D ….. AGLI INVASORI - GianMarco Dosselli Scrittore · Alle spalle del nemico vi sono donne, case,...

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n.26 ANNO V QVADERNI DI STORIA 31/03/2007 DUE PAROLE SULLA….. …..RESISTENZA AGLI INVASORI di Francesco Fatica C.P. 4 – 25075 Nave ( BRESCIA ) [email protected] C.P. 19 – 71016 SAN SEVERO ( FG ) C. Corrente postale n. 21882766 Intestato a Ezio Sangalli 1

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n.26 ANNO V QVADERNI DI STORIA 31/03/2007

DUE PAROLE SULLA…..…..RESISTENZA AGLI INVASORI

di Francesco Fatica

C.P. 4 – 25075 Nave ( BRESCIA ) [email protected] C.P. 19 – 71016 SAN SEVERO ( FG ) C. Corrente postale n. 21882766 Intestato a Ezio Sangalli

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PrefazioneIl 25 aprile si è celebrato, come ogni anno, dal 1945 ad oggi, l’anniversario della liberazione. Gli americani e gli inglesi, insieme a marocchini, brasiliani, indiani, polacchi, senegalesi, algerini, tunisini e nepalesi che infierirono sulla popolazione civile con saccheggi, stupri e violenze tipiche dei conquistatori barbari, occuparono per intero il suolo della Patria. Nella primavera del 1944 gli invasori erano bloccati, nella loro avanzata verso nord, dalle truppe tedesche e italiane attestate saldamente sulla linea Gustav, presso Cassino. Per proseguire la loro avanzata verso Roma il generale Alexander decise di tentare una manovra di aggiramento delle difese tedesche. A svolgere questo compito vennero chiamate le truppe del C.E.F. (Corps Expeditionnaire Francais) al comando del generale francese Alphonse Juin. Le forze del C.E.F. comprendevano 99.000 uomini per la maggior parte marocchini e algerini provenienti dalle colonie francesi. Completava l’organico un piccolo gruppo di senegalesi. Questi “uomini” erano chiamati “goumiers” da “gruppi”, perché inquadrati in tribù da circa 70 membri, spesso imparentati tra loro. All'alba del giorno scelto per l'attacco, il 14 maggio 1944, il generale Juin inoltrò agli uomini della II divisione di fanteria (gen. Dody) e della IV divisione da montagna (gen. Guillaume) il seguente proclama: «Soldati! Questa volta non è solo la libertà delle vostre terre che vi offro se vincerete questa battaglia. Alle spalle del nemico vi sono donne, case, c'è un vino tra i migliori del mondo, c'è dell'oro. Tutto ciò sarà vostro se vincerete. Dovrete uccidere i tedeschi fino all’ultimo uomo e passare ad ogni costo. Quello che vi ho detto e promesso mantengo. Per cinquanta ore sarete i padroni assoluti di

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ciò che troverete al di là del nemico. Nessuno vi punirà per ciò che farete, nessuno vi chiederà conto di ciò che prenderete». Nei giorni che seguirono la battaglia, terminata il 17 maggio con la caduta di Esperia, i 7.000 "goumiers" sopravvissuti (erano partiti all'attacco in 12.000) devastarono, rubarono, razziarono, uccisero, violentarono. Circa 3.500 donne, di età compresa tra gli 8 e gli 85 anni, vennero brutalmente stuprate. Vennero sodomizzati circa 800

uomini, tra cui anche un prete, don Alberto Terrilli, parroco di Santa Maria di Eperia, il quale morì due giorni dopo a causa delle sevizie riportate. Molti uomini che tentarono di proteggere le loro donne vennero impalati.In una relazione degli anni '50, che alla luce di recenti ricerche riporta dei dati per difetto, testualmente si legge: «circa 2.000 donne oltraggiate, di cui il 20 per cento affette da sifilide, il 90 per cento da

blenorragia; molti i figli nati dalle unioni forzose -- Il 40 per cento degli uomini contagiati dalle mogli, oltre 800 assassinati perché accorsi a difendere l’onore delle loro madri, mogli, figlie. L’81 per cento dei fabbricati distrutto, il 90 per cento del bestiame sottratto; gioielli, abiti e denaro totalmente rubati».

