sui Filistei e giuramento sconsiderato di Saul: cap. 14

La temeraria impresa di Gionatan (1-15), seguita da un terremoto, fa scattare il

panico tra i Filistei. Saul sospende improvvisamente la consultazione di Dio per

attaccare (18-20).

Al posto di “arca”, v.18, i LXX hanno “efod”, cfr. vv. 3,41. Il sacerdote Ahia, detto

anche Abimelec, v.3, fu più tardi fatto uccidere da Saul (cap. 22).

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO

MODULO 2

22

Il giuramento di Saul (v.24) è causa di tre mali:

a) toglie forze ai soldati nell’inseguimento dei Filistei (29-30); b) viene trasgredito innocentemente da Gionatan, assente quando fu fatto (27); c) diventa l’occasione per cui alcuni, alla fine della giornata, cominciano a

mangiare carne con il sangue (32-33).

Una rivolta del popolo salva la vita a Gionatan (45). Potremmo essere portati a

pensare che il silenzio di Dio (37) fosse dovuto più alla trasgressione consapevole

dei soldati che a quella inconsapevole di Gionatan.

La vittoria sui Filistei è seguita da una serie di altre (47-48). Saul intanto continua

a rafforzare il suo esercito (52).

4.12 Seconda disubbidienza di Saul nella guerra contro Amalec: cap. 15

Lo sterminio decretato per gli Amalechiti è simile a quello di Gerico (Gios. 5). Il

peccato di Saul è la disubbidienza (19,22-23). Mentre Acan aveva desiderato le

cose per sé, Saul, come la prima volta, fa quello che gli sembra buono e giusto,

ma che Dio non ha ordinato. Peggio, si convince di aver ubbidito (v.20) – perciò

“dare ascolto”, v.22 – e scarica la responsabilità sui subordinati (“il popolo”, v.15,

cfr. v.9). Saul infine mostra più interesse per il proprio nome e l’apparenza della

dignità (v.30) che non per la giustizia e il perdono di Dio. Contrasta il

comportamento di Davide, “l’uomo secondo il cuore di Dio” (vedi Sal. 51).

4.13 Davide unto re da Samuele: cap. 16

L’unzione di Davide, come quella di Saul, avviene in privato. Notiamo la paura che

Samuele ha di Saul (v.2), ormai geloso del potere che considera sua proprietà

privata. Come nel caso di Saul, Samuele lascia agli eventi portare Davide alla

ribalta, cosa che avviene a motivo del suo talento musicale (18). Saul è attratto da

lui fino a quando non diventi un potenziale rivale.

4.14 Davide uccide Goliat: cap. 17

In questo notissimo capitolo, è già proposto il contrasto tra l’atteggiamento di

Davide, di fede in Dio e di zelo per la Sua gloria (vv. 26,36,45-47), e quello di Saul

e dell’esercito israelita, dettato da valutazioni naturali (11,24,33). È comunque

vero che la fionda, in mano ad un esperto, è un’arma micidiale che colpisce a

distanza maggiore che quelle di Goliat, adatte soprattutto per la lotta corpo a

corpo (vv. 5-7).

Per i giganti (figli di Anac e Refaim), cfr. Gen. 6:4, Num. 13:33, Deut. 3:11, 2°

Sam. 21:16-22 ecc., nonché le leggende comuni a moltissimi popoli.

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO

MODULO 2

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La sfida di Goliat (8-10) non va intesa alla lettera: il combattimento singolo dei

campioni avrebbe fatto da preludio alla battaglia generale e ne avrebbe

determinato l’atmosfera, come di fatto avvenne (52-53).

Il testo ebraico presenta alcune difficoltà. Se Davide era già noto a Saul, il quale

l’aveva mandato a chiamare a casa del padre e l’aveva fatto suo scudiero e

membro fisso della corte (16:18-22), è difficile capire perché qui Saul si debba

informare di chi è figlio, come se fosse uno sconosciuto (17:55-58). Inoltre uno

dei principali MSS dei LXX, il Codex Vaticanus, omette gran parte del racconto

(17:12-31,41,50,55-58, 18:1-5,10-11,17-19,30), risolvendo così la difficoltà. È

comunque più probabile che la versione più lunga sia l’originale. Ci saranno stati

molti giovani nella corte di Saul, e non è sorprendente se egli non ricorda la

provenienza di ciascuno.

Anche il v. 54 è difficile, perché Gerusalemme fu conquistato da Davide solo anni

più tardi (2° Sam. 5), e se Davide veniva direttamente da casa, quale sarebbe la

sua “tenda” nel campo israelita? Inoltre, la spada di Goliat si trova nel santuario di

Nob (cap. 21:9). Forse qui il riferimento è ad un periodo successivo, quando

Davide, da re, avrebbe portato a Gerusalemme il teschio di Goliat come trofeo, e

le armi nel tabernacolo da lui costruito là.

