Paesaggio: l'anima dei luoghi

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Il volume raccoglie le relazioni e le lectiones magi- strales tenute nel corso delle prime due edizioni del Festival “Paesaggi: l’anima dei luoghi” (2006 e 2007), realizzato dal Comune di Pavia. La manifestazione ha rappresentato l’occasione di un dialogo aperto tra studiosi di diversa estrazione disciplinare sul tema più che mai centrale del paesaggio come manifesta- zione delle identità territoriali e come riappropriazio- ne e risignificazione collettiva. Occasione di confronto, ripensamento e valorizzazio- ne dell’ingente, per lo più compromesso patrimonio territoriale, gli interventi costituiscono una mappa di posizioni, teorie, stili d’indagine e approcci operativi che restituiscono la complessa trama di realtà pae- saggistiche lacerate, ma anche la consapevolezza collettiva del significato dell’abitare, della memoria, delle identità personali e condivise e di progetti so- stenibili di futuro. Una riscoperta dell’anima dei luoghi come responsa- bilità di un’etica pubblica, itinerario formativo ma an- che ripensamento dei paradigmi che hanno condotto alla devastazione dei paesaggi, allo sfiguramento delle città, alla dilapidazione di un patrimonio cultu- rale irripetibile e dell’identità civile della nazione. Interpretare il paesaggio James Hillman Massimo Quaini Riccardo Priore Maurizio Vitta Luisa Bonesio Luigi Zanzi Serge Latouche Paesaggi agrari e nuove sensibilità Daniela Poli Agnese Visconti Maurizio Boriani Paolo Lassini Luciano Valle Alla ricerca dell’anima urbana Massimo Venturi Ferriolo Alberto Magnaghi Domenico Luciani Carlo Socco Alessandro Rocca Identità di una città Vittorio Prina Remo Dorigati Luca Micotti PAESAGGIO: L’ANIMA DEI LUOGHI A cura di Luisa Bonesio e Luca Micotti DIABASIS PAESAGGIO: L’ANIMA DEI LUOGHI A cura di BONESIO e MICOTTI DIABASIS TERRA E MARE 21,50

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Filosofi, architetti, urbanisti e studiosi dell'ambiente indagano sul multiforme aspetto del paesaggio, per iniziare da qui a ripensare il Luogo come lembo di terra concreto e singolare, in cui natura e cultura si incontrano ogni volta nei modi più diversi.

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Il volume raccoglie le relazioni e le lectiones magi-strales tenute nel corso delle prime due edizioni del Festival “Paesaggi: l’anima dei luoghi” (2006 e 2007), realizzato dal Comune di Pavia. La manifestazione ha rappresentato l’occasione di un dialogo aperto tra studiosi di diversa estrazione disciplinare sul tema più che mai centrale del paesaggio come manifesta-zione delle identità territoriali e come riappropriazio-ne e risignifi cazione collettiva. Occasione di confronto, ripensamento e valorizzazio-ne dell’ingente, per lo più compromesso patrimonio territoriale, gli interventi costituiscono una mappa di posizioni, teorie, stili d’indagine e approcci operativi che restituiscono la complessa trama di realtà pae-saggistiche lacerate, ma anche la consapevolezza collettiva del signifi cato dell’abitare, della memoria, delle identità personali e condivise e di progetti so-stenibili di futuro. Una riscoperta dell’anima dei luoghi come responsa-bilità di un’etica pubblica, itinerario formativo ma an-che ripensamento dei paradigmi che hanno condotto alla devastazione dei paesaggi, allo sfi guramento delle città, alla dilapidazione di un patrimonio cultu-rale irripetibile e dell’identità civile della nazione.

Interpretare il paesaggio

James HillmanMassimo Quaini Riccardo Priore Maurizio Vitta Luisa Bonesio Luigi Zanzi Serge Latouche

Paesaggi agrari e nuove sensibilità

Daniela Poli Agnese ViscontiMaurizio BorianiPaolo Lassini Luciano Valle

Alla ricerca dell’anima urbana

Massimo Venturi Ferriolo Alberto MagnaghiDomenico LucianiCarlo Socco Alessandro Rocca

Identità di una città

Vittorio PrinaRemo Dorigati Luca Micotti

PAESAGGIO: L’ANIMA DEI LUOGHI A cura di Luisa Bonesio e Luca Micotti

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TERRA E MARE

€ 21,50

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TERRA E MARECollana di Geofilosofia diretta da Luisa Bonesio e Caterina Resta

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Dopo la fine dell’ordine cosmico su cui si reggevano le civiltàantiche, dopo il tramonto della Cristianità medievale e il nau-fragio del delirio prometeico della Modernità, il globo sulquale ormai sappiamo d’avere un destino comune attendecon urgenza un nuovo Nomos. Diviene dunque ineludibile,di fronte alla crisi che pervade ogni aspetto della vita sulnostro pianeta, tornare a pensare il senso e le possibili formedel nostro abitare sulla Terra. Ciò può avvenire soltanto a par-tire da un radicale ripensamento del Luogo, in quanto spa-zio non meramente astratto e geometrico, ma concreto lem-bo di terra, ogni volta singolare, qualificato dall’incontro tranatura e cultura e dalle loro stratificazioni storiche, nel con-vincimento che l’odierno galoppante processo di delocaliz-zazione non produce unicamente spaesamento, ma impe -disce anche ogni possibilità di futuro soggiorno, senza delquale l’umanità è certamente destinata alla sparizione.

