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Anno accademico: 2011/2012 Docente: Geoffrey Allen PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO Modulo 1

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Anno accademico: 2011/2012

Docente: Geoffrey Allen

PANORAMA DELL’ANTICO

TESTAMENTO Modulo 1

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO MOD.1 2

1. IL PENTATEUCO

a cura di Geoffrey Allen

1. INTRODUZIONE

Il termine “Pentateuco” è usato per indicare i primi cinque libri della Bibbia. La

parola deriva dal greco e significa appunto “cinque rotoli” o “cinque volumi”. Gli

Ebrei invece chiamano questi libri con il termine collettivo Torah, cioè “legge” o

“istruzione”, o talvolta con l’espressione “i libri di Mosè”.

Questi libri sono sempre stati considerati dagli Ebrei fondamentali rispetto al

resto degli scritti sacri. Anche per noi sono di grande importanza (soprattutto il

libro della Genesi, il cui nome significa “origine”), in quanto spiegano le origini

dell’universo, dell’uomo, del peccato (quindi della condizione esistenziale in cui

l’uomo si trova) e del popolo scelto da Dio, Israele, cioè la nazione e l’ambiente

da cui è venuto il Messia. Non a caso sono sempre posti all’inizio della Bibbia in

ogni lingua.

1.1 Divisione dei libri

Il Pentateuco forma una narrativa unitaria e la divisione in “libri” fu determinata

essenzialmente da ragioni pratiche (il limite della lunghezza maneggevole di un

rotolo), anche se evidentemente il libro della Genesi forma una narrazione a sé

stante. I nomi con cui chiamiamo questi libri non fanno parte del testo ebraico,

ma sono quelli dati loro nella traduzione greca dei “Settanta” (LXX). Agli Ebrei

invece sono noti con le parole iniziali dei singoli volumi:

Italiano Greco Ebraico

1. Genesi Genesis (= “origine”) Bereshith (= “nel principio”)

2. Esodo Exodos (= “uscita”) Shemosh (= “nomi”)

3. Levitico Leuitikon (= “dei Leviti”) Wayyiqra (= “ed egli chiamò”)

4. Numeri Arithmoi (= “numeri”) Wayedabber (= “ed egli parlò”)

5.Deuteronom

io

Deuteronomion (= “seconda

legge”)

Elle haddevarim (= “queste sono

le parole”)

1.2 Autore e composizione

La Bibbia non dice esplicitamente chi abbia redatto questi libri nella loro forma

finale. Comunque, gli autori biblici, e in particolare il Signore Gesù, ne parlano

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spesso con l’espressione “legge di Mosè” o “libro di Mosè” (Mc. 12:26, Lc. 24:44).

Gesù dice inoltre: “Mosè... scrisse di me” (Gv. 5:46); cfr. Atti 15:21, “Mosè... ogni

sabato viene letto nelle sinagoghe”. Può darsi però che questo indichi

semplicemente il protagonista e datore della Legge, non necessariamente l’autore

definitivo.

Certamente Mosè sapeva scrivere (Es. 2:10, Atti 7:22) e, per quanto riguarda le

leggi date da Dio, è detto esplicitamente: “Quando Mosè ebbe finito di scrivere in

un libro tutte le parole di questa legge...” (Deut. 31:24); cfr.: “Mosè scrisse quel

giorno questo cantico [cap. 32] e lo insegnò ai figli d’Israele” (v.22).

Ciò non esclude una redazione finale della narrativa del Pentateuco in un’epoca

successiva – probabilmente vicino al tempo di Mosè – in base ai documenti e agli

scritti più antichi (cfr. Num. 21:14). I nomi di alcuni luoghi sono stati aggiornati

per renderli comprensibili ai lettori di generazioni successive. È evidente che

almeno la conclusione (Deut. 34) deve essere stato scritto da un altro che Mosè.

1.3 Contenuti e cronologia

Data appross. 1. Origini della terra e degli uomini Gen. 1 – 11 ??? - 2200 a.C. 2. Origini della nazione ebraica: i Patriarchi Gen. 12 – 50 2150 - 1880 a.C. 3. Liberazione dall’Egitto e viaggio fino al monte Sinai Es. 1 – 19 ca. 1450 a.C. 4. Israele al monte Sinai: la legge data a Mosè Es. 20 - Num.

9 5. Il mancato ingresso in Canaan e i 40 anni nel deserto Num. 10 - 26 1450 - 1410 a.C. 6. Israele al Giordano: ripetizione della Legge; ultime

raccomandazioni di Mosè Num. 27 - Deut. 34

1410 a.C.

1.4 La teoria documentaria

Suggerita inizialmente dal francese J. Astruc (1753), fu sviluppata e diffusa dai

tedeschi K. Graf (1866) e Julius Wellhausen (1876-1884). Partendo da presunte

incoerenze e contraddizioni nel Pentateuco e dal fatto che diverse sezioni sono

caratterizzate da diversi nomi per Dio (Elohim, “Dio” e JHWH, “Jahweh”, tradotto

nelle nostre Bibbie con “il SIGNORE” o “l’Eterno”), si sviluppò l’ipotesi che il

Pentateuco fosse stato redatto al tempo di Esdra (ca. 400 a.C.) in base a quattro

documenti o fonti diverse, note con queste sigle:

J = “Jahwista”, la fonte più antica (950-850);

E = “Elohista” (850-750);

D = “Deuteronomista”, essenzialmente Deut., identificato con il “Libro della

legge” riscoperto al tempo di Giosia (2 Re 22-23);

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P = Sacerdotale (dall’inglese “Priestly”, tedesco “Priestercodex”), codificazione di

fonti trasmesse oralmente (genealogie, rituali ecc.) e scritte al tempo

dell’Esilio babilonese (587).

Schema della teoria documentaria (da A. Terino, L’origine del Pentateuco, UCEB,

1986):

Questa teoria è diventata “ortodossia” negli ambienti teologici liberali (è riportata

come “dato di fatto” ad es. nelle annotazioni della Bibbia di Gerusalemme); infatti

Wellhausen è stato ben chiamato “il Darwin della teologia”. Gli studiosi

“conservatori” hanno però reagito energicamente, dimostrando la debolezza della

teoria.

Per approfondire:

� A. Terino, op. cit. � G.L. Archer, La Parola del Signore vol 1, pagg. 89-203.

TorahSacerdotale

Esilio

J E P

V secolo: J E D P (Pentateuco)

TradizioneJahvista

fissataverso il

950

J E

587

TradizioneElohista

fissataversol'850

(caduta di Samaria)

(caduta di Gerusalemme)

721

TorahDeuteronomista

codicefissatoverso il

750

Deut. 5-28verso il

610

Ultimaedizionedel Deut.

Tradizioni Giudaiche Tradizioni del Nord

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2. LA CREAZIONE: Genesi 1 e 2

2.1 Schema del libro di Genesi

(da V. Hamilton, Handbook on the Pentateuch)

Il libro contiene un’introduzione (sez. 1), seguita da dieci sezioni, ognuna delle

quali introdotta dalla formula: “Queste sono le generazioni di...” La parola ebraica

toledoth, anche se variamente tradotta con “origini”, “posterità” o “discendenti”, è

comunque sempre la stessa parola.

Non è però certo che questa formula si riferisca sempre a ciò che segue anziché a

quello che precede, come sembrerebbe almeno in 2:4. Per un approfondimento,

vedi A. Terino, L’origine del Pentateuco, pagg. 231-245.

1. La creazione (1:1 - 2:3) 2. Le generazioni dei cieli e della terra (2:4 - 4:26) 3. Le generazioni di Adamo (5:1 - 6:8) 4. Le generazioni di Noè (6:9 - 9:29) 5. Le generazioni dei figli di Noè (10:1 - 11:9) 6. Le generazioni di Sem (11:10-26) 7. Le generazioni di Terah (11:27 - 25:11) 8. Le generazioni di Ismaele (25:12-18) 9. Le generazioni di Isacco (25:19 - 35:29) 10. Le generazioni di Esaù (36:1 - 37:1) 11. Le generazioni di Giacobbe (37:2 50:26)

Dal n.3 in poi si tratta comunque di genealogie, probabilmente tratte da una fonte

più antica, intercalate nella storia dei Patriarchi.

In ogni caso, è facile notare la progressione dal generale al particolare, secondo

uno schema ben preciso.

2.2 Creazione del mondo: Gen. 1

In questo capitolo – in qualunque modo l’interpretiamo – sono affermati dei

principi fondamentali della teologia biblica:

A. Dio esisteva prima di, ed è separato da, l’universo materiale. “Nel principio

Dio...” (1:1). Questo in contrasto con il panteismo delle religioni orientali. Ne

consegue che la materia non è eterna; infatti la Bibbia insegna che un giorno

sarà anche abolita (2° Pt. 3:7, Apoc. 20:11, 21:1).

B. Dio creò non solo la materia prima, ma soprattutto l’ordine dell’universo.

Durante i “sei giorni”, Dio dava soprattutto ordine e vita alla materia già creata

in forma caotica (1:2).

C. La creazione originale riflette la bontà di Dio (1:4,10,12,18,21,25,31), anche se

successivamente viene guastata dalle conseguenze del peccato (3:17- 18).

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D. L’uomo è il coronamento e capo della creazione ed è fatto a somiglianza di Dio,

maschio e femmina (1:26-30). Anche la sua sessualità è benedetta.

2.3 Creazione e scienza: Quattro approcci

A. “Concordismo”: si cerca di reinterpretare la Bibbia in modo da armonizzare con

le conclusioni prevalenti tra gli scienziati moderni, ad es. interpretando i

“giorni” della creazione come “ere geologiche” di milioni di anni e, solitamente,

ammettendo l’evoluzione come il meccanismo usato da Dio per creare le

diverse specie viventi. La posizione favorita da parecchi studiosi evangelici, ad.

es. B. Ramm, D. Vernet sul Nuovo Dizionario Biblico, l’autore de Il Pentateuco

(ed. IBEI), ecc. Comporta notevoli difficoltà, e i suoi proponenti non sono

d’accordo tra loro se l’uomo discenda da altre specie oppure sarebbe frutto di

una speciale creazione a parte.

B. La teoria del “gap” (“buco”): accetta le teorie moderne sull’età della Terra, ma

rifiuta l’evoluzione; tutta la preistoria geologica e la formazione dei fossili

vengono consegnate a un ipotetico “buco” tra Genesi 1:1 e 1:2. Quest’ultimo

versetto viene tradotto “La terra divenne informe e vuota...”, il che è

grammaticalmente possibile, ma nel contesto rappresenta una grande

forzatura. La creazione raccontata nella Genesi sarebbe così non quella

originale, ma una “ri-creazione”. Teoria proposta da G. Pember nel 1876 e

popolarizzata da C. Scofield nella sua “Bibbia annotata”; promossa anche dal

commentario Investigare le Scritture.

C. “Creazionismo scientifico”: ritiene che le osservazioni e le scoperte scientifiche

vadano interpretate in armonia con la Bibbia, letta in maniera molto letterale.

Se la Terra e il resto dell’universo sono state create da Dio come opera “matura”

devono aver avuto, appena create, una “età apparente”. La Caduta, poi, ha

sconvolto il creato, producendo un “effetto orizzonte” nel tempo, oltre il quale

non è possibile risalire perché sono cambiate le leggi e il funzionamento della

natura. I fossili sarebbero in gran parte risultato del catastrofico Diluvio

universale. È la posizione (pur con molte varianti) del movimento della Creation

Science (per approfondire, si veda il libro Origini di J. C. Whitcomb e il sito

www.origini.info).