4.15 Amicizia tra Davide e Gionatan e gelosia di Saul: cap. 18

Il successo e la popolarità di Davide lo fanno apparire come un potenziale rivale

agli occhi di Saul, che già sa che Dio ha scelto un suo successore (15:28), ma non

chi sarà. L’atteggiamento generoso di Gionatan fa contrasto con quello del padre.

Saul trama dunque di far cadere Davide in battaglia (vv. 17,21,25): lo stesso

stratagemma usato più tardi, con maggiore astuzia e successo, da Davide stesso

(2° Sam. 11). Gli attentati diretti di Saul alla sua vita, invece, sembrano dipendere

da stati d’animo imprevedibili e passeggeri (vv. 10-11, 19:9-10).

Dalla risposta di Davide alle proposte di Saul di farlo diventare suo genero (vv.

18,23), vediamo non solo i “complimenti” tipici del galateo orientale (cfr. ad es.

Gen. 23), ma anche che Saul non aveva mantenuto le altre promesse fatte a chi

avesse ucciso Goliat (17:25).

4.16 Nuovi attentati alla vita di Davide e sua prima fuga: cap. 19

Dopo una temporanea riconciliazione operata da Gionatan (1-7), Saul cerca di

nuovo di ucciderlo, ed è aiutato a fuggire da Mical. Suscita perplessità la presenza

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO

MODULO 2

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di un “idolo domestico” (terafim) in casa di Davide (v.13): secondo alcuni, la parola

può significare semplicemente “stracci”. Ma cfr. 2° Re 23:24-25.

I tentativi di Saul di prendere Davide a Naiot (vv. 18-24), sventati dall’intervento

divino, forse incoraggiano Davide a ritornare alla corte (cap. 20). In questo brano,

come in 10:10-13, si vede chiaramente un tipo di profezia “estatico” in cui il

profeta non è padrone di sé, che contrasta con le direttive neotestamentarie di 1°

Cor. 14:30-33. Il detto proverbiale ha tono ironico, perché il comportamento

normale di Saul non era affatto quello tipico di un profeta. Il significato del

proverbio sembra essere di accusare di incoerenza chi fa professione di

religiosità.

4.17 Patto tra Davide e Gionatan e fuga definitiva di Davide: cap. 20

Nonostante i precedenti (19:1), Gionatan difende il padre dalle accuse di Davide

(v.2). Sembra che Gionatan ormai sa che Davide è il successore scelto da Dio

(v.13), e teme per la propria vita (v.14). La risposta di Saul all’assenza di Davide

non lascia dubbi: prima minaccia di morte Gionatan (v.30, cfr. Deut. 21:18-21),

poi cerca di colpirlo sul posto (v.33).

4.18 Fuga di Davide a Gat via Nob: cap. 21

Nob si trovava probabilmente a due km. da Gerusalemme verso Nord, quindi non

lontano dalla capitale di Saul a Ghibea. Le bugie di Davide ad Aimelec sono intese

forse a difendere quest’ultimo dall’accusa di essere suo complice cosciente. I suoi

timori per lui si rivelano fondati, ma la precauzione non è sufficiente per salvarlo

dall’ira di Saul (cap. 22). L’infrazione della legge cerimoniale è citata da Gesù nei

Vangeli (Mc. 2:25-26 e parall.) per dimostrare il valore contingente e non assoluto

di questa.

È ironico che Davide arriva a Gat, città di Goliat, armato della spada di lui. È

accolto bene da Achis – evidentemente lo stato di guerra tra Filistei e Israeliti

aveva più il carattere di conflitto saltuario di frontiera – ma con sospetto dai

consiglieri, e si sente costretto a fingere la pazzia. È in questa circostanza che

compone il Salmo 34.

4.19 Davide ad Adullam. Saul fa uccidere i sacerdoti: cap. 22

Adullam si trova sulle colline della Giudea occidentale, vicino al confine filisteo.

Per “spelonca”, bisogna forse leggere “fortezza” (cfr. v.4). I primi ad unirsi a lui

sono i fratelli (che prima l’avevano disprezzato, 17:28-29) e una banda

eterogenea di malcontenti, che con grande abilità forma in un primo nucleo di un

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO

MODULO 2

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esercito disciplinato. Anche il profeta Gad, qui menzionato per la prima volta, si

unisce a lui (v.5). Davide mette i genitori al sicuro presso il re di Moab (vv. 3-4):

ricordiamo che Isai aveva la nonna moabita, Rut.

I sospetti e le accuse confuse ed esagerate di Saul, anche contro Gionatan (vv. 6-

8), sono l’occasione del tradimento dei sacerdoti da parte di Doeg. Nel cap. 21,

non è riferito che Aimelec “consultò il SIGNORE per lui”, ma questo è confermato da

Aimelec stesso (v.15). La barbara uccisione dei sacerdoti adempie la profezia di

2:31-33; la notizia, portata a Davide, dà l’occasione della composizione del Sal.