Dipartimento di FilosofiaUniversità degli Studi di Messina

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In copertinaSandra Tenconi, Oltrepò, 1992, pastello su carta, cm 42x29,7

Progetto graficoBosioAssociati, Savigliano (CN)

ISBN 978 88 8103 551 9

© 2008 Edizioni Diabasisvia Emilia S. Stefano 54 I-42100 Reggio Emilia Italiatelefono 0039.0522.432727 fax 0039.0522.434047

[email protected] www.diabasis.it

Il volume è stato realizzato grazie alla collaborazionedel Comune di Pavia

Settore Cultura, Turismo e Promozione della Città

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DIABA S I S

Paesaggio: l’anima dei luoghi

A cura di Luisa Bonesio e Luca Micotti

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Paesaggio: l’anima dei luoghiA cura di Luisa Bonesio e Luca Micotti

Presentazione, Silvana BoruttiIntroduzione, Luisa Bonesio

INTERPRETARE IL PAESAGGIO

Il paesaggio: una ricerca psicologica, James Hillman

Il paesaggio: un percorso tra mercificazione e convivialità, Massimo QuainiLa Convenzione Europea del Paesaggio: un progetto politico al servizio dell’identità del territorio, Riccardo Priore

Paesaggio, paesaggi: continuità e mutamenti nell’esperienza contemporanea dello spazio, Maurizio Vitta

Luoghi e forme, Luisa Bonesio

La territorializzazione del sacro, Luigi Zanzi

La decrescita come progetto politico urbano e locale,Serge Latouche

PAESAGGI AGRARI E NUOVE SENSIBILITÀ

Paesaggi di margine: ruolo e funzione dell’agricoltura periurbana, Daniela Poli

Paesaggi lombardi tra sfruttamento, salvaguardia e nuove sensibilità: situazioni e prospettive, Agnese Visconti

Il paesaggio agrario storico: quali politiche per la sua tutela, conservazione e uso sostenibile, Maurizio Boriani

Le istituzioni e la nuova progettualità, Paolo Lassini

Percorsi di un nuovo “abitare”: bellezza, etica, agricoltura,Luciano Valle

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ALLA RICERCA DELL’ANIMA URBANA

La buona visibilità dell’insieme tra polis e metropolis, omogeneo e eterogeneo: uno sguardo sulle trame del paesaggio urbano,Massimo Venturi Ferriolo

Coscienza di luogo e paesaggionella pianificazione identitaria del territorio, Alberto Magnaghi

Prima e dopo la città. Cercare l’anima dei luoghi nella nebulosa insediativa, Domenico Luciani

L’anima dei luoghi e i luoghi senz’anima, Carlo Socco

Punti di vista. Temi e protagonisti dell’architettura del paesaggio, Alessandro Rocca

IDENTITÀ DI UNA CITTÀ

Pavia “moderna”: frammenti di un paesaggio della memoria,Vittorio Prina

Architettura e paesaggi pavesi, Remo Dorigati

Pavia: identità fluviale, identità fluida, Luca Micotti

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L’amministrazione comunale persegue da alcuni anni progetti col-legati dal grande tema del paesaggio: dalla mostra “Paesaggi: pretestidell’anima” (2003-‘04) al protocollo d’intesa con la Regione Sicilia,da cui nacque la mostra “Paesaggi allo specchio. Dalle Alpi agli Erei”(2005), alle due edizioni del Festival del Paesaggio (2006 e 2007).

Questo volume raccoglie i contributi di analisi e riflessione chefilosofi, architetti, urbanisti, studiosi dell’ambiente hanno offertoalla città nell’ambito delle due edizioni del Festival del paesaggio. Itesti indagano i molti volti del paesaggio: il paesaggio come ricercadi interiorità, come bene culturale, come formazione e trasforma-zione del territorio, come riscrittura dei luoghi urbani.

Le sezioni del volume declinano i volti del paesaggio e i vari aspet-ti della cura che ne dobbiamo avere. Pensare il paesaggio, in primoluogo: il paesaggio come fonte delle figure e dei significati dei pro-cessi individuali e collettivi di formazione dell’identità, che Hillmanchiama “fare anima”. Il paesaggio non è semplicemente contenitoredelle gesta umane, o sfondo da contemplare passivamente, ma è modoper esplorare l’interiorità, per elaborare il tema della sacralità dellaterra, per pensarsi come un homo aestheticus che percepisce il mondonon come un fondo a disposizione, ma come la propria dimora.