D. “Fideismo”: la Bibbia non pretende di parlare di fatti scientifici ma propone

verità spirituali e religiose con un linguaggio simbolico e poetico. La scienza e

la storia appartengono a una sfera, la fede a un’altra. È la posizione di K. Barth

e della teologia “liberale” in genere e della maggior parte degli studiosi cattolici

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moderni (cfr. le note nelle Bibbie cattoliche), ma anche di un evangelico come

H. Blocher (La Creazione: l’inizio della Genesi).

2.4 Creazione dell’uomo: Gen. 2

I commentatori liberali vedono un contrasto tra i capitoli 1 e 2, considerandoli

due racconti della creazione separati, messi insieme senza criterio. Sembra invece

chiaro che, secondo la struttura della Genesi indicata sopra, anche qui si passa

dal generale al più particolareggiato. Nel cap. 1, al centro dell’attenzione è la

creazione, qui invece è l’uomo. Anche la formazione del giardino è per dare un

ambiente all’uomo.

In questo capitolo si affermano alcuni principi fondamentali dell’antropologia

biblica:

A. L’uomo è una “anima (ebr. nephesh) vivente”, formato dall’unione tra la materia (corpo) e il principio vitale (ruach, “soffio” o “spirito”) che viene da Dio (v.7).

B. Nelle intenzioni originali di Dio, l’uomo doveva vivere in eterno (vv. 9,16, cfr. 3:22).

C. Dio ha ideato e istituito il matrimonio, permanente e monogamico (vv. 18- 24). D. La relazione armoniosa tra l’uomo e Dio dipende dall’ubbidienza (vv. 16-17).

3. IL PECCATO DI ADAMO E LE SUE CONSEGUENZE: Genesi 3 – 4

La Bibbia non lascia dubbi che la caduta di Adamo è un avvenimento storico, così

come la redenzione è un fatto storico. La condizione originale del creato e

dell’uomo era ben diversa da quella attuale (cfr. 1:26-31).

3.1 La tentazione

Il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male non è una “mela”, idea

che deriva da un gioco di parole latine, malus (mela) – malum (male). Né ha nulla

a che fare con il rapporto sessuale (vedi 1:28, 2:24). Il frutto non conferiva

l’onniscienza, ma la capacità di determinare autonomamente il bene e il male,

cioè senza usare come unico criterio la volontà e i comandi di Dio.

Il serpente è descritto come un “animale dei campi” (3:1); ma cfr. Ap. 12:9, 20:2-

3, Lc. 10:18-20. Sembra che qui si tratta di Satana che prende possesso del

serpente (vedi anche 3:14).

Il tentatore suggerisce che Dio è cattivo, privando i Suoi figli di un bene (3:1). Ma

anche Eva aggiunge alla parola di Dio (v.3). Infine il serpente contraddice

sfacciatamente quanto Dio aveva detto (v.5). Eva dà credito a questa menzogna e

di conseguenza Gli disubbidisce (v.6).

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Notiamo che fu Eva ad essere tentata per prima, anche se Adamo era presente (v.

6). Possiamo suggerirne due ragioni:

1) La donna è più facilmente soggetta all’inganno (cfr. 1° Tim. 2:12-14). 2) Essendo Eva sottomessa al marito, non sarebbe stata colpevole se avesse preso

il frutto da lui. Invece così, Satana è riuscito a rendere colpevoli entrambi.

3.2 Le conseguenze del peccato

� Il senso di colpa, che provoca l’interruzione della comunione con Dio: cercano di nascondersi (v.8).

� La vergogna (v.7): si sentono esposti e tentano di coprirsi. Notiamo che la sessualità è una delle prime aree colpite dalle conseguenze del peccato.

� Cercano di scusarsi, scaricando la colpa sugli altri (vv. 12-13). Possono illudere se stessi, ma non riescono certo ad ingannare Dio!

La maledizione e il castigo di Dio cadono sul serpente, sulla donna e sull’uomo:

ognuno porta la propria responsabilità. La punizione colpisce le aree del lavoro e

della procreazione, dove tipicamente l’uomo e la donna rispettivamente cercano

la propria realizzazione.

È colpita anche la terra, sfera del dominio dell’uomo (14-19). Ma Dio manifesta

anche la sua misericordia: è già prospettata la speranza della redenzione (v.15),

prefigurata anche dalle “tuniche di pelle” (v. 21), copertura più adeguata delle

foglie di fico, ma che richiede la morte di animali (cfr. il sistema sacrificale

dell’A.T.).

Escluso dal giardino (vv. 22-24), l’uomo perde l’accesso all’albero della vita. È già

morto spiritualmente (cfr. 2:17), ora è condannato anche alla lenta morte fisica.

3.3 Caino e Abele

Nel cap. 4, vediamo il rapido progresso del peccato. Dio rifiuta l’offerta di Caino,

non (come alcuni pensano) perché erano accettabili solo sacrifici animali (cfr. Lev.

2), ma per le sue condizioni interiori (manifestate dopo; vedi 1° Gv. 3:12) e

mancanza di fede (Ebr. 11:4). Ripreso implicitamente da Dio, Caino si irrita e si

adira (vv. 6,8), invece di ravvedersi. La sua punizione è l’allontanamento dalla

terra che ha contaminato (4:11, cfr. 6:11-12). Notiamo che la pena di morte non è

stata ancora istituita, e il conseguente dilagare della violenza (vv. 15, 23-24, cfr.

9:5-6).

Qualcuno si chiede chi fosse la moglie di Caino. Poiché è affermato esplicitamente

che Eva fu “la madre di tutti i viventi” (3:20), è evidente che Caino sposò una sua

sorella. Il divieto del matrimonio tra consanguinei (che comunque rimase

frequente, ad es. in Egitto fino ai tempo del Nuovo Testamento) divenne d’uso

comune solo più tardi, essendo poi incorporato nella legge di Mosè, e fu reso

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necessario dalla degenerazione progressiva del patrimonio genetico umano,

inizialmente perfetto. Anche Abramo sposò una sua sorellastra, Sarai (Gen.

20:12), mentre suo fratello Naor sposò la propria nipote Milca (Gen. 11:27,29).

Caino diventa fondatore della prima “civiltà urbana” (v.17-24; cfr. Is. 14:21). Al

v.19 abbiamo la prima menzione della poligamia... istituita da un omicida (v.23)!

Da ora in poi abbiamo due “linee” di discendenza da Adamo: Caino e Seth, il quale

nasce quando Adamo ha già 130 anni (5:3). È incerto il significato del v. 26b.

4. IL DILUVIO UNIVERSALE E LA TORRE DI BABELE: Genesi 5-11

4.1 Le genealogie: capp. 5 e 11:10-27

C’è un parallelismo tra i due brani che fa pensare che possa trattarsi di

genealogie schematiche in cui le generazioni sono ridotte a un numero simbolico

(cfr. quella di Gesù in Matt. cap. 1: 14+14+14 generazioni):

Genesi 5 Genesi 11

1. Adamo Sem

2. Seth Arpacshad

3. Enosh (Cainan - Lc. 3:36)

4. Kenan Scelah

5. Mahalaleel Eber

6. Jared Peleg

7. Enoc Reu

8. Methuselah Serug

9. Lamec Nahor

10. Noè Terah

(11. Sem. Cam, Jafet Abramo, Nahor, Haran)

È chiaro che nel cap. 5 si riferisce la linea che conduce a Noè: i figli non sono

necessariamente i primogeniti. Molte spiegazioni sono state suggerite per la

longevità dei patriarchi (diverse condizioni di vita, maggiore vitalità...), ma non

possiamo saperne la causa con sicurezza.

Non è possibile costruire da questi capitoli una cronologia precisa:

1) le cifre nei MSS. sono notoriamente soggette a corruzione (cfr. LXX); 2) a volte le genealogie bibliche chiamano “padre” un antenato remoto (cfr. Mt.

1:8 con 1° Cron. 3:11-12; 1° Cron. 26:24 e Es. 6:20 con Num. 3:27-29); 3) è difficile pensare che quasi tutti i patriarchi fossero ancora in vita fino al

tempo di Diluvio, e che tutti quelli di Gen. 11, Noè compreso, fossero in vita al tempo di Abramo.

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Enoc (vv. 21-24), nonostante la malvagità dei tempi, “camminò con Dio 300 anni”.

Con Elia, diventa uno dei pochi ad essere assunti in cielo senza vedere la morte

(Ebr. 11:5).

4.2 Malvagità dell’umanità: 6:1-8

Sui “figli di Dio” e le “figlie degli uomini”, esistono tre scuole di pensiero:

1) si tratta della linea dei “giusti” (da Seth) e quella dei “malvagi” (da Caino);

2) si tratta di potenti dominatori (cfr. Sal. 82) e i loro sudditi, quindi di una

poligamia sfrenata (harem);

3) si tratta di angeli (cfr. Giuda 6-7, 1° Pt. 3:19-20, 2° Pt. 2:4; ma cfr. Mc. 12:25).

In ogni caso, la Bibbia non dice che i giganti (v.4) fossero frutto di queste unioni

(tesi avanzata nell’apocrifo Libro di Enoc): riferisce solo la loro esistenza. Cfr. gli

“Anakim” biblici (Og, Goliat, ecc.), e le leggende che esistono fra ogni popolo della

terra.

La malvagità degli uomini è tale che Dio ne determina la distruzione totale,

insieme con la terra che hanno contaminato. Dei “120 anni” (v.3) esistono due

interpretazioni:

1) la durata normale della vita umana di ora in poi; 2) il termine dopo il quale Dio manderà il Diluvio.

4.3 Noè e il diluvio: 6:9 – 9:29

A. Diluvio universale o diluvio locale?

Il racconto biblico indica inequivocabilmente un diluvio universale, nonostante la

teoria moderna dell’archeologo inglese H. Woolley, adottata poi da W. Keller (La

Bibbia aveva ragione), B. Ramm e altri:

1) È affermato con forza in 6:5-7,17; 7:19-24; Matt. 24:39; 2° Pt. 3:6-7, ecc.

2) Per un diluvio locale non era necessaria l’Arca, bastava fuggire sulle montagne.

3) È impossibile che un diluvio locale avesse la durata indicata nella Bibbia.

4) Il patto con Noè indica che si sia trattato di una catastrofe mai più ripetuta.

5) Le leggende ritrovate in ogni parte del mondo (vedi Archer, Parola del Signore

pagg. 243-4, citato sotto) ne rappresentano un’ulteriore conferma.

Notiamo l’elemento miracoloso nella salvezza di Noè:

� gli animali vengono spontaneamente da lui (6:20, 7:8-9); � è Dio in persona a chiudere la porta dell’Arca (7:16).

B. Effetti del diluvio

Se era universale (coprendo l’intera superficie della terra), allora era

necessariamente anche catastrofico.

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO MOD.1 11

1) Sembra che le “fonti del grande abisso” (7:11 – liberazione di acque imprigionate sotto la crosta terrestre?) e “le cateratte del cielo” (liberazione dell’acqua fino allora tenuta “sopra la distesa”?) sprigionarono enormi quantità di acqua “nuova” sulla terra: fino allora, gli oceani sarebbero stati molto minori che oggi. Anche se ci sono difficoltà con i meccanismi fisici, questo combacerebbe bene con l’evidenza paleontologica di un clima universalmente mite nelle epoche antiche (“effetto serra”). Da 2:5-6 e 9:13 sembrerebbe che prima del Diluvio non avesse mai piovuto.

2) Il diluvio avrebbe provocato grandi movimenti tettonici della crosta terrestre, con la formazione delle montagne (che prima sarebbero state molto più basse): cfr. Sal. 104:5-9. Notiamo che questa fu la convinzione di Tertulliano, Crisostomo, Agostino, Lutero e della maggior parte degli studiosi fino al secolo XIX.

3) Esistono enormi depositi di fossili (“caverne delle ossa”) in ogni parte del mondo, evidenza di una catastrofe universale (vedi citazione sotto). È chiaro che la maggior parte dei resti fossili sia dovuta ad eventi catastrofici, dal momento che si tratta solitamente di piante e animali interi.