52. L’unico sopravvissuto, Abiatar, si rifugia, com’è logico, presso Davide, e in

diverse occasioni può consultare il Signore a suo favore (23:2-6,9-12, 30:7-8, 2°

Sam. 2:1, 5:19,23, ecc.). Più tardi è sacerdote al fianco di Sadoc (2° Sam. 15:24).

4.20 Fuga a Cheila e nel deserto. Davide risparmia Saul: capp. 23-24

Gli abitanti di Cheila, nonostante la liberazione dai Filistei, sono troppo

condizionati dalle minacce di Saul per offrire a Davide un rifugio sicuro. Egli si

spinge sempre più verso le zone semi-desertiche del meridione. Gionatan, benché

moralmente dalla parte di Davide, continua a stare fisicamente a fianco del padre

(15-18), il che alla fine sarà la sua rovina.

Anche gli abitanti di Zif, della tribù di Giuda, vanno da Saul per tradire Davide (Sal.

54); egli è provvidenzialmente salvato da una nuova invasione filistea. Quando

Saul torna di nuovo alla carica, Davide ha l’occasione di ucciderlo, ma dimostra

grande nobiltà di carattere e rispetto verso Saul come “l’unto del Signore” (24:7).

La commozione di Saul è però di corta durata.

4.21 Nabal e Abigail: cap. 25

Davide e i suoi seguaci, ormai 600 (v.13), chiedono ospitalità e provviste in

cambio della protezione data ai greggi dalle scorrerie dei Filistei e dei nomadi del

deserto (v.7,16, cfr. 30:1). La brusca risposta di Nabal provoca l’ira vendicativa di

Davide, che è fermato appena in tempo dalla prontezza di spirito di Abigail. Nabal

muore (forse d’infarto) e Davide, che ha grandemente apprezzato le qualità di

Abigail, la prende per propria moglie.

4.22 Saul risparmiato la seconda volta: cap. 26

La trascuratezza della guardia montata nel campo di Saul è attribuita

all’intervento divino (v.12); tuttavia è probabile che non s’aspettavano che Davide

prendesse l’iniziativa, essendo in forte minoranza numerica. Seruia era sorella di

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Davide, per cui Abisai e Ioab erano suoi nipoti (1° Cron. 2:16). Saul riconosce di

nuovo che Davide non rappresenta una minaccia per lui.

4.23 Davide di nuovo presso i Filistei: cap. 27

Questa volta Davide è accolto meglio, senz’altro a motivo dei suoi 600 seguaci.

Siclag, un tempo città simeonita (Gios. 19:5), era stata presa dai Filistei. Davide,

facendo preda dei nomadi del deserto (v.8), nemici sia di Israele che dei Filistei,

riesce ad ingannare questi, facendo credere di essere passato interamente dalla

loro parte. Notiamo che gli Amalechiti sopravvivono ancora, nonostante la strage

compiuta da Saul.

4.24 Saul consulta la medium di En-Dor: cap. 28

Una nuova guerra tra Israeliti e Filistei, e il silenzio di Dio, spingono Saul a

consultare una medium, nonostante egli stesso abbia tentato di eliminare dal

paese tutti i praticanti di arti occulte (v.3). Sembra evidente che, per un permesso

speciale di Dio, Saul riesca realmente a mettersi in contatto con Samuele (vv. 15-

19). Forse lo spavento della medium (v.12) è dovuto al fatto che la manifestazione

era diversa da quella dei soliti spiriti. Questo peccato di Saul (cfr. Lev. 19:31,

Deut. 18:9-14) è la causa immediata della morte di Saul (1° Cron. 10:13). Il luogo

dove Saul e i figli suoi saranno con Samuele l’indomani (v.19) è chiaramente

Sceol, il “soggiorno dei morti”.

4.25 Saccheggio di Siclag e recupero del bottino: capp. 29-30

Si apre una parentesi nell’ordine cronologico: Davide e i suoi vengono di nuovo

mandati via dai Filistei, nonostante la grande fiducia che Achis ha in lui (v.6). È

interessante speculare sul comportamento che Davide avrebbe tenuto se fosse

giunto sul campo di battaglia contro gli Israeliti. Al ritorno a Siclag trovano la città

saccheggiata dagli Amalechiti e le mogli, i figli e tutti i beni portati via. Davide

rischia di essere ucciso dai suoi stessi seguaci, e questo nel momento in cui Saul

è finalmente morto! Ma supera la crisi per la fede in Dio (v.6), e ottiene

assicurazioni da Dio sul felice esito dell’inseguimento, che puntualmente si

verificano.

4.26 Sconfitta di Israele e morte di Saul e di Gionatan: cap. 31

Saul, ormai un uomo distrutto, si suicida per non essere preso e torturato dai

Filistei. (Un’altra versione viene raccontata a Davide da un Amalechita, 2° Sam. 1).

Il corpo di Saul, maltrattato dai Filistei, e quelli dei figli, sono presi dagli abitanti

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di Iabes di Galaad, che egli aveva liberati all’inizio della carriera (cap. 11). La

cremazione (v.12) non era usuale in Israele, ma forse c’erano ragioni particolare

per usarla in questo caso.

