calabria...L'interno della Chiesa del SS. Rosario. economiche. Nel 1442 sale al trono Alfonso...

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www.ilbelpaesecalabria.it MARTIRANO La storia Stemma marmoreo del Comune di Martirano. L e origini di Martirano sono spesso associate all’antica Mamertum, la leggendaria cit- tà Bruzia che sorgeva in zona montana, percorsa dal Fiume Savuto, conosciuto in età roma- na con il nome di Sabazio, alle pendici della Sila, meglio nota come Selva della pece, motivo per il quale era detta anche Ma- merzio nel significato di altare di Marte, quale città dedicata, ap- punto, a Marte, divinità che era il simbolo della guerra e delle di- spute marziali. I pareri degli studiosi sono comunque discordanti, per quanto attiene al collegamento con la mitica Mamertum che per molti è da ritrovarsi in Aspromonte, sulle alture mon- tuose nei pressi di Oppido Mamertina e così la denomina- zione appare non solo più perti- nente ma alquanto significativa. In epoca romana, tra gli illustri personaggi che trattavano della storia e della geografia del mondo allora conosciuto, veni- vano citati Strabone che espres- samente colloca Mamertum in Sila, dalle cui foreste si estrae- va la pece, e altri quali Plinio il Vecchio, Plutarco e Livio. Muovendo spesso dalle notizie di storici del passato più remoto, altri studiosi del secondo millen- nio, appena trascorso, confron- tarono le proprie ricerche a quelle sostenute in passato, tra questi Gabriele Barrio nel 1571, affermava la medesima tesi, cioè che Mamertum è Martirano, tesi avvalorata dalle citazioni di Plutarco e asseriva che i suoi abitanti, chiamati Mamertini, diedero prova di grande valore militare, alleandosi con i Romani, nella guerra contro Pirro, a sua volta richiamato in Italia dalla sua alleanza con Taranto. Nei secoli successivi, altri sostennero la medesima appar- tenenza di Martirano con Mamertum, però alcuni, pur se in stretta minoranza affermaro- no il contrario, sostenendo che furono in molti ad essere tratti in inganno dall’errore commesso da Strabone che aveva confuso la Sila con l’Aspromonte, dove in effetti, anche scoperte recen- ti, a seguito di campagne di scavi, sosterrebbero il contrario, come ebbero ad affermarlo lo studioso Danzica Filippo Chiverio, Leandro Alberti, mona- co bolognese e Rocco Liberti, tutti assertori dell’ubicazione di Mamertum in territorio montano del Comune di Oppido Mamertina. Via Popilia, l'antico tracciato della via romana nella parte sud del centro stori- co che conduce alla stazione romana di "Ad Sabatum flumen". il bel paese calabria

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    MARTIRANOLa storia

    Stemma marmoreo del Comune di Martirano.

    Le origini di Martirano sono spesso associate all’antica Mamertum, la leggendaria cit-tà Bruzia che sorgeva in zona montana, percorsa dal Fiume Savuto, conosciuto in età roma-na con il nome di Sabazio, alle pendici della Sila, meglio nota come Selva della pece, motivo per il quale era detta anche Ma-merzio nel significato di altare di Marte, quale città dedicata, ap-punto, a Marte, divinità che era il simbolo della guerra e delle di-spute marziali.I pareri degli studiosi sono comunque discordanti, per quanto attiene al collegamento con la mitica Mamertum che per molti è da ritrovarsi in Aspromonte, sulle alture mon-tuose nei pressi di Oppido Mamertina e così la denomina-zione appare non solo più perti-nente ma alquanto significativa.In epoca romana, tra gli illustri personaggi che trattavano della storia e della geografia del mondo allora conosciuto, veni-vano citati Strabone che espres-samente colloca Mamertum in Sila, dalle cui foreste si estrae-va la pece, e altri quali Plinio il Vecchio, Plutarco e Livio.Muovendo spesso dalle notizie di storici del passato più remoto,

