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Pagine elettroniche www.quaderniacp.it ISSN 2039-1382 Il colloquio motivazionale funziona nella prevenzione dell’obesità in età pediatrica? La Carta del convegno “Lo sguardo sulla sofferenza del bambino” Lucian Freud, Large Interior, Notting Hill (1998) Influenza neurobiologica della pubblicità televisiva sulle scelte alimentari nei bambini: uno studio sperimentale Poster congressi. Tabiano XXV: Allargare lo sguardo (1° parte) Settembre - Ottobre 2016 / Vol. 23 n.5 Poster congressi pag. p.1 L’ articolo del mese pag. am.1 Narrare l’immagine pag. ni.1 Documenti pag. d.1 Newsletter pediatrica pag. n.2 In questo numero: Lucian Freud (1922-2011) Large Interior, Notting Hill” (1998) “particolare” Collezione privata

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Pagine elettroniche

www.quaderniacp.it ISSN 2039-1382

Il colloquio motivazionale funziona nella prevenzione dell’obesità in età pediatrica?

La Carta del convegno “Lo sguardo sulla sofferenza del bambino”

Lucian Freud, Large Interior, Notting Hill (1998)

Influenza neurobiologica della pubblicità televisiva sulle scelte alimentari nei bambini: uno studio sperimentale

Poster congressi. Tabiano XXV: Allargare lo sguardo (1° parte)

Settembre - Ottobre 2016 / Vol. 23 n.5

Poster congressi pag. p.1

L’ articolo del mese pag. am.1

Narrare l’immagine pag. ni.1

Documenti pag. d.1

Newsletter pediatrica pag. n.2

In questo numero:

Lucian Freud (1922-2011)“Large Interior, Notting Hill” (1998) “particolare”Collezione privata

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Pagine elettroniche di Quaderni acp Settembre - Ottobre 2016 / Vol. 23 n.5

Newsletter pediatrican.1 “Se non mangio più le arachidi mi viene l’ allergia?”: i risultati dello studio di follow-up LEAP-Onn.2 Il colloquio motivazionale funziona nella prevenzione dell’ obesità in età pediatrica?n.3 Valutazione di un intervento riabilitativo per bambini con ritardo di linguaggio: alti costi per un scarsa efficacia scarsa.n.4 Mutilazioni genitali femminili in bambine: una serie di casi di un ambulatorio dei servizi di protezione a Londran.5 Cochrane Database of Systematic Review: revisioni nuove o aggiornate luglio-agosto settembre 2016

Documentid.1 La Carta del convegno “Lo sguardo sulla soffe- renza del bambino” Commento a cura di Patrizia Ellid.2 Il consensus statement dell’ Accademia Ameri- cana di Medicina del Sonno (AASM) sulla du- rata del sonno nella popolazione pediatrica Commento a cura di Maria Luisa Tortorella

L’ Articolo del Meseam.1 Influenza neurobiologica della pubblicità televisiva sulle scelte alimentari nei bambini: uno studio sperimentale

Poster congressip.1 Poster specializzandi (1° parte) Tabiano XXV: Allargare lo sguardo Narrare l’ immagineni.1 Lucian Freud, Large Interior, Notting Hill (1998) Descrizione a cura di Cristina Casoli Impressioni di Laura Brusadin, Maddalena Marchesi e Giuseppe Primavera

Direttore Michele Gangemi

CoordinatoreCostantino Panza

Comitato editorialeLaura Brusadin Claudia Mandato Maddalena MarchesiCostantino PanzaGiacomo Toffol

CollaboratoriGruppo PuMP ACP Gruppi di lettura della Newsletter PediatricaRedazione di Quaderni acp

Presidente acpFederica Zanetto

Progetto grafico ed editingProgrammazione webGianni Piras

InternetLa rivista aderisce agli obiettivi di diffusione gratuita della let-teratura medica ed è disponibi-le integralmente all’ indirizzo:www.acp.it/pagine-elettroni-che

[email protected]

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Newsletter Pediatrica

“Se non mangio più le arachidi mi viene l’allergia?”: i risultati dello studio di follow-up LEAP-On

Metodo Prosecuzione di un precedente studio, randomizzato controllato in aperto su bambini ad alto rischio di allergia (eczema grave e/o allergia all’ uovo), Learning Early about Peanut Allergy (LEAP study), arruolati tra i 4 e gli 11 mesi, stratificati in due coorti (prick test negativi vs prick test tra 1 e 4 mm; esclusi i pazienti con prick test > 4 mm) e randomizzati in due gruppi: gruppo “A” d’ intervento con assunzione di arachidi e gruppo “E” di controllo con evitamento delle arachidi, valutati per l’ outcome “prevalen-za di allergia” alle arachidi (tramite prick test, IgE, IgG e IgG4 arachidi-specifiche) a 60 mesi (5 anni). Lo studio LEAP aveva provato come l’introduzione alimentare precoce (ossia entro gli 11 mesi di vita) delle arachidi in bambini ad alto rischio di aller-gia potesse prevenirne lo sviluppo di allergia sia nei soggetti non sensibilizzati che in quelli sensibilizzati modulando la risposta immune verso la tolleranza (vedi scheda Newsletter Pediatrica n. 2/2015 pag. 22).

Obiettivo (con tipo studio)Studio di follow-up di confronto tra due gruppi per valutare se la prevalenza di allergia alle arachidi rimane bassa dopo dieta d’ esclusione per 12 mesi a partire da 5 anni di età (Persistence of Oral Tolerance to Peanut - LEAP-On).

PopolazioneTra i 628 bambini della popolazione intention-to-treat del prece-dente studio considerati eligibili (in quanto valutati per l’ outco-me primario) ne sono stati arruolati 556 (88,5%, 274 assegnati al gruppo A e 282 al gruppo E nel trial randomizzato originale).

InterventoDieta priva di arachidi per 12 mesi in entrambi i gruppi. Outcome/EsitiOutcome primario: prevalenza, all’ età di 6 anni e dopo i 12 mesi di dieta d’ esclusione, di allergia alle arachidi (diagnosticata con test di provocazione orale oppure, nei casi dove quest’ ultimo è risultato non disponibile o non conclusivo, con uno specifico al-goritmo diagnostico). Valutazione inoltre di prick-test, IgE ara-chidi-specifiche, IgG4 arachidi-specifiche ed eventuali IgE speci-fiche per Ara h2. TempoArruolamento: dal 26 maggio 2011 al 29 maggio 2014.

Risultati principali

Dei 556 pazienti 550 (98,9%) hanno portato a termine lo stu-dio con valutazione dell’outcome primario: 515 di questi (93,6%) tramite test di provocazione orale, nei restanti 35 tramite algo-ritmo diagnostico. L’ aderenza alla dieta di eliminazione è risul-tata elevata (80%): 90,4% nel gruppo E e 69,3% nel gruppo A. Nell’ analisi intention-to-treat la percentuale di allergia alle ara-chidi a 6 anni si è confermata significativamente maggiore nel gruppo E rispetto a quella del gruppo A (18,6% vs 4,8%; P<0,001). Tale differenza si manteneva significativa anche nell’analisi per-protocol e stratificando i pazienti in base alla preesistente sensibilizzazione alle arachidi (prick test negativo vs positivo). Nel gruppo A non c’ è stato un significativo aumento della pre-valenza di allergia dopo i 12 mesi di astensione (4,8% a 6 anni vs 3,6% a 5 anni; P=0,25). Il livello medio delle IgE specifiche per Ara h2 era significativamente maggiore nel gruppo E, così come il diametro medio del prick test (biomarker di allergia). Invece il livello di IgG4 e il rapporto IgG4/IgE specifici (biomarker di tolleranza) risultavano maggiori nel gruppo A. Conclusioni

Nei pazienti ad alto rischio di allergia che hanno introdotto nel primo anno di vita e continuano ad assumere fino a 5 anni ara-chidi, un periodo di 12 mesi di dieta d’esclusione non è associato a un aumento della prevalenza di allergia, e neppure a un cam-biamento dei parametri immunologici, confermando la stabilità del rapporto tra sensibilizzazione e tolleranza. Altri studi sull’ argomento

Come già espresso nella scheda precedente [1] l’ interesse per tale argomento parte dal riscontro dell’utilità, in soggetti già allergici, dell’ immunoterapia specifica, anche se gli studi sull’argomento mostrano una perdita della tolleranza alla sospensione della te-rapia (per arachidi e uovo) [2-5]. Diverse revisioni sistematiche della letteratura negli ultimi anni hanno messo in dubbio il ruo-lo dell’ introduzione ritardata dei cibi complementari, tanto da portare a una modifica delle linee guida internazionali, anche se non è stata univocamente chiarita l’ età in cui l’ introduzione pre-coce degli alimenti allergizzanti risulti protettiva nei confronti dello sviluppo d’ allergia [6-8]. In particolare un recente studio (Enquiring about Tolerance - EAT) non ha mostrato una signi-ficativa differenza nella percentuale di allergia tra i pazienti che hanno introdotto l’ alimentazione complementare a partire dai 3 mesi per 6 dei cibi più allergizzanti [9]. Che cosa aggiunge questo studio

Lo studio dimostra che l’ efficacia preventiva dell’ assunzione precoce delle arachidi sullo sviluppo dell’allergia (già riscontrata

Du Toit G, Sayre PH, Roberts G, et al. Immune Tolerance Network LEAP-On Study Team. Effect of Avoidance on Peanut Allergy after Early Peanut ConsumptionN Engl J Med. 2016 Apr 14;374(15):1435-43

NEWSLETTER PEDIATRICA2016; 23(5):n.1 pag. 1 di 2

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nel precedente studio LEAP) è sufficiente a indurre tolleranza, indipendentemente dalla quantità della successiva assunzione e anche dopo un lungo periodo d’astensione. Commento Validità interna

Disegno dello studio: la numerosità del campione, la randomiz-zazione e la stratificazione a seconda della sensibilizzazione si confermano come punti di forza anche nello studio di follow-up, così come suoi limiti risultano il fatto che lo studio non sia in cie-co. Il campione iniziale, inoltre, ha escluso i bambini a basso ri-schio di allergia e, soprattutto, quelli con un pomfo > 4mm all’a-nalisi iniziale, i soggetti che più potrebbero beneficiare di questo intervento. Un punto di forza dello studio è l’ alta percentuale di arruolamento (88,5%) tra i partecipanti allo studio precedente risultati eligibili. D’ altro canto un limite, citato dagli stessi autori, risulta invece la differenza tra i pazienti assegnati ai due gruppi nell’aderenza alla dieta d’ esclusione (valutata tramite questiona-rio telefonico settimanale nel primo mese, bisettimanale nei suc-cessivi due mesi e successivamente mensile e confermata dalla misurazione delle proteine delle arachidi nella polvere ricavata dai letti a 2-4 settimane dalla valutazione dell’ outcome), aderen-za che è risultata nettamente inferiore nel gruppo A. Secondo gli autori tale limite verrebbe però superato dalla comunque ade-guata potenza statistica dell’analisi per-protocol. Lo studio LEAP non indaga la durata minima dell’assunzione precoce di arachidi che permetta l’induzione della tolleranza: tale quesito meritereb-be di essere esplorato da un nuovo studio clinico.Esiti: l’ esito risulta rilevante, definito e correttamente dimostrato secondo le linee guida diagnostiche con il test di scatenamento orale nel 93,6% dei soggetti. Solo in un ridotto numero di pazienti in cui il test di provocazione orale è risultato non disponibile o non conclusivo è stato utilizzato un algoritmo diagnostico, però non esplicitato nell’ articolo, ma solo nell’appendice supplementare. Conflitto di interesse: non vengono dichiarati significativi con-flitti di interessi da parte degli autori.

Trasferibilità

Popolazione studiata: l’ allergia alle arachidi per la sua potenziale gravità e prevalenza in alcune nazioni, è un problema rilevante anche se in Italia non è l’allergia alimentare più frequente.Tipo di intervento: è attuabile anche nella nostra realtà, pro-ponendo la somministrazione precoce a partire dall’inizio dell’ alimentazione complementare (entro l’11° mese di vita) nei bambini a elevato rischio di allergia o con dermatite atopica.

1. Newsletter pediatrica acp 2015 n.2 pag 22-232. Nurmatov U, Venderbosch I, Devereux G, et al. Allergen-specific oral immunotherapy for peanut allergy. Cochrane Database Syst Rev. 2012 Sep 12;(9):CD009014 3. Burks AW, Jones SM, Wood RA, et al. Oral immunotherapy for treat-ment of egg allergy in children. N Engl J Med. 2012;367(3):233-43 4. Vickery BP, Scurlock AM, Kulis M, et al. Sustained unresponsiveness to peanut in subjects who have completed peanut oral immunotherapy. J Allergy Clin Immunol. 2014;133(2):468-75 5. Sun J, Hui X, Ying W, et al. Efficacy of allergen-specific immunothe-rapy for peanut allergy: a meta-analysis of randomized controlled trials. Allergy Asthma Proc. 2014;35(2):171-7 6. Cochrane S, Beyer K, Clausen M, et al. Factors influencing the inci-dence and prevalence of food allergy. Allergy. 2009 Sep;64(9):1246-55 7. Greer FR, Sicherer SH, Burks AW, et al. Effects of early nutritional interventions on the development of atopic disease in infants and chi-dren: the role of maternal dietary restriction, breastfeeding, timing of introduction of complementary foods and hydrolized formulas. Pedia-trics 2008; 121: 183-1918. Agostoni C, Decsi T, Fewtrell M, et al. Complementary feeding: a commentary by the ESPGHAN Committee on Nutrition. J Pediatr Ga-stroenterol Nutr. 2008;46(1):99-110 9. Perkin MR, Logan K, Tseng A, et al. Randomized Trial of Introduction of Allergenic Foods in Breast-Fed Infants. N Engl J Med. 2016;374(18): 1733-43

Scheda redatta dal gruppo di lettura di Milano: Valeria Casotti, Riccardo Cazzaniga, Valentina Decimi, Gian Piero Del Bono, Marta Gozzi, Alessandra Lazzarotti, Giuseppe Lietti, Laura Martelli, Maria Luisa Melzi, Ambrogina Pirola, Ferdinando Ragazzon, Patrizia Rogari, Claudio Ronconi, Elisabetta Sala, Francesca Sala, Francesca Santus, Maria Teresa Tartero, Federica Zanetto.

Newsletter Pediatrica

NEWSLETTER PEDIATRICA 2016; 23(5):n.1 pag. 2 di 2

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Il colloquio motivazionale funziona nella prevenzione dell’obesità in età pediatrica?

Metodo Obiettivo (con tipo studio)Valutare l’ efficacia di un intervento di prevenzione primaria sull’obesità in ambito pediatrico tramite il colloquio motivazio-nale. Trial controllato randomizzato a cluster in un setting di cure primarie.

PopolazioneLo studio, realizzato in Svezia, è stato proposto ai neo-genitori in carico per la prima volta presso uno dei 59 child health care cen-ters (CHC) partecipanti. Famiglie contattate 2230: rifiutano di partecipare 498 famiglie e 363 presentano i criteri di esclusione (lingua parlata non svedese, in procinto di cambiare residenza, gravi problemi sociali famigliari). Arruolate 1355 famiglie e 1369 bambini. InterventoPresso 31 CHC, 72 infermiere formate all’ intervento motivazio-nale e ai temi di nutrizione e attività fisica hanno seguito le fami-glie di 601 bambini attraverso 1 sessione di gruppo e 8 sessioni individuali, di cui 2 telefoniche, iniziando dall’età di 9 mesi fino a 4 anni.

ControlloPresso 28 CHC, 57 infermiere hanno seguito le famiglie di 768 bambini di pari età con i controlli clinici usuali.

Outcome/EsitiEsito primario: controllo del BMI, circonferenza vita, prevalenza di sovrappeso all’ età di quattro anni.Esiti secondari: abitudini alimentari, attività fisica del bambino e della madre, BMI, prevalenza di sovrappeso e circonferenza vita materna.

TempoArruolamento: da marzo 2008 a gennaio 2010. L’intervento si è svolto in circa 39 mesi.