5. 2° SAMUELE: Trionfo e declino di Davide

5.1 Annuncio della morte di Saul e di Gionatan e lamento di Davide: cap. 1

È ben nota la differenza tra il racconto della morte di Saul qui dato dal

messaggero, e quello di 1° Sam. 31. È possibile conciliare le due versioni (cioè,

che Saul non sia morto subito dopo essersi gettato sulla propria spada, e che

l’Amalechita gli abbia dato il colpo di grazia); ma è più probabile che egli ne abbia

soltanto spogliato il corpo (per questo, e non “per caso”, v. 6, si sarebbe trovato

sul campo di battaglia), e che menta, sperando in un premio da parte di Davide. Il

v. 16 suggerisce che anche Davide abbia qualche dubbio sulla veracità del suo

racconto.

La reazione di Davide è invece coerente con l’atteggiamento di rispetto e d’onore

manifestato prima verso Saul. Possiamo anche ben immaginare che,

particolarmente in quel momento, Davide non fosse ben disposto verso un

Amalechita.

Il lamento di Davide per Saul e Gionatan (vv. 19-26) dimostra gli stessi

atteggiamenti: Davide ricambia il male con il bene. È notevole particolarmente il

fatto che, a parte la nota più personale dell’ultimo v., non fa distinzione tra Saul e

Gionatan, lodando e lamentando entrambi negli stessi termini. È vero anche che la

loro morte era strettamente collegata con una disastrosa sconfitta di tutto Israele

(1° Sam. 31:7).

5.2 I re rivali e la guerra civile: cap. 2

Mentre Davide è incoronato re dalla propria tribù di Giuda (e tenta anche di

ottenere le simpatie di Iabes di Galaad, vv. 5-7, anche se il messaggio è senz’altro

sincero), le restanti tribù – rifugiatesi ad Oriente del Giordano – riconoscono come

re l’ultimo superstite dei figli di Saul, Is-Boset (8-11).

Questo nome rappresenta l’originale “Es-Baal” (1° Cron. 9:39). Quando il nome

“Baal” (=“Signore”), prima usato anche per designare Jahweh, venne a

rappresentare esclusivamente gli dei pagani dei Canaaniti, i nomi contenenti

questa forma furono trasformati dagli scribi, a scanso di equivoci, con il termine

“Boset” (=“vergogna”). Cfr. per es. 2° Sam. 11:21 con Giud. 8:35.

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Is-Boset si dimostra debole di carattere, e il vero potere è in mano ad Abner,

cugino di Saul e comandante del suo esercito. Ci sono dubbi sulla durata del suo

regno: “due anni” (v.10) combacia male con la “lunga guerra” di 3:1, e con il regno

di Davide a Ebron di sette anni e mezzo (cfr. anche 5:5). Forse il testo originale

aveva “sette anni”.

La battaglia di Gabaon (vv. 12-32), iniziata dopo che uno scontro tra 12

rappresentanti per parte non era risultato decisivo, è il solo episodio della “lunga

guerra” civile (3:1) narrato per esteso. È importante per spiegare l’inimicizia tra

Ioab e Abner.

5.3 Abner abbandona Is-Boset ed è assassinato da Ioab: cap. 3

Durante il suo regno a Ebron, Davide prende altre mogli, fra cui la figlia del re

arameo Talmai (v.3), e gli nascono sei figli. L’alleanza con Ghesur, a N. di Galaad,

forse serviva anche per isolare Is-Boset.

La relazione di Abner con Ritspa, già concubina di Saul, poteva suggerire una

rivendicazione del trono (cfr. 16:20, ecc.). Ma forse Abner ormai cercava un

pretesto per passare dalla parte di Davide, la cui vittoria era ormai certa. Abner

dunque entra in trattative con Davide, che coglie l’occasione per pretendere da Is-

Boset la restituzione della moglie Mical, sorella di lui.

Ioab, invece, aiutato dal fratello Abisai, uccide a tradimento Abner, non solo per

vendicare l’altro fratello Asael, ma probabilmente perché vedeva in lui un

pericoloso rivale. Davide, pur dissociandosi dal delitto con gli onori funebri

accordati ad Abner, non si sente abbastanza forte per prendere provvedimenti

contro Ioab (v.30).

5.4 Assassinio di Is-Boset: cap. 4

Is-Boset, ormai ridotto all’impotenza, viene assassinato da due suoi capitani che,

come l’Amalechita (cap. 1), credono di entrare così nelle grazie di Davide. Questo

invece, come in quel caso, li fa mettere a morte. Il v.4, che introduce per la prima

volta Mefiboset, qui sembra stranamente fuori posto.

5.5 Consolidamento del regno e presa di Gerusalemme: cap. 5

Davide, riconosciuto re da tutte le tribù, decide di catturare Gerusalemme, ancora

in mano ai Gebusei, e di spostarvi la capitale da Ebron. Questa mossa mirava

probabilmente ad unire e pacificare il regno: avrebbe tolto un insediamento

straniero situato tra le due parti del regno, e nello stesso tempo avrebbe stabilito

la capitale in un luogo “neutrale”, sul confine tra Giuda e Beniamino.