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Sophia Loren in "La ciociara"

"goumiers", i primi extracomunitari giunti in Italia

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Un’Italia divisa, dall’8 settembre 1943, tra i voltagabbana fedeli al re e a Badoglio, che avevano tradito l’alleato tedesco, aprendo le porte ai nemici, e la Repubblica Sociale Italiana che aveva scelto di onorare la sua parola, e di continuare a combattere contro le democrazie capitaliste, che trasformeranno il mondo in un grande sporco mercato, dove gli istinti più spregevoli dell’uomo quali l’avidità, l’individualismo, la corruzione e l’immoralità, hanno cancellato dal cuore l’onestà, il senso di comunità, il rispetto delle regole e l’amore per gli altri, specie i più deboli.Ma prima che l’occupazione fosse ultimata, nel sud della penisola, in Sicilia soprattutto, ma anche in Campania, in Puglia e nelle altre contrade meridionali, ci furono strati della popolazione che resistettero all’invasione; che tentarono ribellioni; che non si rassegnarono all’occupazione della loro Terra da parte dei ricchi americani e al ritorno dei capi mafia battistrada delle truppe alleateQuesto è un breve racconto di quei giorni fattoci da Francesco Fatica, arrestato il 27 aprile 1944, a 19 anni d’età, assieme ai suoi camerati, studenti e lavoratori, incriminato per partecipazione a banda armata, imputazione derubricata in “associazione a delinquere”, per evitare la pena di morte, e condannato, dal Tribunale Militare Territoriale di Guerra di Catanzaro, a 4 anni di carcere nel processo degli “88 fascisti di Calabria”. Venne amnistiato nel luglio del 1946. Nei primi anni 50 fu presidente del G.U.F. “Rivolta ideale” dell’Università Federico II di Napoli e tra i fondatori dell’ISSES (Istituto di Studi Storici Economici e Sociali).Nel 1998 ha scritto un libro, “Mezzogiorno e fascismo clandestino”.Attualmente scrive e collabora a diverse riviste storiche.Quest’uomo, non ha cambiato idea, non si è lasciato tentare dalle comode e remunerative sirene demo-capitaliste. È rimasto semplicemente FASCISTA, autenticamente fascista; cioè non come viene descritto il fascista dagli altoparlanti servitori ben pagati di questa società del profitto, che temono che la gente sappia la verità;

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ma come chi aderisce al manifesto fascista del 1919. Stando sempre dalla parte dei valori e non delle cose. Professando un socialismo organico che comprenda tutto il popolo e non solo alcune classi. E rivendicando l’indipendenza della sua Patria dai potentati economici stranieri, che la stanno depredando con il benestare vigliacco di politici e sindacalisti venduti.

Nota: Per un racconto più dettagliato delle malefatte alleate in centro Italia potete leggere: La ciociara e le altre, il corpo di spedizione francese in Italia 1944 – 45, “Le marocchinate in Italia: i responsabili, le vittime, i retroscena, la vera storia di una tragedia sconosciuta.” Pag. 160, Edizioni Settimo Sigillo.

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Una pagina di storia poco nota, anzi ignorata.