E poi il paesaggio agrario. I tempi sono maturi perché la terra,che è da sempre lavorata e “sfruttata”, sia investita dalla nuova sen-sibilità per l’ambiente che tutti ci stiamo formando. Gli interventitoccano gli aspetti di questa sensibilità: l’aspetto politico ed eticodella tutela e dello sviluppo sostenibile, l’aspetto estetico del sentir-si nella dimora propria dell’uomo – ciò che i Greci esprimevano colconcetto insieme estetico, etico e conoscitivo di kosmos.

Presentazione

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Presentazione8

Infine il paesaggio urbano: è questo il luogo del nostro abitare incui diventa maggiormente percepibile la tensione che si crea oggitra identità storica da una parte e uniformizzazione dall’altra, tra l’i-dentità dei luoghi, l’anima dei luoghi che deriva da una sedimenta-zione storica complessa, e l’apertura degli orizzonti del mondo nelprocesso di globalizzazione. Lo spazio urbano, esposto com’è allecrisi di trasformazione, alle progettualità e alle sperimentazioni −urbanistiche, architettoniche, estetiche, simboliche − finisce peressere un laboratorio del confronto e spesso del conflitto di stili,idiomi, culture, modelli insediativi.

Il percorso riflessivo di questo volume ha il compito non tanto didarci progetti fatti, quanto di fornirci gli sguardi e le competenzenecessari per progettare modelli di convivenza basati su sobrietà,rispetto, convivialità, responsabilità di ognuno verso il patrimoniocomune, sia naturale che culturale e identitario.

L’amministrazione comunale è grata a quanti hanno offerto il pro-prio contributo di idee e di pensiero al fine di accrescere la nostraconsapevolezza del paesaggio.

Silvana BoruttiAssessore alle Politiche Culturali

Comune di Pavia

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Alla vigilia della terza edizione del Festival “Paesaggi: l’anima deiluoghi”, promosso e organizzato dall’Assessorato alle Politiche Cul-turali, Comunicazione e Promozione della città del comune diPavia, abbiamo voluto dare testimonianza degli aspetti riflessivi eteorici − convegni dedicati a tematiche specifiche e, come solenneevento conclusivo, una lectio magistralis − delle prime due edizioni(2006 e 2007), nella profonda convinzione dell’importanza di incre-mentare e condividere i risultati della riflessione paesaggistica conaltri soggetti, pubblici e privati, che in questo momento storico stan-no percorrendo autonome, ma sempre più spesso convergenti vieverso l’elaborazione di sguardi, pratiche, etiche pubbliche final-mente all’altezza della questione, acuta e inevadibile, della qualifi-cazione dei luoghi di vita delle popolazioni. Ci è parso utile metterea disposizione le ricerche e i contributi di molti autorevoli interpre-ti e progettisiti di paesaggio, in un panorama italiano localmente emolteplicemente interessato alla questione molto più di quanto poli-tica istituzionale e mezzi di comunicazione di massa non colgano.

Nato dalla rilevanza crescente che viene in questi anni attribuitaal paesaggio, anche grazie al fondamentale cambiamento di para-digma − teorico e politico − nei confronti di questa essenziale ecostitutiva dimensione dell’esistere dei singoli e delle comunità,significativamente documentata dalla Convenzione Europea delPaesaggio, il Festival pavese è stato tra i primi in Italia a impegnarsia favore di una rispresa di consapevolezza collettiva e di una assun-zione di responsabilità nei confronti di un patrimonio costitutivod’identità e di ricchezza durevole, che dovrebbe realizzarsi, oltreche nelle decisioni della politica e delle amministrazioni pubbliche,

Introduzione

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anche nella sensibilizzazione e nella formazione permanente di tut-ti i cittadini ai valori del paesaggio, così come prescrive la Conven-zione Europea.

In questa e in altre consimili manifestazioni che si stanno diffon-dendo in tutta Italia, contrastando molte inerzie che ancora sussi-stono, si tratta innanzitutto di avviare un movimento di ripensa-mento critico della prospettiva mercantile ed economicistica che haconsentito la dilapidazione dei patrimoni culturali, identitari, este-tici e simbolici in nome del profitto, ma anche di dar vita a laboratoriin cui mettere alla prova diverse concettualità, nuovi strumenti inter-pretativi e progettuali alla luce di una diversa idea dell’abitare la Ter-ra, nel presupposto che una svolta decisa verso nuove forme di con-vivenza umana, finalmente rispettose nei confronti dei luoghi delloro insediarsi e di valorizzazione delle singole culture messe arischio dagli effetti omologanti della mondializzazione sia non ulte-riormente procrastinabile. Obiettivo politico d’interesse generale,bene comune in cui si fondono memorialità, sedimentazione cultu-rale, patrimonio storico-artistico, beni ambientali in una dimensio-ne complessiva, la (ri)qualificazione del paesaggio sta diventando laposta in gioco decisiva per molte comunità, amministrazioni e asso-ciazioni di cittadini.