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C’è probabilmente corruzione del testo nel v.8, ma sembra che siano entrati in

Gerusalemme passando per un condotto dell’acqua: Gerusalemme, situata in cima

ad una collina, era rifornita di acqua – necessaria per resistere ad un assedio –

attraverso un sofisticato sistema di canali (più tardi ampliato ancora).

Dopo la conquista di Gerusalemme, Davide riesce a sconfiggere per due volte i

Filistei, respingendoli verso la costa (17-25). Come per altre decisioni importanti

(2:1, 1° Sam. 30:8, ecc.), egli ha cura di consultare Dio sul piano da seguire, non

solo la prima, ma anche la seconda volta, in circostanze simili, e riceve ogni volta

istruzioni diverse che gli consentono di vincere.

5.6 L’arca trasportata a Gerusalemme: cap. 6

Davide riunisce tutto l’esercito (v.1), non tanto per difendere l’Arca da eventuali

attacchi dei Filistei, quanto come “guardia d’onore” in onore di Dio. Sembra però

ignorare le disposizioni della Legge per il trasporto dell’Arca (Es. 25:14, Deut.

10:8, ecc.), prendendo piuttosto esempio dal modo in cui era stata rimandata dai

Filistei (1° Sam. 6:7-8). Il risultato è la morte di Uzza, che in buona fede

trasgredisce le norme date da Dio (Num. 4:15). Solo dopo sembra aver imparato il

modo giusto di trasportarla (v.13).

Obed-Edom di Gat è evidentemente un Filisteo che abitava in mezzo ad Israele. Il

nome significa “adoratore (o “servo”) di Edom” (forse nome di una divinità

pagana)!

Quando finalmente l’Arca viene portata a Gerusalemme e collocata nella tenda

eretta appositamente da Davide (v.17), Davide non si cura della propria dignità,

pur di onorare Dio “saltando e danzando a tutta forza davanti al Signore” (vv.

14,16). Mical invece mostra un atteggiamento diverso: come il padre, è presa dal

pensiero della dignità e del prestigio reale. È possibile che la sterilità di Mical

(v.23) sia dovuta ad una rottura nei rapporti con il marito (che, ricordiamo, aveva

diverse altre mogli), ma può ugualmente essere stata una punizione divina.

5.7 Proposito di Davide di costruire un tempio: cap. 7

L’intenzione di Davide è accolta con favore dal profeta Natan, ma sulla base del

suo ragionamento naturale, non della rivelazione divina. Dio non vuole essere

“debitore” dell’iniziativa di nessuno, piuttosto è la Sua iniziativa, il Suo piano che

sussisterà. La promessa di una dinastia permanente della discendenza di Davide

guarda chiaramente al Messia; ed anche la promessa immediata di un “figlio” (12-

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14), sebbene in primo luogo si compia in Salomone, ha riferimento anche al

Messia (cfr. Ebr. 1:5).

La preghiera di Davide di ringraziamento e di adorazione (vv. 18-29) è una delle

preghiere “classiche” della Bibbia, basata com’è sul riconoscimento della

grandezza e della sovranità di Dio e sulla rivelazione della Sua volontà.

5.8 Vittorie di Davide: cap. 8

Davide riesce finalmente ad estendere il suo dominio in quasi tutto il territorio

promesso da Dio ai patriarchi, che si sarebbe dovuto estendere fino al fiume

Eufrate. Il trattamento drastico riservato ai Moabiti (v.2) sembra ingrato dopo

l’aiuto ricevuto da loro durante l’esilio (1° Sam. 22:3-4); ma non sappiamo quale

sia stata l’occasione di questa guerra.

Al v.17, pare che i nomi si siano scambiati: si dovrebbe leggere piuttosto “Abiatar

figlio di Aimelec”: cfr. 1° Sam. 22:20.

5.9 Davide e Mefiboset: cap. 9

Anziché cercare di sterminare i discendenti del re di cui aveva preso il posto –

come hanno sempre fatto gli usurpatori nella storia – Davide va in cerca dei figli

di Gionatan, a causa dell’amore e del patto che li aveva legati, per fare loro del

bene. È probabile che gli eventi del cap. 21 abbiano già avuto luogo. Mefiboset e

Siba ricompaiono nei capp. 16 e 19.

5.10 Guerra contro gli Ammoniti: cap. 10

Non sappiamo a quale benevolenza di Naas si fa riferimento nel v.2;

presumibilmente aveva aiutato Davide quando fuggiva da Saul, visto che Naas

deve aver considerato Saul suo nemico (1° Sam. 11). Questo capitolo fornisce il

contesto storico per il peccato di Davide descritto nel prossimo capitolo.

È possibile che le battaglie con i Siri siano le stesse del cap. 8, anche se i numeri

non corrispondono; ma il confronto con 1° Cron. 19:16-19 indica che ci sia

qualche corruzione del testo.