    altri studiosi del secondo millen-nio, appena trascorso, confron-tarono le proprie ricerche a quelle sostenute in passato, tra questi Gabriele Barrio nel 1571, affermava la medesima tesi, cioè che Mamertum è Martirano, tesi avvalorata dalle citazioni di Plutarco e asseriva che i suoi abitanti, chiamati Mamertini, diedero prova di grande valore militare, alleandosi con i Romani, nella guerra contro Pirro, a sua volta richiamato in Italia dalla sua alleanza con Taranto.Nei secoli successivi, altri sostennero la medesima appar-tenenza di Martirano con Mamertum, però alcuni, pur se in stretta minoranza affermaro-no il contrario, sostenendo che furono in molti ad essere tratti in inganno dall’errore commesso da Strabone che aveva confuso la Sila con l’Aspromonte, dove in effetti, anche scoperte recen-ti, a seguito di campagne di scavi, sosterrebbero il contrario, come ebbero ad affermarlo lo studioso Danzica Filippo Chiverio, Leandro Alberti, mona-co bolognese e Rocco Liberti, tutti assertori dell’ubicazione di Mamertum in territorio montano del Comune di Oppido Mamertina.

    Via Popilia, l'antico tracciato della via romana nella parte sud del centro stori-co che conduce alla stazione romana di "Ad Sabatum flumen".il b

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    Episodi eroici dei combattenti abitanti di Martirano sono ricor-dati durante la battaglia contro Pirro che marciava alla conqui-sta di Roma, al quale opposero una memorabile resistenza nella battaglia avvenuta nei pressi di Decollatura, nel suo avanzare, con al seguito gli elefanti, nel tragitto e nel territorio tra Nicastro e Martirano.Alla definitiva sconfitta di Pirro, re dell’Epiro, i Romani formaro-no la federazione italica alla quale le città meridionali aderi-rono, mantenendo la loro auto-nomia legislativa, a condizione che e con l’obbligo di provvede-re al loro sostentamento, in ognuna di esse stazionassero postazioni militari, in un com-plessivo progetto di unificazione dell’intera penisola italiana che veniva rafforzato dal program-ma di collegamento tramite una rete viaria molto estesa, diffusa e capillare, le cosidette vie con-solari che partivano da Roma fino a raggiungere anche il più remoto angolo del regno di Roma.Così fu anche per il Bruzio, come era allora denominata la

    Calabria, con la costruzione della via Popilia, che nel 132 a.C. partendo da Capua, attra-versava Cosenza, passando per Martirano, raggiungeva Reggio Calabria, lungo il Fiume Savuto, al cui attraversamento si provvi-de alla costruzione del ponte ad unica campata, in pietra, un’ope-ra di alta ingegneria, ancora integro e perfettamente visibile

    che ricade nel Comune di Scigliano, fu detto di Annibale che lo attraversò nel 202 a.C. e che provvide ad alcune neces-sarie opere di ristrutturazione.A sud di Martirano, oltre al pas-saggio della via romana, fu sta-bilita una stazione fluviale “Ad Sabatum flumen”, importante incrocio commerciale e presidio militare che si rivelò in seguito strategico per il passaggio obbli-gato delle truppe saracene che nel X sec. minacciavano le zone interne della Calabria. Da qui la rete viaria conduceva al Fiume Amato “Statio ad Turres” da dove alla volta di Vibona, porta-va a Reggio Calabria.Gli avvenimenti storici, conse-guenti alla fine dell’Impero Romano d’Occidente, vide l’Ita-lia invasa da popolazioni barba-re calate dal Nord Europa che si insediarono formando il Regno romano-barbaro, con il primo re Odoacre che si incoronò re d’Italia, sostituendo il leggittimo erede, allora regnante, Romolo Augustolo.La situazione, divenuta un pò più stabile con il re dei Goti Teodorico, alla cui corte vi era, in qualità di Segretario persona-le del re, il ns. Cassiodoro, cam-biò nel volgere di un breve arco di tempo. Nel 555 è l’età Bizantina a prevalere, con l’oc-cupazione del territorio calabre-se tra Rossano e da Amantea a Reggio Calabria, mentre i Longobardi nel 468 occuparono parte della Calabria, tra cui Martirano con i Gastaldati di Cosenza e Cassano, tra la valle del Crati e dal Fiume Lao al Savuto.La Calabria Bizantina subì la radicale trasformazione della cultura latina in quella orientale, di contro la parte caduta in mano longobarda, tra cui Martirano, conservò il rito religioso e la loro civiltà latina, in un’alternarsi di

    L'antica via del Castello che conduce alla parte alta del centro storico, dove un tempo sorgeva il Castello.

