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“ Paize Autu” Posteitaliane S.p.A. spedizione in Abbonamento Postale –70% CNS/CBPANO/IMPERIA Anno 2 n. 5 Maggio 2009 AMPELIO: UN SANTO CHIAMATO PATRONO P iù di una volta mi sono chiesto come, quando e perché a Bordighera si veneri un Santo Patrono sconosciuto ai più. Non l’ho mai trovato segnato in un calendario e, quando sul lavoro chiedevo le ferie - il 14 maggio - per torna- re al Paese per sant’Ampelio, all’ufficio personale si incurio- sivano molto in virtù di quel santo sconosciuto. Perfino i bordigotti (che peraltro lo ve- nerano molto), non usano met- tere ai loro figli quel nome di battesimo. Trovatemi un bam- bino – oggi – chiamato Ampe- lio e vi pago un caffè. Si metto- no magari i nomi più astrusi o quelli più di moda; magari quelli di qualche protagonista televisivo, del cinema o dello sport, ma Ampelio non suona bene. La generazione prece- dente la nostra qualche Ampe- lio lo ha affibbiato ma con il destino di vederselo storpiare o ridurre a Elio, Eliuccio ecc. Il nome Ampelio veniva invece abitualmente conferito ai bimbi delle generazioni tra le due guerre e più ancora vetuste. Cosicchè gli ultimi Ampelio che troviamo all’anagrafe, oggi hanno dagli ottant’anni in su. Forse il nome Ampelio non si usa più perché sa di vecchio, appunto per il fatto che abbi- niamo a quel nome solo perso- ne passate o anziane. Nelle fiction o nelle telenovela poi, nessuno da emulare si è mai chiamato Ampelio. Certo, un santo che risalirebbe a quasi 1600 anni fa, vecchio lo è davvero. Usiamo il condizio- nale poiché questi “protosanti” sono difficili da collocare stori- camente. Ma ai Bordigotti tutto questo non importa. La devo- zione a questo piccolo, mode- sto semisconosciuto santo è totale. E non c’è bisogno che faccia miracoli per venerarlo. Conosco persone che ogni giorno si recano in Chiesa a pregare al suo altare e ad ac- cendergli una candela. Un’altra signora che ha un’attività com- merciale, non potendolo fare personalmente, incarica un’amica, che tutte le mattine si reca alla chiesetta sul mare ad accendere una candela di devozione. E poi basta guarda- re il 14 maggio alla messa grande e alla processione, ci si ritrova un po’ tutti. Io stesso che non sono propriamente un fervente uomo di chiesa, in tanti anni di migrazione, non mi ricordo di aver perso una festività patronale. Sarà per le radici che abbiamo piantate in questo scoglio del Capo, sarà perché attorno a Lui ci si ritro- va tutti volentieri, sarà perché rifiorisce una parentesi di anti- ca festa, ma la figura di Ampe- lio è l’unica che ci affratella ed unisce veramente. Non è il massimo per una società mo- derna come vorrebbe essere la nostra, ma è un buon punto da cui partire per migliorare i rap- porti tra noi, con chi ci ammi- nistra, con chi viene da noi in vacanza. Insomma, migliorar- ci! Periodico dell’Associazione “U Risveiu Burdigotu” Quella delle palme: una storica marcia Quest’anno è la 36.ma edizione, si svolgerà dome- nica 17 maggio e manterrà le caratteristiche or- ganizzative e di percorso degli ultimi anni: Raduno, partenza ed arrivo sul Piazzale del Capo Raduno: ore 7.30 - Partenza: ore 9.30 Iscrizioni: € 8.00 - Si riceveranno a partire dalle ore 7.30 e fino alle 9.00 sul posto di partenza. Par- te del ricavato sarà devoluto a favore dell’Unione Italiana Ciechi (Sez. Prov.le di Imperia) e all’Ospedale Pediatrico Gaslini di Genova La marcia, come al solito sarà rigorosamente non competitiva ed aperta a tutti - Per tutti ci sarà un ricordo della partecipazione, e poi coppe, targhe ai gruppi più numerosi e premi a sorteggio Il percorso ad anello partirà da Bordighera, toc- cherà Sasso, Madonna della Neve, Vallebona e Borghetto. Sono previsti strategici punti di risto- ro gratuiti. E alla fine spaghettata per tutti! Una giornata di festa Il 14 maggio è la festa di Bordighera per eccellenza e del Paese Alto in particolare. Vi invitiamo a viverla con noi nell’ambito di tutta una gior- nata di eventi: La mattina incontro tra le autorità e i cittadini nella sede dei “Pescatori”, la loro glorio- sa “Società di Mutuo Soccor- so”; Alle 11 Messa solenne nella chiesa Abbaziale di S. Maria Maddalena; Nel pomeriggio processio- ne per le vie del Paese e festa in Piazza Padre Giacomo con noi del “Risveglio” e la Ban- da Musicale: bescouteli, pi- sciarada e in gotu de vin bon; E alla sera…... I FUOCHI

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“ Paize Autu” Posteitaliane S.p.A. spedizione in Abbonamento Postale –70% CNS/CBPANO/IMPERIA Anno 2 n. 5 Maggio 2009

AMPELIO: UN SANTO CHIAMATO PATRONO

P iù di una volta mi sono chiesto come, quando e

perché a Bordighera si veneri un Santo Patrono sconosciuto ai più. Non l’ho mai trovato segnato in un calendario e, quando sul lavoro chiedevo le ferie - il 14 maggio - per torna-re al Paese per sant’Ampelio, all’ufficio personale si incurio-sivano molto in virtù di quel santo sconosciuto. Perfino i bordigotti (che peraltro lo ve-nerano molto), non usano met-tere ai loro figli quel nome di battesimo. Trovatemi un bam-bino – oggi – chiamato Ampe-lio e vi pago un caffè. Si metto-no magari i nomi più astrusi o quelli più di moda; magari quelli di qualche protagonista televisivo, del cinema o dello sport, ma Ampelio non suona bene. La generazione prece-dente la nostra qualche Ampe-lio lo ha affibbiato ma con il destino di vederselo storpiare o ridurre a Elio, Eliuccio ecc. Il nome Ampelio veniva invece abitualmente conferito ai bimbi delle generazioni tra le due guerre e più ancora vetuste. Cosicchè gli ultimi Ampelio che troviamo all’anagrafe, oggi hanno dagli ottant’anni in su. Forse il nome Ampelio non si usa più perché sa di vecchio, appunto per il fatto che abbi-niamo a quel nome solo perso-ne passate o anziane. Nelle fiction o nelle telenovela poi, nessuno da emulare si è mai chiamato Ampelio. Certo, un santo che risalirebbe a quasi 1600 anni fa, vecchio lo è davvero. Usiamo il condizio-nale poiché questi “protosanti” sono difficili da collocare stori-camente. Ma ai Bordigotti tutto questo non importa. La devo-zione a questo piccolo, mode-sto semisconosciuto santo è totale. E non c’è bisogno che