Sul finire del dicembre ’44, il cosiddetto “fascismo di protesta”, nelle regioni in cui erano presenti gli angloamericani, prendeva sempre più piede e trovava la sua massima manifestazione nella rivolta aperta contro la chiamata alle armi disposta dal governo del Regno del Sud.Il movimento fu rinvigorito dalle voci diffuse maliziosamente da fascisti clandestini sulla possibilità che gli arruolati fossero inviati a combattere in Estremo Oriente per gli interessi bellici di quelle forze straniere. A Napoli, il 16, 19 e 20 dicembre si ebbero affollate e rumorose manifestazioni in alcuni locali pubblici della città, ove giovani universitari inneggiarono a Mussolini, al suo regime ed alla Repubblica Sociale Italiana protestando appunto contro il richiamo alle armi.1 A tale riguardo il prefetto relazionava che gli episodi «hanno generato il convincimento che l’agitazione degli studenti, camuffata come protesta contro il richiamo alle armi, fosse invece fomentata per fini politici, da forze reazionarie».Analoghe manifestazioni ci furono in Sardegna, in Puglia e in molte altre località in cui si trovavano gli angloamericani; in seguito avvenne che molti di quei richiamati, che si erano presentati, disertarono, al punto che il generale Chatrian, comandante della 227^

1 Archivio centrale dello stato, ministero dell’Interno, Gabinetto 1944-46, busta 199, fascicolo Napoli, 6 gennaio 1945

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Divisione, scrisse che era rimasto ai reparti «solo chi ancora non aveva avuto la possibilità di allontanarsi» 2

Inoltre si ebbero episodici scontri tra soldati, o marinai, e gruppi di antifascisti, ma anche tra soldati del Regio esercito – che cantavano inni fascisti – e militari angloamericani come avvenne a Catanzaro Marina, a San Pietro a Patierno, a Torre Annunziata, a Civitavecchia

e a Benevento, dove ci fu uno scontro a fuoco tra parà della Nembo, sostenuti ed incitati dalla popolazione, e truppe dei reparti d’assaltoangloamericane, chelasciò sul terreno tre morti.3

L’inizio del “vento di follia” in SiciliaNell’autunno-inverno del ’44, alcuni agenti speciali della Rsi furono paracadutati – o inviati via terra, lasciandoli “sorpassare” dal fronte in movimento durante le avanzate degli angloamericani – in Sicilia, dove il clima era già caldo per la tragica carneficina verificatasi a Palermo il 19 ottobre 1944, quando il prefetto Pampillonia – ritenendosi assediato da una strepitante turba di dimostranti – chiese l’intervento del Regio esercito che aprì il fuoco. L’agitazione fu

2 Archivio Ufficio storico Stato maggiore esercito, fondo I/3, busta 121/33 Antonio Alosco, in Atti del convegno su Il dissenso clandestino 1943-1945 nelle regioni meridionali occupate dagli anglo-americani, p. 33

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Paracadutisti della Nembo

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spenta nel sangue con morti e feriti, specialmente donne e bambini.4

naturalmente nessuno fece parola.”

Ma dopo appena un mese: «Per circa 10 giorni la Sicilia fu percorsa da un “vento di follia”, secondo la colorita definizione dell'Alto commissario Aldisio. Tutte le province siciliane, con maggiore o minore intensità, furono interessate dal fenomeno che assunse dovunque dimensioni di massa. Sul finire di dicembre, dopo due settimane di agitazioni, il bilancio era pesante: almeno 4 morti, 40 feriti, varie decine di arrestati, oltre 150 manifestazioni di varia natura, 98 i comuni interessati. Incalcolabile il numero dei partecipanti

ammontanti comunque a varie decine di migliaia».5 E si tenga presente che si tratta soltanto delle prime cifre parziali, riportate da Giuseppe Conti.6 Ma questo era solo l’inizio. A Catania il 14 dicembre 1944 esplose la prima rivolta, con assalti a edifici pubblici e devastazioni; altre violente dimostrazioni erano avvenute in altre città e paesi, 4 Nicola Tranfaglia, Come nasce la Repubblica – La mafia, il Vaticano e il neofascismo nei documenti americani e italiani 1943/1947, Bompiani, Milano, 2004, Lettera di Montalbano a Togliatti, p. 146. Vedi anche Alberto Codecasa, Palermo 18 Ottobre 1944, in San Marco – trimestrale dell’Associazione divisione fanteria di marina di San Marco della Rsi, p.10 – : «…il risultato di 30 morti e 150 feriti è indicativo di una sparatoria ravvicinata e mirata per colpire. Proprio come prescritto dalla circolare Roatta del 26 luglio ’43, riconfermata integralmente il 31 agosto 1944 dal generale Taddeo Orlando dei carabinieri.