Risultati principali

Non sono state riscontrate differenze statisticamente significa-tive degli outcome primari: BMI del bambino: differenza me-dia=-0.11, IC 95% -0.31-0.08; circonferenza vita differenza me-

dia=-0.48 IC 95% -0.99-0.04. Prevalenza di sovrappeso RR=0.95 IC 95% 0.69-1.32. Non è presente differenza con significatività statistica anche nei dati antropometrici materni e nell’attività fisica dei bambini e delle mamme. Presente un piccolo effetto nella modificazione delle abitudini alimentari nei bambini e nel-le mamme (maggior consumo di verdura, frutta, pesce, minor assunzione di bibite zuccherate, patatine fritte, cibi calorici non nutritivi). Conclusioni

L’ approccio motivazionale non ha rilevato differenze significative tra i gruppi sia rispetto ai dati antropometrici di madri e bambini che nell’ abitudine all’attività fisica. E’ risultata qualche evidenza in favore di stili alimentari più sani, da interpretare con cautela. Altri studi sull’argomento

Recentemente sono stati proposti interventi pediatrici basa-ti sul colloquio motivazionale (CM) all’ interno delle cure pri-marie per la prevenzione e l’approccio clinico al sovrappeso. Il colloquio motivazionale all’ interno dell’incontro clinico con la famiglia per promuovere stili salutari è sostenuto dal punto di vista teorico anche se fino a pochi anni fa non erano disponibili pubblicazioni di studi sperimentali [1-3]. Un trial clinico non randomizzato all’interno delle cure primarie pediatriche che ha coinvolto 91 bambini di 3-7 anni con BMI 85-95centile ha mostrato un decremento del BMI dopo un intervento con CM di 0.6, 1.9 e 2.6 centili rispettivamente nel gruppo di controllo (19 b.), nel gruppo con un CM (27 b.) e nel gruppo con 2 CM (15 b). Il 94% dei genitori del gruppo con 2 CM ha dichiarato di aver preso in considerazione dei cambiamenti nello stile di vita della famiglia [4]. Un RCT svolto in Massachusetts ha coin-volto 10 pediatri e 475 bambini di 2-6 anni con BMI superiore al 94 centile o bambini con BMI 85-95 centile con il genitore sovrappeso. Dopo un anno di intervento (un colloquio face to face e tre contatti telefonici eseguiti da un’infermiera formata al CM) non erano presenti variazioni significative nel BMI tra il gruppo di intervento (271 b.) e il gruppo di controllo (204 b.) ma solo una differenza significativa nell’utilizzo del mezzo te-levisivo [5]. Un RCT condotto in Emilia ha coinvolto circa 90 pediatri che hanno svolto una formazione specifica sul CM. In un secondo momento i pediatri hanno arruolato 372 bambini tra i 4 e 7 anni con eccesso di peso (BMI tra 85 e 95 percentile). Un gruppo di 187 famiglie è stato seguito tramite il CM, men-tre 185 bambini sono stati seguiti clinicamente in modo tradi-

Döring N, Ghaderi A, Bohman B, et al. Motivational Interviewing to Prevent Childhood Obesity: A Cluster RCTPediatrics 2016;137(5): e20153104

NEWSLETTER PEDIATRICA2015; 23(5):n.2 pag. 1 di 3

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zionale; la randomizzazione è avvenuta ad opera del servizio di epidemiologia della locale AUSL. Il 95% dei bambini ha com-pletato il periodo di follow-up. Il BMI è aumentato di 0.49 nel gruppo di intervento vs 0.79 nel gruppo di controllo con una differenza statisticamente significativa fra i due gruppi e un mi-glioramento statisticamente significativo del BMI nel gruppo di intervento. Il CM ha avuto un effetto sul BMI più forte nelle fem-mine ma non nei maschi e, rispetto ai controlli, ha migliorato i comportamenti sullo stile di vita nelle bambine e nelle famiglie dove la madre presentava buoni livelli di istruzione [6]. Il fol-low-up a 24 mesi, senza ulteriori CM ha rilevato la perdita di efficacia dell’intervento precedentemente effettuato [7]. Un in-tervento in Olanda ha coinvolto i genitori di bambini di 5 anni sovrappeso (ma non obesi) in un RCT nel quale un gruppo di 349 bambini ha ricevuto un intervento di CM e 288 bambini hanno seguito le normali cure pediatriche. A 2 anni dall’inizio del trial, i bambini del gruppo di intervento rimanevano so-vrappeso nel 61%, il 14% erano obesi e 24.5% normopeso. Nel gruppo di controllo, la prevalenza di sovrappeso, obesità e nor-mopeso era rispettivamente 62.7%, 11% e 26.3% [8]. Un trial in Arizona ha coinvolto 60 bambini di 4-8 aa, randomizzati in un gruppo di trattamento di quattro colloqui sostentuti da un ri-cercatore addestrato (33 b.) o in un gruppo di controllo (27 b.) all’ interno di un ambulatorio delle cure primarie. Le misurazio-ni della circonferenza addominale e il rapporto circonferenza vita/altezza a 3-6 mesi dall’intervento sono risultate ridot-te nel gruppo di intervento, ma non era presente alcuna in-fluenza sul BMI [9]. In USA, 42 pediatri delle cure primarie, dopo aver effettuato una formazione sul CM, sono stati as-segnati in tre gruppi in modo randomizzato. Ogni pediatra ha arruolato 20-25 bambini con eccesso di peso ≥85° e ≤97° percentile. Due gruppi (gruppo 2 e 3) hanno effettuato l’ in-tervento: i pediatri hanno svolto nei primi 12 mesi 3 CM con le famiglie dei bambini arruolati e un colloquio nel secon-do anno. Il gruppo 3 prevedeva, oltre all’intervento del pedia-tra, ulteriori 6 colloqui con un nutrizionista addestrato al CM. Il gruppo 1 (di controllo) ha seguito gli usuali interventi pe-diatrici. A due anni dall’ inizio dell’intervento il percentile BMI dei gruppi 1, 2 e 3 erano rispettivamente 90.3, 88.1, e 87.1 e i cambiamenti medi dall’ inizio dell’ intervento erano rispettiva-mente 1.8, 3.8 e 4.9. La media del gruppo 3 era significativamen-te più bassa del gruppo 1 (p= 0.02) [10]. Questo intervento è stato oggetto dell’ articolo del mese n.4 del 2015. Un trial con-trollato randomizzato ha valutato l’ efficacia del CM in famiglie con bambini di 4-8 anni sovrappeso o obesi in nuova Zelanda. Il BMI a 24 mesi è risultato significativamente più basso nel gruppo del CM (-0.34 - 95% CI: da -0.65 a -0.02) così come il BMI zeta score (-0.12, 95% CI da -0.20 a -0.04) e circonferenza vita (-1.5, CI 95%: da -2.5 a – 0.5 cm). I bambini del gruppo CM consumavano più frutta e verdura (p=0.38) e meno cibi non es-senziali (p=0.020), che erano anche meno disponibili nelle loro case (p=0.002), e facevano maggiore attività fisica (P=0.035). Non sono emerse differenze nell’ assunzione di bibite dolci, nel-le pratiche genitoriali di nutrizione, disciplina, qualità della vita, sonno, comportamento [11]. Le esperienze descritte riguar-dano una popolazione con problemi di sovrappeso e obesità. Segnaliamo infine alcune revisioni della letteratura sull’ argo-mento [12-13] e il Box che segnala alcune pubblicazioni ACP sul colloquio motivazionale in pediatria.

Che cosa aggiunge questo studio

Un intervento di prevenzione primaria basato sul colloquio mo-tivazionale, inserito nei servizi di salute pediatrici già attivi, non ha mostrato effetti sul BMI o sull’attività fisica ma un piccolo ef-fetto positivo sull’assunzione di cibi salutari in bambini di 4 anni di età.

Commento Validità interna

Disegno dello studio: il processo di randomizzazione ha riguar-dato i centri pediatrici e non i singoli pazienti. La modalità di randomizzazione non è descritta. Sono descritti nel dettaglio i persi al follow-up, che sono stati numerosi soprattutto nel grup-po di intervento (25% vs 9%). L’ analisi è stata realizzata secondo l’ intenzione a trattare (ITT analysis), e i dati ottenuti soddisfano i criteri iniziali per garantire la potenza dello studio. Da segna-lare inoltre la perdita di dati al follow up del 16.1% e le nume-rose interruzioni nel gruppo del trattamento (n.153): la perdi-ta dei pazienti (attrition rate) potrebbe essere legata all’assenza di una diagnosi motivazionale, ossia a una iniziale valutazione sulla disponibilità al cambiamento da parte delle famiglie. Non è indicato come è stato valutato il BMI nei bambini e bambine (z-score?) e su quali curve di crescita è stato valutato e definito il sovrappeso. Manca la descrizione su come sono state raccolte le misure antropometriche nelle madri. L’ esclusione di oltre 850 famiglie dalle 2230 potenzialmente eleggibili può far pensare a un possibile bias di selezione. La valutazione dell’ apprendimento del colloquio motivazionale da parte delle nurse è stato oggetto di una precedente pubblicazione. Esiti: potenzialmente clinicamente rilevanti.Conflitto di interesse: gli autori dichiarano l’assenza di conflitto di interesse.

Trasferibilità

Popolazione studiata: il setting dello studio è quello delle cure primarie e la popolazione è sovrapponibile alla nostra. Una diffi-coltà è legata al fatto che per l’ intervento è necessario conoscere la lingua utilizzata dall’operatore sanitario, mentre in alcuni am-biti territoriali la prevalenza delle lingue non nazionali è molto frequente. L’ intervento è stato attuato da infermiere pediatriche specializzate, dopo un’ adeguata formazione; questa figura pro-fessionale non è frequente negli ambulatori pediatrici italiani. In Emilia-Romagna i pediatri hanno effettuato una formazione specifica sul colloquio motivazionale per la gestione dei bambini in sovrappeso.Tipo di intervento: intervento potenzialmente interessante ma non trasferibile nella realtà italiana e non efficace negli esiti di interesse.

1. Resnicow K, Davis R, Rollnick S. Motivational interviewing for pedia-tric obesity: Conceptual issues and evidence review. J Am Diet Assoc. 2006;106(12):2024-332. Sindelar HA, Abrantes AM, Hart C, et al. Motivational inter-viewing in pediatric practice. Curr Probl Pediatr Adolesc Health Care. 2004;34(9):322-39

Newsletter Pediatrica

NEWSLETTER PEDIATRICA 2015; 23(5):n.2 pag. 2 di 3

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Scheda redatta dal gruppo di lettura di Reggio Emilia: Sergio Amarri, Maura Caracalla, Maria Francesca Manusia, Maddalena Marchesi, Anna Maria Davoli, Costantino Panza, Annarita Di Buono, Mariassunta Torricelli, Elena Corbelli, Roberta Ollari, Elena Bigi, Fran-cesca Buontempo, Angelo Cigarini, Simonetta Pistocchi, Luciana Monti, Manuela Musetti, Gino Montagna.

NEWSLETTER PEDIATRICA

3. Suarez M, Mullins S. Motivational interviewing and pediatric health behavior interventions. J Dev Behav Pediatr. 2008;29(5):417-284. Schwartz RP, Hamre R, Dietz WH, et al. Office-based motivational in-terviewing to prevent childhood obesity: a feasibility study. Arch Pediatr Adolesc Med. 2007;161(5):495-5015. Taveras EM, Gortmaker SL, Hohman KH, et al. Randomized con-trolled trial to improve primary care to prevent and manage childho-od obesity: the High Five for Kids study. Arch Pediatr Adolesc Med. 2011;165(8):714–7226. Davoli AM, Broccoli S, Bonvicini L, et al. Pediatrician-led motiva-tional interviewing to treat overweight children: an RCT. Pediatrics. 2013;132(5):e1236-467. Broccoli S, Davoli AM, Bonvicini L, et al. Motivational Interviewing to Treat Overweight Children: 24-Month Follow-Up of a Randomized Controlled Trial. Pediatrics. 2016;137(1): e20151979 8. van Grieken A, Veldhuis L, Renders CM, et al. Population-based chil-dhood overweight prevention: outcomes of the ‘Be active, eat right’ stu-dy. PLoS One. 2013;8(5):e653769. Small L, Bonds-McClain D, Melnyk B, et al. The preliminary effects of a primary care-based randomized treatment trial with overweight and obese young children and their parents. J Pediatr Health Care. 2014;28(3):198-20710. Resnicow K, McMaster F, Bocian A, et al. Motivational interviewing and dietary counseling for obesity in primary care: an RCT. Pediatrics. 2015; 135(4):649-57 11. Taylor RW, Cox A, Knight L, et al. A tailored family-based obesity intervention: a randomized trial. Pediatrics. 2015;136(2):281-9 12. Borrello M, Pietrabissa G, Ceccarini M, et al. Motivational Inter-viewing in Childhood Obesity Treatment. Front Psychol. 2015;6:173213. Janicke DM, Steele RG, Gayes LA, et al. Systematic review and me-ta-analysis of comprehensive behavioral family lifestyle interventions addressing pediatric obesity. J Pediatr Psychol. 2014;39(8):809–825

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2015; 23(5):n.2 pag. 3 di 3

Box In un articolo di recente pubblicazione su quaderni, è sottoli-neata l’importanza delle abilità di counseling del pediatra per contrastare la scarsa compliance delle famiglie nella gestione del sovrappeso nei bambini. Uno approccio pediatrico orien-tato sulle motivazioni può costituire uno strumento prezioso da utilizzare con il paziente o la famiglia nella motivazione al cambiamento dello stile di vita. Cremonese P, Battino N. Counseling e sovrappeso infantile: la voce dei pediatri. Qua-derni-acp 2016;231:31-34.

Nella rubrica “Articolo del mese” è stato presentato il trial di Resnicow e coll. [10] insieme a una descrizione dello stile e delle tecniche del colloquio motivazionale. L’ articolo del mese è apparso nel n.4 di Appunti di viaggio 2015 ed é repe-ribile nella sezione “Articoli del mese” nel sito web dell’ acp.

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Valutazione di un intervento riabilitativo per bambini con ritardo di linguaggio: alti costi per una scarsa efficacia

Metodo Obiettivo (con tipo studio)Trial randomizzato controllato (RCT) per valutare l’ esito di un intervento su bambini di 4 anni con ritardo del linguaggio.

PopolazioneSono stati presi in esame 1464 bambini reclutati da 2 preceden-ti interventi di promozione del linguaggio e della lettura. Sono stati quindi selezionati 200 bambini di 4 anni che al test “Cli-nical Evaluation of Language Fundamentals, Preschool Edi-tion” (CELF-P2) avevano manifestato un ritardo di linguaggio espressivo e/o recettivo con punteggio di oltre 1.25 SD inferiore alla media, residenti nell’area di Melbourne. Sono stati esclusi i bambini che presentavano disabilità intellettiva già nota, patolo-gie mediche maggiori, ipoacusia maggiore di 40 dB nell’orecchio migliore, disturbo dello spettro autistico o la cui famiglia aveva una scarsa padronanza della lingua inglese. Intervento99 bambini sono stati randomizzati per ricevere il trattamen-to Language for Learning Program, che prevede 18 sessioni di un’ora a carico di un operatore adeguatamente istruito, presso il domicilio della famiglia e che consistono in esercizi di riconosci-mento fonologico, produzione orale e lettura di libri.

Controllo101 bambini non hanno ricevuto nessun tipo di trattamento.

Outcome/EsitiEsito primario: valutazione, tramite test CELF-P2, del linguaggio recettivo ed espressivo all’ età di 6 anni.Esiti secondari: valutazione costi complessivi dell’ intervento, va-lutazione delle abilità fonologiche, vocabolario recettivo, capaci-tà di lettura, capacità narrativa del bambino, valutazione da parte dei genitori del linguaggio del figlio, benessere e qualità della vita.

TempoReclutamento da Marzo a Dicembre 2010. Valutazione a 6 anni da Maggio 2012 a gennaio 2013.

Risultati principali

All’ età di 6 anni per entrambi i gruppi gli score medi del linguag-gio si sono normalizzati, ma con una minima prova dell’ efficacia del trattamento sul linguaggio recettivo (differenza media cor-retta 2.3; 95% IC -1.2 - 5.7; P=0.20) e del linguaggio espressivo (0.8; IC 95% -1.6 - 3.2: p=0.49). Per quanto riguarda gli outcomes secondari, solo nelle abilità fonologiche il trattamento mostra un beneficio (effetto 0.36; IC 95% 0.08 - 0.65; p=0.01). La percen-tuale dei persi è stata del 10% nel gruppo trattato e del 18 % nei gruppo dei controlli. I costi sono stati molto maggiori nelle fa-miglie trattate (differenza media di 4276 dollari australiani, circa 3000 euro). Conclusioni

Un intervento mirato su bambini di 4 anni con ritardo del lin-guaggio è fattibile ma non ha effetti a lungo termine sul linguag-gio: ciò è verosimilmente dimostrato dalla risoluzione del ritardo del linguaggio in entrambi i gruppi. Effetti sulla capacità di leg-gere e scrivere a lungo termine rimangono possibili ma devono essere ponderati in confronto ai costi. Altri studi sull’argomento

Nell’ ultimo quinquennio sono stati pubblicati diversi studi [1-5] sull’ argomento che dimostrano complessivamente una qualche efficacia di utilità, sul breve termine, dell’intervento logoterapi-co individuale o di gruppo da parte di specialisti o caregivers, nel migliorare le abilità di linguaggio dei bambini con ritardo di linguaggio. Nessuno di questi studi ha tuttavia un follow-up sul lungo periodo e sugli esiti scolastici. Una recente revisione siste-matica della letteratura effettuata dal United States Task Force Preventive Service [6-7] ha rilevato che alcuni metodi di scree-ning possono identificare in modo accurato i bambini con meno di 5 anni che necessitano di diagnosi e intervento in questo cam-po, ma non ci sono prove di efficacia sufficienti per l’applicabilità di questi strumenti in un ambito di cure primarie. Le correnti prove di efficacia pertanto non sono sufficienti per valutare il bi-lancio tra i benefici e i possibili danni di uno screening per il ri-tardo o un disturbo del linguaggio nei bambini in età prescolare.