faccia miracoli per venerarlo. Conosco persone che ogni giorno si recano in Chiesa a pregare al suo altare e ad ac-cendergli una candela. Un’altra signora che ha un’attività com-merciale, non potendolo fare personalmente, incarica un’amica, che tutte le mattine si reca alla chiesetta sul mare ad accendere una candela di devozione. E poi basta guarda-re il 14 maggio alla messa grande e alla processione, ci si ritrova un po’ tutti. Io stesso che non sono propriamente un fervente uomo di chiesa, in tanti anni di migrazione, non mi ricordo di aver perso una festività patronale. Sarà per le radici che abbiamo piantate in questo scoglio del Capo, sarà perché attorno a Lui ci si ritro-va tutti volentieri, sarà perché rifiorisce una parentesi di anti-ca festa, ma la figura di Ampe-lio è l’unica che ci affratella ed unisce veramente. Non è il massimo per una società mo-derna come vorrebbe essere la nostra, ma è un buon punto da cui partire per migliorare i rap-porti tra noi, con chi ci ammi-

nistra, con chi viene da noi in vacanza. Insomma, migliorar-ci!

Periodico dell’Associazione “U Risveiu Burdigotu”

Quella delle palme: una storica marcia

Quest’anno è la 36.ma edizione, si svolgerà dome-nica 17 maggio e manterrà le caratteristiche or-ganizzative e di percorso degli ultimi anni: Raduno, partenza ed arrivo sul Piazzale del Capo Raduno: ore 7.30 - Partenza: ore 9.30 Iscrizioni: € 8.00 - Si riceveranno a partire dalle ore 7.30 e fino alle 9.00 sul posto di partenza. Par-te del ricavato sarà devoluto a favore dell’Unione Italiana Ciechi (Sez. Prov.le di Imperia) e all’Ospedale Pediatrico Gaslini di Genova La marcia, come al solito sarà rigorosamente non competitiva ed aperta a tutti - Per tutti ci sarà un ricordo della partecipazione, e poi coppe, targhe ai gruppi più numerosi e premi a sorteggio Il percorso ad anello partirà da Bordighera, toc-cherà Sasso, Madonna della Neve, Vallebona e Borghetto. Sono previsti strategici punti di risto-ro gratuiti. E alla fine spaghettata per tutti!

Una giornata di festa Il 14 maggio è la festa di Bordighera per eccellenza e del Paese Alto in particolare. Vi invitiamo a viverla con noi nell’ambito di tutta una gior-nata di eventi: La mattina incontro tra le autorità e i cittadini nella sede dei “Pescatori”, la loro glorio-sa “Società di Mutuo Soccor-so”; Alle 11 Messa solenne nella chiesa Abbaziale di S. Maria Maddalena; Nel pomeriggio processio-ne per le vie del Paese e festa in Piazza Padre Giacomo con noi del “Risveglio” e la Ban-da Musicale: bescouteli, pi-sciarada e in gotu de vin bon; E alla sera…... I FUOCHI

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QUELLA DELLA MAMMA: UNA FESTA (QUASI) BORDIGOTTA

L a “Festa della Mamma” - il

“Mother’s Day” - nacque con grande solennità 50 anni or sono negli Stati U-niti a Filadelfia e precisa-mente il 10 Maggio 1908 per iniziativa di Frank E. Hering. Essa venne ben presto istituita e celebrata in molte nazioni del mondo: Inghilterra, Belgio, Olanda , Svizzera e Francia. In que-sta ultima nazione fu pro-mulgata con una legge del-lo Stato e la giornata pro-clamata Festa Nazionale. Nella seconda domenica di maggio, infatti, in tutte le famiglie si celebra la festa della mamma, festa intima, fatta di affetto e gentilezza, che tutti i figli preparano con amore per stringersi vicini alla loro mamma. Se la mamma è viva offrono un augurio, un bacio, un fiore e una preghiera. L’idea di solennizzare an-che in Italia la “Mamma” sorse a Bordighera quando il Sindaco Prof. Raul Zac-cari, raccolti elementi su tale festa delle nazioni an-glosassoni e nella vicina Francia, la celebrò a Bordi-ghera per la prima volta in Italia nel 1956, la seconda domenica di maggio in una intensa giornata di amore filiale. Da Bordighera partì un appello a tutti perché volessero istituire per mez-zo dei bimbi la “Festa della Mamma”. L’appello è stato raccolto nel 1957 dalla città di Torino, che in accordo col Provveditorato agli Stu-di, celebrò la festa la dome-nica 12 maggio. In ogni centro della provin-cia di Imperia, nello stesso giorno, in stretta collabora-zione d’intenti col Provve-

ditore agli Studi, fu celebra-ta la “Festa della Mamma” e ne fu illustrato il signifi-cato come trionfo di genti-lezza, di tenerezza, di grati-tudine, come valorizzazione della famiglia, come frutto dell’intimo sentimento che deve unire i figli alle mam-me. Nel volgere degli anni l’esempio fu seguito da nu-merose città d’Italia che, in un fervore di iniziative ce-lebrarono la festa la secon-da domenica di maggio. In data 18 dicembre 1958 il Senatore Zaccari presentò al Senato della Repubblica un disegno di legge tenden-te ad ottenere che anche in Italia venisse istituita la “Festa della Mamma” e che fosse sancita da una legge dello Stato. In tante nazioni del mondo già la festa viene organizzata da anni con crescente fervore: sarebbe quanto mai opportuno che anche in Italia se ne conti-nuasse la tradizione. Nota: Da un appunto dell’Ente Fiera del Fiore e della Pianta Ornamentale di Bordighera-Vallecrosia,

risulta che il Comitato dell’Ente riunitosi in data 15 settembre 1955 sotto la presidenza del sig. Giaco-mo Pallanca e previo accor-di col sindaco prof. Raul Zaccari, proponeva la istitu-zione della “Festa della Mamma” perché è consue-tudine che ogni creatura porti un dono alla propria madre e il dono è appunto il fiore. Fiori recisi vari, pian-te fiorite, ecc. Ciò avrebbe contribuito alla valorizza-zione del prodotto floricolo, per il valore economico che questa festa avrebbe appor-tato alla categoria flororti-cola della nostra zona. La festa venne celebrata per molti anni, prima al Teatro Zeni e successivamente al Palaparco, sotto la spinta del Sen. Prof. Zaccari e con la intensa collaborazione della prof.ssa Eugenia D’Amario, direttrice didat-tica e di tutto il corpo do-cente. Gli addobbi floreali erano curati dai giardinieri comunali, sotto la direzione di Mario Ercoli, già diri-gente dei famosi giardini