C. Leggende del diluvio nel mondo

Da G.L. Archer, La Parola del Signore vol. 1, pagg. 243-5:

Si deve pure ricordare un’altra importante prova, vale a dire la tradizione orale o scritta esistente presso i più diversi popoli della terra a riguardo del diluvio. Si può riconoscere con facilità che i popoli della Mesopotamia, cioè i Sumeri, i Babilonesi e gli Assiri, possano avere posseduto tradizioni simili a quelle degli Ebrei, dal momento che vissero vicino alla sorgente presumibile della civiltà antidiluviana. Forse anche la leggenda egizia riferita nel Timeo di Platone e la versione di Manetone (secondo il quale solo Tot sarebbe scampato al diluvio) potrebbe spiegarsi con la vicinanza geografica della fertile pianura mesopotamica. Anche la tradizione greca di Deucalione e Pirra (espressa in modo così ammirevole nelle Metamorfosi di Ovidio) può essere derivata dal Medio Oriente. Lo stesso può essere vero anche per la tradizione noachica di Apamea (Asia Minore), che ha ispirato la raffigurazione dell’arca su qualche sua moneta.

Ma che dire della. leggenda di Manu conservata tra gli Indù, secondo la quale Manu con altri sette scampò su di una barca dal diluvio universale; o quella tra i cinesi di Fah-he, che fu l’unico superstite assieme a sua moglie, tre suoi figli e tre sue figlie: o di Nu-u tra gli Hawaiani, o di Tezpi tra gli Indios del Messico, o di Manabozho tra gli Algonchini? Tutti costoro concordano nel riconoscere che l’umanità intera fu distrutta da un grande diluvio (solitamente descritto come universale) causato dal malcontento divino per il peccato umano, e nel sostenere che un solo uomo con la sua famiglia o con alcuni pochi amici sopravvisse alla catastrofe mediante una barca, una zattera o una gigantesca canoa.

Non tutte le tradizioni primitive del diluvio includono un’arca come mezzo di salvezza. Tra gli aborigeni delle isole Andamane nella baia del Bengala e tra i

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO MOD.1 12

Battaki di Sumatra fu un alto monte a dare rifugio sulla sua vetta all’unico superstite. Ma per tutti gli altri elementi si rinviene la medesima struttura sostanziale del diluvio genesiaco. I Kurnai (una tribù aborigena dell’Australia), gli isolani Figi, i nativi della Polinesia, della Micronesia, della Nuova Guinea, della Nuova Zelanda, delle Nuove Ebridi, gli antichi celti del Galles, le tribù del lago Claudio nel Sudan, gli Ottentotti, i neogroenlandesi hanno tutti le loro tradizioni di un diluvio universale che distrusse tutta la razza umana ad eccezione di uno o due superstiti. La più completa collezione delle leggende diluviali di tutto il mondo è ancora l’opera tedesca Die Flutsagen (1891) edita da Richard Andree. Il lavoro più completo tra le opere inglesi si trova nel Folklore in the Old Testament (Vol. I, 1918) di James Frazer. Prescindendo dal fatto se tali tradizioni siano conciliabili o no con la teoria di un diluvio locale, esse mettono almeno in risalto il fatto che tutte le razze umane discendono da Noè, anziché eccettuarne alcune popolazioni dell’Africa, dell’India, della Cina e dell’America (come il Ramm sembra supporre in CVSS 239-240).

Spesso si è criticato il racconto genesiaco asserendo la pretesa insufficiente capacità dell’arca, secondo le misure indicate. Ma sulla base di un cubito di 60 cm (anche se poteva essere fino a dieci centimetri in meno), l’arca sarebbe stata lunga 184 m, larga 30 e alta 18. Supponendo che fosse simile a una scatola chiusa (cosa molto probabile in vista della sua finalità), avrebbe dovuto avere la capacità di 90.000 metri cubi. Il che vuoi dire che vi sarebbe stato spazio equivalente a 2000 carri ferroviari da bestiame (ognuno dei quali contiene da 18 a 20 bovini, oppure da 60 a 80 maiali, da 80 a 100 pecore). Ora vi sono solo 290 specie importanti di animali più grosse delle pecore; 759 con una dimensione tra le pecore e i topi e 1359 più piccole dei topi. Due esemplari di tutte queste specie avrebbero potuto ben trovare spazio confortevole entro la capacità dell’arca, lasciando ancora lo spazio sufficiente per il nutrimento. Vi sono indubbiamente dei problemi connessi con la possibilità di sostenere un così gran numero di animali per tanti mesi (specialmente se essi conservarono il loro modo usuale di cibarsi), ma nessuno sembra insuperabile. Si deve forse osservare a questo punto che un semplice diluvio locale limitato alla razza umana esistente nella Mesopotamia. o nella depressione Aralo-Caspia si può conciliare assai difficilmente con l’insistenza divina (cfr. Gen 6:19-20) relativa alla conservazione di tutti i rappresentanti delle varie specie animali. Vi sono oggi solo poche specie limitate a quella particolare regione, ed è difficile immaginare come mai gli animali circonvicini all’area colpita dal diluvio non avrebbero potuto ripopolarla una volta che le acque fossero retrocesse. Sarebbe stato del tutto inutile rinchiuderli nell’arca.

4.4 La torre di Babele e la divisione della terra: 11:1-26

Notiamo nel v.4 il concetto tipicamente pagano della fama come forma di

“immortalità”. L’unità della lingua (v.1) indica chiaramente un periodo precedente

la diffusione dei popoli in 10:5,20,32. Molti pensano che la torre non fosse intesa

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO MOD.1 13

letteralmente a “raggiungere il cielo”, ma fosse un osservatorio

astronomico/astrologico (ma non è affatto sicuro che possa essere identificata

con gli ziggurat dei Babilonesi storici). Sicuramente rappresenta un’impresa intesa

ad accrescere la potenza degli uomini, senza dipendere da Dio.

La “divisione della terra” (10:25) è riferita da alcuni alla dispersione dei popoli in

questo tempo, mentre altri la mettono in relazione con la divisione fisica dei

continenti.

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO MOD.1 14

5. ABRAMO

5.1 Vita dei Patriarchi: riassunto cronologico

Età Episodio Rif. biblici

1. Abramo

? Trasferimento da Ur a Haran 11:31

75 Partenza da Haran 12:4

Soggiorno in Egitto 12:10-20

Separazione da Lot; liberazione di Lot 13 - 14

Dio stabilisce il patto 15

86 Nascita di Ismaele 16

99 Patto di circoncisione 17

Distruzione di Sodoma e Gomorra 18 - 19 Soggiorno presso Abimelec 20 2. Isacco

100 Nascita di Isacco 21:1-5

? “Sacrificio” di Isacco 22

137 Morte di Sara 23

140 Manda Eleazar a cercare moglie per Isacco 24

40 Matrimonio 24, 25:10

175 Morte 25:1-10

3. Giacobbe

Nascita 25:21-26

60 Nascita di Esaù e Giacobbe 25:21-26

? “Compra” la primogenitura da Esaù 25:29-34

100 Matrimonio di Esaù 26:34

40 Ottiene la benedizione paterna per inganno; 27

? Benedice i figli 27

fugge da Labano e ne sposa le figlie

60 Ritorna nel paese di Canaan 31 - 33

? Morte di Rachele 35:12-36

180 Morte 35:27-29

108 Giuseppe venduto schiavo in Egitto 37:12-36

130 Ritrova Giuseppe e scende in Egitto 42 - 47

147 Morte 47:28; 49:29-33

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5.2 Abramo, uomo di fede

Fin qui la Genesi ha riferito l’ingresso del peccato nel mondo e le sue

conseguenze rovinose: l’intervento di Dio è stato teso solo a circoscriverlo e

limitarne le conseguenze. Qui invece inizia il Suo piano di recupero.

La vita di Abramo guarda tutta verso il futuro, fino alla venuta di Cristo (Gv. 8:56).

Le promesse che egli riceve da Dio trovano in Lui il loro vero compimento (Gal.

3:8). Queste promesse riguardano la nascita di un figlio; una discendenza

numerosa; il possesso di una terra; la benedizione divina (12:2-3; 13:14-18; 15:1-

21; 22:15-18). In esse c’è chiaramente una rivelazione progressiva del piano di

Dio, collegata con la risposta di fede e di ubbidienza da parte di Abramo: vedi

particolarmente 22:15-18.

Così Abramo diventa “il padre di tutti quelli che credono” (Rom. 4:11). Infatti la

giustizia di Abramo sta nella sua fede (15:6), non certo nelle sue opere; tuttavia è

con le opere che egli dimostra le fede (cap. 22, cfr. Giac. 2:21-22). Egli muore

ancora nella fede, senza aver visto ancora il compimento finale delle promesse

(Ebr. 11:13).

5.3 Abramo, uomo di poca fede

La Bibbia non ci ritrae un “superuomo” senza difetti (il solo personaggio biblico di

cui non si raccontano peccati e difetti è Gesù!). Come altri “eroi della fede”,

Abramo più volte manca di fede:

1) in Egitto (12:10-20); 2) nel rapporto con Abimelec (cap. 20); 3) nella nascita di Ismaele (cap. 16; 17:18). Questo dovrebbe incoraggiarci a rialzarci e riprendere il cammino se a volte

veniamo meno nella fede!

5.4 Il rapporto tra Abramo e Lot

Notiamo che Abramo non aveva ubbidito pienamente all’ordine di Dio di

“andarsene dai suoi parenti...” (12:1,4). Dio allora organizza le circostanze in

modo da produrre la loro separazione (13:1-9). Lot è guidato da quello che vede

(13:10), e questo lo porta finire a Sodoma (v.12), ad essere catturato dai re

orientali (cap. 14) e infine al compromesso e al incesto (cap. 19). Era un uomo che

odiava il male (2° Pt. 2:7-8), ma è necessario aggiungere al ravvedimento la fede.

Alla fine diventa l’antenato di due popoli che si oppongono al piano di Dio: Moab

e Ammon (cfr. Num. 22, ecc.).

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5.5 Melchisedec (cap. 14)

Re e sacerdote (14:18), è un “tipo” o “ombra” di Cristo (Sal. 110:4, Ebr. 7:1-10)

Notiamo che la conoscenza del vero Dio non è monopolio di Abramo (cfr. Jethro,

Es. 2:16, 18:1-12). Abramo gli dà la decima parte del bottino recuperato dagli

invasori (v.20), restituendone il resto ai Sodomiti (23-24), e Melchisedec lo

benedice.

5.6 Il patto stabilito da Dio (cap. 15), nascita di Ismaele (cap. 16) e l’istituzione

della circoncisione (17:9-14)

È Dio a istituire il patto, reso stabile dal sacrificio (cap. 15) e la circoncisione come

segno del patto con Abramo e con la sua discendenza. Nel N.T. viene sostituita

dalla “circoncisione del cuore” (Rom. 2:29).

Verosimilmente Agar era tra i “servi e serve” dati ad Abramo dal Faraone in Egitto

(12:16).

5.7 L’intercessione per Sodoma: capp. 18-19

È il primo grande esempio biblico della potenza della preghiera d’intercessione

Anche se, alla fine, non si trovano neanche 10 giusti a Sodoma, Dio aveva

“ceduto” alle ripetute insistenze di Abramo, e quando manda il giudizio su

Sodoma, ne fa uscire gli unici “giusti” che vi trova (Lot, la moglie e le due figlie –

anche i suoi generi periscono).

5.8 Il “sacrificio” di Isacco (cap. 22)

È l’episodio culminante della vita di Abramo, in cui dimostra la sua fede con

l’ubbidienza: crede che Dio, che gli aveva promessa una discendenza numerosa

tramite Isacco, era capace anche di risuscitarlo dalla morte (Ebr. 11:17-19).

5.9 La ricerca di una moglie per Isacco: cap. 24

È un meraviglioso esempio della guida divina (vv. 11-27), riconosciuto come tale

anche da Labano (v.50). Abramo è determinato a salvaguardare il futuro delle

promesse divine, evitando che il suo erede sposi una donna cananea, cioè dei

popoli che Dio ha promesso di sradicare dalla terra promessa per darla alla sua

discendenza; nello stesso tempo vuole evitare il rischio che Isacco sia tentato di

ritornare nella terra dei suoi parenti (v. 6).

Il capitolo può essere preso come “parabola” della ricerca da parte del Padre di

una Sposa per suo Figlio (Eleazar potrebbe rappresentare o lo Spirito Santo, o il

credente che evangelizza).