Wake M, Levickis P, Tobin S, et al. Two-year outcomes of a population-based Intervention for preschool Language Delay: An RCTPediatrics 2015; 136(4): e838-848

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Che cosa aggiunge questo studio

Accertamenti eseguiti su una popolazione all’età di 4 anni, seguiti da un programma personalizzato a domicilio della durata di un anno, dimostrano benefici sulle abilità fonologiche a 6 anni ma non sul linguaggio primario recettivo ed espressivo. Commento Validità interna

Disegno dello studio: la descrizione del disegno dello studio è ben fatta e la misurazione degli effetti dell’ intervento a distan-za di 2 anni è un dato rilevante. La fase di arruolamento è ben descritta con particolare riguardo ai criteri di inclusione ed esclusione. La lista di randomizzazione è stata generata in modo adeguato utilizzando un PC da statistici indipendenti. Il limite della cecità dello studio viene descritto e dettagliato: l’ allocazione nei due gruppi è stata fatta in cecità con l’ aiuto di un ricercato-re indipendente e così pure la valutazione dell’esito a sei anni, mentre dal momento dell’ allocazione i partecipanti non poteva-no essere in cieco in quanto nel gruppo del controllo non veniva eseguito alcun trattamento. La percentuale di persi al follow-up non era alta, maggiore però nel gruppo dei controlli, comunque ben descritte le motivazioni dei persi; l’analisi è stata realizzata per intention to treat. Lo studio non descrive se, nel gruppo dei controlli, sono stati effettuati interventi “spontanei” per favorire il linguaggio, fatto che potrebbe ridurre le differenze tra i due gruppi. L’ e sito “consapevolezza fonologica” è uno dei più impor-tanti predittori delle successiva alfabetizzazione scolastica (Box). Lo studio dovrebbe prevedere una valutazione degli esiti scola-stici nei due gruppi. Esiti: l’ esito considerato è clinicamente rilevante e ben definito.Conflitto di interesse: gli autori dichiarano l’assenza di conflitto di interesse.

Trasferibilità

Popolazione studiata: sulla base delle caratteristiche dei parteci-panti, i risultati sono trasferibili anche alla nostra realtà italiana.Tipo di intervento: il test di screening utilizzato in questo studio, il CELF-P2, non è disponibile in Italia in versione tradotta e validata. Esistono inoltre dei limiti di trasferibilità legati all’ intervento do-miciliare dei singoli partecipanti, che risulta difficile ed eccessi-vamente costoso rispetto ai risultati dimostrati.

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Box Abilità di lettura e scrittura che si sviluppano in età presco-lare (dalla nascita a cinque anni) correlate alla successiva al-fabetizzazione scolare

Conoscenza dell’alfabeto: la conoscenza dei nomi e dei suoni associati con le lettere stampate.Consapevolezza fonologica: la capacità di individuare, ma-nipolare o analizzare gli aspetti uditivi della lingua parlata (tra cui la capacità di distinguere le parole o segmenti, sillabe o fonemi), indipendentemente dal significato. Denominazione Rapida Automatica di lettere o cifre: la capacità di nominare rapidamente una sequenza di lettere casuali o cifre.Denominazione Rapida Automatica di oggetti o colori: la capacità di nominare rapidamente una sequenza di ripe-tizione casuale di immagini di oggetti (ad esempio, “auto”, “albero”, “casa”, “uomo”) o colori.Scrivere lettere: la capacità di scrivere lettere isolate su ri-chiesta o di scrivere il proprio nome.Memoria fonologica: la capacità di ricordare informazioni parlate per un breve periodo di tempo.Concetti sulla stampa: la conoscenza delle convenzioni di stampa (ad esempio, da sinistra a destra, fronte-retro) e con-cetti (copertina del libro, autore, testo). Conoscenze sulla stampa: una combinazione di elementi di conoscenza dell’ alfabeto, concetti di stampa, e la decodifica precoce.Disponibilità alla lettura: una combinazione di competen-ze tra cui la conoscenza dell’ alfabeto, concetti di stampa, il vocabolario, la memoria e la consapevolezza fonologica.Linguaggio orale: la capacità di produrre o comprendere il linguaggio parlato, compreso il vocabolario e la grammatica.Elaborazione visiva: Essere in grado di abbinare o discrimi-nare i simboli presentati visivamente.

Lo sviluppo del linguaggio e dell’ alfabetizzazione com-prende un ampio spettro di abilità misurabili attraverso test standardizzati già durante gli anni dell’ emergent literacy. È interessante sottolineare il fatto che le prime sei variabili hanno un elevato valore predittivo non solo sulla successiva alfabetizzazione ma anche sul futuro quoziente intellettivo e sullo stato socioeconomico. Le successive cinque variabili sono moderatamente correlate con almeno una misura di alfabetizzazione scolare o sono attualmente in corso di valu-tazione come potere predittivo della futura alfabetizzazione. Da: Developing early literacy: report of the national early lite-racy panel. Washington, DC: U.S. Government Printing Office 2008; Neuman SB and Dickinson DK eds. Handbook of Early Literacy Research vol 3 The Guilford Press NY 2011.

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1. Buschmann A, Jooss B, Rupp A, et al. Parent based language inter-vention for 2-year-old children with specific expressive language delay: a randomised controlled trial. Arch Dis Child. 2009;94(2): 110-6 2. Broomfield J, Dodd B. Is speech and language therapy effective for children with primary speech and language impairment? Report of a randomized control trial. Int J Lang Commun Disord. 2011;46(6): 628-403. Ciccone N, Hennessey N, Stokes SF. Community-based early inter-vention for language delay: a preliminary investigation. Int J Lang Com-mun Disord. 2012;47(4):467-704. Fricke S, Bowyer-Crane C, Haley AJ, et al. Efficacy of language inter-vention in the early years. J Child Psychol Psychiatry. 2013;54(3):280-905. Roberts MY, Kaiser AP. Early intervention for toddlers with language delays: a randomized controlled trial. Pediatrics. 2015;135(4):686-936. Wallace IF, Berkman ND, Watson LR, et al. Screening for Speech and Language Delay in Children 5 Years Old and Younger: A Systematic Re-view. Pediatrics. 2015;136(2):e448-627. Siu AL; US Preventive Services Task Force. Screening for Speech and Language Delay and Disorders in Children Aged 5 Years or Younger: US Preventive Services Task Force Recommendation Statement. Pediatrics. 2015;136(2):e474-81

Scheda redatta dal gruppo di lettura di Modena: Robertina Bosi, Chiara Bussetti, Jennifer Chiarolanza, Sara Denti, Nicola Guaraldi, Francesca Lami, Claudio Mangialavori, Silvia Marchi, Maila Massari, Miriam Prodi, Alice Motta, Cristiano Rosafio, Giulia Tacconi, Giulia Tediosi.

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Mutilazioni genitali femminili in bambine: una serie di casi di un ambulatorio dei servizi di protezione a Londra

Metodo Obiettivo (con tipo studio)Descrivere la presentazione e la gestione di bambine con sospet-to di mutilazione genitale arrivate a un ambulatorio dei servizi di protezione femminile. Una serie di casi (Glossario).

PopolazioneTutte le bambine al di sotto dei 18 anni valutate presso un am-bulatorio dei servizi di protezione di III livello di un ospedale centrale di Londra dal giugno 2006 al maggio 2014 per il so-spetto di mutilazione genitale femminile. Vengono registrati i dettagli dell’invio, della storia, dell’esame clinico e dei risultati a breve termine. Tutte le bambine e le ragazze sono state valuta-te in un ambiente appropriato per l’età da un professionista con esperienza specifica su maltrattamento ed abuso dei bambini. Dopo consenso scritto, le pazienti venivano esaminate in colpo-scopia per la valutazione e per la documentazione fotografica. Dopo la consultazione veniva fornita una completa spiegazione ai genitori e alla bambina (età permettendo), agli assistenti socia-li e alla polizia se presente. Venivano seguite le linee guida locali per la protezione del bambino. TempoCasi valutati dal giugno 2006 al maggio 2014.

Risultati principali

I casi descritti sono stati 47, con un netto incremento dal 2013 (17 casi). Sono state esaminate 41 ragazze, mentre 6 si sono rifiutate. Per 27 (57%) c’ è stata la conferma di mutilazione ge-nitale (FGM) dall’esame clinico e/o dalle testimonianze. 2 pre-sentavano una mutilazione di tipo 1, 8 di tipo 2 e 11 di tipo 4. Nessuna ha presentato infibulazione (tipo 3) (Figura 1). Le circostanze della FGM erano note in 17 casi: 12 di esse erano state già riconosciute da personale medico o in un ambiente clinico. 10 casi erano potenzialmente proibiti dalla legge ma, nonostante il coinvolgimento della polizia, non c’ era stata nes-suna azione legale. Nelle 20 bambine rimanenti non c’ era sto-ria di FGM e i genitali risultavano normali all’esame clinico. L’ invio è avvenuto per parentela con un caso indice (12 casi), nell’ambito di interventi di protezione del bambino (11 casi), per preoccupazioni scolastiche (8 casi), per conflitti familiari (7 casi) e per contatti occasionali con uno staff medico (5 casi); parec-

chi casi rientravano in più d’una di queste categorie. 18 ragazze erano somale. Per 8 ragazze il paese dove era stata effettuata la FGM era diverso dal paese d’origine (Figura 2). La FGM per la maggior parte delle ragazze era stata effettuata prima dei 10 anni e per 4 (15%) al di sotto dell’anno di età. Delle 27 ragazze con FGM, 8 (30%) riportano uno o più sintomi: dolore (2), sanguina-mento (2), tensione (2), disuria (2), enuresi notturna (3), aderen-ze (3), sintomi da stress post-traumatico (2), infezioni urinarie ricorrenti (1) e flusso urinario debole (1). I test sierologici per la ricerca di virus sono sempre risultati negativi. Delle 11 ragazze con FGM di tipo 4, 6 avevano un’evidenza clinica, mentre per 5 la FGM era confermata solo dalle testimonianze.

Conclusioni

La FGM riscontrata con maggior frequenza è quella di tipo 4, che è quella con nessun danno e minime cicatrici. Le FGM vengono praticate in giovane età con un 15% al di sotto dell’anno, spesso con un intervento medico. Il tipo 4 praticato nell’infanzia sfugge facilmente all’ esame clinico e così diventa essenziale la vigilanza per accertare i casi sospetti.

Hodes D, Armitage A, Robinson K, Creighton SM. Female genital mutilation in children presenting to a London safeguarding clinic: a case seriesArch Dis Child. 2016 Mar;101(3):212-6

NEWSLETTER PEDIATRICA2015; 23(5):n.4 pag. 1 di 3

Figura 1. Classificazione delle mutilazioni genitali femminili (Da Quaderni acp 2014; 21(3):132-135)

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Altri studi sull’argomento

Gli stessi autori hanno successivamente pubblicato una serie di 38 casi raccolti in modo prospettico per un anno da settembre 2014 dal primo centro di riferimento pediatrico per FGM nel Regno Unito; nei 18 casi confermati erano presenti 4 casi di FGM tipo 3 (tutti provenienti dalla Somalia), assenti nel report precedente. Il 74% dei casi è stato inviato dai servizi sociali e dalla polizia, nessun caso in fase acuta. Dei 3 casi eseguiti dopo l’ ingresso nel Regno Unito, 2 sono stati praticati durante un sog-giorno nel paese d’origine [1]. Una revisione sistematica della letteratura sulle conoscenze e attitudini degli operatori sanitari che ha incluso 18 studi di scarsa qualità metodologica, ha rile-vato, nonostante la consapevolezza del problema, scarsa cono-scenza della classificazione OMS e degli aspetti legislativi [2]. I dati italiani rilevati da un’ indagine tra gli operatori sanitari de-dicati ai centri per richiedenti asilo hanno evidenziato come solo il 7,3% riferisca di conoscere bene il problema FGM, e il 70,7% dichiari di non aver mai avuto esperienza di casi di FGM [3]. Da uno studio australiano è emerso che solo una minoranza dei pediatri ha avuto diretta esperienza o adeguata formazione sull’ argomento FGM [4]. Una revisione della letteratura sugli aspetti legislativi in 27 Paesi africani e nello Yemen ha eviden-ziato come le leggi anti-FGM abbiano avuto un impatto sulla riduzione del fenomeno solo se accompagnate da importan-te intervento di sostegno nella comunità [5]. La descrizione di un caso clinico con una aggiornata revisione della letteratura sull’ argomento è recentemente apparsa su Quaderni acp [6].

Che cosa aggiunge questo studio

Lo studio offre uno spaccato della FGM nella popolazione pedia-trica britannica.

Commento Validità interna

Lo studio descrive una serie di casi afferenti a un centro dedicato, mostrando un quadro parziale e probabilmente non completa-mente rappresentativo della realtà.

Trasferibilità

Anche in Italia la visione del problema è molto parziale, emer-gendo probabilmente in situazioni di maltrattamento/abuso che giungono all’ osservazione dei Pronto Soccorso o dei centri specializzati. Nonostante la pubblicazione nel 2007 delle “Linee guida ministeriali per realizzare una attività di prevenzione, as-sistenza e riabilitazione delle donne e delle bambine già sotto-poste a FGM” e l’ istituzione di un numero verde gestito dalla Polizia di Stato, non abbiamo una visione precisa del problema. Aumentare le conoscenze dei pediatri è fondamentale per accre-scere la consapevolezza su questo problema culturale allo scopo di proteggere l’ integrità delle bambine.

1. Creighton SM, Dear J, de Campos C, et al. Multidisciplinary approach to the management of children with female genital mutilation (FGM) or suspected FGM: service description and case series. BMJ Open. 2016;6(2):e0103112. Zurynski Y, Sureshkumar P, Phu A, et al. Female genital mutilation and cutting: a systematic literature review of health professionals’ know-ledge, attitudes and clinical practice. BMC Int Health Hum Rights. 2015 Dec 10;15:323. Caroppo E, Almadori A, Giannuzzi V, et al.. Health care for immi-grant women in Italy: are we really ready? A survey on knowledge about female genital mutilation. Ann Ist Super Sanita. 2014;50(1):49-534. Sureshkumar P, Zurynski Y, Moloney S, et al. Female genital mutila-tion: Survey of paediatricians’ knowledge, attitudes and practice. Child Abuse Negl. 2016;55:1-95. Muthumbi J, Svanemyr J, Scolaro E, et al. Female Genital Mutilation: A Literature Review of the Current Status of Legislation and Policies in 27 African Countries and Yemen. Afr J Reprod Health. 2015;19(3):32-406. Venturi V, Fanelli T, Valletta E. Le mutilazioni genitali femminili: ba-sta una storia per svelare un mondo. Quaderni acp 2014; 21(3): 132-135

Scheda redatta dal gruppo di lettura di Verona: M. Agostini, D. Bennati, P. Brutti, F. Carraro, C. Chiamenti, P. Fortunati, M. Iuliano, D. Merlin, F. Raimo, N. Sansotta, M. Tommasi.

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NEWSLETTER PEDIATRICA 2015; 23(5):n4 pag. 2 di 3

Glossario Serie di casi: una raccolta di pazienti con caratteristiche co-muni utilizzata per descrivere alcuni aspetti clinici, patofi-siologici od operativi della malattia, del trattamento o delle procedure diagnostiche. Alcuni sono simili ai case report che raccolgono più casi e condividono lo stile del disegno. Il numero dei soggetti non attenua la limitazione del dise-gno. Una serie di casi non include un gruppo di confron-to ed é spesso basato sui casi prevalenti di un campione di convenienza. Bias di selezione e di confondimento limitano in modo importante la potenza dello studi nel caso ci sia l’intenzione di valutare una inferenza causale. Da: A Dictionary of Epidemiology 5th edition Oxford Univer-sity Press, 2008

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Figura 2. Percentuali di ragazze e donne di 15-49 anni sottoposte a mutilazioni genitali, per nazione (Da UNICEF, 2016)

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21. Speech therapy for children with dysarthria acquired before three years of age22. Interventions for improving coverage of childhood immunisa-tion in low-and middle-income countries23. Codeine versus placebo for chronic cough in children24. Polyunsaturated fatty acids (PUFAs) for children with specific learning disorders25. Antifibrinolytic agents for reducing blood loss in scoliosis sur-gery in children26. Intracystic bleomycin for cystic craniopharyngiomas in children27. Baby-led compared with scheduled (or mixed) breastfeeding for successful breastfeeding28. Different infusion durations for preventing platinum-induced hearing loss in children with cancer29. Melatonin as add-on treatment for epilepsy30. Inhaled corticosteroids for cystic fibrosis31. Thromboelastography (TEG) or thromboelastometry (ROTEM) to monitor haemostatic treatment versus usual care in adults or chil-dren with bleeding32. Pneumococcal vaccines for cystic fibrosis33. Medical interventions for treating anthracycline-induced symp-tomatic and asymptomatic cardiotoxicity during and after treatment for childhood cancer34. Timing of dornase alfa inhalation for cystic fibrosis35. Steroid avoidance or withdrawal for kidney transplant recipients36. Progestin-only contraceptives: effects on weight37. Drug therapies for reducing gastric acidity in people with cystic fibrosis38. Behavioral interventions for improving contraceptive use among women living with HIV39. Music interventions for improving psychological and physical outcomes in cancer patients

Revisioni sistematiche di area pediatrica aggiornate Lu-glio-Settembre 2016 (Issue 7,8,9 2016)

1. Surgery versus non-surgical management for unilateral urete-ric-pelvic junction obstruction in newborns and infants less than two years of age 2. Technological aids for the rehabilitation of memory and executive functioning in children and adolescents with acquired brain injury3. Endothelin receptor antagonists for persistent pulmonary hyper-tension in term and late preterm infants4. Dimercaptosuccinic acid scan or ultrasound in screening for vesi-coureteral reflux among children with urinary tract infections5. Lasers for caries removal in deciduous and permanent teeth6. Platinum-induced hearing loss after treatment for childhood can-cer7. Dietary supplementation with myo-inositol in women during pregnancy for treating gestational diabetes8. Pain-relieving agents for infantile colic9. Mobile clinics for women’s and children’ s health10. Oral stimulation for promoting oral feeding in preterm infants11. Singing as an adjunct therapy for children and adults with cystic fibrosis12. Rapid antigen detection test for group A streptococcus in chil-dren with pharyngitis13. Ultrasound-guided arterial cannulation for paediatrics14. Central venous catheter (CVC) removal for patients of all ages with candidaemia

Cochrane Database of Systematic Review (CDSR)(luglio-settembre 2016)

Il CDSR è il database della Cochrane Library che contiene le revisioni sistematiche (RS) originali prodotte dalla Cochrane Collaboration. L’ accesso a questa banca dati è a pagamento per il full text, gratuito per gli abstracts (con motore di ricerca). L’ elenco completo delle nuove RS e di quelle aggiornate è dispo-nibile su internet. Di seguito è riportato l’ elenco delle nuove re-visioni e delle revisioni aggiornate di area pediatrica da luglio a settembre 2016. La selezione è stata realizzata dalla redazione della newsletter pediatrica. Cliccando sul titolo si viene indi-rizzati all’abstract completo disponibile in MEDLINE, la ban-ca dati governativa americana, o presso la Cochrane Library. Di alcune revisioni vi offriamo la traduzione italiana delle con-clusioni degli autori.