5 Archivio centrale dello stato, relazione di 20 pagine dei carabinieri e altre varie relazioni dalle province di Agrigento, Caltanissetta, Catania, Messina, Palermo, Ragusa, Siracusa, Trapani6 L’Rsi e l’attività del fascismo clandestino nell’Italia liberata dal settembre 1943 all’aprile 1945, in Rivista di storia contemporanea, n. 4-5, 1979

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specialmente a Trapani, ad Alcamo e nei paesi dell’agrigentino. L’11 dicembre ad Enna si erano avute violente manifestazioni popolari, «nei giorni successivi manifestazioni sempre più coinvolgenti si verificarono a Palermo, Trapani, Alcamo, Palma di Montechiaro, Favara, Grotte, Naro, Calastra Ravanusa e Messina». 7 All’inizio del 1945, per un probabile collegamento tra i Servizi Speciali della Rsi e i gruppi fascisti clandestini siciliani, venne registrato un notevole afflusso di seguaci del regime da Roma e da Firenze. A tal proposito, la Selezione dal rapporto mensile del Sim (Servizio informazioni militari) del gennaio dello stesso anno riferiva la notizia che un agente dello stesso Sim era riuscito ad infiltrarsi nelle organizzazioni fasciste clandestine di Palermo, arrivando a prendere contatti diretti con un membro di alto livello del Pfr (Partito fascista repubblicano), «recentemente tornato dall’Italia centrale»).8 Circa gli «aiuti dal Nord» e le voci diffuse di agenti speciali della Rsi paracadutati in Sicilia, sappiamo di certo che l’ultimo commissario federale del Pfr di Firenze, Fortunato Polvani, era giunto fino a Palermo, dove si prodigava alacremente nell’organizzare gruppi fascisti clandestini.9

Il contributo di giovani e studentiNel rapporto che il prefetto di Catania, Vitelli, inviò al ministro dell’Interno il 30 dicembre 1944 è riportata «l’insistenza di propaganda di neofascisti» e viene messa in risalto la presenza di un 7 Giuseppe Miccichè, La Sicilia nella tormenta del 1943-45, in Pagine dal sud, numero I, maggio 1985, p. 138 National archives and records administration di College Park – Maryland –, registro 226, serie 108, busta 154, fascicolo 1300). (Ripreso da Nicola Tranfaglia cit., p. 739 Nicola Tranfaglia, cit. pp. 72 e 73

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«movimento neofascista che trova facile presa in tutti i delusi e che vuolsi sobillato e guidato da elementi provenienti dal continente». A Naro, in provincia di Agrigento, l’11 gennaio fu proclamata la repubblica indipendente e i rivoltosi ebbero cinque morti e dodici feriti.10 I fascisti, essendo obbligati ad una strategia di clandestinità, si “mimetizzavano” dentro le manifestazioni dei separatisti, che,

viceversa, avevano ogni interesse ad apparire i promotori di ogni manifestazione popolare in Sicilia. D’altronde le contemporanee manifestazioni avvenute in Sardegna, in Campania, in Puglia, nel Lazio e nell’Umbria11 non potevano aver ricevuto alcuna influenza dal movimento separatista siciliano, pertanto non può il fenomeno essere catalogato come separatista, come si tenta, molto superficialmente, da alcuni.Lo storico Miccichè sottolinea: «C’erano inoltre, soprattutto nei grossi centri, piccoli gruppi

di neo-fascisti, in gran parte studenti, che tentavano di svolgere una subdola propaganda in favore della repubblica di Salò e tutt’intorno strati di popolazione politicamente inerte o indifferente». Ma tutti sappiamo che sono proprio le minoranze attive che guidano le masse. Infatti lo stesso poi riconosce: «Numerosi, infine, erano gli studenti universitari, non pochi dei quali svolgevano un lavoro di direzione e di propaganda».