5.11 Il peccato di Davide: cap. 11

Questo capitolo rappresenta il fulcro dell’intera carriera di Davide, il passaggio dal

pieno godimento della benedizione di Dio ad una serie di disgrazie che

coinvolgono tutta la sua dinastia. Nel v.1 sembra esserci una deliberata ironia

dell’autore: il re non va alla guerra ma ci manda gli altri, per sua sventura.

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Sia il padre di Bat-Sceba, Eliam, sia il marito Uria erano tra i prodi dell’esercito di

Davide (23:34,39); Eliam era figlio di Aitofel, il più fidato dei consiglieri di Davide

(16:23). Il nome “Uria” significa “Jahweh è la mia luce”: sebbene Ittita, deve essere

stato figlio di stranieri residenti in Israele e adoratori di Jahweh, oppure aveva

cambiato il proprio nome.

L’adulterio di Davide, frutto dell’ozio e di una momentanea follia, innesca un

meccanismo che lo invischia progressivamente: prima il tentativo di coprire il

proprio peccato facendo passare la gravidanza come frutto di normali rapporti col

marito (6-13), poi il ricorso disperato all’omicidio e il suo occultamento (13-25).

(Qualcuno ha detto: “Ogni adultero è necessariamente anche bugiardo”). Non

sappiamo se Bat-Sceba ha avuto dei sospetti sulla morte del marito, che

evidentemente amava (26-27): anche per lei faceva comodo per coprire la sua

colpa (Lev. 20:10).

5.12 Pentimento e castigo di Davide: cap. 12

La nota parabola di Natan raggiunge lo scopo di far vedere a Davide la propria

colpa, coinvolgendolo come giudice del proprio caso (cfr. 8:15). Le profezie di

sventura (10-12) si adempiono alla lettera nei capitoli successivi. Il pentimento di

Davide, sincero e aperto (cfr. Sal. 51), ottiene il perdono da Dio (v.13), così che

non muore, ma non può liberarlo da ogni conseguenza negativa, specialmente in

vista della sua posizione influente (v.14). Il comportamento di Davide, contrario al

costume dell’epoca (v.21), è perfettamente logico e dimostra la sua grande fede

nella natura misericordiosa di Dio (v.22).

Tuttavia, è dall’unione con Bat-Sceba che nasce Salomone, che sarà il successore

di Davide e (inizialmente) particolarmente benedetto da Dio.

Nella vittoria definitiva sugli Ammoniti (26-31), Ioab cede a Davide il posto

d’onore e di prestigio. Il trattamento degli sconfitti (31), secondo molto studiosi,

sarebbe meno barbaro di quello indicato dal testo ebraico: cambiando una sola

lettera (he’ebid, “fece lavorare”, al posto di he’ebir, “fece passare sotto”), si ha un

significato che combacia molto meglio con gli strumenti elencati.

5.13 Incesto e morte violenta di Amnon: cap. 13

Il resto della vita di Davide è la storia del compimento della profezia di sciagura

data da Natan (12:11). Pare evidente che Davide lasciava da desiderare nei ruoli

familiari, come padre e come marito.

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO

MODULO 2

32

Amnon, figlio maggiore di Davide (3:2), nutre una passione incestuosa per la

sorellastra Tamar (un classico esempio della differenza tra “innamoramento” e

“amore”!), e con uno stratagemma trova l’occasione di violentarla (1-19). È

notevole che Davide, quando viene a saperlo, “ne fu fortemente adirato” (21), ma

non fa niente. Secondo la Legge, Amnon doveva subire la pena capitale per due

motivi (Lev. 18:9,11,29, 20:17; Deut. 22:23-27). Possiamo supporre che Davide,

oltre ad essere condizionato dal sentimento familiare, si sentiva legato dal ricordo

della propria colpa, e si rassegnava a subire passivamente gli avvenimenti col

pensiero che era volontà di Dio (cfr. 16:10-11).

Absalom, fratello di Tamar e terzogenito di Davide, non si vendica subito ma

serba l’odio per due anni. La sua intenzione è nota almeno ad alcuni (32), ma

ancora, Davide non interviene. (Cfr. Lev. 19:17-18; Eccl. 8:11). Infine Absalom

assassina il fratellastro (23-29) e si rifugia presso il nonno materno (37). Davide è

ancora guidato più dai sentimenti che dal senso della giustizia (37, 39).

5.14 Ritorno di Absalom: cap. 14

Ioab, accorgendosi del mutato atteggiamento di Davide, fa in modo che entrambi

si sentano poi suoi debitori. Egli usa un metodo simile a quello di Natan (12:1-4).

Tuttavia, il racconto della donna non riflette bene la situazione di Davide, perché

verte sul fatto che non aveva altri figli, né poteva averne, e l’eredità quindi

sarebbe passata ad estranei (v.7): Davide invece aveva diversi altri figli. Davide

non ci mette molto per riconoscere lo “stile” di Ioab (18-20).