Hanbury. La scenografia era realizzata dal bravo di-segnatore Silvano Gugliel-mi dell’Ufficio Tecnico Comunale e segretario era il nostro Ampeglio Verrando. a cura di Giancarlo Pignatta (documentazione dalla collezione di Ampeglio Verrando)

Decennale della Festa della Mamma (1966) allo “Zeni”; il sindaco Zaccari e gli scolari premiati

FESTA DELLA MAMMA (In ricordo di Lei)

Ancora in fasce quando i miei occhi incominciavano ad aprirsi senza conoscere tu ci parlavi e li facevi sorridere. Quanto sei stata paziente, mi hai insegnato a parlare forse la mia prima parola “Mamma” e poi a camminare. Son cresciuto, ti ho fatto disperare tu paziente mi hai fatto ragionare ma dentro di me nessuno ti potrà mai cancel-lare. Quanto sei stata grande “Mamma” Renè

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Episodi de ghera in ti ricordi d’in garsun di Gianni Natta

A mia famija a l’eira resi-dente a Burdighea vecia in

ciàsa du Populo, veiscin a geiscia; mi hon visciu a ghera da dui a sei ani. Avevu ascajsci dui ani candù u “Duce”, dopu u famùsu discursu de Ruma, u l’ha trascinau a naziun in ghera. A Germania a l’aveva occupau u Belgiu e a Franza versu Parigi, nui nu eirimu arivai mancu a Mentun e cuscì i fransesi i ne sparava adosu cu’ e batterie du Mont Augel. Me paire u l’eira in tu grupu antiparacadutisti de Aosta; me Maire e mi, essendu in zona de ghera, semu stai sfullai a Muntautu surva Badalucu. De su tempu ri-cordu sulu che cu me Maire carai-mu in te l’Argentina a fa a liscìa. Dopu a Capitulazium da França semu turnai a Burdighea. Ina nòte avemu sentiu in tremendo boatu, cù l’ha sciapau i vedri e u n’ha spaventau a morte. In cà ghei-rimu tuti e me paire u m’ha imba-cucau in t’ina cuverta e u m’ha purtau in campagna, in tu casun da l’auriva de San Giusepe. Poi hon savùu che in siluru impasìu u l’eira sciupau in tu mùru da pasegiata a mà dau Parigi. I tochi restai da bumba i l’han poi sistemai in ti giardin, cume ricordu, propriu duve avù ghe a roesa di venti. Mi stavu ascaisci sempre dai mei noni in via di Colli e qandu sunava l’alarme scapaimu in ta galeria dù Biu inseme a cheli da zona. Inve-ce, qandu eiru sulu in cà, me ciata-vu suta a scara, cume ù m’aveva ditu de fa me’ nonu “Giuvanin” c’ù l’aveva fau a ghera du 1915/1918 a Verdun, in ta França du nord, e me tegneva stretu, pe’ fame curagiu, au mei can “Pucci” c’u tremana anch’elu. Eiru cuscì ciatau, dopu l’alarme, qandu hon sentiu in burdelu de aparechi chi voerava basi e due forti esplusiui chi han fau tremà a cà. Tre bumbe i eira stae sganciae in sce u Paise Veciù: una a l’eira picà in via Dei Colli, all’autesa de via Zara e a l’aveva fau in sgarbu, largu ascajsci tuta a strada, cu se stava inciendu d’aiga sciurtia dau tubu dell’acquedotu. A segunda a l’eira esplosa in tu giardin da villa San Patriziù e a l’aveva fau in ciotu ancu ciù grosu. A prima bumba a l’aveva amasau in omu cu spunciava u caretu: u fava u stra-

sin. A signura Agnese viduva Blancardi, che a l’eira a menu de cinçanta metri, a s’eira sarvà au riparu de in palu da “Cieli” e a l’eira sta pià da in bauxu in ta spal-la e a l’è restà tantu spaventà da ricurdasene pè tuta a vita. Ina pria da strada a l’è vourà fin a cà de’ me nona, a l’ha sfundau u teitu de tegure e rutu in vasu da nòte de purcelana. A terza bumba, pe’ furtuna nu l’è sciupà. Mi son re-stau pe’ ciù de in’ura suta a scara, abbrasau a Pucci e secu dà puira, prima de truvà u curagiu e pe’ a curiosità anda a ve’. Se e tre bum-be i fuse carae in tu veiscin paise sareva stau ina strage. Me nonu, caiche vota, ù l’aveva idee balurde. Pensai c’ù l’à cu-struiu. In t’ina fascia suta ina roca, “U refugiu”, che u se po’ ve’ an-che avù, l’eira cume ina stanza scomuda, cun due entrae, chela versu a marina a l’eira ina galeria, streta e basa e tuta storta, pe’ fer-mà e schege. A munte gheira ù sgarbu pe’ entrà ciù grosù. Contru e roche, versu a fascia, u l’aveva mesu de’ pali de auriva, poi in metru e mesu de tera e, infin, in mùru de pria viva de ciù d’in me-tru de spesù. U l’eira in veru e propriu “bunker”. E cuscì in giur-nu ina nave, vista sta bela custru-ziun, a n’à sparau contru due canu-nae; a prima a l’è sciupà a cinçanta metri, derè a l’auriva de San Giu-sepe, a segunda a vinti pasi da nui pe’ furtuna sensa esplode. Mi giu-gava viscin a’ porta du refugiu e me nonu ù m’à rajau de boutame au reparu e pe’ fame fa ciù prestu, u ma dau ina pea’ in tu cu’. Me paire u nu l’à fau a tempu a entrà e u s’è sarvau contru a roca. E cuscì, dopu tute se fatighe, pe’ coustruì u “Refugiu”. scaisci scaisci ghe lasciaimu a péle. Autra iniziativa de’ me nonu a l’è sta chela de sarvà dai tedeschi a vaca e u vitelu cu tegneva in ta’ stala purtandu e bestie da so’ cu-sçin “Penatin” a Carpaisce. E cu-scì, cu’ me paire, a vaca e u vitelù, a matin de bonura, i son partìi pe’ u Sciasciu, Seburga, u pasu du Bandiu, San Romulu, Baiardu e poi versu a valle Argentina. Ma viscin ai Vignai i son stai fermai da ina cumpagnia de Tedeschi chi fava in rastrellamentu contru i partigiai. A vaca a l’è stà subitu amasa’ c’un ina scarega de mitra, u vitelu sequestrau; me nonu e me paire, a causi e corpi de muschetu in te’ spale i son stai pussai in sce