Benché la ricchezza intrinseca di queste manifestazioni risiedanella pluriformità delle iniziative − passeggiate, degustazioni, visitegiudate, mostre, concerti, intrattenimento, conferenze singole, ecc.− capaci di coinvolgere a diversi livelli un pubblico variegato, ogniedizione si è incentrata su una tematica specifica, pensata e propo-sta innanzitutto in chiave teorica, suscettibile di ulteriori approfon-dimenti e di un dibattito allargato. Al contempo, a sottolineare l’am-pia portata internazionale del tema e la sua rilevanza civile e politi-ca, a suggello di ogni edizione del Festival, è stata interpellata unavoce “autorevole”, di livello internazionale, al fine di fornire unapporto imprescindibile al pensiero del paesaggio come luogo divita e manifestazione delle culture.

Introduzione10

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Nella prima edizione il Festival si era proposto un ampio giro d’o-rizzonte sulle tematiche paesaggistiche da varie angolazioni; i con-vegni furono Un territorio in partenza: viaggio da Pavia al mare per ilrecupero del paesaggio; Progettare il paesaggio: come la politica dise-gna il territorio; Paesaggi in prospettiva; Paesaggio urbano pavese:identità fluviale, identità fluida; L’“Abitare” e la grazia. Nuovi per-corsi tra Bellezza, Tecnica, Agricoltura, e la relazione finale vennetenuta da James Hillman. Nella seconda edizione, il tema del festi-val è stato “Il paesaggio urbano”, con un convegno dedicato al temaIdentità conviviali o spaesamento metropolitano e una lectio magi-stralis tenuta da Serge Latouche.

In questo volume vengono raccolti:per l’edizione 2006 del Festival:− del convegno Paesaggi in prospettiva (29 marzo 2006), a cura di

Luisa Bonesio, i testi di Maurizio Vitta, Luigi Zanzi, Alberto Magna-ghi, Massimo Quaini, Luisa Bonesio.

− del convegno Paesaggio urbano pavese: identità fluviale, identitàfluida (31 marzo 2006), a cura di Luca Micotti, i testi di Vittorio Pri-na, Remo Dorigati, Alessandro Rocca, Luca Micotti.

− del convegno L’“Abitare” e la grazia. Nuovi percorsi tra Bellezza,Tecnica, Agricoltura (1 aprile 2006), a cura di Luciano Valle, i testi diPaolo Lassini, Maurizio Boriani, Agnese Visconti, Luciano Valle.

− la lectio magistralis di James Hillman (2 aprile 2006).Per l’edizione 2007 del Festival:− del convegno Identità conviviali o spaesamento metropolitano

(22 maggio 2007), a cura di Luisa Bonesio, i testi di Riccardo Prio-re, Daniela Poli, Carlo Socco, Domenico Luciani, Massimo Ventu-ri Ferriolo.

− la lectio magistralis di Serge Latouche (27 maggio 2007).Altri materiali (registrazioni, foto, video, segnalazioni, link,

aggiornamenti, informazioni ecc.) relativi al Festival sono reperibi-li nel sito dedicato www.animadeiluoghi.com.

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Un sentito e doveroso ringraziamento va all’Assessore alle PoliticheCulturali, Comunicazione e Promozione della città, Silvana Borutti,che ha voluto, nell’ambito di un ampio e lungimirante disegno di qua-lificazione culturale della città, aprire uno spazio per la riflessione ele pratiche paesaggistiche; alla dirigente del Settore Cultura, SusannaZatti, a Claudia Comaschi dell’Associazione culturale “Dedalo” e aGigliola De Martini dei Musei Civici di Pavia, per la loro preziosa,efficace e simpatica collaborazione, oltre che a tutte le persone che sisono prodigate a vario titolo nella realizzazione delle numerose ini-ziative che assicurano annualmente il successo del Festival.

Luisa BonesioLuca Micotti

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Dalla rappresentazione al luogo

Secondo un modo di pensare radicato fino a qualche tempo fa ilpaesaggio sarebbe un concetto ineliminabilmente e costitutivamen-te estetico (in sostanza il riferimento a un genere di pittura, traslatosuccessivamente a designare anche il suo referente reale), che recain sé il dispositivo conoscitivo da cui scaturisce la possibilità stessadella sua rappresentazione: dunque paesaggio come immagine,spettacolo fruito da un contemplatore disinteressato posto a un’op-portuna distanza. È questo il concetto di paesaggio di cui l’esteticaha dibattuto fino ad oggi, e da questo concetto provengono moltedelle impasses cui si è accennato finora: il paesaggio è opera d’arte?Il paesaggio è giardino? Anche la città è paesaggio? Quale la rela-zione tra natura e paesaggio? Da un punto di vista teorico, la que-stione è sintetizzabile nella domanda: il paesaggio è (solo) un’im-magine? E immagine per chi?