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    lotte durate circa 500 anni.Nell’anno Mille, all’arrivo dei Normanni, con in testa Guglielmo, figlio primogenito di Tancredi d’Altavilla, che nel 1044 si fermò nel Castello di Stridola, che era lungo la valle del Crati, si assiste al tentativo di unificare il Sud d’Italia.A Guglielmo era successo il fra-tello Drogone che a sua volta, nel 1047, chiamò in aiuto Roberto il Guiscardo, dando ini-zio alla dominazione Normanno-Sveva che contribuì a recupera-re la situazione economica e sociale dei territori calabresi, ma nel contempo alla trasformazio-ne politica dell’ordinamento isti-tuzionale in quello feudale, le cui tipiche espressioni furono la suddivisione del potere in quello dei marchesati, dei ducati e delle contee.Con bolla papale di Stefano IX, il 24 marzo del 1058, Roberto il Guiscardo istituì la Diocesi di Martirano e durante la reggenza di Ruggero II fu costruito l’impo-nente Castello-fortezza che dominava la valle del Savuto ed una lapide sul portale di acces-so principale, riportava l’anno di edificazione del mese di aprile del 1113, nel tredicesimo anno di regno di Ruggero, divenendo un caposaldo del sistema difen-sivo normanno realizzato in quegli anni (l’originale di quella trascrizione era custodito nell’ar-chivio cittadino, una copia era venuta in possesso della fami-glia Berardelli, autenticata nel maggio del 1610 dal Notaio F.Spina).Accesa fu la disputa per l’eredi-tà del regno alla morte di Ruggero II che sfociò in episodi di accanita lotta tra Costanza che era la zia del figlio legittimo di Ruggero: Guglielmo Il Buono e Tancredi che era figlio illegitti-mo di Ruggero II.Durante una sanguinosa batta-

    glia alle porte di Martirano le truppe di Tancredi vennero sconfitte e la Contea di Martirano venne concessa a Enrico Kalà che era il luogotenente di Enrico VI di Hoenstaufen, marito di Costanza. A memoria di quell’episodio, per premiare la fedeltà degli abitanti di Martirano, l’accaduto venne ricordato con una lapide posta sulla facciata del castello che fu potenziato dalla costruzione di una torre nel 1197. Il Kalà fu particolarmente generoso con la città di Martirano e tra il 1205 e 1209, provvide, infatti, a costi-tuire scuole pubbliche ed ospizi per i poveri, fu generoso con la Curia Vescovile, alla quale, tra i tanti privilegi concessi, donò il Vallone Cupo, nel Comune di Conflenti (così come risulta da copia del manoscritto di proprie-tà della famiglia Berardelli).Nel 1226 anche l’erede di Enrico Kalà, di nome Enrico, fece rifare la torre del Castello, fortifican-dola con oggetti di rame, di cui un’iscrizione ne ricorda il fatto.Durante le invasioni saracene,

    anche Martirano diede il suo contributo, divenendo centro di raccolta di armi e soldati e Federico II, per riconoscenza, potenziò il Castello con un’altra torre e nel 1243 veniva ricorda-to con la sistemazione di una targa marmorea sulla porta del Castello.A Martirano morì nel 1242 il figlio primogenito di Federico, Arrigo che aveva ordito una congiura contro il padre. A ricor-dare il triste evento, il Vescovo di Martirano, Giacomo Maria Tarsia pose a ricordo un’epigra-fe nella chiesetta di San Marco.L’undici gennaio del 1271, in territorio di Martirano, moriva la Regina Isabella d’Aragona, incinta di sei mesi, per una caduta da cavallo, mentre attra-versava un affluente del Savuto, di ritorno dalle Crociate con il marito Filippo denominato l’Ar-dito, figlio del Re di Francia S. Luigi IX. Le spoglie mortali di Isabella furono in parte sepolte nel Duomo di Cosenza ed altre traslate in Francia nella Chiesa di S. Dionigi.