Nuove revisioni sistematiche di area pediatrica Luglio-Set-tembre 2016 (Issue 7,8,9 2016)

1. Cup feeding versus other forms of supplemental enteral feeding for newborn infants unable to fully breastfeed2. Sucrose for analgesia in newborn infants undergoing painful pro-cedures3. Kangaroo mother care to reduce morbidity and mortality in low birthweight infants4. Group-based parent training programmes for improving emotio-nal and behavioural adjustment in young children5. Fluoride mouthrinses for preventing dental caries in children and adolescents6. Preoperative analgesics for additional pain relief in children and adolescents having dental treatment7. Vitamin A supplementation for the prevention of morbidity and mortality in infants one to six months of age8. Medical interventions for the prevention of platinum-induced he-aring loss in children with cancer9. Rooming-in for new mother and infant versus separate care for increasing the duration of breastfeeding10. Responsive versus scheduled feeding for preterm infants11. Cycled light in the intensive care unit for preterm and low birth weight infants12. Palivizumab for prophylaxis against respiratory syncytial virus infection in children with cystic fibrosis13. Vitamin A supplementation to prevent mortality and short- and long-term morbidity in very low birth weight infants14. Xylitol for preventing acute otitis media in children up to 12 ye-ars of age15. Routine vitamin A supplementation for the prevention of blind-ness due to measles infection in children16. Cognitive behavioural therapy (CBT), third-wave CBT and in-terpersonal therapy (IPT) based interventions for preventing de-pression in children and adolescents17. Instruments for assessing readiness to commence suck feeds in preterm infants: effects on time to establish full oral feeding and du-ration of hospitalisation18. Immediate versus deferred delivery of the preterm baby with su-spected fetal compromise for improving outcomes19. Synchronized mechanical ventilation for respiratory support in newborn infants20. Osmotic and stimulant laxatives for the management of childho-od constipation

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15. Cognitive behavioural therapy (CBT) for adults and adolescents with asthma16. Polyunsaturated fatty acid supplementation for drug-resistant epilepsy17. Non-invasive positive pressure ventilation for acute asthma in children18. Nutritional interventions for survivors of childhood cancer19. Home telemonitoring and remote feedback between clinic visits for asthma20. Vitamin D for the management of asthma21. Sealing procedures for preterm prelabour rupture of membranes22. Sun protection for preventing basal cell and squamous cell skin cancers23. Vilanterol and fluticasone furoate for asthma24. Effect of restricted pacifier use in breastfeeding term infants for increasing duration of breastfeeding25. Different antibiotic treatments for group A streptococcal pharyngitis26. Methods of milk expression for lactating women27. Early additional food and fluids for healthy breastfed full-term infants 28. Corticosteroids for Bell’s palsy (idiopathic facial paralysis)

Supplementazione precoce di cibi e liquidi in bambini nati a termine, sani, allattati al seno

Smith HA, et al.Early additional food and fluids for healthy breastfed full-term in-fantsThe Cochrane Library, 2016

Ci sono dei vantaggi nell’ introdurre nei primi 6 mesi di vita acqua o altri liquidi e/o cibi solidi in lattanti sani nati a termine e allat-tati al seno materno? Sono stati selezionati RCT o quasi RCT di cui 9 (2226 coppie madre-bambino) avevano tra gli outcome dati di interesse per questa revisione. Non abbiamo trovato prove per un beneficio sulla durata dell’allattamento sulla supplementazione con acqua o soluzioni glucosate. La qualità delle prove sulla sup-plementazione era insufficiente per suggerire un cambiamento nella pratica dell’allattamento al seno esclusivo nei primi sei mesi di vita. Per i bambini di 4-6 mesi, non abbiamo trovato prove sul beneficio di una supplementazione con cibi solidi o per rischi correlati a ma-lattie o a modificazioni del peso. La maggior parte degli studi han-no mostrato elevati rischi di bias e la maggior parte degli outcome era basata su prove di bassa qualità, con il significato che, ad oggi, siamo impossibilitati a valutare pienamente i benefici o i rischi di una supplementazione o a determinare l’impatto in riferimento alla modalità o momento adatto per la supplementazione. Non abbiamo trovato prove per contestare le attuali raccomandazioni internazio-nali sull’allattamento esclusivo al seno per i primi sei mesi di vita.

Alimentazione responsiva vs a orario per i lattanti nati pretermine

Watson J, et al.Responsive versus scheduled feeding for preterm infantsThe Cochrane Library, 2016

In generale, i dati raccolti non forniscono forti o sostanziali prove che l’ alimentazione responsiva sia coinvolta in importanti esiti sui bambini nati pretermine o sui loro famigliari. Alcune prove di bas-sa qualità indicano che i bambini pretermine alimentati in modo responsivo assecondando il senso di fame e di sazietà raggiungono

la competenza per una alimentazione per via orale prima di quelli alimentati secondo precisi intervalli di tempo e di volume di alimen-ti somministrati. Questi rilievi dovrebbero essere interpretati con prudenza a causa delle debolezze metodologiche dei trial inclusi in questa revisione. Sarebbe necessario un più ampio RCT per confer-mare queste prove e determinare se l’ alimentazione responsiva di un bambino nato pretermine coinvolga altri importanti esiti.

Effetto della limitazione dell’ uso del ciuccio nei bambini nati a termine allattati al seno per incrementare la dura-ta dell’allattamento al seno

Jaafar SH. Effect of restricted pacifier use in breastfeeding term infants for in-creasing duration of breastfeeding The Cochrane Library, 2016

L’ utilizzo del ciuccio nei bambini sani, nati a termine allattati al seno, iniziato dalla nascita o dopo che la lattazione si è stabilita, non inte-ressa in modo significativo la prevalenza o la durata dell’allattamen-to al seno esclusivo o l’allattamento prevalente fino a 4 mesi di età. Mancano invece i dati per valutare le difficoltà di allattamento a bre-ve termine affrontate dalla madre e gli effetti a lungo termine dei ciucci sulla salute dei neonati.

Vitamina D per la gestione dell’asma

Martineau AR. Vitamin D for the management of asthmaThe Cochrane Library, 2016

Una metanalisi di uno scarso numero di trial in persone con asma lieve o moderato indica che la vitamina D probabilmente ridu-ce il rischio di severe esacerbazioni dell’asma e riduce la frequen-za delle consultazioni sanitarie. Non è chiaro se questi effetti sono limitati alla persone con livelli bassi di vitamina D; sono necessa-rie ulteriori ricerche, includendo metanalisi di dati di singoli pa-zienti già esistenti nella banche dati, per chiarire questo dilemma. I bambini e le persone con frequenti esacerbazioni di asma severo sono sottorappresentati in questa revisione; sono necessari ulteriori trial di studi primari per stabilire se la vitamina D può ridurre il rischio di esacerbazioni di asma severa in questi gruppi.

Sostanze per la riduzione del dolore nella colica del lat-tante

Biagioli E, et al.Pain-relieving agents for infantile colicThe Cochrane Library, 2016

Ad oggi, le prove di una efficacia sul campo di sostanze che allevia-no il dolore nel trattamento della colica del lattante è scarsa e sono presenti bias. I pochi studi disponibili includono piccoli campioni di popolazione e per la maggior parte hanno severe limitazioni. I bene-fici, quando riportati, sono inconsistenti. Non abbiamo trovato pro-ve che supportino l’uso del simeticone come agente per la riduzione del dolore nella colica del lattante. Le prove disponibili mostrano che le erbe, lo zucchero, la diclomicina e il cimetropio bromuro non possono essere raccomandati nei bambini con le coliche. I ricerca-tori devono condurre trial randomizzati controllati usando misure standardizzate per permettano il confronto tra le diverse sostanze e l’unificazione dei risultati tra i diversi studi. I genitori, che per la maggior parte gestiscono l ’intervento e valutano gli esiti, dovrebbe-

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Newsletter Pediatrica

Newsletter Pediatrica

ro sempre essere messi in una condizione di cecità.

Trattamenti antibiotici differenti per la faringite da streptococco di gruppo A

Van Driel ML, et al. Different antibiotic treatments for group A streptococcal pharyn-gitisThe Cochrane Library, 2016

Non ci sono differenze rilevanti dal punto di vista clinico nella riso-luzione dei sintomi nel confronto tra cefalosporine e macrolidi con la penicillina nel trattamento della faringotonsillite da streptococco di gruppo A (GABHS). Prove limitate negli adulti suggeriscono che le cefalosporine sono più efficaci della penicillina in riferimento alle ricadute ma il numero di soggetti da trattare è elevato. Prove limitate nei bambini suggeriscono che le cefalosporine sono più efficaci della penicillina nelle ricadute, ma il numero dei bambini da trattare per questo beneficio è elevato. Prove limitate nei bambini indicano che il carbacefem è più efficace della penicillina per la risoluzione della sintomatologia. I dati disponibili sulle complicanze sono scarsi e non permettono di arrivare a delle conclusioni. Basandosi su questi risul-tati e considerando il basso costo e l’assenza di resistenza, la penicil-lina può ancora essere considerata la prima scelta di trattamento nei bambini e negli adulti. Tutti gli studi sono stati eseguiti in nazioni ad alto reddito con basso rischio di complicazioni da streptococco, così sono necessari trial in paesi a basso reddito e nelle comunità di Aborigeni dove il rischio di complicanze è elevato.

Metodi per la spremitura del latte nelle donne che allat-tano

Becker GE, et al.Methods of milk expression for lactating womenThe Cochrane Library, 2016

Il metodo più adatto per la spremitura del latte può dipendere dal tempo che è intercorso dalla nascita, lo scopo della spremitura e dalle condizioni specifiche della mamma e del lattante. Interventi a basso costo includono la spremitura del latte subito dopo la na-scita, in caso di impossibilità per il lattante ad attaccarsi al seno, il rilassamento, il massaggio e il riscaldamento del seno, la spremitura manuale e le pompe a basso costo, tutti interventi che possono es-sere efficaci o maggiormente efficaci rispetto alle più grandi pompe elettriche per alcuni esiti. La variazioni nel contenuto dei nutrienti tra le varie metodiche può essere rilevante in alcuni bambini. Piccoli campioni di popolazione, elevati intervalli di deviazioni standard e la diversità dei differenti tipi di intervento consigliano precauzione nell’ applicare questi risultati al di là delle specifiche metodiche adot-tate nei particolari setting di intervento. Sono necessarie ricerche indipendenti con diversi trial sulla spremitura manuale, sul rilas-samento e su altre tecniche che non hanno alcun potenziale com-merciale.

Corticosteroidi per trattare la paralisi idiopatica del nervo faciale (paralisi di Bell)

Madhock VB et al.Corticosteroids for Bell’s palsy (idiopathic facial paralysis)The Cochrane Library, 2016

Quali sono gli effetti dei corticosteroidi sulla paralisi di Bell? Questa revisione è un aggiornamento della precedente del 2010.

Sono stati identificati 7 RTC per un totale di 895 persone con parali-si di Bells di diverso grado (età 2-84 anni; uno studio pediatrico con bambini di 24 mesi-74 mesi di età), che sono state trattate con cor-ticosteroidi o placebo (trattamento inattivo), da soli o in combina-zione con altre terapie. La durata della terapia variava da 157 giorni a 12 mesi. I corticosteroidi hanno ridotto il numero di persone che hanno presentato debolezza muscolare dell’emivolto colpito a di-stanza di 6 mesi o più dalla randomizzazione. Complessivamente il 17% (79/452) dei pazienti allocati alla terapia con corticosteroidi ha presentato un recupero solo parziale della funzione motoria a 6 mesi verso il 28% (125/447) nel gruppo di controllo (rischio relativo (RR) 0.63, IC 95% 0.50 - 0.80, 7 studi, n = 895, eviedenza di moderata-alta qualità). Il numero di persone che devono essere trattate per evitare che una abbia un recupero incompleto (NNT) è di 10 (IC 95% 6 - 20). Cinque studi hanno fornito dati a lungo termine sui postumi estetici della paralisi di Bell dopo il trattamento. L’effetto a sei mesi o più era quasi lo stesso per i corticosteroidi e il placebo (RR 0.96, IC 95% 0.40 - 2.29, 2 studi, n = 75, evidenza di bassa qualità). I dati provenienti da tre studi (485 partecipanti) hanno mostrato chiara-mente che le persone che hanno ricevuto corticosteroidi sviluppano meno sincinesie motorie (movimenti facciali indesiderati) e lacrime ‘di coccodrillo’ (lacrimazione degli occhi quando si mangia o si ma-stica), rispetto a persone che hanno ricevuto il placebo (RR 0.64, IC 95% 0.45 - 0.91, 3 studi, n = 485, evidenza di moderata qualità). La terapia con corticosteroidi non sembra abbia effetti collaterali si-gnificativi (RR 1.04, IC 95% 0.71 - 1.51, 3 studi, n = 715, evidenza di qualità moderata). Gli autori concludono che ci sono prove di qualità moderata- alta a sostegno della terapia della paralisi di Bells con i corticosteroidi.

L’ uso del tampone rapido per valutare nei bambini i casi di faringite da streptococco

JF Cohen et al. Rapid antigen detection test for group A streptococcus in children with pharyngitisThe Cochrane Library, 2016

L’ obiettivo di questa revisione è quello di valutare in una popolazio-ne di bambini con faringite l’accuratezza diagnostica dei test rapidi per lo streptococco beta emolitico gruppo A (SBEA), responsabile del 20-40% dei casi di faringite in età pediatrica. Sono stati inclu-si 98 studi. La qualità metodologica complessiva degli studi inclusi era scarsa, soprattutto perché molti studi erano ad alto rischio di bias di selezione dei pazienti e nello standard di riferimento uti-lizzato (rispettivamente nel 73% e nel 43% degli studi analizzati). Negli studi in cui tutti i partecipanti sono stati sottoposti sia a tam-pone rapido (RADT) e studio colturale, il RADT aveva una sensibili-tà del 85,6% (IC 95% 83,3-87,6) e una specificità del 95,4%; (IC 95% 94,5 -96,2). C’ era una sostanziale eterogeneità nella sensibilità tra gli studi mentre la specificità era più stabile. La sensibilità dei test immu-nologici enzimatici (test EIA) e di quelli immunologici ottici (OIA) era comparabile (sensibilità 85,4% contro 86,2% rispettivamente. Gli autori concludono che in una popolazione di 1000 bambini con una prevalenza di SBEA del 30%, non vengono individuati 43 pa-zienti affetti. Il RADT può essere utilizzato come test standard unico per escludere lo SBEA in relazione principalmente al contesto epi-demiologico. La sensibilità del test EIA e del test OIA sembra pa-ragonabile. La specificità del RADT è sufficientemente elevata per evitare un uso non necessario degli antibiotici. Sulla base di que-sti risultati, ci si aspetterebbe che tra 100 bambini con mal di gola, 86 vengono correttamente rilevati con il test rapido, mentre 14 no, non ricevendo il trattamento antibiotico; soltanto il 5% dei bambini risulta invece positivo quando non lo è, ricevendo un trattamento

NEWSLETTER PEDIATRICA2016; 23(5):n.5 pag. 3 di 3

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Documenti

La Carta del convegno “Lo sguardo sulla sofferenza del bambino”

La medicina di oggi vive una profonda crisi più volte eviden-ziata: a fronte di grandi progressi scientifici si assiste ad una progressiva trasformazione dei medici in tecnici con sempre più importanti difficoltà nell’area della comunicazione profes-sionale inscindibilmente associata alle capacità di relazione e presa in carico del paziente e ancor più del paziente pediatrico che spesso, nella consultazione medica, è ignorato. Eventi come il Convegno “Lo sguardo sulla sofferenza del bambino” e la Car-ta prodotta hanno sicuramente il merito di dar voce al diritto del bambino malato ad essere ascoltato, rispettato, informato in modo adeguato all’ età. I punti della Carta, sebbene declina-ti nel contesto della malattia pediatrica, sollecitano attitudini e comportamenti che sarebbero fondanti della professione medi-ca: la ricerca di una buona relazione con il paziente, una cor-retta e onesta informazione, la presa in carico, la costruzione dell’ alleanza terapeutica, l’ ascolto e la capacità di infondere spe-ranza. Tutte queste caratteristiche sono menzionate sia nel Codi-ce deontologico medico che in altri documenti come ad esempio nella Carta di Firenze [1], il cui articolo 5 dice: “Il tempo dedicato all’ informazione, alla comunicazione e alla relazione è tempo di cura”. Perché si continua a lamentarne l’ assenza? Perché, giusta-mente, nella premessa della Carta si invoca ancora un percorso formativo nell’ area della relazione? Nelle nostre Facoltà di medi-cina quasi nulla è cambiato: a fronte dell’aumento delle patolo-gie psichiatriche e psicosomatiche in area pediatrica, a fronte di continui richiami, come nella Carta qui presentata, ad una pro-fessione medica che si caratterizzi oltre che per gli aspetti cogni-tivi anche per quelli affettivo-emozionali, l’ Università continua ad ignorare nei suoi curricula formativi temi filosofici di Etica della vita, della morte, della libertà, temi psicologici riguardan-ti gli atteggiamenti e le relazioni umane e temi di antropologia. Affidiamo quindi a questa Carta il compito di far riflettere i me-dici sulle proprie modalità di lavoro e invitiamo gli estensori della Carta del convegno a farsi promotori presso le istituzioni universitarie affinché provvedano a formare medici con le ca-ratteristiche necessarie a una professione che curi l’uomo nella sua totalità e che siano in grado di considerare il bambino come individuo unico e soprattutto come uno degli interlocutori nella consultazione medica.