10 Francesco Virga, in Atti del convegno su Il dissenso clandestino 1943-1945 nelle regioni meridionali occupate dagli anglo-americani, p. 12411 Romolo Gobbi, Una revisione della resistenza. Al di là delle verità ufficiali, Bompiani, Milano 1999, p. 87; in proposito concorda Vincenzo Caputo, Ferrara 1945-I giorni dell’odio, Settimo Sigillo, Roma 2002, pp. 23 e 24

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Come affrontano la morte i ragazzi dei servizi speciali

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Italo Palesse, un operaio, pochi istanti prima di essere fucilato

Si combatté a Canicattì, Leonforte e Santa Margherita Belice. A Licata, in provincia di Agrigento, si produssero, ancora il 12, altri moti rivoltosi che causarono un morto, ma i fatti più gravi si verificarono nella provincia di Ragusa. Infatti: «[…] le autorità facevano convergere a Ragusa il 3 gennaio notevoli forze di polizia e di soldati, che vennero in parte subito attaccate e disarmate da parte dei giovani ribelli. Il prefetto, come risposta a questi fatti, ordinava il coprifuoco mediante manifesti, che furono subito strappati, e il rastrellamento in alcuni quartieri alla ricerca dei giovani renitenti alla leva. Durante una di queste retate notturne, che non sortì effetto in quanto i giovani andavano a dormire nelle campagne, scoppiarono dei tumulti soprattutto con le donne che causarono un morto e parecchi feriti. Il 6 gennaio un gruppo di giovani occupò un posto di blocco a un chilometro circa dall'abitato e impegnò in un conflitto a fuoco alcuni camion carichi di militari che furono costretti a ritirarsi, mentre altri giovani assediavano, attaccandolo con un nutrito fuoco di fucileria, il palazzo della Prefettura»12 La vicenda di Ragusa e l’agitazione di Comiso

12 Enzo Caruso, Una storia Siciliana, la rivolta dei “Non si parte” (1944-1945), stampato dall’autore nella tipografia della Camera dei deputati, Roma 1997, Presentazione di Gennaro Malgieri

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Quel giorno Ragusa diede il segnale della rivolta ai paesi vicini mediante staffette che diffondevano le notizie nei vari centri limitrofi.

A Vittoria furono assaltate le caserme; il 7 ad Acate furono disarmati i carabinieri e devastato l'ufficio esattoriale; a Santa Croce Camerina gli insorti fecero la medesima operazione e rifornirono di armi i rivoltosi di Vittoria stessa; a Chiaramonte fu tentato l’assalto al municipio, che però fu difeso dai carabinieri e da cittadini comunisti che ebbero due morti nello scontro.13 Vista la situazione, furono inviati in provincia di Ragusa alcuni battaglioni del regio esercito. Dopo un accanito scontro, che provocò quattro morti tra i militari e tre tra i rivoltosi, oltre a numerosi feriti, soldati e carabinieri riuscirono a penetrare in Ragusa, effettuando poi arresti di centinaia di giovani. Contemporaneamente truppe regie in assetto di guerra conquistarono Vittoria.14 A resistere era rimasta soltanto Comiso, dove gli insorti avevano preso in mano la situazione e organizzata prima la propaganda contro la chiamata alle armi e poi la resistenza militare, non trascurando l’impostazione politica della rivolta che sfociò nella proclamazione della repubblica e nella costituzione di un comitato di salute pubblica, chiamato “Comitato provvisorio del popolo”. Tale rivolta è stata descritta dettagliamene da Caruso nel volume sopra citato, dal quale traiamo le seguenti interessanti informazioni. Il 5 gennaio fu attaccato un camion carico di viveri scortato da sette carabinieri che furono tutti fatti prigionieri. Lo stesso giorno, fu catturata una camionetta con alcuni soldati inglesi; mentre all'ingresso della cittadina veniva respinto, dopo due ore di 13 Enzo Caruso, cit., p. 1614 Enzo Caruso, cit., pp.16-17