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO MOD.1 17

6. ISACCO E GIACOBBE

6.1 Isacco

Isacco occupa una posizione di minor rilievo nelle Scritture di Abramo o Giacobbe.

La chiave per interpretare la sua vita è la grazia. Egli praticamente riceve tutto in

dono, senza sforzi o meriti personali: la vita stessa, due volte, poi la sposa (cap.

24), le promesse (26:3-5), le ricchezze (26:12-14). Ma la sua vita è segnata anche

dai conflitti in famiglia (25:28,29-34, 26:34, cap. 27), che si estendono anche alle

generazioni successive.

Come Sara e, più tardi, Rachele, anche Rebecca ha difficoltà a concepire (25:21).

Ma dei tre mariti, Isacco è il solo del quale è riferito che “supplicò il Signore” per la

moglie. Notiamo la necessità di una fede perseverante nei patriarchi perché si

compia il piano di Dio per mezzo di loro. Tuttavia, anche Isacco non è sempre un

uomo di fede: nel cap. 26, ripete la stessa esperienza del padre con Abimelec

(probabilmente non lo stesso del cap. 20).

6.2 Giacobbe

Giacobbe è uno dei maggiori esempi biblici della potenza trasformatrice di Dio:

del fatto che, come qualcuno ha detto, “il cuore del problema è il problema del

cuore”. Possiamo dividere la sua vita in quattro fasi:

A. La necessità della trasformazione: Giacobbe l’imbroglione (25:19-28:9);

B. La preparazione della trasformazione: Giacobbe deve fare i conti con i risultati

del suo modo di fare (28:10-32:21);

C. L’evento della trasformazione: la lotta con Dio nella quale vince perdendo

(32:22-32);

D. I risultati della trasformazione: non più Giacobbe ma Israele, un uomo mite che

sa aspettare con fede i tempi di Dio, e alla fine diventa un uomo di

discernimento spirituale che fa delle profezie significative (33:1-36:40, capp.

48-49).

Al suo primo incontro con Dio (28:10-22), Giacobbe ne ha paura (v.17),

conseguenza della sua coscienza sporca (cfr. 3:10), diversamente da Abramo,

Isacco o persino Lot. Tuttavia Lo vuole “manipolare”, come fa con tutti (v.22). Ma

Dio opera nella sua vita, prima attraverso le circostanze, usando lo zio Labano

(capp. 29-30), poi obbligandolo a guardare in faccia il suo peccato (cap. 33) e

confrontandolo direttamente (cap. 32). L’angelo col quale lotta sembra essere una

manifestazione di Dio stesso (v.30).

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO MOD.1 18

A Peniel, Giacobbe si rende conto finalmente dell’inadeguatezza delle sue forze

naturali e del bisogno che ha della grazia e della benedizione di Dio (32:26).

Confessando il suo nome (v.27), riconosce qual è la sua natura (“soppiantatore”,

“imbroglione”), ed è solo allora che Dio può conferirne uno nuovo.

I risultati della lotta con l’angelo sono:

A. Un nuovo nome (32:28), che indica anche un nuovo carattere;

B. La benedizione di Dio (32:29);

C. Una nuova familiarità con Dio (32:30), tuttavia mista con un giusto timore e

rispetto;

D. Una nuova consapevolezza della sua propria debolezza (32:31b).

Questi frutti continuano e maturano durante il resto della sua vita, come si vede:

a) nella riconciliazione con Esaù (cap. 34);

b) nella reazione alla violenta vendetta di Simeone e Levi (34:30);

c) nell’eliminazione degli idoli (35:1-4);

d) nel nuovo spirito di adorazione (35:5-15, cfr. Ebr. 11:21);

e) nello spirito manifestato nella vecchiaia (47:28 – 49:33).

7. GIUSEPPE: Genesi 37-50

7.1 Giuseppe e i suoi fratelli: cap. 37

Dio, che è sovrano sulla storia, usa il peccato e la malvagità dei figli di Giacobbe,

non solo per conservare in vita tutta la famiglia in un tempo di carestia (45:5-8),

ma anche per compiere il piano che aveva già rivelato ad Abramo (15:13).

I sogni di Giuseppe hanno chiaramente un significato profetico: cfr. la sua abilità

più tardi nell’interpretare i sogni (e cfr. Gioele 2:28). Ma è poco saggio di

raccontarli, prima ai fratelli (37:5), poi al padre (v.10). Alcuni vedono in lui un

giovane presuntuoso e arrogante, ma è meglio vedere il suo comportamento

come frutto di immaturità e ingenuità (aveva solo 17 anni).

La vita di Giuseppe è salvata dal fratello maggiore Ruben, ed egli viene venduto

schiavo a dei mercanti “Ismaeliti” (vv. 25,28) o “Madianiti” (v.28 – cfr. Giud.

8:22,24). Siamo a 170 anni dalla nascita di Ismaele, il quale ebbe 12 figli, per cui i

suoi discendenti sono ormai numerosi.

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO MOD.1 19

7.2 Giuda e Tamar: cap. 38

Notiamo come da questo episodio scabroso nascono gli antenati di Davide, e

quindi di Gesù (Mt. 1:3). Evidentemente la “Legge del levirato” (da levir,

“cognato”), poi inserita nella Legge mosaica (Deut. 25:5-10), già faceva parte delle

usanze dei popoli biblici. Notiamo il contrasto tra il comportamento di Giuda e

quello del fratello Giuseppe nel capitolo seguente.

7.3 Giuseppe in Egitto: capp. 39-47

In questi capitoli Giuseppe viene di nuovo tradito e deluso dagli uomini (39:7-20,

40:23), ma il ritornello del brano è: “Ma il Signore fu con Giuseppe” (vv. 2,3,21),

nonostante le apparenze negative. Alla fine egli viene improvvisamente tirato

fuori dal carcere e elevato al posto più potente d’Egitto, grazie alla sua abilità

data da Dio nell’interpretare i sogni (cfr. Daniele).

Anche nella vita di Giuseppe, la disciplina di Dio lo prepara a servire i propositi di

Dio: notiamo la sua grande umiltà (40:8, 41:16, 45:5-8, 50:19-20), e nei capp. 41

e 42 quanta discrezione e saggezza dimostra (ha imparato a “tenere a freno la

lingua”!). Anche i fratelli risultano cambiati dall’umiliazione e dalla disciplina di

Dio, e sono pronti a riconoscere il male che hanno commesso (42:21-22).

Non è detto che Giuseppe abbia realmente fatto uso della divinazione (44:5): egli

recita ancora la parte del grande capo egiziano, fra i quali la divinazione era d’uso

frequente. Vuole anche far intendere che è in grado di scoprire ogni inganno e di

conoscere le verità nascoste, impaurendo così i fratelli.

Per mezzo di Giuseppe, la benedizione di Dio si estende come “sottoprodotto”

anche agli altri che gli stanno a fianco (39:1-6,21-23, 41:47-49). Egli diventa così

una prima dimostrazione dell’intenzione di Dio attraverso la progenie di Abramo

(12:3).

7.4 Le benedizioni profetiche di Giacobbe: capp. 48-49

Notiamo il contrasto con il modo in cui il padre Isacco aveva impartito la

benedizione ai suoi figli: Giacobbe, maturato dalla disciplina di Dio, parla con

piena cognizione di causa (48:19-20), anche se fisicamente è diventato a sua volta

cieco (v.10). Le parole di Giacobbe includono profezie e sentenze per il futuro,

che si compiono pienamente negli anni a venire (48:19-20, 49:4,7,8,10,13, ecc.)

8. MOSÈ E LA SUA CHIAMATA: Esodo 1-6

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO MOD.1 20

8.1 Israele in Egitto: cap. 1

La narrativa biblica vola sopra un periodo di 320-350 anni in un silenzio quasi

totale, notando solo la morte di Giuseppe e la moltiplicazione degli Israeliti (1:6-

7), secondo le promesse di Dio. È incerta l’identità della dinastia “vecchia” e di

quella “nuova” (v.8). È comunque attestato dall’archeologia l’uso di mattoni legati

con paglia e cotti al sole (vedi 5:7) e la fondazione delle città di Pithom e Raamses

intorno a questo periodo.

È difficile credere che le levatrici degli Israeliti fossero solo due (v.15), anche a

una o due generazioni prima dell’Esodo, se la popolazione israelitica, secondo le

cifre di Numeri 1, doveva aggirarsi intorno ai due milioni (vedi la discussione

sotto). La loro menzogna (v.19) suscita una ben nota questione etica: è mai

giustificato mentire? Comunque siamo qui nell’Antico Testamento quando la

rivelazione era molto meno perfetta di oggi (cfr. anche il comportamento di

Abramo e Isacco).

8.2 La data dell’Esodo

(Per un trattamento approfondito di questo argomento, vedi A. Terino, L’Origine

del Pentateuco, pagg. 185-209).

Gli studiosi attribuiscono due date diverse all’Esodo (al quale non si è ancora

trovato alcun riferimento nelle fonti egizie). Quella tradizionale parte dal dato di

1° Re 6:1: “Il 480° anno dopo l’uscita dei figli d’Israele dal paese d’Egitto…

Salomone cominciò a costruire la casa per il Signore”. Poiché questo evento è

precisamente databile nel 967 a.C., la data dell’Esodo dovrebbe essere il 1447

a.C., e il Faraone dell’Esodo sarebbe Amenofi II (1448-1422 a.C.). Con ciò

concorda anche il riferimento di Jefte in Giudici 11:26, dove parla di 300 anni di

insediamento israelitico in Transgiordania.

Oggi invece la maggior parte degli studiosi preferisce una data intorno al 1270

a.C., partendo da Esodo 1:11: “Israele costruì al faraone le città che servivano da

magazzini, Pitom e Ramses…”, città la cui costruzione è attribuita a Ramses II

(1290-1224 a.C.), il quale sarebbe dunque il Faraone dell’Esodo. Ma è ben

possibile che questo versetto si riferisca a una ricostruzione o ampliamento di

quelle città, come infatti è attestato dall’archeologia. Il nome “Ramses” può essere

stato benissimo aggiornato posteriormente, come altri nomi di luogo nel

Pentateuco. La data “tardiva” crea anche non pochi problemi per la cronologia dei

Giudici, il cui periodo bisogna allora “condensare” in poco più di 100 anni. Non

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO MOD.1 21

sembrano dunque esistere elementi sufficienti per indurci a scartare la cronologia

biblica data con tanta precisione nelle date riferite sopra.

8.3 Nascita, infanzia e fuga di Mosè: cap. 2

Il nome dato a Mosè significa “tirato fuori” (v.10), ma anche, profeticamente, “chi

tira fuori”. Ha una forma simile a diversi nomi egiziani: Raamses, Ahmose,

Thutmose, ecc.

La vita di Mosè dura 120 anni, divisi in tre periodi di 40 anni (Atti 7:23,30). Egli

sceglie di identificarsi con il suo popolo d’origine, nonostante i privilegi ricevuti

presso la corte egiziana (Ebr. 11:24-26), anche se il suo modo di difenderlo è

all’inizio carnale. Ma si trova, come Gesù, rigettato dal proprio popolo (Atti

7:35,52, e cfr. più tardi nel deserto). È ovvio che l’Ebreo difeso da lui deve aver

riferito l’episodio fra gli Israeliti (v.14). Per il suo soggiorno formativo nel deserto,

cfr. Davide, Elia, Giovanni Battista, Gesù, Paolo, ecc.

8.4 Chiamata di Mosè: 3:1 – 4:17

Chi appare nel pruno ardente è “l’angelo del Signore”, identificato però con Dio

stesso (3:2,4,6). La riluttanza di Mosè fa contrasto con il suo zelo carnale di 40

anni prima: egli cerca ogni scusa possibile e immaginabile (senza un ordine

particolare) per non addossarsi la responsabilità della guida, fino a provocare Dio

all’ira (4:14). Dio risponde alle scuse con i primi miracoli della Bibbia (4:2-9), e

risolvendo ogni reale difficoltà. La scusa di 4:10 sembra una falsa umiltà, alla luce

di Atti 7:22.