1. Gangemi, Quaderni acp 2005;12(5):185

Commento a cura di Patrizia Elli Pediatra, Milano

DOCUMENTI2016; 23(5):d.1 pag. 1 di 1

Questa rubrica propone Documenti sanitari, linee guida, linee di indirizzo o di intenti di interesse pediatrico commen-tati a cura dell’ Associazione Culturale Pediatri.

Per corrispondenza [email protected]

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Documenti

Il consensus statement dell’Accademia Americana di Medicina del Sonno (AASM) sulla durata del sonno nella popolazione pediatrica

La Consensus dell’Accademia Americana di Medicina del Sonno (AASM), redatta da un panel USA di esperti di sonno (anche pediatrico), nasce dall’ esigenza di rendere disponibili delle li-nee-guida sul sonno dei bambini che siano basate il più possibile su evidenze scientifiche, con gli scopi di: fornire un’ educazio-ne sanitaria in materia a genitori, famiglie, operatori sanitari e dell’infanzia e alla popolazione generale; incoraggiare genitori e caregivers ad aiutare i bambini a dormire un numero adeguato di ore; promuovere la ricerca sul sonno dei bambini e sulle sue conseguenze sulla salute. Pur riconoscendo che la durata totale del sonno è solo uno degli aspetti della “salute del sonno” da con-siderare da parte degli operatori sanitari e dei genitori (altri fon-damentali sono la qualità, la regolarità e l’assenza di disturbi; ma anche le abitudini culturali, l’efficienza diurna e i personali ritmi di sonno, definiti “somnotypology” [1]), gli autori formulano vari range di ore di sonno consigliate, in base a fasce di età fino a 18 anni, oltre i cui limiti emergono dalla letteratura varie con-seguenze negative sulla salute psicofisica. Comprensibilmente i problemi nascono soprattutto dalla carenza di sonno, fenomeno dimostrato e abbastanza frequente soprattutto in età adolescen-ziale, ma anche in alcune realtà in età scolare (es. bambini cinesi che hanno orari di risveglio molto precoci al mattino). Gli autori aggiungono che “potrebbero esserci” anche correlazioni negative con l’ eccesso di sonno, ma le evidenze sono minori in tal senso. Le aree della salute indagate e risultate collegate alla durata del sonno sono: sistema cardiovascolare, metabolismo, salute men-tale, sistema immunitario, crescita e sviluppo ed efficienza o “performance”. Già nel 2015 un altro panel di esperti america-ni si era espresso sulle ore di sonno consigliate in età pediatrica [2] includendo però anche la fascia di età 0-3 mesi, che invece l’AASM ha volutamente ignorato per via della estrema variabili-tà interpersonale e delle scarse evidenze sulle correlazioni con i problemi di salute. Nel lavoro del 2015 vi erano però anche dei range orari allargati considerati “probabilmente appropriati” da un numero minore di esperti rispetto ai range più ristretti “rac-comandati”, a confermare l’importanza della variabilità indivi-duale e di aspetti altri rispetto alla semplice quantità di sonno. I limiti dei range orari di sonno giornalieri consigliati dall’AASM corrispondono abbastanza bene al 10°-90° percentile di sonno dei bambini svizzeri descritti nel 2003 [3], ove si notava già l’ef-fetto coorte dei nati nel 1993 rispetto ai nati nel 1974, con ora-ri di addormentamento più tardivi e conseguente riduzione del sonno totale. Il vantaggio del confronto con i percentili è quello di individuare il “binario” di sonno del singolo bambino (de-terminato da caratteristiche genetiche e temperamentali) che è risultato essere piuttosto stabile nel tempo (concettualmente come i “binari di crescita”), anche se con fluttuazioni individuali di anno in anno piuttosto consistenti, come dimostrato da uno studio longitudinale sulla stessa popolazione svizzera [4]. Data la grande variabilità interindividuale dimostrata nel sonno dei

bambini, appare quindi corretto un approccio individualizzato, che tenga conto del “binario” quantitativo, ma anche delle reali necessità e del benessere globale del piccolo. Se infatti un bambi-no non mostra sonnolenza diurna, si sveglia spontaneamente e di buon umore al mattino, e non mostra disturbi comportamen-tali (irritabilità , aggressività, apatia) durante il giorno, non vi è necessità di intervenire sulle sue ore di sonno, anche se intorno ai limiti “consigliati”. Il bambino “short sleeper” per natura deve es-sere dunque distinto da colui che non riesce ad ottenere il sonno necessario e mostra segnali di sofferenza, questi ultimi collegati con gli outcome negativi a livello cognitivo, comportamentale e accademico [3]. Il sonno infatti può essere considerato “insuffi-ciente” anche su un piano totalmente soggettivo, come avviene nelle sindromi depressive nonostante la durata a volte anche ec-cessiva [1]. La consensus dell’AASM può essere dunque un utile strumento di confronto e di counselling da parte dell’operatore (sanitario o caregiver) e dei genitori, ma unito alla valutazione individuale del bambino nel suo contesto e solo in questo modo può essere d’aiuto nell’individuare situazioni che necessitano di intervento correttivo o educazionale.

1. Blunden S., Galland B. The complexities of defining optimal sleep: Empirical and theoretical considerations with a special emphasis on children. Sleep Medicine Reviews 18 (2014) 371e378.2. Hirshkowitz M, Whinton K, Albert SM et al. National Sleep Founda-tion’s sleep time duration recommendations: methodology and results summary. Sleep Health 1 (2015) 40–43.3. Iglowstein I, Jenni OG, Molinari L et al. Sleep Duration From Infancy to Adolescence: Reference Values and Generational Trends. Pediatrics 2003;111;302-3074. Jenni OG, Molinari L, Caflisch JA et al. Sleep Duration From Ages 1 to 10 Years: Variability and Stability in Comparison With Growth. Pe-diatrics 2007;120;e769-e776

Commento a cura di Maria Luisa TortorellaPediatra ospedaliero, San Vito al Tagliamento (PN), AAS5 Friuli Occidentale

DOCUMENTI2016; 23(5):d.2 pag. 1 di 2

Questa rubrica propone Documenti sanitari, linee guida, linee di indirizzo o di intenti di interesse pediatrico commen-tati a cura dell’ Associazione Culturale Pediatri.

Per corrispondenza [email protected]

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L’ARTICOLODELMESE

Influenza neurobiologica della pubblicità televisiva sulle scelte alimentari nei bambini: uno studio sperimentale

Background L’ industria alimentare investe in pubblicità miliardi di euro all’anno nei paesi occidentali per la vendita di prodotti alimen-tari all’infanzia. Il food marketing è indicato come un fattore si-gnificativo per la scelta del cibo, per l’ eccesso di alimentazione e per l’obesità in tutta l’età pediatrica.

ScopiStudiare l’ influenza delle pubblicità televisive sul comportamen-to e sulla motivazione nella scelta dei cibi ed esplorare la fun-zione cerebrale alla base delle diverse sollecitazioni offerte dalla pubblicità.

Metodi23 bambini di 8-14 anni di età hanno valutato 60 immagini di prodotti alimentari come appetibilità e qualità per la salute; le immagini includevano 30 alimenti salutari (ad esempio mela, broccoli, asparagi) e 30 alimenti non salutari (ad esempio marsh-mallow, patatine fritte, ciambella glassata). In un secondo tempo ai bambini è stata eseguita una risonanza magnetica funzionale per la valutazione dell’ attività cerebrale durante la scelta di un alimento dopo aver visto una pubblicità televisiva sui cibi o su contenuti non alimentari oppure senza l’ esposizione al claim pubblicitario. Alla fine della visione della pubblicità, un monitor touch screen visualizzava un cibo al quale doveva essere indicata una valutazione, attraverso una scala likert a quattro punteggi, sull’ appetibilità o sulla qualità per la salute. Ogni bambino ve-niva sottoposto a 10 valutazioni di cibi in modo randomizzato.

Risultati

Le decisioni dei bambini su quali alimenti scegliere sono guida-te dalla palabilità (P < 0.001) ma non dalla qualità per la salute dell’alimento (P = 0.71). L’ appetibilità è stato il fattore più impor-tante per la scelta dopo aver visto una pubblicità sui cibi rispet-to a una pubblicità non alimentare (P < 0.05). Inoltre, il tempo dedicato alla scelta dell’alimento era più breve dopo aver visto la pubblicità sugli alimenti (P < 0.05). L’ analisi della risonanza ma-gnetica cerebrale ha evidenziato una peculiare attivazione della corteccia prefrontale ventromediale dopo aver visto la pubblicità per gli alimenti (P < 0.05) nel confronto con le altre due condi-zioni (assenza di pubblicità, pubblicità non alimentare).

Conclusioni

Vedere una pubblicità sui cibi prima di scegliere un alimento può alterare il processo decisionale del bambino, il quale tende a ba-sarsi esclusivamente sulla prospettiva del gusto. Inoltre, la pub-blicità televisiva dei cibi può modificare i meccanismi psicologici e neurobiologici sui processi decisionali in riferimento ai cibi.

Commento

I bambini sono esposti a migliaia di messaggi pubblicitari tele-visivi all’anno; molti di questi sono rivolti ai cibi e la maggior parte pubblicizza alimenti di bassa qualità nutrizionale, i cosid-detti non core food o cibi ricchi di sale, zucchero e grassi [1-2]. Oltre il 50% dei bambini sono esposti per più di un’ ora al giorno alla TV, l’80% mangiano guardando la TV e circa il 70% ha una TV in camera da letto [3]. L’ esposizione ai messaggi pubblicitari sul cibo è riconosciuto essere una causa del sovrappeso [3-4]. A fianco dei tradizionali media come la TV, la radio, i giorna-li, sono comparse da alcuni anni nuove tecnologie digitali che stimolano il coinvolgimento sociale e interattivo dei bambini. Attraverso l’ interazione offerta dal web 2.0 le industrie fideliz-zano i bambini al brand e ai loro prodotti in un modo ancora più efficace, indirizzando a ogni singolo bambino dei contenu-ti pubblicitari perfettamente individualizzati utilizzando, oltre il sito web ufficiale dell’azienda, altre modalità di interazione. Ad esempio, in molti siti web ai bambini vengono offerti giochi interattivi o attività da proporre ad amici attraverso l’ interazione di personaggi animati che sono associati al brand dell’ alimento. Si passa quindi dall’advergaming, ossia alla pubblicità all’ interno di videogiochi o di altre strutture narrative che danno senso e forza alla motivazione nell’ acquisto e consumo del prodotto, fino ad arrivare alla gamification, una “ludicizzazione” dell’ esperienza reale dove si applicano gli elementi di gioco al mondo reale per ottenere un sistema di intrattenimento, amichevole, attraente ma artificiale. Infine, i bambini sono utilizzati anche per la diffusio-ne del brand attraverso i social media [5-6]. Pur essendo per il marketing un mercato secondario, dove il processo di acquisto è gestito da un soggetto diverso dall’ utilizzatore del prodotto, l’ investimento nel mondo dell’infanzia è strategico in quanto i bambini influenzano gli acquisti familiari e si fidelizzano nel tempo al brand che hanno riconosciuto come amichevole nelle esperienze infantili [7].

Bruce AS, Pruitt SW, Ha OR, et al.The Influence of Televised Food Commercials on Children’s Food Choices: Evidence from Ventromedial Prefrontal Cortex ActivationsJ Pediatr. 2016;177:27-32.e1

L’articolodelmese

Rubrica L’articolodelmese a cura di Costantino Panza

2016; 23(5):am.1 pag. 1 di 3

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Già prima dei tre anni di età, i bambini sono in grado di ricono-scere il packaging di diversi prodotti e riconoscono il marchio o il personaggio che indica un determinato prodotto anche se ancora non riescono a ripeterne il nome. Le marche vengono ri-cordate soprattutto quando appartengono a prodotti di interesse, primi fra tutti i giocattoli e gli snack, oppure quando sono asso-ciate a forti connotazioni visive come colori, figure o personaggi dei cartoni animati [7-8]. La comprensione degli inserti pubbli-citari come momenti separati dal resto della narrazione televisiva normalmente inizia ad essere percepita all’età di 5 anni, e solo verso l’ottavo anno di età il bambino riconosce la possibilità che la pubblicità possa essere parziale o non veritiera. Prima di que-sto momento l’ inserto pubblicitario è vissuto come una forma neutra di intrattenimento [8].

L’ effetto della pubblicità può essere non riconosciuto nemmeno da un adulto con buone capacità di riflessione critica. In un espe-rimento per valutare l’ effetto di una etichetta in un prodotto ali-mentare, i ricercatori hanno controllato lo stimolo dell’ appetito dosando l’ ormone grelina prima e dopo l’ ingestione di un frappè di 380 calorie da parte di un gruppo di persone adulte convin-te di partecipare a una prova di palabilità di un nuovo alimen-to. Tuttavia, in alcune confezioni di frappè l’ etichetta riportava l’ indicazione di 620 calorie, un generoso contenuto calorico; all’ opposto una seconda etichetta descriveva un contenuto nutri-zionale di sole 140 calorie. Nelle misurazioni effettuate, la greli-na ha presentato un crollo dopo l’ingestione del frappè descritto con l’elevato numero di calorie, mentre la risposta dell’ormone al frappè con l’ etichetta nutrizionale a basso contenuto di calorie è stata molto più debole. L’ atteggiamento mentale, la risposta neu-ro-ormonale e la sensazione di sazietà corrispondeva con quello che le persone credevano di aver bevuto invece del reale conte-nuto nutrizionale [9].

La pubblicità non veicola solo informazioni, ma costruisce il comportamento alimentare e offre una motivazione alla scelta sostenendo la gratificazione per i cibi ad alto contenuto di grassi, sale e zucchero. In uno dei più conosciuti trial in questo settore, i ricercatori hanno chiesto a oltre sessanta bambini di assaggiare cibo o bevande e di scegliere quelli che preferivano come gusto. I cibi venivano offerti a coppie, ma differivano nell’incartamen-to: anonimo, o di una nota marca molto pubblicizzata di fast food. Per ogni coppia il bambino doveva scegliere il più gustoso. Nonostante i cibi o le bevande da scegliere fossero uguali (caro-te, patatine, pollo, latte, succo di mela), i bambini hanno scelto in grande maggioranza quelli incartati con il marchio. Il gusto preferito da un bambino di quattro anni è contenuto non nel cibo assaggiato, ma nel marchio con cui è incartato. La ricerca ha stabilito anche che la preferenza per il cibo con il brand del fast food era direttamente proporzionale al numero di televisori presenti nell’ abitazione [10]. Nonostante l’ educazione offerta dai genitori, il consumo di bevande zuccherate è associato all’ espo-sizione alle pubblicità televisive con un incremento di consumo correlato in modo indipendente sia al numero di ore di esposi-zione giornaliera alla TV, sia al numero di pubblicità viste [11]. Studi di neuroimaging funzionale che esaminano attivazione ce-rebrale in risposta ad immagini di cibo hanno identificato un’at-tivazione delle aree limbiche e paralimbiche legate ai processi di

ricompensa e la cortecca prefrontale deputata ad un controllo cognitivo dell’ esperienza. Gli studi su persone adulte hanno evi-denziato come sia presente un coinvolgimento della corteccia dorsolaterale prefrontale, ventromediale, orbitofrontale, cingola-ta anteriore, lo striato ventrale e l’ ippocampo nel riconoscimento del marchio della pubblicità. Molte di queste aree sono attivate anche nella motivazione a scegliere e mangiare cibo anche in una situazione di sovrappeso od obesità. Quando bambini obesi ve-dono i loghi delle marche dei cibi, mostrano alla risonanza ma-gnetica funzionale una minore attivazione, rispetto ai bambini normopeso, delle aree prefrontali bilaterali medie e inferiori, le regioni cerebrali associate al controllo cognitivo [12]. In altre pa-role, i bambini sovrappeso sono più responsivi al brand del cibo e sono a più elevato rischio alle azioni persuasive del marketing di questi prodotti.

I risultati dello studio oggetto di questo articolo del mese in-dicano che l’attività della regione ventromediale della corteccia prefrontale presenta rilevanti modificazioni di attività solo dopo l’esposizione a pubblicità di cibi, influenzando così le attività de-cisionali del bambino. In una sottoanalisi effettuata dai ricerca-tori, non è stata trovata un’influenza del BMI all’ attività di questa regione, ma al senso di fame segnalato dai bambini prima di ef-fettuare l’ esperimento. L’ elemento critico per la scelta, tuttavia, era il gusto attribuito a quel particolare cibo e non all’importanza per la salute. Questo dato è rilevante se si riflette sulla difficoltà per i genitori e i caregiver nell’ offrire e incoraggiare il consumo di cibi di alta qualità nutrizionale, impegno educativo gravoso in un ambiente dove il bambino è continuamente bombardato da messaggi pubblicitari carichi di persuasione su alimenti non salutari.