In realtà, ancora una volta l’etimologia giunge in soccorso al pen-siero, fornendo un’interessante traccia. Infatti, prima di assumere ladeclinazione preminentemente estetica, dovuta all’uso in ambitopittorico, i termini Landschap, Landschaft, paese possedevano unsignificato propriamente geografico-territoriale, che rimandavaall’idea di provincia, patria, regione, dunque ad uno spazio dellavita umana e sociale, ai suoi vicinati, e alla sua posizione relativa-mente ad altri posti1, così come alle sue qualità specifiche (naturalie umane). In particolare il termine paese rimanda al verbo latinopangere, conficcare paletti, da cui pagus, il cippo confitto nel terre-no per segnare un limite (del campo, dell’abitato, una strada, ecc.),che genera a sua volta l’aggettivo pagensis, da cui, appunto, paese.Il “paese” (o Land) che darà il conio “paesaggio”, non è, secondoquesta ricostruzione linguistica, tanto il “paesetto” come oggetto e

Luoghi e formeLuisa Bonesio

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genere pittorico, quanto, ben più originariamente, il rimando a un’i-dea di articolazione spaziale che genera territorialità, appartenenza,istituisce riconoscibilità e differenze, consente, attraverso l’attivitàdi imporre limiti, di strutturare forme e leggibilità, simbolicità epossibilità operative, distinzioni, legami, separazioni, rimandi: unaregione, o contrada, realizzata come opera collettiva, come ricor-derà il suffisso (-schaft, -aggio).

Pagus, dunque, era il cippo di confine fissato in terra, che desi-gna una regione rurale ben definita, e, come dimostra filologica-mente John Brinckerhoff Jackson2, nelle lingue anglosassoni landdesignava una porzione di suolo o di terra, e, in età gotica, un pez-zo di terra coltivata o un’estensione misurata di terreno. Dai variesempi linguistici portati da questo autore, si vede come Land desi-gnasse storicamente uno spazio definito da frontiere, anche se nonnecessariamente cinto da chiusure o da mura. Ma anche l’anglosas-sone Landscape, fino a tre secoli fa, designava un concetto analogo:«una frazione di terra lavorata non più grande di un quarto d’acro,poi un gruppo di fattorie, in una prateria o in un bosco, e poi il pae-se stesso, l’Inghilterra […]; in breve, una parola delle maggiormen-te polisemiche, ma che implicava sempre uno spazio definito dal-l’uomo, e cui poteva corrispondere una definizione giuridica»3.Infatti il suffisso –scape rimanda a shape (forma), composizione dioggetti similari, ossia “gli aspetti collettivi dell’ambiente”. La rico-struzione dei significati dei termini per dire il paesaggio nelle lingueeuropee, porta Jackson a un risultato particolarmente interessantedal punto di vista teorico, giacché se il paesaggio è un termine checompendia l’idea di «composizione di spazi fatti dall’uomo sullaTerra», allora ci dice che il paesaggio non è un ambiente naturale,bensì un luogo di sintesi, «un sistema artificiale di spazi sovrappo-sti alla superficie della Terra, che funziona ed evolve non in base aleggi naturali, ma per servire a una comunità – giacché il caratterecollettivo del paesaggio è un aspetto sul quale si sono trovate d’ac-cordo tutte le generazioni e tutti i punti di vista»4.

Il paesaggio rivela, da questa prospettiva, il modo culturale del-l’abitare dell’uomo sulla terra, una creazione che sintetizza natura estile storico lungo archi temporali molto lunghi, al cui approcciointerpretativo un’ottica esclusivamente estetica rischia di rivelarsi

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alquanto insufficiente. Come fa rilevare Marc Besse nell’introdu-zione all’edizione francese dell’opera di Jackson, questo autore nonrimase indifferente alla lezione morfologica del Tramonto dell’Occi-dente di Spengler, coniugata con le correnti d’interrogazione dellafisiognomica terrestre come fondamento oggettivo del sapere geo-grafico. In fondo i paesaggi altro non sono che una sorta di immen-sa cartografia degli stili dell’abitare storico sulla terra, l’inscrizionedi attitudini, forme dello spirito, dell’oikonomico, che segna lasuperficie terrestre con complesse e spesso sovrapposte serie diimpronte. A ognuno di questi stili culturali corrisponde una diver-sa messa in forma della natura, e dal loro incontro, non sempre faci-le o pacifico, scaturisce la singolarità dei paesaggi. Allora anche ilgenius loci può essere compreso in tutta la sua portata non sempli-cemente evocativa di una trascorsa armonia, ma come il tratto stili-stico-espressivo, irriducibilmente singolare, di un luogo nella suade-finizione, ossia nella riconoscibilità in quanto forma che, cometale, è individuabile a partire dai suoi limiti, ossia dallo stacco rispet-to a delle differenzialità.