    Resti di mura del chiostro dei Domenicani, poi Seminario.

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    L’europa medievale, tramontava per sempre, con la morte di Corradino, ultimo erede della dinastia Normanno-Sveva, giu-stiziato da Carlo D’Angiò il 29 ottobre del 1268.Sono i secoli delle aspre conte-se tra Angioini ed Aragonesi. Il Vescovo di Martirano, Roberto, schierato a favore della causa Angioina, fece parte della Commissione nominata da Carlo, figlio di Carlo I, per eser-citare il controllo sulle norme varate alla convocazione del Parlamento, in data 30 maggio 1283. Quell’incarico, fruttò al Vescovo di Martirano, il Feudo di Castel di Pietro, in Montecorvino.Il castello di Martirano, in epoca angioina, divenne una prigione, dove venivano rinchiusi i nemici del re. Carlo Lo Zoppo, nel 1329, arricchì di nuove opere il Castello, mentre nel 1402 Ladislao ne fece dono al cittadi-no di Martirano, Bernardo Scaglioni, Comandante supre-mo dell’esercito del re. Gli anni successivi, furono segnati da tempi difficili e privi di risorse

    Il bellissimo portale e la facciata della chiesadel SS. Rosario.

    Portale palazzo D'Ippolito.

    L'interno della Chiesa del SS. Rosario.

    economiche. Nel 1442 sale al trono Alfonso d’Aragona, al quale fa seguito Federico d’Ara-gona, fino all’occupazione fran-cese del 1501, terminata con l’arrivo degli Spagnoli, alla testa di Consalvo de Cordova, che occupò Martirano, nel 1494, per affermare un duraturo periodo di permanenza fino al 1734.Nel 1496, Andrea De Gennaro, Capitano di Federico d’Aragona riceve dal suo re la Contea di Martirano, un vasto territorio che spaziava su tutta la valle del Savuto e comprendeva Conflenti, Motta Santa Lucia e Altilia Grimaldi.L’età feudale fu funesta per le condizioni di miseria in cui ver-sava l’intera popolazione, per lo più composta da contadini e pastori, tiranneggiata da una folta schiera di seguaci del potente feudatario di turno. L’oppressione da parte dei potenti portò il popolo nel 1512 ad una forte ribellione che fu soffocata nel sangue con una feroce repressione, alla quale presero parte truppe per 400

    unità, ordinate dal Viceré di Napoli che fece arrestare i rivol-tosi e mise a fuoco la città, era il 25 gennaio del 1515.Dai De Gennaro (con i figli Giovanni e la figlia Eleonora Di Gennaro) il feudo di Martirano venne ereditato da Cesare D’Aquino.

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    La facciata della Cappella del Convento di San Francesco, nel cui cortile adia-cente sono ancora visibili tratti di mura dell'annesso convento.

    L'interno della Chiesa di San Francesco.

    Nel 1450 furono nominati da Alfonso d’Aragona Conti di Castiglione e nel 1579 Cesare D’Aquino ereditò dalla madre la contea di Martirano, e nel 1582 chiese a Filippo II di ritornare in possesso anche di altre terre che erano state malgovernate da Giovanni Andrea di Gennaro.Il Seicento fu funestato dal ter-remoto del 1638 e dalla peste del 1630. Nel sisma rovinoso di quegli anni trovò la morte, nel castello di Nicastro, Cesare D’Aquino figlio di Carlo a cui successero le figlie Cornelia e Giovanna.Nel Settecento si conclude la dinastia dei D’Aquino. Il feudo per differenti passaggi e varie successioni terminò con l’ultima feudataria Vincenzina Maria Pico e con le nuove leggi di eversione del feudalesimo, gran parte delle terre furono divise tra i Comuni ed il Demanio Regio.Un altro sconvolgente terremoto del 1783, portò lutti e carestie, case demolite, conventi e catte-