I genitori devono essere informati del rischio di una educazio-ne al comportamento alimentare fornita dai media e dai digi-tal-media verso i cibi di bassa qualità nutrizionale ai propri figli. Tuttavia, non può essere consigliato semplicemente di evitare l’utilizzo di questi mezzi, soprattutto per i bambini più grandi, in quanto ogni bambino ha diritto di usufruirne nei tempi e modi corretti per la sua età [13-14]. Il controllo dell’ esposizione alla TV e alla navigazione su internet dei bambini è veramente dif-ficile se le famiglie non sono sostenute anche da leggi che pro-teggano da contenuti pubblicitari rivolti all’ infanzia. Non è suf-ficiente chiedere e sperare in un’autoregolazione delle industrie sul marketing alimentare verso l’infanzia (http://www.iap.it/). Gli organi legislativi nazionali o sovranazionali devono prendere decisioni che aiutino le famiglie a proteggere i bambini dai danni di questo tipo di marketing.

1. Harris JL, Pomeranz JL, Lobstein T, et al. A crisis in the marketplace: how food marketing contributes to childhood obesity and what can be done. Annu Rev Public Health. 2009;30:211-252. Kelly B, Halford JC, Boyland EJ, et al. Television food advertising to children: a global perspective. Am J Public Health. 2010;100(9):1730-63. Lissner L, Lanfer A, Gwozdz W, et al. Television habits in relation to overweight, diet and taste preferences in European children: the IDEFI-CS study. Eur J Epidemiol. 2012;27(9):705-154. Sadeghirad B, Duhaney T, Motaghipisheh S, et al. Influence of unhe-althy food and beverage marketing on children’s dietary intake and

L’articolodelmese

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L’articolodelmese

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Per corrispondenza [email protected]

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da sintomi d’ esordio spesso aspecifici con alterazioni neurologi-che presenti solo in stadi avanzati.

ConclusioniE’ importante ricordare che la sinusite è tra le possibili cause di meningite, in questi casi l’agente eziologico più frequente è il Pneumococco. La TC è un valido strumento diagnostico nel-le malattie sinusali poiché permette di valutare con precisione l’anatomia dei seni paranasali e di riscontrare l’ eventuale coin-volgimento delle strutture circostanti. In caso di alterazioni in-tracraniche, la RM consente però di ottenere una migliore carat-terizzazione del quadro. Il trattamento della sinusite nei bambini è principalmente medico [1], le complicanze intracraniche ap-partengono però alle poche circostanze [2-3] in cui può essere utile ed indicato l’ approccio chirurgico [4] (generalmente per via endoscopica).

ConclusioniEntrambi i farmaci sono utili nella gestione della SN perché ri-ducono l’ uso di Cortisone e Ciclosporina; la Ciclofosfamide con-sente remissioni più lunghe in assenza di altre terapie rispetto al Rituximab.

Bibliografia1. E. Oxford, J. McClay. Complications of acute sinusitis in chil-dren. Otolaryngology-Head and neck surgery. 2005; 133: 32-372. B.W. Herrmann BW al. Intracranial complications of pediatric frontal rhinosinusitis. Am J Rhinol 2006; 20(3): 320-43. HE. Hakim et al. The prevalence of intracranial complica-tions inpediatric frontalsinusitis. Int J Pediatr Otorhinolaryngol. 2006Aug; 70(8): 1383-74. A. Cazzavillan et al. Treatment of rhinosinusitis: the role of surgery. Int J Immunopathol Pharmacol. 2010; 23:74-7

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L’apparenza inganna: quando la febbre non passa

F. Calzolari1, S. Falcone1, M. Rubini2, V Maffini2, I. Dodi3, B. Tcha-na4, A. Agnetti4

1. Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli Studi di Par-ma2. Pediatria generale e d’Urgenza AOU Parma3. Infettivologia Pediatrica AOU Parma4. Cardiologia Pediatrica AOU Parma

ObiettivoDescrivere un caso di febbre persistente.

Caso clinicoFederiko, 14 mesi, di origine albanese. Recente viaggio in Alba-nia ad Agosto 2015, con rientro in Italia a Settembre. Nell’ estate 2014, ad un mese di vita, contatto con zia paterna, trattata per

Una meningite col raffreddore

Alice Motta1, Francesca Felici1, Antonella Crisafi2, Michela Cappel-la2, Sergio Amarri2, Lorenzo Iughetti1,3

1. Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università di Modena e Reg-gio Emilia 2. U.O. Pediatria, AO IRCCS ASMN Reggio Emilia3. U.O. Pediatria. AOU Policlinico Modena

Caso clinicoUna bambina di 10 anni, arrivava alla nostra osservazione per episodi di vomito incoercibile (5-6 episodi) associati a febbre elevata (fino a 40 °C), insorti da circa 12 ore. Nei giorni prece-denti veniva riferita una lieve flogosi delle alte vie respiratorie. All’arrivo la paziente era astenica, abbattuta, pallida, con occhi alonati, labbra e mucose asciutte, in assenza di altra obiettività di rilievo, in particolare non segni di irritazione menigo-radicola-re. Si iniziava la reidratazione endovenosa e si eseguivano esami ematici con riscontro di spiccata leucocitosi neutrofila ed indici di flogosi aumentati. Dopo circa un’ora si assisteva ad un rapido deterioramento clinico con iniziale rigidità nucale, Brudziski e Lasegue positivi. La TC encefalo risultava negativa per alterazio-ni parenchimali e raccolte ematiche, ma mostrava la presenza di un versamento fluido a livello dei seni mascellari, delle cellette etmoidali e del seno frontale. L’ esame chimico fisico del liquor risultava altamente suggestivo di meningite batterica per cui si avviava terapia endovenosa con Ceftriaxone associato a Desame-tasone a dosaggio pieno (somministrati rispettivamente per un totale di 14 e 10 giorni). A causa del rapido deterioramento dello stato cognitivo si disponeva il ricovero in Terapia Intensiva dove la paziente veniva intubata. Il giorno successivo veniva sottopo-sta a senotomia frontale con riscontro di secrezioni purulente a carico seno frontale sinistro, che confermava l’ ipotesi di menin-gite rinogena. L’ emocoltura e la liquorcoltura, precedentemen-te raccolte, risultavano positive per Pneumococco sensibile alla terapia in atto. Nei giorni successivi si assisteva ad un graduale miglioramento del quadro neurologico, tale da permettere l’ estu-bazione, la rimozione del SNG e del catetere vescicale e il trasfe-rimento in Pediatria. A completamento dell’ iter diagnostico si eseguiva un tracciato EEG, che mostrava un eccesso di attività delta prevalente in sede medio-posteriore sinistra e una RM en-cefalo, che evidenziava la presenza di un’ unica sede di alterazio-ne del segnale riferibile a residuo flogistico. La paziente veniva dimessa dopo 2 settimane con follow-up neurologico ed ORL.

DiscussioneLa sinusite è una comune patologia infiammatoria che coinvolge il distretto nasale e può propagarsi per contiguità ai seni parana-sali. Le più comuni complicanze sono quelle a carico dell’orbita (cellulite orbitaria ed ascesso orbitario) che derivano in genere dal coinvolgimento del seno etmoidale, mentre l’interessamento del seno frontale può generare complicanze di tipo intracranico (meningite, empiema epidurale e subdurale, ascesso cerebrale, trombosi dei seni cavernosi o venosi). Queste ultime sono rare nei bambini, ma estremamente pericolose essendo caratterizzate

I POSTER DEGLI SPECIALIZZANDI (1° parte)TABIANO XXV: ALLARGHIAMO LO SGUARDO

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TBC in Albania nel 2010. Giunge alla nostra attenzione a Novem-bre 2015, inviato per accertamenti da altro presidio ospedaliero nel sospetto di Malattia di Kawasaki atipica, per febbre persisten-te da 6 giorni associata a riscontro ecocardiografico di lieve ver-samento pericardico e dilatazione uniforme del lume dell’ arteria coronaria destra (diametro massimo pari a 2.6-2.7 mm). Eseguita presso tale presidio la prima infusione di IVIG, associata ad aspi-rina a dosaggio anti-infiammatorio, senza beneficio. All’ ingresso presso il nostro reparto il piccolo si presentava in buone con-dizioni generali. TC 37.4°C. Presentava pallore cutaneo e lieve disidratazione. L’esame obiettivo segnalava faringe intensamente iperemico, con lingua impaniata. Microadenia laterocervicale bilaterale. A livello della faccia volare dell’ avambraccio sinistro presenza di pomfo di diametri massimi pari a 2 cm x 1.5 cm (ese-guito Test cutaneo alla tubercolina di Mantoux circa 48 ore pri-ma). L’ obiettività cardiopolmonare ed addominale risultava nella norma. In prima giornata, dopo conferma ecocardiografica della dilatazione coronarica destra associata a versamento pericardi-co, è stata effettuata 2° infusione di IVIG, con mancata risposta clinica e persistenza di febbre. Collateralmente per il riscontro di positività all’iniezione intradermica di Mantoux e di Quantiferon TB gold indicativo di probabile infezione tubercolare, il paziente è stato sottoposto ad Rx torace (nei limiti di norma) e a TC del torace, che ha evidenziato importante impegno mediastinico per presenza di numerose adenopatie confluenti, con ampie aree di colliquazione, confermando il sospetto di malattia tubercolare. La massa adenopatica dislocava inoltre le strutture vascolari e bronchiali, esercitando effetto compressivo sul bronco principale di sinistra e sull’esofago toracico. Su indicazione della consulenza infettivologica pediatrica, è stata eseguita ricerca seriata di BK su urine (negativa) e su aspirato gastrico (ricerca diretta negativa ed esame colturale mediante PCR positivo per Mycobacterium Tubercolosis, geneticamente sensibile a Isoniazide e Rifampici-na) ed è stata quindi intrapresa quadruplice terapia con Isoniazi-de, Rifampicina, Etambutolo e Pirazinamide. Dal punto di vista cardiologico, sono stati eseguiti ulteriori controlli ecocardiogra-fici, con stazionarietà del quadro rilevato, interpretato come se-condario al quadro mediastinico. La TC del torace di controllo, eseguita ad un mese di distanza dalla precedente, ha evidenziato un peggioramento del quadro mediastinico, caratterizzato da un incremento delle voluminose adenopatie confluenti, contenenti ampie aree di colliquazione, con conseguente occlusione di gran parte del bronco principale sinistro ed enfisema del campo pol-monare omolaterale, associato a deviazione controlaterale del mediastino, corrispondente al reperto auscultatorio di riduzio-ne del murmure vescicolare all’emitorace sinistro. Veniva quindi inviato per l’ esecuzione di fibrobroncoscopia in sedazione pres-so altro centro specialistico, dove è stata esclusa l’ indicazione al posizionamento di stent endobronchiale per l’ elevato rischio di fistolizzazione ed è stato associato alla terapia di base ciclo di te-rapia corticosteroidea per la riduzione dell’ edema flogistico e la conseguente ostruzione bronchiale.

DiscussioneIl paziente veniva inviato alla nostra attenzione con il sospetto diagnostico di malattia di Kawasaki atipica [1], forma più fre-quente nei lattanti, nella quale la febbre persistente si accompa-gna a meno di 4 su 5 tra i criteri clinici diagnostici principali, con reperti ecocardiografici e di laboratorio compatibili con la diagnosi. Prima di intraprendere terapia di seconda linea per

forme di MK resistenti alla terapia standard [2], in relazione al riscontro di una Mantoux di 2 cm x 1.5 cm in un bambino di soli 14 mesi, è stato indispensabile un approfondimento diagnostico. Infatti, come è noto dalla letteratura [3], i segni e i sintomi della tubercolosi polmonare primaria nel bambino sono sorprenden-temente scarsi rispetto all’ adulto, con obiettività clinica sfumata, spesso caratterizzata da febbre di basso grado, tosse non produt-tiva e lieve dispnea. In generale, una reazione al test alla tuber-colina pari o superiore ai 10 mm in un bambino o in un adulto vaccinato con BCG è considerata positiva e necessita di ulteriore valutazione diagnostica. Le dimensioni appropriate dell’ infiltra-zione indicanti una positività del test cutaneo variano con i fatto-ri epidemiologici e i fattori di rischio correlati all’ individuo. Nei bambini, la possibile esposizione ad un adulto con tubercolosi polmonare infettiva è il principale fattore di rischio per contrar-re l’ infezione tubercolare [4]. In considerazione di queste ragio-ni, abbiamo ritenuto il quadro meritevole di approfondimento strumentale e laboratoristico, con TC del torace, Quantiferon TB-Gold ed esami colturali. Tali accertamenti hanno portato alla diagnosi di infezione tubercolare con importante impegno mediastinico, per cui è stata intrapresa quadruplice terapia con farmaci antitubercolari.

ConclusioniQuesto caso ci conferma una volta di più l’ importanza dell’ anamnesi e dell’ esame obiettivo nell’iter diagnostico-tera-peutico dei nostri pazienti pediatrici.

Bibliografia1. Nomura Y, Arata M, Koriyama C, et al.: A severe form of Kawasaki disease presenting with only fever and cervical lym-phadenopathy at admission. J Pediatr. 156:786-791 2010;2. Burns JC, Best BM, Mejias A, et al.: Infliximab treatment of in-travenous immunoglobulin-resistant Kawasaki disease. J Pediatr. 153:833-838 2008;3. Lighter J, Rigaud M: Diagnosing childhood tuberculosis: tra-ditional and innovative modalities, Curr Prob Pediatr Adolesc. Health Care. 39:55-882009;4. Newton SM, Brent AJ, Anderson S, et al.: Paediatric tuberculo-sis. Lancet Infect Dis. 8:498-510 2008.

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Un’apatia… che non ti aspetti

Silvia Brocchi1, Alberto Marsciani2, Laura Viola2, Palma Mammo-liti3, Gina Ancora2-3, Lorenzo Iughetti1

1. Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università di Modena e Reg-gio Emilia2. U.O. di Pediatria, Ospedale “Infermi”, Rimini3. U.O. di Terapia Intensiva Neonatale, Ospedale “Infermi”, Rimini

Caso clinicoUna bambina di 2 anni, affetta da trisomia 21 e portatrice di DIV perimembranoso e muscolare associati a DIA ostium se-cundum per cui aveva effettuato terapia diuretica sospesa da 11 mesi, giungeva in ambulatorio urgenze pediatriche per vo-

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miti ripetuti ed astenia in apiressia. Riferito calo ponderale. All’ E.O: bimba astenica, facilmente risvegliabile, pianto consola-bile, postura e decubito nella norma, soffio sistolico 1-2/6, edema palpebrale bilaterale. Agli esami ematici neutrofilia e linfopenia, PCR < 1 mg/L. All’ ecocardiografia quadro compatibile con pato-logia di base. In corso di ricovero, ulteriore stato di abbattimento con apatia, tendenza all’ assopimento, ipotonia generalizzata, in particolare del capo, ed irritabilità. All’ EEG tracciato diffusa-mente lento. Si impostava terapia con Ceftriaxone e Aciclovir ev. Si eseguivano: ecografia addome nella norma, esame del FOO negativo, e rachicentesi, con fuoriuscita di liquor ad elevata pres-sione, limpido e acellulare, negativo per virus e batteri. Dopo la rachicentesi transitorio miglioramento clinico, con successiva ricomparsa di apatia, ipotonia ed irrequietezza. Per riscontro occasionale, agli esami ematici eseguiti 5 mesi prima, di TSH ri-dotto (0,81 mUI/L) rispetto al controllo di un anno prima (8,54 mUI/L), con fT3 e fT4 sempre nella norma, si richiedeva prelievo per funzionalità tiroidea che rivelava quadro di ipertiroidismo primario (TSH <0,005 mUI/L, fT4 63,3 ng/L, fT3 14,93 ng/L), diagnosticato come morbo di Graves per positività di anticorpi anti-recettore di TSH (>40 UI/L) e anti-TPO (50 KUI/L), tireo-megalia all’ecografia tiroidea (volume totale 2,72 cm3, superiore alla norma per l’età) e PA differenziale elevata. Si impostava te-rapia anti-tiroidea con Metimazolo alla dose di 0.4 mg/kg in 3 somministrazioni/die, con rapido miglioramento clinico.