in camiun e purtai a Taggia au cumandu tedescu e mesi in prei-sciun, accusai de purtà agiutu ai partigiai. A l’è andà ben che me barba Petrin ù l’eira amigu da signura “Paula” c’à l’eira intima du’ Cumandante tedescu, c’à l’ha mesu ina bona parola e a l’è riu-scia a fali rilascià. A Burdighea i tedesci i aveva u cumandu a “Villa Centallo” pe’ a via di Colli e ina bateria de canui ae Gerbine, interai in te’ de grosi cioti a “Cian Murenu” e cun e pruteziu de rèe mimetiche. In giur-nu avemu vistu i surdati trainà in canun pe’ a Pruvinciale du Scia-sciu. Pe’ curiusità me maire e mi semu andai a ve’. Candu semu arivai da “Oriente”, duve avù se ataca a noeva e a vecia Provincia-le, avemu vistu i surdati ciasà l’obice e poi sparà in primo corpu versu u Seburca. A granata a l’è picà veiscin a ina cà e u canun u l’ha continuau a sparà diversi corpi arangendu u tiru. Poi òn savuù che i “diserturi” i seira fai pija ciatai in ta cantina da cà e che i aveva fau ina bruta fin. Finiu de sparà i tede-schi, turnandu in derè, i han vistu ina nave nemiga in ta marina, i han sistemau u canun dau “Carillon” e i se son mesi a sparà baldansuzi contro a nave. Da u caccia ameri-can i han rispostu au fougu. U primu corpu u l’è picau in ta’ villa de “Scimmie” surva a strada; u secundu corpu u l’è arivau a cìma du mùru da via di Colli, propriu suta a buca du canun; ù l’à fau in mortu e caiche feriu. I tedeschi i han abandunau tutù e i son andai de cursa a ciatase. Da ghera nu hon ciu ricordi, ma hon presente un di primi giurni de paige. Riturnavu da’ campagna, in giurnu de magiu du 1945, avevu pocu ciù de 6 ani; qandu son stau surva a cà de “Tancucu”, all’iniziu da muntà

pe’ a via di Colli, aisu i òi e vegu all’imbucu da strada Gerbine in surdatu american, negru cume u carbun, cu’ fava a sentinela. U cò ù se mesu a bate forte da’ puira, Me son fermau e nu savevu cose fa. Ma pe’ andà a cà de lì duvevu muntà. U surdatu u me gardava, poi m’è paresciu cu’ riesse dai soi denti gianchi gianchi. Me son fau forza e cian cian me son aviscinau. Riendu ù m’ha fermau; “ciao io Jhonn”; mi hon rispostu “sono Gianni”. Avevu, in tu sachetu de carta du pan, caiche bela cireigia “duruna”, n’on piau due pe’ u peculu e ghe l’hon dae. Elu u l’ha alungau a man e u l’ha acetae. Poi, sempre riendu, u m’ha fau pasà. Son carau de cursa pe’ a via di Colli e son arivau a ca’ de me nona senza mai girame in derè. A dumenega dopu me maire a m’ha acumpagnau au “Cap Ampelio” a ina festa pe’ i fioei uferta dai Americai. Arivai all’entrata semu stai fermai da in Burdigotu, cu cunusceva me mai-re, e u n’ha ditu: “vui nu, vosciu cugnau u l’eira in te Brigate ne-gre”. A me maire ghe scapau de di: “ma nu ve sei vendicai abastanza”; a se riferiva ae bote che i partigiai i gaveva dau a liberaçiun qandu i l’aveva serau, cun autri cumpagni, in tu Miramare, fin a l’arivu di americai. Mi hon fau pe’ pasà ma anche pe mi nu gheira ren da fa. Me stavu già rasegnandu a restà foera da festa qandu me se avisci-na u caporale “Jhonn”, u me pija pe’ a man e cun a sua autorità, gardandu in tu murù u guardiapor-te, u me fa entrà e u me porta fin au descu de’ vivande. Me ricordu c’à me sta servia ciuculata cauda, paste dousi, bescoeti e caramelle e che me son propriu encìu de tuta sa bona roba. E fra tante disgrazie voiu finì cuscì in alegria.

LA STORIA SIAMO NOI

Novità editoriale

ISTITUTO INTERNAZIONALE STUDI LIGURI

Sabato 16 Maggio 2009 alle ore 18.00 nel salone “Pompeo Mariani” del Centro Nino Lamboglia, Via Romana 39 a Bor-dighera verrà presentato il volume:

“BORDIGHERA NELLA STORIA, 2“ della professoressa Anna Maria Ceriolo Verrando

“Pagine di vita civile, socioeconomica, religiosa e quotidiana della Comunità di Bordighera tra il XVI e il XVII secolo.”

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Padre Giacomo Viale mo-rì a Bordighera il 16 aprile 1912 dopo essere stato per 49 anni parroco della nostra comunità. Abbiamo chiesto a Franco Zoccoli, che del “Fratin” è devoto cultore, di ricordarne la figura, anche in relazione al centenario della morte prossimo venturo e alle iniziative che sicuramente verranno intraprese. ******** Solidali con l’Abruzzo Il nostro giornale e tutto “il Risveglio”, manifestano il loro cordoglio per le vittime e la loro solidarietà alla Comu-nità abruzzese che numerosa risiede nella nostra zona. Invi-tiamo chi può farlo di rivol-gersi per gli aiuti ai canali ufficiali, allo scopo attivati e non disperdere le risorse nelle troppe iniziative che a volte risultano piuttosto improvvi-sate. Quando Bordighera fu colpita dal terremoto Era una bella mattinata quella delle Sacre Ceneri, il 23 febbraio 1887. Padre Gia-como Viale si apprestava ad uscire all'altare, per celebrare il sacro rito pre-quaresimale e pronunciare ai numerosi fedeli presenti le terribili parole: “ Memento homo quia pulvis es et in pulverem reverteris“, quando improvvisamente (come egli stesso in seguito racconterà), sembrò che un treno transitasse sopra il tetto della chiesa tanto fu forte il rombo che precedette la scos-sa di terremoto. Una scossa di carattere ondulatorio sussulto-rio che terminò con movimen-ti vorticosi. Erano le 6 e 22, la scossa durò circa 15 secon-di ed altre scosse si avvertiro-no per l'intera giornata da Nizza a Genova. Bussana, Castellaro, Baiardo e Ceriana furono quasi completamente distrutte e si ebbero molte