    A Martirano viene definitivamen-te tolta la Diocesi che passò a Nicastro, con bolla di Papa Pio VII “De Utiliori” del 1818. Molte le proteste della popolazione per la perdita dell’antica Diocesi, che aveva visto nel suo passato la presenza di figure di Vescovi importanti, tra cui ricordiamo: Mons. Luca Cellesio, Mons. Mariano Pierbenedetti. Soltanto con una “recente” bolla pontifi-cia del 18-09-1969, Papa Paolo VI ne ha ripristinato il titolo ed ora è Vescovo Titolare di Martirano Mons. Piero Marini, Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie, stretto col-laboratore di Papa Giovanni Paolo II.I primi moti risorgimentali sono presenti in Calabria nel 1811. Compaiono le prime sette car-bonare ed a Martirano, fu bolla-to come carbonaro il Decano del Capitolo D. Giuseppe Tosi. Garibaldi, intanto, sbarcò in Calabria il 20 agosto 1860 e Martirano partecipa alla spedi-zione dei Mille con 27 uomini, guidati dal Capitano Giuseppe Perri ed i sergenti Mendicino

    Ruderi della chiesetta di San Marco.

    drali irrimediabilmente perduti. Nel 1784 vengono aboliti i con-venti e istituita la Cassa Sacra che incamerava tutti i beni ecclesiastici. Nel 1743 fu di pas-saggio il libertino Giacomo Casanova, amico del Vescovo De Bernardis.Alle soglie dei primi dell’Otto-cento, scoppiano i moti rivolu-zionari sostenuti dagli ideali repubblicani, contro il Regno di Napoli, retto da Ferdinando IV. A Martirano, venne ucciso dalla guerriglia sanfedista, capeggia-ta dal Cardinale Ruffo, Giulio Berardelli. Nel 1806 arrivarono i Francesi che rovesciarono il Regno di Napoli. In quell’anno, a Martirano, si registrò un vio-lento saccheggio ad opera dei Francesi, al comando del Generale Verdier di Monteleone. Nel 1806 è abolito dai Francesi di Napoleone l’odiato sistema feudale.Con la fucilazione a Pizzo di Gioacchino Murat, il 13 ottobre 1814, ritorna il Regno di Napoli con l’odiato nemico il re Ferdinando IV.

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    Benedetto e Lanzo Domenico.Tramontava il Regno delle Due Sicilie con il plebiscito del 21 e 22 ottobre 1860. Martirano in quegli anni subisce una forte emigrazione da parte della popolazione che si imbarca per le Americhe a cercare nuova fortuna e migliori condizioni di vita.Nel contempo, in quegli anni si accentua il fenomeno del bri-gantaggio e ad aggravare la già precaria situazione contribuì il terremoto del 1905, portando il paese alle condizioni più estre-me. In quella triste circostanza, si recò in visita il Re Vittorio Emanuele III che a cavallo giun-se da Nicastro a Martirano, attraverso la strada sterrata che collegava i due centri.

    (Nelle tre foto in alto) – La facciata, l'interno ed il Cristo morto della Chiesa dell'Immacolata.

    Quel triste periodo venne inoltre funestato, per cause e ragioni di interesse locale e di parte, da alcuni esponenti del luogo che vollero ricostruire la nuova Martirano, in altro luogo lontano, in cui fu trasferita la nuova muni-cipalità, nel 1929, e Martirano

    divenne frazione del nascente Comune di Martirano Lombardo che venne così denominato per gli aiuti ricevuti nella ricostruzio-ne da parte di un Comitato che era appositamente giunto dalla Lombardia.Alla caduta del Fascismo, a

    Martirano venne riconosciuto il diritto di essere Comune auto-nomo con Legge n. 1348 del 13/12/1956.

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