DiscussioneL’ ipertiroidismo è raro nei bambini (incidenza annuale 1 su 1.000.000 di bambini < 4 anni). La GD è la causa più comune di ipertiroidismo (84% dei casi pediatrici) [1-2], si presenta in genere con segni e sintomi comuni di ipertiroidismo quali gozzo, esoftalmo, diarrea, perdita di peso, iperattività, tremori, palpita-zioni, sudorazione. Negli ultimi decenni è aumentata la segna-lazione di manifestazioni atipiche di morbo di Graves, con cui la patologia può esordire, quali apatia, depressione, miopatia e vomito [2]. Una rara presentazione di questa malattia è l’ iper-tensione intracranica idiopatica o pseudotumor cerebri (PTC), in cui vi è aumento di pressione intracranica con liquor normale e senza anomalie strutturali encefaliche, che si manifesta con ce-falea e vomito e si risolve con terapia antitiroidea [3-4]. Anche il nostro caso si è presentato in modo atipico, con apatia, ipoto-nia del capo e vomito. Il vomito sarebbe dovuto sia ad aumento dell’ attività beta-adrenergica (tipica dei pazienti ipertiroidei) [2]che a PTC, documentata nel nostro caso mediante rachicente-si. La PTC è un disturbo caratterizzato da aumento di pressio-ne intracranica con liquor normale, senza evidenza di infezioni, anomalie vascolari, masse, idrocefalo o alterazione di coscienza. La sua incidenza nella popolazione generale è 1 su 100.000; nei bambini non è comune, più frequente negli adolescenti (60% >10 aa) [4]. Mal di testa, vomito e papilledema sono sintomi e segni classici di PTC; talvolta vi è rigidità cervicale [3]. Nel 53-77% dei bambini è secondaria ad alterazioni endocrino-meta-boliche (obesità, patologie tiroidee), farmaci (es. tetracicline, ormone della crescita), disturbi nutrizionali (es. tossicità da so-vradosaggio di vitamina A o deficit di vitamina A e D) o qua-dri sistemici (es. sindrome di Turner, LAL, galattosemia) [4]. Tra le patologie tiroidee, casi pediatrici di PTC possono essere secondari a sovradosaggio della terapia sostitutiva con tiroxina nell’ ipotiroidismo giovanile; più raramente, vi sono casi secon-dari ad ipertiroidismo, essendo la PTC una rara forma di presen-

tazione di morbo di Graves [4]. Sembra che nel morbo di Graves vi sia un’aumentata resistenza al riassorbimento del liquor tra spazio subaracnoideo e sistema venoso favorita da fT4 in ecces-so, sia per l’ incremento della pressione venosa da esso indotto, sia per l’alterato gradiente pressorio (fT4 è un importante regola-tore del trasporto di Na), con conseguente aumento di pressione cerebrospinale e insorgenza di PTC [3]. Dal punto di vista tera-peutico, il metimazolo è considerato come terapia di prima linea nella GD pediatrica. Se non si ottiene la remissione entro alcuni anni di terapia medica, per il trattamento radicale si impiegano la chirurgia o il trattamento con I 131 [1].

ConclusioniA conferma di quanto descritto in letteratura, il nostro caso mostra come la GD possa esordire con manifestazioni atipiche; inoltre essa dovrebbe sempre essere considerata come potenzia-le causa di PTC. La buona risposta al trattamento antitiroideo conferma la correlazione di tali manifestazioni con il morbo di Graves. La consapevolezza circa la relazione tra queste presenta-zioni suddette e il morbo di Graves è essenziale per evitare ritardi diagnostici e di trattamento.

Bibliografia1. Zirilli G, Velletri M.R, Porcaro F. et al. Hyperthyroidism in childhood: peculiarities of the different clinical pictures. Acta Biomed 2015; Vol. 86, N. 3: 220-225.2. Hegazi M.O. and Ahmed S. Atypical Clinical Manifestations of Graves’ Disease: An Analysis in Depth. Journal of Thyroid Rese-arch, Volume 2012; Article ID 768019, 8 pages.3. Coutinho E, Silva A.M, Freitas C. et al. Graves’ disease presen-ting as pseudotumor cerebri: a case report. Journal of Medical Case Reports 2011, 5:68.4. Ko M.W, Liu G.T. Pediatric Idiopathic Intracranial Hyperten-sion (Pseudotumor Cerebri). Horm Res Paediatr 2010;74:381–389

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Un acuto... renale

S. Bursi1, A.M. Buffagni1, A. Dozza2, L. Iughetti1,2

1. Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università di Modena e Reg-gio Emilia2. U.O. di Pediatria, Az. Osp. Universitaria Policlinico di Modena

Caso clinicoMaschio, 6 anni, veniva condotto presso il PS di un Ospedale periferico per una gastroenterite esordita 2 giorni prima e carat-terizzata da numerosi episodi di vomito, astenia e febbricola. In tale sede, il bambino veniva ricoverato per riscontro agli esami ematici di disidratazione iponatriemica (Na 129 mEq/l) con au-mento degli indici di flogosi (PCR 6.4 mg/dl), trattata dapprima con soluzione fisiologica, poi con soluzione glucoelettrolitica ev. In seconda giornata, per comparsa di importante addominalgia, venivano eseguiti ecografia dell’addome (con evidenza di liquido nella piccola pelvi tra le anse intestinali e modesta idronefrosi dx con diametro antero-posteriore 12 mm), stick urine (con ri-

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scontro di ematuria) e veniva trasferito presso il nostro reparto per sospetto addome acuto. All’ esame obiettivo presentava di-screte condizioni generali, obiettività cardio-respiratoria nella norma, addome trattabile anche se dolente alla palpazione pro-fonda ai quadranti di destra. Veniva pertanto intrapresa terapia antibiotica con Ceftriaxone ev e venivano eseguiti accertamenti radiologici che escludevano patologia chirurgica in atto, ma che rilevavano una dilatazione calico-pielica renale, orientando la diagnosi verso una patologia nefrourologica, anche in conside-razione della persistenza di macroematuria e del riscontro, agli esami ematici eseguiti all’ingresso, di acidosi metabolica con iposodiemia. In seconda giornata di ricovero si assisteva a com-parsa di oligo-anuria con iniziali segni di insufficienza renale acuta con ingravescente iposodiemia e rialzo della creatininemia (Na 127 mEq/l, Urea 64 mg/dl, Creatinina 3.23 mg/dl). Pertanto, in ragione del quadro laboratoristico, del peggioramento delle condizioni cliniche del paziente, con incremento ponderale, e persistenza di anuria nonostante la terapia diuretica impostata (Acido Etacrinico e Furosemide), si trasferiva il bambino presso il Reparto di Nefrologia Pediatrica dell’ Ospedale Sant’ Orsola di Bologna per le cure e gli accertamenti del caso. In tale sede, per la mancata risposta alla terapia diuretica effettuata, ulteriore incre-mento ponderale, presenza di edemi al volto e ulteriore aumento della creatininemia (fino a 3.85 mg/dl), veniva intrapresa dialisi peritoneale proseguita per un totale di circa 19 ore. Dal giorno successivo, il bambino ha ripreso ad urinare con progressivo calo ponderale ed esami ematici di funzionalità renale in progressivo miglioramento fino a completa normalizzazione dopo 10 giorni di ricovero (Creatinina 0.3 mg/dl). Durante la degenza, in corso di terapia antibiotica con Ceftriaxone, si assisteva, inoltre, a com-parsa di dolore addominale di tipo colico, con riscontro ecogra-fico di calcolosi delle vie biliari. Pertanto venivano eseguiti accer-tamenti laboratoristici per una migliore definizione del quadro, veniva sospesa terapia antibiotica e intrapresa terapia con acido urso-desossicolico, grazie alla quale si è assistito ad un progres-sivo miglioramento della sintomatologia addominale e del qua-dro epato-biliare laboratoristico ed ecografico. Il bambino veniva quindi dimesso in condizioni cliniche stabili.

DiscussioneL’ insufficienza renale acuta (IRA) è caratterizzata da un aumen-to reversibile dei livelli ematici di creatinina e prodotti di scarto azotati, e dalla incapacità del rene di regolare in maniera ap-propriata l’omeostasi dei fluidi e degli elettroliti. Anche se non vi sono dati precisi sulla sua incidenza in età pediatrica, recenti studi suggeriscono che questa è in aumento, soprattutto tra i pa-zienti ospedalizzati [1]. L’ IRA viene riconosciuta quando la fun-zione renale escretoria declina rapidamente. L’aumento dei valori di urea e creatinina plasmatiche sono solitamente accompagnati da oliguria. Le cause di IRA possono essere pre-renali, da danno renale intrinseco o post-renali (ovvero da uropatie ostruttive), ed esse sono diverse tra neonati e bambini più grandi [2]. Il dan-no pre-renale (come quello evidente nel nostro caso) si verifica quando il flusso al rene è ridotto a causa di una reale contra-zione del volume intravascolare, o per diminuzione del volume effettivo di sangue. Nel primo caso il danno renale si verifica per ipoperfusione del rene causata per esempio da emorragia, disidratazione dovuta a perdite gastrointestinali (come nel caso descritto), malattie renali o surrenali che portano a importante perdita di sali, diabete insipido centrale o nefrogenico, aumento

delle perdite insensibili come avviene nelle ustioni, e nelle pato-logie associate a perdite di liquidi nel “terzo spazio” come sepsi, sindrome nefrosica, traumi tissutali e aumento della permeabili-tà capillare. Nel secondo caso, invece, il danno si verifica quando il vero volume di sangue è normale o aumentato ma la perfusio-ne renale è diminuita a causa di malattie come insufficienza car-diaca congestizia, tamponamento cardiaco e sindrome epato-re-nale. Dal momento che i reni sono intrinsecamente normali, il danno pre-renale è reversibile una volta che il volume di sangue e le condizioni emodinamiche vengono ripristinate. L’IRA pre-re-nale, se prolungata e trascurata, può portare ad un danno renale intrinseco causando una necrosi ipossico/ ischemica tubulare acuta [1]. I diuretici vengono comunemente usati per prevenire o limitare l’ IRA; tuttavia, molti bambini necessitano di terapia sostitutiva renale per eliminare le tossine endogene ed esogene e per mantenere una buona omeostasi fino a quando la funzione renale migliora. La terapia sostitutiva renale può essere fornita mediante dialisi peritoneale (PD), emodialisi (HD), o emofil-trazione con o senza un circuito di dialisi. Nel decidere quando iniziare la terapia sostitutiva renale e quali modalità di terapia da utilizzare, vengono considerati molti fattori, tra cui l’età e le di-mensioni del bambino, la causa alla base dell’insufficienza renale, il grado di disordine metabolico, la pressione sanguigna e le esi-genze nutrizionali [3]. La PD, tecnica semplice e universalmente disponibile, viene generalmente considerata la prima scelta nei pazienti con insufficienza renale isolata (come nel nostro caso) [2]. La prognosi e la capacità di recupero della funzionalità rena-le sono fortemente dipendenti dall’eziologia di fondo dell’ IRA: i bambini con danno renale isolato hanno una prognosi migliore rispetto a coloro nei quali il danno renale è una componente di un’insufficienza multiorgano [1].

ConclusioniIl nostro paziente ha presentato un quadro di insufficienza rena-le acuta da verosimile disidratazione. Per mancata risposta alla terapia diuretica con indici clinici e laboratoristici di progressivo peggioramento della funzionalità renale, è stata intrapresa dialisi peritoneale con successiva rapida ripresa della diuresi spontanea. Gli esami ematici ed urinari si sono completamente normaliz-zati, a sostegno dell’ ipotesi di insufficienza renale acuta di ori-gine pre-renale. Nel corso della degenza è inoltre emerso qua-dro di calcolosi delle vie biliari, tutt’ora in corso di definizione diagnostica, che ha richiesto terapia medica specifica con acido urso-desossicolico.

Bibliografia1. Andreoli S.P. “Acute kidney injury in children”, Pediatr. Ne-phrol (2009) 24:253-2632. Strazdins V., Watson A.R., Harvey B. “Renal replacement the-rapy for acute renal failure in children: European Guidelines”, Pediatr. Nephrol (2004) 19:199-2073. Andreoli S.P. “Management of acute kidney injury in children: a guide for pediatricians”, Pediatr Drugs (2008) 10(6):379-90

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Un’insolita tumefazione parotidea in una neonata a termine

MC. Bariola1, F. Pruccoli1, S. Amarri2, L. Iughetti3

1. Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli Studi di Mo-dena e Reggio Emilia2. Struttura Complessa di Pediatria, ASMN Reggio Emilia3. Struttura Complessa di Pediatria, Azienda Ospedaliera e Universita-ria Policlinico di Modena

ObiettivoDescrivere un’insolita tumefazione parotidea bilaterale a rapida risoluzione in una neonata a termine, e riflettere sul possibile ruolo della malattia di Basedow materna e del Metimazolo nella sua patogenesi.

Caso clinicoNeonata di otto giorni giungeva per voluminosa tumefazione in sede sottomandibolare destra e fuoriuscita di materiale bianca-stro dal dotto di Stenone. Apiretica, alimentazione conservata, allattamento materno esclusivo. Madre in terapia con Metimazo-lo per Morbo di Basedow.- Esami ematici: indici di flogosi negativi, Tiroxina libera 21.3 pg/ml (v.n. 6-20 pg/ml) con TSH nei limiti (1,07 v.n. 0,6-10 µU/ml); sierologia negativa per TORCH.- Ecografia del collo: focalità solida delle ghiandole salivari, ti-roide regolare.Si impostava terapia antibiotica e antinfiammatoria e la madre decideva di sospendere l’allattamento al seno, con graduale re-gressione della tumefazione, che tuttavia scompariva a destra per poi ricomparire a sinistra e infine regredire bilateralmente. La bambina veniva dimessa dopo cinque giorni in pieno benes-sere. Dopo due settimane:- esami ematici: indici di flogosi e funzionalità tiroidea nella nor-ma per età;- ecografia del collo: risoluzione della scialoadenomegalia prece-dentemente riscontrata.

DiscussioneLa scialoadenite è rara in età neonatale; si associa a disidrata-zione, nutrizione enterale a gavage, neutropenia e prematurità [1]. Ancor più rara è l’ infezione nel nato a termine: può essere determinata da batteri provenienti dal cavo orale per via ascen-dente, oppure può essere espressione di una colonizzazione del latte dall’ esterno [2]. Considerando in prima battuta l’ ipotesi infettiva, è stata intrapresa una terapia antibiotica empirica, ot-tenendo una buona risposta clinica. Il nostro caso tuttavia non sembra completamente compatibile con una scialoadenite infet-tiva, considerando le buone condizioni generali della bambina, persistentemente apiretica, la negatività degli indici di flogosi e l’andamento clinico della tumefazione. La madre assumeva Me-timazolo. Tra gli effetti indesiderati di tale farmaco è segnalata la “scialoadenopatia e linfadenopatia” e la parotite [3]. La so-spensione dell’allattamento con successiva riduzione della tu-mefazione avvalorerebbe tale ipotesi. L’ ipertiroidismo neonata-le, conseguente a malattia di Basedow materna, può associarsi a scialodenomegalia della ghiandola sottomandibolare, per scarsa salivazione o un comune meccanismo autoanticorpale [4].

ConclusioniPur avendo la nostra paziente una funzionalità tiroidea nei limiti di norma per età, potremmo dunque ipotizzare un ruolo della malattia materna nella patogenesi della scialoadenopatia neona-tale. Per confermare tale ipotesi sarebbe necessario uno studio approfondito dell’assetto tiroideo materno in gravidanza e ulte-riori conferme scientifiche. Si tratta di una scialoadenite infetti-va? Potrebbe avere un ruolo il Metimazolo assunto dalla madre? E la malattia di Basedow materna?

Bibliografia1. E. Pereira E, Lapa P. Isolated suppurative submandibular siala-denitis in a preterm neonate. BMJ Case Report. 20142. H. Ozdemir, et al. Acute neonatal suppurative parotitis: a case report and review of the literature. International Journal of In-fectious Disease. 2011: e500-5023. M. Taguchi, et al. Acute pancreatitis and parotitis induced by methimazole in a patient with Graves’ disease. Clinical Endocri-nology 1999; 51: 667-6704. A.U. Kitapci, A.S. Calikoglu. Neonatal hyperthyroidism asso-ciated with isolated submandibular sialadenitis: is it just a coin-cidence? J. Clin Res Ped Endo 2010; 2(1): 43-45

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L. Fanciullo1, MC Marisi1, S Falcone1, C. Ruberto2

1. Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli Studi di Par-ma2. U.O.Pediatria Generale e D’Urgenza AOU Parma

ObiettivoDescrivere un caso clinico di patologia dermatologica a distri-buzione lineare.

Caso clinicoMaschio, 2 anni e 9 mesi, giunge alla nostra attenzione per le-sione cutanea a livello dell’arto inferiore destro presente da circa un mese. Non riferito dolore, prurito né altri sintomi di rilievo. Effettuato ciclo di terapia topica con steroide e antibiotico per pochi giorni con scarso beneficio. Si segnala varicella nel mese precedente. All’ ingresso si riscontra lesione cutanea che si esten-de dalla piega inguinale al dorso del piede lungo la superficie mediale dell’arto inferiore destro. L’ aspetto è lineare con larghez-za media di circa 2 cm ed è costituito da piccole maculo-papule eritematose ravvicinate. Diagnosi differenziale:- Herpes Zoster: la varicella nel mese precedente e la distribu-zione simil-dermatomerica potevano porre il sospetto di lesione erpetica comunque esclusa dalla mancanza di lesioni vescicolari e di sintomatologia.- Dermatite da contatto: anamnesi e distribuzione non caratte-ristica.- Lesione traumatica: venivano negati traumi.- Nevo infiammatorio verrucoso lineare (NEVIL): variante del Nevo Epidermico, compare nei primi giorni di vita e si associa a prurito intenso; le lesioni sono generalmente ipercheratosiche e

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desquamate.- Psoriasi: può avere distribuzione lineare, spesso coinvolge più sedi con lesioni eritemato-desquamative.- Lichen Striatus: lesioni lineari, acquisite, asintomatiche, spesso unilaterali coinvolgenti gli arti e meno frequentemente tronco e volto.Sulla base dell’ andamento clinico e dell’ aspetto delle lesioni, vie-ne posto il sospetto di LICHEN STRIATUS. Il collega Dermato-logo ha confermato la diagnosi ed ha consigliato ciclo di steroide topico per ridurre la fase infiammatoria in atto. Il progressivo miglioramento ha ulteriormente avvalorato la diagnosi.