vittime, specialmente tra i fedeli che a quell'ora, come a Bordighera, si trovavano in chiesa per il rito delle sacre Ceneri, e rimasero quindi se-polti sotto le macerie. Trascorso il primo momen-to di smarrimento, Padre Gia-como uscì all'altare e portò a termine la cerimonia, ma la popolazione rimase talmente spaventata (anche per il conti-nuo protrarsi delle scosse per tutto il giorno), che molti fu-rono quelli che decisero di lasciare le proprie abitazioni e di accamparsi sotto ripari di fortuna sulla spianata del Ca-po. Padre Giacomo non tra-scurò e tanto meno abbandonò i suoi amati parrocchiani. Al-lestì un altare di fronte alla porta principale della Parroc-chia, dove per alcuni mesi all'aperto continuò a celebrare le Sacre Funzioni. Per quasi quattro mesi tutte le sere i Bordigotti, non aven-do Bordighera avuto vittime, ed avendo anche subito pochi danni materiali, si recarono in

processione presso la chiesa di Sant'Ampelio, guidati dal loro pastore. Padre Giacomo sta-bilì allora che ogni anno il giorno di quel triste evento fosse celebrata, nella chiesa

del nostro Santo Patrono una Santa Messa, rito che si com-pie ancora ai giorni nostri. Si narra che a Padre Giacomo Viale, nel momento più terri-bile della prima scossa, il pen-siero corse al Cuore miseri-cordioso di Gesù al quale ave-va fatto un voto: se la popola-zione di Bordighera fosse stata salvata da quell'immane sciagura, avrebbe fatto erigere una cappella nella chiesa par-rocchiale, dedicata appunto al crocifisso ed al Sacro Cuore di Gesù. Tale opera come tutte le opere che Padre Gia-como decideva di intraprende-re fu portata a termine. Egli trovò, e nessuno seppe mai dove, i fondi necessari e chie-se al consiglio di fabriceria soltanto che intervenissero per la posa del rivestimento mar-moreo. Presentò la sua richie-sta l'undici luglio 1888 il 20 agosto dello stesso anno ini-ziarono i lavori e 4 mesi dopo Padre Giacomo vi celebrava la prima S.Messa. Tale opera si può ancora ammirare oggi essendo la seconda cappella a sinistra della Parrocchia di Santa Maria Maddalena. Franco Zoccoli

PADRE GIACOMO VIALE: “U FRATIN”

Il busto di Padre Giacomo nell’Abbaziale di S.M.Maddalena

Sant’Ampegliu S. Ampelio Se adescia i burdeli da gente Si ridestano i rumori di gente in ciassa, in piazza, se sente u ciarlatà d’à festa si ascoltano brusii di festa cà l’ariva- dell’evento atteso.- L’è seira, a campana a sona- E’ sera, - la campana suona, se sente in corpu secu- poi un colpo secco di de petardu- mortaretto, un altro ancora,- e ancù in autru-pe regurdà per ricordare che è arrivata che l’ura a l’è arivà- l’ora.- Crii, sgrigi – inseme i cara Grida, richiami, scendono a dau “cavu” e pe i rivai- frotte al “Capo” e alle pendici a “Scibreta” ferma a sente- la “Scibreta” e sciupetae di petardi amighi - guarda impassibile Festa de nustalgie e de parenti lo scoppiettare di che a vita luntan a l’à purtai mortaretti amici.- i te ciama- Festa di nostalgie, richiami di Ina làgrima a t’abrassa e- conoscenti, che la vita a bagna i regordi- lontano porta.- chi, duve u l’è arestau u coe. Una lacrima inumidisce la gioia-qui, dove è rimasto Il cuore. Lorenzo Fenoglio

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PARMURELI IN PIAZZA

Si è rivissuta sabato 4 e domenica 5 aprile a Bordi-ghera Alta, la magia dei “Parmureli”, con dimostra-zioni ed attività d’intreccio nella suggestiva piazzetta dell’Antico Borgo. Bambi-ni, turisti e residenti hanno potuto, ancora una volta, prendere contatto con l’antica arte delle (oramai residue) esperte artigiane e dei non meno sorprendenti artigiani che hanno dato vita ad un pomeriggio di coin-volgenti dimostrazioni. Da più parti è venuta la richie-sta di poter partecipare a veri e propri corsi per non disperdere l’antica tradizio-ne bordigotta.

“U Risveiu Burdigotu” promotore della manifesta-zione cercherà, compatibil-mente con la disponibilità degli appassionati insegnan-ti, di assecondare tale ri-chiesta anche in relazione alla disponibilità stagionale della materia prima (i se-melli). Molto interessante è risulta-ta la mostra, allestita sotto la loggia del campanile dal gruppo fotografico “Riviera dei Fiori”, intitolata “Phoenix, Tributo alla Pal-ma”. Mentre sempre sugge-stiva e coinvolgente si rive-la la processione con la benedizione dei parmureli.

Sono iniziati i lavori per la messa in opera delle teleca-mere di sorveglianza nell’ambito portuale. Tali lavori, caldamente auspicati dai frequentatori del porto in occasione di numerosi furti ed atti di vandalismo verificatisi, dovrebbero es-sere completati al più presto e speriamo costituiscano un valido deterrente. In concomitanza alle telecamere, verranno instal-late delle sbarre per limitare l’accesso solo ai mezzi de-gli aventi diritto in quanto spesso i parcheggi sono oc-cupati da estranei al porto,

mentre chi paga e chi ci lavora non ha possibilità di parcheggiarvi l’auto SPORT : Accompagnati dal nuovo Direttore Tecnico FIV Paolo Ghione, diretti a Barcellona e successiva-mente a Hyeres , hanno fat-to una sosta logistica al Club Nautico Bordighera i “surfisti” della nuova com-pagine italiana formata dalla già cinque volte Campio-nessa del Mondo Laura Li-nares e dagli atleti Federico Esposito e Alessandro Gian-nini, in preparazione per i giochi olimpici 2012. Mauro S.

AREA PORTUALE

Due momenti del pomeriggio d’intreccio in Paese Alto

UNA ROTONDA SUL MARE

Adesso, non è per farci belli con la solita sortita, che noi l’avevamo detto; ma è curioso come ammini-stratori, esercenti, rappre-sentanti di partito e giorna-listi ora perorino la causa dell’abbattimento della Ro-tonda ed il suo eventuale rifacimento. In tempi non sospetti (marzo e poi di-cembre 2008) noi ci schie-ravamo per una soluzione radicale al fine di risolvere una volta per tutte l’annosa questione di questa struttu-ra, da anni oramai “sotto processo”. In particolare auspicavamo la possibilità di vedere il Capo di S. Am-pelio “nature”, vale a dire completamente libero da sovrastrutture e manufatti, così da godere di un pae-saggio unico e non conta-minato da interventi antro-pici, a volte piuttosto in-gombranti. Ma subito dopo ipotizzavamo l’intervento di un qualche progetto si-gnificativo che potesse pre-vedere in quel luogo qual-

cosa di unico, di sicura-mente caratterizzante per la punta più avanzata di tutta la Liguria nel suo mare. Un punto panoramico da valo-rizzare oltremodo, unita-mente alla chiesetta del Santo che da sempre ne disegna il famoso profilo. Nell’esaltazione del mo-mento pensavamo anche al coinvolgimento di uno di quegli architetti di grido (Calatrava, Fuksas, Piano) che con le loro opere e il loro ingegno riescono a far diventare famoso un luogo solo perché vi hanno con-cretizzato una personale idea artistica. Non sappia-mo se le grida dei giornali di questi giorni verranno ascoltate, ma il fatto che a pronunciarsi siano lo asses-sore ai Lavori Pubblici, il portavoce del maggiore partito di opposizione, non-ché il potente e ascoltatissi-mo presidente dei commer-cianti, fa ben sperare per la soluzione a cui molti bordi-gotti attendono.