Ma l’espressione latina contiene anche un importantissimo rife-rimento al paesaggio come luogo. Occorre soffermarsi su questo ter-mine, per pensarlo in relazione al concetto di paesaggio, e per arti-colarlo più finemente nelle rispettive differenze di senso. Anche iltermine latino locus appare sfaccettato e polisemico: designava, inaccezione geografica, un posto, una posizione nel territorio, oppu-re una dimensione qualificata dello spazio (podere, campo, città oregione; ma anche dimora, alloggio, sepoltura), usabile in modo tra-slato per indicare il passo di un testo, o lo status sociale e gerarchi-co. In esso c’è un riferimento all’attività umana di un soggetto sin-golo o collettivo; come scrive Daniela Poli:

Il termine luogo nasce dalla certezza del nesso solidale e radicato trasoggetti e spazio: essi sono tutt’uno e rappresentano un insieme identita-rio dotato di confini certi. […] Il luogo è quindi specifico, completo, con-creto. Il luogo rimanda in termini geografici, in forme talvolta difficili econflittuali, alla certezza del possesso, alla sovrapposizione univoca fracomunità e spazio. Uno spazio diventa luogo solo dopo essere diventatooggetto di una relazione affettiva, economica e simbolica che si manifestain modo intelligibile5.

Luisa Bonesio74

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Locus e paese (Land) indicano una stessa dimensione di spazioidentificato da segni, pratiche, azioni concrete, in cui ci si può rico-noscere, sperimentare l’appartenenza, conoscerne i confini-limiti:

Se esistono appartenenza e identificazione, e queste si manifestano inmodo intelligibile, allora esiste il luogo. Il luogo è territorio e paesaggio.Territorio e paesaggio sottoposti a dinamiche identitarie, in cui sono pre-senti i termini di stabilità e continuità, che si manifestano secondo i carat-teri di unitarietà e differenza6.

I caratteri che contrassegnano il pagus e il locus sono del tuttoanaloghi: delimitazione, riconoscibilità e individuabilità, qualifica-zione spaziale, intervento umano, appartenenza, differenzialità.Come si evince dai rispettivi significati, almeno a livello concettua-le, il rimando è all’idea di definizione di una forma, che può assu-mere grandezze e funzioni diverse (dalla stanza alla regione, dallasepoltura al rango sociale), che, in quanto tale, è de-finita da limitiche la individuano e perciò ne consentono riconoscibilità e artico-labilità rispetto ad altre7. In essi si manifesta dunque una topologiaprecisa, con un’apprensione “geografica” degli spazi della terra, cheancora (siamo in epoca antica e premoderna) non ne sacrifica qua-lità e articolazioni a favore di un’astratta omologazione, senza,peraltro, rinunciare all’uso e alla misura. Il paesaggio è uno spazionon solo segnato, ma anche organizzato, condiviso, luogo di identi-ficazione e trasformazione delle comunità, che consente la durati-vità delle relazioni: i confini sono le cerniere di articolazione deglispazi tra loro, la ripartizione in luoghi distinti e complementari manon sovrapponibili. La trama dei nomoi 8 che organizza, misura,ripartisce e rende intelligibile lo spazio amorfo e caotico è ciò chelo trasforma in paesaggio umano, a partire da un’interpretazione eselezione culturale delle possibilità iscritte nell’ordine naturale. Ilche comporta l’identificabilità del luogo: il paesaggio è un’iden-tità/differenza singolare, a partire da una lettura morfologica delrapporto dell’uomo con la Terra, degli stili di attivazione del sensodell’abitare umano.

Inoltre, nella nozione di luogo come territorio e paesaggio, è rico-nosciuta la necessità della stabilità-unitarietà e della continuità-dif-ferenza: ossia un luogo-paesaggio può darsi solo se la sua forma

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La città lacerata

La distruzione delle città in tempo di pace1 − con l’esplodere deivecchi centri storici, la speculazione immobiliare sfrenata che cac-cia i ceti inferiori e medi verso le periferie, il proliferare dei centricommerciali, l’estensione delle zone residenziali, l’emergere deigrattacieli, la lacerazione dello spazio dalle autostrade e la prolife-razione dei non-luoghi (stazioni, aeroporti, ipermercati, ecc.)2, l’a-sfissia del traffico automobilistico − è uno dei sintomi di una crisipiù ampia generata dalla “super” o “iper” modernità (parola chetrovo più giusta di “post”-modernità).