Il nome di Dio, JHWH (3:14) è importante: sembra che il nome era già noto (Gen.

4:26, ecc.), ma qui viene spiegato e interpretato. Può significare:

� “Io sono Colui che è” (così i LXX), cioè il Creatore di ogni altro essere, l’Eterno e l’Onnipotente;

� “Io sono (o “sarò”) quello che voglio essere” (simile a 4:13, 33:19, 1° Sam. 23:13, Ezech. 12:25).

L’Antico Testamento usa quasi sempre questo nome per riferirsi a Dio quando si

rivela all’uomo.

8.5 Il ritorno in Egitto: 4:18 – 6:30

È difficile la dichiarazione di Dio che “indurerà il cuore” al Faraone (4:21). Durante

le prime 5 piaghe è comunque scritto che egli stesso “si indurì il cuore”. Cfr.

anche Rom. 9:17-18.

Durante il viaggio, “il Signore cerca di uccidere” Mosè (4:24-26). Sembra una

contraddizione, ma ci fa capire l’importanza del patto della circoncisione: come

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO MOD.1 22

poteva Mosè essere lo strumento di Dio se non era egli stesso ubbidiente a Dio?

Sembra evidente che la moglie sapeva dell’esigenza della circoncisione (v.25): che

era stata lei stessa a convincere il marito a non compiere un rito da lei ritenuto

barbaro?

Più tardi, troviamo un episodio simile quando Dio, dopo aver salvato e liberato il

Suo popolo, più volte vuole distruggerlo per le sue disubbidienze.

Dopo l’iniziale entusiasmo degli Israeliti (4:31), ai primi ostacoli si rivoltano

contro Mosè e Aaronne (5:20-21). Inizia così un ciclo che si ripeterà per tutta la

durata dell’Esodo: gli Israeliti sono sempre condizionati da quello che vedono

carnalmente. Dio risponde riconfermando a Mosè la Sua chiamata (6:1-13).

9. L’ESODO: Esodo 7 – 15

9.1 Le prime nove piaghe: capp. 7 – 10

Lo scopo principale delle piaghe era quello di “far conoscere” (o “riconoscere”) chi

è Dio, JHWH (7:5, cfr. 5:2):

a) al Faraone (7:17, 8:10,22, 9:14,29); b) agli Egiziani (7:5, 14:4,18); c) a Mosè e al resto degli Israeliti (6:7, 10:2, 11:7, e cfr. 16:6,12). Notiamo le parole di Dio a Mosè (7:1-4): “Io ti ho stabilito come Dio per il

faraone... ed [egli] non vi darà ascolto”!

I maghi d’Egitto riescono ad imitare le prime due piaghe (non ad annullarle:

riescono solo a peggiorare ulteriormente la situazione! – 7:22, 8:7). L’occultismo

ha dunque reali poteri, ma quello di Dio è più grande (7:12, 8:19). Dalla quarta

piaga in poi (le mosche velenose), c’è una discriminazione a favore degli Israeliti e

del loro paese di Goscen (8:22, 9:4, ecc.).

Dopo la 4a, la 7a e l’8a piaga, il Faraone sembra piegarsi sotto il peso delle

circostanze; ma subito si rimangia le parole quando le pressioni cessano.

Vediamo qui illustrata la differenza tra un vero ravvedimento (duraturo), e un

pentimento superficiale dovuto alle pressioni esterne. Il Faraone illustra anche il

pericolo di indurire il proprio cuore quando si ode la voce di Dio (cfr. Ebr. 3:7,

Prov. 28:14, 29:1).

9.2 La morte dei primogeniti e l’istituzione della Pasqua: capp. 11-12

L’ultima piaga differisce dalle altre in quanto non può essere più spiegata in

termini “naturali” (colpisce infatti in maniera selettiva), e perché tocca

direttamente le persone degli Egiziani (e di chiunque tra gli Israeliti fosse stato

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO MOD.1 23

incredulo). Diventa l’occasione dell’istituzione della maggiore festa nazionale

ebraica, la Pasqua – prescritta già prima dello svolgimento degli eventi che dovrà

ricordare (12:14-20), che così commemora, non genericamente la liberazione

dalla schiavitù, ma particolarmente la redenzione dei primogeniti per il sangue

dell’agnello (cfr. Ebr. 12:23, “la chiesa dei primogeniti”).

La parola “Pasqua” (ebr. peshach) significa “passaggio” (vedi 12:12) o “atto di

passare (sopra)” (v.13). Mentre in 12:12,13,23a,27 è detto che “il Signore” colpirà i

primogeniti degli Egiziani, in 23b è specificato che lo farà mediante “il

distruttore”, che Egli stesso tratterrà dal colpire le case degli Israeliti

contrassegnate dal sangue.

Nelle prescrizioni per la celebrazione annuale della Pasqua, è tratta una chiara

linea di distinzione tra coloro che faranno parte del popolo di Dio, ammessi a

parteciparne – gli Israeliti per nascita (v.47), i loro schiavi se circoncisi (44), e i

proseliti, sempre se circoncisi (48) – e gli altri, anche se residenti in mezzo a loro,

che ne sono esclusi (43,45).

Dopo la morte dei primogeniti, si verifica ciò che Dio aveva predetto a Mosè: non

solo è consentito agli Israeliti di partire, ma vengono addirittura cacciati (11:1,

12:32), e partono arricchiti degli oggetti preziosi degli Egiziani (11:2, 12:35-36,

cfr. Gen. 15:14).

9.3 Il passaggio del mare: capp. 13-15

Gli Israeliti partono in numero di 600.000 uomini, senza contare le donne e i

bambini (12:37, 38:26, cfr. Num. 1:46, 2:32, 26:51), per una popolazione totale

di 2 milioni circa. Alcuni hanno messo in dubbio queste cifre (infatti l’ebraico

eleph può significare, , oltre a “1000”, più genericamente “clan” o “compagnia”),

ma questo sembra difficile in vista del censimento dettagliato di Num. 1. Il

numero è comunque molto grande e sembra in contrasto con la cifra (più

immediatamente verosimile) di 40.000 dato in Gios. 4:13, anche se il compito che

li aspetta è impegnativo e il numero dei Canaaniti che dovranno scacciare è vasto

(23:24-30). Per un approfondimento, vedi A. Terino, L’Origine del Pentateuco,

nota alla p. 202.

Appena li vede partire, il Faraone cambia nuovamente idea e si mette a inseguirli

(14:5-9), e questo provoca già la prima “mormorazione” degli Israeliti contro Mosè

e contro Dio (14:10-12). Ma Dio interviene ancora potentemente in favore del Suo

popolo. Il mare che blocca il loro passaggio non è chiamato nel testo ebraico “Mar

Rosso”, ma “mare dei giunchi”, ed è probabilmente uno dei Laghi Salati. La

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO MOD.1 24

“colonna di nuvola e di fuoco” (13:21-22) ora si interpone tra loro e gli Egiziani

(14:19-20). È probabilmente questo il “battesimo nella nuvola” di 1° Cor. 10:2.

Dopo il passaggio del mare (il “battesimo nel mare” di 1° Cor. 10:2) e la

distruzione dell’esercito egiziano, gli Israeliti festeggiano sulla riva orientale,

ormai separati definitivamente dall’Egitto e la schiavitù. Il cantico del cap. 15 è il

primo “salmo” ricordato nella Bibbia.

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO MOD.1 25

10. IL PATTO E I DIECI COMANDAMENTI: Esodo 16 – 24

10.1 Il viaggio fino al Sinai: capp. 15:22 – 18

Dall’Esodo in poi, Dio accompagna Israele in maniera continua, non più con

apparizioni sporadiche come al tempo dei Patriarchi.

Appena gli Israeliti entrano nel deserto, iniziano le prove (15:25, 16:4, cfr. Gen.

22:1, Deut. 8:2-3):

� Le acque amare di Mara (15:22-27); � La mancanza di cibo (16:1-36); � La mancanza di acqua (17:1-7); � La battaglia con Amalek (17:8-16). Ma nello stesso tempo, Israele mette Dio alla prova! (17:2,7, cfr. Deut. 6:16). Dio

supera brillantemente la prova... e gli Israeliti?? Vediamo già qui come è messa in

primo piano la grazia di Dio, prima che viene data la Legge.

Notiamo l’importante promessa di 15:26: Dio si rivela come il Guaritore e

Risanatore (non solo degli uomini ma anche delle cose), ma la conclusione è che

salverà il Suo popolo dalle malattie con la prevenzione, prima che con la cura.

Nonostante l’infedeltà e le lamentele del popolo, Dio esaudisce le sue richieste. In

alcuni casi si serve di fenomeni o strumenti naturali, in altri interviene in modo

soprannaturale. In particolare, la manna rappresenta un miracolo continuo, come

dimostra il fatto che compare solo sei giorni della settimana, il 6° giorno in doppia

quantità (16:5,22), e che si conserva fino all’indomani solo in occasione del

sabato (16:24-27). Dio si contrista per la disubbidienza e la mancanza di fede del

popolo (16:28), ma non interviene per punire, come invece fa più volte in Numeri.

Nella battaglia contro Amalek, notiamo il ruolo decisivo dell’intercessione di Mosè

(17:11 – è questo il significato delle mani alzate, cfr. Sal. 28:2, 1° Tim. 2:1,8).

Mosè ha l’umiltà e il buon senso di accogliere il consiglio del suocero Jethro, e

stabilisce fra il popolo capi di vari gradi, secondo la loro abilità (18:13-27). È un

primo esempio della capacità organizzativa e amministrativa che è uno dei segni

di un conduttore unto da Dio.

10.2 Il patto della legge: capp. 19-24

Notiamo la straordinaria vitalità di Mosè, che all’età di 80 anni sale e scende

ripetutamente il monte Sinai (2300 m): nel cap. 19, tre volte; nel cap. 24, tre

volte; nel cap. 32, due volte; nel cap. 34, una volta!

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO MOD.1 26

È da sottolineare che il patto (cap. 19) precedette la Legge (cap. 20), la quale

rappresenta “i termini e le condizioni” del patto, accettato dal popolo con troppa

facilità e presuntuosa fiducia nella propria capacità di osservarlo (19:8). Lo stesso

patto viene ereditato poi dai cristiani nel N.T. (1° Pt. 2:9, Ap. 1:6, 5:10).

I 10 comandamenti (lett. “parole”, cfr. 34:28, Deut. 4:13, 10:4) sono il riassunto

della Legge: i primi quattro riguardano il rapporto con Dio, i rimanenti i rapporti

con gli uomini. L’ultimo, poi, è diverso dagli altri in quanto parla delle motivazioni

interiori anziché i comportamenti esteriori: cfr. Rom. 7:7. La legge qui proposta

da Dio al suo popolo ha certe somiglianze con i codici legali di altri popolo medio-

orientali (es. quello di Hammurabi), ma differisce da loro in quanto è a)

teocentrico, e b) essenzialmente egalitario. Dio sarà per il Suo popolo un Re molto

diverso da quelli delle altre nazioni!

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO MOD.1 27

11. IL TABERNACOLO E IL VITELLO D’ORO: Esodo 25 – 40

11.1 Disposizioni per il tabernacolo e il sacerdozio: capp. 25-31

Dopo la solenne cerimonia di accettazione e ratificazione del patto con Dio, sulla

base delle leggi date nei capp. 20-23 (cap.24), Mosè risale sul monte Sinai per

ricevere i 10 comandamenti in forma scritta dalla mano di Dio, e per ricevere le

disposizioni relative alla costruzione di una tenda o “tabernacolo” perché Dio

dimori in mezzo agli Israeliti.

Notiamo il digiuno soprannaturale sul monte di Mosè, che non mangia né beve

per 40 giorni (34:28); viene successivamente ripetuto (Deut. 9:9,18). Solo alla fine

della prima settimana Dio gli si avvicina e gli parla (24:16).