Tuttavia, Davide, con la riconciliazione “a metà” (24, 28) sceglie la soluzione

peggiore possibile: Absalom si sente giustificato, ed è risentito per quello che

considera una durezza ingiustificata (32); intanto ha la possibilità di acquistare

influenza a Gerusalemme. È notevole l’assenza di qualsiasi segno di rimorso o

ravvedimento in Absalom.

v. 27: da 18:18, risulta che i figli di Absalom siano morti nell’infanzia. La figlia

viene nominata a ricordo di Tamar sua sorella.

5.15 Ribellione di Absalom e fuga di Davide: 15:1 - 17:29

Come sempre, Absalom agisce in modo paziente e metodico per preparare il

terreno alla sua rivolta (15:1-6), e non si confida con nessuno (v.11). Absalom

sceglie Ebron, la prima capitale del padre e centro importante della tribù di Giuda,

per dichiararsi re (vv. 7-10). Non sappiamo il perché Aitofel decide di unirsi a lui

(12).

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Non è chiaro perché Davide decide di abbandonare Gerusalemme (15:13-14), che

era una fortezza quasi inespugnabile (5:6); sembra che fosse ancora in uno stato

d’animo disfattista (vv. 26,30). La popolazione vede la sua partenza quasi come

un tradimento (23). Riesce comunque ad avere ancora la lealtà assoluta di alcuni

dei suoi servi, anche mercenari (19-22). Rifiuta di portare con sé l’arca di Dio (24-

29), perché gli sembra ora una presunzione credere che Dio sia dalla sua parte. È

in questa circostanza comunque che compone il Salmo 3.

Tuttavia, Davide mostra ancora l’abituale astuzia nel piano di contromisure e di

spionaggio attuato tramite Cusai e i sacerdoti (15:31-37), che sarà poi

determinante per il conflitto.

Davide mostra più credulità del solito nel dare credito al racconto inverosimile di

Siba (16:1-4), il quale si mostra molto perspicace, prevedendo già l’esito della

guerra civile. Simei (5-13), parente di Saul, lo accusa (ingiustamente) per la morte

sua e dei suoi familiari (21:7-9).

Il primo consiglio di Aitofel (20-23) mirava a rendere impossibile una

riconciliazione con Davide (cfr. Deut. 27:20). Si trattava dell’insulto più grave che

avrebbe potuto recare al padre (D. Payne).

Anche il secondo consiglio di Aitofel (17:1-4) avrebbe probabilmente dato il

successo ad Absalom. Cusai invece riesca a convincerlo con un “cattivo” consiglio

– volto a far guadagnare tempo a Davide – che faceva leva sull’invito a fare le cose

in grande stile e a prendere la gloria per sé (5-14). Quando però manda a riferire a

Davide, non è ancora sicuro che questo consiglio sarà seguito (15-16). Aitofel,

visto che il suo consiglio non è accettato, e convinto che il corso d’azione

suggerito da Cusai sarà disastroso, si suicida (23): uno dei pochi suicidi della

Bibbia, e certamente il più “a sangue freddo”.

Absalom installa come capo dell’esercito Amasa, cugino suo e di Ioab (25).

“Nacas” è quasi sicuramente un errore di copiatura dal v. successivo: si dovrebbe

leggere “Isai”. Dei tre notabili che offrirono aiuto materiale a Davide (27), Sobi

sarà stato sicuramente il “re-fantoccio” installato da Davide ad Ammon dopo la

sconfitta di Canun (12:29-30).

5.16 Sconfitta e morte di Absalom e ritorno di Davide a Gerusalemme: capp.

18 - 19

Il terreno accidentato e boscoso dove ha luogo la battaglia causa molto

confusione e provoca numerose vittime (8). La misera fine di Absalom, decisa da

Ioab in barba agli ordine del suo re, pone fine al conflitto. La reazione di Davide

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(33) – attesa da Aimaas, che non osa dirgli la verità (29, cfr. 20) è di nuovo dettata

più dal sentimento personale che dall’interesse per il popolo.

Il rimprovero quasi brutale di Ioab (1-8) fa effetto, e Davide prepara la via al

ritorno e alla riconciliazione nazionale (9-15), stabilendo Amasa capo dell’esercito

(13), mossa motivata anche dal risentimento contro Ioab per la morte di Absalom.

Perdona Simei (16-23), che è altrettanto estremo nell’umiliazione come lo era

stato nell’ingiuria, e Mefiboset, alle cui scuse però forse non crede del tutto (24-

30). Premia Barzillai (vedi 17:27), che chiede la promozione di Chimam,

(presumibilmente) suo figlio (37).

5.17 Ribellione di Seba e morte di Amasa: cap. 20

La breve ribellione di Seba è di importanza minore di quella di Absalom: “tutti gli

uomini di Israele” (1) è evidentemente un’esagerazione. Ioab assassina anche il

nuovo rivale Amasa (4-13), e ne prende il posto senza aspettare l’autorizzazione

del re. Davide accetta la situazione di fatto, ma non gli perdona più (1° Re 2:5).