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combattimento, un attacco di carabinieri in assetto di guerra, provenienti da Ragusa. Nella notte furono assediate le caserme delle forze dell’ordine; l'assedio si concluse la mattina seguente con la resa di queste ultime.Ottenuto il pieno controllo del territorio della cittadina fu, come detto, proclamata la repubblica. Furono create squadre speciali per mantenere l’ordine pubblico, fu stabilito il coprifuoco, vennero distribuiti viveri a prezzi di consorzio per stroncare il mercato nero e furono emanate norme severissime contro gli sciacalli che avessero approfittato dello stato di emergenza per perpetrare reati contro il patrimonio.

Il governo regio comincia a “perdere le staffe”…Nel pomeriggio del 6 gennaio furono respinti una decina di camion carichi di soldati ben armati con armi automatiche comprendenti anche micidiali mitragliere da 20, ma alla fine le truppe auto carrate del Regio esercito furono costrette alla ritirata, contando tra le loro fila un morto e parecchi feriti e lasciando nelle mani degli insorti il capitano comandante, un sergente e parecchi soldati, caduti prigionieri. Contemporaneamente veniva respinto un subdolo attacco, svolto con sincrona manovra avvolgente, da settanta carabinieri sbarcati di sorpresa alla stazione ferroviaria da una “littorina” – furono chiamate così, durante il Ventennio, le vetture automotrici ferroviarie a motore diesel – proveniente da Palermo. Nel pomeriggio dell’8 gennaio altri scontri si verificarono alla

stazione ferroviaria per l’arrivo – con un’altra “littorina”, proveniente questa volta da Ragusa – di altri carabinieri in assetto di guerra, che furono costretti a ripartire in fretta con lo stesso mezzo. I rivoltosi avevano anche circondato e presidiato l'aeroporto: evidentemente si trattava di fascisti che

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Giovani insorti a Comiso contro l'occupazione americana

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speravano in una qualche possibilità di lanci di paracadutisti o anche di materiali dal Nord; non va escluso che essi avessero saputo del lancio di agenti speciali della Rsi in altre zone della Sicilia.La resistenza di Comiso aveva fatto “perdere le staffe” al governo regio, tanto che il presidente del Consiglio Bonomi in un telegramma inviato all'Alto commissario per la Sicilia, Salvatore Aldisio, così disponeva: «Azione per stroncare definitivamente sedizione deve essere condotta a fondo e senza alcuna incertezza». … e la rivolta viene sedata minacciando un bombardamento Caruso nell'opera citata precisa: «La mattina dell’11 gennaio un intero reggimento di fanteria, al comando del generale Brisotto che aveva ricevuto l'ordine dal ministro della Guerra Casati di occupare Comiso a tutti i costi, si installò alle porte della città circondandola con mezzi corazzati. Il generale fece sapere alla popolazione che una squadriglia di bombardieri inglesi era pronta a decollare dall'aeroporto di Licata per bombardare la città e lanciò un perentorio ultimatum con il quale “Se Comiso non si fosse arresa sarebbe stata distrutta”. A questo punto la popolazione […] chiese l'aiuto e 1'intervento mediatorio del clero locale, per mezzo del quale fu trattata la resa nella quale si stabiliva che non ci sarebbe stata nessuna rappresaglia a danno dei rivoltosi che dovevano impegnarsi a deporre le armi. Promessa che non venne mantenuta perché dieci giorni dopo, molti giovani vennero nottetempo prelevati. Più di duecento persone furono arrestate e deportate nell’isola di Ustica; vennero liberate nel luglio del 1946 in seguito all'amnistia per i detenuti politici» Un comunicato dell'esercito lo rendeva noto a tutti i siciliani “di buona volontà” in uno stile coloniale: «La rivolta è stata sedata il giorno 13 dalle truppe intervenute e si è iniziato il rastrellamento dei rivoltosi. Complessivamente negli incidenti si calcola siano caduti