DiscussioneIl lichen striatus è un’ affezione dermatologica benigna, frequente in età pediatrica, a patogenesi non nota ed a risoluzione spon-tanea nell’ arco di qualche mese [1-2]. Il trigger può essere un evento infettivo, spesso di origine virale [3]. La distribuzione è lineare lungo strie cutanee, denominate linee di Blaschko, che corrispondono alle linee di migrazione delle cellule staminali precursori dei cheratinociti [3]. La terapia è sintomatica [4].

ConclusioniIn presenza di una dermatite con distribuzione lineare lungo le linee di Blaschko, prendere in considerazione anche il Lichen Striatus.

Bibliografia1. D. Kennedy D et al. Lichen Striatus. Pediatr. Dermatol 1996, 13:952. A.Taieb A, et al. Lichen stritus: a Blaschko linear acquired in-flammatory skin eruption. J Am Acad Dermatol 1991; 25:6373. A. Patrizi A, et al. Lichen Stritus clinical and laboratory featu-res of 115 children. Pediatr Dermatol 2004; 21:1974. K. Toda et al. Lichen Striatus. Int J Dermatol 1986; 25:584

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Quando si dice “affari di famiglia”

M.G. Berardi1, A. Norato1, S. F. Madeo 2, A. Guerra2, L. Iughetti1,2

1. Scuola di specializzazione in Pediatria, Università di Modena e Reg-gio Emilia.2. U.O. Pediatria, Dipartimento Integrato Materno-Infantile, Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico Modena

Caso clinico Maschio, 8 anni, affetto da disturbo dell’ attenzione, ritardo men-tale di grado moderato e del linguaggio, per i quali è attualmente in follow-up presso il servizio territoriale della Neuropsichiatria Infantile, e seguito presso il nostro Reparto pediatrico per epiles-sia in trattamento farmacologico dall’età di 3 anni, in terapia far-macologica con Levetiracetam e Carbamazepina, libero da crisi cliniche dall’ età di 5 anni, è stato ricoverato per inquadramento diagnostico. Alla valutazione obiettiva si segnalano dati auxolo-gici ai limiti superiori di norma per genere ed età, dismorfismi facciali multipli quali facies rotonda (figura 1), rime palpebrali orizzontali (figura 2), radice del naso ipoplasica, narici antiverse

(figura 3), filtro lungo, labbro superiore sottile e arcuato verso il basso (figura 4), occhi alonati, elice semplificato con lobo auri-colare anteriorizzato, denti piccoli; piede piatto con sindattilia del II°- III° dito bilateralmente (figura 5); iperlassità legamentosa e dito a scatto bilateralmente; piccola macchia caffè-latte in sede inguinale; testicoli piccoli mobili; lesioni ipercromiche e da grat-tamento agli arti inferiori. Gli esami bioumorali sono risultati nella norma e il dosaggio farmacologico adeguato entro il range terapeutico. L’ EEG ha documentato, come già noto, sequenze di theta angolare in sede temporo-occipitale, a dominanza destra. Alla luce del dato clinico e nel forte sospetto sindromico è stato sottoposto ad esami strumentali di completamento, atti ad in-dividuare eventuali alterazioni organiche. L’ ecografia cardiaca e quella addominale sono risultate negative per alterazioni organi-che. L’ ecografia testicolare ha documentato la presenza delle go-nadi in sede inguinale, di volume rispettivamente pari a 0.54 cc a dx e 0.90 cc a sn, per cui è stata posta indicazione ad orchidopessi entro un anno. L’ assetto ormonale basale è risultato di tipo pre-pubere; positivo il test di stimolo con analoghi gonadotropinici. La valutazione ORL ha riscontrato soltanto un’ ipertrofia adenoi-dea di IV grado con audio-impedenzometria nella norma. Da un approfondimento anamnestico ci è stata riferita rinocongiutivite stagionale, dato quest’ultimo che associato a quello obiettivo del-le lesioni da grattamento e alla positività a vari inalanti docu-mentata dai RAST, ci hanno persuasi ad eseguire una valutazio-ne dermatologica e allergologica con consiglio ad intraprendere una terapia antistaminica stagionale. La valutazione ortopedica di controllo per piattismo, ha ribadito la necessità di proseguire con l’ uso dei plantari. La madre obiettivamente presenta gli stes-si dismorfismi facciali con sindattilia del II° e III° dito bilateral-mente e ritardo mentale. Nessun dato anamnestico rilevante, ma a completamento è stata sottoposta a visita neurologica con EEG risultato nella norma. Nel forte sospetto di una sindrome geneti-ca sono stati eseguiti dunque, i CGH-array che hanno individua-to tre microdelezioni quali 2p23.3 di origine materna, 7q11.21, e (12)(p12.2p12.1) in omozigosi. Delle delezioni riscontrate, quel-la 2p23.3 coinvolge il gene DNMT31 implicato nella patogenesi della Sindrome di Tatton-Brown-Rahman.

DiscussioneLa Sindrome di Tatton-Brown-Rahman (TBRS) [1], è una sin-drome caratterizzata da iperaccrescimento, dismorfismi faccia-li multipli e ritardo mentale di grado variabile. Tutt’oggi è poco nota, si ipotizza che si tratti di una patologia a trasmissione autosomica dominante, dovuta a mutazioni in eterozigosi del gene DNMT3A (2p23) [1]. In letteratura sono descritte, infatti, 13 diverse mutazioni che coinvolgono questo gene che codifica per un enzima responsabile della metilazione specifica di siti del DNA, è tuttavia nota, l’ interazione con numerosi altri geni (DNMT1, DNMT3B, Myc…), alcuni dei quali sono implicati in processi oncogenici. Si stima una prevalenza mondiale inferiore a 1/1.000.000. Clinicamente, come descritto in letteratura, può associarsi a cardiopatie congenite, alterazioni scheletriche, sor-dità di tipo neurosensoriale o mista e maggiore predisposizione allo sviluppo di neoplasie in età giovane adulta, soprattutto di na-tura ematologica (LMA). La sindrome di Tatton-Brown-Rahman rientro nel gruppo delle sindromi da iperaccrescimento che sono un gruppo eterogeneo di condizioni caratterizzate da eccessiva crescita, localizzata o generalizzata, comunemente associate a svariate anomalie malformative e ad un aumentato rischio on-

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cologico. La classificazione di questi disordini si è rivelata molto complessa, sia per l’ estesa sovrapposizione delle loro caratteristi-che cliniche, sia per il fatto che le anomalie molecolari causative non sono attualmente del tutto note. Un chiaro esempio di que-ste sindromi e della loro complessità è la sindrome di Beckwi-th-Wiedeman, caratterizzata da un’ampia variabilità fenotipica correlata a molteplici varianti geniche che coinvolgono la regione cromosomica 11p15.5. Altri esempi sono rappresentati dalla sin-drome di Simpson-Golabi-Behmel e di Sotos, x-linked e legata a mutazioni del gene NSD [1] localizzato sul cromosoma 5 ri-spettivamente. Essendo attualmente scarse le conoscenze emerse dalla letteratura, è doveroso sottolineare dunque la necessità di un attento e prolungato follow-up multispecialistico di questi pazienti (neurologico, neuropsichiatrico, endocrinologico, au-diologico, ematologico).

Bibliografia1. K. Tatton-Brown, et al. Mutations in the DNA methyltransfe-rase gene DNMT3A cause an overgrowth syndrome with intel-lectual disability. Nat Genet. 2014 Apr;46(4):385-8.

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Figura 1.

Figura 2.

Figura 3.

Figura 4.

Figura 5.

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Narrare l’immagine

Sono in treno, sto andando a Venezia, l’ edicola della stazione era chiusa, non ho nulla da leggere, ho però carta e penna e provo a ritornare con la mente al quadro di Lucian Freud, che nei giorni scorsi ho osservato con attenzione e cerco di rievocare le sensazioni. Sensazioni provate per la prima volta, vergini, il quadro mi era infatti ignoto. Ricordo che subito ho posto il mio sguardo sull’ uomo in primo piano insieme al suo cane, poi è proseguito in fondo alla stanza. Sorpresa al vedere l’ uomo nudo che allatta. Il mio primo pensiero va all’ omogenitorialità, prevedibile mi dico, scontato, lo fuggo, lo scarto, forse è questo a cui mi vuole condurre chi mi ha chiesto il commento, mi sembra una costrizione, però questo è stato il primo pensiero e quindi onestamente ci torno e lo propongo. Mi ha suscitato sconcerto il fatto dell’allattamento, penso alle mamme adottive, ma questo è un maschio, chissà se un lattante accetterebbe un capezzolo maschile. L’ atteggiamento è però naturale, sono tutti a loro agio, nulla sembra forzato, anche se per me lo è. Allo stesso tempo il bambino mi sembra bene accolto in quell’ abbraccio, ci sta bene in quel nido. Mi chiedo quale legame ci sia tra queste persone, l’ età degli adul-ti stona con la tenerissima età del bambino. La domanda resta senza risposta. Vado oltre la finestra, altra umanità che conduce la sua vita, ritorno nella stanza e li riosservo. Mi mette a disagio il fatto che non si guardano, non capisco se provano sentimenti, mi piacerebbe che si guardassero e mi guardassero sorridendo.

Laura Brusadin

Una luce calda di tardo pomeriggio entra in una stanza spoglia, forse una volta uno studio, di una casa di città. Fuori la vita trascorre nor-male, una fila di auto regolarmente parcheggiate, un passante, alcuni lampioni; un uomo, comodamente seduto su un divano, è immerso nel-la lettura, un cane è accovacciato ai suoi piedi. Tra la finestra e l’uomo un lattante, poppando al seno, beatamente riposa, avvolto in una veste bianca, accolto da un corpo nudo e rilassato, al quale con la sua manina dolcemente si ancora. E’ un uomo vecchio che lo allatta ma il neonato non sembra accorgersene. Sul volto dell’uomo leggiamo invece lo stupo-re di chi osserva la scena: sguardo turbato e bocca aperta ci dicono che ciò che sta vedendo lo lascia interdetto: la realtà è uscita fuori dai suoi schemi mentali. Impassibile e invece è l’ uomo che legge, perché nei libri tutto può accadere, tutto è possibile; quello che leggiamo apre nuove possibilità alla realtà che abitiamo, scardina le nostre certezze, le nostre credenze, ci aiuta a uscire da noi stessi verso nuovi orizzonti, ci aiuta ad aprire gli scuri delle nostre finestre mentali e a far entrare la luce che, illuminando le cose, ci permette di vedere. Ce lo ricordano le finestre sullo sfondo, una aperta e una chiusa. Quella di destra ha degli scuri interni che sono quasi completamente chiusi, ma un filo di luce calda filtra tra di essi ed è sufficiente a far venire voglia di aprirli per sapere che cosa c’ è, che cosa accade dal lato opposto della strada visibile dalla finestra di sinistra.

Descrive l’immagine Cristina Casoli, Storico dell’arteImpressioni a cura di Laura Brusadin, Manuela Marchesi e Giuseppe Primavera

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LUCIAN FREUD (1922–2011) Large Interior, Notting Hill (1998) Collezione privata

“Invece di andare dal dottore per ricevere aiuto, vado a vedere quadri” (L. Freud)Lucian Freud, uno dei massimi pittori britannici dei nostri tempi, porta un cognome che pesa come un macigno. Nato a Berlino nel 1922, ma presto tra-sferitosi nel Regno Unito con la famiglia di origini ebraiche, è infatti il nipote di Sigmund Freud, il fondatore della psicoanalisi. Nel 1954 è già celebre e apprez-zato, tanto da garantirsi l’ invito alla XXVII Biennale di Venezia, a fianco dei più grandi artisti della Gran Bretagna, Ben Nicholson e Francis Bacon. Davvero difficile collocare Lucian Freud in un movimento, una corrente di ricerca, un pensiero dominante del Novecento, sebbene per lui si sia più volte parlato di neo-espressionismo iconico. In un mondo dell’arte tutto proteso verso la pittu-ra astratta (proprio in quegli anni Quaranta che segnano la sua giovinezza), lui persegue con coraggio e in solitaria ostinazione il figurativo. Conduce una ri-cerca isolata, prevalentemente incentrata sulla figura umana. Studia i grandi del passato da Dürer a Ingres, da Rembrandt a Watteau, da Giorgione a Constable, in estenuanti visite museali che danno corpo a un pensiero nel quale profon-damente crede, ossia che fare un giro al museo sia curativo come andare dal medico. Freud lavora con matite e colori a olio, in un primo tempo stesi a cam-piture piatte, quasi trasparenti, in seguito impiegati con sempre maggiore gene-rosità, addensati, sovrapposti, raggrumati, dati sulla tela con piccole pennellate “sporche”, pazienti ma decise. Celebre e più volte ricordato da amici e biografi, il personalissimo rituale messo in atto dal pittore al momento della spremitura del tubetto sulla tavolozza: un gesto definito addirittura sacerdotale, perché da quella abbondanza e generosità prende corpo la materialità della sua pittura. Si tratta di pigmenti pesanti ad alto contenuto di ossido di piombo (l’amatissimo Cremnitz White fatto arrivare appositamente dalla Germania), che consentono di rinforzare luminosità e rilievo, ma purtroppo anche tossici. «Voglio che la pittura sia carne», ha affermato, e infatti le sue opere crude e talvolta urtanti, mostrano i segni che l’esistenza “scolpisce” sui corpi umani, mettendo in luce una fisicità spesso eccessiva e debordante, talvolta disseccata e fragile, ma mai idealizzata. Large Interior Nothing Hill, dipinto nel 1998, si inserisce in queste ricerche condotte per un’ intera vita, che comprendono anche composizioni ar-ticolate con più figure in un interno (e animali privi di vitalità), spesso criptiche e misteriose. Alla base è possibile individuare un autorevolissimo modello, La Tempesta di Giorgione, capolavoro dominato – analogamente - da un’ assenza di relazioni tra i personaggi che contribuisce ad aumentare il senso di ambiguità della scena.

Cristina [email protected]

Cosa ho visto, cosa ho sentito

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Narrare l’immagine

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Queste finestre ci ricordano della nostra visione parziale del reale, del fatto che quando osserviamo inforchiamo gli occhiali della nostra espe-rienza e della necessità ogni tanto di deporli, di recuperare lo sguardo libero da pregiudizi del lattante che non risulta interdetto dall’ affidarsi e fidarsi di quel corpo che gli trasmette sicurezza. La nostra conoscenza sarà sempre parziale e abbiamo bisogno continuamente di stimoli buoni che, come la luce che filtra dagli scuri, ci spingano ad aprire la nostra mente. E a volte occorre aspettare il tardo pomeriggio per avere questa consapevolezza, come ci ricorda l’ età matura dei protagonisti della scena o forse solo coltivare uno spazio silenzioso ed essenziale come la stanza che osserviamo, in cui apparentemente disconnessi da quanto accade fuori ci si regala un po’ di tempo per pensare.

Maddalena Marchesi

Interno giorno a Notting Hill, Londra. La luce arriva dalla strada, penetra dalla finestra e illumina una stanza disadorna e due figure. Una in primo piano, un uomo anziano seduto su un consunto divano di pelle, con un cane addormentato ai suoi piedi; i suoi lineamenti sono ben marcati, le rughe e le mani nodose evidenziate da vigorosi chiaro-scuri, la sua espressione non appare serena, più che assorto nella lettura sembra perso nei suoi pensieri. In secondo piano l’ immagine che non ti aspetti, un uomo non più giovane interamente nudo, mollemente seduto su una poltrona con un bimbo in grembo, attaccato al suo capezzolo. Tra i due piani, tra le due figure nessun contatto, mondi che non comu-nicano. Come interpretare questi due personaggi ambigui e misteriosi: simbolismo o provocazione? Dalle brevi note fornite dal critico d’ arte propenderei per la seconda. Incuriosito dalla citazione fatta nella pre-sentazione del quadro sono andato a rivedere La tempesta di Giorgione; anche qui due figure, vicine ma senza alcuna relazione tra loro, con una piccola ma importante differenza rispetto al dipinto di Freud: è una don-na ad allattare un bimbo, non un uomo. Una differenza di genere, quella presente nell’ interno londinese, che mi mette a disagio, mi fa percepire l’ immagine quasi irritante, tale è la dissonanza rispetto al mio immagi-nario. Non ho pregiudizi basati su genere e orientamento sessuale, ma penso che se fossi andato al museo con un bambino avrei avuto grosse difficoltà a spiegargli questa immagine. Mi vengono in mente rassicu-ranti Madonne che allattano, di cui è ricca la nostra iconografia sacra.

Giuseppe Primavera

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ü La tubercolosi nell'infanzia: cosa deve ancora sapere e saper fare

il pediatra M. Farneti, C. Farneti

ü Algoritmo diagnostico delle anemie in età pediatrica L. Sainati, R. Colombatti, F. Menzato, V. Muneretto M.C. Putti

ü Segnali d'allarme in età pediatrica delle evoluzioni disarmoniche

o psicopatologiche dell'età adolescenziale e adulta L. Rinaldi

ü Il bambino neglect: cosa deve sapere il pediatra C. Berardi, A. Paglino

ü Il trattamento di urgenza delle aritmie in età pediatrica R. Paladini

ü Dalla prevenzione alle nuove terapie: gestione condivisa del

bambino con fibrosi cistica

G. Magazzù, C. Lucanto

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