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UNA PAUSA DI RIFLESSIONE

S ulla destra verso oc-cidente c’erano stalle

e fienili, a sinistra laborato-ri di artigiani. Un tempo l’effluvio di letame si me-scolava a quello dei trucioli di larice e pino cembro, correvano assieme lungo la via a visitare la gente. Nes-suno si lamentava per l’odore di letame. Alcuni anni fa passò un turista dall’aria danarosa. Dette un’occhiata al paese e al paesaggio. Gli piacque. Su-bito si mise a cercare una casa da comprare. Non era tonto, capì di trovarsi in un posto splendido, valeva la pena tenere un pied-à-terre da queste parti. Capì anche un’altra cosa ma non la dis-se a nessuno. Poteva diven-tare proprietario con poco più di cinque milioni di vecchie lire. “Poveri monta-nari” avrà pensato, “con quei soldi a Cortina non compro neanche la por-ta.”Alcuni frettolosi hanno venduto per una pipa di tabacco. Il peggio è che erano convinti di aver fatto l’affare della vita. Per un paio di milioni in più, han-no ceduto pure prati e bo-schi. Per fortuna oggi han-no aperto gli occhi . Se qualche paesano vende la vecchia dimora, chiede una cifra equa. Ma pensandoci bene, è meglio cederla a poco che vederla crollare in terra. Chi l’acquista si inna-mora, le vuole bene, la re-staura, la cura, la controlla, accende il fuoco, la fa vive-re. Ben vengano allora i compratori a pochi soldi: se ciò consente al paese di restare in piedi, sono perdo-nati. Il turista dall’aria facoltosa

trovò l’abitazione consona ai suoi gusti. La pagò un’inezia, la fece restaura-re, ci mise una robusta re-cinzione di ferro, un cartel-lo con la scritta “Proprietà Privata” e, nel tempo libero, vi si installò. Dava poca confidenza agli stanziali. Anzi, non ne dava per nien-te. Certa gente è convinta che, quando compra una casa o un terreno, l’affare gli dia il diritto di fare l’arrogante in terra non sua. Se si sceglie di vivere in un paese foresto, bisogna avere l’accortezza di entrare nell’animo della gente, in-terpretarne i costumi, ri-spettarne le regole. In caso contrario si creano incom-prensioni, attriti, antipatie. Il fatto che uno compri una casa in un paese non suo non gli da il diritto di spa-droneggiare e fare lo spoc-chioso. Il nuovo arrivato ebbe subito a lamentarsi di alcune cose. Se la prese con le campane, che al mattino lo svegliavano anzitempo. Andò dal sindaco e dal pre-te per convincerli a far tace-re i bronzi rompiballe. Non si rendeva conto che il rom-piballe era lui. Coloro ai quali si era rivolto lo man-darono affanculo: “Se non sopporta le campane torni a casa sua” dissero. “Sono a casa mia” sbraitò. D’estate scoprì con disappunto una cosa inaudita. Nei pressi del suo pied-à-terre, una grossa letamaia emanava profumi che lui non gradiva. Era una delle ultime concimaie atti-ve del paese. Chissà cosa avrebbe detto un tempo, quando ogni famiglia ne aveva una accanto all’uscio. Un bel mucchio di letame come un giardino sul quale spuntavano fiori. Tornò dal

sindaco a lamentarsi. Que-sta volta minacciò di far intervenire l’ufficiale sani-tario. La voce del reclamo circolò in paese come il profumo della letamaia. Un venerdì pomeriggio ar-rivò col macchinone dopo aver lasciato la città dove teneva i suoi commerci. Parcheggiò e si diresse al pied-à-terre. Mentre inseri-va la chiave nel cancello di recinzione alzò gli occhi Rimase fulminato. La casa era completamente intona-cata di letame. Del buon letame pastoso, scuro, come argilla verde, stava appicci-cato a larghe chiazze su muri, finestre, porte e scala. E sui gerani della moglie che, essendo un po’ debo-lucci, avevano bisogno di concime. Il facoltoso scattò a passi nervosi avanti e in-dietro. L’ira lo faceva salta-re come un cavallo bizzar-ro. Bestemmiò e mugugnò più volte. Minacciò vendet-te, chiamò i carabinieri, denunciò ignoti, sbraitò. Alla fine, dovette chiamare l’impresa di pulizie per far tornare la casa linda come un tempo. Per denunciare un colpevole bisogna bec-carlo, in quel caso colpevoli non ce n’erano. Una sera lo incontrai alla sagra d’agosto nel paese nuovo. Mi avvicinai e sot-tovoce gli dissi: “I miei pa-esani sono buoni diavoli, provi a usare la dolcezza, otterrà tutto ciò che vuole”. Saltò su dalla sedia come morso dalla vipera.”Allora lei sa qualcosa” sbraitò, “la trascino in tribunale, deve dirmi chi ha insozzato la mia casa!” “Si calmi” sus-surrai, “quello che so io lo sa il paese intero, tutti han-no visto il nuovo intonaco

alla sua casetta, forse cono-sco anche i muratori, ma non lo direi nemmeno sotto tortura. Con la guerra si ottiene guerra e non si fini-sce mai. In fondo è lei ospi-te in questo paese. Non dico che debba fare lo schiavo o il servo, questo mai. Deve soltanto adattarsi un po’. Fra qualche mese non s’accorgerà nemmeno che suonano le campane. E, con un po’ di assuefazione il suo prezioso tubero non sentirà nemmeno l’odore della concimaia. Tra poco verrà l’autunno e poi l’inverno, la letamaia sarà dura come roccia, non pro-fumerà più. Che peccato! Tutto quel buon odore!” Mi guardò come volermi man-giare vivo, ma tacque. Con-tinuai: “Cominciamo subito ad andare d’accordo, bevia-moci un bicchiere assieme”. Parve sorpreso. Dopo un attimo di smarrimento, bo-fonchiando qualcosa andò al bancone e tornò con due bicchieri di vino. E dopo altri due, e altri due ancora. E avanti. Ci tirammo ubria-chi fradici. Mi resi conto che cercava in me il com-plice per tutelarsi il futuro da ulteriori attentati. Gli feci capire che io non ero un capobanda o, peggio ancora, il capobanda. “Qui siamo tutti cani sciolti, all’occorrenza uniti, ma ognuno è capo di se stesso”. Per qualche tempo parve convincersi che gli conve-niva stare buono, cercare di legare, farsi un po’ di ami-ci. Ma quello era uno abitu-ato a comandare, a compra-re il potere con i soldi. Quando capì che quassù con i soldi poteva comprare case ma non gente, si arrab-biò del tutto.