Seba, abbandonato da tutti, muore nell’ignominia (14-22).

La lista dei principali ufficiali di Davide (23-25) si differenzia da quella di 8:15-18

soprattutto per l’assenza di figli di Davide come “consiglieri” o “ministri”.

Gli ultimi quattro capitolo, 21-24, costituiscono una “appendice” in cui sono

raccolti episodi dal regno di Davide, fuori ordine cronologico.

5.18 Carestia e morte dei discendenti di Saul: 21:1-14

Non è sicuro quando avvenne questo episodio, ma dal v.7, deve collocarsi dopo

gli avvenimenti del cap. 9. Dev’essere stato comunque nella prima parte del suo

regno. I Gabaoniti – Cananei superstiti – erano protetti dal giuramento di Giosuè

(Gios. 9:3-17): Saul (come il suo omonimo neotestamentario) era stato mosso da

uno zelo senza conoscenza.

La vendetta contro la famiglia di Saul fu decisa dai Gabaoniti, non da Davide,

come condizione per concedere ad Israele il perdono e la benedizione (v.3),

perché Dio potesse di nuovo mandare la pioggia. Vediamo ancora una volta come

il peccato e l’ingiustizia richiedono un’espiazione.

Al v.8, il testo ebraico ha “Mical”, ma vedi 1° Sam. 18:19 e 2° Sam. 6:23. La

concubina di Saul dimostra un comportamento più nobile della figlia (10-11), e

commuove Davide perché conceda agli uccisi – insieme a Saul stesso e Gionatan –

gli onori funebri (12-14). In ogni caso, il ritorno della pioggia (10) aveva ormai

segnato la fine della carestia.

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5.19 Prodezze contro i Filistei: 21:15-22

Si può capire da questa sezione che, dopo le prime vittorie di 5:17-25, la guerra

contro i Filistei (riassunta brevemente in 8:1) si è protratta durante tutto il regno

di Davide. Se l’episodio di vv. 15-17 avvenne prima del cap. 10, allora sarebbe

scusata la sua assenza dalla guerra con gli Ammoniti (11:1). Comunque deve

risalire a un periodo precedente la ribellione di Absalom, in cui Davide era visto

come insostituibile.

Il v.19 sembra contraddire 1° Sam. 17. Ma il parallelo di 1° Cron. 20:5 ha un testo

diverso e più attendibile; per una discussione dettagliata, vedi Commentario

Biblico, p.390. Sarebbe sorprendente se Goliat fosse stato l’unico della sua stirpe,

non il contrario.

5.20 Cantico di vittoria e ultime parole di Davide: 22:1 - 23:7

Con qualche variante testuale, il cap. 22 riproduce il Salmo 18. Deve risalire ai

primi tempi del regno (i “nemici” sarebbero quelli personali, più che le nazioni

circonvicine), e certamente prima del peccato con Bat-Sceba (vedi vv. 21-25).

Più che parole pronunciate con l’ultimo respiro, sembra trattarsi di un

“testamento spirituale” (cfr. anche 1° Re 2:1-11). (Si è fatto il paragone con il

Canto e la Benedizione di Mosè, Deut. 32-33). Celebra la promessa fatta da Dio

alla sua progenie (v.5, cfr. 7:11-16). Così l’attenzione è riportata dai tristi episodi

di peccato e di ribellione che riempiono la seconda parte del libro, alla fedeltà e

alle promesse di Dio.

5.21 I guerrieri di Davide: 23:8-39

Cfr. il parallelo in 1° Cron. 11:10-47. Dall’episodio dei vv. 13-17, si può ben capire

il legame di affetto e di fedeltà che legava questi uomini a Davide.

Al v.18, bisogna forse leggere “fra i Trenta”. Sembra che la lista dei prodi sia stata

troncata dopo il nome di “Uria l’Ittita”, proprio per dare risalto a questo nome: cfr.

1° Cron. 11:41-47.

5.22 Il censimento e la peste: cap. 24

Il capitolo presenta diversi problemi al lettore:

a) Perché fu punito l’atto del censimento? Generalmente si pensa che rappresenti

un atto di orgoglio, e che significasse confidare nel numero dei soldati anziché

in Dio (cfr. Sal. 33:16-19).

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b) Se Dio si adirò contro Israele, quale necessità aveva di “incitare Davide contro il

popolo” (v.1)?

c) Nel parallelo di 1° Cron. 21, la stessa azione è invece attribuita a Satana.

v.10: qui il rimorso di Davide è una reazione spontanea, ma secondo 1° Cron.

21:7, era provocato da qualche sciagura che già era iniziata. La scelta del v.14

riflette comunque la fede di Davide nella misericordia di Dio. L’intercessione di

Davide (v.17) ricorda quella di Mosè (Es. 32), ma giunge troppo tardi.

Il libro termina – senz’altro, di proposito – con l’acquisto da parte di Davide del

luogo dove poi sarà costruito il Tempio (1° Cron. 22:1).