Esisteva già una “tenda di convegno”, usata come luogo di preghiera e di

raccoglimento personale (33:7-10), che Mosè più tardi pianta “fuori del campo” e

dove Dio viene a parlargli. Ora però Dio vuole una tenda fatta “su misura” come

dimora Sua semi-permanente in mezzo al Suo popolo (25:8). Dovrà essere fatta

esattamente secondo il progetto che Dio rivela a Mosè sul Monte Sinai (v. 9).

Questo fatto ha un significato spirituale (v. Ebr. 8:5, 9:9,23) per la casa che Dio

ora ha in mente di costruire per Sé stesso.

I materiali per la costruzione provengono tutti da una offerta volontaria (25:1-7,

35:4-29, 36:2-7). La quantità e il peso dei materiali impiegati (tra l’altro, 65

quintali di oro, argento e rame) sostengono la tesi di un popolo molto numeroso

e anche ricco (vedi 12:35-36).

Per la disposizione del tabernacolo e del suo cortile e relative attrezzature, vedi la

pianta e disegno allegato.

Aaronne e i suoi figli vengono chiamati al sacerdozio per servire il culto del

Tabernacolo (28:1); sono descritti dettagliatamente i loro paramenti cerimoniali

(28) e il rito per la loro consacrazione (29). L’efod sacerdotale fu una specie di

sopravveste o tunica ornamentale. L’Urim e il Thummim (28:30) furono usati non

solo come ornamento, ma anche nel consultare la volontà di Dio (Num. 27:21).

L’artigiano Betsaleel (28:3, 31:3, 35:31) e i suoi aiutanti sono le prime persone

che la Bibbia descrive come “ripieni dello Spirito”: notiamo che lo furono per fare il

lavoro di costruzione della casa di Dio!

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO MOD.1 28

11.2 Il vitello d’oro e l’intercessione di Mosè: capp. 32-34

Mentre Mosè è sul monte, il popolo già viene meno all’impegno appena preso,

trovando in Aaronne (che ancora non sa di essere stato scelto da Dio come

sacerdote) un complice volonteroso. Sembra che l’immagine sia intesa come

rappresentazione di Jahweh (32:4,5), seguendo l’esempio delle divinità egiziane in

forma di animali e in barba al divieto del 2° comandamento.

Mosè, avvertito da Dio sul monte, già intercede per il popolo prima di vedere la

situazione (32:11-14). Quando però la vede con i suoi occhi, costernato, spezza le

due tavole della legge appena consegnategli da Dio (14-15). Notiamo le bugie di

Aaronne che cerca di scusarsi, gettando la colpa sul popolo (vv. 22-24, cfr. 4-5);

cfr. Eva in Gen. 3.

Mosè agisce su due fronti: ordina la punizione da una parte (vv. 25-29), ma

dall’altra, intercede con Dio perché non accada nulla di peggio (30-35).

L’intercessione di Mosè ci aiuta a capire il significato di questa parola: “interporsi”

per subire nella propria persona il male che un’altra ha meritato (v.32). Davanti a

Dio, si identifica con il popolo; ma davanti al popolo, rappresenta e si identifica

con Dio. Come Abramo (Gen. 18:22-33), Mosè riesce a ottenere da Dio sempre

maggiori concessioni:

1) Dio accetta di non sterminare interamente il popolo (32:11-14);

2) rimanda la punizione (32:30-33); 3) accetta di accompagnare Israele con la Sua presenza (33:14,17, cfr. v.4); 4) alla fine riconferma il patto e le promesse (34:10-28).

Per sé stesso, Mosè ottiene la rivelazione visibile della presenza di Dio (33:12-23).

11.3 Le nuove tavole della Legge e la costruzione del Tabernacolo: capp. 34-40

Questa volta è Mosè che prepara le tavole (34:1, cfr. 24:12), anche se sarà sempre

Dio a scriverci sopra. Quando egli torna al campo, la sua faccia è raggiante della

gloria riflessa della presenza di Dio (34:29-35, vedi 2° Cor. 2:13-18). Gli ultimi

capitolo sono occupati dalla descrizione dei lavori per il Tabernacolo. Notiamo

l’entusiasmo con cui il popolo offre tutto l’occorrente per i lavori (36:2-7). Al cap.

40, c’è l’inaugurazione della tenda e del sacerdozio aaronico, e Dio viene, come

aveva promesso, a dimorare in mezzo al campo degli Israeliti (40:24-38).

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO MOD.1 29

PIANTA  E  MODELLO  DEL  TABERNACOLO  

100 cubiti (m. 50 ca).

10 cubiti 20 cubiti50

cu

biti (

m.

25

ca

).

10 c

ub

iti

Cortile

Tabernacolo

Luogo santo

Luogosantissimo

Conca di rame(30:17-21, 38:8)

Tavola dei pani(25:23-30, 37:10-16)

Arca del patto(25:10-22, 37:1-9)

Altare dei profumi(30:1-10, 37:25-28)

Candelabro(25:31-40, 37:17-24)

Altare dei sacrifici(27:1-8, 38:1-7)

Ing

ress

o d

el co

rtile

(27:1

6,

38:1

8)

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO MOD.1 30

Foto di un modello del

tabernacolo e del cortile (del dr. D.W. Gooding). Parte della copertura del

tabernacolo è stata rimossa per mostrarne l’interno.

12. LE LEGGI DEL CULTO: Levitico 1 – 10

12.1 Schema del Levitico

A. Comunione con un Dio santo capp.

1. Leggi sui sacrifici 1 – 7

2. Consacrazione dei sacerdoti8 – 10

3. Leggi sulla purezza rituale11 – 15

4. Il giorno dell’espiazione 16

B. Esigenze di un Dio santo

5. Leggi sulla santità 17 – 26

6. Leggi sui voti e sulla decima27

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO MOD.1 31

Il Levitico, anche se dedicato in massima parte alle leggi cerimoniali, fa sempre

parte integrante del racconto continuo che è il Pentateuco. Fanno parte del “filone

narrativo” i capp. 8-10 e 24:10-23.

12.2 I sacrifici: capp. 1 – 7

La sezione si divide in due parti: 1:1 – 6:7 contiene disposizioni che riguardano il

popolo, 6:8 – 7:38 delle norme supplementari che riguardano solo i sacerdoti.

I capp. 1 – 3 riguardano le offerte per Dio (volontarie), 4 – 6 le offerte per il

peccato (obbligatorie). Una parola chiave in questi ultimi capitoli è “qorban”

(offerta consacrata, dovuta a Dio – cfr. Mc. 7:11), parola trovata quasi solo in Lev.

e Num.

Ecco un’analisi dei vari tipi di sacrificio (adattata da John H. Walton, Tavole

sinottiche cronologiche dell’Antico Testamento):

Nome Porzione

bruciata

Altre

porzioni

Offerta Occasione o

motivo

Rif.

Biblico

Olocausto Tutto Nessuna

(la pelle al

sacerdote)

Maschio senza

difetto; tipo di

animale secondo

le possibilità

dell’offerente

Esprime la

consacrazione

a Dio, o per

espiare la colpa

del peccato

Lev. 1

Oblazione Porzione

simbolic

a

Mangiata dai

sacerdoti

Farina, focacce

senza lievito o

grano.

Sempre con sale

In generale,

ringraziamento

per l’inizio

della raccolta

Lev. 2

Sacrificio di

riconoscen

za:

come

ringrazia-

mento o

per voto

Porzioni

grasse

Petto e

coscia per i

sacerdoti.

Il resto per

l’offerente i

suoi ospiti.

Praticamente

tutti gli animali

ammazzati a uso

alimentare.

Per un voto, deve

essere senza

difetto.

Esprime

riconoscenza

per le

benedizioni di

Dio, o per

sciogliere un

voto fatto a Dio

Lev. 3;

Lev.

22:18-30

Offerta per

il peccato

Porzioni

grasse

Sacerdote o

intera

nazione:

incinerato.

Sacerdote o

intera nazione:

toro.

Capo: capro.

Per lo più,

situazioni di

purificazione

(peccati

Lev. 4

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO MOD.1 32

Altri casi:

mangiata dai

sacerdoti

Altri: capra o

agnello.

involontari)

Offerta per

la colpa o

per

l’impurità

Porzioni

grasse

Mangiata dai

sacerdoti

Montone senza

difetto

Situazioni di

profanazione o

dissacrazione

di cose sante;

situazioni di

colpa

personale.

Lev. 5:1 –

6:7

In tutti i sacrifici, c’era la partecipazione attiva dell’offerente. Ogni cosa offerta a

Dio doveva essere di prima qualità. E le leggi contengono provvedimenti

particolari per i più poveri, perché nessuno rimanga senza qualcosa da offrire a

Dio, che “non ha riguardo alla qualità [o rango] delle persone”.

Le oblazioni (offerte di origine vegetale) dovevano sempre contenere del sale,

simbolo del patto (2:13), e venivano offerte con incenso e con olio; non dovevano

mai contenere lievito, simbolo di corruzione.

Le offerte di riconoscenza (altri traducono “di comunione”) comprendevano in

realtà tutti gli animali ammazzati a uso alimentare (cfr. cap. 17, Deut. 12:15,21).

Così Dio era coinvolto nella vita quotidiana.

Le offerte per il peccato riguardano peccati involontari (cap. 4), mentre invece le

offerte di riparazione sono per peccati commessi coscientemente. Il torto doveva

essere anche confessato e riparato dall’offerente.

12.3 Consacrazione dei sacerdoti: capp. 8 – 10

Nel cap. 8, notiamo come il sangue delle vittime veniva applicato all’orecchio, al

pollice e all’alluce di ciascuno dei sacerdoti (vv. 23-24). Poi Aaronne e i suoi figli

inaugurano il loro servizio con offerte, prima per se stessi, poi per il popolo (cfr.

Ebr. 5:3).

Nel cap. 10, invece, leggiamo di come cadono subito nella disubbidienza e

incorrono nel giudizio di Dio. Nadab e Abihu vengono drasticamente puniti per la

loro presunzione nell’entrare nel Luogo Santissimo senza autorizzazione (cfr.

16:1-3); qualcuno ha suggerito che erano ubriachi (cfr. vv. 8-10). Lo stesso fuoco

che in 9:24 aveva indicato l’approvazione di Dio, ora è un mezzo di distruzione

(10:2); cfr. Ebr. 12:28-29.

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO MOD.1 33

13. LE LEGGI SULLA SANTITÀ: Levitico 11 – 27

13.1 Leggi sulla purezza: capp. 11 – 15

A. Cap. 11: animali puri e impuri per l’uso alimentare. (N.B. Questa distinzione non è nuova: cfr. Gen. 7:2,3; 8:20).

B. Cap. 12: purificazione delle donne dopo il parto (N.B. l’impurità deriva dal sangue, v.5).

C. Cap. 13-14: la lebbra. (N.B. questo termine include varie malattie della pelle, non solo il “morbo di Hansen”, e anche funghi che attaccavano i muri delle case, 14:33-57).

D. Cap. 15: impurità derivanti dalle funzioni sessuali, comprese le malattie sessualmente trasmesse.

Lo stesso linguaggio qui usato per la purificazione cerimoniale viene adoperato

altrove per parlare della purificazione morale della colpa e del peccato (Sal.

51:7,10; Ezech. 36:33). G. Vos ha commentato: “Dio insegna al Suo popolo ad

avere gli stessi sentimenti nei riguardi del peccato che si è abituato ad avere per

una vergognosa e scomoda esclusione dai riti del culto”. La parola

frequentemente tradotta “fare espiazione” (kapar) significa probabilmente

all’origine “coprire”: cfr. Sal. 32:1, Ebr. 10:4. (Dalla stessa radice deriva kapporeth,

tradotto “propiziatorio” (Es. 25:17), che probabilmente significa semplicemente

“coperchio”.)

13.2 Il giorno dell’espiazione: cap. 16

Questa ricorrenza annuale (impropriamente chiamata “festa”), in ebraico Yom

hakkippurim, aveva luogo il 10 Tisri (verso la fine di settembre), ed era uno dei

giorni più solenni del calendario ebraico. “Umiliare le anime vostre” (v. 29) indica

il digiuno (cfr. Is. 58:3,5; Sal. 69:10, 35:13), da cui nel N.T. il giorno fu chiamato

semplicemente “il digiuno” (Atti 27:9).