(Racconto tratto dal romanzo di M. Corona “I fantasmi di pietra”)

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Tiro a segno Il mese di maggio è il mese delle rose, di S. Ampelio e della Festa della Mamma, ma per i Bordigotti del Paese Alto, a quanto pare è anche il mese del mugugno. A lato pubblichiamo la lettera di Ampè che è perfino costruttiva nelle sue argomentazioni, mentre Spillo concede parte del suo spazio all’intervento “arrabbiato” della signora Bigin che con il suo contributo “pirotecnico” precede i fuochi del 14 maggio: “Quante lamentele, quanti articoli e quante promesse per il nostro Centro Storico...ma, a tutt’oggi non è cam-biato granchè. Si era parlato della nuova illuminazione, a partire dal quartiere delle Condamine; del dissuasore per impedire l’accesso ai veicoli al di fuori delle ore consen-tite. Invece, sempre più spesso, la piazza diventa un par-cheggio dove, a volte si fa fatica a girare ed i bambini non possono più giocare. Inoltre ci sono persone che am-biscono ad avere l’auto sotto casa e non si fanno scrupo-lo alcuno a parcheggiare, ad esempio, davanti all’oratorio Noi abitiamo in piazza ed anche a noi piacerebbe ave-re i nostri mezzi sotto casa a portata di mano. Ma se tutti facessimo così!!!!??!! Ricordiamoci che la nostra libertà finisce dove comincia quella degli altri. Volevo parlare della fontanella della Maddalena, uti-lizzata dai vari muratori per pulire i loro attrezzi, che da settimane è otturata, ma proprio mentre scrivo ho visto che la stanno stappando, non senza una certa fatica….. Tra poco tornerà l’estate e con essa i vari dehors. Cer-chiamo di offrire ai nostri visitatori un luogo accogliente e non infestato di maleodori, gas di scarico e topi. Come già detto e sentito in altre occasioni, occorre iniziare a gestire la situazione partendo dalle piccole ope-re e, col tempo, si arriverà a sistemare quelle grandi.” Gli interventi di Bigin ed Ampè sono sintomatici di un disagio diffuso che si vive in Paese per la mancata soluzione dei pur minimi problemi, quelli pratici di tutti i giorni. Potremmo aggiungerne molti altri che magari e-lencheremo, se non proprio al Sindaco, a qualche Asses-sore di buona volontà. “Ed è qui il punto fusibile di Bordighera Alta” ci ha candidamente confessato un esperto amministratore pub-blico. “Quello di non esprimere nessun Consigliere né di maggioranza, né di opposizione. Guardate il Borghetto, portano ben tre Amministratori; la zona franca di Sasso esprime anch’essa un Delegato; perfino il Montenero vanta una rappresentanza in Amministrazione. Voi no! A Bordighera Alta dovete affidarvi alla benevolenza dell’Assessore di turno, che dovete peraltro ringraziare per qualche intervento che riesce a perfezionare, magari facendo i salti mortali. Meditare gente, meditare!” Spillo

L’ultimo appiglio lo cercò nel frastuono che il comples-so musicale provocava du-rante le notti delle sagre di agosto. I suonatori non guar-dano l’orologio, finchè c’è gente, anche uno solo, suo-nano. Ci si diverte, si be-ve,alcuni crollano a terra, ma ne restano in piedi a suffi-cienza per i quali continuare il fracasso con chitarre e fi-sarmoniche. Il foresto pre-tendeva di far smettere i mu-sicanti a mezzanotte. Aveva ragione, ma loro non gli da-vano retta. Voleva chiamare i carabinieri. Gli spiegammo che noi non avevamo mai chiamato i carabinieri. So-prattutto per robe futili. Lui, in pochi mesi, li aveva chia-mati quattro volte. Un amico piuttosto alticcio ascoltava la discussione. A un certo pun-to si accese una sigaretta. Guardò il fiammifero, lo spense con un soffio, fisso negli occhi il facoltoso e dis-se:” “E’ un mese piuttosto secco, questo agosto, bisogna stare attenti a buttar via il cerino.

Vale poco un cerino, ma può fare milioni di danni. Bisogna spegnerlo bene quando si butta via un ceri-no”. Il piantagrane sbiancò. Aveva interpretato la giudi-ziosa affermazione dello a-mico come una minaccia. Pensò che volessimo bruciar-gli la casa. Non parlò più; di li a un anno vendette il pied-à-terre a un altro tizio venuto dalla città, col rischio di an-nusare odore di letame pure lui e udire rintocchi di cam-pane. Il riccastro sparì e non si è fatto più vedere. Il nuovo proprietario, un uomo con moglie e figli, è un tipo in gamba. Non si lamenta delle campane, le ascolta volen-tieri. Non se la prende con le concimaie (sono soltanto due) e tanto meno con le fi-sarmoniche che suonano nel-le notti di agosto. Forse per-ché ha lavorato in fabbrica dove rumori ed odori sono ad alto livello. Oggi è in pensio-ne. Mi ha confidato che, quassù, il silenzio quasi lo spaventa. E’ molto contento. a cura di Silux

RICEVIAMO E VOLENTIERI PUBBLICHIAMO Ci scrive Ampelio, un paesengo di antico lignaggio, per lamentarsi di alcune situazioni (che vorrebbe indirizzare al Sindaco) - apparentemente di secondo piano - ma che incido-no (e non poco) alla qualità della vita nel nostro Borgo. La prima osservazione riguarda la fontana situata nella piazza della Maddalena che da quasi un mese è inutilizzabile. Ricorrentemente infatti, questa fontana risulta intasata per l’abitudine che molti hanno di andarvi a lavare attrezzi o macchinari, i cui materiali ne ostruiscono lo scarico. Biso-gnerebbe sostituire la griglia di protezione con un’altra a maglie più fitte e renderla meno facilmente estraibile. Sempre relativamente agli scoli, anche in considerazione delle recenti piogge, si rileva come molte canditoie per la raccolta delle acque piovane risultino sporche e ostruite, con tutti i problemi che ne conseguono (sporcizia a mare, e acque reflue che si disperdono nei vicoli e per le strade). La terza denuncia riguarda l’abitudine di collegare insie-me le grondaie e gli scarichi fognari. Un esempio fra i tanti? Il recente rifacimento della facciata in Piazza del Popolo, non poteva prevedere una diversa e più consona soluzione ri-guardante i due collettori? Sia che vadano direttamente al mare o al depuratore, le acque così mischiate creano proble-mi. Immaginate voi di che tipo. Perché da parte di chi di do-vere non si prendono i dovuti provvedimenti?