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Prigionieri a Ustica. Al centro Giuseppe Schembari, uno dei capi della

"Repubblica di Comiso"

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due ufficiali, un sottufficiale e quindici fra carabinieri e militari di truppa. Ventiquattro soldati sono rimasti feriti. Negli scontri sono rimasti uccisi diciannove rivoltosi e sessantatré sono rimasti feriti».15

Mussolini conferì la medaglia d'argento alla repubblica di Comiso. Conti scrive: «295 arrestati, sequestrati 800 circa tra pistole, moschetti, bombe a mano. ecc.». Furono tutti internati fino al 1946, nella lontana isola di Ustica, all’epoca praticamente irraggiungibile.

Francesco Fatica

In piena sintonia, con i fascisti delle plaghe invase dagli “Alleati”, anche i ragazzi dei servizi speciali della Repubblica Sociale Italiana si sentivano mobilitati, pronti a combattere, proprio secondo le idee di Mussolini, sul primato dell’Europa. Valga ricordare la conclusione della lettera di addio alla Madre, di Franco Aschieri, diciottenne agente speciale della RSI, fucilato dagli “Alleati” nella cava di S. Angelo in Formis (nei pressi di S. Maria C.V.) il 30.4.1944: “Sono contento della morte che mi è destinata perché è una delle più belle, essendo legata ad un sacro ideale.Io cado ucciso in questa immensa battaglia per la salvezza dello spirito e della civiltà, ma so che altri continueranno la lotta per la vittoria che la Giustizia non può assegnare che a noi. Viva il Fascismo, viva l’Europa.”

15 Max Polo, Vicende e drammi della liberazione, volume I, La Sicilia tra libertà e separatismo, Edizioni Ferni, Ginevra 1975, p. 63

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Le tre immagini fotografiche; in alto a sinistra: Franco Aschieri e gli

altri condannati, la mattina dell'esecuzione.

In alto a destra: la fucilazione.

In basso a destra: Franco Aschieri cade sotto la scarica

degli invasori.

25 aprile 1945

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L'ITALIA E L’EUROPA VENNERO LIBERATE DALL'UNICA VERA DIFESA CHE ABBIANO MAI

AVUTO NEL CORSO DI QUESTI ULTIMI SECOLI:

IL FASCISMO!Stiamo affondando sempre di più nella

melma di una retorica sconfinata e infarcita di dogmi farneticanti, di falsità ideologiche,

di menzogne oltre ogni limite che imperversano, da oltre mezzo secolo, nella

memoria collettiva del nostro popolo. Siamo di fatto una colonia americana. I

nostri governi sono burattini degli U.S.A. . Nella nostra Terra i valori tradizionali

esaltati e difesi dal Fascismo sono stati sostituiti dal denaro. Ogni anno in questa data viene celebrata la fine della libertà,

come ogni uomo onesto la intende, e l’inizio di una nuova libertà, ipocrita perché

sporca del sangue di tanti innocenti sacrificati allo stile di vita impostaci dai

liberatori.17

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Milioni di bambini sono stati uccisi con l’aborto; migliaia di giovani sono morti per droga; migliaia di famiglie si sono distrutte

per l’ossessiva ricerca del successo personale; migliaia di anziani sono derisi ed

abbandonati perché non producono più profitti; milioni di onesti lavoratori sono sfruttati da capitalisti e finanzieri senza Patria, avidi solo di denaro; migliaia di

ragazzi si riducono a patetiche ed arroganti larve preda dell’alcol e della violenza per la

mancanza di ogni autorità e disciplina; migliaia di donne sono picchiate e stuprate in nome del femminismo idiota. Ogni anno,

a causa dello sfruttamento globale americano, subiamo l’invasione selvaggia di torme di stranieri disperati e aggressivi

che presto s’impadroniranno dell’Italia, imponendoci la loro cultura a noi estranea. Il 25 aprile celebriamo questa liberazione;

celebriamo la frantumazione sociale e nazionale della Nostra Patria!

RICORDATEVELO OGNI ANNO!

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