La modernità con l’industrializzazione dell’Ottocento avevadistrutto la città medioevale e barocca, generando problemi di ognisorta e sofferenze enormi di cui testimoniano i romanzi di Dickenso di Zola; tuttavia, un certo equilibrio si era mantenuto o ricosti-tuito attorno ai grandi viali (basta pensare all’esempio della Parigidi Haussman). Questo equilibrio tutto relativo traduceva nel tes-suto urbano un equilibrio altrettanto relativo tra la società con lasua moralità tradizionale resiliente (etica del lavoro, senso deldovere, dell’onore e dell’onestà), le istituzioni (esercito, giustizia,educazione, belli arti, ecc.) e l’economia capitalista con la sua accu-mulazione illimitata. La rottura di questo equilibrio è stata com-piuta con la cosiddetta “globalizzazione” o “mondializzazione”,che si può datare in modo simbolico dalla caduta del muro di Ber-lino nel 1989. Non è tanto l’estensione degli scambi o della finan-za su scala planetaria che è nuova (che esiste almeno dal 1492), èinvece la mercificazione e la finanziarizzazione del mondo. Con ciòche i Francesi chiamano le tre “D”, dérèglementation, désinterme-diation, décloisonnement (assenza di regolazione, assenza di inter-mediazione, assenza di barriere), deciso in 1986 da Ronald Reagane Margaret Thatcher, si assiste letteralmente a l’onnimercificazione

La decrescita come progetto politico urbano e localeSerge Latouche

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del mondo. Distruzione della società salariale e dello stato sociale,dischiusura delle economie e dei mercati e delle transazioni finan-ziarie. Tutto diventa oggetto di traffico, fino al corpo umano, alsangue, ai geni. Si passa da una società con mercato ad una societàdi mercato, da una società con crescita ad una societa di crescita. Sipuò definire la società di crescita come una società dominata dauna economia di crescita e che tende a lasciarsene assorbire. Lacrescita per la crescita diventa così l’obiettivo principale, se nonl’unico, della vita. Il cancro della Crescita (con la “C” maiuscola)non distrugge soltanto la città, ma distrugge anche il senso dei luo-ghi lacerando il territorio. Per questa ragione, i tentativi onorevolidegli urbanisti di porre rimedio alla crisi urbana proponendo sche-mi ingegnosi − regioni urbane, città giardino, città totale, reti urba-ne, conurbazioni (Geddes), Broadacre city (Wright), città compat-ta, città diffusa, ecc., che cercano una nuova articolazione tra cittàe campagna, sono condannati allo scacco per mancanza di un’ana-lisi globale del fallimento della società della crescita. Secondo laprofezia di Lewis Mumford, la megapolis si trasforma in tyranno-polis, poi finisce come nekropolis3. Solo con l’inserimento dentroil progetto di costruzione di una società di decrescita il tessutolocale e urbano può essere ricomposto.

Negli anni Sessanta, i professori di economia e i tecnocrati siriempivano la bocca con i circoli virtuosi della crescita. A questoperiodo, chiamato dagli economisti francesi «i trent’anni gloriosi»(1945/1975), è seguita un’altra epoca che gli stessi (o i loro critici)hanno designato come «i trent’anni pietosi» (les «trente piteuses»).In realtà, i trenta anni “gloriosi”, anch’essi, se facciamo il bilanciodei guasti fatti all’ambiente e all’umanità, sono stati «trent’anni disa-strosi» («trente désastreuses») come dice il “giardiniere planetario”,Gilles Clément4. Alla fine, i circoli virtuosi si sono rivelati piutostoperversi. Il deregolamento climatico che ci minaccia oggi è il risul-tato delle nostre “follie di ieri”.

Invece il cambiamento reale di prospettiva necessario percostruire una società autonoma di decrescita può essere realizza-to attraverso il programma radicale, sistematico, ambizioso delleotto “R”: rivalutare, ridefinire, ristrutturare, ridistribuire, riloca-lizzare, ridurre, riutilizzare, riciclare. Questi otto obiettivi interdi-

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pendenti innescano un circolo virtuoso di decrescita serena, con-viviale e sostenibile5.