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N ello scorso mese di marzo, nel consueto

mio editoriale, avevo auspica-to, che si giungesse ad organiz-zare un “forum”sul turismo a Bordighera. Avevo lanciato questa idea, con la speranza di avere un qualche segno di ri-scontro. Sinceramente, non c'è stato e ne sono dispiaciuto, perché ritengo da tempo, che su questo specifico settore sia necessario un coinvolgimento il più allargato possibile. Biso-gnerebbe creare un vero pro-prio organismo, composto da pubblico e privato, che potesse indicare delle precise linee guida. Purtroppo, debbo con-statare che ognuno va un po' per suo conto, e non segue delle logiche precise. La Fondazione Pompeo Maria-ni, da più di 10 anni attiva sul territorio, sponsorizzando deci-ne e decine di eventi di mag-giore o minore importanza, nel nostro estremo ponente e non solo, pur avendo dato lustro e riconoscimenti, in più di un'oc-casione alla nostra cittadina, non è mai stata coinvolta diret-tamente in progetti di grande rilevanza. Ci farebbe piacere, aiutare e coinvolgere diversi giovani capaci, meritevoli e con grandi potenzialità, nella realizzazione di idee, creandoli “in casa” senza il bisogno di

avvalersi di soggetti esterni, che non hanno così tanto a cuore il nostro territorio. Mi sono reso conto, in questi anni, dell'esistenza di persone, con grandi potenzialità, che però spesso e volentieri si sentono inutili e mortificate. Bordighera potrebbe entrare in un vero e proprio momento magico e creare posti di lavoro nel settore turistico-culturale, che da più parti viene conside-rato come risolutivo della crisi mondiale. Colgo l'occasione per rivolgermi agli Ammini-stratori locali, agli operatori nell'ambito commerciale e turistico, nonché all'industriale e collezionista Angelo Terruz-zi, grande cultore ed appassio-nato d'arte, affinché partecipi-no e collaborino a progetti di ampio respiro. Si tratta di sce-gliere gli autori ed attori, senza preferenze o preconcetti, ma sulla base dell'effettiva capaci-tà. Vedo all'orizzonte una Bordi-ghera come “città degli artisti”, dei musei e dei grandi premi artistici e letterari. Non vado oltre, ma già nella mia mente il progetto è pronto e vorrei po-terlo realizzare, con l'aiuto di tutti i bordigotti, dando una corsia preferenziale ai giovani, che come ben sappiamo sono e rappresentano l'avvenire.

Carlo Bagnasco

V enerdi 17 aprile si è tenu-to un interessante conve-

gno presso la Sala Rossa del Pala-parco dal titolo: “Progetto Phoenix – Un nuovo futuro per le palme di Bordighera”. Si è trattato della presentazione, appunto, del “Progetto Phoenix” e dei primi risultati ottenuti, completata da una esposizione scientifica, cultu-rale, storica e paesaggistica del Beodo, di quello che si è deciso chiamare “l’Orto sperimentale Natta” e di tutto il comprensorio del Vallone del Sasso. Dopo il saluto del sindaco Gio-vanni Bosio, dell’assessore ai Lavori Pubblici Giovanni Allave-na e del presidente del Comitato per la salvaguardia del Beodo e del Vallone del Sasso dott. Carlo Bagnasco, il prof. Fabio Palazzo dell’Università di Genova e con-sulente della Regione ha illustrato, per sommi capi, il progetto su cui si baserà il recupero e la valorizza-zione della Pineta, del Beodo e del Giardino Winter in Arziglia. Si sono poi alternati per le loro esposizioni i vari relatori: Carlo Pasini e Marco Ballardini del C.R.A.- Centro Ricerche per l’Agricoltura di Sanremo che han-no parlato rispettivamente della difesa nei confronti del punteruolo rosso e degli studi genetici sulle palme del Vallone del Sasso; Pao-lo Veziano ha relazionato su bio-base- ricerche storiche, scientifi-che ed iconografiche delle palme; Claudio Littardi del Centro Studi e Ricerche per le Palme ha presenta-to le osservazioni fenologiche comparative sulle palme da datteri

tra il Maghreb, Sahel, Bordighera e Sanremo; Giancarlo Pignatta de “U Risveiu Burdigotu” ha illustra-to quello che sta diventando “l’orto sperimentale Natta” nel cuore del comprensorio del Beo-do; ed infine il responsabile del Servizio Giardini del Comune, Sergio Balduinotti ha parlato della battaglia che Bordighera ha ingag-giato con il Punteruolo rosso, battaglia che sta conoscendo inco-raggianti risultati. Un folto pubblico ha seguito, mol-to interessato, il convegno che ha avuto lo scopo di presentare oltre al progetto anche tutte le argo-mentazioni relative a idee, propo-ste e contributi derivanti da utenti, studiosi e appassionati che hanno a cuore Bordighera e le sue eccel-lenze culturali, storiche e paesag-gistiche. A margine di queste con-siderazioni (a margine?), non dobbiamo dimenticare che sta per essere riconosciuto un investimen-to di un milione e ottocentomila Euro, per gli attesi interventi sul beodo, per la pineta e nel giardino Winter. Una cifra importante che potrà concorrere - se oculatamente impiegata - a risolvere molti (se non tutti) i problemi delle aree interessate. ***

Paize Autu Direttore Responsabile: Giancarlo Pignatta Registrazione del Tribunale di Sanremo nr. 03/08 del 04/07/2008 Direzione-Amministrazione-Redazione: 18012 Bordighera Alta – Via alle Mura, 8 Le firme impegnano gli autori degli articoli Stampato in proprio a Bordighera Alta Collaboratori: Stefano Albertieri, Mario Armando, Carlo Ba-gnasco, Simona Biancheri, Anna Maria Ceriolo, Giacomo Ganduglia, Claudio Gazzoni, Irma Murialdo, Alessandro Se-ghezza, Ampeglio Verrando, Franco Zoccoli, Lucia Xaiz. Sito informatico a cura di Mauro Sudi

“U Risveiu Burdigotu” Sede: Via alle Mura 8 18012 Bordighera Alta

Orario : lunedì e venerdi dalle ore 16,00 alle 18,00

giovedì dalle 21 alle 23

e-mail: [email protected] Internet:www.urisveiuburdigotu.it

Telefono: 3464923130

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LA BORDIGHERA CHE VORREI Progetto Phoenix:

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UN NUOVO FUTURO PER LE NOSTRE PALME