“L’espiazione” si fa, non per le persone, ma per le cose, e “a beneficio” delle

persone. Non si tratta quindi di un effetto automatico e meccanistico.

Oltre al sacrificio di un capro, il cui sangue veniva portato, solo questa volta

nell’anno, dentro il Luogo Santissimo e asperso sul “propiziatorio” (vv. 14-15) e

sugli altri arredi del Tabernacolo (18-19), c’era un altro capro che veniva portato

via nel deserto per “portare via” i peccati di Israele. (La stessa parola per “portare

via” significa anche “perdonare”, cfr. Is. 53:4, Giov. 1:29). Le vittime sacrificali

dovevano essere bruciate fuori del campo, non sull’altare dei sacrifici (vv. 27-28).

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO MOD.1 34

Sul significato di “Azazel” (vv. 8,10,26) ci sono diverse interpretazioni. Più

probabilmente non è il nome di un demone (come l’interpretano diversi

commentatori moderni e i traduttori della Riv.), ma significa semplicemente

“capro che va via”.

13.3 Il “Codice della santità”: capp. 17 – 27

In questi capitoli ricorre 85 volte la parola “santo”: vedi 19:2, 20:7,26. Qui si tratta

di leggi sulla vita quotidiana, non più per le pratiche del culto.

Cap. 17: leggi sui sacrifici e il divieto di mangiare il sangue. Notiamo il v. 7,

“sacrifici ai demoni”: cfr. 1° Cor. 10:20, Deut. 32:17, ecc.

Cap. 18: leggi sui rapporti sessuali illeciti. Notiamo che è considerato

responsabile il partner maschile.

Cap. 19: leggi sui rapporti sociali (riassunte nel v.18b) e sulle pratiche occulte (da

notare il v.31).

Cap. 20: la punizione per vari tipi di peccato.

Capp. 21-22: regole per l’esercizio del sacerdozio e sulle vittime per i sacrifici.

Cap. 23: calendario delle celebrazioni religiose annuali.

Cap. 24: a) la fornitura di olio e di pane per il servizio del Tabernacolo;

b) l’episodio del bestemmiatore;

c) la legge del taglione (Es. 21:23-24) ribadita ed estesa agli stranieri

residenti in Israele.

Cap. 25: a) l’anno sabatico (riposo anche per la terra!);

b) il giubileo: liberazione degli schiavi e restituzione dei terreni ai

proprietari ereditari. Notiamo questa legislazione, tendente verso

un’equa distribuzione della proprietà e ad evitare l’accumulo di

ricchezze e di privilegi ereditati. La terra, come gli Israeliti stessi,

appartiene a Dio.

Cap. 26: le conseguenze dell’ubbidienza e della disubbidienza: benedizioni e

maledizioni (cfr. Deut. 28).

Cap. 27: a) la redenzione delle cose offerte a Dio in voto;

b) la legge delle decime, che “appartengono a Dio” (una specie di

“affitto” sulla terra).

14. I 40 ANNI NEL DESERTO: Numeri 1 – 21

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO MOD.1 35

14.1 Preparativi per la partenza dal Sinai: capp. 1-10

Nel cap. 1, abbiamo l’ordine di fare il censimento degli uomini abili alla guerra

(1:3). Le tribù diventano 12 per la divisione tra Efraim e Manasse (v.32), mentre i

Leviti, addetti al servizio e alla difesa del Tabernacolo (vv. 47-53), non sono

compresi. Qui vediamo che Dio s’interessa dei numeri.

Nel cap. 2, vengono dati ordini per la disposizione delle tribù nell’accampamento

e in marcia. Vediamo che Dio è un Dio di ordine (1° Cor. 12:33, cfr. Lc. 9:14).

I capp. 3-4 contengono istruzioni per i Leviti, che Dio prende per sua proprietà

particolare in cambio di tutti i figli primogeniti (3:11-13, 39-51, cfr. Es. 13: 1-2).

Essi sono perciò censiti dall’età di un mese in su (3:15), ma prenderanno il

servizio solo dai 30 fino ai 50 anni (4:3,23, ecc.), cioè durante gli anni della piena

maturità (la stessa età in cui iniziò il servizio di Gesù). Il servizio più “sacro” viene

riservato ai discendenti di Kehath, i parenti più stretti di Aaronne e di Mosè (3:31,

4:4-15).

Il cap. 5 contiene ordini per la purezza rituale del campo; per la confessione e la

restituzione (notiamo che in ogni caso i torti vanno “pagati”, anche quando non è

possibile fare risarcimento, v.8); e per la risoluzione dei casi di conflitti dovuti alla

gelosia nel matrimonio.

Il cap. 6 contiene la legge del Nazireato. Il voto poteva essere a vita, (cfr. Sansone,

Samuele, Giovanni Battista), ma normalmente si trattava di un voto particolare per

un tempo limitato (cfr. Paolo, Atti 18:18).

Nel cap. 7 si descrive la consacrazione del Tabernacolo e le offerte dei singoli capi

tribù. Sembra essere fuori posto cronologicamente (cfr. Es. 40:2, Lev. 8:10). È

notevole la ripetizione della lista delle offerte: ci fa capire che Dio non si “annoia”

a ricevere ripetutamente le stesse cose, e che tutti hanno uguale valore ai Suoi

occhi. Gli arredi sacri dovevano essere portati a spalla da uomini consacrati a Lui

(v.9): Dio non affida la sua gloria a meccanismi e a metodi. Si descrive poi la

cerimonia di consacrazione dei Leviti al servizio (cap. 8).

Il cap. 9 descrive la celebrazione della prima Pasqua nel deserto, e le disposizioni

per una Pasqua differita in casi particolari. Poi è descritta la discesa e il

movimento della nuvola della gloria di Dio che doveva guidare Israele attraverso il

deserto (vv. 15-23). Nel cap. 10 si parla delle trombe e del loro uso, e della

partenza dal Sinai a 13 mesi di tempo dall’Esodo.

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO MOD.1 36

14.2 Viaggio dal Sinai alla pianura di Moab: capp. 11 – 21

Subito inizia una triste serie di ribellioni dovute all’incredulità (cap. 11, cfr. Ebr.

3:12,19). Nella prima (vv. 1-3), vediamo il giudizio di Dio e l’intercessione di

Mosè; nella seconda (vv. 4-35) – che inizia dai non Israeliti (“simpatizzanti”) che li

hanno accompagnati dall’Egitto (v.4, cfr. Es. 12:38) – vediamo insieme la grazia e

il giudizio, dovuta ancora all’intercessione di Mosè. Notiamo che il fatto che Dio

esaudisce la preghiera (v.18) non significa sempre che Gli siamo graditi (cfr. Sal.

106:14-15).

Lo stesso capitolo descrive l’importante episodio in cui Dio mette lo Spirito sui 70

anziani (vv. 16-17, 24-30). Notiamo il contrasto con la rigidità del culto del

Tabernacolo, e la reazione di Giosuè (cfr. Lc. 9:49). Il desiderio di Mosè che “tutto

il popolo di Dio fossero profeti” (v.24) troverà la sua realizzazione solo con il

Nuovo Patto (Gioele 2:28).

Nel cap. 12, leggiamo come anche Maria e Aaronne criticano Mosè: l’iniziativa è di

lei (il v.1 dice alla lettera: “e parlò lei, Maria, e Aaronne, contro Mosè”. Mosè non si

difende, piuttosto è Dio a difenderlo: ecco la mansuetudine (v.3). Non sembra

chiaro se la guarigione di Maria avviene subito o solo alla fine dei sette giorni.

I capp. 13-14 sono centrali all’intero libro: si tratta della “goccia che fa traboccare

il vaso”. È la classica descrizione dei peccati “gemelli” dell’incredulità (14:1-12) e

della presunzione (vv. 39-45). Delle dodici spie, dieci muoiono subito (14:37),

mentre gli altri due (Caleb e Giosuè), che non sono tra i più giovani,

sopravvivranno a tutto il resto del popolo! La differenza nella loro relazione è

mettere Dio nell’equazione.

Notiamo:

1) la proposta “democratica” del v.4; 2) la nuova intercessione di Mosè (vv. 13-19); 3) che il perdono non esclude la punizione (cfr. Davide, 2° Sam. 12:13-14); 4) che il pianto e il cambio di intenzione (vv. 39-40) non equivalgono al

ravvedimento (cfr. Ebr. 3-4). I capp. 15-21 raccontano le peregrinazioni inutili nel deserto: praticamente

aspettano solo che muoia tutta quella generazione, prima di poter entrare in

Canaan. Questi capitoli racchiudono dunque 38 anni di storia (cfr. Deut. 1:45 –

2:14). Le norme del cap 15 sembrerebbero fuori posto, ma notiamo i vv. 1,18:

“Quando...”

La ribellione del cap. 16 attira una tremenda punizione: notiamo il discorso

“egalitario” e “democratico” dei vv. 3,14! Sembra che Kore aspiri al sacerdozio

(v.10), che invece Dio si riserva di assegnare a chi vuole Lui. Notiamo la nuova

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO MOD.1 37

intercessione di Mosè (v.22). Egli invece viene incolpato (v.41) dal popolo che ha

appena salvato! I turiboli dei ribelli diventano comunque “santi” (vv. 36-40) perché

sono stati offerti a Dio.

Il cap. 17 racconta del miracolo della verga di Aaronne: notiamo infine il timore

“sbagliato” del popolo (vv. 12-13), che considera Dio un essere capriccioso e non

razionale. Nel cap. 18 leggiamo delle disposizioni per le decime (che saranno

pagate anche dagli stessi Leviti, v. 25-32). Il cap. 19 parla dell’acqua per le

cerimonie di purificazione: non c’è purificazione senza spargimento di sangue.

Nel cap. 20 leggiamo della morte di Maria (v.1) e di Aaronne (vv. 22-29), questa a

causa della sua disubbidienza, con Mosè, apparentemente “banale” (vv. 11-12).

Nel cap. 21 c’è l’importante episodio del serpente di rame, simbolo di Gesù (Gv.

3:14), che più tardi diventa un idolo ed è giustamente distrutto da Ezechia (2° Re

18:4). Notiamo la necessità della confessione del peccato per ottenere grazia (vv.

6-7).

Infine leggiamo, dopo l’opposizione di Edom (20:14-21), della guerra con gli

Amorei (Sihon e Og) e la loro distruzione (21:21-35). Sembra che Og sia stato

della razza gigantesca (Deut. 3:11).

15. ISRAELE NELLA PIANURA DI MOAB: Numeri 22 – 36

15.1 Balaam e Balak: capp. 22-24

Balaam, che abita lontano, a Pethor sull’Eufrate (22:5), è chiamato un “indovino”

(v.7, Gios. 13:22, cfr. Deut. 18:14), però conosce e consulta il Signore, JHWH (vv.

8-9) e profetizza da parte Sua. Come indovino, è caratterizzato dal fatto di

lavorare a pagamento (v.7). Ci sono nella Bibbia altri casi di persone che

profetizzano contro voglia (Caiàfa, Gv. 11:49-52) o che parlano ora per

ispirazione divina, ora per un altro spirito (Pietro, Mt. 16:15-23).

Notiamo come Dio prima gli rifiuta il permesso di andare da Balak (22:12), ma

poi, dietro sue insistenze, glielo concede ma si adira con lui (vv. 20-22): cfr. Num.

11:31-33, Sal. 106:15, e il caso di Ezechia (2° Re 20 – 21). Balaam è sviato

dall’amore del guadagno: 2° Pt. 2:15, Giuda 11; cfr. Atti 8:18-23.

L’asina di Balaam (22:23-25) dimostra che profetizzare non è prova di particolare

spiritualità! L’asina che “vede” e profetizza fa contrasta con il “veggente” che non

vede! (cfr. 24:3-4,15-16!)