Durante i trent’anni gloriosi, non era possibile denunciare imisfatti della crescita e dello sviluppo se non nel Sud, laddove era-no più evidenti: deculturazione, omologazione, pauperizzazione.Se, nel Nord, la pauperizzazione nel senso economico del termineera contraria a ciò che pareva evidente durante l’epoca consumi-sta, la deculturazione e la depolicitizzazione avanzavano comun-que a grandi passi. Alcuni li analizzavano e denuciavano in modopiù o meno raffinato, come Ivan Illich, Guy Debord o Pasolini. «Ilpotere, scrive quest’ultimo nei suoi Scritti corsari (1975), è divenu-to un potere consumistico, infinitamente più efficace nell’imporrela propria volontà che qualsiasi altro potere al mondo. La persua-sione a seguire una concezione edonistica della vita ridicolizza ogniprecedente sforzo autoritario di persuasione»6. L’esplosione urba-na, con la “periferizzazione” dei nuovi ceti medi o immigrati(secondo modello delle villette residenziali, periferie dormitoriopopolari, habitat pavillonnaire, grands ensembles) è centrale inquesto processo di corruzione politica dovuta alla crescita. Lapotente affermazione della grande distribuzione (super e ipermer-cato), andando di pari passo con quella dell’automobile e dellatelevisione, aggrediva silenziosamente l’essere cittadini, creandoun altro popolo invisibile e muto, e facilmente manipolato da unpotere mediatico privo di scrupoli legato alle grandi compagnietransnazionali. La globalizzazione, favorendo un processo di dete-ritorializzazione e di delocalizzazione ha provocato lo smantella-mento delle reti di protezione sociale e portato a termine la distru-zione della cultura popolare. L’affermarsi di questi processi haaperto la strada a una classe politica populista corrotta, persino cri-minale, di cui in Italia il fenomeno “Berlusconi” costituisce unaillustrazione caricaturale. Ma la berlusconizzazione, con o senza il“Cavaliere”, continua a far danni in tutta l’Europa e non solo. Ilfenomeno delle “maggioranze soddifatte”, secondo la felice intui-zione di John Kenneth Galbraith, precipitando i ceti medi dallasolidarietà all’egoismo individuale, e gli stati occidentali nella con-tro-rivoluzione neo-liberale che ha distrutto lo stato previdenziale,al tempo stesso ha permesso questo processo e lo ha mascherato.

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È questa la ragione per cui il progetto della decrescita passanecessariamente attraverso una rifondazione del politico e quindidella polis, la città.

Il progetto della società della decrescita si articola intorno al cir-colo virtuoso delle otto “R”. Si può dire delle otto “R” che sono tut-te altrettanto importanti. Mi sembra comunque che tre abbiano unruolo più “strategico” delle altre: la rivalutazione, perché dà originea tutti cambiamenti, la riduzione perché tiene in sé tutti i comanda-menti pratici della decrescita e la rilocalizzazione perché ha a chefare con la vita quotidiana e il lavoro di milioni di persone7. Il pro-blema della città ormai distrutta e tutta da ripensare si inscrive nelcontesto più ampio del territorio lacerato, della perdita dei punti diriferimento e della crisi del locale.

Rilocalizzare significa certo produrre localmente ciò che servea soddisfare i bisogni della popolazione, partendo da impreselocali finanziate dal risparmio raccolto localmente. Ogni produ-zione che si possa svolgere su scala locale per i bisogni locali, deveessere realizzata localmente. Se le idee non devono conoscerefrontiere, i movimenti delle merci e dei capitali devono essereridotti all’indispensabile. Internalizzando i costi esterni del tra-sporto (infrastrutture, inquinamento, come l’effetto serra e lo sre-golamento climatico) si rilocalizzerebbero un gran numero di atti-vità. E sicuramente il famoso vasetto di yogurt alla fragola nonincorporerebbe più 9000 km!8.

Ma nell’ottica della costruzione di una serena società di decre-scita, la rilocalizzazione non può essere solo economica. Sono lapolitica, la cultura, il senso della vita che debbono ritrovare il loroancorarsi territoriale. A ciò consegue che ogni decisione di naturaeconomica che possa essere presa su scala locale per i bisogni loca-li deve esse presa localmente. Un principio fondato sul buon sen-so e non sulla razionalità economica. «Cosa importa guadagnarequalche franco su un oggetto, quando poi bisogna contribuire conmigliaia di franchi, per spese diverse, alla sopravvivenza di una fra-zione della popolazione che non può più, a giusto titolo, parteci-pare alla produzione dell’oggetto?». Questo significa che tutte ledecisioni economiche, politiche, culturali, che possono essere pre-se a livello locale debbono essere prese localmente.

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06 07. Cartelli per la regolamentazione della pesca in borgo basso

06 08. Volantini di feste studentesche in piazza Leonardo da Vinci«La città dice tutto quello che devi pensare, ti fa ripetere il suo discorso, e mentre

credi di visitare Tamara non fai che registrare i nomi con cui essa definisce se stessae tutte le sue parti. Come veramente sia la città sotto questo fitto involucro di segni,cosa contenga o nasconda, l’uomo esce da Tamara senza averlo saputo» (ItaloCalvino, Le città invisibili).

06 09. Divieto in piazza Emanuele Filiberto

06 10. Divieto in piazza Castello

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Se i luoghi

hanno un’anima

e questa chiamiamo

paesaggio

ad essa

toccata da molte mani

e da molti approcci pensosi

è dedicato questo libro

stampato

nel carattere Simoncini Garamond

su carta Arcoprint

delle cartiere Fedrigoni

presso la tipografia SAGI

di Reggio Emilia

per conto di Diabasis

nell’aprile

dell’anno

duemila

otto

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