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO MOD.1 38

Le quattro benedizioni profetiche di Balaam (capp. 23 – 24) non impartiscono la

benedizione, ma dichiarano soltanto quello che Dio ha già decretato (23:3,20).

24:17-19 sembra una profezia molto precisa del re Davide.

Alla fine, Balaam torna a casa (24:25), ma poi – attirato presumibilmente dalla

stessa speranza di guadagno – torna a tramare contro Israele (31:16) e finisce

ucciso (31:8 = Gios. 13:22).

15.2 Idolatria nella pianura di Moab: cap. 25

L’idolatria (infedeltà spirituale) è qui strettamente collegata con la fornicazione

(infedeltà sessuale): cfr. 1° Cor. 6:13-20, 2° Cor. 6:14-17). Ma il flagello che

colpisce 24.000 Israeliti è anche colpa di una nuova disubbidienza di Mosè (vv. 4-

5), che sembra non essere d’accordo con Dio sulla responsabilità dei “capi” per il

peccato del popolo.

15.3 Preparativi per la conquista di Canaan: capp. 26 – 36

Cap. 26: il nuovo censimento, sulla base del quale sarà fatta la divisione equa del

paese (vv. 52-56). Gli Israeliti risultano leggermente diminuiti rispetto al primo

censimento di 39 anni prima, mentre i Leviti sono aumentati.

Nel cap. 27, il “caso Tselofehad” introduce un principio per l’eredità delle terre: si

vede la grande importanza attribuita alla continuità delle famiglie (cfr. anche la

“legge del levirato”). Giosuè viene designato successore di Mosè.

Capp. 28-30: leggi per il culto e per i voti. Notiamo l’autorità riconosciuta al padre

o al marito di annullare i voti delle donne che vivono sotto la loro cura, e anche il

principio che “chi tace, acconsente” (30:4,8,11,14).

Cap. 31: lo sterminio dei Madianiti (= Moabiti). Non si tratta comunque di uno

sterminio completo (vedi Giud. 6:1, ecc.), né il loro territorio viene occupato dagli

Israeliti, come quello degli Amorei (Sihon e Og).

Cap. 32: il territorio degli Amorei concesso alle due tribù e mezza di Ruben, Gad e

Manasse. Anche qui, Dio concede qualcosa che non faceva parte del Suo piano e

delle Sue promesse: la preghiera di queste tribù si basa su ciò che “vedono”

(32:1). Dovranno comunque aiutare i loro fratelli a prendere possesso della terra

promessa. Il cap. 33:1-49 riassume le tappe del viaggio.

33:50 – cap. 35: ordini per la conquista e la divisione del paese, le città levitiche,

le città di rifugio dalla vendetta per omicidi involontari.

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO MOD.1 39

Cap. 36: legge sull’eredità, mirata a conservare l’integrità dei territori delle

singole tribù.

16. LA LEGGE RIBADITA: Deuteronomio 1 – 26

16.1 Introduzione

Il libro di Deuteronomio contiene gli ultimi “discorsi d’addio” di Mosè, che sta per

morire, alla nuova generazione prima del passaggio del Giordano e l’invasione

della Terra Promessa. Tutto il libro occupa non più di un mese (Deut. 1:3, Gios.

4:19). Il libro può essere così analizzato:

Primo discorso: 1:6 – 4:40

Secondo discorso: 5:1 – 28:68

Terzo discorso: 29:1 – 30:20

Quarto discorso: 31:1-8

Cantico di Mosè e benedizione finale: 31:30 – 33:29

Morte di Mosè: 34:1-12

Secondo la “teoria documentaria” (Wellhausen, Graf, ecc.) – che è partita proprio

dalla critica di questo libro – il Deuteronomio sarebbe stato composto molto più

tardi (7° secolo a.C., al tempo di Giosia) e sarebbe una “pia invenzione” dei

sacerdoti, che volevano dare una “giustificazione” storica alle riforme religiose che

volevano promuovere (abolizione degli “alti luoghi”, ecc.), e nascosto da loro nel

Tempio per essere “riscoperto”! Chiaramente tutto questo non trova

giustificazione nella Bibbia: al contrario, il N.T. ne attribuisce chiaramente i

contenuti a Mosè (Mt. 19:8, 1° Cor. 9:9, Ebr. 10:28).

Si è notato nel Deut. una somiglianza con i “patti” tra re e popoli soggetti,

rinvenuti in documenti storici (Hittiti) del periodo (2° millennio a.C.): il preambolo

(1:1-5); il prologo storico (1:6 – 4:49); gli articoli generali (5 – 11) e quelli

particolari (12 – 26); le benedizioni invocate per l’osservanza e le maledizioni per

la trasgressione (27 – 28); la deposizione del testo a disposizione dei sudditi

(31:26); la periodica lettura pubblica (31:9-13); i testimoni invocati per la

convalida (30:19, 31:19,26).

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO MOD.1 40

16.2 Primo discorso: 1:6 – 4:40

I capp. 1 – 3 contengono la ricapitolazione (per la nuova generazione) di tutto il

viaggio e gli avvenimenti dal Sinai fino alla pianura di Moab. Notiamo però come

Mosè dà la colpa al popolo per il fatto che egli non potrà entrare in Canaan

(ripetuto 3 volte: 1:37, 3:26, 4:21). In parte ha ragione, perché doveva entrarvi già

38 anni prima (Num. 13).

Il cap. 4:1-40 contiene invece un’esortazione alla fedeltà e all’ubbidienza e ad

evitare la tentazione all’idolatria dei popolo del Canaan, citando anche le infedeltà

della vecchia generazione. Importanti i vv. 6-8.

16.3 Secondo discorso: la legge ribadita: capp. 5 – 26

Nel cap. 5, Mosè ripete il fondamento del patto, i 10 comandamenti,

sottolineando che il patto è valido anche per la nuova generazione (v.3), e la

necessità del timore di Dio (vv. 23-33).

Il cap. 6 contiene lo “Scemah” (“Ascolta, Israele” – vv. 4-9): è vitale non solo amare

Dio personalmente, ma anche trasmettere l’amore e il timore di Dio di

generazione in generazione (vv. 7,20-25). Le istruzioni dei vv. 8-9, più tardi prese

alla lettera dai pii Ebrei, sembrano più un linguaggio metaforico.

Nel cap. 7, l’ordine di distruggere i popoli di Canaan è motivato essenzialmente

dal timore che possano contagiare e sviare Israele. È l’amore di Dio che dovrà

motivare Israele alla fedeltà e all’osservanza del patto (vv. 7-10).

I capp. 8 – 11 esortano a ricordare il cammino fatto nel deserto (nel quale questa

generazione ha dovuto soffrire per l’infedeltà dei propri padri): “il passato è la

chiave del futuro”. 8:2-5 è un brano “classico” sulla disciplina paterna di Dio (cfr.

Ebr. 12:5-11). 8:11-18 è invece un ammonimento sui pericoli della prosperità

(data da Dio!), che facilmente porta a dimenticarLo e abbandonarLo. Nel cap. 11 è

posta chiaramente la scelta tra l’ubbidienza e la disubbidienza e le loro

conseguenze.

I capp. 12 – 26 contengono una serie di leggi, senza un ordine evidente. Notiamo:

• cap. 12: il culto centralizzato in un solo luogo (N.B. Gerusalemme non viene nominata);

• cap. 13: prova e punizione dei falsi profeti; • cap. 14: leggi sul lutto (costumi pagani), sui cibi, sulle decime. Qui si tratta

della “decima della festa” (oltre quella per i Leviti), da destinarsi a un “fondo per le ferie” (vv. 22-27), e a quella triennale per le opere di carità (vv. 28-29).

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO MOD.1 41

• 17:14-20: legge concessiva su un possibile re (cfr. 1° Sam. 8, 12; 1° Re 10:26, 11:3-6).

• 18:15-22: i profeti, con riferimento anche a “il profeta” (cfr. Atti 3:22, 7:37). • cap. 20: il servizio militare e la conduzione delle guerre (legge

“umanitaria”). • 21:10-14: trattamento delle donne schiave prese come concubine. • 21:18-21: trattamento dei figli ribelli. • 24:1-4: il divorzio (notiamo l’esistenza di diverse interpretazioni del v.1). • 24:5: i nuovi sposi.

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO MOD.1 42

17. L’ADDIO DI MOSÈ: Deuteronomio 27 – 34

17.1 Ordine di rinnovare il patto: capp. 27 – 28

Nel cap. 27, Mosè e gli altri anziani dànno disposizioni per la cerimonia di

rinnovamento del patto con Dio, da celebrarsi dopo il passaggio del Giordano

(dato come una certezza, vv. 2,4,12). Questa cerimonia, che si svolge dopo la

prima fase della conquista (Gios. 8:30-35), dovrà essere caratterizzata da una

grande solennità, in modo di lasciare una profonda impressione nei partecipanti:

infatti tutti dovranno dire il loro “Amen!” alla maledizione invocata sulla propria

testa in caso di infedeltà al patto di Dio.

Il cap. 28 chiarisce il contenuto delle benedizioni e delle maledizioni che

conseguiranno all’ubbidienza e all’infedeltà. Le benedizioni comprendono:

• la prosperità nazionale (v. 1,10); • la prosperità economica (vv. 3-5,8,11-12); • la prosperità e la felicità nella vita familiare (v.4a,6); • il successo militare (v.7).

Viceversa, le maledizioni abbracceranno tutte queste sfere (vv. 15-62), e

culmineranno nell’esilio dalla terra che Dio sta per affidare loro (vv. 63-68). È

significativo il fatto che viene dedicato molto più spazio alle minacce di castigo

che non alle promesse di benedizione: Dio forse comprende meglio di noi la

psicologia e le motivazioni umane? Notiamo anche come Dio opera nella storia

per giudicare nazioni e non individui: cfr. Ger. 18:7-10, con la conseguenza che

alcuni individui possono soffrire insieme con la massa degli ingiusti: cfr. Mt. 5:45.

17.2 Rinnovo del patto ed esortazioni finali: capp. 29 – 30

Notiamo la presenza, e l’inclusione nel patto, anche de “lo straniero che è in

mezzo al tuo accampamento” (29:11-13), e le solenni esortazioni alla fedeltà a Dio

che vede nel segreto dei cuori (vv. 18-20). Notevole anche il v.29.

Nel cap. 30, Mosè prevede come inevitabile l’apostasia, l’esilio e la successiva

restaurazione (vv. 1-5, cfr. 31:16-21), e perfino il Nuovo Patto (v.6, cfr. Ger. 31:31-

34).

17.3 Successione di Giosuè: cap. 31

Notiamo il v. 9: “Mosè scrisse questa legge...”, e l’ordine che sia letta

pubblicamente ogni sette anni (vv. 10-13). Non abbiamo però notizia che questa

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PANORAMA DELL’ANTICO TESTAMENTO MOD.1 43

legge sia mai stata rispettata. Il messaggio a Giosuè è ripetute diverse volte da

Dio stesso in Gios. 1.

17.4 Il cantico di Mosè: cap. 32

Notiamo che il cantico è in previsione dell’apostasia che Dio già prevede in Israele

(31:22): è un “atto di accusa di infedeltà al patto”, ma come molte profezie di

calamità e di giudizio, è inteso a impedire ciò che predice (cfr. Giona). È scritto in

un ebraico molto antico. Viene frequentemente citato nel N.T., ed esprime

l’equilibrio tra il giudizio e la misericordia di Dio (vv. 35-36).

17.5 Le benedizioni profetiche: cap. 33

Cfr. Gen. 49. Notiamo che qui le promesse e le preghiere sono tutte in chiave

positiva. Il capitolo inizia e termina con espressioni di lode a Dio.

17.6 Morte di Mosè: cap. 34

Anche nella sua morte, Mosè riceve un trattamento particolare da Dio (v. 6). Giuda

v.9 fa riferimento a un fatto misterioso riportato nell’apocrifa “Assunzione di

Mosè” (citata da Clemente e Origene). Nei vv. 10-12 è fatto notare che non è

ancora sorto in Israele quel “profeta simile a Mosè” che egli aveva predetto in

18:15.